Incarico con borseggio

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21:42 Katai:
  [Strade - marciapiede] Un cielo plumbeo e nero veglia su Kagegakure. Le stelle si nascondono dietro pigri nembi, che sfilano dinanzi alla Luna in una processione silenziosa, minacciosa forse, per chi ha ancora timore della pioggia. Non per chi, come lui, ha da poco risvegliato l'Arte del Fulmine. Alza gli occhi in alto, con il naso all'insù, sperando quasi in una goccia d'acqua, in un rombo di tuono, in un temporale incombente. Tutto per poter riassaporare quel fenomeno e studiarlo ancora una volta, osservarlo da vicino, questa volta con consapevolezza e cognizione di causa. Invece, non sembra esserci frana d'acqua alcuna all'orizzonte. Quest'ultimo si perde tra i profili dei palazzi, torreggianti e alti, svettano sulle strade come dita di cemento, acciaio, vetro e metallo, tese al cielo, in un grido architettonico e muto.Veste abiti comuni, umili, privi di fronzoli e ninnoli, se non fosse per quel ventaglio rosso e bianco che capeggia tra le scapole, abbastanza grande da poter essere visto da chiunque, abbastanza piccolo da non occupare l'intera superficie posteriore della maglia. E proprio quest'ultima, nera e a maniche lunghe, dal colletto alto e circolare, copre il busto. Sotto di essa, invece, un paio di pantaloni ampi e comodi, del medesimo colore, stretti attorno alle caviglie da giri di bende candide, che suggellano le movenze alla stoffa, il passo alle vesti. le bende, poi, sono le medesime che sbucano dall'orlo delle maniche, arrampicandosi sino alle nocche delle mani. I piedi, invece, si alternano in un andirivieni di passi, avviluppati dentro calzari ninja dalle tinte fosche. Dietro la cintola, all'altezza della natica destra, una sacca portaoggetti reca con se tutto il suo scarno armamentario: due fuuda nei quali sono sigillati tronchetti da sostituzione, due tonici recupero del chakra, un tonico curativo ed un kunai, uno solamente. [Equip: kunai x1|tonico chakra x2|tonico curativo x1|fuuda con tronchetto x2]

22:11 Kurou:
  [Ristorante - Vicolo] Un rumore di piatti e di posate riecheggia, mischiati a schiamazzi e lo scroscio dell'acqua che scorre sulle mani dello shinobi. Ad unirsi alla sensazione del liquido dalla temperatura quasi bollente, c'è una mistura talmente concentrata da essere quasi nauseabonda all'odore, e orticante sulla pelle protetta da dei guanti di gomma gialli, lunghi fino a metà dell'avambraccio dello shinobi. Il suo aspetto è ridicolo: il suo fiero e prorompente, e a tratti arrogante, ciuffo è schiacciato come una fisarmonica da una retina per capetti di filo nero, che sembra una camicia di forza che abbraccia un pazzoide che tenta invano di librarsi. Al di sotto indossa un camice bianco da cucina e dei pantaloni neri su misura, su cui viene legata tramite una cordicella un camice nero, diverso dal medesimo di colore bianco dei suoi colleghi, forse per distinguerlo da coloro che sono riusciti con successo a raggiungere i fornelli del ristorante. I vestiti hanno delle chiazze giallognole e verdi, parecchio evidenti, e il sudore gli gronda dalla testa, su un volto non abbattuto dal lavoro estenuante, ma estremamente concentrato e immerso. Il detersivo per i piatti continua a colare tra quei guanti che impugnano le stoviglie sulla mano sinistra e una spugna, di colore arancione, sulla mano opposta, muovendosi con coordinazione per riuscire a sgrassare e a scrostare i residui di cibo, mozziconi e perchè no, moccio dei bambini appartenenti alle famiglie che si sono da poco alzate dai tavoli per pagare il conto alla cassa. Tutto procede come i giorni precedenti, questo allenamento intensivo è frutto dell'accurata pianificazione di Kurou, che riesce a far conciliare l'addestramento al lavoro, in modo da far fiorire le sue passioni e non restare al verde. Ascolta le voci dei colleghi e del suo supervisore, rallentando il suo operato, per carpire di essere giunti al limite con l'accumulo dei rifiuti e che sia giunta l'ora per l'ultimo arrivato di raccogliere il tutto e posarlo negli appositi contenitori all'angolo di un vicolo con la strada. Kurou appoggia quello che ha in mano e alzando le mani davanti al petto stacca le dita da quei guanti sudici, sfilandole una per volta aiutanti con la mano opposta. Poserebbe anche i guantoni gialli e approcciato quei due bidoni dall'odore ripugnante posti sul retro della cucina, laddove non potessero mischiarsi all'invitante odore di cibo che attira giornalmente centinaia di clienti. Con molta audacia, raccoglie i sacchi, chiudendoli con l'apposito spago, e li alza, uno per mano, pregando che il marciume non finisca col romperne la base e lasciandolo in un mare di lische e ossa in putrefazione. Avrebbe quindi usato l'uscita sul retro per raggiungere velocemente il vicolo, notando un repentino cambio di temperatura in quella serata piuttosto mite, ma decisamente più fredda di una cucina piena di fiamme, forni e friggitrici. < Ecco i bidoni... > l'immondizia è accatastata in questo recipiente gigante di metallo, e con pochi passi Kurou riesce a raggiungerlo, arrivando praticamente all'angolo col marciapiede della strada principale. Con un pestone del piede destro attiva l'ingranaggio per il sollevamento del coperchio, e con un caricato movimento di bacino e moto verso l'alto di entrambe le braccia, lancia entrambi i sacchi all'interno, producendo un rumore sordo e deciso, e riuscendo ad incanalare meglio il tanfo maturato dal contenitore.

22:24 Akio:
  [Vicolo buio - Strada principale] Ahh Kagegakure, città che pullula di occasioni, di volti da spaccare, Ryo da guadagnare e fessi da spennare. Una città aperta, libera di dare anche a un filibustiere come Akio dell lavoro o meglio, proprio di approfittarsi di tutto quel falso perbenismo che aleggia e che dietro a quei palazzi sfarzosi. Lo può sentire nell’aria, tutta la falsità, il mal contento tra i vari settori. È normale, come si può passare da nemici ad amici in un giorno solo, sotto a un governo che impone di dover fare la pace, convivere con chi fino a ieri ti sfidavi a chi ne ammazzava di più, il tutto solo perché al di fuori ci sono quelle bestie. Non parliamo quindi di Kiri, sua base generale delle operazioni, con quei poveracci che sono talmente disperati da fare di tutto per un paio di Ryo, semplicemente squisito. Veste un kimono bianco, tenuto in vita da una fascia nera, largo sul bavero esponendo quel petto voluminoso e decisamente massiccio. Nonostante Akio non sia la persona più alta, non arrivando neanche al metro e ottanta, è semplicemente MASSICCIO. Prima di uscire da quel vicolo ecco che le mani vanno a formare quel sigillo che ha visto fare così tante volte in accademia, quando frequentava, una delle varie nozioni che ha imparato prima di lasciare il percorso da ninja. Si ricorda ancora cosa ha detto quell’istruttore: immaginare di avere due forze, una fisica e una mentale, farle mischiare all’interno del proprio bacino, come a creare un torrente unico e dirompente fino a farsi inondare da esso, con questa energia che deve essere straripante. Si immagina esattamente quello fino a sentire quell’energia pervaderne i muscoli di nuovo, come la migliore droga! I capelli color biondo fragola svettano in cima, con quegli occhi verdi che osservano in questo momento un ubriacone che ha appena finito di pestare in un vicolo. Le nocche sono appena appena arrossate per via dei cazzotti che ha tirato. Si notano i tatuaggi neri, così come le unghie con lo smalto del medesimo colore. I geta ne anticipano le movenze, spostandosi così al di fuori di quel veicolo. La testa è abbassata mentre le mani aprono quel portafoglio di pelle, prendendo semplicemente i soldi liquidi, prima di buttarselo alle spalle, per terra, canticchiando una canzone abbastanza allegro tra se e se mentre si guarda attorno per cercare la propria prossima vittima di furto. Gli occhi rossi scandagliano la via principale del centro, piene di famiglie, bambini, vecchi… o come gli piacciono i vecchi, così facili da rubare anche se niente batte i bulletti, quelli che gli vengono addosso, o meglio quelli alla quale è lui ad andare addosso. Ha la scusa perfetta in quel caso! [Impasto chk]

22:44 Katai:
 Lui è poco più di un'Ombra, di nero vestita, con una sciarpa cremisi al collo, che si avviluppa sul cingolo scapolare in spire di stoffa, a soffocare il colletto della maglia, prima di ricadere oltre la spalla destra, in una lingua di sangue, che copre ,in parte, il ventaglio sulla schiena. < ... > Non un fiato, non una parola, da quelle labbra sigillate, che rimangono sottili, in una linea rosea, poco al di sopra del mento aguzzo, crocevia dei lineamenti obliqui e ripidi. Maledettamente giovani. La chioma corvina, invece, ciondola sulla cima di quei tratti, coronandone la sommità, in una colata ispida e ribelle, indomita. Tutto contrasta con la pelle chiara ed il nero delle vesti viene diluito in un caleidoscopio di colori, tutt'attorno, che rifrangono e si spezzano, in una miriade di luci più o meno grandi, più o meno accese, dalle insegne pubblicitarie, sino ai videoschermi appesi ai palazzi, passando per i neon dei locali e dei negozi. In quel contesto è difficile poter riconoscere qualcuno, mentre un auto sferraglia sulla destra, l'odore di pneumatico bruciato riempie le narici e i vapori di una cucina fuoriescono da un vicolo laterale, forse lo stesso dal quale proviene Akio, che non riesce né a riconoscere, né ad individuare, non ancora , almeno. TUtto perché si destreggia, senza troppa voglia, in quel dedalo di corpi e braccia e gambe ; che formano una fiumana di passanti, che approfittano della serata senza piogge, senza temporali, per poter uscire allo scoperto. Lui, in tutto ciò, non è che una macchia scura su una tela perfetta - o quasi - e cozza pesantemente con l'ambiente circostante, evidenziandosi per quel naso all'insù, in mezzo alla folla, mentre avanza trascinando un piede dietro l'altro, distrattamente.

23:11 Kurou:
  [Vicolo - Marciapiede] Con la mano destro, un po' raggrinzita dopo essere stata per ore sotto l'acqua bollente, il ragazzone si tappa entrambe le narici, producendo una smorfia a protezione di quel solezzo appena sollevatosi dal putridume. Volge quindi uno sguardo alla sua sinistra, dalla quale proviene quella luce dei lampioni e dei negozi della strada principale. Era entrato nel ristorante a metà pomeriggio, quindi non aveva fatto in tempo a vedere le luci notturne del centro prendere vita, ma eccole lì, a dare chiarezza sotto un cielo cupo e privo di qualsivoglia stella, nascoste tra delle dense nubi che non si decidono a rilasciare l'acqua raccolta. E ancora sotto quelle luci, la movida di persone che passeggiano, chi con molta calma e divertimento e chi invece fa i conti con la stanchezza di una lunga giornata di lavoro. Kurou si prende qualche secondo. Non è che non ha voglia di tornare a lavoro, anche perchè la sua disciplina e cocciutaggine gli impongono di continuare a lavorare anche se sfruttato e sottopagato, ma rimane come estasiato da subire questo contrasto, dove le urla e i momenti più caotici della cucina si trovino a pochi passi dalla giocosità di quella piccola metropoli sempre attiva e sorridente. Si appresta ad uscire dal vicolo, girando di pochi passi l'angolo, andando quindi a posizionarsi sul marciapiede, con di fronte il flusso di persone e la strada. Si appoggia poi al muro del ristorante, ora alle sue spalle, inclinandosi leggermente all'indietro per afferrare quei mattoni freddi con le scapole, e tenendo la gamba sinistra tesa sul pavimento, permettendo all'opposta di reclinarsi ad angolo acuto appoggiando la pianta del piede alla base di quel muro. Le braccia si mettono conserte, e il gigante sguattero vede tutto dall'alto, sembrando quasi un buttafuori da quella posizione rilassata e la sua stazza imponente, laddove i suoi muscoli allenati meticolosamente sono nascosti da una discutibile divisa. La retina in testa tuttavia, lo rende particolarmente ridicolo. Continua a muovere lo sguardo con un lieve sorriso rilassato, fino a quando i suoi occhi non si poggiano su una punta rossa. Forse il colore sgargiante, forse per semplice fortuna, egli nota proprio quel dettaglio, in mezzo ai tanti indumenti dai colori spenti dei passanti, e pian piano gli riaffiora un'immagine di quella stessa sciarpa, che lo porta a sollevare i suoi occhi di poco per notare il volto distratto di un amico, provando quasi una fitta dalla sorpresa. Lo sguardo è fisso su di lui, l'espressione è sbigottita, e seguendone i movimenti la sua bocca rimane sigillata finchè l'Uchiha non si trova precisamente di fronte a lui, con il muso verso l'alto, come se fosse pensieroso. Una volta sicuro, Kurou avrebbe sorriso un po' emozionato, e portando la mano sinistra di fianco alla bocca per amplificare il suono, avrebbe schiamazzato il suo nome. < Katai-kuuun! > prova a richiamarlo, sperando di essere notato e non dover iniziare a corrergli dietro, o avrebbero potuto notare la sua breve pausa lavorativa.

23:27 Akio:
  [Strada principale] Il fatto che Katai non lo abbia indovinato non vuol dire che Akio in realtà non abbia fatto il contrario, specialmente con il fatto che sembra un bambino così indifeso e si sa che rubare le caramelle ai bambini è qualcosa di semplicemente fin troppo facile. Qualcuno dirà troppo facile per essere addirittura noioso farlo. Non Akio, oh no, lui prende tutto, ingloba ciò che riesce e quello che non riesce lo prende con la forza. Quegli occhi rossi si posano proprio sul vestiario di Katai, vedendo come è vestito in maniera classica da accattone o comunque da ragazzino. Vede quelle bende ed è già che sta degustando la situazione, immaginandoselo bello che ferito di suo, altrimenti parliamoci chiaramente: che cazzo ci fai bendato se non sei ferito? Insomma, se lo sta immaginando infermo il ragazzo dai capelli corvini. Non vede il simbolo sulla schiena, non lo conosce anche volendo, e forse è un bene altrimenti avrebbe già pianificato di dargli talmente tante botte da portarlo in qualche vicolo e cavargli gli occhi per rivenderli, a Kiri nelle vie dei quartiere povero pagano molto bene! Non si avvede di Kurou per il momento che è ancora nel vicolo quando Akio si muove, proprio ad impattare contro Katai, spalla destra contro quella sinistra del morettino. Il fatto è che prima di impattare la irrigidisce, proprio per non farsi particolarmente male, lasciando in realtà una sensazione di essersi scontrato contro una montagna al piccolo corvetto, probabilmente facendolo arretrare appena. Mano sinistra che si sposterebbe subito sulla schiena di Katai, dove, in base al fatto che non ha tasche visibilmente piene, trova quel porta oggetti . Maestria del mestiere lo portano a cercare di aprire il portaoggetti e arraffare il porta monete del ragazzo, perché chi vuoi che non giri per Kagegakure, per il centro, senza soldi o documenti dietro con se?! Il pretesto ovviamente è sorreggerlo. < Ma che… Hey! > si lamenta appena dell’essersi scontrato con lui, cercando, qualora avesse afferrato il portamonete, di farlo scivolare nella manica larga del kimono, distraendo ovviamente Katai con quell’impatto e con le parole che seguono. < Fa attenzione! > gli dice pure, chinandosi appena in basso, dato che, nonostante non fosse una cima, è comunque più alto dell’uchiha. La destra cerca di muoversi sul proprio kimono bianco, dando un paio di colpi per levare la presunta polvere dell’impatto, cercando poi di replicare lo stesso verso il morettino sulla spalla dov’è stato colpito. < Stai bene, ti sei fatto male ?> Sente Kurou che lo chiama ma non sa che si stia riferendo a lui, con Kurou che dovrebbe arrivare, così come la voce del ragazzone alle proprie spalle, con la figura di Akio a coprirlo e soprattutto, a nascondere quanto è accaduto. Non se ne va tuttavia, anzi, si sposta di qualche passo, ora che sente arrivare Kurou e probabilmente notando la reazione dell’Uchiha nel sentire quella voce familiare e nella visione del konohano.[chk on]

23:36 Katai:
 S'arresta, infine, ma non di colpo, bensì distrattamente, proprio com'è giunto sin lì. E' di passaggio e si vede, ma non dalla fretta del passo, bensì dalla precisa cadenza di quest'ultimo, che va ad intercalarsi con le spalle lievemente curve, le mani ficcate nelle tasche dei pantaloni e quell'aria distante, assorta, aliena. < Nh ? > Un mugugno, uno solamente, che si schianta contro le labbra giunte, risalendo la china della gola, in un rantolo sordo, udibile solo dai passanti più vicini. E' la sua unica reazione a quel richiamo che avverte, sopra il suono dei clacson, oltre lo sferragliare delle auto, al di là del vociare confuso e concitato che s'espande sino ai timpani, riempiendone la capacità sensoriale. E' una voce, singola, altisonante, maschile, che svetta, proprio come il suo proprietario, sulla testa della folla, sino a raggiungerlo poco prima di imbattersi in lui. < Kurou ! > Esclama, anzi bofonchia, tra sé e sé dopo aver ruotato gli occhi in direzione del suono, così trascinando il mento ed il naso, assieme al resto del volto. Strappa l'attenzione dal cielo, in favore del ciuffo retinato dello sguattero. O lavapiatti, che dir si voglia. Estrae una mano dalla tasca, la destra, per sollevarla in aria, in un saluto sentito, partecipe, ma privo di un sorriso cordiale. E' solamente leggero quel piglio più colorato, meno grigio ed è tutto ciò che può offrire all'altro, in risposta ad una chiamata così accorata. Poi però una frana d'ossa, carne e sangue gli cade addosso, o meglio, gli cade sulla spalla. E, per quanto addestrato, finisce per indietreggiare d'un passo, nel contraccolpo. < Ouch > Borbotta, andando perfino a strizzare gli occhi, nell'attimo in cui una mano mastodontica gli cala sulla schiena e potrebbe quasi ringraziarlo, se non fosse che viene letteralmente derubato , ma per fortuna non del suo kunai simbolico, bensì di qualche ryo nel portamonete lasciato nella sacca. la mano destra artiglia l'articolazione opposta , massaggiandone la forma e la dimensione, prima di sollevare un occhio, sì uno solo, nero e buio, sul rosso rubino del malfattore. < Sei tu che mi sei finito addosso. > Ribatte, in tono piccato, aggrottando la fronte. < Ma sto bene. > Taglia corto, gettando già uno sguardo oltre la mole Blondy Strawberry del borseggiatore, in cerca del Nakayama.

00:06 Kurou:
  [Marciapiede - Strada Principale] Kurou riesce per fortuna a farsi notare dal suo amico, ma nota qualcosa di ambiguo. Katai, forse per il suo andazzo distratto, viene urtato da un passante, e la scena non si presenta particolarmente violenta agli occhi del lavapiatti, ma i due si fermano guardandosi, e parlando tra di loro. Non riesce nemmeno ad immaginare le dinamiche reali dell'accaduto, ma una cosa è certa: se Katai, non fosse andato da lui, allora Kurou si sarebbe mosso in sua direzione, per prolungare di un altro po' quella pausa adesso giustificata. Si staccherebbe quindi da quel solido e freddo muro, dandosi lo slancio con il piede sinistro ad esso appoggiato, e con un una corsetta raggiunge i due, ora ad una breve distanza tra di loro, dopo che Akio si è scostato sentendo l'arrivo di qualcun altro. Mentre si muove, porta la mano verso l'alto, per aggrapparsi all'elastico della retina per capelli e rimuoverla, lasciando a quel enorme ciuffo pieno di lacca di spiccare verso l'alto, come se non vedesse l'ora di toccare il cielo. Una volta in prossimità dei due, dopo qualche metro di corsa, egli rallenta il passo, spostando lo sguardo tra i due, ripetutamente. Non riesce a capire se si è creata tensione tra i due, ma nessuno è felice dopo uno scontro un po' brusco. < Tutto bene? L'ho distratto io, perdonami... > sempre alla mercé degli altri, anche sottomesso se vogliamo, pur di cercare di allietare le emozioni negative e di risultare piacevole, anche a rischio di assumersi colpe inutili. < Sei bello spesso, non ti sarai fatto male con il mio amico qui... > ora riesce a squadrarlo meglio, e ne approfitta per alleggerire ancora la tensione, buttandola quasi sul tono scherzoso e provocatorio. < Comunque piacere, Kurou! > porge la mano raggrinzita, con sua quella espansività fuori luogo, da squilibrato, che non ha nessun freno inibitore quando si tratta di dare la fiducia a qualcuno, questa volta forse condizionato dal pensare che possa trattarsi di un conoscente dell'Uchiha. Una volta stretta la mano di Akio, o meno in caso di rifiuto, avrebbe girato lo sguardo verso il suo amico, sorridendo in segno interrogativo, cercando di carpire qualche segnale sulla situazione, più dai suoi atteggiamenti che dalle espressioni, che rimangono neutre, ormai punto fermo della sua caratterizzazione.

00:16 Akio:
  [Strada principale] Non se la beve, o almeno, fa finta di non bersela che è stato lui ad andare addosso a Katai. < A me è sembrato il contrario che stavi chiamando qualcuno e ti sei distratto… > plausibile con il fatto che si è concentrato a guardare quella cuffia per i capelli ridicola che ha Kurou in testa in questo momento. < Comunque sto anche io bene, grazie per l’interessamento…> ribatte un attimo pure fintamente scazzato. Che attore, la manipolazione dei sensi e del circondario, non troppo, il giusto per far si che non gli sembri sia stato niente di che, dandogli la giusta importanza a quando qualcuno si scontra con qualche estraneo ma non ne vuole fare una questione di vita o di morte, anche perché l’approccio sarebbe stato con un pugno alla bocca dello stomaco e non una spallata qualsiasi giusto per urtarlo. Massaggerebbe quindi molto leggermente la spalla che ha impattato di Katai prima di vedere come taglia corto e così, lui stesso lo lascia andare. Il tono utilizzato comunque non era offensivo né tanto meno aggressivo, anzi si era pure preoccupato di accertarsi che Katai non si fosse fatto male, a differenza dell’Uchiha che non ha fatto niente. Si volta verso Kurou quando ne sente la voce, soprattutto la prima frase, voltandosi di nuovo a guardare il corvetto, alzando un sopracciglio come a dire ‘te l’avevo detto che mi avevi urtato te e non in contrario!’ In realtà guarda Kurou ora che si leva quella cuffietta e, sarà per via di quel ciuffo che spunta in alto ma sembra ben più alto di Akio, anche se i due a conti fatti non si danno chissà quanti centimetri. < No no, nessun male anzi, mi sono pure accertato che non si sia fatto male anche lui. > replica, mostrando un sorriso al lavapiatti che ora si è messo in mezzo ai due, insomma rimane ancora un pochino in realtà giusto a scambiare quattro chiacchiere, proprio per evitare di scappare in maniera palese, un qualcosa che fa esclusivamente per distogliere l’attenzione di Katai verso il nostro criminale, soprattutto quando si renderà conto che dal porta oggetti manca il suo portamonete con tanto di documenti all’interno. < Akio, piacere mio Kurou! > vede quella mano e decide di stringerla, allungando la gemella per poi afferrarla. Se dovesse essere una prova di forza ovviamente non si tirerà indietro al lavapiatti e in generale stringerà esattamente quanto il konohano deciderà di fare, replicando a specchio. < Beh, mi pare di capire che siate insieme e, giudicando dagli abiti, direi che stai lavorando. Non disturbo oltre. Kurou, Katai (?) > pronuncia laltro nome con scetticismo, ricollegando quel nome urlato alla voce del konohano, pensando che si possa riferire per l’appunto al corvetto, per poi allontanarsi con ancora un sorriso, falso ovviamente, in viso. Le mani si infilano nelle maniche di quel kimono bianco per poi allontanarsi dai due e lasciarli alla loro chiacchierata. Direzione? Beh alla ricerca di qualche altro scippo da fare e soprattutto sbarazzarsi di quei documenti e porta monete il più lontano possibile, dopo aver studiato un po' chi è il corvino e che cosa i suoi documenti dicono di lui. [exit][chk on]

00:26 Katai:
 Solo il sopraggiungere di Kurou spezza il suo sguardo, lungo e prolungato, quantomai insistente, nella direzione del borseggiatore. Sul laccato posa i suoi occhi, per un istante, senza battere ciglio. E lo ascolta, in silenzio. < Tutto bene. > Conferma, proprio come fatto un attimo prima, nei confronti di Akio stesso. La mano, finalmente, lascia la spalla opposta, ricadendo sul fianco, dove penzola al di fuori delle tasca, ma ad un soffio da questa. Il cingolo scapolare, ora , si drizza, andando ad estendere il dorso e verticalizzare la cervicale. Si erge, quindi, in una postura meno comoda, indubbiamente più rigida, ma che avvantaggia la sua altezza, da neo quindicenne, sfiorando il metro e settanta, ma slanciato e longilineo. La chioma corvina ondeggia ancora sul capo, un istante di troppo , scossa dalla torsione di cui si avvale, per poter correggere il cono visivo in direzione del Konohano, tralasciando quel passante da gli occhi rubino, almeno per un momento. < Mpf ! > Sbuffa, quando la risposta del malfattore soggiunge lesta e sagace. < Mi ero fermato, veramente. > Corregge il tiro, non il proprio ovviamente, ma quello altrui. E lui non si sincera delle condizioni del dirimpettaio, avendo , a conti fatti, ad occhio e croce, subito la peggio. Ma è quando l'altro si massaggia la spalla, forse fintamente, forse per una buona causa, che va inchiodando gli occhi addosso a quel segmento corporeo. < Ti fa male ? > E come potrebbe, lui, Snorlax dei poveri, avere dolore a quel misero colpo ? < Akio..> Commenta solamente, quando questi si allontana e non avrebbe messo mano al portaoggetti almeno fino a casa, dando modo al ladro di dileguarsi indisturbato, accompagnato solamente da un'occhiata di troppo, più lunga delle altre, decisamente più appiccicosa e invadente. < Mai visto in giro quel tipo..> E come potrebbe ? Lui che frequenta boschi, campi d'allenamento e quartieri poveri. Ah proposito. < A proposito, sei stato al Distretto di Kiri ? > Domanda, questa volta all'indirizzo del la lavapiatti, quasi ansioso di conoscerne la risposta.

00:52 Kurou:
  [Marciapiede - Strada Principale] Un po' allietato dal ricambio della stretta di mano, rasserena parecchio il capellone, ma quella tensione tra i due adesso è percepibile, dalle loro parole e dai loro gesti, forse più da parte di Katai. Ormai Kurou conosce alcuni tratti dell'Uchiha e di certo non lo potrebbe definire rissoso, come non lo è lui stesso d'altra parte. Forse la colpa è da parte di Akio, ma a conti fatti poco importa, restano un po' indispettiti e nulla più. Dopo poco l'individuo dai capelli rosei si allontana, lasciando a quella discussione un vuoto che ne segna la fine, e l'inizio di un nuovo incontro tra due shinobi molto altruisti. < Sì, mai visto neanche io... > supporta la perplessità di Katai, puntando sempre un occhio su quel kimono che svolazza, dileguandosi in mezzo alla folla di gente, assieme al bottino. La domanda successiva lo lascia un po' pensieroso, ma si avvede di rispondere un po' imbarazzato. < Ehm, come vedi ho avuto una distrazione in questo periodo... > con un mano si gratta la nuca, con la sinistra per precisione, e con l'altra solleva il grembiule nero, completamente sudicio, mentre accenna un sorriso. < Mi serve per pagare l'affitto ed era l'unica cosa che mi piace oltra alle arti marziali. Non posso aiutare gli altri con costanza ridotto così... > c'è imbarazzo e rammarico nelle sue parole, ma da poco ha dovuto fare i conti con la realtà e le poche missioni a cui partecipa e lo stipendio da Genin non gli bastano per tutte le spese, specialmente quando i primi soldi vanno in attrezzature da addestramento. < Comunque, prima che mi scordi, ti do il numero di telefono. Magari posso usarti per prendere un permesso e andiamo insieme al Quartiere Povero! > Un po' impacciato, estrae il telefono, visibilmente crepato sullo schermo con un graffio profondo che lo attraversa dall'altro al basso, ed inizia a digitare nervosamente per trovare il numero e mostrarlo a Katai, rivolgendo a lui lo schermo. <E' già partito l'allestimento dell'ospedale da campo?> chiede, giusto per sapere quanto è in ritardo sulla tabella di marcia, ora che può sperare di avere la meglio sulle bollette da pagare.

01:09 Katai:
 Lo scambio di convenevoli, per quanto breve, risulta intenso. Almeno per quel che riguarda i due nerboruti. Il giovane Uchiha, invece, rimane in disparte, un terzo incomodo di quella fortuita conoscenza e poco più. La coppia, però, o meglio il trio, si dividono in fretta, così come s'erano assortiti, ora finiscono per separarsi, sebbene due terzi del gruppo rimanga, a conti fatti, ad una spanna l'uno dall'altro, intenti a proseguire la conversazione. La casualità ha voluto che fosse lo stesso laccato ad attirare, per primo, l'attenzione dell'Uchiha, che però, ora, pare essersi fermato volentieri in prossimità dell'interlocutore, porgendo ad esso la fronte ed il petto, in segno d'ascolto - e attenzione. Si stringe nelle spalle, all'udire quella conferma che vede i due ancora d'accordo, sull'ennesima argomento: questa volta, è la figura di Akio a far da protagonista. Tuttavia il discorso devia, velocemente. Lo sguardo del più piccolo si solleva, quasi a voler colmare il divario d'altezze, nonostante la distanza. < Oh. > Borbotta , onomatopeico, sollevando appena le sopracciglia, mentre passa in rassegna il vestiario altrui, trovando in esso la conferma di quanto appena accennato dal lavapiatti. < Ti affido una missione , allora. > Sì, come novello daimyo. < Ti pagherò, se vuoi. > Afferma, forte dei suoi guadagni, che tuttavia non sa, essere stati recentemente ridotti, proprio dalle grinfie del borseggiatore. < E allo stesso tempo ti costringerà a visitare il Quartiere Povero ed il Mercato dell'Acqua ed il Distretto di Kiri tutto. > Non annuisce, ma sembra estremamente serio. La voce è diretta, ferma, ma pacata. Vibra solo di una nota d'entusiasmo, di trepidazione, ma è una sfumatura di sottofondo, che si nota appena. Poi si sporge in avanti, con il collo solamente, anteponendo le spalle, per poter osservare più da vicino il numero digitato sullo schermo crepato del ninjaphone altrui. E così estrae il proprio, andando a mimare l'operazione, emulando i gesti dell'altro, persino pigiando gli stessi numeri. Memorizzato. < Bene. > Dichiara concluso quel processo informatico, uno dei pochissimi di cui può vantarsi. < Non credo o lo avrei saputo. > Shizuka, in fondo, gliel'avrebbe detto, questo è certo. O forse no ? Pensieroso, si sofferma in riflessione, alzando maggiormente solo un sopracciglio. < Hei, ma non sei curioso di conoscere i dettagli della missione ? >Incalza.

21:41 Kurou:
  [Strada Principale] La folla continua a schivarli, come se ci fosse una forza attorno a loro, che li rende immuni a tutto ciò che trascorre e passa accanto, roba che li riguarda solo passivamente in quanto persone da proteggere per il proliferare di Kagegakure. E come in segno di rispetto, nessuno interrompe il loro parlato che continua inesorabile, prendendo toni sempre più pacati, laddove l'unica agitazione arriva dal pensiero di dover trovare una scusa per essersi allontanato dalla cucina. Ma poco importa. Non avrebbe comunque voluto fare il lavapiatti a vita, ma al limite aprire un proprio punto di ristoro, forse un chiosco, da portare avanti a tempo perso, una volta messo insieme i pezzi per dare ai civile una vita più tranquilla. Un bel piano per una pensione, talmente lontana quanto ardua da raggiungere ancora in vita. < Una missione privata? Non mi era mai successo... > Bugia. E non è nemmeno bravo a mentire in quanto il suo sorriso è molto tirato e la sudorazione della fronte copiosa, forse perchè non vorrebbe dire il falso ad una persona che rispetta. < Non vorrei prenderti dei soldi per aiutarti, però se la metti in questo modo... > Butta l'occhio sul grembiule lercio, pensando a quanto tempo ottimizzerebbe venendo pagato in una vera missione di soccorso a qualcuno che necessita di aiuto. Unire l'utile al dilettevole, cosa che non può fare da dietro ad una pila di piatti sporchi e sotto le urla di un supervisore, il tutto per pochi spicci e qualche ora al giorno di accademia culinaria. < Accetto! > alza lo sguardo a Katai, non di molto visto la differenza di altezza, con sguardo molto serio, degno di un soldato in attesa di ordini, cosa che Katai non avrebbe visto in quella breve conoscenza, se non in quel momento. Non gli serve nemmeno sapere l'obbiettivo per accettare, gli basta conoscere gli ideali del suo amico, per sapere di star andando nella direzione giusta, verso il Domani. Ovviamente l'arguto Uchiha gli rammenta poco dopo che è necessario che lui sappia i dettagli per non fare pasticci. < Ehm, sì! Cosa devo fare? >

22:01 Katai:
 Come massi sul letto di un fiume, la folla gli scorre accanto, dividendosi in loro prossimità, sino a scemare ai loro lati, ingoiandone le sagome, ma non abbastanza da separarli. Lo osserva a lungo e in silenzio, lo osserva mentre pare rimuginare su qualcosa, solamente un attimo prima di fissare il suo vestiario, sconsolato, forse. Lui alza le braccia, prima di incrociarle al petto, contro lo sterno, in una stretta di carne, ossa, sangue e stoffa ; proprio contro il respiro, che rimane, ora, lento e costante, in un ritmico sali-e-scendi. < ... > Non accenna reazione alcuna, se non un timido sussulto delle sopracciglia, entrambe, all'unisono, così da denotare quella perplessità che striscia sotto la pelle, da un lato all'altro del viso, sottocutanea come un tarlo vorace, tanto da incrinarne la grigia fissità. < Mhn > Mugugna, portando la mano destra verso il mento, carezzando quest'ultimo, con fare riflessivo. E abbassa lo sguardo sul selciato, su quel cemento lurido e consunto. < Una missione per me. > Corregge, in tono basso e pacato, senza dar adito a dubbi di sorta. < ... > Continua in silenzio, quando l'altro pare sposare la propria proposta, magari per puro tornaconto personale, magari per altruistico pensiero. < Devi andare nel Distretto di Kiri. > Inizia, sollevando gli occhi su di lui, ma solo quelli, perché il mento rimane basso, la mano ancora avvinghiata a quest'ultimo , il gomito, invece, poggiato sull'avambraccio opposto, che è intrecciato al petto, annodato lì, sullo sterno. < Devi cercare qualsiasi informazione riguardo un 'Fantasma'. > Sì, ha sentito bene. Lui pare tremendamente serio. < La popolazione di Kiri lo conosce come 'Fantasma'. > Incalza, aggiungendo dettagli. < O almeno così credo. > Insomma, non ne è sicuro neanche lui. < Devi scoprire qualsiasi cosa su di lui e poi riferirla a me. > E ora lo fissa, insistentemente. < A me solamente, intesi ? >

22:27 Kurou:
 La folla non è ormai altro che un sottofondo, troppo presi da questioni serie per badare a ciò che li attornia. Osserva quell'espressione immutabile, riuscendo a percepirne qualche sfumatura da microscopici movimenti dei muscoli facciali, ma nulla più. Agli occhi del taijutsuer, Katai risulta molto difficile da decifrare e prende ogni momento come un occasione per allenarsi a capire il suo stato d'animo da piccoli segnali, come delle piccole crepe in un possente muro di cemento da esterni. Nell'attesa deglutisce rumorosamente, un po' in tensione per sapere quale avversità possa attenderlo e tenendo alta la concentrazione sulla bocca del compagno shinobi, per cercare di essere ricettivo e cogliere al volo le informazioni necessarie. Kiri rimane la meta. E' conscio della situazione in cui versano le persone al suo interno, magari anche con una concezione leggermente pessimistica, avendo raggiunto per primo il punto dove la qualità della vita rasenta il ridicolo, fuori da ogni rispetto per la vita altrui. < Fantasma... Solo a te... > fissa il volto dell'Uchiha con gli occhi sgranati, sembra un pazzo. Annuisce compulsivamente con la testa, altro gesto un po' fuori norma, ma è chiaramente un modo per far capire di avere inteso, oltre a dimostrare una paura di tralasciare qualche dettaglio importante. Non è la persona più organizzata del mondo, ma riesce a tenere a mente tutto quando si tratta di aiutare qualcuno, come se avesse uno scomparto di memoria dedicato nel suo cervello. Forse è un'abilità acquisita a forza di fare commissioni su commissioni per qualche anziana di quartiere. < Ricevuto! Puoi fidarti! > abbandona il suo essere strambo con un mezzo inchino del busto in avanti, per mostrarsi a servizio della missione, davvero simile a ciò che ha già dovuto affrontare, con un fantasma al posto dell'illusione di una bestia famelica.

22:38 Katai:
 Inspira, a fondo, gonfiando il petto, sollevando le spalle, espandendo la cassa toracica. L'aria risale le narici, le dilata, mentre un sibilo infinitesimale si ode tra di loro, in quella pausa di silenzio in cui solo lo sguardo nero e buio dell'Uchiha riesce ad esprimere qualcosa, ammesso che si abbia il coraggio di guardarci dentro. E' fisso sul volto di Kurou, quasi volesse strapparne verità nascoste in una sola occhiata. DI per sè, è già molto curioso e il motivo per il quale l'altro accetti di buon grado, così servizievole e devoto alla causa, è ancora un mistero. Così finiscono per incrociare gli sguardi, l'uno nell'altro, muti. I dettami elargiti vengono ripetuti dall'altro, quasi come un mantra, andando a sottolineare quanto appena detto, quanto appreso e , per certo, memorizzato. < Esatto. > Esordisce infine, d'un tratto, andando a tradire la propria vitalità, che si era azzerata, proprio con quel respiro, proprio assieme all'ultima carezza delle dita sul mento, ora immobili. I ciuffi corvini oscillano al ritmo del vento che spira da un lato, attraverso i palazzi, sgusciando tra questi al pari d'un rapace sfuggente. < Posso fidarmi ? > RIpete, domanda, incalzando. E non c'è insinuazione nel suo quesito, non c'è nota che incrini il tono a tal punto da poter sospettare di una sua mozione a sfavore dell'investitura di Kurou stesso. < Non chiedi nemmeno il perchè ? > Per lui,ovvio, sarebbe banale. Per lui sarebbe scontato, ma forse il lavapiatti, da buon ninja, non domanda specifiche sul motivo della missione, ma solamente accetta quanto basta per poterla portare a termine, senza remore, senza indugi, senza obiezioni.

23:08 Kurou:
 Kurou si riazzera, dopo l'inchino. Tornando in posizione erette, con un movimento opposto a quello precedente, rischiando di toccare il volto di Katai con quell'immensa lancia di capelli sopra la sua fronte, si ritrova a sorridere di nuovo. Un sorriso lieve, come se l'agitazione e la serietà dell'incarico fosse passata, ormai digerita e assorbita come qualsiasi missione ufficiale. < Certo, e poi non credo che me lo avresti chiesto se non ti fidassi. > Sorride in maniera più accentuata, in una risata anche spocchiosa, sotto un baffo finto di un dito indice che si strofina orizzontalmente tra il naso e il labbro superiore di quella faccia sghignazzante, ritrovando un po' di confidenza e quasi tagliando di netto quel momento tra shinobi e commissionante, trasformandolo in qualcosa di più leggero, perchè in realtà non vedeva l'ora di rincontrarlo. < Il motivo lo sappiamo entrambi no? Non ti ricordi da Ichiraku? > L'allusione è chiara. Ormai ha già esposto le sue priorità e il suo nindo, ma non è mai troppo tardi per ricordarlo. Porta la mano destra, prima impegnata in quel gesto giocoso, più in basso nella zona del costato, nella parte sinistra, a pugno chiuso. < Se ho la forza di aiutare gli altri, è mio dovere farlo. Se non ho la forza di aiutare gli altri, è mio dovere diventare più forte. Questo è il mio Nindo! > il tono è recitato, forse ha pensato a lungo ad una frase ad effetto come questa, ma sembra la cosa più sincera e sentimentale espressa dall'inizio della conversazione. Il suo sorriso è sempre pieno di fierezza, e complice di un Katai in cui il taijutsuer riesce a rivedersi. Sa di trovare l'approvazione giusta dall'altra e un appoggio per raggiungere i bisogni di più persone possibili. E' questo che ha trovato in Katai, e ne è tutt'ora convinto.

23:21 Katai:
 < Mi fido del tuo spirito. > Rivela, in un sussurro che pare più rivolto a se stesso che all'altro, un mero alito di voce, adatto per essere udito solo dai più vicini - il che comprende anche qualche passante, in quel caso. Ma sono perlopiù volti anonimi, senza significato, se non quello puramente umano. Lo osserva con insistenza, dal basso all'alto, dato il divario d'altezze, che comprende anche quel ciuffo presuntuoso e arrogante, ma decisamente adatto ad una sagoma come quella di Kurou. < Oh. > Borbotta, onomatopeico, quando l'altro allude al loro ultimo discorso da Ichiraku, il loro primo ed ultimo discorso, di fatto. < !! > Entrambe le sopracciglia si sollevano, all'unisono, insieme, andando ad accostarsi all'attaccatura della chioma corvina, che discende ribelle, indomita e spettinata, proprio sulla fronte, dove si disegna una ruga, in quella pelle limpida e pallida. < ... > Socchiude gli occhi, di fronte a quel pugno chiuso sul cuore ed il mento si china di qualche grado, riflessivo. Un tenue sorriso infossa la guancia destra, timido, sottile, appena accennato. < E' il tuo Nindo. > Ripete, trasognato, andando a lasciar cadere la mano destra, la stessa che era appoggiata sul mento ; lasciando che scivoli sul fianco. < Un vero shinobi protegge con la sua ombra, senza nome, né gloria. > Ribatte, quasi fosse perfettamente in linea con quanto appena detto. < Bene. > Riapre gli occhi, annuendo appena. < Allora aspetto tue notizie, Kurou. > E non rivela d'essere anch'egli sulle tracce di questo fantasma, bensì alza la mano , in segno di saluto, prima di lasciarsi inghiottire dalla folla ( E N D)

00:17 Kurou:
  [Strada Principale - Ristorante] Riesce a coglierli, piccoli e nascosti segni di espressività. Caratteri così diversi, ideali così simili. E' così che convergono le due personalità, riuscendo ad esprimere il massimo da ognuno dei due. Kurou che è riuscito ad esprimere parte del suo passato a qualcuno, con non poca amarezza soppressa, in un primo incontro casuale. La sintonia che sente quasi tangibile, lo riporta a credere di essere stato fortunato, o destinato, a trovare quella persona. Ogni incontro è un'occasione, e chiunque può essere il focolaio della propria crescita e del progresso. Anche uno shinobi incontrato ad un chiosco del ramen. Il solo fatto di essere conscio di non essere l'unico a voler combattere per il Domani, non solo gli permette di confrontare il suo percorso e prendere ispirazione, ma anche di avvalersi di un compagno. Il rispetto è ciò che pervade Kurou, nella sua intrepida posa, e la certezza di aver trasmesso i suoi pensieri a Katai, mostrando semplicemente la propria anima, ricevendo in cambio una risposta, sempre in quella connessione eterea, ma reale, segnata da quel breve, malformato sorriso su un viso di marmo. La frase che ne sussegue estende il suo credo al ruolo che ricoprono nella società, ciò per cui sono riconosciuti. Eppure il concetto è talmente chiaro, che sembra scontato. < Aiutiamo quelle persone! > con un breve slancio, estende il braccio destro dal proprio petto a qualche centimetro dal volto di Katai, sempre chiuso a pugno, verso l'alto, con un grande pollice verso il cielo che ispirerebbe fiducia anche nell'animo più timoroso. Subito dopo il gesto, nota che il ragazzo si sposta e si dilegua in mezzo al fiume di persone. < Certo! A presto! > ritrae il braccio, appoggiando entrambe le mani sui fianchi, soddisfatto di quella lunga e rincuorante pausa. Gira i tacchi, riprendendo a camminare controcorrente, portandosi di nuovo in quel vicolo, laddove la luce della strada e degli amici non arriva, per sopraggiungere alla porta sul retro del ristorante. Ora ritorna in postazione, dove trova ancora i suoi colleghi indaffarati e il supervisore che urla a destra e sinistra chiamando tavoli e portate. Ma il piatti da lavare sono ancora lì, e Kurou riprende, un po' al buio, ma con un sorriso. [END]

Katai e Akio si aggirano per le vie del centro, laddove Kurou svolge la sua mansione di lavapiatti. Portando fuori i rifiuti del ristorante, Kurou riconosce Katai, attirandone l'attenzione e creando l'occasione per Akio di derubarlo. Al sopraggiungere di Kurou, Akio si dilegua a rapina conclusa, lasciando liberi i due in mezzo alla strada, dove l'Uchiha decide di ingaggiare Kurou, in cerca di impiego, per indagare sul "Fantasma" nel Distretto di Kiri.