Visite in ospedale
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Giocata del 15/10/2022 dalle 14:18 alle 17:55 nella chat "Ospedale [Kusa]"
[Esterno > Interno] Una frana d'acqua s'abbatte su Kagegakure no Stato. Il Villaggio dei Sei è sommerso dalle lacrime del cielo grigio, sotto quella martellante pioggia che non da tregua. Gli edifici gocciolano, così come le grondaie, gli scarichi e le fogne; le infrastrutture del villaggio faticano ad accogliere completamente le acque reflue. Mentre i ruscelli gorgheggiano e dai tetti scivolano cascate in miniatura, una piccola ombra si muove nella trama uggiosa del cortile antistante l'ospedale.E' vestita di abiti comuni e semplici, privi di fronzoli o decori, non ha stemmi , né simboli che possano ricondurlo a questo o quel gruppo famigliare organizzato, figuriamoci ad un clan. Non indossa nessun armamentario, poiché è lì per una visita di pace, che poi, così pacifica potrebbe non risultare. Il messaggio del medico era chiaro: conoscere i suoi occhi. Il motivo, tuttavia, è ancora ignoto. La maglia scura si schiaccia contro il busto, frustata dalle spire del vento. E' una maglia nera, dal collo alto e circolare, i cui orli costeggiano un paio di pantaloncini bianchi, corti sino al ginocchio, che sfiorano le rotule ad ogni falcata, per quanto precisa e misurata questa sia, cercando d'evitare pozze e pozzanghere o rivoli d'acqua , mentre dirige a passo svelto verso l'ingresso dell'ospedale. Proprio in prossimità di questo l'ombrello rosso sangue che tiene sulla testa viene richiuso, senza alcun ringraziamento per avergli evitato una doccia indesiderata. I piedi, infatti, sono perlopiù asciutti, sebbene qualche schizzo di fango macchi i calzari , che stringono le caviglie e lasciano scoperti solamente le dita ed il tallone. A rincorrersi lungo le tibie, ci sono dei bendaggi ruvidi e consunti, sporchi di macchie qua e là. Passa una mano tra la chioma corvina, spettinandola ulteriormente, ispida e ribelle, cercando di scrollare via le gocce di pioggia residue. Così fa il suo ingresso nella hall dell'ospedale. Le infermiere se la girano a largo, dopo averle spaventate tutte più con il finto sangue addosso che per le finte corna sulla testa hanno deciso di starle alla larga, anche perché la cosa davvero spaventosa è stato convincerla a lasciar in pace Nobu, che è nella stanza comunicante e sta riposando, per poi mettersi una tunica o almeno un pigiama, insomma qualcosa di adeguato e non camicia e pantaloni eleganti. Tra un urlo e una minaccia alla fine sono riuscite a trovare il compromesso ed è per questo che ora se ne sta nel letto, tutta imbronciata con indossa un paio di pantaloni della tuta a vita alta, dal taglio maschile, ma stranamente della sua dimensione, di colore bianchi abbinato ad un identico crop top dalle maniche lunghe, anche lui in felpa. Niente reggiseni, niente abiti attillati per un po’ a quanto pare. Non le piace, si sente vulnerabile seppur sia assolutamente nella media, tendente allo scarso. In mano ha il telefono, un continuo suonare tra notifiche e suoneria delle chiamate. Se qualcuno si sta chiedendo da dove arrivano i vestiti la risposta è sul comodino, c’è anche una sciarpa azzurra con auguri di pronta guarigione da quei maledetti della troup che l’hanno eliminata dal suo grande film. Meglio far morire il personaggio piuttosto che affidarsi ancora ad una ninja, quelle parole l’hanno oltremodo irritata. Insomma lei è una star e poco importa che a volte vada anche in missione, non si sarebbe mai definita come una semplice ninja. Si morde il labbro inferiore probabilmente giurando eterna vendetta. La porta che da sul corridoio è aperta così da permettere al personale sanitario di tenerla d’occhio dalla giusta distanza mentre quella che comunica con Nobu è stata chiusa, hanno detto che altrimenti lo avrebbe infastidito. Facile fare i grossi quando persino respirare fa un male boia. Inspira profondamente e sbuffa, ah no si blocca a metà e tira un colpo di tosse. Maledetto sarto <peccato tu sia morto stronzo> borbotta appena riesce a riprendere un minimo di controllo di sé stessa dopo quell’ondata di dolore. Farla picchiare così è stato davvero un affronto, un affronto che però ha molto da insegnarle, troppo debole, troppo lenta e troppo esposta, lo ha sempre saputo ma ora per la prima volta ha compreso l’importanza del fidarsi delle persone in combattimento, la fiducia risposta nei suoi compagni è di fatto l’unico motivo per cui è in una stanza di ospedale e non in obitorio. Una nuova notifica sul telefono ed ecco che la risposta a quel maledetto Rasetsu è stata inviata, speriamo solo non scopra che si trova proprio in ospedale oggi [Interno ! Hall] L'odore pungente dei disinfettati arriva subito alle narici, proprio come una zaffata di lezzo ospedaliero a cui, tuttavia, pare avvezzo. Non storce il naso, non spreme il volto, anzi scrolla l'ombrello da un lato, cercando di liberarlo dalle gocce d'acqua residue, proprio come fatto in precedenza con la chioma di capelli neri. Lo stesso colore alberga nelle iridi, buie come le notti derubate delle loro stelle, così profondi che i neon dell'illuminazione artificiale faticano a rischiararli. Si sofferma, su due piedi, di fronte all'entrata , scandagliando il luogo in lungo e in largo, cercando tracce di quella che dovrebbe essere la chioma o la figura della Kokketsu. < ... > Non una parola, non un fiato. Non si dirige verso la reception, non ancora almeno, preferendo scavalcare l'infermiera di servizio, operando una ricerca personale e individuale. La mano sinistra finisce dentro la tasca del pantaloncino, estraendone il ninjaphone che trilla incessantemente. Ninjagram, ovvio. Quel social sta prendendo piede sempre più a Kagegakure e lui deve esserci in mezzo, non può tenere d'occhio il villaggio rimanendo cieco ad una sua fetta d'informazione importante. Ma tutto a un prezzo, così come quella piattaforma in cui deve necessariamente mescolarsi, fingendo d'esserne parte interessata. Finalmente avanza, poi, muovendo un primo passo, quindi un secondo, entrambi in direzione dei corridoi, che potrebbero nascondere, nel loro dedalo di luci e porte, la donna che sta cercando. Stranamente trascina con sé l'ombrello, quasi dimenticandosi di lasciarlo all'ingresso, dove potrebbe prenderlo chiunque, dove sarebbe oltremodo esposto alle grinfie dei passanti. Che ci sia affezionato ? Forse è un regalo del passato, forse un refuso del nonno defunto. Decide di inoltrarsi nel labirinto delle corsie senza farne voce con la reception, sgattaiolando senza troppa disinvoltura dietro la fila accalcata al bancone, così da tentare di eludere lo sguardo dell'infermiera di turno. Non le piace stare ferma eppure questa volta non ha letteralmente nessuna scelta. Soprattutto visto che dopo lo scherzetto che ha trovato la forza di fare alle infermiere. Sono tutti fortunati che ancora non se la sia sentita di richiamare la sua innata e farsi una passeggiata, anche perché porterebbe con sé qualsiasi medico passi troppo vicino alla sua stanza. Ninjagram sembra darle una pausa e questo la porta ad annoiarsi subito <aaaaaaaaaaaa> esasperata lo sussurra quasi, fa fatica ad urlare, dovrebbe inspirare troppa aria e come il suo corpo le ha ricordato poco fa: fa male. Sbatte appena i piedi sulle coperte, quelle caldine in spugna coprono la bellezza della pedicure appena fatta. Si osserva, per quanto riesce, l’addome, l’unica parte scoperta almeno facendosi improvvisamente più scura, adombrata dal ricordo di quel colpo e del sacrifico di Nobu, vorrebbe davvero poter dire che non succederà più ma sa di dover essere dannatamente realista. Eppure se non gli volesse bene ora soffrirebbe di meno, per quanto senza quel sentimento ora sarebbe con ogni probabilità morta. Se il calcio avesse colpito lei invece del braccio del ragazzo. Scuote il capo scostano gli occhi dalla pelle candida appena segnata dai bordi di quell’ematoma esteso. Nuovamente si morde il labbro incazzata, con il muso come la bambina che è, la bambina a cui non è mai stato dato il tempo di cresce, che ha dovuto diventare forte e continuare in qualche modo <PORTATEMI UNA CAZZO DI BIRRA> urla alle infermiere ora ritrovandosi poi a venir sommersa nuovamente nel dolore. Una birra aiuterebbe ma a quanto pare non è permesso. Lei ormai è intollerante verso quel luogo, verso l’impossibilità di parlare a Nobu, così riprende il telefono e manda un semplice messaggio, sente il suono del cellulare altri nella stanza accanto e sorride. Proprio come la prima notte da coinquilini [Interno | Corsie] L'intricato intreccio di porte e corridoi si snoda dinanzi ai suoi occhi, minacciando d'inghiottirlo come l'ennesima figura senza nome che calca quei pavimenti. Su di essi sferragliano carrelli dei medicinali e barelle, mentre scricchiolano lamenti e si sgualciscono le urla dei malati. E' un inferno di cemento, neon, vetro e metallo ; dove l'anima impreparata si perde e smarrisce tra i dolori dei bisognosi, nelle loro angoscianti suppliche. Ci mancano solo i fantasmi, adesso e quel luogo potrebbe ospitare lo Spooky Festival. Fortuna vuole che lì, di fantasmi - come in giro per Kagegakure - non ne veda affatto, almeno per ora. E non appare, però, così sollevato come dovrebbe,dal momento che la sagoma della Kokketsu si attarda a comparire, forse indaffarata nel dedalo dei pazienti, inghiottita dalle loro richieste e fagocitata dal lavoro, definitivamente. Ma allora perché quel messaggio ? Perché disturbarsi a scrivergli proprio riguardo al suo clan e ai suoi occhi ? Tra gli urli ce ne è uno che sovrasta gli altri, almeno nel momento in cui sfila dinanzi alla stanza di Saigo, casualmente, ascoltandone la richiesta quantomai originale e insolita.Che il fenomeno dell'alcolismo sia oramai affermato a Kagegakure , è un dato di fatto. Non avrebbe mai creduto, però, che ai pazienti fosse permesso di bere alcolici. Il passo rallenta, un istante di troppo probabilmente, si fa incerto ed esita, proprio dinanzi alla stanza dell'Ufficiale, permettendo alle iridi di pece di infiltrarsi nella stanza, come farebbe un'onda d'inchiostro contro un muro crepato. E' un istante o poco più, il tempo di un battito di ciglia, quello necessario e sufficiente a riconoscere parzialmente il volto della malata. E tanto basta per non soffermarsi. La vita in ospedale fa proprio schifo, troppo tempo per fare nulla la parta ad avere troppo tempo per riflettere. Gli occhi rossi si spostano sulla porta, in attesa almeno del solito gentire “no” che le viene rivolto, eppure nulla, nessuna infermiera ormai hanno deciso di ignorarla e basta maledetti. Mentre gli occhi appendono qualche vano cenno ecco che il ragazzo appare, esita quel tanto che basta per permettere anche a lei di riconoscerlo. Oh beh ci mette più del previsto, su ninjagram è davvero più figo, dal vivo meh. Nessun bacino in vista e gli ormoni stanno sotto controllo <oh eccolo il fake!> vuole parlare, non vuole più stare sola con sé stessa e in quel momento in cui continua con quell’apparenza da stronza, da ragazza forte ed invincibile silenziosamente urla, chiede in lacrime a qualcuno di tenderle la mano, ora che teme per Nobu ed il loro rapporto, ora che si sente sola come non mai. Un urlo nascosto il suo, persino a sé stessa che continua a reggersi su quella fragile corda, continua a sostenere di non aver bisogno di nessuno. Non può contare sulla comparsata di nessuno, l’unico che sa che fine ha fatto è nella stanza accanto e l’altra compagna, beh avrà anche i fatti suoi da portare avanti mica sono così amiche. In ogni caso non è che renda facile il compito di starle accanto, soprattutto quando sbraita e insulta <i filtri fanno davvero miracoli eh> infierisce ancora, tutto pur di non lasciarlo andare via subito, tutto per di avere compagnia giusto qualche istante, il poco che le serve per distrarsi, pensare a qualcosa che non sia la missione appena conclusa. Lo osserva dall’alto vero il basso e poi al contrario, come per analizzarlo quando è palese, viste le sue parole, che si stia solo limitando ad annotarsi tutte le differenze mentalmente, come a voler sottolineare ancora una volta il fatto che sia solo un fake. Non prova né odio né simpatia per quel ragazzo che a conti fatti è uno sconosciuto eppure adesso le va bene, che la odi, che la detesti basta che resti lì ancora un po’ [Interno | Corsie] Non che abbia mai veramente pensato ad una 'femmina' in maniera carnale, ma sul social del momento spopola e impazza la figura dell'Ufficiale in vesti tutt'altro che sobrie, in pose tutt'altro che marziali.Ninjagram è un covo di perdizione e tormento, ma è il prezzo da pagare per essere al passo dell'informazione elettronica che corre veloce, serpeggiando tra la popolazione intera. Deglutisce, proprio quando la voce di Saigo spintona i timpani, aizzando la mente e provocando lo stomaco. No, non è un conato di vomito quello che deglutisce ed inghiotte, ma un semplice nodo alla gola. < K'so. > Sibila, a denti stretti e , avendo oramai superato la stanza, deve fare qualche passo indietro, ma esita. Si ferma poco più avanti della soglia, invisibile alla vista altrui, che potrà notare solo l'uscio vuoto, prima che l'Uchiha compaia, lentamente, inesorabilmente, riempiendo la porta per una buona porzione, dal momento in cui la sua altezza sfida i canoni della sua età. Tutto ciò non prima di aver alzato gli occhi al soffitto, reclinato il capo all'indietro e sbuffato sonoramente. < Non sei così pericolosa in quel letto. > Commenta,senza allusioni, né secondi fini, all'indirizzo dell'acida figura, faticando a comprendere, almeno inizialmente, le sue parole. E' quando aggiunge dell'altro che la consapevolezza si fa largo nella mente e prende possesso di quei neuroni che s'aggrovigliano e arrovellano. < I filtri fanno miracoli, sì.> Ripete, canzonatorio, rivolgendo lo stesso pensiero ma all'indirizzo della donna. Non entra nella stanza, ma rimane sulla porta, ancora dubbioso sulla sua reale posizione, nonché delle sue intenzioni. Niente è andato. Il volto fa in tempo a tornare rammaricato mentre fissa quel corridoio vuoto, il telefono ancora non suona quindi Nobu non è sveglio e lei si sente nuovamente e improvvisamente solo, come se le avessero appena tolto il suo peluche preferito, nemmeno fosse ancora una neonata. Passano pochi istanti prima di vederlo riapparire, è così sollevata che quasi smetterebbe d’insultarlo. Quasi. Anche perché le sue parole non sono di certo molto lusinghiere per lei <sono MOLTO pericolosa a letto puoi contarci> falsa. Assolutamente falssissima, l’unica cosa che fa a letto è dormire ed è pericolosa solo per Poldo che a volte finisce per venir investito dai suoi calci mentre è in preda agli incubi. Nel non arrossire assume la tipica faccia di Nene, è lei che sta imitando al momento, spacciandosi per donna vissuta, sicura di sé e senza alcun problema con la propria, inesistente, sessualità. Si muove così, camaleontica tra le persone che conosce imitandone i tratti per lei meritevoli al fine di nascondere le proprie debolezze. Mentre la maschera cala dal suo volto la verità di quelle parole la colpisce, in effetti lei è molto pericolosa a letto non per via del doppio senso, lì è assolutamente innocua e innocente, ma la sua raffinata arte si manifesta e sfrutta proprio l’idea che possa sembrare indifesa. Questo ha dimenticato, Si perde per qualche momento nella riflessione, nella sua missione il suo tentativo di prendere potere le ha fatto dimenticare la basa della sua tattica, è giusto che attacchino lei, deve sembrare la più debole ma deve diventare più forte affinché riesca senza più rischiare la vita di un compagno. Così quasi non si accorge di quell’ultima frase, dell’intonazione, distratta com’è nell’analisi delle ultime giornate <ah ah> replica in cenno d’assenso <almeno lo ammetti, sembri un figo da paura nelle foto> lo osserva certo ma al contempo è come se la mente non fosse completamente lì, presente. Indugia sull'uscio, senza sbilanciare il peso a destra , né a sinistra, dimostrando un controllo della postura invidiabile - o forse solamente artificioso, forzato , costretto dalla presenza dell'Ufficiale. E' sulla difensiva, è chiaro. La mano destra si stringe con più forza sul manico dell'ombrello rosso, sfogando la millesima parte di un nervosismo palpabile. Quella paziente lo indispone, è senza ombra di dubbio uno dei peggiori malati che abbia mai visto. E non ne ha visti tanti, s'intende. Fuori dalla finestra il pomeriggio uggioso sembra volersi diradare, in favore di fiochi e timidi raggi di Sole che filtrano tra le nubi grigie , sfidando le ultime gocce di pioggia che cadono, imperterrite, dal temporale passato, in via d'estinzione. I vetri bagnati si colorano di luce e anche quest'ultima s'insinua nella stanza, rischiarando le loro parole, che tuttavia continuano a sbattere, con ruvida forza, contro le pareti ed i timpani. < A me non sembra. > Commenta solamente, in tono più basso, ma affilato, diretto contro la sua persona, come uno schiaffo verbale che non ha discrezione, ma nemmeno rammarico. Le labbra si uniscono, vicine e serrate, finendo irrimediabilmente per strozzare l'ennesima parola che sembrava emergere. Si limita a fissarla, per qualche istante, quello che basta per poterla osservare meglio, nella sua debole condizione. Lo sguardo, però, è insistente e rovista tra i suoi tratti come farebbe un rapace nella carcassa oramai spolpata.Sembra giovare di quell'inversione di ruoli, rispetto al loro primo incontro. < Per due denti finti e un po' di sangue artificiale ? > Dove lo abbia reperito, poi, rimane un mistero. < ..ti basta poco. > Sì le basta poco. Potrebbe non essere saggio però farlo notare. Quella provocazione iniziale comunque sortisce il suo effetto motivo per cui eccola riscuotersi da quel momentaneo torpore e tornare a fissarlo, ora come la maledetta predatrice annoiata che è al momento. Bando al senso di solitudine e alla ricerca di affetto, qui qualcuno ha deciso di provocarla. Silenziosa allora andrebbe solo a cercare, per quanto possibile, di richiamare silenziosamente le sue forze. Senza cambiare posizione se non la mano destra che abbandona definitivamente il cellulare, lei cercherebbe nel dolore e nel continuo pulsare del petto la forza del suo corpo, si aggrapperebbe ad esso per poi scavare e cercare i suoi muscoli, il resto del corpo, malfermo certo ma non per questo completamente spento. Se fosse riuscita andrebbe a radunarle nel basso ventre, cercando di non inspirare troppo profondamente cercherebbe poi di diradare ogni dubbio dalla sua mente, ogni indecisione cancellando dallo specchio ogni macchia. Se fosse riuscita quindi andrebbe a radunare le forze mentali dentro al suo cranio. Due sfere ora dovrebbe coesistere nel suo corpo ed è su di esse che si concentrerebbe adesso andando semplicemente a controllarne la velocità di rotazione mentre le due vorrebbero convergere all’altezza del plesso solare, proprio lì: il luogo da cui scaturisce tutto il suo dolore fisico. Se fosse riuscita quindi si limiterebbe ad unirle lasciando che l’una sia parte dell’altra. Se fosse riuscita quindi ora il chakra dovrebbe iniziare a scorrere lungo il suo corpo, rinvigorendola di quel tanto che basta per farla divertire <vuoi che te lo dimostri?> replica soltanto adesso. Lo provoca certo ma i suoi piani sono tutto tranne che amorosi o dettati dagli ormoni, a conti fatti Katai è ancora vestito non ha problemi. La conversazione continua come su due binari paralleli quindi si permette di sorridere alle parole altrui <oh non erano i denti finti ragazzino> il sorriso è affilato e sì ora subentrano gli ormoni, in quelle foto per i suoi gusti si vedeva abbastanza [tentativo richiamo chk] E' incapace di comprendere del tutto e chiaramente ciò che l'interlocutore ha intenzione di fare: la sua mano destra si muove, è vero, abbandona il cellulare, certo, ma ciò che compie non è comprensibile dal giovane Uchiha. < Nh ? > Una ruga si disegna sulla fronte, increspando la nuda epidermide che sottende alla chioma corvina ed ispida, indubbiamente ribelle, resa ancor più scompigliata dal temporale recentemente affrontato. Là fuori, però, è il sole a divenire padrone, adesso. Uno spiraglio che s'affaccia sul Mondo e rischiara Kagegakure nella sua interezza. Loro, invece, confinati in un angolo d'ospedale, si affrontano verbalmente dinanzi a quei vetri opacizzati dalla pioggia, ma illuminati dai raggi del pomeriggio autunnale. Inspira, a fondo, gonfiando il petto e sollevando le spalle, alzando la mano sinistra - libera - per andare ad artigliare la capigliatura, strofinando la mano sulla nuca. < Eh-eh.> Le cose si fanno più serie e lui esita, inconsapevole ed innocente, senza davvero capire fin dove l'allusione lasci il posto alla realtà. I fatti, in fondo, sono molto più pericolosi di quanto si possa immaginare. < Mi sembri un po' fuori forma per poterci provare. > A fare cosa ? Dove ? Chi ? Lui sorride, persino, visibilmente imbarazzato, andando a spiegare le labbra in una linea rosea , che si schiude appena, rivelando la dentatura reale - non quella usata su ninjagram per alludere allo Spooky Festival. < Non credo che i medici sarebbero d'accordo. > Con quale idea ? Perché ? Tutti quesiti irrisolti, che aleggiano a mezz'aria, tra disinfettati e voci. < Ah no ? E cos'era ? > Domanda, insinuando, questa volta. [Hall Ospedale] Il tempo è incerto tanto quanto l'umore del moro, il cui passo claudicante lo porta fronte all'ospedale di Kusa. In solitaria imbocca la salita che delimita il grande vialone che porta a ridosso dell'entrata all'ospedale, che Matono comunque aveva già percorso in precedenza portandovi un rimastone che stava per lasciarci le penne. Si presenta con vestiti comodi, maglia semplice nera e pantalone cargo lungo del medesimo colore, scarpe chiuse e nient'altro, nessun accessorio fronzolo e nemmeno il coprifronte, si è impegnato a portare quanta più oscurità cromatica possibile. Si sente piuttosto a disagio a stare a volto scoperto, infatti il passo risulta piuttosto deciso, di qualcuno che sta cercando specificatamente una persona la cui sorte è per il moro piuttosto in dubbio in conseguenza al messaggio ricevuto. Si avvicina dunque all'accettazione, con la consueta espressione tra il serio e l'annoiato, anche se questa volta sta combattendo con l'averne una di visibile disagio percependo la calca ed il via vai di persone.<Sto cercando una ragazza, Manami.> Afferma prendendo a fissare la ragazza dietro il bancone, fortunatamente ella non ci mette molto a dargli l'indicazione corretta e dal canto suo Matono non se lo fa ripetere e a passo rapido si muove verso le scale alla sua destra zigzagando tra le persone fissando un pò tutti con un certo fastidio. Data la statura comunque fa molto in fretta e guadagna le scale in una manciata di secondi, salendole però con improvvisa calma, essendo quest'ultime libere da persone attualmente. Prende dopo qualche rampa la porta di accesso alle corsie percorrendo dunque l'ampio corridoio e passando una paio di doppie porte inizia a cercare il numero di stanza corretto, trovandolo giusto un paio di stanze ulteriori più avanti, anche se l'entrata sembra essere ostruita da qualcuno ma senza farsi troppi problemi gli si para inizialmente alle spalle, cercando di ossservare all'interno ed una volta individuata Saigo entrerebbe passando alla destra dell'altro moro.<Ed io che ti pensavo intoccabile.> Sottolinea con veemenza la presenza di Saigo all'ospedale.<Che fai la ozi?> Incalza nuovamente con voce bassa, prima di andare a posizionarsi alla destra del letto occupato dalla ragazza ed andare a voltare il capo in direzione di Katai, fissandolo per una decina di secondi in silenzio, prima di aprir bocca improvvisamente.<Sei un suo amico ? > Ipotesi nella mente del moro già piuttosto confermata dalla presenza ed attendendo la risposta a braccia conserte. Da principio la bestia dormiente si è svegliata e sembra decisamente interessata a farla pagare al ragazzino che l’ha punzecchiata con il legnetto per questo cercherebbe di concentrarsi sul proprio flusso di chakra andando ad individuare poi il ragazzo fissandolo, pronta ad inviare in sua direzione l’ondata necessaria per soggiogare la mente altrui, indecisa solo sul cosa mostrare ma non sul come farlo eppure è l’intervento di Matono a fermare il tutto. Sa di non dover fare una cosa simile in sua presenza ma non è tanto quella a fermarla ma il modo in cui l’intero mondo viene racchiuso in quella figura <sei…> non sa bene come spiegarsi <sei venuto a cercarmi?> incredula lei stessa, non si aspetta mai qualcosa del genere, nel profondo crede di non meritarselo. Automaticamente poi, mentre quel sorriso monta sul volto esprimendo l’incredula gioia che sta provando cerca di scuotere le spalle ed il movimento in effetti viene inizialmente mostrato ma si blocca d’improvviso, il fiato si spezza, quasi sputa fuori l’aria ingoiata di colpo a causa della fitta che quel semplice gesto le ha provocato. Maledetto sarto, ancora una volta. Non si porta la mano al petto, cerca per lo più di nascondere il dolore che per qualche secondo è stato evidente sul suo volto, è proprio un posto orribile dove prendere un pugno, sicuramente se fosse stata la testa sarebbe stato peggio. Senza nemmeno rendersene conto quel movimento e la conseguente fitta danno completamente ragione a Katai. Faceva tanto la grossa fino a qualche secondo fa ed ora <sbagliavo a quanto pare> il tono pare quasi soffocato, preso nella morsa del petto, i polmoni che faticano ad espandersi per bene senza che questo le causi nuovamente una fitta lancinante direttamente nel cervello. Socchiude appena gli occhi con quella risposta verso Matono, un errore illudersi d’essere più forte, un errore che ha decisamente pagato caro, mai dimenticarsi che esiste sempre qualcuno lì fuori pronto a farti a pezzi <è solo un fake su ninjagram, figo nelle foto e deludente nelle realtà> risponde ancora una volta lanciando un’occhiata comunque serena e divertita verso Katai. Sapere di non essere sola, realizzare di non dover pregare per la compagnia di qualcuno ha un effetto estremamente positivo sul suo stato d’animo non più così cupo come poco prima[chk on] L'atteggiamento di Saigo cambia drasticamente, le sue parole, persino, il suo tono di voce, che incespica in un imbarazzo visibile e improvviso. < ?! > Il giovane Uchiha solleva entrambe le sopracciglia, schiudendo leggermente le labbra, inalando ossigeno e dubbi. < ... > Non s'intromette nel loro incontro, anzi rimane chiaramente in disparte, sull'uscio, simboleggiando la sua totale precarietà nel luogo e nella stanza, in quell'interlocuzione che pare essere durata anche troppo.Avverte la presenza di Matono alle spalle e finisce per girare solamente il mento d'un lato, volendo incontrare la sagoma scura con la coda dell'occhio. Si lascia sorpassare, facendosi di lato - per quanto possibile - e finendo, irrimediabilmente, con l'appoggiare una spalla allo stipite della porta, così che il peso ricada interamente su di essa, accavallando un piede sull'altro e ritrovandosi, di fatto, a penzolare contro l'uscio. Lo sguardo diretto a Matono è lungo e insistente, totalmente impietoso della sua discrezione. < Non quanto te, probabilmente. > Risponde alla domanda del moro. Poche parole, piuttosto ermetiche , che però sottolineano un'ipotesi già avanzata, tanto nella mente quanto nei fatti. L'ombrello, ora, viene portato dinanzi a sé , impugnato con ambedue le mani, utilizzato quasi come perno attorno al quale organizzare il proprio equilibrio, ora leggermente più precario. L'attenzione poi decade su Saigo e sui suoi rantoli di dolore. < Non potrei mai competere con una stella del cinema. > Abbozza, questa volta incuneando il margine delle labbra contro la guancia destra, in quello che appare come un riso beffardo e sornione, palesemente divertito. < Lascio a te il palcoscenico. > E sembrerebbe quasi un saluto, quello, se non fosse per il nuovo giunto, che attira la sua attenzione per l'anonimato in cui versa. Per il momento non da a vedere se si è o meno reso conto di come verteva la situazione prima del suo arrivo, sente Saigo borbottare dal suo fianco, torna a muovere il capo in sua direzione e nel mentre annuisce.<Come se mi piacesse venire qui a farmi un giro no?> Piccato alza le spalle osservandola passare da un sorriso a quasi morire di tosse e dolore provocato dall'atto stesso.<Cerca di non morire ora altrimenti mi sono dovuto subire questo ambiente una volta in più di quella necessaria. Una volta ripresasi Saigo riesce anche a dare una spiegazione sulla presenza dell'altro moro costringendo Matono a ruotare per l'ennesima volta il capo in un altra direzione, quasi infastidito dal doverlo fare.<Lo dici come se io sapessi cosa sia ninjagram.> La bacchetta, forse ne ha sentito parlare, ma materialmente non ha idea di ciò che saigo gli sta descrivendo. Infatti attende che sia lo stesso ragazzo a prender parola che reagisce in maniera piuttosto inaspettata, in primis ricambia lo sguardo, espressione piuttosto rilassata.<Non è esattamente una fortuna.> replica abbassando le sopracciglia e sbadigliando, non ha nessuna voglia di indagare sul perchè percepisca della tensione ma trovandovisi in mezzo.<Io non amo i palcoscenici. Infatti la incontro solo quando è da sola.> Alza le spalle.<Hai anche un nome ? > Afferma in ultimo prima di trarre un profondo sospiro.<Saigo piantala di fare l'indispettita. E tu moro stai tranquillo non voglio il tuo palco.> Lapidario nel tono e nell'espressività durante l'affermazione, che concluderebbe anche il suo intervento attendendo che siano i due a sbrigarsela con i loro patemi. Assurdo come Katai riesca comunque a toccare un nervo scoperto, una ferita persino più fresca di quella che le ha tolto il fiato poco fa <stella seh> replica infastidita <mi hanno appena silurata solo perché a quanto pare non si può far affidamento su un’attrice che combatte per il proprio villaggio, sti coglioni> ci va giù dura? Forse . Severa ma giusta come si dice in questi casi, ancora non si capacita di quel licenziamento e ancora non ha avuto la forza di avvisare il suo agente, che sarà sicuramente il più arrabbiato di tutti e se la prenderà con lei. Non pensava di poter essere ferita, sicuramente non fino a quel punto <attori decrepeti sì ma sia mai una giovane mah> continua a borbottare ora più tra sé e sé ma non per questo usando un tono più basso, non si rivolge a nessuno dei due in particolare ma comunque entrambi possono tranquillamente comprendere quella piccola pentola di fagioli <ora ho di nuovo voglia di farti del male…> si ferma appena dubbiosa <quale cazzo è il tuo nome?> elegante la ragazza quando è in buona eh. Nel mezzo di quell’amorevole confronto, di quelle parole dolci e carine Matono la riprende e pure lui si becca una pessima occhiataccia. Indispettita, quasi offesa dalle sue parole pare durare all’infinito quell’odio covato nel profondo di sé stessa. Monta e cresce per culminare in un sorriso divertito <non sei mica mio padre> replica lei evitando di ridere consapevole di ciò che percepirebbe in quel caso. Un semplice sorriso che lascia poi il posto a quello strano senso di empatia e compassione provato anche durante la missione, uno sguardo veloce verso la stanza di Nobu <comunque me la son vista davvero brutta, mi sa che devo migliorare ancora parecchio> replica. Non è stata una bestia questa volta, non una di quelle che si trovano fuori le mura ma aveva un aspetto umano, era una bestia dentro probabilmente ma fuori pareva un signore qualsiasi, debole e sconfitto dalla sua stessa vita < temo che non basti la conoscenza a questo punto> che Matono comprenda ciò che c’è tra le righe, davanti ad altri ovviamente non si esprimerà più chiaramente[chk on]
Giocata del 23/10/2022 dalle 19:56 alle 20:54 nella chat "Ospedale [Kusa]"
[Interno ! Stanza] Un'occhiata lunga e prolungata si sofferma su Matono ed il suo dire, tralasciando, per ora, la stella del palcoscenico ospedaliero. < Mi chiamo Katai > Enuncia, semplicemente, lapidario e diretto.Katai e basta. Almeno per ora. E dovrà bastare anche a loro, perché non ha intenzione di aggiungere altro, non sarebbe importante, per adesso. Il tono della voce è calmo e pacato, s'insinua al termine dei loro discorsi, rimbalzando lo sguardo dall'uno all'altra. < Oh, no, non mi riferivo a te. > Ammette , in direzione di Matono. < Ma a lei. > Ammicca, verso Saigo, sdraiata in quel letto d'ospedale, così apparentemente indifesa da sembrar mortale. Come una fiera ferita che giace all'angolo e, proprio per questo, ancor più pericolosa. E solo ora finisce per staccarsi dallo stipite della porta, in un colpo di reni che lo distanzia e lo smuove, lui, inamovibile blocco di ebano , che contrasta con la pelle nivea e pallida. La chioma sussulta, assieme al corpo , mentre raccoglie il proprio ombrello, lì di lato e osserva ancora una volta la pioggia fuori dalla finestra, in silenzio. < Vi lascio soli. > Profetizza, andando, di fatto, a congedarsi. Così sparisce oltre l'uscio della porta, dileguandosi alla loro vista, inoltrandosi nei corridoi dell'ospedale, in quel dedalo visitato più e più volte. Raggiunge l'uscita, schiudendo nuovamente l'ombrello, laddove la pioggia imperversa feroce. Si inoltra nel buio della notte, sotto una frana d'acqua e tuoni e lampi diretto verso il quartiere di Oto, verso casa. ( E N D) Li osserva entrambi, non più sola certo, felice nel profondo del suo marcio cuoricino di avere qualche istante di calma, qualche istante di distrazione che le permetta di non ripensare ancora e ancora a ciò che è successo ma persino quella gioia è breve. Non sopporta più Katai e in più lì non può parlare liberamente con Matono. Torna razionale finalmente, abbandonando quella parte sentimentale, quel suo momento da ragazzina abbandonata e osserva entrambi. Sospira come esasperata ed ecco che una fitta le ricorda di non essere ancora completamente guarita. Osserva verso il comodino e vede la carta dei mochi portati da Shizuka. Rotea gli occhi verso l’alto all’ammiccamento di Katai, senza negare il disgusto in merito a quelle attenzioni. Katai ancora non ha capito che deve spogliarsi per far sì che le sue attenzioni possano funzionare ma questo è un dettaglio <mi avete rotto> sbotta poi. Sorride però nella direzione di Matono, quasi a volersi silenziosamente scusare <andatevene tutt’e due da qui, ora> sbotta ancora una volta senza smettere però di sorridere, tutto sommato non le va di nascondere il divertimento di quei minuti, l’aver interrotto il flusso malevolo dei suoi pensieri o la noia stessa dello stare in quel letto da sola, insomma è stato piacevole. Ed è così che con le mani li inviterebbe a guadagnare l’uscita, già che tanto lei non può togliersi di mezzo e abbandonarli non le resta che sperare obbediscano <s c i ò> sibila in loro direzione come unico saluto. Osserva Katai per primo andarsene <ti scrivo appena esco> quasi sussurra invece verso Matono appena restano soli. Sì sta cacciando anche lui ma non può parlare liberamente, quindi eccola lanciare quel sussurro, quella frase quasi fosse un’arma, una promessa la sua che questa volta cascasse il mondo rispetterà, andiamo su dovrà pur farcela. Quindi rimasta sola si rimetterà a lavoro, massaggi con gli agenti scelti per controllare il loro operato, una to do list di ciò che dovrà compiere appena uscita da qui, post su ninjagram per vincere il concorso, messaggi vocali incazzati al suo agente per cercare una nuova parte come attrice protagonista, insomma di certo non avrà molto tempo per annoiarsi, forse solo per sentirsi sola [end]
Giocata del 24/10/2022 dalle 22:05 alle 22:44 nella chat "Ospedale [Kusa]"
[Ospedale] Non appena Saigo parte con la descrizione degli eventi si concentra dandole tutta la sua attenzione ed ascolto, ma quasi subito si vede costretto a chiedere chiarimenti.<Un momento un momento. Ti hanno silurata dal lavoro di attrice? Poi mi spiegherai come hai fatto> afferma mentre la mano destra portata a mezza altezza invita la ragazza ad andare con calma, già la percepisce piuttosto incazzata e tanto basta a confondere le idee, ma Saigo ha già preso la tangenziale e si è chiusa a borbottare da sola prima che si riprenda nuovamente sotto influsso di un impeto di rabbia, questa volta di certo Matono non sembra intenzionato a fare molto altro dal guardare a rimbalzo tra Katai e Saigo.<Che cazzo di risposta è. Mica te lo può dire solo tuo padre.> Risponde con tono quasi che la cosa fosse un ovvietà.<Non mi chiedo tanto cosa ti abbia messo giu, piuttosto cosa ti abbia portato ad essere così meno autoconservativa con te stessa.> Afferma con tono più teso.<Ora comunque sai perlomeno qualè il tuo limite.> Trae dalla mezza storia una sorta di vittoria e la fa presente a Saigo prima che inizi a svilirsi, o peggio rannicchiarsi e borbottare sottovoce. Katai dal canto suo pare essere piuttosto silenzioso, cosa che non può che render felice Matono, il ragazzo guadagna punti simpatia con la poca loquacità, ammesso che capiti di rivederlo si ricorderà di guardarlo un po meno storto di come guarda la gente di solito. <Non credo tu debba preoccuparti di me in qualche modo> Borbotta in direzione dell’altro moro alzando le spalle e mostrando un espressione decisamente disinteressatta all’argomento, porge un saluto a Katai, dato la sua annunciata partenza dalla stanza mentre Saigo decide di perdere la zucca nuovamente infervorandosi per chissà quale ragione e prendendosela con entrambi.<Saigo?> La chiama per nome voltandosi in sua direzione prendendo a guardarla con espressione confusa, nota il sorriso ed è ancora più confuso se fosse possibile.<Ti lascio allora, fammi sapere quando esci. Noto che hai mantenuto comunque un fan signorina Star.> Ironizza con tono basso per poi con la mancina salutare la ragazza lasciandola alla solitudine, cosa che di norma odia e questo gli da pensare, ma non gli impedisce di prendere il corridoio e accelerare il passo per uscire dall’ospedale quanto prima, senza guardarsi troppo attorno.