Ambient di cura per Torako
La giornata è nel suo pieno svolgimento. Il Sole, alto nel cielo, riscalda tutti i gironi del villaggio dell'Erba, dove vari sono i negozianti che cercano di accattivare eventuali compratori e vari ragazzini che giocano per le strade, soprattutto nei gironi di bassa borghesia, ma così non è Per Torako. Il tragitto dall'accademia all'Ospedale sarebbe zoppicante e sofferente, ma ancor più pericoloso, sanguinante. Le porte a scorrimento automatico si aprono dinnanzi alla sua esile figura, mentre il sensei, supponendo di aver portato in un luogo sicuro l'aspirante genin, andrebbe a ritirarsi, conscio dei suoi doveri professionali. Come è di norma, ma soprattutto come sa la stessa Torako, essendo venuta a trovare un suo amico dal femore lussato, la giovane andrebbe a consegnare tutte le armi allo sportello apposito, dove uno shinobi andrebbe a catalogarle e nominarle, essendo sicuro di poter restituire gli oggetti ai legittimi proprietari senza disagio alcuno. Svolta la suddetta operazione, il militare andrebbe a richiamare una giovane ragazza: manto ramato e occhi verdi, magra e con poche forme, ricoperte da un lungo camice medico, sotto il quale son visibili solo due lunghe gambe nude e un paio di scarpe blu notte con un tacco molto basso e un décolleté sul collo del piede. Questa andrebbe ad avvicinarsi alla piccola Torako, chiosando rapidamente <ciao, vedo che ti sei fatta male, ma riesci ancora a stare in piedi, quindi se vuoi possiamo andare un attimo nella sala da codice giallo. Non penso sia pericolo ma noto che stai sanguinando...> terminerebbe, per poi, come durante tutto il dialogo, andrebbe a sorridere in un mellifluo tentativo di rasserenare l'animo di una persona troppa assorta nei propri pensieri. La donna, ergo, si volterebbe, cominciando a camminare nel corridoio e, giunta alla seconda porta sulla destra, andrebbe a fermarsi, attendendo l'arrivo della eventuale paziente. Se questa si avvicinasse non avrebbe limite alcuno nell'entrare nella sala di due metri per tre, tutta rigorosamente bianca, fatta eccezione per un lettino azzurro e vari altri mobiletti che ne condividono la cromatura.
L'incedere incerto della giovane non andrebbe ad esser aiutato, anzi, la dottoressa la guarderebbe camminare, sempre mantenendo intatto quel sorriso, fino a quando la piccola e bionda figura non fosse entrata nella stanza. A questo punto anche le leve inferiori della femminea figura dal ramato crine andrebbe ad accedere nella camera, andando, delicatamente, a chiudere la porta nel suo passaggio. Sol ora si volgerebbe verso Torako, la quale non ha avuto, tranne per il dolore, alcun divieto di sedersi, al contrario, la dottoressa andrebbe proprio, con un passo più svelto, ad aiutarla nel suo fare, cercando di far contrarre il meno possibile i muscoli interessati dalla ferita. Le mani della donna andrebbero a sollevare il pantaloncino della ragazzina, notando quelle bende e, con un sol passar di indice, queste verrebbero tagliate di colpo. Se la piccola avesse fatto attenzione avrebbe potuto veder un piccolo alone verdastro intorno al polpastrello del destrorso dito. Tolta la benda, svolandola anche dal peso della gambe, ove la stoffa era vincolata, la donna andrebbe a riprender parola, mentre andrebbe ad aprire un cassetto del mobiletto più vicino, ma non vedibile dalla giovane Torako, data la sua posizione...<allora, come ti sei ferita?...suppongo fosse un'arma e, a guardar lunghezza e larghezza del taglio, scommetto shuriken> direbbe, ritornando, infine, retta e impugnando nella mano destra una pinza chirurgica e nella sinistra dell'ovatta e del disinfettante, aggiungendo solo...<brucerà da morire, ma prima di poter agire devo pulirtela...> andando in seguito, volente o dolente, a bagnar un ciuffo di ovatta con quel liquido giallastro e, tramite la pinza chirurgica, andar a tamponar e, delicatamente, disinfettare la zona esposta, così da evitar successive infezioni.
Ecco che anche l'ultima passata si ovatta sulla ferita ha termine. La donna andrebbe, quindi, ad aprire un secchio della spazzatura, dalla chiusura in gomma, così da non poter far uscir nemmeno l'odore di ciò che contiene, ricreando una sorta di sottovuoto, e andrebbe a lasciar cadere, dalla pinza, quel ciuffo, ormai rosso, di ovatta. Guanti che vengono sfilanti, infine, dopo aver posato la pinza sul mobiletto precedentemente aperto, per poi dire...<tranquilla il dolore è finito> andando a replicare a quell'urletto, per poi aggiungere, mentre le mani, poste l'una sopra l'altra, andrebbero a porsi a pochi millimetri dalla ferita stessa...<sai, io ho fallito l'esame genin sei volte, ero un'impiastro> ammetterebbe, ridacchiando, aggiungendo subito dopo <ma ora sono medico e mi reputo anche brava nel mio lavoro, quindi uno shuriken non è nulla. Se vuoi pensarla positivamente, bhè...tu ti sei beccata uno shuriken nella gamba, e io ti sto curando un taglio che forse nemmeno ti accorgerai di avere, mentre sopra c'è un jonin che non ha visto una tecnica fuuton...gli stiamo riattaccando quattro dita>. Parole dette senza il minimo scrupolo, con un cinismo, nascosto da semplici sorrisi, che fan sembrare quel che dice come se nulla fosse. Nel frattempo le mani andrebbero a emanare un verdastro alone, alone che, al contatto con il taglio, andrebbe a dare una sensazione di calore, ma di frescura, una sensazione rinvigorimento, ma di fastidio...o molto più semplicemente, se la giovane continuasse a guardar la propria ferita, potrebbe notare come lentamente questa si restringa in larghezza ed in lunghezza, fino, quasi, a chiudersi, con un piccolo...<peccato, pensavo fosse meno profonda...ci vuole un altro pochino, pazienta> per poi far calare il silenzio.
Le mani della dottoressa restano, immobili, sul punto interessato, così che la ferita possa chiudersi e guarire correttamente. La risposta sarcastica della piccola le farebbero, ancora una volta, arricciare le rosee in un sorriso, a cui seguirebbe...<bhè, è questo il punto...se sbagli da allieva va tutto bene, ma se non sbagli alla tua età non sai comportarti quando lo farai e avrai ripercussioni maggiori, esempio...ti sei beccata uno shuriken nella coscia, perchè non avrai fatto un particolare movimento, non avrai fatto attenzione o non sei abbastanza veloce, non lo so, ma so che la prossima volta che ti arriva uno shuriken starai mille volte più attenta, perchè la prossima volta potrebbe essere in mezzo agli occhi, mentre se fai un percorso perfetto cominci a sottovalutare i pericoli e, una volta che ti ritrovi in momenti difficili compi azioni ancora più nocive. poi ovvio...se non hai imparato nulla dal tuo incidente posso farti una tessere cliente> direbbe, ridacchiando alla di lei battuta, mentre le mani andrebbero a sciogliere quel legame che le univa e quel'aura verde andrebbe a svanire, lasciando a piena vista la ferita rimarginata, ma che, comunque, presenta un taglio color pelle. Una cicatrice molto sottile che a fatica di vede, la quale può sparire come rimaner a segnare l'errore della deshi, la quale ora è libera di andar per la sua strada, dopo le ultime parole della dottoressa... <io ho finito e devo rimanere qui a compilare dei moduli, per quanto riguarda la ferita puoi curarla con delle creme per la pelle, sperando che svanisca da sola...> attendendo, infine, il fare della deshi.