Il chiosco di Oto
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Giocata dal 22/11/2022 21:08 al 23/11/2022 00:25 nella chat "Piazza Centrale [Oto]"
[Quarta Piazza | Chiosco] Kagegakure è squarciata da lampi e tuoni. Il cielo rimbomba di fragorosi scoppi mentre s'illumina , dilaniato dalle folgori. Una frana d'acqua cade sul MOndo, così come quest'ultimo sembra sfumare sotto di essa. I bordi si confondono, gli angoli si smussano, le forme si opacizzano. Tutto si diluisce in un grigiore umido e uggioso. Tutto ciò, però, non scoraggia i più, che si avvicendano lungo le Piazze di Oto, in cerca di un riparo, di un pasto caldo o semplicemente di passaggio. Uno di questi è il caso di un giovane Uchiha, appollaiato sulla cima di uno sgabello di legno, di fronte ad un bancone del medesimo materiale. I suoi gomiti poggiano sulla superficie , mentre la colonna dorsale vi si adagia come per sostenersi. Tiene tra le mani un piatto fumante, dando, quindi, le spalle al cuoco e la fronte alla Quarta piazza di Oto, quella dove capeggia Kioshi Uchiha: un antenato ? Può darsi. Forse no. Ne sa ben poco, forse meno di prima, ma di una cosa è certo: sarà lui a cambiare il corso del futuro di quel clan. Non con la gloria, non con il potere, ma con l'esempio. Tutto incomincia con il ramen che sta lentamente consumando, vestito di abiti scuri, monocromatici, che cozzano in netto contrasto con la pelle nivea, ma richiamano la chioma corvina e lo sguardo buio. Indossa una maglia dal collo alto e circolare, che sfiora il mento, le maniche lunghe ed il colore scuro, proprio come i pantaloni ampi e comodi che scendono lungo le leve inferiori, stretti attorno alle caviglie da un paio di giri di bende nuove, candide e pulite. I calzari ninja, delle tonalità del blu scuro, cingono i piedi, mentre quest'ultimi penzolano nel vuoto, come stalattiti di carne, sangue e stoffa. Dietro la cintola è assicurata una sacca portaoggetti, che contiene tutto il suo scarno armamentario: un kunai, due tonici per il recupero del chakra, due tonici curativi e un fuuda nel quale è sigillato un tronchetto per la tecnica della sostituzione. [Equip: kunai x1|tonico chakra x2|tonico pf x1|fuuda con tronchetto x1] [Quarta Piazza | Chiosco] Testa: è questo l'esito che l'ha costretto a dirigersi nel centro di Oto, subito dopo il lavoro, anziché tornarsene a casa e rilassarsi in preparazione alle otto ore di servizio che l'avrebbero aspettato il giorno dopo. Meditare prima di prendere una decisione è considerato saggio dai più, i quali si destreggiano tra scelte quotidiane, meno importanti, e decisivi punti di svolta, dove sono chiamati a servirsi di morale e sangue freddo per agire. L'outfit di quella sera non è stato, a sua volta, programmato: a partire dai piedi, sono salvaguardati da un paio di scarpe anti-infortunistiche, abbinate a una tuta da lavoro full-body di bitume. In quel completo da postino spicca il logo di un piccione accompagnato da una scritta incisa a caratteri cubitali: Hatu. Subito sotto, una didascalia bianca recita 'Butsuryuu', che rappresenta, per significato, il nome di un'agenzia di spedizioni e corrieri. Il caso ha dettato che anche lo scuro pulviscolo sui suoi polpastrelli si amalgami bene con tutto il resto, dandogli l'aspetto del tipico operaio stanco della vita. La corporatura esile e la pelle asciutta, d'altra parte, tradisce quell'altrimenti perfetta cornice. Gli occhiali moderni e il pelo verde contrastano ancora di più, rendendo più probabile l'immagine di uno scappato di casa, un drogato o un poser. Oltre a un portafogli usurato, un telefono di qualche modello più vecchio rispetto alla moda del momento e un palmare ad uso lavorativo, non ha altro. Sembra avvicinarsi al chiosco con passo danzante e lento ritmo, arrestandosi ogni due o tre metri senza un reale motivo. Un primo momento afferra il cellulare dalla tasca e ci preme sopra più volte, cambiando schermate e illuminando appena il suo volto di pigmenti diversi. Dopodiché, inizia a guardarsi attorno a guisa di lince, come se stesse cercando qualcosa o qualcuno. Chissà sé, spinto dalla moneta lanciata mezz'ora prima, stesse aspettando un segnale, un altro colpo di fortuna o un regalo inaspettato dalla sorte. Tuttavia, in linea col suo approccio, non avrebbe forzato alcunché. Troppo comodo, per quelli come lui, crogiolarsi in quell'attesa, il limbo precedente al primo passo. Troppo comodo scegliere di non scegliere. [Quarta piazza | Chiosco] La notte, quando il sole cessa di esistere e le tenebre accolgono il villaggio tra le braccia, il suo momento preferito della giornata in cui vivere, uscire e soprattutto cacciare. La pioggia, uno scroscio che lo accompagna e lo nasconde ai più, troppo impegnati a fuggire per rendersi conto di tale bellezza. Lui adora stare all'aperto quando scende e, nonostante una tempesta imperversi nel luogo, non ne sembra affatto scontento, anzi. L'unico problema è quando la pioggia e la notte si uniscono: le prede scappano via, in preda al panico e lui si ritrova da solo a camminare per le vie del quartiere di Oto, lontano dal suo. < Merda. > Afferma tra sè e sè, con viso corrucciato. Era così contento e desideroso di divertirsi stasera che era uscito di tutta furia e figurati se si porta un ombrello, ma non ci pensate proprio. Lui è natùre. E così muove passo sino a raggiungere la quarta piazza di Oto, con quella statua al centro. Non si cura a chi possa essere dedicata e non è nel suo interesse più vivo. Proprio lì, le luci di un chiosco a due passi attirano la sua attenzione. Sembra che ci siano persone all'interno e la cosa lo fa gioire, tanto che un sorriso sornione solca il suo volto, sfidando la linearità di un normale viso e i limiti a cui può giungere l'estensione di una bocca. < Bene, bene... > La lingua esce, leccando lievemente il labbro inferiore, pregustando chissà che. Leste si muovono le gambe portandoloo preso all'entrata del loco. Vestito in maniera fin troppo tradizionale per l'epoca, con ai piedi dei sandali neri, pantaloni larghi tanto da non lasciare intendere la muscolatura sotto, larghi sino al ginocchio. Nella parte sopra un kimono anch0esso nero con motivi a fiori bianchi, slacciato lasciando che il suo corpo si veda bene coperto da cicatrici e tagli qui e la, ben vistosi a tutti. Non si cura di chi gli sta intorno, si affretta solo a raggiungere quella porta che spalanca con vigore e fretta. Si presenta con quel sorriso inquietante e gli occhi quasi sgranati mentre alcune ciocche dei lunghi capelli argentei finiscono per coprire parte del volto. Si presta a spostarli velocemente passando la mano destra sul volto, asciugando parte di quell'acqua che ha in viso. Una goccia d'acqua con la sorella Ahmya, se non fosse per la statura e l'altezza. Il ramen fumante, sotto il naso, inebria i sensi, ma l'odore della pioggia, là fuori, penetra anche all'interno del locale. Non che ci voglia poi molto, di fatti quest'ultimo non è che un chiosco arrabattato , in legno e tendine di stoffa, edificato sul bordo della Piazza e di lì capace di osservarne l'interezza - o quasi. Almeno per chi, come il giovane Uchiha, volge l'attenzione proprio allo spazio antistante l'entrata e non al resto del ristorante. La mano sinistra, da perfetto cameriere, è rivolta con il palmo verso il soffitto, così da riuscire a sorreggere con precisione e attenzione la ciotola ripiena di brodaglia - e uova e maiale arrosto e mais - con qualche onda di spaghetti di frumento. La destra , invece, stringe le bacchette di legno con le quali ravana nel proprio pasto, rigirando e rigirando ancora al fine di estrarne quantità modiche, ma adatte , da ingurgitare. Le spalle sono lievemente curve, come ali di un nero rapace, appollaiato sul proprio trespolo e di lì intento a consumare il proprio pasto. La chioma corvina oscilla al ritmo del soffio di un vento frizzante, oramai gelido, dimentico del tiepido tocco del Sole - che è oramai calato oltre la linea dei caseggiati, all'orizzonte, ad ovest. Di tanto in tanto solleva gli occhi dalla propria cena, gettando l'attenzione in avanti, oltre l'apertura, molto simile, in effetti, al celebre chiosco di Ichiraku, con tanto di tendine sulle quali capeggiano kanji violacei a caratteri cubitali. < !? > E' in uno di quei momenti di trasognata disattenzione che nota l'arrivo di un figuro fradicio dalla testa ai piedi, vestito d'abiti tradizionali, che sfidano la modernità dei tempi d'oggi. E' quando scosta i capelli dal volto che questi si rivela incredibilmente simile a quello di una sagoma già nota, già vista e vissuta. < !! > Solo con un attimo di ritardo riesce a ricollegare quei tratti sfregiati alla più famigliare dei due Kakuzu. Muto. Lo osserva, squadrandone la sagoma con insistenza e indiscrezione. [Quarta Piazza | Chiosco] Ma come? È così semplice, basta avvicinarsi, leggere il menù e comunicare al personale il piatto che si desidera consumare. Banale e poco interessante, caratteristiche sufficienti a scoraggiarlo dal prenderle in considerazione. Preferirebbe, piuttosto, fare la mosca cieca e muovere il dito a mezz'aria finché non avrebbe toccato un piatto nel menù. Quella sì che suona come una cena conquistata, una pietanza nata dalla casualità appare più rischiosa e gustosa di un peperoncino crudo. Ma, anche solo la remota possibilità che ci sia dell'artificio in quel dito a mezz'aria che brancola nel buio, lo desiste dall'adottare quella strategia per ordinare. A quel punto non può fare a meno di sospirare, visibilmente stizzito, come se la singola idea di non affidarsi alla sorte gli causi un prurito insopportabile. È sufficiente un fugace scambio di sguardi con il cuoco, in attesa di un cliente più certo su come vuol spendere i propri soldi, per fargli arrivare l'illuminazione capace di risolvere il suo personale inghippo. Sorride, inarca un sopracciglio e conciona: < Scelga lei. > Non riesce a trattenere quel tono gaudente, di chi sente di aver appena lanciato una sfida da cui può uscirne vincitore. In quel caso, un affronto alla sorte, indecifrabile per quel poveretto che, strabuzzando gli occhi, conferma di essere abituato a svolgere il suo lavoro senza imprevisti. < Non avete un piatto dello chef? > Aggiunge, come se volesse far sentire in colpa il cuoco per non essere in grado di soddisfare la sua richiesta. < Non so... usi la fantasia, non sono un tipo schizzinoso. > Sogghigna, riutilizza le formalità e il suo tono cangia, diventando più ironico. È evidente che quella scenetta dai tratti teatrali sembra avere un senso solo per lui che, guidato dai suoi distorti propositi, trascura le buone maniere rischiando di risultare fastidioso. Piuttosto, data l'insicurezza dello chef, giunge alla conclusione di dover sfruttare i clienti lì presenti. La probabilità che almeno uno di loro gli dia una risposta senza neanche troppo pensarci è maggiore rispetto a quella del singolo chef. < Anzi... scegliete voi. > Ora si rivolge in maniera indistinta a tutti i presenti, sperando che almeno uno di lor l'aiutasse a decidere. < Che mangio?! > chiede, forse mettendo eccessiva enfasi in quella richiesta. Per loro, magari, è solo un'opportunità per farlo stare zitto, almeno non potrà continuare a parlare con la bocca piena, ma per lui è alla pari di un rito. Un procedimento fondamentale per continuare la serata giochicchiando con la fortuna. [Quarta piazza | Chiosco] Fradicio e zuppo fino al midollo, così appare il Kakuzu alla vista del presenti. Le gocce cadono dal kimono slacciato, cadendo inesorabilmente a terra e producendo una pozza indicibile. Stessa cosa per i lunghi capelli i quali vengono afferrati dalle sue braccia piegate all'indietro, raccogliendoli tutti insieme e portandoli avanti a se. Stringe poi con le mani, passando dalle ciocche sino in alto, strizzando la chioma e lasciando cadere a terra molta più acqua, curvando anche leggermente la schiena per aiutare la presa. < molto meglio. > Afferma mentre si ripone in una posizione quantomeno eretta. Alzando lo sguardo non può fare a meno di notare gli occhi di Katai puntati su di lui. Ricambia lo sguardo, con quelle iridi bicromatiche oro e azzurro. Forse una conferma per il giovane della somiglianza palese alla sorella. Sono praticamente due gocce d'acqua. < Che hai da guardare, ragazzino? > Afferma mentre un sorriso ancora più sornione solca il suo volto. Mani che vanno a infilarsi nelle corrispondenti tasche dei pantaloni mentre muove un paio di passi, lentamente, verso di lui come un corvo che si sta avvicinando alla carcassa di una bestia. Inarca leggermente la schiena per fare arrivare il suo viso vicino a quello del ragazzo ad uno sputo di distanza, tanto da poter sentire l'odore del ramen entrargli in circolo dal naso. < Sembra buono > Potrebbe riferirsi al piatto ma non è così. Gli squadra il viso come se lo stesse vivisezionando. Si concentra su ogni particolare e si, è decisamente di suo gusto. Gli dona quel sorriso inquietante che è tipico di lui, inquietante per molti. Ma la sua attenzione viene ora spostata. La voce di Majima fa irruzione in quel momento così intimo - solo per lui - e il capo si volta, lasciando immobile il resto del corpo. Le ciocche bianche del Kakuzu potrebbero finire nel ramen di Katai. < mh? > Mugugna sonoramente mentre il volto si incupisco visibilmente infastidito. Non si disturbano due persone intime. < Prendi dei Takoyaki con pisciazza di cuoco, sono la fine del mondo. > E ridacchia di gusto, come se fosse divertente. Qualche istante ancora, quelli necessari e sufficienti a sincerarsi delle sane e robuste condizioni del Kakuzu sulla soglia dell'uscio. Non c'è dubbio, assomiglia incredibilmente a quella figura femminile conosciuta solo poco tempo prima e che non ha ancora imparato a conoscere, non davvero. < ... > Trincerato dietro un ostinato mutismo, affonda nuovamente occhi e bacchette nel piatto di ramen che ribolle sotto il suo naso. Eppure torna nuovamente sulla sagoma di Tsumi, poco più in là, quasi cercasse conferma di una prima impressione o , semplicemente, temesse un cambio di forma - e genere - della gemella altrui. Non conosce le sue abilità e che quella sia una Tecnica della Trasformazione mal riuscita, è ancora tutto da vedere. Non è totalmente da escludere. < !! > Le sopracciglia sussultano appena, in un fremito di sorpresa, che scivola da un lato all'altro del volto, come un brivido improvviso, tanto fugace quanto indecifrabile. E' solo la voce di un altro avventore, che sino a quel momento non aveva notato, ad attirare il suo sguardo, lasciando che questo devi in suo favore e trovandosi, di fatto, ad osservare - tra un boccone e l'altro - un ragazzo con vesti che sembrano quelle di un operaio, un tecnico manutentore o qualcosa del genere. Lui, che di informatica e artigianato non ne sa praticamente nulla [Lv.0] riesce a malapena a distinguere, sulle prime, l'ipotetica mansione di Majima e , di quei tempi, non è certo il colore dei suoi capelli ad incuriosirlo, quanto più la sua insolita richiesta, alla quale, solo per sentir terminare quel baccano, risponde. < Ti consiglio il ramen. DI carne però. > Lesto, sbrigativo, conscio di dover superare la propria insicurezza sociale - un giorno, non oggi. E' la voce di Tsumi steso, però, a strappargli di dosso ogni remora, lasciandolo di sasso, quando se lo ritrova così vicino, facendo a malapena in tempo a voltarsi. < ?! > Il suo sorriso inquietante gli riempie gli occhi,ora fissi in quelli bicromatici altrui. Sì, potrebbe decisamente essere un jutsu maldestro. Lui si ritrae, proprio mentre l'altro si sporge in avanti verso di lui. Schiena e busto si estendono, trascinando con sè il ramen, salvando lo stesso dalle grinfie filamentose e fradice di Tsumi. < Ti ho scambiato per qualcun altro. > Si limita a rispondere, in tono frettoloso, quasi a volersi scusare - per la terza volta - con qualcuno pieno di cicatrici, che si è ritrovato ad osservare. [Quarta Piazza | Chiosco] Di certo, dopo aver chiesto l'aiuto dal pubblico, non avrebbe chiuso occhio sul terribile servizio ricevuto al locale. A fronte di una richiesta così semplice, il cuoco non è stato in grado di accontentare la sua richiesta. Inizia già a pensare di non presentarsi più, che quella sarà l'ultima volta che metterà piede al chiosco, ma non è comunque in grado di fare una promessa così importante a sé stesso, anche perché avrebbe rappresentato una scelta, una consapevolezza. Rammentando un breve dialogo avuto qualche settimana prima con i colleghi, decide di colpire il cuoco proprio su uno dei punti deboli di cui è a conoscenza, il tallone d'Achille di tutte le attività: < Dopo le lascio anche una recensione negativa, sà? > Una scala di note grevi di pianoforte avrebbe ben accompagnato l'annuncio di terrore per il settore gastronomico. A dire il vero, non avrebbe fatto granché, perché per quanto sia una cosa così semplice lui non ne è affatto capace. < Appena capisco come si fa... > conclude, con tono più basso, volto più a constatare la realtà che a ribattere contro i prevedibili insulti dello chef adirato. E pensare che a breve, una volta ascoltati i suggerimenti, gli avrebbe chiesto il piatto sul serio. Impossibile per egli non prendere sul serio l'input decisivo dei presenti, che per quanto non sia unanime rappresenta un punto iniziale per decidere cosa consumare, quantomeno. < Ecco, ho deciso! > Si rivolge, questa volta sorridente, come se avesse appena dimenticato il conflitto interiore mischiato alla disputa esteriore con il proprietario del locale. < Quello che hanno detto loro, va bene anche un mix. > Nel dirlo, considera sul serio di ricevere un piatto condito con del piscio, fortuna vuole che la professionalità dello chef, unita alla sua immisurabile pazienza, gli garantisca di ricevere pietanze commestibili. In attesa della preparazione, prenderebbe posto accanto ai due che si sono dimostrati così tanto gentili da aiutarlo con il suo gioco. Vede in quella compagnia non richiesta una moneta valida per ripagarli del favore appena ricevuto. < Ciao, avete NinjaGram? > Da bravo boomer, che se l'è fatto da poco, pensa bene di usarlo come argomento di conversazione universale, anche se a dire il vero spera che i due siano più capaci di lui. Magari, essendo stati così gentili da scegliere il suo piatto, possono anche dargli qualche consiglio segreto, di chi se ne intende. Strano come riesca a parlargli con una tale naturalezza e disinibizione pur non conoscendoli, pare evidente che tutto lo stress della scelta sia scivolato via. [Quarta Piazza | Chiosco] Il volto che ritorna velocemente su Katai, lasciando perdere quel battibecco che si viene a creare tra Majima e il proprietario del locale, di certo poco contento tra il pavimento completamente inzuppato dal Kakuzu e dalla boomerata dell'altro sulla recensione negativa. Lui non ha neanche minimamente idea di cosa stia parlando, visto il suo totale menefreghismo per la tecnologia. A parte per ordinare il cibo, solo quello. Gli occhi ora fissano quelli di Katai intensamente. Nonostante il ragazzo si ritiri col busto, lui colma sempre quella distanza e prima o poi il ragazzino si arrenderà, lui no. Lui non si arrende mai quando cerca di agguantare un bel bocconcino. < Sembri nervoso piccoletto.> Afferma mentre il sorrisone sornione perso poco fa si fa di nuovo strada nel suo volto colmo di cicatrici, così largo da sembrare quasi fuoriscire dal viso. < oh? Davvero? > Afferma, mentre gli altri commensali presenti nel chiosco iniziano a fissare loro due - come se l'uchiha avesse fatto qualcosa - e preoccupati scostano lo sguardo. E' ben abituato a questa situazione, visto il suo carattere fin troppo particolare. < Così mi offendi, io sono unico. > Narcisismo misto a inquietudine, fieramente deciso nel suo dire e sicuro di essere di una bellezza fuori dal comune. Vive in un mondo tutto suo e fortunatamente. Ma quell'espressione cambia, rilascia quella risata per lasciare spazio a un espressione incredula < a meno che ... > Piano piano ci arriva. Umetta le labbra e la schiena si riporta dritta, lasciando che la chioma penzoli ancora un po'. Lo sguardo si fa serio. < Con chi mi hai scambiato, piccoletto? > Afferma cambiando quel tono, ora serio quasi pacato. C'è solo una persona con cui lo scambiano di solito e quella frase se l'è sentita dire più e più volte, com'è immaginabile. Dalla tasca destra ora sfila la mano, mostrando un pacchetto di sigarette mezzo vuoto. Basta un movimento leggero, a frusta, per far fuoriuscire una sigaretta da esso. Alza il braccio facendo in modo che il filtro arrivi direttamente alle sue labbra, umettate per l'occasione. Non sembra però intenzionato ad accenderla ancora, visto l'interruzione di Majima. < ... Sei scemo allora. > Com'è possibile che abbia preso per buona la sua risposta? non se ne capacita. E si innervosisce ancora di più < Che roba è? Una droga nuova? > Chiede verso il ragazzo dai verdi capelli. L'abbiamo già detto, non ne sa nulla di tecnologia. La sagoma di Tsumi si fa incredibilmente scura mentre si staglia a coprire, quasi per intero, il suo campo visivo. E si annerisce, quando l'ennesima folgore illumina la Piazza antistante, mettendone in risalto le cicatrici e la corporatura, salvo poi sfumare nelle tonalità più grigie del temporale. < ... > Le labbra rimangono sigillate e strette. I lineamenti rigidi, tesi, che sembrano farsi più obliqui e ripidi di quanto, in realtà, non lo siano già. Trascina verso di sé il piatto di ramen, accostandolo al petto, quasi temesse che il Kakuzu possa prenderne un boccone. Lui, che delle sue proprietà non è affatto geloso, pare repellere quella figura, di cui però, in qualche modo, lo sguardo risulta interessato. Lo fissa, ecco come, lo fissa diritto nelle iridi bicromatiche, cercando di strappargli la verità dalla faccia sfregiata, così come, a conti fatti, il resto del corpo. Ma non si è focalizzato molto su quello, quanto più sulla somiglianza, nei tratti del viso, con Ahmya stessa. Ed è lì che incespica, laddove la sicurezza lascia spazio al dubbio, dove il tarlo del pensiero s'insinua in profondità e mina le fondamenta dello spirito. Quest'ultimo , di fatto, si sgretola nel ricordo dell'ultima conversazione con la gemella altrui. < Ti ho scambiato per una persona che ho conosciuto da poco > La verità, insomma, la nuda e cruda verità. Come potrebbe essere altrimenti ? In fondo, solo una scarsa e approssimativa conoscenza dell'altra può aver portato ad un fraintendimento. Si ritrae, man mano che l'altro avanza, finendo, infine, con la colonna vertebrale poggiata al bancone, costretto e intrappolato tra quest'ultimo e il naso del Kakuzu. < Nervoso ? E per cosa ? > Domanda, cercando di dissimulare il disagio instillato da quella vicinanza. Il tono CERCA di rimaner fermo, la voce decisa, ma pacata. Le bacchette, impugnate dalla destra, scivolano verso la brodaglia fumante, ma senza raccoglierne le prelibatezze, bensì poggiandosi sul bordo del piatto, quasi in attesa di ritrovare il proprio spazio vitale, così prepotentemente sottrattogli dall'invasore con il kimono nero. < Ninjagram ? > Devia, sia visivamente che fisicamente - sporgendosi verso di lui - in direzione del postino, che si è seduto lì accanto.< Certo. > Taglia corto, di netto, ma quella che era una conversazione indesiderata, ora risulta l'unica ancora di salvezza dall'inquietudine provata. [Quarta Piazza | Chiosco] La portata non tarda ad arrivare, a dimostrazione che, escludendo il servizio, quel locale si difenda bene in quanto a efficienza e velocità di preparazione. Il dolce profumo di umami e manzo invade le sue narici, egli però non sembra prendersi abbastanza tempo per pregustarlo, finendo per infilare il cucchiaio con distrazione nel brodo. Inizia a mangiare in fretta e furia, forse per abitudine, ma non è in grado di gustare appieno la pietanza, il che è un peccato considerando la precisione con cui è stata creata. Tra un boccone e l'altro, strofina il tovagliolo sulla sua bocca per asciugare qualche goccia riprende il discorso Ninjagram. < Mh-sì, è un'applicazione... > Termine imparato dai suoi colleghi che si sorprende di ricordare con tale facilità. < Basta avere questo affare qui! > Estrae il telefono dalla tasca e lo agita al vento per mostrarlo a entrambi. < Ci carichi quello che vuoi, hai una tua vetrina personale dove metti le foto... ecco, ci vuole un po' a capire come usarlo. > Un po', davvero? Sicuramente il caro Maji non ha stressato gli altri postini durante le pause pranzo per farsi spiegare i passaggi più stupidi e basilari, fino alla creazione dell'account. Approfitta della conversazione per ringraziare Katai del consiglio su cosa mangiare. < Mhh! Buona questa roba, grazie- > S'interrompe di getto, rendendosi conto di non conoscere il suo nome, altrimenti avrebbe proseguito la frase con naturalezza. < Come fai di nome? > Inarca un sopracciglio, avvicinando le bacchette alla sua testa, rivolte però verso il basso. Avrebbe atteso la risposta per poi riprendere a mangiare. In tutto ciò, non ha fatto caso alla particolare dinamica in atto tra i due, c'è strana alchimia che non sembra mutualmente condivisa. Non è affatto tipo da fare letture a caldo su persone che non conosce, piuttosto gli viene più facile fare domande imbarazzanti per capirne di più o farsi una risata. Poco propenso al giudizio, domanda con innocenza se ci sia qualcosa tra i due, dato che gli appellativi usati da Tsumi appaiono affettuosi. < Mh-state insieme? > Domanda innocua, per lui, forse tragica per uno dei due. Decide, con suo fare giullaresco e fanciullesco, di rincarare la dose con il solo scopo di spiegarsi meglio. < Tipo fidanzati, no? Sì insomma, che vi piacete e volete stare insieme, quelle robe lì... > Ne parla come se fosse argomento di poco conto e a maggior ragione può farlo perché, non avendo mai vissuto un rapporto del genere, si sente libero di sminuirlo.
Giocata dal 24/11/2022 21:55 al 25/11/2022 01:24 nella chat "Piazza Centrale [Oto]"
[Quarta piazza | Chiosco] Si è ormai staccato un po' da Katai, riprendendo una postura quantomeno ragguardevole. Il ragazzino potrà ora prendere fiato anche perché per ora avrà sentito solo quello di Tsumi sulla sua faccia e non è un granché, diciamocelo. Estrae dalla tasca sinistra un accendino, uno di quelli semplici a tubetto, pronto per essere acceso. < Ce l'ho uno di quegli affari. Ma ci ordino solo cibo > Afferma verso Majima continuando una discussione di cui in realtà non gliene importa molto. Fin troppo lontano dalla tecnologia odierna, cresciuto a pane e tradizione. Non che rispetti quest'ultima ma lo stile gli piace un sacco e la sua attenzione non è così tanta da potersi anche solo interessare a qualcosa che reputa superfluo e inutile. < Per il resto sono spazzatura. > Si riferisce ancora ai cellulari e lungi da lui mostrarsi in una sorta di vetrina. E' vanitoso ma rimanere nell'ombra lo fa sentire al sicuro e protetto. D'altronde, le cose cattive succedono di notte. Porta ora la sinistra verso la sigaretta tenuta sulle labbra. La accende lasciando che il fumo inizi a diradarsi da essa. Inspira profondamente, i polmoni che si riempiono di quel putrido, fino a che non la stacca dalla bocca. Inspira profondamente, assaporandone il gusto malsano prima di buttare fuori il tutto e produrre una fumata corposa. Il proprietario del chioschetto non è sicuramente contento di tutto ciò tanto che inizia a inveire contro il Kakuzu. Di rimando, un ennesimo sorrisino sornione si palesa nel suo viso, guardandolo di ricambio. < Stai al tuo posto vecchio, se vuoi ancora respirare ... > E lascia la frase lì, come sospesa lasciando al gestore il giudizio su quanto fare. Si volta poi verso katai, ormai guardandolo dall'alto in basso. < La persona con cui mi hai confuso si chiama Ahmya? > Lo guarda serio. La spartizione delle prede tra i due gemelli è una cosa seria e lungi da lui rubare dalla sorella. Tanto poi quando lei finisce con i suoi amici, ci gioca lui. Alle parole finali di Majima inarca il sopracciglio destro. Si volta lentamente verso di lui, muovendo un paio di passi in sua direzione. < Vuoi morire, bastardo? > Solo questo gli dice. E' un po' alle strette. Confinato tra la faccia del Kakuzu e lo spigolo del bancone. Cerca di districarsi, sporgendosi dal lato di Majima, inclinando lateralmente il busto, così da CERCARE di sottrarsi a quel giogo. Rimane, però, ritto sulla cima dello sgabello, appollaiato su quest'ultimo, seppur in una posizione quantomai innaturale e ben poco fisiologica. Il piatto di ramen, lì sulla cima della mano sinistra, rischia la propria incolumità, seppur sia la prima preoccupazione del giovane Uchiha e ne è testimonianza quello sguardo accorato che rivolge al ramen, di tanto in tanto, cercando di controllarne la superficie brodosa, quasi fosse, per lui, un mero metro di misura su cui basarsi per poter decretare o meno la dipartita generale. Le bacchette si muovono pericolosamente sul bordo del recipiente, dimenticate dalla presa salda di una mano destra, ora orfana dell'attenzione che necessita da parte del cervello, per poter proseguire nel suo compito più basilare: nutrirlo. < Prego > Replica, prontamente, in risposta al postino, senza annuire, ma cercando un'ancora di salvezza nella conversazione.La spiegazione circa le funzionalità di NInjagram viene elargita in fretta e furia, ma a lui questo basta per comprenderla. D'altronde, è stato pane quotidiano per un periodo , tale e necessario affinché potesse risultare quanto più insospettabile possibile, ma tenere d'occhio, al contempo, le notizie ivi circolanti , proprio come Shiroichi lo aveva istigato. Più o meno, ecco. < Mi chiamo..Katai. > Katai e basta ? No, non più. < Katai Uchiha. > Un nuovo nome, un nuovo sentiero, una nuova strada da percorrere. E comincia tutto da quel cognome. < Fidanzati ? Ma sei pazzo ?! > Scuote il capo, sottolineando il proprio diniego, con quel tono di disappunto che non manca di evidenziare quanto l'altro sia lontano dalla realtà. E' nel ritrarsi altrui che trova respiro e coraggio. < Hei ! Calmati ! > Tenta di mediare, appunto, sebbene ora il tono si faccia più serio, anche convinto e deciso di ciò che sta dicendo. < Non credo che ti lascerei ucciderlo, sai ? > Non poi così ironico, non nel tono almeno, sebbene possa lasciar fraintendere qualcosa. < E comunque sì, si chiama Amhya. > Sentenzia infine, alzando gli occhi su quello sfregiato che fronteggia, direttamente. [Quarta piazza | Chiosco] Mentre attende una risposta dai due, decide di velocizzare la sua consumazione afferrando la ciotola con entrambe le mani per poi avvicinarla alla bocca e risucchiarne il contenuto. Nel farlo non si accorge di produrre un fastidiosissimo rumore che in pochi, tra i presenti, saranno in grado di ignorare. Però, vedendo quel fondo bruno, ripensa alla scarsità di dettagli su cui si è soffermato prima di interloquire con i presunti morosi. A dire il vero è tipico di lui non badare troppo a chi parla, ciò che dice e quello che fa, finendo spesso per risultare maleducato o disinteressato. Le storie d'amore però sono intriganti a prescindere, questo pensa, nonostante non ne sia ancora stato protagonista, perciò un pochino ci sperava in una risposta positiva. Ripone la ciotola sul banco, poggia le bacchette accanto e coglie la palla al balzo per unirsi alla critica di Tsumi sui cellulari. < Oh sì, lo penso anch'io... delle diavolerie, ho sentito anche delle brutte storie su un certo 5G, ma shhh, non dirlo a nessuno. > Fronte corrugata e tono inquisitorio, in un attimo assume l'atteggiamento di un complottista. Pare evidente, dopo quello scambio, ch'egli sia propenso a prendersi gioco di tutto, in un invidiabile approccio autoironico e sarcastico. E' altresì ovvio che di fronte all'ennesimo rimprovero ai danni del vecchio lui avrebbe rincarato la dose. Distende il braccio in avanti, puntando l'indice contro il povero chef e scimmiottando il tipico tono vessatorio di un bulletto. < Esatto, vecchio! Guarda che appena lui impara a smanettare ti troverai ben DUE recensioni negative. > Sembra aver terminato l'affronto, invece agita le dita furiosamente e tenta di riprodurre il tipico boato di un'esplosione. < Boom, distrutto. > C'è poco da fare, Majima era un giocherellone da piccolo e lo è tutt'ora. Tuttavia, forse inconsciamente, il recensore-numero-due finisce per metterlo di fronte a un bivio insuperabile. Volere morire? Ma soprattutto, volere? Volere e quindi scegliere, si tratta di una scelta? Prurito spontaneo, sudore, agitazione e paura. Troppo difficile, non vuole proprio pensarci ed elabora in un istante che avrebbe fatto il possibile per sedare la questione lì, nell'immediato. < Chiedo eh! > Mette le mani avanti, scuote la testa e sospira, credendo di aver risolto il problema con tale facilità. Non arriva nemmeno a pensare, poiché distratto dal suo terrore, di aver toccato un tasto dolente con quella domanda innocua. < Piacere, Katai Uchiha. > Riesce a ricondurre il cognome, al massimo, a quella statua posta al centro della quarta piazza. < Io sono Majima. > Con la destrezza di un pistolero estrae una monetina dalla tasca, la lancia e cela il risultato nel pugno della sua mano. < Ma puoi chiamarmi anche Lucky Maji. > Un sorriso genuino, questa volta, che viene presto smorzato da una curiosità inappagata. Appurato che non sono fidanzati, resta solo da apprendere il nome dell'altro. < Il tuo amico come si chiama? > Non pensa nemmeno di domandare chi fosse Ahmya, supponendo si tratti di una conoscenza che i due hanno in comune. [Quarta piazza | Chiosco] Il ragazzo dai capelli verdi sembra inveire anche lui contro il proprietario del locale ma non con la cattiveria di Tsumi, il che lo fa solo guardare ancora più male dal Kakuzu, quasi si sentisse preso in giro e non gli piace. < ... mi prendi per il culo? > Afferma facendo altri due passi in sua direzione, avvicinandosi ancora un po' al suo viso. La sinistra che si alza e la sigaretta incontra nuovamente le labbra. Inspira profondamente fino a che il fumo no lo sente nei polmoni. Viene scostata la sigaretta e il fumo viene buttato direttamente in direzione della faccia di Majima. Povero ragazzo. < Va bene, sei solo stupido. > E nel dire questo sorride a malapena mantenendo quel sopracciglio alzato, come se si fosse bloccato lì. Non sembra destare l'interesse del Kakuzu, non è un bel faccino e non c'è niente in lui che possa destare la sua curiosità nel "giocare" con lui. < Non vale neanche la pena tagliuzzarti > Tutto questo è solo una fortuna per Majima, che non avrà a che fare con i suoi giochetti strani, perversi e macabri. Per questa volta è salvo. Si sposta poi, lasciando libero Majima dalla sua stretta, la stessa che aveva posto precedentemente a Katai. Ed è su quest'ultimo che riporta la sua attenzione, avvicinandosi nuovamente a lui ma non con la faccia. Il ragazzino potrà respirare. Sorride in maniera inquietante quando gli conferma quello che stava già pensando. < Oh. > Afferma verso di lui < Hai fegato ragazzino, cosa faresti in caso? Mi attaccheresti? E se volessi ucciderlo? > L'ultima domanda viene composta con un sibilo di voce, diretto verso di lui. Curioso della sua risposta. < Che maleducato, non mi sono presentato. > Ridacchia guardando di sbieco Majima. < Tsumi. > Secco e diretto come un proiettile < E sono il fratello gemello di Ahmya. > Era ben intuibile visto che sono due gocce d'acqua. Tsumi è solo alto dieci centimentri in più e ha qualche chilo di differenza con la sorella. Lo sguardo si riposa su Katai nuovamente. < Sei fortunato, Katai. > Lo chiama per nome. E' fortunato ad essere la preda della sorella, altrimenti avrebbe giocato con lui stasera. Ma il tutto lo rende anche un po' triste, oggi la caccia non sembra andata bene. Il piglio è contratto in un cruccio, che stringe lo sguardo tra le sopracciglia e gli zigomi, mentre gli occhi si riducono proprio tra queste due porzioni del viso. Una ruga si disegna sulla fronte, altrimenti limpida, sotto quella chioma corvina che discende, indomita e ribelle, sulla cima del capo, coronando la sagoma longilinea e slanciata, ma corporalmente inferiore a quella di Tsumi, verso il quale è rivolto, ora, dopo aver drizzato nuovamente la schiena. Non bada troppo alle invettive di Majima contro le nuove tecnologie, piuttosto sul battibecco che intercorre tra i due. < Non vale la pena neanche litigare. > S'intrufola tra le parole del Kakuzu, ripetendone, parzialmente, il contenuto , così da attirare la sua attenzione, perché è a lui che si rivolge in principio e maggiormente. Il postino, lì di lato, gioca con la sua moneta e si presenta come si deve - o quasi. < Puoi chiederlo tu come si chiama. > Ed il mento ammicca in direzione di Tsumi, poiché le mani, nonostante la sua pseudo-velata-minaccia sono , di fatto, occupate: l'una dalle bacchette di legno, l'altra dalla ciotola di ramen. Anche volendo, sembrerebbe in netto svantaggio, anche solo a volersi difendere e non cominciare lui stesso una lite. E nonostante ciò, gli occhi rimangono fissi sul gemello. < Proteggerei chi ne ha bisogno.> E lo sguardo scivola su Majima. < E lui sembra proprio il tipo che ne ha bisogno, in questo caso. > Quasi ironico, almeno nel contenuto delle sue parole, sebbene il tono non si presti a tale interpretazione. < Ahmya è tua sorella ?! > Rallenta, un po' in ogni direzione, avendo appurato quell'evidenza che , sino a pochi attimi primi, poteva solamente presupporre. Ora i pezzi di quel puzzle si collegano tra loro, come perfettamente capaci di incastrarsi l'uno all'altro. Tranne per le sue ultime parole, che risultano quantomai ambigue, proprio come quelle solitamente pronunciate dalla sua sorella gemella. < E perché sarei fortunato ? > Domanda, meno incredulo di prima, decisamente più radicato con i piedi a terra - e non nel senso letterale del termine. [Quarta piazza | Chiosco] Nonostante critiche e minacce il verde pelo pensa di dover comunque pagare la porzione di ramen appena mangiata, motivo per cui dopo aver estratto il portafoglio, impiegando più del dovuto a contare le banconote, decide di lasciare anche un paio di ryo come mancia per complimentarsi del celere servizio. Questo pur sapendo, in cuor suo, di non bastare per desisterlo dal mettere una stella in valutazione al locale. Si pulisce la bocca, ripone il tovagliolo accartocciato e avvicina il medio alla stanghetta degli occhiali per poi spingerli per riposizionarli sul dorso del naso. Perde, per un attimo, la vista a causa dello sbuffo ma lascia che sia la temperatura a disappannare i suoi occhiali. Allarga le narici ed inspira, finendo per fare una smorfia dovuta al terribile odore. < Aaah, classica puzza di centrale. > Una delle poche zone in cui consegna la posta controvoglia. Non può ignorare, dopo le successive parole, che Tsumi sia in qualche modo ossessionato dalla morte, dal tagliuzzamento e, con buona probabilità, tutto il resto dei modi macabri con cui la vita di una persona può terminare. < No, infatti, lo sconsiglio! Perfino Bishamonten ci ha provato. > Forse nemmeno lui sa con precisione a che si sta riferendo, ma presto l'avrebbe chiarito guardando il cielo e agitando un pugno, insegno di minaccia. < Vero!? Ciccione bastardo di un kami. > A questo punto è lecito chiedersi se tale Lucky Maji sia capace di intendere e di volere. Legittima domanda, problema comune, questione che tutti, nel conoscerlo, devono affrontare prima o dopo. E' proprio il sottile sarcasmo, talvolta impercettibile, che lui impiega, a confondere i più, pare sempre complicato interpretare se pensa sul serio, quello che dice, oppure no. Non c'è da sorprendersi, poi, se questa dicotomia non sia tanto distante dall'interiore conflitto che impedisce al povero postino di prendere una decisione. < Piacere, Tsumi. > Un sorriso... genuino? Davvero? Dopo essere stato maltrattato, è davvero così tanto impassibile? No, nessuno può resistere all'infinito, ma questo ragazzo tende a dare poco peso alle cose, le parole volano e tende a interpretare un po' tutto quello che gli capita come un distorto gioco della sorte. A proposito di lei: volente o nolente, riesce a trovare spazio in quella conversazione e Majima se ne accorge subito. < Fortunato? > Chiede, sghignazzando. < Sei fortunato, Katai!? > I suoi occhi si illuminano, pare in estasi, per non poco si ritrova in un orgasmo pregno di gaudio. < Scopriamolo! Testa per Katai e croce per Tsumi. > Fa scivolare la monetina tra le dita in modo che finisca per posarsi sull'unghia del pollice. Con uno schiocco di dita la spedisce in aria, facendola volteggiare fino alla sua celere caduta, seguita da un sordo rumore di legno, sul tavolo.Majima tira un D2 e fa 2
[Quarta Piazza | Chiosco] < Proteggere. > Rimane un attimo stupito da quella risposta, abbastanza vaga per lui e soprattutto campata in aria, volutamente generica. Agrotta la fronte mentre quel sorriso si espande ancora di più, sfidando nuovamente i limiti del suo viso. < Che paraculo che sei. > Inizia a ridacchiare convulsamente. < Devi essere quel ragazzino. Lei mi ha parlato di te. > Fissa lo sguardo su quello di Katai. Il ragazzino, in risposta, ricambia mostrando un pizzico di fegato che non guasta. Sorride mentre nella sua testa riaffiorano le immagini dei suoi familiari, del suo clan, decimati dai mostri lanciando cuori a destra e a manca. Era tutto per proteggere loro, il futuro dei Kakuzu. E guarda come si sono ridotti. Per lui tutto questo non ha senso. E a proposito di nosense, si volta verso Majima osservando quella pantomima che mette in alto prendendosela con un dio lontano. < Pf. Stupido. > Questo il suo unico parere in merito. Ed è anche la risposta al salito di Majima. Nuovamente la sigaretta viene portata alla bocca e viene presa un altra boccata di tabacco, più profonda questa volta tanto che da un colpo di tosse, piccolo. La sigaretta viene poi buttata sul pavimento, rimasta nient'altro che un mozzicone. Il piede destro vi si poggia sopra e con qualche sfregata viene spenta malamente. < Capisco perchè gli piaci. > Il volto di nuovo rivolto verso Katai. E piacere non è inteso in quel senso, sarebbe un bene. E' un piacere diverso, molto più malsano. Solo lui può capire quello che la sorella prova in quei momenti. Si avvicina a lui e andrebbe ad afferrargli il mento con indice e pollice della mano destra, strizzandogli un po il viso. < Perchè ti ha trovato prima lei. > Ecco la risposta alla domanda del ragazzo. Egli potrà notare la lingua di Tsumi uscire e leccare per bene le labbra, come se stesse guardandoli un cinghiale al forno. Gli lascia la faccia subito dopo, girandosi verso il verde(?). Segue la monetina con i bicromi occhi mentre le mani si riposizionano nelle tasche corrispondenti. < Uh, ho vinto. Allora vado. > Se è così fortunato, sarà meglio rimettersi a cacciare. La notte è ancora giovane per lui. < Sayonara, ragazzini. > Non un addio, ma un arrivederci. Specialmente per l'Uchiha. Che i Kami lo aiutino. [END] [Quarta piazza | Chiosco] Quanto è felice quando soddisfa la sua vocazione. Il suo guardo si blocca sulla superficie lucente della monetina, incantato dall'esito ottenuto. Si morde il labbro, faticando a trattenersi, e gli occhiali sembrano, per un attimo, scivolare in basso fino alla punta del naso. Li riposiziona con uno scatto della testa e distoglie lo sguardo dal pezzo lucente, per poi focalizzarsi sui due partecipanti. Il suo lavoro lì è compiuto e la serata ha subito una svolta piacevole, in quanto vassallo della sorte sente di aver elevato il tenore di quella casuale uscita. E pensare che tutto è partito proprio da una moneta, il cui risultato indicava testa, ed è finita con la stessa moneta, che questa volta ha fatto vincere croce. Non è questo il bello della fortuna? Una ruota che continua a girare, inesorabilmente, per tutti e di tutti, senza fare sconti a nessuno e senza favoreggiamenti. Riprende la sua moneta e la infila nella tasca, pronta per essere riutilizzata il giorno successivo. Si rivolge solo a Katai adesso, provando interesse nei suoi confronti proprio perché ha perso, perché si è trovato al di sotto della ruota. < E' andata male. > Lo afferma con un sorriso, dimostrando di aver familiarizzato con quella precisa sensazione. < Ritenta la prossima volta, sarai più fortunato! > Conclude, facendogli un occhiolino. Crede in quello che dice perché si fida dei meccanismi della ruota. Fa un cenno di saluto a Tsumi e al cuoco, quest'ultimo con buona probabilità non l'avrebbe ricambiato. Prima di andarsene, tira fuori il telefono, ci preme con l'indice un paio di volte, e poi lo gira per mostrare la schermata a Katai. < Ah, seguimi su NinjaGram appena te lo fai! > Usa l'indice dell'altra mano per indicare il suo nickname. < Lucky majima, sono io. > Ripone il cellulare e saltella via, lontano dal chiosco, diretto a casa. Poco abituato a restare fuori così tanto, pensa già alle ore di lavoro che l'aspettavano il giorno dopo.
Giocata del 25/11/2022 dalle 12:05 alle 12:31 nella chat "Piazza Centrale [Oto]"
Ora è confuso. Visibilmente confuso. Sbatte le palpebre un paio di volte, lasciando che quei sipari di carne calino su gli occhi neri, ora rivolti verso Majima, ora rivolti verso Tsumi. E’ una coppia ambigua, una dicotomia folle, che si è instaurata come una cella ciclonica nel bel mezzo di quel locale, di uno sfortunato locale. Da una parte il Postino dall’aria trasognata e assorta nei suoi giochi d’ironia che divorano ogni barlume di serietà, ogni traccia di credibilità, quasi potesse essere, a fatica, ascoltato. Eppure il giovane Uchiha porge l’orecchio anche a questi, cercandone il filo del discorso, che ritrova solo in ultimo, dinanzi ad una domanda a cui non sa rispondere, ma , di fato, opterebbe per commento negativo. Si stringe nelle spalle, invece, scrollando il capo un attimo dopo, quasi ignorante in materia e , per questo, del tutto estraneo al concetto di fortuna e sfortuna. Dall’altro lato il gemello mefistofelico che incombe su entrambi, ma , non per questo, ignorato o bistrattato dal Genin della Nota Nera. < Cosa ?! > Schiude appena le labbra, inalando ossigeno e fumo di sigaretta, che lo porta a strizzare il volto, in una smorfia disgustata, non tanto dall’odore quanto da quel sapore secco e bruciato. < Non capisco…> Ammette, sincero, in un tono di voce che rasenta il sussurro, perché pare rivolto più a se stesso che all’altro , ma tale è la vicinanza, a cui si sottrae troppo tardi, solo dopo essere stato afferrato per il mento, giusto in tempo per evitare l’alito nefasto del Kakuzu. < … >Ammutolisce, sul finale, lasciando che il puzzle mentale si sgretoli in mille pezzi e forse più, non riuscendo a rimettere insieme il filo logico delle parole altrui. I recenti sviluppi, tra l’altro, potrebbero aver pregiudicato la sua vicinanza con Amhya stessa, ma forse questo, il gemello non lo sa. Che tutto ciò sia un bene o un male solo i rami potranno dirlo. Si rivolge, poi, infine, all’indirizzo di Majima , quando oramai Tsumi si è allontanato. < Devi stare più attento. > Lo ammonisce, forte di quel ruolo di protettore che si è garantito solo un attimo prima e che, a conti fatti, ha visto sfiorare la rissa. < Ciao >Saluta, in segno di commiato, alzando la mano per sottolineare quelle parole e quindi si rivolge al proprio ramen che, finalmente, potrà terminare ( E ND)