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con Azrael, Irou, Harumi

La sera è calata sul Villaggio della Foglia ed è tempo di andare a dormire per tutti. In particolare, per Harumi, è il momento di chiudere gli occhi, di lasciarsi andare al caldo abraccio delle coperte, alle lusinghe di un Morfeo non particolarmente lusinghiero con lei. I sogni sono la voce dell’inconscio, l’espressione dei desideri, ma anche l’eco di ricordi lontani, sepolti nella memoria. Ed appena la piccola si troverà ad abbandonarsi al sonno, qualcosa non va come dovrebbe. I cassetti della memoria della piccola Principessa della Luna s’aprono, privi del controllo a cui sono sottoposti durante la veglia, per richiamare alla bambina suoni, odori, sensazioni di giorni passati, che non è in grado di raccogliere a sé in altri modi se non sognando. I colori della stanza in cui si trova sfumano verso il buio, le palpebre pesanti che calano sugli occhi la portano placidamente nell’oscurità più assoluta. Ed è in quel momento che una piccola lucea ad intermittenza le sfarfalla davanti, nelle più profonde tenebre. “Bip, bip, bip” Un suono familiare, che accompagna la comparsa ritmica e flebile di quella lucina bianca che brilla dietro le palpebre della bambina. Piccola, rannicchiata in un’incubatrice, ma non le è dato sapere in quali condizioni si trova. Il corpo è spento, privo di vita, tutto quello su cui può fare affidamento è quel suono costante, inarrestabile e continuo. Quella che lei potrà riconscere come la colonna sonora della propria infanzia. E non c’è molto altro se non quella lucina che danza al ritmo della sonorità di ciò che la tiene in vita, allo stesso ritmo del battito di un cuore. Incapace di muoversi, di agire o interagire con l’esterno. Persa nel nulla e nel vuoto come se stesse fluttuando in assenza di gravità, ma rinchiusa in una bara di vetro da cui le è impossibile uscire. Libera e, al tempo stesso, prigioniera inconsapevole. Non una voce, non una presenza, unicamente il rassicurante suono della macchina che monitora il suo battito cardiaco e quelle luci, con cui, pur essendo costretta a tener gli occhi chiusi, può identificare il mondo, vederlo sotto la propria personalissima prospettiva. [ Ambient per Harumi ]

11:11 Harumi:
 La giornata volge al termine e il sole cala lesto sul villaggio colorando il cielo con tonalità calde e rossastre fino a scomparire del tutto inglobato dal normale ciclo giorno-notte, va incontro al suo destino andando placidamente ad illuminare l’altra metà del globo intanto che la luna di contro fa capolino sul cielo notturno di Konoha. Un passaggio fondamentale che segna la fine della giornata e l’inizio della notte momento importante per ogni essere vivente in quanto da ordine all’orologio biologico di stendersi in un caldo e morbido letto e dormire per recuperare forze e energie che si sono spese durante la giornata. La Principessa della Luna non fa eccezione alla normalità -almeno in questo- e giunta alla casa di Kaori nella quale ormai vive ospite, raggiunge la di lei stanza pronta per affrontare i sogni dopo ovviamente una buona cena e un po’ di tempo speso in compagnia della donna se presente. Indossa un leggero pigiama composto da semplici pantaloncini azzurri e un top a canotta dalle spalline molli che le ricadono pigramente sulle spalle di tanto in tanto, non un problema dato che si sta mettendo nel letto. Il crine albino screziato d’argento viene liberato dal proprio elastico e ridiscende velocemente la di lei schiena facendo da cornice ai bianchi e perlacei occhi. La manina destra viene sollevata e posta solo appena sulla cicatrice che vistosa le segna il centro del petto lungo tutto lo sterno è normale per lei tastarla delicatamente di tanto in tanto ma soprattutto prima di dormire, le ricorda di essere viva e le rammenta che qualsiasi cosa sia è un pezzo di lei. I colori sono ormai del tutto svaniti, inglobati dal mondo reale che la circonda però tiene saldi quei colori che è riuscita a rivedere nell’ufficio di Azrael, facendo di quel luogo una specie di suo nido. Tempo per la veglia è terminato e ora la bambina si mette a letto sotto le leggere coperte e affonda la testa nel cuscino lasciando che i capelli si spargano senza nessun ordine. Espressione neutra e distante che lentamente prende ad allontanarsi da quel mondo reale mentre i suoni e gli odori della giornata tornano alla di lei mente come se li stesse elaborando solo in quel preciso momento, insieme a colori e ricordi, però le palpebre sono sempre più pesanti e ben presto la bambina sprofonda nel suo mondo onirico. Respiro regolare e profondo consueto di una persona che riposa bene e quasi beatamente, la stanchezza che ha spossato il suo corpo e la sua mente le permette di addormentarsi in un battito di ciglia e presto si ritrova a sognare. Viene proiettata ancora una volta nel suo mondo, quello oscuro dove non le è possibile muoversi, dischiudere gli occhi, parlare e lei può solo galleggiare imprigionata nel suo mondo perfetto che tanto le è mancato. Il suono della voce di sua madre torna alle di lei orecchie -bip bip bip- a ritmo col suo cuore ormai ha riconosciuto che non è una voce esterna di un’amorevole donna ma solo il battito del cuore della Principessa, però in ogni caso esso è in grado di rassicurarla e renderla felice. La luce bianca che vede danza dinnanzi ai suoi occhi chiusi tutto sembra essere tornato come un tempo, quando tutto quello che conosceva era quello e le andava bene. A quella luce se ne aggiungerebbero altre impregnate di tenui colori e anche loro si uniscono alla danza andando al ritmo del suo suono -bip bip bip- una danza lenta e ritmica che nulla al momento può disturbare. Al riparo di tutte quelle frenetiche informazioni del mondo esterno che ha imparato a conoscere negli ultimi tempi, al riparo da ogni cosa che sia complessa e in un qualche modo lei si rifugia lì dentro.

Bip, bip, bip. Se per alcuni può risultare fastidioso il ripetersi incessante sempre dello stesso suono per te che sei abituata, che sotto sotto sai che da quel suono dipende la tua stessa esistenza, è confortante. Ti accompagna, ti culla e ti tiene compagnia. Sei con qualcuno, anche se nessuno è lì. Ci sono i tuoi tanto amati colori a renderti felice, a farti sentire come caldamente abbracciata. Ed è tutto così rilassante, così premuroso è quel flebile suono che si ripete ancora e ancora e ancora. Almeno finché qualcuno non si muove, aggiungendo colori confsionarti e caotici a quella lenta e cadenzata danza. Una porta che si apre. Uuna porta pesante, di metallo. L’hai già sentita altre volte, ma questa volta in particolare è aperta con maggiore violenza, come se la mano che la stesse spingendo fosse mossa da un’emozione che, adesso che riesci a decodificare qualcosa in più sul mondo esterno, riesci a riconoscere come rabbia. Non puoi vedere, ma i colori ti aiutano a capire cosa sta accadendo, ti aiutano a vedere, benché tu sia momentaneamente cieca ed inconsapevole. Delle persone entrano. I suoni dei loro passi. Li senti a coppie. Due coppie di passi camminano normalmente, mentre uno sembra star venendo trascinato. Un corpo viene lanciato via, dall’altra parte della stanza ed il portone si richiude. Senti un pianto sommesso, rassegnato che ti raggiunge le orecchie immediatamente. Poi un tocco, sulla tua bara di vetro. Un toco leggero, che si tradurrà come tante piccole scintille di colore che ti accarezzeranno la pelle in maniera quasi paterna. E la sua voce, la voce che hai già sentito, il tuo adulatore, colui che ti ha identificato col nome con cui adesso ti fai chiamare. < Mia principessa… Dormito bene? > Ti domanda, il suo tono adulto può lasciarti intendere, ora che hai più esperienze chiuse nei cassettini della tua mente, che si avvicina alla quarantina. È più adulta di quella di Kaori, di Azrael, di Raoku. E accarezza la piccola teca di vetro in cui sei rinchiusa, mentre passi, urti e l’aumentare di quel sommesso pianto riempiono la stanza. [ Ambient per Harumi ]

11:51 Harumi:
 Ancora una volta qualcosa interrompe quel suo magico e perfetto mondo però questa volta non è nessuna voce, non è la voce maschile che la idolatrava e nemmeno quella femminile che l’aveva risvegliata, questo è solo un rumore ma così forte e indesiderato da farla sentire disturbata e si innervosisce. Quel suono pesante corrisponde a una porta che viene aperta, è pesante e l’ha già sentita altre volte però questa volta riesce a farsi dono di maggiori informazioni grazie alla consapevolezza del mondo esterno che ha accumulato. L’emozione che viene identificata è quella della rabbia e essa muove la mano di colui che ha aperto e sospinto la porta, ad esso seguono dei passi e le celluline grigie della bambina riuscirebbe a identificare due persone che camminano e un corpo che viene trascinato. La Principessa non vede ma vorrebbe vedere ora, quegli eventi hanno disturbato il suo suono redendolo aritmico e i colori danzano intorno a lei confusionari e violenti provocandole una sensazione di fastidio. Cercherebbe di muovere il di lei corpo, le manine e le gambe oltre al tentativo più convinto delle volte passate di dischiudere le palpebre e le labbra per poter farsi dono della parola, soprattutto quando alle di lei orecchie giunge un pianto sommesso che non ben comprende e non riesce a collocarlo all’interno del suo mondo e nemmeno all’esterno, non riuscendo a capire come mai qualcuno dovrebbe lasciarsi andare ad un pianto sommesso e rassegnato. La placida tranquillità viene scossa da tante piccole scintille dei colori più disparati che si dipanano per tutto il suo corpo come una calda e paterna carezza è come se i colori potessero raggrupparsi per formare per lei le immagini di quello che si svolge intorno al suo corpo. Una mano -quella dell’uomo- che accarezza il suo guscio e ne segue la voce che tanto ben ricorda e riconosce, quella di un uomo adulto, molto più di quelli che ha conosciuto fino a questo momento. Sentire quella voce le provoca diverse sensazioni contrastanti da una parte le mancava sentirsi adulata e importante ma dall’altra la inquieta quel suo modo di fare. Ancor di più ora il corpo della piccola Principessa vorrebbe muoversi e destarsi nel sogno, poter aprire gli occhi e muoversi indipendente sentendo crescere nel di lei petto la volontà e il desiderio di conoscere.

Quella mano continua ad accarezzare il tuo piccolo guscio. Un fruscio causato dallo sfrugare delle rachitiche dita dell’uomo contro il vetro, che viene coadiuvato con delle parole, stavolta non rivolte a te. < Uccidilo. Davanti alla nostra Principessa. Sacrifica questo sacco di carne alla Luna. > Sembra ordinare a colui che è entrato in stanza con lui e quel che ne segue colorerà tutto l’ambiente di un rosso scarlatto ed acceso. Il suono di una lama che viene sguainata, delle urla di dolore e, poi, il silenzio più assoluto.non perché tu lo abbia mai effettivamente sentito anni fa, ma per le nuove esperienze che hai fatto ti sembrerà di distinguere un qualcosa di diverso dai soliti colori. Un odore. Il metallico e ferroso odore del sangue che fuoriesce a sprazzi cremisi dalle vene di colui che ha urlato e si disperde sul pavimento. Un insieme di ricordi ed esperienze che ti permettono di dare sempre più forma ad essi. Puoi comprendere che quel che sta accadendo è profondamente sbagliato. Che qualcuno è appena morto nella stessa stanza in cui sei rinchiusa e che quell’uomo sta continuando ad accarezzarti. < Mia Principessa, quanto vorrei che tu potessi gioire di questo sacrificio. > Ti dice l’uomo, riprendendo a parlarti, ad adularti, informandoti che quella persona è morta per te e solo per te, senza che tu lo volessi davvero. Ed i tentativi che fai per muoverti, per aprire gli occhi paiono non servire a nulla, ancora una volta. Quel di cui ti accorgi è che il ritmico suono che accompagna le tue giornate diventa più rapido, più intenso ed insistente. Bip, bip, bip. Il tuo cuore pare rispondere alle emozioni che stai provando, accompagnato dal familiare suono del macchinario che ti tiene in vita. < Ti piace, vero? > Ti domanda ancora l’uomo, appoggiando anche l’altra mano al vetro, continuando quel lento accarezzarti attraverso il vetro < Lo faremo ancora e ancora. E per renderti ancora più felice ora voterò davanti a te questo ragazzo a te, mia Principessa. > Termina, allontanando finalmente le mani da quel guscio, per muoversi chissà dove, forse in attesa di un assenso che non puoi dargli, ella tua posizione di impotenza e sonno che pare non volerti abbandonare. [ Ambient per Harumi ]

12:22 Harumi:
 Non può dare sfogo a quel che prova proprio come nella realtà nel mondo che la circonda, quella maledizione che le impedisce di mostrare i di lei sentimenti sembra aver luogo da qui e da questa sua stasi. Non può muoversi e nemmeno esprimersi in nessun modo, bloccata e spenta nel suo semplice galleggiare, ma nonostante non possa fare nulla può comunque provare qualcosa. Ed è così, si trova ancora bloccata in quel guscio come se si ritrovasse incapace di esprimersi nel mondo reale perché ancora chiusa lì dentro come se ci fosse ancora quel qualcosa a bloccarla. Le parole dell’uomo donano un ordine non a lei ma a quel qualcuno che è entrato insieme a lui, un ordine crudele che lì per lì non riesce a comprendere ed elaborare nel breve tempo che le è concesso. Quando la lama viene sguainata, le carni recise, le urla diffuse e il sangue versato, solo allora la bambina comprende ciò che è stato fatto proprio lì vicino a lei senza che ella abbia dato alcun consenso. Comprende che è qualcosa di estremamente sbagliato, comprende che qualcuno è stato ucciso e si diffonde l’odore ferroso del sangue, lo stesso che le era parso di sentire nell’osservare i disegni di Azrael. L’accaduto scombussola il suo animo e il cuore inizia a correre molto più velocemente, esprimendo angoscia o forse emozione, paura o forse attrazione addirittura le porta alla mente la prima missione con Raoku, nella quale ha sgozzato un uomo senza provar nulla di complicato o particolare. Non riesce a comprende il proprio stato d’animo confusa da quello che sta provando e resa ancora più inquieta da quelle mani continuano ad accarezzare il suo guscio. Un essere umano è morto per lei, il suo sangue è stato donato a lei e alla Luna, si sente in qualche modo sia adulata che impressionata, un turbinio di bip incessanti che danno voce al suo animo combattuto e confuso. Non sa se le piace e non sa se gioirne, ma non riesce nemmeno a sapere se la rende disgustata, triste o arrabbiata; in lei è forte solo il desiderio di conoscere, vedere e parlare e l’auspicio che egli allontani le sue mani dal di lei guscio. Il colore rosso domina la sua vista, l’odore del sangue sorpassale le sue narici, il senso di frustrazione e colpa per il non riuscire a capire come si sente ora le mozza il respiro e nella di lei mente risuona il consiglio del Luogotenente nel non reprimere pensieri e sensazioni, ma di comprenderli e farli suoi, anche se sbagliati e anche se immorali, perché essi l’aiuteranno a comprendere se stessa. Ora la curiosità nel comprendere meglio le ultime parole che le vengono donate oltre al sollievo nel non dover più sentire quelle mani sul suo guscio, è un ricordo e dentro ad esso si deve muovere se vuole scoprire qualcosa di più su se stessa.

L’uomo non perde particolare tempo a farti sapere cosa potesse intendere. Non parla molto, ti lascia solo immaginare cosa sta accadendo. Ed intanto puoi comprendere che è in quel guscio che è nato tutto. La tua impossibilità di esprimerti correttamente, forse persino la tua insensibilità al dolore. La tua ignoranza nel mondo esterno, i tuoi incubi e la tua confusione. È tutto chiuso lì, in quel guscio. Ma tu non sei insensibile. Il suono della macchina ti aiuta a capire che le tue emozioni sono reali. Che il tuo cuore risponde alle tue stesse emozioni battendo più velocemente o più lentamente. È tutto reale e ti appartiene, come appartiene ad ogni sigolo essere umano. Ed è mentre queste considerazioni ti assalgono che senti una persona inginocchiarsi e l’uomo che ti ha sempre affascinato ed inquietato cominciare la propria omelia. < In nome della Luna io ti accolgo nella famiglia. Sotto il nome di Tsukuyomi, sotto gli occhi della Principessa io ti benedico. > E dopo queste poche e semplici parole ti pare di sentire qualcosa di alquanto strano, come pezzi di un puzzle da mettere in ordine. Lo scalpitio di un fuoco che si accende, qualcosa che viene scaldato ed un sonoro urlo di dolore, seguito da una risata sguaiata da parte di quell’uomo che chissà cosa sta facendo a due passi da te, bloccata nel tuo piccolo e stretto guscio. Odore di bruciato, odore di carne bruciata, per la precisione. Qualcosa che viene scaldato fino a fondere. < La Luna tornerà a splendere, mia Principessa. > E’ a te che torna a rivolgersi l’uomo, lasciando qualunque cosa stia facendo per tornare ad accarezzarti con maggiore insistenza. Puoi persino sentirlo tremare di chissà quale emozione mentre strofina le proprie dita contro il vetro in maniera a dir poco maniacale. < Quando sarai pronta, mia Principessa, diverrai la regina perché la Regina stessa entrerà in te. Sono così emozionato. Il momento giungerà presto. > [ Ambient per Harumi ]

12:55 Harumi:
 Tutto ha avuto luogo da lì e non è ancora che una conseguenza di tutto quel tempo passato all’interno di un guscio impossibilitata a fare nulla sia di esprimersi che parlare e comprendere bene e velocemente, i colori non sono altro che un suo tentativo di vedere e sentire, il battito del suo cuore che scalpita le fanno intendere che in ogni caso lei prova emozioni, lo ha sempre saputo e le ha sempre sapute riconoscere almeno quelle basilari, ora le sue celluline grigie comprendono che si tratta solo di uscire dal guscio e togliere il freno. Là dentro il suo corpo addormentato non è in grado di avvertire dolore fisico, una sorta di deprivazione sensoriale che invece di farle ottenere l’effetto opposto -quello di sentire tutto dieci volte più del normale- l’ha invece resa insensibile. Quello che più comprende è che può essere normale e che non ha niente di malato, nessuna maledizione, ma qualcosa che può essere cambiato e superato però mentre fa queste sue considerazioni un po’ fuori luogo, l’uomo continua a parlare con quella sia voce insistente e fastidiosa. Qualcuno viene messo in ginocchio, le sembra quasi di vederlo e con cura memorizza ogni nome e parola che viene pronunciata in nome di un dio che ha il nome di Tsukuyomi e inaspettato quanto incisivo è l’odore di carne bruciata fino all’osso, le di lei orecchie si riempiono del suono delle urla del ragazzo e la risata maniacale. Tutto è così strano e malato ma lei si è quasi rassegnata a non potersi muovere, vedere e parlare anche se vorrebbe davvero conoscere quanto si è appena svolto, questa sua impossibilità di trovarsi faccia a faccia con quell’uomo la porta a desiderare di poterlo incontrare, vedere e di poterci parlare. Dare un volto a quella voce e poter rispondere alle sue parole e le mani di lui tornano ad accarezzare il suo guscio, questo gesto unite a quelle ultime parole provocano in lei una reazione raggelante; il cuore pare perdere un battito per poi scalpitare ancor più velocemente, quella che prova è paura perché le andava anche bene diventare Regina, ma non comprendere quale sia il senso di far entrare la Regina in lei, è un concetto che non comprende e come tutte le cose che non comprende la spaventa. Si ritrova però in balia di quegli eventi senza che ella possa fare alcunchè iniziando solo a far suoi quei concetti per rielaborarli secondo la sua mente e la sua logica.

La notte avanza ed il tuo corpicino è ancora avvolto tra le coperte, mentre la tua mente è intrappolata in quel guscio di vetro. Non è, tuttavia, la realtà. Quello è solo un sogno. Un ricordo confuso, forse mai accaduto realmente, forse la tua mente sta soltanto mettendo insieme dei pezzi confusi di quel periodo passato nella più totale insensibilità con l’esterno, ricollegandoli e riconfigurandoli attraverso le nuove esperienze fatte. Quelle esperienze ti stanno rendendo umana, viva, non un oggetto nelle mani dell’uomo che ti ha creata e che ti sta idolatrando. Ma lui non sta adorando te, Harumi, no. Sta idolatrando la sua divinità. Sta ammirando la sua creazione, atta ai suoi scopi. Non è te che adora, è solo ed unicamente se stesso ed il lavoro che sta compiendo utilizzandoti come oggetto. È questo quel che riesci a percepire dalle sue parole. Ed infine, data la tua forza di volontà, la tua piccola figura riesce ad aprire gli occhi per vedere una singola immagine sfumata. Il bianco accecnte delle pareti, l’uomo che sta accarezzando il tuo guscio non è altro che una sagoma nera dai tratti indistinti, ma quel che vedi è il ragazzo. Colui che ha urlato, che è stato marchiato. Non ne riconosci nessun dettaglio in particolare se non uno soltanto, quello che potrebbe aiutarti a ricollegare tutto quel che hai sentito fino ad ora. Quel ragazzo non ha più un volto. È una figura nera, un insieme di ombre, privo di un viso proprio. Al posto del suo volto, di quello che un tempo era il volto di un essere umano v’è una mezzaluna. Ancora qualche alito di fumo si libera dal punto in cui essa s’attacca alla carne sottostante. Gli copre quasi la totalità della faccia, impedendoti di vedere i pochi altri lembi scoperti, ma lasciando abbastanza vivida in te soltanto l’immagine di quel freddo gesso bianco a forma di mezzaluna che, da adesso, è la sua nuova identità. Un soldato in un esercito. E prima che tu possa far qualcosa, guardarti altrove, ti ritroverai catapultata alla realtà. Sveglia, sudata, le lenzuola sfatte da movimenti inconsulti compiuti durante il sonno, frutto dei tuoi sforzi nel muoverti da quell’universo onirico che ti ha appena respinta. E non sai se è successo davvero, se è solo un insieme raffazzonato di ricordi, se qualcosa nel tuo cervello sta cercando di dirti qualcosa. Quel che sai è che non è tutto frutto della tua immaginazione e ti ha lasciato un segno piuttosto indelebile, seppur non visibile: quelle mani. La sensazione di quelle mani che ti toccano, senza che tu possa fermarle resterà lì ancora per un po’, finché non sorgerà nuovamente il Sole, dandoti l’ineluttabile sensazione che tutto ciò che hai appena vissuto non è poi così distante dalla realtà che ha segnato il tuo passato. [ end ]

16:42 Harumi:
 È proprio quello che è riuscita a comprendere da quell’ultima frase, l’unica cosa che le sa balenata in mente veloce e fugace lasciandole un’arma consapevolezza, non è lei quella desiderata ma qualcun altro di cui la bambina dovrebbe essere solo un tramite, un’altra Regina che dovrebbe entrare in lei, ma non è -lei-. Per questo motivo inizia a recuperare quelle informazioni e farle sue a modo proprio, rimane quello che è, rimane quello che sente di essere spingendo il di lei ego un po’ più in alto ma distaccandosi dal significato che quell’uomo le ha voluto donare. Gli occhi perlacei vengono dischiusi di colpo, qualcuno le ha voluto far dono di un piccolo specchio di visuale ma senza permetterle di vedere i lineamenti dell’uomo tanto inquietante e maniacale, forse nel suo subconscio aveva quasi paura di vederlo in realtà. Tuttavia ciò che rimarrà indelebile nei suoi ricordi è il viso martoriato del ragazzo inginocchiato, una mezzaluna che gli deturpa il viso occupandone i lembi, è una visione che lì sul momento la terrorizza ed è forse lo shock vivido che la riporta violentemente alla realtà, ridestandola da sogno e permettendole si dischiudere di colpo i suoi occhi al soffitto della stanza. Il respiro è affannoso, veloce e irregolare, il sudore le appiccica i capelli al viso e il pigiama al corpo, la paura prende sopravvento in quel preciso istante una volta che si accorge di essere immersa ancora nel buio e questa volta non trova la situazione rilassante. Il corpicino si muove e i muscoli si irrigidiscono per portarla in una posizione seduta nel letto, le mani ad abbracciare le di lei spalle tremolanti, disgustata da quella sensazione che ancora avverte su di me. Come un viscido insetto che le percorre la pelle, le manca il fiato e la sua espressione disgustata e impaurita riesce finalmente a dominare il suo volto, un’espressione. I movimenti nervosi e scattosi la fanno muovere come se stesse annaspando in un mare troppo sconfinato per lei, scosta le coperte e cerca di arrivare al bordo del letto per lasciare quel luogo come se fosse infestato. I piedini nudi slittano sul pavimento e una corsa carica di ansia la porta ad aprire la porta della stanza per tuffarsi direttamente nel corridoio, comprende la sensazione che Kaori ha cercato di spiegarle nel sentirsi impotente mentre qualcuno decide cosa fare del tuo corpo e comprende quanto sbagliato e terrificante sia, la sensazione di quelle mani resta indelebile, la sensazione di non potersi muovere e fare nulla, tutto quanto accaduto lì vicino a lei senza che avesse alcuna voce in capitolo. Corre a piedi scalzi col desiderio di raggiungere la stanza della dolce donna che l’ha accolta e se solo potesse andrebbe a nascondersi sotto al suo letto o -se impossibilitata in quello- nel suo armadio. Lì avrà modo di provare a calmare il suo cuore e i suoi pensieri, fare in modo di cancellare dalla memoria ciò che ha sognato, sperando e pregando che quelle mani smettano di toccarla. [fine]

Ambient per Harumi che, in sogno, mette insieme qualche pezzo del proprio passato sconclusionato e confuso, finendo per guadagnarne nuove informazioni su se stessa ed una bruttissima sensazione.