Notte ormai scesa da qualche ora in quel di Kagegakure, cielo sgombro da qualsivoglia nube palesando il firmamento. Teatro quest’oggi è il settore konohano, nella fattispecie l’ospedale nel quale un Nara a casaccio si sta dirigendo. L’ingresso è preceduto da un paio di scalini, aventi una rampa laterale per permettere l’ingresso facilitato a lettini e sedie a rotelle. Una spiovente tettoia li copre perlopiù, così da essere protetti anche in caso di pioggia. Dall’esterno, è possibile contare almeno cinque piani formanti l’intero edificio, con tanto di finestre per ogni piano e per ogni stanza – nonché per laboratori e ambulatori. Una volta all’interno, superata la porta scorrevole a vetro dell’ingresso, è possibile accedere alla hall e alla reception. Sulla sinistra, contro una parete, son disposte delle sedute per chi è in attesa del pronto soccorso o per delle visite specifiche. Sulla destra, letteralmente opposta alle sedute, oltre ad un orologio che ticchetta l’ora con scarsa euforia, v’è anche una macchinetta del caffè ed una di merendine. Affianco ad esse, s’apre uno dei primi corridoi che portano agli ambulatori più in basso: stanze per le radiografie e per le tac nella fattispecie. Sempre sul lato di destra, ma nell’angolino frontale alla porta d’entrata, v’è un banco semicircolare color panna. Dietro quest’ultimo, una giovane infermiera dai capelli ricci e neri raccolti in una piccola coda in alto; indossa un completo bianco con tanto di tesserino sul pettorale sinistro raffigurante il suo badge. Sta armeggiando col computer, una scatola nera dallo schermo sottile. Direttamente parallelo all’ingresso, un ulteriore corridoio porta altrove – verso delle stanze e verso gli ascensori, nonché le scale che portano al piano superiore. Le pareti son d’un verde vivo che pare dare un pugno nell’occhio a chiunque le guardi in maniera eccessiva e per troppo tempo. Nonostante l’ora, v’è un andirivieni di gente che, tutto sommato, non è neppure esagerato. Qualche dottore si prepara al turno di notte, vestito del camice bianco e della divisa bluastra, prendendo un caffè con un collega. Le luci al neon son accese e, sul corridoio di destra, una lampeggia intermittente. Gli occhi della donna s'alzano in concomitanza con l'arrivo di Reykas, aggrottando le sopracciglia con espressione dubbia. <Perché venite sempre a quest'ora?> Scuote la testa, cliccando un tasto dell'interfono per recapitare un messaggio a qualcuno di ben preciso, portando la cornetta all'orecchio manco. Attende che il telefono dall'altro lato squilli, che all'altro capo alzino la cornetta e che lei possa dunque espletare l'urgenza del momento. <No, sembra una serata tranquilla> La sentirà pronunciare a quel telefono. <se mi fa parlare glielo dico> Tamburella con le dita sulla scrivania, alzando gli occhi al cielo e facendoli roteare - segno d'impazienza. <dott-- direttò-- sì, c'è un tizio che vorrebbe studiare arti mediche.> Silenzio. Fa sì con la testa e mugugna. <Gliel'ho detto anch'io che è l'orario peggiore. Va bene, sì.> Gli indica il corridoio sulla destra. <Terza porta sulla sinistra.> Senza ulteriori spiegazioni. Ottimo. [ Ingresso OMM ]
La ragazza dai capelli neri fissa l'interlocutore, quando questi le rivolge una quasi ramanzina, con espressione preoccupata. Che sia ammattito di colpo? Ma adesso una non può neanche lamentarsi in santa pace d'aver a che fare con gente che si presenta ad orari improponibili? <Neanche a me interessa che voglia tu abbia, se di imparare qualcosa di nuovo o scolarti un litro di vodka mentre guardi l'ennesimo paziente morire durante il turno di notte.> Borbotta con fare evidentemente spazientito e strafottente, incurante che il direttore sia tre stanze più lontano e possa mettere a repentaglio la sua posizione con un innocuo insetto spia - tipo una mosca. Sì, probabilmente lascia vivere i suoi dipendenti nell'ansia più totale. Non servono neanche telecamere, tutto sommato. Quando il Nara s'avvierà nel corridoio, potrà notare una targhetta - sulla terza porta sulla sinistra, come anticipato - con la dicitura 'Kenshi Aburame - Direttore Sanitario'. Le altre due porte recitano: 'vietato l'ingresso ai non addetti' e 'ambulatorio'. Bussa alla porta dell'ufficio, la cui voce del suo occupante recita un atono: <Entra pure.> Quando Reykas sarà all'interno della stanza, potrà notare la semplicità dell'ufficio. Bianco, asfissiato dal disinfettante con attestati vari sulle pareti recanti il nome del direttore. Inoltre, sulla sinistra, son esposti quadri raffiguranti i ventricoli del cuore e l'anatomia umana in generale, il flusso del sangue nel corpo. Sul lato opposto, come a voler vedere i due caratteri opposti della stessa persona, vi son degli insetti imbalsamati e racchiusi nella sua teca: cervi volanti e farfalle, perlopiù. Sulla scrivania bianca, invece, oltre ad un laptop, svariati documenti e altre cianfrusaglie necessarie a svolgere quell'incarico infausto, prendono posto delle piccole pietre d'ambra. Qualora vi si guardasse all'interno, non sarebbe innaturale trovarci altri insetti quali scarafaggi - o tali somiglianze. Invece, per quanto riguarda il datore di lavoro... Un giovane dall’aria sbarazzina, capelli bianchi e lecca lecca in un angolo della bocca, del quale è visibile solo lo stecchino, siede dietro la scrivania con tanto di stetoscopio attorno al collo e camice bianco. Le mani son infilate nelle rispettive tasche del camice, mentre sulla targhetta posta al di sopra petto è visibile la dicitura “Direttore Sanitario – Medico Cardiologo: Kenshi Aburame”. Gli occhi chiari son arrossati, sbadigliando sgraziatamente. E’ soltanto or visibile la caramella rossastra dal forte odore di fragola che aleggia attorno alla propria figura, raggiungendo le nari del ragazzo. <Accomodati pure e dimmi tutto.> Gli indica una delle due sedie poste nei suoi pressi. [ Kenshi Aburame: https://i.pinimg.com/236x/e1/21/f2/e121f21abe62af7830be64fa98bda3bd.jpg ][ Ingresso OMM ]
La donna fissa l'interlocutore oltre il bancone aggrottando le sopracciglia e strabuzzando gli occhi successivamente. <Vada via, per piacere, che non ho tempo da perdere con lei.> Agita la mandritta totalmente infastidita dalla risposta piccata che il signorino qui presente le ha dato. Spera soltanto che se ne vada dalle scatole il prima possibile, così diventerà un problema del direttore e non suo. Arrivato nell'ufficio, quest'ultimo s'appresta ad alzarsi in piedi per accoglierlo, chinando in avanti il busto affinché possa salutarlo - come educazione stabilisce. <Psichiatria? E perché ne sei interessato?> La domanda gli sorge spontanea a causa del parlare altrui, andando a riprendere posto sulla poltroncina nera mentre indica al Nara le sedie libere davanti alla scrivania dove sarà per lui possibile prendere posto. <Difficile aver sentito la tua storia, Reykas-san. Se ancorché si trattasse di dieci anni fa soltanto, ero un ragazzino.> Si stringe nelle spalle, mostrando un piccolo sorrisetto mentre si rigira tra le labbra il lecca lecca che si stava pregustando già prima che il Nara intervenisse nella sua routine notturna. Lo lascia parlare. Di tanto in tanto, alza un sopracciglio; altre volte, si limita ad annuire con un lento movimento del capo. <...> Tentenna leggermente, si massaggia il mento con la mancina, tenendo le braccia incrociate. Pondera bene cosa dirgli, anche perché gli ha rivelato una fedina penale neanche troppo pulita. <Mi hai appena rivelato d'essere stato detenuto in reparto per via d'una tua instabilità emotiva che potrebbe, dunque, ripresentarsi in situazioni di forte stress.> L'espressione attenta è divenuta oltremodo seria, soffermandosi di fatto sull'altrui espressione, così da valutare attentamente ogni sua reazione. <Vuol dire che io dovrei concederti la fiducia sul 'nulla di fatto', ANZI rischierei persino di mettere a repentaglio i miei pazienti. Comprendo che siano passati anni, ma chi mi garantisce che tu non abbia nuovamente un episodio violento del genere? Dovrai essere costantemente affiancato> Nel primo periodo, sarebbe anche normale considerando che dovranno insegnargli e spiegargli come si comporta un buon medico, come opera e quant'altro. Per non parlare della necessità d'una pazienza infinita con alcuni pazienti, uno stomaco forte per sopportare le viscere altrui di fuori e il sangue, la morte. <ed io vorrei una garanzia se deciderò di assumerti. A prescindere che tu voglia poi trovare una cura per determinate malattie, siamo un centro pieno di risorse come lo era la vecchia Kusa. Questa è la sede centrale, ma potresti lavorare anche nel settore konohano. E per lavorare, intendo dire che non avrai tutto a disposizione soltanto perché auspichi a delle ricerche e a degli obiettivi.> Glielo mette per iscritto, gli concede di sapere tutte le perplessità che son passate nella testa dell'Aburame non appena Reykas ha iniziato a straparlare - forse un po' troppo. [ Ingresso Omm ]
Purtroppo - o per fortuna - Kenshi non è così giovane da non saper come reagire innanzi a delle futili promesse. Ognuno di loro è dovuto maturare quando, ormai undici anni prima, il mondo è crollato su sé stesso. Sospira pesantemente e lo lascia terminare prima di poter aggiungere il suo pensiero su quant'espresso dall'altro. Si schiarisce la voce, sistemandosi meglio sulla poltroncina. Unisce le mani davanti a sé, stendendo le braccia. <La Decima era anche quella che asseriva che l'Alleanza funzionasse alla perfezione, salvo poi ritrovarsi a fronteggiare Oto - dopo essere stata conquistata dalla Yugure senza che l'Alleanza intervenisse per tempo - esclusivamente con l'aiuto dell'Hasukage.> Fa spallucce, tanto per fargli capire il soggetto che lui ha usato come vantaggio. Storce appena le labbra, poiché non pare essere stato affatto convinto. D'altronde, avrebbe dovuto sapere che la Judai non conta più nulla a Kagegakure. <E non devo aggiungere che Konoha è caduta a causa delle sue mancanze.> Fa una nuova alzata di spalle, tanto per non farsi mancare mai un po' di gestualità da sommare alle parole. Va da sé che tutto ciò che viene proferito successivamente dal ragazzo non ha più alcun valore, nella fattispecie s'è fuori per buona condotta soltanto perché un Kage, dieci anni prima, ha detto che andava bene così. <Portami un certificato di salute mentale. Recati da Kan Sumi.> Che, per quanto sia un genetista, reputa che sia più qualificato di un Rasetsu, anche se quest'ultimo è in grado d'entrare nella testa delle persone. Shizuka è occupata con ben altro, quindi non vuole disturbarla ulteriormente. Gli altri medici hanno già dei reparti appositi da controllare. <Mi fido della sua parola e trovo che visitarti sia quanto più necessario possibile. Se e quando lui mi darà conferma che non avrai altri episodi simili, allora ti assumerò.> Quest'è quanto. S'alza di nuovo in piedi ed effettua un nuovo inchino. Gli rivolge un piccolo sorriso di cortesia - forse addirittura falso. Difficile dirlo. <Grazie per la tua candidatura.> Mormora in sua direzione, aspettando appunto che Reykas vada via e che adempia a quanto richiesto dal direttore sanitario il quale sembra essere anche abbastanza inamovibile. [ End, salvo altre domande o richieste da parte di Reykas ]