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Petali di Sangue

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con Karitama, Kaime

18:31 Karitama:
 Il giorno sarebbe finito, il sole avrebbe ormai lasciato spazio ad una notte di candida luna piena e la fatica della missione peserebbe ormai gravosa sulle spalle dell’Ishiba ormai tornato nella sua caotica stanza. Ancora con gli abiti sporchi del terreno proveniente dalla cascata, Karitama andrebbe a sciogliere scarpe, vambracci e schinieri per lasciarli cadere pesanti sul parquet propagando per la stanza un suono netto e sordo. Liberatosi dalle strette cinghie, andrebbe a sbottonare camicia e jeans per poi lasciarli disordinati sulla sedia della scrivania. Nella sua nudità andrebbe verso la sala da bagno per liberarsi dalla polvere rimasta su volto e mani sentendosi finalmente puro. Ancora bagnato uscirebbe dalla vasca per asciugarsi e tornare nella stanza lasciando cadere al suolo goccioline delicate sul legno scuro per poi lanciare la stoffa candida dell’asciugamani accanto al pianoforte. Sollevando il cuscino dalla federa cremisi, agguanterebbe con la mancina il pigiama candido di seta per indossarlo posandosi sul letto. In quei vestiti delicati andrebbe a sollevare le lenzuola per ricoprirsene e posare i capelli indaco sul cuscino serrando le iridi sotto le palpebre pesanti in attesa di riuscire a prendere finalmente sonno.

Le palpebre andrebbero a calare e, in pochi istanti, l’abbraccio di Morfeo ti accoglie al suo interno, dove, inizialmente, il buio attanaglia la tua mente e la tua vista, avanti la quale, dal nulla più assoluto, andrebbero a palesarsi dei soffici e fragili petali rosati, di ciliegio, che lentamente andrebbero a ricoprire uno spazio non ben definito, un tappeto rosato dove i passi sarebbero gioiosi e ovattati, se solo tu possa camminare. Ti senti bloccato, ti senti impossibilitato a poter muovere un solo muscolo, divenendo un infausto spettatore di quello spettacolo a cui non puoi sottrarti. Lentamente la tua visuale andrebbe ad aumentare, riuscendo, con la vista periferica, ad identificare dei ciliegi in fiore, alti circa due metri dalle ampie chiome che, sottoposte alla leggera brezza, andrebbero a rilasciar quei petali come fossero figli troppo maturi per aver diritti su di loro, cadendo ad un ritmo particolare, cadenzato, che sol quando una melodia comincia, melliflua, a sollevarsi potrai riconoscere quella melodia che per lunghi giorni ha accompagnato la maledizione che attanagliava la tua anima, la tua arte, la tua fantasia…imperfetta.

11:57 Karitama:
 In quella prigione le iridi viaggerebbero lente alla ricerca di qualcosa. Morfeo, dopo aver stretto a sé l’artista andrebbe ad abbandonarlo in un buio innaturale. Lentamente Karitama comincerebbe a percepire attorno a sé una strana sensazione, un nuovo viaggio starebbe per iniziare e come al solito la paura si impossesserebbe dello stesso. In pochi istanti dalle sue spalle comincerebbero a volare frammenti rosa a lui molto cari. Decine di petali di ciliegio danzerebbero dinnanzi a lui come trasportati da una leggera brezza e, quasi mossi da quello stesso spostamento d’aria, i martelletti di un pianoforte comincerebbero a far risuonare in quel vuoto una melodia conosciuta. Non sarebbero note nuove ma quelle della melodia nata per essere donata ad Azrael, quella che per quasi un mese lo aveva tenuto isolato dal mondo intero ma che finalmente aveva visto la luce in quella stanza. Notando solo ora i ciliegi intorno a lui un leggero sorriso andrebbe a farsi spazio sul quel candido volto, un volto non abituato a sognare qualcosa di così bello. La situazione nella sua interezza sarebbe familiare ma per il momento l’artista non ci farebbe realmente caso tentando di muovere, senza successo, un passo in avanti per posare le membra su quel tappeto di petali perlacei e luminosi nel buio che li avvolge. Pur non riuscendo a muoversi non vi sarebbe paura, o meglio non il solito terrore degli incubi che lo attanagliano. Per la prima volta in un sogno la melodia non gli sarebbe, stranamente, sconosciuta. Quella melodia era ormai finita. Era ormai sua.

La musica continuerebbe, lenta, in una sorta di mantra, quasi questo mondo volesse metterti a tuo agio. I tuoi tentativi di muoverti andrebbero ad esser nulli, ma ciò non ti scoraggia, anzi, ti rende solo in grado di osservar cosa andrebbe a succeder in seguito: Una figura di violacea, seduta sullo sgabellino apposito del pianoforte, andrebbe a suonar, sapientemente, la melodia rieccheggiante nella zona. Il suo aspetto, anche se indefinito, andrebbe a raffigurar una sagoma di un ragazzo snello, dai capelli disordinati e spettinati, che cadono, quasi, sulle spalle, solleticandole ad ogni movimento degli arti superiori. Altre figure andrebbero ad esser, ormai, presenti: una femminile, alta circa un metro e settanta, lunghi capelli, silhouette delicata ed esile, la quale, formata da una energia di smeraldin fattura, andrebbe a muoversi, in un walzer viennese, con un giovane alto circa un metro e ottanta, dalla muscolatura asciutta, o almeno così lo si capisce dalla sola sagoma, il quale, magistralmente, come la figura con cui è impegnato nella danza, andrebbe a muoversi con la sua energia nero-petrolio, come se queste due figure fossero impegnate in una relazione sentimentale, come se un amore inscindibile fosse presente tra le due figure, come se un filo tiene in vita i loro due cuori facendo basare il battito dell'uno con il moto dell'altro. Queste figure, però, non sarebbero le sole. Altre figure, ma mano, giungendo dall'aldilà degli arbusti, andrebbero, congiungendosi, a danzare. Decine di figure maschili, dall'aspetto impreciso, dai tratti generici, andrebbero a congiungersi e cominciar una danza con altrettante figure femminili, anch'esse indistinte, dotate, però, di ampie e lunghe gonne, unica caratteristica che può diversificare i due generi, entrambi composti da pura energia bianca, lucente, legate, l'una all'altro, come per lo stesso sentimento dei due etero-cromatici ballerini.

12:50 Karitama:
 La musica continuerebbe nel suo avanzare, generato probabilmente solo dalla mente dell'artista, per istanti infiniti prima di veder apparire, tra quei petali atti a generare una sorta pavimento effimero, una figura viola, slanciata e familiare, che andrebbe a posizionarsi accanto alla silhuoette di un pianoforte nero, ma leggermente più chiaro del vuoto in cui si trova quel luogo di pace ,frutto probabilmente del subconscio dell'artista. Le estremità della figura andrebbero ora a danzare sui tasti indefiniti di quel oggetto portandolo ora a dare una fonte al suono che riecheggerebbe ancora forte in quell'innaturale etere. Riconoscendosi, l'Ishiba tenterebbe di muovere nuovamente un passo sul quella morbida superficie di petali con l'idea di raggiungere il proprio posto e unirsi a quel suo riflesso indefinito. Le estremità inferiori tenterebbero nuovamente di essere mosse per avviare un moto delicato diretto al piano, fallendo però nuovamente e creando per la prima volta nell'artista un senso di ansia, che fino a quel momento non si era permesso di aggredirlo. Il cuore comincerebbe a battere forte, risuonando nel petto quasi nel tentativo di fuggire e raggiungere da solo la figura viola per unirsi a lei. Questo mento di grande paura andrebbe ad essere però interrotto dalla comparsa di altre figure. Nuove sagome indefinite andrebbero a nascere dal nulla e a danzare su quella superficie seguendo il ritmo della melodia composta dall'artista. Tra le tante figure, bianche e indistinguibili tra loro, spiccherebbero però due, dai colori più decisi. Le iridi indaco cercherebbero di riconoscerle, permettendo all'artista di riconoscere in quelle sagome una forte somiglianza con la sua principessa e Azrael Nara. I due sarebbero impegnati a danzare come gli altri, incrociando tra loro quel nero petrolio e il verde smeraldino, completamente incuranti del vero artista impegnato ad osservarli impotente.

Il ballo continuerebbe per un tempo indefinito, secondi, minuti, ore...non lo sai ma la pesantezza di quel loop infinito andrebbe, infine, a perdere alcuni fattori: la musica andrebbe a distorcersi, in cui alcune note andrebbero ad esser sbagliate, altri andrebbero ad esser suonate con una tonalità diversa. Poi tutto accade improvvisamente. Le figure bianche, lentamente, vanno, dai piedi al capo, a divenire rosse, come se dei fogli di carta stessero assorbendo del sangue presente sul pavimento e, una volta divenutene sature, andrebbero ad esplodere nella suddetta sostanza, sporcando, data la posizione e il numero delle figure, ogni singolo petalo di rosso, non formando immagini raccapriccianti, non palesando un lago di cremisi liquido...semplicemente vi sarebbe un cambiamento cromatico della scena, e non solo. La figura viola, il pianista, andrebbe a mutare, come la musica, rendendosi sempre più scura, più tetra. Il violaceo andrebbe a scurirsi, nelle tonalità di viola, fino a divenire completamente nera. La sua figura andrebbe a modificarsi, assumendo sembianze femminee, dal décolleté prosperoso, ma ricadendo nella media standard, così come i fianchi e la vita, leggermente più sottile. I dettagli non sarebbero visibili fino a quando non si alzerebbe dalla seduta e comincerebbe un lento incedere. Tacchi neri con un tacco alto circa cinque centimetri, indossati alle estremità di lunghe gambe spoglie ed intraviste dallo spacco presente sulla destra della lunga gonna di quel vestito pece. Questo è un vestito intero, che andrebbe a ricoprirla dalla scollatura, orizzontale, che andrebbe a coprire le forme e sarebbe principio di lunghe maniche, che aderiscono i lunghi arti superiori, troncate ai polsi, dove affusolate e nivee mani andrebbero a palesarsi, aggraziate e delicate, decorate unicamente da dello smalto cremisi sulle lunghe unghie. Cremisi come la capigliatura, lunga e cadente sulle spalle e schiena, spoglia ma non visibile dalla tua posizione e...gli occhi. Rossi come rubini, freddi come il ghiaccio, ma che cercano di comunicare, cercano di esprimere un concetto che non provien dalle rosee, le quali, come tutto il viso, fatta eccezione, appunto, per gli occhi, sarebbe coperto da un velo nero, che, con la poca trasparenza, può dar sfoggio solo della sagoma del viso, ma non dei suoi particolari. Il suddetto sarebbe ricamato con un tema particolare e costante: lungi e sottilissimi rametti verticali, dove trovano ospitalità foglioline e farfalle. I suoi passi continuano, sicuri, sfoggiando una classe forse superiore a quella della tua principessa, fino a trovare a passare tra le uniche due figure rimaste, le uniche colorate. Durante quel cammino un solo gesto verrebbe svolto: gli arti superiori andrebbero ad esser divaricati proprio mentre passerebbe tra quelle figure e, al minimo contatto, queste andrebbero a esplodere in sangue, l'una con un getto verso le proprie spalle, fermandosi, infine, al loro posto, come se stesse aspettando un tuo avvicinamento, come se volesse metterti alla prova...

19:03 Karitama:
 Come sempre l’incubo comincerebbe a mutare, dai meandri della mente dell’artista riaffiorerebbe il ricordo in passato soppresso di quella scena. A far tornare la paura che sperava di non dover più provare sarebbe ascoltare quella melodia così perfetta distorcersi portandolo a poggiare i palmi sui padiglioni auricolari e a lanciare, con tutto l’ossigeno presente nel suo corpo, un urlo assordante nel tentativo di svegliarsi e fuggire prima del SUO arrivo. Il suono sfuggirebbe dalle rosee strozzato, quasi come se, a causa della paura, Karitama non avesse il controllo del proprio corpo, come se fosse solo spettatore di quello spettacolo dell’orrore. Pur volendo l’artista non riuscirebbe a serrare le palpebre trovandosi costretto a vedere la sua figura trasformarsi un una dal colore misto tra il nero di quel vuoto che lo circonda e il rosso cremisi del sangue di quel demone. Lo aveva trovato. Lei era ancora una volta lì. In pochi secondo il demone sarebbe dietro a quel pianoforte, ad osservarlo sotto quel velo scuro e profondo come una notte senza stelle. I passi segnerebbero lentamente il pavimento di ciliegio portandolo a trasformarsi nel sangue di un corpo appena spirato. Il suo tocco porterebbe le sagome bianche a disgregarsi in schizzi rossi che volerebbero segnando le cortecce di quei ciliegi ormai morenti. Continuando ad avanzare andrebbe poi a sfiorare le ultime due figure rimaste, quelle a lui più care, distruggendole e forse sogghignando sotto quel velo che ancora nasconderebbe i lineamenti che l’artista ha sempre sperato di poter vedere, quella perfezione o forse quell’errore che non è mai stato capace di trovare. Il cuore dell’artista andrebbe a battere sempre più velocemente ogni centimetro segnato dalle gambe leggermente scoperte e slanciate, per poi quasi fermarsi alla visione della sua principessa e di Azrael spirati e ormai persi in quel lago cremisi come gli occhi del suo demone. Le energie abbandonerebbero quell’esile corpo portandolo a cadere violentemente al suolo con le ginocchia posate su quel nulla così duro. Un nuovo urlo verrebbe quasi lanciato dalle rosse, quasi a voler interrompere quel suono infernale che dall’arrivo della donna aveva infestato la sua mente e che ora aveva distrutto quel poco di tranquillità e ordine portati da quella visione di pace e felicità.

Tutto è divenuto rosso, tutto è divenuto un inferno senza grazia, senza arte, in un pavimento di vermigli petali dove non hai la capacità di deambulare, dove i tuoi piedi non osano varcare una invisibile barriera. Caduto sulle ginocchia, dove le tue urla possono avere effetto solo su di te, la femminea figura riprenderebbe il suo incedere, lento, fiero, dove gli arti superiori andrebbe, lentamente, a pendolare ad ogni suo passo, come i capelli, ondeggianti, anch'essi, ad ogni suo movimento. I passi continuerebbe, avvicinandosi sempre più alla tua posizione, fino a giungere a circa un metro da te, ormai inginocchiato. Lei ti guarderebbe dall'alto in basso, con i suoi occhi cremisi, ma più dolci, più empatici, mentre andrebbe, anch'essa, ad inginocchiarsi, portando il suo fondo-schiena sull'insenatura tra polpacci e talloni. Messasi in tale posizione, andrebbe, a portare la mano sinistra sotto il velo, probabilmente all'altezza della bocca e, una volta che la svelasse nuovamente, il pollice andrebbe ad essere sporco di sangue, con un piccolo taglio lungo il sopracitato polpastrello, per poi avvicinarlo al tuo viso, dove una carezza andrebbe a esserti donata, sporcandoti il visino con una lunga linea che porta fine al tuo incubo, le cui uniche scene rimanenti sarebbero la 'evaporazione' di tutto, tranne di quei due corpi cromatici, i quli andrebbero si a sparire, ma grazie una disgregazione in un infinito fluire di farfalle e...gli occhi si aprirebbero. Ti trovi, nuovamente, nel tuo letto, indossando il tuo candido pigiama, le rosse lenzuola e...una sensazione di umidità, una goccia calda che scivola giù verso lo zigomo destro, una goccia rossa, calda e...reale.[end]

Incubo di Karitama.

Il giovane, durante il suo riposo, andrebbe a sognare, nuovamente, la sua persecutrice.
Una volta risvegliatosi andrebbe ad esser sporco di una goccia di sangue sul viso, proprio dove ella l'avrebbe macchiato.

Data la natura della giocata NO EXP.