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Giocata di Clan

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con Hanae, Haran

20:08 Hanae:
 E' passata più di un'ora da quando lo scontro con Arima è giunto al termine, le ombre della notte vanno sempre più svanendo sotto sottili sfumature arancioni che compaiono all'orizzonte, ma ancora nel cielo permane ben visibile una luna, segno che non è ancora terminata la notte, segno effettivo che c'è ancora qualcosa di importante da portare a termine. L'intero clan Uchiha che si è concentrato al piano terra della magione principale del capoclan ha ormai potuto constatare da sè gli eventi, i più scaltri avranno sfruttato il loro innato doujutsu, qualche altro avrà semplicemente potuto sbirciare di striscio agli eventi avvenuti nella parte più alta della magione, in ogni caso la visione sarà stata sempre la stessa: il prato di gigli bianchi si ritrova parzialmente sporcato da macchie cremisi, altre aiuole sono andate distrutte, ma la cosa più importante è stata per certo la presenza di un corpo a terra e di un secondo in piedi, rispettivamente Arima Uchiha e Katsumi. Il destino ha fatto il suo corso e si è evoluto, mentre per qualcuno è arrivato semplicemente al suo termine, presto giungerà l'alba e con essa un nuovo giorno, ma fino ad allora tutto permarrà immerso in un soffocante silenzio, in attesa che il tempo continui a scorrere, nella terribile attesa di scoprire il futuro. Il cielo ha ormai smesso di piangere e con esso il solo suono che potrebbe essere avvertito da chiunque dovrebbe essere il vento, lui ed i suoi sussurri che portano infine il puro ad inarcare il capo verso l'alto, per abbandonare il corpo del suo rivale, avvolto in sangue ormai privo della sua temperatura. E' visibile appena nel palmo della unica mano di Arima una coppia di Fuda, lasciati lì da Katsumi per quanto dovrà venire, il resto, è una scena già nota. Il passo dell'Uchiha va rapidamente spostandosi, allontanandosi infine dal tetto per raggiungere l'ufficio di Arima, c'è una cosa che deve prendere. A vestire il corpo ancora le stesse identiche vesti: una camicia nera copre per prima il corpo, accompagnata appena sopra da una giacca bianca aperta per intero sul petto - adesso sporca di una debole scia di sangue - e scendendo da un pantalone del medesimo colore, che termina con un paio di stivali neri. All'indice destro è indossato l'anello che gli è stato passato dall'ex capoclan in punto di morte, forse anch'esso sporco, forse no. Il crine bianco ha perso la sua naturale composizione, difatti è adesso spostato sui lati del volto in maniera disordinata, ed ultimo ma non ultimo appunto, nessun guanto o benda addosso, non sono necessari, adesso. La stanza del defunto Uchiha viene esplorata rapidamente, specialmente grazie al maniacale ordine presente, dai cassetti alla libreria, giungendo infine alla scrivania dove uno dei cassetti viene aperto..lì presenti diversi documenti, ma anche una piccola chiave in metallo, ciò che cercava. Prima di procedere, tuttavia, si imbatte con lo sguardo in un'incisione nel legno di una delle pareti, piccolo..quasi perfetto per l'effige che porta al dito. Va rapidamente a tentare di "incastonare" quell'oggetto nell'incavatura, ed è di conseguenza che un passaggio si rivela, delle scale che scendono, e che lui sappia..c'è soltanto una cosa sotto la magione del capoclan: gli archivi. Il passo si fa celere dunque per poter scendere quella scalinata, e come da previsione, si ritrova in uno dei corridoi sotterranei degli archivi. Lo sguardo a scivolare da un lato all'altro, pochi istanti necessari ad orientarsi, per proseguire conseguentemente in una direzione..e facendo giusto qualche svolta, giungere infine davanti ad una porta in metallo riportante l'importante incisione "k-21". I propri passi dovrebbero essere uditi in anticipo dal suono degli stivali, persino il respiro dell'Uchiha dovrebbe essere udibile, come sospiri emessi dalle labbra in bianche nuvolette d'aria. Nulla viene detto per enunciare la propria presenza, mentre la chiave precedentemente presa va ad essere inserita nel chiavistello, rimuovendo il lucchetto che limita l'uscita di chi dovrebbe trovarsi in quella stanza. Tuttavia, per quanto sbloccata, non viene aperta, non è lui che deve aprire la porta. [ Chakra attivo 88/90] ] [vesti scontro con Arima]

20:32 Haran:
 Quanto tempo è passato dall'ultima volta che qualcuno è entrato in quella stanza? Quanto tempo da quando Arima è stato lì? Il tempo ha perduto ogni tipo di concezione fra quelle quattro mura troppo strette. I secondi si sono succeduti troppo in fretta, troppo lenti, ed i giorni son scivolati via fuori da ogni possibile conteggio mentale K-21, Akira, è rimasta distesa sul suo letto per ore, oggi, osservando la luce bianca del neon che brilla sopra di sé. Il pavimento è ricoperto di libri e fogli letti e riletti all'infinito, le pareti sono costellate di disegni imprecisi di una mano poco allenata. Volti su volti che si susseguono in una inquietante sfilata d'espressioni. Due visi che si ripetono in un'altalena quasi perversa sulla mura di quella stanza. Arima da un lato, Katsumi dall'altro. Le due uniche entità presenti ed esistenti nella di lei vita. Loro e Sasuke. Oh, la sua mente è piena di lui, piena di quella figura leggendaria da Arima tanto ricercata e stimata. Sa tante cose su di lui, sul suo clan, la sua famiglia. Ma il suo cuore... il suo cuore è indifferente. Non lo conosce, non esiste più. E' solo un nome. Solo un morto. Ma Arima... Katsumi... loro sono diversi. Loro sono vivi. Li ha conosciuti, ha parlato con loro. Uno l'ha persino toccato. Ed è di loro che il suo cuore è pieno, è di loro che avverte il costante ed incessante bisogno. Le mancano. Le mancano al punto da star male. Ogni giorno spera e ricerca la loro comparsa, rievoca nella memoria i loro volti. Ma il tempo è trascorso inesorabile, incessante, e le sue memorie si son consumate poco a poco. Inizia a scordare, a dimenticare. Com'era il suono della loro voce? Era gentile? Era distante? Caldo? Non ricorda... può ricordare le parole, il significato dietro i loro discorsi. Ma la voce? Il suono? Quelli può ricordarli ancora? Richiude gli occhi girandosi su di un fianco nel suo letto; veste del solito abito bianco, semplice, che le copre il corpo dalle clavicole alle ginocchia. Un abito privo di qualsiasi decorazione o merletto. Un camice. I capelli corvini sono disordinatamente sparpagliati sul cuscino, si aprono come in petali scuri attorno al volto mentre le iridi bicromatiche fissano la parete di fronte senza vederla davvero. Stanca. Abbandonata. Sola. E fa male adesso quel sentimento, più che mai. Prima era più semplice sopportare la sua permanenza in quella stanza quando nulla conosceva del mondo esterno. Ma ora sa... sa qualcosa. Adesso ha conosciuto lui. Ha visto, sentito, toccato qualcosa di esterno. Qualcosa di reale. E le manca. Le manca quel contatto con il mondo, con la realtà, al punto da toglierle il respiro. Ha promesso di uscire quando sarebbe stata più forte, ma ancora si sente estremamente debole. Arima non è più venuto ad insegnarle, non l'ha più vista. Non ha imparato ad utilizzare lo Sharingan, non si è rafforzata. E ancora non può sfondare quella porta. Sospira stringendo il cuscino sotto il capo, rannicchiandosi con le gambe ad avvicinarsi al seno. Fa male. Fa male. Eppure... mentre si crogiola nel ricordo di quell'unico incontro, qualcosa muta nella monotonia dei suoi giorni. Un suono. Un clack che risuona dalla porta, uno stridio leggero, quasi impercettibile che la porta a ruotare il capo verso l'ingresso. L'ha sognato di certo, dev'essere stata colpa del suo desiderio d'evadere da lì. Questo pensa Akira osservando la porta chiusa della sua stanza. Lo pensa fino a quando non nota un semplice particolare. Un'ombra a far capolino oltre l'apertura inferiore dell'anta, da quello spertugio da cui il cibo vien passato in un vassoio. Due piedi. Una persona. Le iridi si sgranano appena, le pupille si dilatano mentre il cuore salta un battito. Schiude le labbra, incredula, andando a mettersi lentamente seduta, alzando il busto in posizione eretta, le gambe a scivolare oltre la branda per poggiare il suolo coi piedi piccoli, bianchi. Non osa credere a quel che vede, non osa crederci davvero. Sa che il dolore di quella speranza disillusa avrebbe potuto spezzarla definitivamente. Eppure... eppure non sta sognando, no? E'..reale. Quell'ombra, quella presenza... E come richiamata da un canto inudibile, come attratta da una mano invisibile, si alza lei muovendo i suoi passi uno dietro l'altro. Uno dopo l'altro. Raggiunge la porta col cuore che le martella in petto, nelle tempie, in gola. Osserva silente la porta ponendo la propria mano bianca su di essa. La destrorsa va poggiandosi sull'anta, il palmo aperto su di essa mentre una leggera pressione verrebbe immessa. Una pressione che va scostando, lentamente, quella porta aperta, libera di scivolare verso l'esterno fino a rivelarle la via libera. E lo sguardo trova, allo svanire di quell'ostacolo, la figura di Katsumi che attende nel corridoio, dinnanzi a lei. Le labbra tremano appena, schiuse, mentre le iridi si posano su di lui incredule. E' lì. E' tornato. E' venuto per lei. Come promesso, quando lei avrebbe aperto la porta, lui sarebbe stato ad attenderla dall'altro lato di essa. Lacrime mute salgono calde agli occhi del clone che, stringendo ora le labbra fra loro, andrebbe semplicemente a muovere un altro paio di passi per bruciare la distanza che la separa dal puro. Andrebbe a cercare in lui un contatto, una conferma o forse semplice rassicurazione. Tenterebbe di portare le braccia attorno al suo busto, le mani sulla schiena, abbandonando il capo sul suo petto per piangere un pianto stanco, disperato. Felice. Ricercherebbe in quel semplice contatto la verità della sua presenza. <Ka--tsu...mi..> singhiozza quel nome in un sussurro stanco, timoroso, spaventato, quasi a volersi dare una reale conferma di quanto sta accadendo in quel momento. E' lì, da lei, e non sarebbe più andato via.

21:20 Hanae:
 E' finalmente giunto al mantenimento di una promessa che tanto tempo fa è stata fatta, ancor prima che ciò che è avvenuto questa notte divenisse un pensiero fisso, ancor prima di prepararsi realmente a scontrarsi contro colui che in questo momento rappresenta il filo che collega i presenti nei piani sotterranei del quartiere Uchiha. Soltanto Katsumi..ed una seconda identità, quasi confondibile con il riflesso di uno specchio, Akira. Tutti gli altri sono probabilmente riuniti per riorganizzare gli eventi, o forse sono in mutua attesa che gli eventi raggiungano loro, in attesa di ricevere qualcosa. Ma in questo momento hanno un posto secondo in confronto a chi per troppo tempo ha atteso un segnale; A questo punto però una domanda sorge alla radice della mente di Katsumi, una domanda riguardo l'esistenza di Akira. Arima..aveva programmato tutto, ogni singola parte del suo piano doveva sfociare in questi eventi, il suo disegno si sta completando, questo vuol dire che Akira è soltanto frutto della necessità di rendere tutto più reale per Katsumi? Probabilmente no, probabilmente Arima voleva lasciare una traccia più profonda di un ricordo, forse Akira rappresenta il suo sacrificio e la sua eredità, rappresenta il suo desiderio di vita che gli è tuttavia costato la sua. Quella sera, dove si incontrarono, parlò degli Uchiha come una famiglia ancora da riunire, parlò di Akira come un esempio da seguire per raggiungere quel fine, ma adesso che tutto è finito..c'è un profondo spazio vuoto a intercorrere tra sè ed il resto, si sente come se avesse bisogno di meditare ancora sopra quel tetto, di fianco ad Arima; è lì che voleva stare, del resto. Ma adesso deve essere lui la propria leva, una fonte di determinazione unica che lo porterà ad andare avanti, soltanto così raggiungerà una forma d'equilibrio..e continuerà a mantenere attivamente il controllo su ciò che risiede in sè. Da adesso finchè le cose non troveranno un cambiamento più che cruciale sarà proprio dovere far scorrere gli eventi per un gruppo di persone più grande, sarà proprio dovere aiutare il destino a compiersi, così come fece Arima spianandogli il cammino. Ricorderà sempre con infinita amarezza e tristezza quell'identità, non riuscirà mai davvero a perdonarla per quel che ha fatto, ma non riuscirà neppure a odiarla per quelle che erano le sue intenzioni. A volte gli uomini fanno cattive azioni, ma ciò non li rende propriamente cattivi, semplicemente..umani. Lo sguardo si alza lungo la porta, vi posa immobile davanti mantenendo uno sguardo neutrale, sente passi agitarsi rapidi dall'altra parte, il proprio messaggio è stato ricevuto. L'apertura di quella porta probabilmente non vuole rappresentare soltanto l'uscita di una falena dal proprio bozzolo, potrebbero essere in due ad emergere, prima che l'alba giunga ed illumini l'intera terra, ed è proprio per questo che il puro percepisce una certa fretta ora; vuole fare in modo che l'alba non sia ancora giunta quando Akira potrà volgere un ultimo sguardo ad una delle persone che per tanto è stata protagonista della sua esistenza. Quando la porta si apre, alla comparsa della lei, le labbra vanno tirandosi appena agli angoli per formare un sorriso, i denti permangono nascosti e gli occhi calano appena su quella figura, le labbra si schiudono in una voce quasi sussurrata < Mi dispiace di averci messo tanto..> La sola mancina si distende in avanti, piegando lievemente il gomito per trattenere appena il capo altrui in una dolce stretta quando se la ritrova addosso. Si sente colpevole per quello che Akira vivrà d'ora in poi, si sente colpevole di star facendo qualcosa che si addice più a Nemurimasen: far cadere una tazza da tè al terreno, sperando che non s'infranga troppo. E' questo il solo modo che permetterà ad Akira di sopravvivere, una volta raggiunto un mondo troppo freddo per essere vissuto impreparati, o soli. Potrebbe preservare l'immagine di Arima, ma non ciò che gli è successo. < E' quasi finita, Akira..manca poco. > La culla appena prima di scostarsi appena, ne cercherebbe lo sguardo. < Arima ha deciso di compiere il suo destino..per quanto crudele questo possa essere.. > Gli occhi scendono appena sul sangue che sporca la sua giacca, brevemente. E' difficile trovare un punto di partenza, motivo per il quale tenterebbe di stringerla appena un'ultima volta, questa volta entrambe le braccia andrebbero oltre le sue spalle per raggiungere la schiena, pochi istanti, un abbraccio non dolce ma denso di dolore, una sensazione percepibile nella stessa aria che ora circonda il puro. La potenza di quel solo gesto dovrebbe compensare le parole che ora non esprime, dovrebbe poter mettere in guardia i sentimenti di Akira. [Chakra on]

21:47 Haran:
 E nella foga del momento, nella fretta di stringere fra le dita quell'istante Akira non bada alle condizioni dell'altro. Non bada ai capelli scomposti, all'espressione stanca, al sangue che macchia le candide vesti. Non per egoismo, non per non curanza, per semplice paura. Paura di veder quel momento svanire, divenire semplicemente il frutto di un sonno turbolento, paura di vederlo andar via, di lasciarla ancora in quella stanza in attesa che diventi più forte. Più di così, più di quanto non lo fosse stata quel giorno di tanto tempo fa. Paura di rimanere nuovamente sola. No, non può affrontarlo un'altra volta, non di nuovo. Non daccapo. E non importa se non è pronta per abbandonare il bozzolo, se fuori da quella stanza sarebbe stata schiacciata dal mondo intero: avrebbe preferito perire sotto un cielo stellato che vivere nel bianco spento di quella stanza troppo stretta. Ed è con disperazione, con bisogno che si fionda fra le braccia dell'albino, alla ricerca di un contatto, di un reale contatto con quella che è la sua incarnazione di realtà. Sente gli occhi bruciare, la paura farsi strada nel suo petto ora che ha varcato la soglia di quella stanza con la definitiva intenzione di lasciarsela alle spalle, ma non desiste, non tituba. Non demorde. Ha fatto la sua scelta, ha deciso la sua strada e va cingendola fra le sue esili braccia stanche, troppo bianche, troppo esili. Ci si abbandona con tutta se stessa avvertendo la sua mano poggiarsi sul suo capo, la sua voce giungere al suo orecchio come una carezza. Non importa. Non importa quanto tempo sia passato, quanti giorni, quante ore. Non importa quanto abbia atteso, quanto l'abbia chiamato nella notte. Non importa, non fa niente, lo perdona. Ma ora... ora non potrà lasciarlo andare, non così. Non di nuovo. <Va bene... va bene così> singhiozza lei sul suo petto, annuendo appena col capo, deglutendo un grumo di saliva rimasto bloccato lungo la gola. <Ma... resta. Questa volta... non andare> E non comprende il possibile egoismo dietro la sua richiesta, quella sorta di obbligo che gli sta involontariamente affibbiando. E' supplica, la sua voce. E' preghiera, è bisogno. Il bisogno di una guida, di una luce che la porti fuori da quel corridoio, da quella stanza, verso il mondo. Potrà lasciarle andare la mano, un giorno. Potrà permetterle di volare via libera, lontana da lui, ma non ora. Non adesso, non ancora. Ha solo bisogno che le insegni a volare, che le insegni come muovere le sue ali, dove andare. Avverte il suo gentile cullarla, quel gesto delicato, premuroso che la rassicura pian piano portandola ad alzare il capo quando avverte il di lui scostarsi. Allenta la presa attorno al di lui busto, solleva il capo a cercarne lo sguardo e lo ritrova così simile al proprio da rimanerne stordita. Nel vedere lui vede se stessa nei propri ricordi, quell'ultimo giorno in cui ha potuto conoscere il suo stesso viso, i suoi occhi. Fuoco e vetro. Ascolta le parole di lui ritrovandosi a non capire, non subito ciò che le sta dicendo. Cosa ha fatto Arima? Qual è il suo destino? Non lo sa, non capisce, ma la verità arriva presto, sinuosa, verso la di lei mente; si ritrova a seguire la direzione dello sguardo del mezzo Seiun fino ad incontrare con le proprie iridi quella macchia di sangue che giace ora asciutta sui suoi abiti. Le labbra si schiudono, le sopracciglia s'abbassano appena in una espressione colpita, turbata. E vorrebbe chiedere, capire, ma la sua voce si ritrova a venir bloccata quando le braccia di lui tornano a cingerla con dolcezza, con un po' più di decisione, raggiungendo il di lei dorso. C'è qualcosa di triste, di lontano in questa stretta. Non sta cercando di confortarla, è come se cercasse egli stesso un appoggio, o forse semplicemente perdono. Akira si sente improvvisamente avvolta da una cappa di sensazioni indefinite, malinconiche, che riempiono il corridoio intero. <Sono qui...> dice semplicemente lei, d'un tratto, come per volergli dire che qualsiasi cosa stia accadendo, qualsiasi crudeltà si sia verificata, adesso è lì, con lui. Pronta ad aiutarlo per come possibile, sostenerlo, magari con le sue esili braccia, ricambiando con ingenua spontaneità quella stretta. <Ma non capisco... Arima-sama...dov'è?> domanda sentendosi sciocca, ingenua, ma incerta. Una spiacevole sensazione le striscia nelle vene, la raggiunge fino al petto raggelandolo, eppure non ha conferma di niente, non ha nessuna verità che possa renderle chiara la situazione. Solo timori, pensieri e orribili possibilità che si diramano nella sua mente. Ha bisogno di sapere, di capire ciò che Katsumi sta cercando di dirle.

22:20 Hanae:
 Quel momento che avrebbe dovuto rappresentare il termine dell'infelice attesa di Akira si rivela nascondere qualcosa di molto importante, un'informazione che in brevissimo tempo circolerà anche oltre il clan Uchiha, che sarà nota a tanti, un'informazione che tuttavia varrà ben più di mere parole per chi si trova davanti l'Uchiha. Akira ha ricavato tutto ciò che ha da Arima e da Katsumi, e proprio adesso che ha raggiunto questa libertà le viene sottratto uno di quei due elementi, difficile dire quale sia il più importante agli occhi altrui, probabilmente impossibile viste le condizioni che stanno venendo a comporsi adesso. Quel momento di consolazione per lei va terminando dopo brevi istanti, le dita dell'Uchiha, visibili nelle loro sfumature cremisi, potrebbero risultare fredde..segno dell'essere stato a lungo esposto alla semplice aria, tanti piccoli elementi che fanno parte di un puzzle ben più grande. Il fiato è appena pesante, di tanto in tanto sospira per recuperare parte delle enormi energie spese durante quel combattimento. Il tonico è stato sicuramente utile, ma la fatica accusata in quei momenti è rimasta sotto forma di costanti segnali inviati dal proprio sistema nervoso al cervello. < D'ora in poi potrai cercarmi ovunque.. > un richiamo a quella che potrà essere d'ora in poi la libertà posseduta dal clone del puro, non ci sarà più bisogno che Katsumi crei le condizioni per essere raggiunto, un meccanismo è già stato messo in moto a tal riguardo. E nonostante le sue parole, per quanto possano esser state mantenute implicite, la verità su Arima non è stata ancora compresa, del resto..Akira non fa parte di questo mondo, non è facile per lui interagire con un'identità tanto simile ad alcune parti di sè ma paradossalmente opposta. < Ti ricordi, il nostro primo incontro..? > Le parole giungono quando l'aria s'addensa, quando il puro stringe a sè Akira..probabilmente anche per sè. E permane in silenzio fintanto che non va scostandosi nuovamente di poco, lo sguardo scivola su Akira per cercare un segno che possa mostrare comprensione al proprio dire. < Ho fatto molto male a qualcuno, l'ho ucciso. > Il tempo sembra intrecciarsi in maniera confusionaria in questo istante di vita, parole già espresse in passato che vanno intrecciandosi con il presente, parole che richiamano uno dei loro argomenti di discussione passati. < Anche quella persona aveva causato dolore. > inspira, portando lo sguardo in un angolo impreciso del corridoio, momenti di silenzio mentre le labbra vanno a scemare nella forma di una sottile linea, aggrottando intanto la fronte. < La nostra natura non ci porta ad identificare bene e male, ma adesso sento di essere io, il cattivo. > Un'ammissione di colpa, l'identificazione della propria confusione in tutto ciò che è avvenuto. Sa di aver fatto la cosa giusta, ma si sente profondamente sporco per averlo fatto. Qualche passo viene mosso sulla propria sinistra, lungo il corridoio, un piccolo cenno della mancina per invitarla a seguirlo, raggiungere la parete nascosta e seguire la rampa di scale fino al raggiungimento dell'ufficio di Arima. Potrebbe essere strano per Akira avere tutta questa mole d'informazioni visive all'improvviso, ma il tempo scorre. < Adesso Arima è dove voleva essere, Akira. > Una tra le pedine più fedeli al proprio fato, conscia fino all'ultimo istante del percorso preso, se davvero esiste il fato di cui Katsumi parla sempre, è davvero sadico quanto l'Uchiha lo descrive. < Questo era il suo ufficio, uscendo da qua e seguendo le scale vicine si può raggiungere il tetto...> chiude gli occhi per qualche istante, inspira profondamente. Più si avvicinano al tetto e più la tazza che rappresenta Akira si avvicina al terreno, ormai la caduta è già iniziata. < E' lì, il suo corpo. > Silenzio tombale segue a quelle pesanti parole, abbastanza forti sicuramente da scuotere Akira, ma abbastanza dall'infastidire persino il puro. [ Chakra on ] [...]

22:56 Haran:
 Ed è salvezza, è aria pura che arriva su di lei quando quelle parole giungono al suo udito. La promessa di poterlo cercare liberamente, di poterlo raggiungere con mano quando avesse voluto. Sarebbe rimasto... non solo per questa volta, non solo il tempo sufficiente a portarla fuori da quelle mura, ma anche più in là, anche oltre quel semplice passaggio da crisalide a falena. Magari, un giorno, avrebbero potuto persino volare assieme. E' questo, dopotutto, che fa una famiglia, vero? E loro, sì, loro sono questo. Il filo rosso che lui le ha mostrato ormai indefinito tempo addietro ne è la prova. La prova di quel legame che ora sente stringersi ancor di più attorno al suo dito, al suo cuore, fino a divenire parte integrante di esso. Annuisce silente contro il suo petto godendosi quel breve attimo d'unione, di vicinanza col mezzo Goryo fino a quando, ancora una volta, egli non la scosta appena da sé. La guarda negli occhi, la osserva e trova le di lei iridi pronte a guardarlo, le lacrime a terminare il loro viaggio lungo le di lei gote. Un po' più calma, un po' più tranquilla ora che sa di poter contare su di lui nei giorni a venire. Scuote di poco il capo, indietro ed in avanti, a quella domanda dando una silenziosa conferma a quel quesito. Ricorda tutto di quel giorno, tranne le cose più ovvie. Non ricorda, per esempio, come fosse vestito. Non ricorda se le sue mani fossero sempre state così rosse o se i suoi capelli fossero stati egualmente bianchi. Ricorda però, per certo, che avesse una benda calcata sul viso a coprire quell'iride luminosa che ora vede così bene. Ascolta quelle parole per l'altro così difficili e cerca di accogliere ogni informazione per seguire il filo del discorso. Non rimane troppo sorpresa quando l'altro le fa quella prima ammissione: da quello che ha imparato grazie agli studi con Arima ha scoperto che questa è una cosa che la gente fa molto spesso, quasi abitualmente. Ferire, mutilare... uccidere. Non la sconvolge, non la terrorizza, ma lascia in lei l'amara sensazione di sapere cosa stia per arrivare. Vede il suo sguardo scostarsi, vagare lontano verso un punto imprecisato del corridoio e continua ad ascoltare la sua voce. Non sa come dovrebbe reagire alla sua confessione, a quel modo di essere sincero con lei oppure con se stesso. Forse, in qualche modo, è la stessa cosa. Akira smuove appena le labbra cercando di ricordare il punto della discussione di quel giorno di molto tempo prima, o, per meglio dire, di ricordarlo all'altro. <Forse hai fatto una scelta cattiva...> tenta di dire lei tenendo lo sguardo fisso sul suo viso, su quell'espressione addolorata che vede brillare su tutta la faccia. Non potrebbe mai credere che lui sia una persona malvagia, che sia crudele. Non potrebbe accettarlo neppure dinnanzi al più ignobile atto, non dopo quanto ha fatto per lei. Ma non potrebbe mai negare che potrebbe aver compiuto qualcosa di terribile. <...ma tu non sei cattivo> aggiunge cercando di far scivolare una mano dalla di lui schiena fino a cercare quella dell'altro. Un tocco che vorrebbe essere gentile, accennato, ma che vorrebbe imprimere un po' di conforto in quella voce che sente così tormentata. Egli si muove, si sposta, s'incammina verso il corridoio indicandole di seguirlo. Akira esegue prontamente, senza farselo ripetere, muovendosi per la prima volta fuori da quella stanza, pronta finalmente ad abbandonarla. Raggiunge la parete nascosta, scopre per la prima volta delle scale e le sale trovandosi sorpresa di quella nuova esperienza. Lenta, cauta, sale fino a raggiungere la stanza indicata dall'Uchiha per poi varcarne la soglia. Si guarda attorno con le iridi grandi di stupore, le labbra schiuse in una piccola 'o' sorpresa. E' una stanza buia, modesta, piena di libri e colori. Molto diversa dall'unica stanza che abbia mai conosciuto in tutta la sua vita. La voce di Katsumi la strappa da quell'attimo di scoperta catturando nuovamente la di lei attenzione, il suo sguardo. Sente il cuore far male, dolere, mentre l'altro parla di Arima. E' andato via...? Dove? Vorrebbe chiedere ma non osa. Non sa perchè ma sente che è sbagliato, che gli farebbe solamente male. Scopre così che quel posto era l'ufficio del clone e si ritrova ad udire delle indicazioni che l'avrebbero infine condotta sul tetto. Guarda interrogativa Katsumi non avendo idea del perchè le stia dicendo questo. Non sarebbe venuto con lei? <Mhn?> aggrotta le sopracciglia, ascolta la sua voce e quand'ode quell'ultima frase si ritrova a schiudere le labbra trattenendo il respiro. Il suo corpo. Solo quello. La sua anima, la sua vita, quelle dove sono? Lo sguardo torna involontariamente sulla macchia di sangue che giace sulla giacca del ragazzo e il cuore prende a battere folle nel suo corpo, contro quel petto così piccolo, così docile, da farle realmente male. Non dice nulla, non sa cosa dire, la sua voce è stata rapita da quella rivelazione. Respira a fondo, rapidamente, annuendo con fare meccanico alla volta di Katsumi prima di muovere dei lenti, piccoli passi verso la porta. Passi incerti, vacillanti, che la portano lentamente verso il corridoio esterno, quelle vie che mai ha veduto prima in vita sua e che la stordiscono. Segue la strada senza capire davvero cosa sta facendo o perchè, ritrovandosi ai piedi di nuove scale. Acqua bagna i gradini, il rumore della pioggia all'esterno la colpisce per la prima volta. Sale lentamente ogni dislivello fino a ritrovarsi sulla soglia dello spiazzo fiorito. I suoi piedi nudi avvertono il pavimento bagnato sotto di sé, il vento della notte le schiaffeggia il viso scompigliandole i capelli, lasciandola senza fiato. Sotto i suoi occhi si rivela la notte. Una notte buia, senza stelle, non forse la più bella da veder per prima, ma per lei meravigliosa. Le nuvole continuano a piangere sopra di lei bagnandole il viso, la veste, facendole salire un brivido gelato lungo la schiena. Osserva la distesa fiorita dinnanzi a sé, quella miriade di petali bianchi che segnano la via e muove i primi passi sul tetto. Avanza sempre più spaventata, più incerta, fino a raggiungere infine la sua meta. In una pozza scarlatta e vischiosa, circondato da fiori bianchi e rossi, il corpo di Arima giace immobile e freddo. Rimane paralizzata da quella visione ritrovandosi a sentire lo stomaco contorcersi in lei. <A--ri--ma..> un sussurro spezzato, flebile, mentre nuove lacrime salgono agli occhi confondendosi sul viso alla pioggia battente. Per inerzia avanza fino a fiancheggiare il corpo e si lascia ricadere sulle ginocchia squadrandolo con dolore. Gli manca un braccio, la sua pelle è bianca come non lo è mai stata e le sue vesti sono macchiate di chiazze rosse e viola. E' uno spettacolo orribile, devastante, che potrebbe quasi portarla a vomitare se non fosse per quell'ultimo particolare. Sul suo viso, le labbra, son distese verso l'esterno in una espressione felice. Pacificata, serena, par libero finalmente da quel peso che gli ha sempre visto addosso. Quel dolore e quel tormento che lo ha sempre reso troppo rigido, troppo distante. Troppo solo. Ed è quell'espressione finalmente serena che scatena in lei un dolore improvviso, travolgente, che libera un grido straziante. Un singhiozzo che la sconquassa e sconvolge, la soverchia, portandola a chinarsi sull'altrui corpo cercando di abbracciarlo senza tuttavia spostarlo. Le braccia ad allungarsi sul suo petto, il viso sul suo torace, mentre lascia che lacrime e sangue si mescolino in un'unica miscela. Arima non sarebbe tornato. Arima non l'avrebbe vista uscire da quella cella, non l'avrebbe vista diventare grande. Arima le ha dato la vita ed ora non c'è più.

Out Katsumi; In fato..attendere

E' forse questo il momento in cui le emozioni di Akira non riescono più ad essere filtrate nella giusta maniera, per tanto ha vissuto la solitudine e si è abituata a quest'ultima, vivendo la gioia in soli minuscoli frammenti di tempo nei quali è stata in grado di incontrare anche soltanto la voce di Arima. Per tanto la severa attitudine dell'uomo ha riempito di qualcosa, seppur difficile da percepire, il cuore di Akira..è difficile rendersi conti della propria natura o di quella altrui ma nel momento in qualcuno scompare giunge naturale porsi una miriade quasi infinita di domande, che vanno confluendo dal cuore alla testa in un tripudio colmo di solo terrore e ansia. L'arrivo di Katsumi ha stravolto tutto, l'ha portata a soffrire per tanto una solitudine concreta, potrebbe addirittura averla portata a provare un senso di claustrofobia nei confronti della sua sola dimora, ma nulla è mai stato in grado di penetrare tanto in profondità come quell'immagine. E' difficile capire il dolore che sta provando, è impossibile persino comprenderlo, eppure..in mezzo a quella scena, a quel terrore, un'immenso tetto che va sfumando gradualmente sull'azzurro, il suono del vento che s'incastra tra i capelli di lei, il suono prodotto dai piedi che vanno scontrandosi con le piccole chiazze d'acqua a terra. Perchè è tutto così bello, Akira? Persino nel viso del defunto è visibile un sorriso gioioso, persino le tue lacrime nate dalla tristezza vanno riflettendo sulla luce che compare all'orizzonte, attraversate dalla luce a formare bellissime sfumature dai tratti incogniti. E' distruttiva, tutta quella bellezza, non fa che alimentare una fiamma di dolore in te, non fa che ricordarti che da ora potrai danzare senza limiti sul palmo del destino, ma non con colui che in parte è responsabile della tua esistenza, colui che avresti voluto avere al tuo fianco assieme al nuovo capoclan. La morte di Arima, è come la venuta della stagione autunnale: così bella, nonostante tutto derivi dalla radice della morte. All'uscio che separa il tetto dalle scale posa l'ombra del puro, non osa proferir parola nè causar suono alcuno, forse anche lui sta contemplando la distruttiva bellezza di quel paesaggio. Nel vorticare di queste emozioni il tuo sguardo andrà sfumando casualmente sul nero e sul rosso, come se le tue palpebre di tanto in tanto calassero sugli occhi o come se i tuoi occhi fossero ebbri di sangue. Ma non è nessuno di questi fattori, è qualcosa che ancora non puoi comprendere ma che va rapidamente formandosi, un patto sta venendo rispettato. [poetic fato intensifies]

19:35 Haran:
 E' una overdose sensoriale quella che in questo momento sta investendo la piccola Akira. E' tutto ed è niente. Rimane inginocchiata accanto al corpo della prima persona amata e tutto è così terribilmente doloroso. Il colore del cielo che va sfumando dal nero più intenso al rosa più chiaro, il vento che soffia fischiando nelle orecchie e carezzandole il viso con dita gentili, l'odore penetrante dei fiori che riempiono quel luogo, della terra bagnata da quelle lacrime di pioggia. E la sensazione del freddo contatto con il pavimento umido, l'odore ancor più acido e pungente del sangue che ricopre la figura di Arima. Tutto, ogni cosa, pare così banale ad occhi esterni, eppure per lei è uno schiaffo che la colpisce con forza. E' la vita che si apre sotto i suoi occhi, è il mondo che si rivela sotto il suo sguardo. E così presto, seppur appena nata, si ritrova già a fare i conti con la morte. Non riesce a fare a meno di fissare quel corpo vuoto, quel viso pallido, freddo, che offre quell'ultimo eterno sorriso. Il suo corpo è scosso dai singhiozzi, le braccia tremano distese sul petto di Arima. Non riesce a sentire il suo cuore che batte, il suo torace non si gonfia, non si muove e così i suoi occhi dietro quelle lenti trasparente. La gola brucia mentre gemiti e lamenti escono soffocati dalle sue labbra umide, il viso è macchiato del sangue del clone mescolato alla pioggia, alle lacrime. E gli occhi bruciano, bruciano come infuocati mentre il dolore si libera da lei in mille e più forme. Si libera in ogni lacrima, in ogni contrazione del corpo, in ogni difficile respiro, in ogni vibrante singhiozzo. Fuoriesce e colpisce ad ogni gemito, ad ogni suono strozzato che non riesce a liberare del tutto. Vorrebbe gridare e vorrebbe non farlo. Non sa controllarsi, non sa cosa fare: cosa si fa in questi casi? Riesce soltanto a sentirsi frantumare, poco a poco, dall'interno, mentre cerca di ricordare l'ultima parola che può avergli detto. Qual è stata? E lui, cosa le ha detto per l'ultima volta? Cerca di ricordare, di pensare, ma nulla sovviene alla sua mente. I suoi giorni si sono riempiti e succeduti con il pensiero di Katsumi nella mente, con la mente rivolta alla sua prossima venuta. Ha iniziato a vivere, inconsciamente, in attesa del suo ritorno dimenticando chi per primo le ha donato la vita. E la colpa si fa strada nel suo cuore, brucia e logora e consuma, andando a toglierle il respiro. <M-mi... mi di--dispia--ace...> singhiozza a fil di voce guardando il viso di Arima. Lo guarda e lo vede sfumare nel nero e nel rosso in fiammate intermittenti. Come se ad ogni battito di ciglia il mondo le si rivelasse in modo differente. Scarlatto prima, a colori poi. Intriso di pennellate nere e poi di sfumature albeggianti. E' una sensazione strana, fastidiosa, che le fa bruciare gli occhi. O forse sono solamente le troppe lacrime, magari l'acqua della pioggia che ne colpisce le iridi bicromatiche. Ed è un velo che scende sul suo sguardo e poi svanisce sospinto dal vento, è la tinta di un attimo che viene e va, quasi a seguitare ed accompagnare ogni singhiozzo, ogni contrazione del petto e del ventre. Eppure... eppure in questo momento le sembra poco importante. In questo momento persino questa strana interferenza visiva non ha importanza perchè Arima l'ha lasciata, questa volta per sempre. Non potrà più sperare in una sua visita, non potrà più renderlo fiero di lei mostrandogli, finalmente, d'aver risvegliato l'antico potere degli Uchiha. Non avrebbe più sentito la sua voce dirle, convinta e sicura, che lei è speciale. E tutto, una volta ancora, a questa consapevolezza, va sfumando in una nuova pennellata scarlatta attorno a lei, ombre danzanti che come fiamme oscure brillano di qua e di là, per un attimo soltanto. [That hurts me so deep inside]

E' strano pensare che Arima in fin dei conti significava per tutti molto più di quanto non ha mai fatto credere. E' strano pensare che nè lei nè Katsumi abbiano mai pensato al giorno in cui sarebbe sparito, è strano pensare che quel giorno sia arrivato in un battito di ciglia, in una maniera tanto ironica e drammatica. E' giunta improvvisamente a quel livello di emozione dove pare quasi di incontrare sensazioni celesti date da una fredda arte e da sentimenti appassionati. Raggiungendo il tetto con una nuova consapevolezza il suono del battito cardiaco di Akira sembra quasi esser cambiato, la vita attorno a lei inaridita, se solo si stesse muovendo potrebbe sentire quel magnifico pezzo di cielo sopra di lei caderle addosso. Il mondo muta in maniera molto più drastica in questo secondo atto di dolore, tutto diviene improvvisamente nero attorno a te, Akira. Il cielo si riempie di quelle sfumature scure così come il corpo di Arima, freddo come quello stesso colore vorrebbe essere. Per quegli istanti in cui si propagano quelle sfumature potrai notare soltanto una cosa differente dal resto: strette per inerzia tra le dita del capoclan due piccole macchie rosse, la sola e unica sfumatura dotata di tale caratteristica intorno a te, forse soltanto girandoti percepiresti le stesse sfumature provenire da Katsumi. Se tentassi di osservare meglio, noteresti nient'altro che due Fuuda. Non ti è ancora data la possibilità di raggiungere la calma, schizzi di chakra vanno alimentati dalle tue sole emozioni per il tuo corpo, casualmente si propagano in diversi punti e ti fanno percepire terribili scosse di mal di testa; e son proprio quegli schizzi casuali a raggiungere di tanto in tanto le tue iridi per dipingerle di rosso, permettendoti di osservare il mondo da un secondo punto di vista. In mezzo a quel mal di testa potresti essere in grado di prendere coscienza di cosa stia succedendo, del risveglio di quel potere, così come potresti prendere coscienza delle parole che tu stessa dicesti a Katsumi prima del suo primo allontanamento. "Arima-Sama mi insegnerà di sicuro a risvegliare lo sharingan..[...]" Persino ciò sembra esser stato premeditato, un triste destino che Arima soltanto è riuscito ad impugnare a due mani. Il solo che ha deciso di lasciare qualcosa ai vivi, al futuro degli Uchiha, di cui tu fai parte, Akira.

20:22 Haran:
 Fa male. Fa male fin nel profondo, fin dentro lei stessa. Le stringe lì, all'interno, in quella congiunzione fra cuore e stomaco. E' una sensazione che le toglie il respiro, che la brucia poco a poco, consumandola. Ha visto così poco della vita eppure già conosce così bene la morte. E' ironico, è triste ed è reale. Eppure è così elegante il suo modo di soffrire, così ingenuo. Naturale. Nonostante il dolore, nonostante la paura, la solitudine che strisciano nelle sue vene come il sangue che le affiora ora alle gote, non prova rabbia, né rancore. Non odia Katsumi per quel che ha fatto, non nutre risentimento per lui. Prova solo uno sconfinato senso di solitudine, la colpa di non avergli dato l'importanza che meritava quando ancora era in vita. Non riesce neppure a ricordare il loro ultimo incontro, le loro ultime parole. Che suono aveva, la sua voce? Non la ricorda più, ogni cosa sta svanendo poco a poco da lei e questa cosa la spaventa, la logora e la strazia. Le mani si scostano dal di lui corpo e vanno a salire fino ad afferrare i capelli mentre si china in se stessa; le gambe piegate sul terrazzo, il busto inarcato in avanti, quasi a voler incontrare col petto minuto le cosce tremanti. Si sente distruggere e cadere mentre quella consapevolezza le strappa pezzi di sé, poco per volta. E poi... qualcosa cambia. Quell'alternarsi di sfumature dinnanzi ai suoi occhi muta, varia e d'improvviso ogni cosa diviene nera. Ogni cosa, dinnanzi a sé è oscurità e buio come se la notte avesse ripreso il proprio posto scacciando via quell'alba appena nata. Sgrana appena le iridi, le pupille si dilatano e le labbra, schiuse, tremando trattenendo quel gemito strozzato. <Ngh...> Tutto sfuma nel nero più buio ovunque volga lo sguardo. Il tetto attorno a lei è buio, così il cielo sopra di sé, non più sfumato di quelle pennellate rosa e azzurre. Un velo nero cala sulla sua vista andando a rendere lo stesso corpo di Arima scuro, color pece. Ed è mentre continua a guardarlo che nota quel piccolo dettaglio, quella novità che risalta all'occhio. Fiammelle rosse che danzano strette nella sua mano, l'unica rimasta. Lo sguardo s'assottiglia, le lacrime continuano a scivolare ed il cuore si stringe nel di lei petto. Stringe appena lo sguardo continuando a tremare, a singhiozzare, tornando a guardarsi attorno. Ed è allora che, voltandosi verso la porta che dà sulle scale, nota una sfumatura scarlatta ben più viva, ben più vispa di quelle macchioline cremisi strette fra le dita del clone. Le labbra di lei si schiudono l'espressione si contorce appena e si ritrova a guardare nuovamente la mano di Arima. Non sono macchie rosse, sono... fuuda. Quei fogli capaci di contenere cose di cui lui stesso le aveva spiegato la funzione. Eppure nulla, nulla ha senso, tutto continua ad essere strano, insensato e soverchiante. Il dolore non accenna ad allentare la presa su di lei portandola semplicemente ad agitarsi ancor di più dinnanzi ad un fenomeno che non riesce immediatamente a comprendere. E sente come fiotti di calore che salgono in lei, che la investono, che la colpiscono. Sono come piccole fitte agli occhi che vanno ad accentuare o diminuire la tonalità di quelle sfumature che ora la circondano. E' troppo... è tutto... troppo per lei. La stretta delle dita va a consolidarsi fra le ciocche corvine, le tempie pulsano, il capo duole. Fa male, fa male ovunque. Dentro, fuori, non c'è parte di lei che adesso non vorrebbe gridare. E poi un pensiero scivola fuggiasco nella sua mente mentre continua, silenziosamente, a chiedersi "perchè?". Non è il mondo, probabilmente, ad essere mutato. Non è il mondo ad aver cambiato tinta e colore. Non è il mondo che ora, in questo momento, sta tormentando e stilettando il suo capo ed il suo cuore con piccole accoltellate pungenti. Qualcosa è cambiato, certo, ma non attorno a lei. Dentro. Le labbra si schiudono mentre lentamente andrebbe a liberare un gemito, un ansimo spaventato. Andrebbe a portare le mani, tremanti, dinnanzi a sé, dinnanzi al viso, notando come siano nere. Eppure, di tanto in tanto, quasi al ritmo di quelle fitte al capo, una pennellata scarlatta ne interrompe la monotonia svanendo e ricomparendo a ritmi irregolari, come venature sanguigne che brillano a ritmi irregolari. Il respiro si fa corto, scostante, mentre le iridi tornano ora a volgersi verso Arima con la disperazione nel cuore. <Ce--ce l'ho fatta...?> una domanda alla quale non avrebbe potuto trovare risposta, una domanda alla quale lui non avrebbe mai potuto darle soddisfazione. E questo la sfinisce, la distrugge, portandola a ruotare meccanicamente, stancamente, il capo in direzione della porta, dell'uscita da quel posto. Calde lacrime continuano a scivolare oltre le iridi, lungo il viso, mentre ricercherebbe con lo sguardo la figura dell'Uchiha, quella fiammata cremisi che, unica, interrompe la monotonia di quel nero senza fine tutto attorno a lei.

E DAL NULLA TIRA UN D50

Akira tira un D50 e fa 5

Tutto giunge repentinamente al culmine per Akira, consapevolezza che va sbocciando come una rosa sotto i raggi del sole che adesso compaiono in tutta la loro bellezza dall'orizzonte per illuminare quel tetto, tutto viene messo in risalto, una luce unica che tu vedrai tuttavia sotto una nuova oscurità, i tuoi occhi hanno perso quelle sfumature uniche, colmi di chakra al punto dal farli sfumare su una scala di rossi piuttosto innaturale. Ma non è quello il segnale ultimo, tutto sembrerà improvvisamente rallentarsi, persino il tuo stesso dolore potrai analizzarlo in frangenti di tempo che parranno più lunghi del reale. Una piccola macchia nera s'è ormai formata all'interno della pupilla, un meccanismo d'uscita del chakra comunemente detto Tomoe. Un potere che ti era dovuto dalla nascita, ma che soltanto adesso riesci ad assaporare nella sua reale essenza, soltanto adesso potrai comprendere la natura dello sharingan e il motivo per cui questo viene definito maledetto. Soltanto adesso puoi davvero comprendere nuove emozioni, perchè hai superato il normale limite di un umano, hai deciso di diventare un tutt'uno con te stessa, più o meno involontariamente. Voltandoti verso Katsumi potrai osservare il suo corpo avvolto in sfumature cremisi, ma in particolar modo noterai una concentrazione di chakra all'iride, laddove potrai riconoscere il suo particolare disegno; il suo mangekyo sharingan. Quegli occhi che fanno sì che dallo sguardo del nuovo capoclan non filtri nulla di troppo verso quell'immagine; nè tristezza nè mutuo apprezzamento verso il grande piano di Arima. "Arima ha rispettato la sua ultima promessa.." Improvvisamente dallo sguardo dell'Uchiha potrai osservare un fascio color cremisi dirigersi verso di te, e conseguentemente potrai osservare davanti a te una tua copia, come uno specchio, che se osserverai potrai notare avere negli occhi sfumature cremisi accese ed una tomoe, segno dello sharingan. "Ce l'hai fatta." L'immagine va disperdendosi in fumo, lasciando al suo posto un amaro sorriso dell'Uchiha. E' molto vicino, e il perchè lo incontrerai in te stessa. Tutto va improvvisamente scemando, lo sharingan, quell'immenso cielo, l'immagine di Katsumi. Il risveglio dello sharingan, in condizioni tanto estreme, portano rapidamente il tuo io a perdere ogni forza, come se fin'ora avessi combattuto. Pochi attimi ancora, e i tuoi sensi ti abbandoneranno definitivamente, facendoti svenire. Al tuo risveglio sarai nell'ex ufficio di Arima, su in divanetto per la precisione, il tetto sarà totalmente pulito da ogni traccia e avrai addosso una bianca giacca a mò di copertina. Forse sarà difficile inizialmente, ma al solo patto che registri i tuoi movimenti, sarai libera di muoverti ovunque tu voglia, sarai libera di assaporare il sole e la luna, sarai libera di trovare il tuo inno interiore. E nonostante quell'immensa perdita, davanti a te non si porge più una mano, ma un enorme clan..come l'aveva chiamata Katsumi? "Famiglia" [ENDDDDISSIMA][dimmi se vuoi endare o meno!]

//Akira viene liberata dalla sua cella e portata davanti al corpo di Arima da parte del nuovo capoclan, lì risveglia il suo sharingan, spinta da una miscela di emozioni piuttosto topp

dado 5/50
Valutazione 45/50

Totale: 50/100

Benvenuta in famiglia