Confronti

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con Akainu

14:11 Utente anonimo:
  [Casa Akainu] Ha pensato a lungo ad un'eccezione quel mattino, l'eventualità di non portare con sè Sunodeki, ormai data per indisposta e decisa ad evitare ulteriori domande nel pomeriggio ha riflettuto sul suo vagare mentalmente. Alla fine non ha resistito, all'abbraccio della fascia smeraldo intorno alla vita che risale a tracolla fino alla spalla destra, portando quella giara con sè cheta del richiamo della sua innata. Nel marsupio portaoggetti il fuda con tronchetto e l'auricolare spento, due tonici per tipo e sembra un equipaggiamento d'abitudine. Diversa storia è per i jeans aderenti di un blu scuro che terminano delle converse nere e nella maglietta nera con manica corta, larga a mò di casacchina ma stretta dalla fascia verde evidenziando ancor meno le forme già nulle. I capelli sembrano esser stati pettinati con le dita e senza un ordine apparente. Come al solito non porta trucco ma gli occhi tondeggianti sono contornati di nero all'interno delle palpebre. Un borsone militare, di quelli da palestra, apparentemente vuoto pende alla spalla sinistra, oppostamente alla fascia che trattiene la sua giara. Quella stessa mano invece stringe una busta del takoyattà. Il suo ninjaphone è rimasto muto e lo è tuttora seppur sia la mano libera, la destra, che si stringe in pugno per bussare debolmente alla porta di casa di Akainu. Perchè sia lì probabilmente non lo sa nemmeno la Sabaku, mentre riabbassa la mano è difficile fare mente locale, forse vuole riprendere i suoi vestiti, o forse voleva farne una scusa. Avrebbe potuto scrivergli ma gli ultimi contatti erano stati tanto tesi da portare alla cancellazione ogni lettera provata, la tentazione di tornare indietro dopo aver bussato alimenta la speranza che non ci sia nessuno in casa ora, non lo saprebbe nessuno, sarebbe un segreto suo, qualcosa che accarezza osservando le scale da cui era salita

14:24 Akainu:
  [Casa Akainu] Dopo la missione si è chiuso in casa, un po' per riposo, un po' per riflettere su quanto accaduto; i rapporti tra lei e Katai si sono deteriorati inesorabilmente finendo per essere messo in mezzo ritrovandosi con un problema non indifferente da risolvere. Gli ultimi messaggi hanno avuto dei toni troppo audaci ed alterati per poter essere compresi, lui stesso ha lasciato andare l'ira qualche attimo di troppo. Seduto ed accasciato sul divano, il genin pensa e riflette silente, sguardo chino al pavimento lasciandosi inondare da una mole di pensieri non indifferente. Il fatto che Kore non abbia scelto di tornare, bensì sia rimasta dalle parti del clan lo ritiene un campanello d'allarme, che qualcosa si sia incrinato tra loro? Può essere ma in caso, come dovrebbe affrontarlo? Come si reagisce a qualcosa del genere? Non lo sa, l'inesperienza nelle relazioni sociali si mostra anche in questi particolari. Il suo outfit rasenta il minimo indispensabile per non dar nell'occhio con una t-shirt bianca a maniche corte a ricoprire il busto lasciando intravedere un petto ustionato con carne viva esposta insieme alla totalità del collo, pantalone in pelle nera con cinta intorno alla vita ricolma di borchie sulla fibbia e scarponcini neri lucidati a dovere; a ridosso di tutto un cappotto leggero dal nero colore con maniche lunghe ricoprendo l'ennesima ustione, esso discende lungo tutta la figura del mostro fino a metà polpaccio. Il viso, ne vogliamo parlare? Tutta la mascella è ustionata, così come il contorno degli occhi mentre i capelli risultano corti, brizzolati e spettinati, questa volta alla luce del sole, si, non ce l'ha nascosto dal cappuccio bensì il viso è liberamente visibile alla qualunque. Il bussare alla porta attira la di lui attenzione portandolo a volgere il capo verso di essa. Inattesa la cosa, si solleva blandamente dal sofà dirigendosi verso essa, la mancina afferra il pomello e, nel girarlo, apre l'anta d'ingresso mostrando la figura di Kore. Il silenzio permane in quella visione, il battito cardiaco accelera, cosa prova? Cosa deve fare? Felice? Arrabbiato? Attaccarla? Essere comprensivo? Non lo sa, l'indecisione regna sovrana in quella testa inesperta <Entra> voce rauca emerge con quella singola parola facendosi di lato e permetterle di varcare la soglia e richiudere la porta alle di lei spalle.

14:36 Utente anonimo:
  [Casa Akainu] Le sue speranze vengono rese vane mentre osserva il corridoio, quando sente i passi ovattati oltre la porta il viso si inclina alla stessa, consapevole che presto sentirà la serratura, le sembra di poter seguire lo strisciare metallico del nottolino fino al clic decisivo che conferma l'ovvio, un nottolino che si ritrova a guardare prendendo prima visione della mano di Akainu nello spazio che va aprendosi. è solo in seguito che le iridi dalle note mielate vengono sollevate al battito mancato vien recuperato un'accelerazione successiva, s'è fermato solo un momento ma poi recupera sempre, lo fanno tutti in fondo. <Ciao.> L'iniziale risposta quando lo vede scostarsi prima di spaziare in acanti con un paio di falcate decise, all'androne il modo in cui spinge il piede sinistro contro il tallone destro per liberare il piede dalle converse è frutto di un'abitudine, quando il pollice avvolto nel calzino fa lo stesso con l'altra scarpa sembra un gesto ripetuto abbastanza da non meritare tutta l'attenzione che sta dedicando con gli occhi alla punta dei suoi piedi. Il braccio stretto contro il fianco trattiene il borsone vuoto mentre la busta oscilla appena urtata dal polpaccio in quel gesto. <Hai già mangiato?> La domanda non sembra esattamente correlata con il sacchetto che si limita a porgere ma la conferma del motivo del suo esser là non arriva se non nel fatto che l'idea lucida di un motivo manchi alla Sabaku in quel frangente. Risolleva lo sguardo su Akainu, vestito persino di cappotto dentro casa. <Se stavi uscendo posso tornare un'altra volta.> Specifica mantenendo l'avambraccio sinistro piegato verso di lui, immobile come appare immobile la sua voce. Avrebbe dovuto comprare le cuffie probabilmente, adesso l'intenzione di coprirsi le orecchie ed isolarsene sarebbe stata abbastanza forte da cedere e più pensa a quelle cuffie più ovviamente il suo essere incline all'ossessione inizierà a vedere quella mancanza ovunque e 'quandunque'.

14:49 Akainu:
  [Casa Akainu] Non ricambia il saluto facendola solamente entrare perchè in quel momento non ha idea di come reagire ne di come comportarsi. Non sa cosa sia, non sa se essere in torto o nel giusto, non sa reagire ad un litigio che li ha visti separati in quella maniera, addirittura in due posti diversi senza scriversi, senza parlare e le uniche parole sono pregne di astio. Protende al silenzio mentre richiude la porta girando il pomello ed osservando il fare della Sabaku; il togliersi le scarpe vuol dire rimanere ma quel borsone vuoto rivela tutt'altro, un'indecisione di lei? O solo un preludio a qualcosa di peggiore? Inghiotte quella saliva in eccesso, resta fermo sul posto senza muovere un singolo muscolo, indeciso persino in quella semplice operazione ma un movimento sbagliato vorrebbe dire mandare in fumo tutto quanto. Non vuole rischiare, non vuole rovinare quel po' di bello che c'è nella sua vita ma allo stesso tempo, la rovina è talmente vicina. Una visione pessimistica di quanto sta accadendo, troppo <No> alla domanda ed in effetti non mette qualcosa sotto i denti dal pranzo del giorno prima ma non sente i morsi della fame ne il bisogno di cibarsi. Non fa nulla, non esce neanche di casa, l'energie di certo non gli mancano, mangiare farebbe solamente diminuire la dispensa inutilmente e la voglia di mostrarsi al mondo per far compere è del tutto assente eppure il dire successo scuote l'animo altrui ridestandolo da quei pensieri. Inspira azzardando un movimento per aggirare la ragazza, il cappotto viene lentamente sfilato e poggiato sullo schienale di una delle sedie intorno al tavolo <Stavo venendo alla magione Sabaku> l'intenzione è quella ma poi è finita su un divano insieme ai di lui pensieri. Strofina quelle labbra tra loro, ammorbidisce quello inferiore, il deturpato e più fastidioso <Mi...> inizia quella frase indicando prima se stesso, indeciso se continuarla o meno. Potrebbe trattarsi di un'affermazione sbagliata da fare oppure la più adatta, come capirlo? Non lo sa, può semplicemente rischiare ed adattarsi alle conseguenze <...sei mancata> replicando quella convinzione espressa nel primo messaggio mandatole.

15:06 Utente anonimo:
  [Casa Akainu] La risposta di Akainu viene inizialmente accolta in silenzio, ma è quando lo vede camminare verso il tavolo che riabbassa la busta del Tako Yattà lungo il fianco per muoversi con passo lieve verso lo stesso, finendo per poggiarvelo sopra mentre il cappotto di Akainu occupa lo schienale della sedia. <Ti ho preso dei Takoyaki.> Quel 'ti' è quantomai effettivo considerato che c'è una porzione da otto nel sacchetto, insieme a due salse nelle ciotoline con il coperchio. Come per le scarpe, un'abitudine, forse l'ora, che allo stesso tempo non sembra progettata per due. Deve aver inoltre bevuto troppo tè visto che magra com'è l'alone di un bidoncino adesso sembra quantomai reclamare una visita in bagno per frutto dell'agitazione. <S-sì> Replica soltanto all'inizio in merito all'intenzione di venire in Magione, considerato che sarebbe stata probabilmente nella sua tuta simil pigiama. <Non ti saresti divertito comunque, stiamo facendo resistenza ai Genjutsu.> 'Stiamo' è un parolone visto che lei le sta praticamente bigiando tutte le lezioni di Fujiko-sama da quando sono iniziate, ha la strana capacità di esser brava solo quando una cosa le interessa ed in quel momento sembra anichilita pure quella mentre muove un passo indietro, lasciata la busta, per iniziare a voltarsi verso il corridoio per la camera non dismette la Sunodeki, una sillaba la paralizza ma lo sguardo abbandona l'autoindicarsi di Akainu verso la sedia accostata alla parete che era posizione della sua giara. Il silenzio segue le parole di Akainu con l'assenza nello sguardo rivolto strettamente alla sedia, sembra che ogni secondo in cui le labbra si trovano secche e sigillate l'una all'altra sia il preambolo di qualche parola che la mente sta soffocando. <Anche tu.> L'elaborazione iniziale sembra appena qualcosa di sfuggito mentre la stanza viene spaziata allo sguardo con piccoli, dettagli, una sedia, il numero di bacchette ad asciugare accanto al lavello, un impermeabile all'attaccapanni per Sunodeki di quelli che si usano per gli zaini, tanti ma piccoli, impossibile vederli ad uno ad uno come un'intrusione ma ora sono un insieme che distingue il passato imperfetto della sua presenza da quello prossimo della sua mancanza. Qualcosa che è mancato, che ha smesso di mancare, scivola riportandola alle sue intenzioni. <Devo tornare alla magione per sera.> Aggiunge inizialmente riportando le pupille sull'altro. <Non ho molti vestiti, volevo prendere quelli sporchi, almeno.> I pochi che ha non sempre si salvano dagli attacchi di Samira a quanto pare, ma dopo le settimane passate lì vero è che alla Magione si trova con 2 pantaloni e qualcosa tipo sette magliette, che per una donna, persino per una Kore, sono l'equivalente di niente.

15:22 Akainu:
  [Casa Akainu] Le parole hanno un significato ben preciso e la scelta di determinati termini può lasciar presagire qualunque cosa ed al momento niente risulta roseo come avrebbe sperato il genin. I takoyaki nella busta solitamente rappresentano un momento per stare insieme, un momento in cui tutti i problemi vengono accantonati ma quel "ti" è differente <Non li mangi con me?> domanda sopraggiunta per puro istinto perchè tutto sembra vertere in una direzione. Prendere la situazione di petto ed affrontarla per risolvere i problemi non è mai stato tanto difficile, in tutti quei mesi hanno avuto una sola discussione nel vero senso del termine ma sempre blanda, mai di spessore ma dopo quella missione, qualcosa è successo. La presenza di Katai ha, probabilmente, portato alla nascita di un qualcosa di cui è attualmente all'oscuro. Si sforza di sorridere, di ampliare le deturpate labbra risultando solamente ridicolo; esse si ampliano appena, un moto impercettibile <Forse ma non sarei rimasto abbastanza per vedere l'allenamento> non è quello l'obiettivo di una visita bensì discutere con lei, mettere le cose in ordine, chiarire e tornare come prima, vivere ancora quella vita. Ancora immobile la vede voltarsi verso il corridoio per entrare in camera, quel borsone sta per essere riempito da dei vestiti, dagli effetti di lei e la destrorsa si stringe; dita ripiegate all'interno del palmo, sbiancano le nocche senza mai abbassare lo sguardo. Troppi pensieri, troppe indecisioni, la decisione di Kore è ben chiara e forse, con estrema probabilità, deve prendere la situazione in mano. Nessuno dei due ha ancora tirato fuori l'argomento, stanno procrastinando, prendendo tempo inutilmente accrescendo quella tensione senza un motivo più che valido <Kore> la richiama nuovamente all'attenzione, stavolta per nome a sancire l'inizio, l'importanza di quanto sta per essere detto <Non vuoi rimanere perchè ce l'hai con me e sei arrabbiata o c'è altro?> deglutisce volendo partire così, senza girarci intorno, senza sentimentalismi di sorta sui sentimenti, sarebbero discorsi del tutto futili ed inutili da fare <Cos'è cambiato? Non ti sei mai posta il problema di andare alla magione da qua> vuole capire, comprendere, acquietare per un momento quell'animo.

15:48 Utente anonimo:
  [Casa Akainu] Occhieggia i Takoyaki, se anche avesse mangiato avrebbe sempre posto per almeno un takoyaki, ma a quella domanda che sposta la sua attenzione al sacchetto il cibo sembra esserle diventato detestabile, qualcosa che si accorderebbe con la sua struttura mingherlina non fosse che in realtà lei è una buona forchetta, in genere, fortunatamente a godere dell'ossuta struttura dei tratti fennec. <Magari dopo.> Commenta tornando a guardarlo alla questione dell'allenamento, una premura inutile probabilmente c'è da dubitare che i loro allenamenti siano aperti al pubblico, anche se quelli dei Sabaku in questo caso sarebbero divertenti se immaginiamo tante figurine con un terzo occhio per aria immobili davanti ad altrettante immobili che cercano di farsi resistenza l'un l'altro. Ed ovviamente per divertente si intende solo la parte caricaturale del fatto che quello possa definirsi un allenamento. Tali specifiche vengono lasciate da parte quando la lingua schiocca sul palato. Il borsone viene fatto scivolare dalla spalla come qualcosa di rimandabile a quella domanda, si limita a poggiarlo a terra. <Te l'ho detto, Asuke-san vuole tenermi sott'occhio dopo la questione dei Noribiki.> Sentenzia dilatando le narici, aria che viene incorporata a gonfiare il petto e che ne abbandona rumorosamente come uno sbuffo. <Inoltre non mi va di mettermi in conflitto con il mio clan per andare d'accordo con quello di un altro, Akainu, nemmeno con il tuo. Sono stata ad un granello di sabbia dal mandare all'aria la missione, e questa volta era solo una D. A un quattordicenne Sabaku che non fa nulla e dice agli altri di muoversi e che gli devono comprare le magliette posso reagire, l'altra sera non ho potuto e l'unico motivo sei tu.>L'origine di tutte le cose che non può fare si arrovella, non può uscire dalle mura, non riesce nemmeno a parlarne all'effettivo, non può parlare della missione nelle intenzioni del suo capoclan, non può semplicemente attaccare a vista Katai e darlo per sepolto nelle macerie con il ciao ciao dei testimoni, o quantomeno provarci. Semplicemente non può e quella mancata possibilità si sta aggrovigliando intorno alla figura dell'Uchiha adesso come un rovo metallico. <è cambiato che non è mai stato così importante per me essere coi miei simili. E tu coi tuoi.> Vomita quelle parole fuori come se non ci avesse dormito per formularle, eppure non muta nella cadenza della loro pronuncia alla maniera delle sentenze.

16:04 Akainu:
  [Casa Akainu] Dopo può essere un tempo estremamente lontano, dopo significa tra qualche minuto, tra qualche ora, tra qualche giorno, settima, mese. Le parole vanno scelte con cura e se Kore lo sta facendo, allora sono dirette a fargli male, non vi è altra spiegazione. Rifiuta di piegarsi ai sentimenti per capire, rifiuta di piegare se stesso non chiedendole nulla, limitandosi a domandare sulle intenzioni ma le spiegazioni fornite sono orribili nella pessimistica mente dell'Uchiha. Vede in quei programmi e intenzioni un tentativo di mettere una certa distanza, possibile che Katai sia riuscito ad incrinare anche il loro rapporto? Possibile che quel ragazzo abbia inficiato fino a tal punto? No, si rifiuta categoricamente <E sott'occhio vuol dire stare costantemente e continuamente in quella magione?> richiede quella spiegazione, adesso gliela deve. Le intenzioni di discutere si manifestano persino in quel lasciare andare il borsone, stanno arrivando al punto, la sta spingendo a parlare, a proferire parola su quanto è successo ma la ferma a quel primo dire <Io non sono il mio clan> lui è lui, non è ancora il simbolo degli Uchiha, non rappresenta la loro forza. Quelle parole assumono un retrogusto amaro, quasi acido tanto da procurare una certa nausea <Era una missione, ti avrei impedito di fare qualsiasi cosa anche se fosse stato un Sabaku ma al di fuori di quel contesto, non sono tenuto a fare nulla> ergo, probabilmente non le avrebbe impedito di mettere a tacere Katai. Forse non le avrebbe permesso di ucciderlo ma sicuramente un possibile scontro non sarebbe stato interrotto per mano sua <E io non sono responsabile di Katai> no, i suo piani prevedono altro per lui ma non quello di difenderlo, non quello di essere la di lui balia eppure tutto sfuma con un'unica frase. Stare con i propri simili lei e anche lui, deglutisce, inghiotte smuovendo il passo, veloce, diretto alla volta della Sabaku ponendosi frontalmente ad essa. Le verdi iridi ricercano le dorate di lei, ricerca quello sguardo, vuole essere guardato negli occhi adesso, non più una statua <Mi stai lasciando?> pone quella domanda e lo fa sfruttando il proprio sguardo. Se è vero che ama quel verde degli occhi, allora la verità deve dirla davanti ad essi, non di spalle, non con una presenza immobile. Il battito cardiaco è agitato, il corpo intero freme percependo l'adrenalina salire ma il tono permane lo stesso, fermo, quasi calmo se non fosse per il suo essere rauco.

16:24 Utente anonimo:
  [Casa Akainu] La domanda di Akainu è legittima eppure viene accolta con una certa basicità, leggermente le braccia si stendono come ad indicare l'ovvietà della sua presenza fisica nella non magione Sabaku ma in quell'appartamento. <Non vuol dire nemmeno stare qui.> Se qualcuno vuole che tu ti tenga pronto vagare per settimane tornando solo per gli allenamenti non è all'effettivo una definizione accurata di tenersi pronto. Nuovamente viene incorporata aria ma stavolta emette un passo indietro, lo sguardo si distanzia nuovamente dall'Uchiha mentre il capo si scuote. Non ha abbandonato la sua Sunodeki a differenza del borsone e non sembra intenzionata a farlo limitandosi a camminare verso il bollitore sul piano della cucina. <Magari io non sono così affidabile, Akainu, dal momento che ti sei fatto responsabile di azzittirmi ti sei fatto responsabile della missione, quindi sì, eri responsabile per un cog**one messo lì utile solo a tenere la torcia per due minuti. Te la sei presa tu questa responsabilità, non te l'ho data io.> Sancisce riempiendo il bollitore ed attaccandolo alla presa prima di prendersi una tazza e la bustina. Manovra che le chiede un certo stiramento verso l'alto tra l'altro. <Ti ripeto quello che ti ho detto, l'hai fatto anche tu e te l'ho lasciato fare, stare con te non significa farmi prendere a pesci in faccia pure da tutte le teste di ca**o che ti vengono appresso.> Non lo guarda, non se ne cura ma sembra averci riflettuto abbastanza da poter pronunciare quanto già scritto ma non abbastanza da farlo guardando l'altro. Non fa in tempo comunque a trovarlo quel coraggio, qualità che evidentemente non appartiene ai Sabaku, si trova la figura di Akainu tra sè ed il bollitore, una figura che cerca palesemente il suo sguardo ora ma che è comodamente troppo alta per riceverlo. è la domanda il problema, una domanda fulcro che non solo necessita una risposta, ma che la merita in questo caso. Sembra mantenere volutamente gli occhi fissi alla sua destra e verso il basso ed è difficile dire se stia trattenendo il pianto o facendo uno sforzo di non sbattere le palpebre tale è la fissità che mantiene contro le pupille, ma non sopraggiunge risposta per lungo tempo. <Mi sono proposta come volontaria per una squadra di spedizione oltre le mura. Ho pregato Asuke-Sama di considerare la mia proposta quale sincera> Questa la risposta, un grave che da giorni resta a spessore della gola ma mai pronunciato tanto apertamente, parole scelte e che non definiscono la ragione che non intende affrontare forse, nè il quando che ancora non è noto.

16:44 Akainu:
  [Casa Akainu] Rifiuta ogni altro pensiero, nemmeno le lacrime vogliono emergere da quei condotti lacrimali oramai secchi ed inesistenti in lui. Il fuoco del passato l'ha privato di molto, non solo della pelle <Perchè? Questa è diventata anche casa tua> con tutto il tempo passato li, alla fine ha iniziato a considerarla quasi una convivenza. Ella fa parte del suo mondo e della sua vita, quell'abitazione appartiene anche a lei oramai, viverci sempre la rende vuota, priva di vitalità, un qualcosa che la Sabaku è riuscita a donargli, seppur a modo suo. La vede muoversi verso il fornello ed il bollitore per preparare qualcosa, forse un tè od altra bevanda, non lo sa, troppo concentrato ad ascoltare le parole da lei pronunziate. Una stilettata al cuore dopo l'altra, un colpo duro e forte quello attuato da Kore per colpevolizzarlo, metterlo davanti a qualcosa che ha fatto ma in maniera irrazionale quanto involontaria. Si è comportato come l'altro? Quando è successo? Non lo ricorda, non sfiora minimamente la mente il ricordo di quel giorno eppure, se lo dice vuol dire che è accaduto. Inspira, espira velocemente, smuove le iridi come un forsennato per trovare una giusta risposta ma non c'è nulla che possa cancellare quanto avvenuto <Se l'ho fatto mi dispiace Kore> mantenendo alto lo sguardo, senza mai abbassarlo, senza mai minare, troppo, il proprio orgoglio <Se ti ho fatto un torto così grande, mi dispiace, se me ne fossi reso conto avrei fatto ammenda molto prima> vi è sincerità in quelle parole <Perchè te lo sei tenuto dentro senza parlarmene?> in una coppia il dialogo è fondamentale e qui è venuto a mancare. Una situazione evitabile, risolvibile tempo prima se solo avesse deciso di comunicare senza tenere ciò per se. L'aggira velocemente ponendosi frontalmente, mettendola davanti alla domanda fondamentale su cui si sta basando l'intera conversazione, una domanda che merita una risposta. Non può essere rimandata, non può attendere, deve sapere le sue intenzioni e cosa riceve? Essere informato di una decisione presa, uscire oltre le mura per una spedizione con il proprio clan, altrimenti non vi è motivo di chiedere ad un capo clan il permesso. Nota come ella eviti lo sguardo portandolo altrove, forse, la verità è già detta senza il coraggio di proferirla a parola. L'aria viene lasciata fuoriuscire dalle narici, la spedisce all'esterno <Io non voglio che tu esca dalle mura, è troppo pericoloso> replica immediatamente, preoccupato di quanto il mondo esterno sia un posto troppo pericoloso con cui avere a che fare <Ma non posso impedirtelo se è quello che vuoi> non intenzionato a fermarla <Se vuoi lasciarmi, almeno sappi questo> scostandoli, permettendole di raggiungere i fornelli mentre si porta nei pressi del tavolo adagiando sullo schienale della sedia il palmo destro.

17:06 Utente anonimo:
  [Casa Akainu] La domanda di Akainu sulla casa viene assorbita ma non viene replicata, quella consapevolezza la riempie come l'acqua alle spugne. Quando ha pensato, chiesto, come sarebbe stato fuori dalle mura è riuscita ad immaginare come avrebbe mostrato ad Akainu i quartieri del distretto aborigeno ma non ha mai immaginato come sarebbe stato il suo inverso, allo stesso modo ora si trova a riflettere su quanto di sua sponte, e non per casualità, avrebbe scelto come una decisione propria quella di vivere nel distretto di Oto. <Perchè è lontano, dal mio campo.> Quella è una risposta semplice ed efficace, seppur a Kagegakure sia tutto ridotto. La voce appare un mantenimento controllato di sillabe mentre il bollitore inizia a soffiare per conto proprio producendo un borbottio che solo riempie un silenzio altrimenti vuoto. <Perchè so che non sai fare i Genjutsu, quindi quando hai chiesto a me e Shiroichi di impararne uno su due piedi ti ho giustificato pensando che sottostimi l'impegno che richiedono le mie tecniche perchè non le conosci. Non perchè non stimavi semplicemente le mie capacità.> Questa la conclusione che evidentemente ha raggiunto dopo, Katai e le sue parole un mero catalizzatore a quella risposta che rabbocca sincera alle labbra sul perchè non abbia menzionato quella questione oltre al ristretto momento in cui è avvenuta. Quando Akainu si scosta dalla periferica visiva e vi torna il bollitore, non più ostracizzato dalle carni altrui, la voglia di tè è quasi alla stregua di quella di cibo, ma vi si dedica per potersi concedere la palese distrazione visiva che necessita per non guardare l'altro. Spegnendo lo stesso prepara la busta di tè nella tazza e vi versa l'acqua calda, ma si interrompe, come se lo scrosciare dell'acqua potesse disturbarle l'udito mentre l'Uchiha parla. L'immediata risposta è l'acqua che torna a scorrere fino a riempire la tazza. <Il Mizukage sta organizzando delle spedizioni ricognitive oltre le mura, ho già chiesto ad Asuke-Sama di raccomandarmi ad una di queste.> Lasciare qualcuno che non si ama sa essere difficile, subentrano la colpa e l'affetto, ma lasciare qualcuno che si ama è un'altra storia, richiede capacità di tenere in mano i cocci di due cuori e non di uno soltanto, una capacità altruista, altra dote per cui i Sabaku non sono rinomati insieme al coraggio ed è evidente dal fatto che continui a non guardarlo fissando la circuitazione del cucchiaino che rimesta il tè in infusione oltre le dita della propria mano destra. è quello che vuole, e non può essere più palese di così, non l'avrebbe chiesto di sua sponte e tantomeno si possono realmente obbligare forse ad uscire fuori dalle mura. L'evento non viene citato come un forse ma come una prospettiva reale e concreta, completa di chi sta organizzando e quale sarebbe il gruppo di afferenza, qualcosa di certo a cui ha scelto di aderire, non una possibilità ma un quando. <Non voglio lasciarti.> Ammette infine come se dovesse sforzare quelle parole. <Voglio sapere cosa saremmo io e Sunodeki senza di te, se io fossi quel genere di persona che ha perso di vista non la missione, ma la vita di quattro persone.> Perchè la realtà è quella, una realtà che Kan ha solo sobillato, che lei possa essere sadica. Ha conosciuto Sunodeki intimamente praticamente quando la sua vita si è intrecciata a quello dell'Uchiha, lei non sa chi sarebbe senza di lui, cosa avrebbe comportato per lei risvegliare la sua innata senza quello che è suo amore e forse persino ostacolo. Solleva il viso, appena da acogliere il profilo dell'altro nel punto in cui si trova ma mai abbastanza da inquadrarne il viso ormai da lungo tempo, fermando il suo girare della posata. <Sono una creatura orgogliosa, devo farmi passare questa cosa, l'hai detto anche tu.>

17:31 Akainu:
  [Casa Akainu] Non replica alla risposta, per lui non rasentano altro che scuse e niente di più ma in egual modo non può controbattere. Oto è ben distante dalla sabbia, li Kore non può esprimere al massimo il suo potenziale eppure la giara deve significare qualcosa, deve poter servire a qualcosa di più. Il groppo formatosi in gola non accenna a diminuire, aumenta sempre più divenendo quasi insostenibile. Inspira, espira cercando di sostenere la conversazione, di fare quello maturo, il più grande tra i due probabilmente seppur la verità sia totalmente differente <A dire il vero io ve l'ho chiesto perchè so che siete, che tu sei in grado di farlo, al contrario di me. L'ho chiesto perchè stimo le tue capacità e ne ho visto in azione la forza> tutto il contrario di quanto proferito. Le proprie limitazioni e la forza di lei l'han portato a questo, a cercare di farle imparare qualcosa credendo potesse farcela in tempo. Si scosta dalla di lei visuale aggirando la stanza, mettendo una certa distanza da quella creatura orgogliosa permettendole di preparare il tè in tranquillità, senza la sua opprimente figura davanti. Espira ed poi inspira, un moto svolto al contrario nel constatare come quel rapporto si stia sgretolando sotto un mare di incomprensioni, sotto il non detto. Il loro non parlare ha portato a questa discussione, al pensare di essere nuovamente da soli dopo quel pomeriggio e forse è veramente così, forse, dopo aver conosciuto i legami affettivi, dopo essere riuscito a provare un barlume di felicità, gli spetta il ritorno alla vita di un tempo, divenire, tornare a vivere una vita in solitaria con solo il clan come collegamento al mondo esterno <Avevi paura nel parlarmene prima?> è contrario all'uscita del villaggio, ella lo sa fin troppo bene ma perchè evitare di parlargliene? Quale tipo di dittatore pensa egli sia? Si è fatta un'idea bizzarra, magari non sbagliata ma sicuramente bizzarra. Il silenzio permea la stanza, avvolge i due in una cupola, attimi di puro terrore e poi l'affermazione. Non vuole lasciarlo. In un'altra situazione avrebbe tirato un sospiro di sollievo ma non è più così sicuro che esse rappresentino la verità. Annuisce nel voltarsi per guardarla, stessa cosa fa lei ma le iridi non s'incrociano, restano separate; quel mancato scambio di sguardi vuol dire tanto ma ancora di più l'implicita accusa postagli va a rendere chiara l'idea. La trattiene, la frena, egli rappresenta un impedimento alla conoscenza di se stessa ma come combattere ciò? Soprattutto, come combattere l'orgoglio di lei? I passi nuovamente vengono fatti, si smuove da quella posizione cercando di accorciare le distanze. La destrorsa si solleva, cerca di poggiare il palmo sul visino della Sabaku e con esso tenta di darle un bacio, far aderire le labbra a quelle di lei in un lungo e sentito bacio se gli fosse concesso. Ha paura, una grande ed immensa paura nel rendere noti i propri pensieri ma sceglie quella via, sceglie quell'altro percorso prima di allontanare il viso.

21:29 Utente anonimo:
 Non sembra Akainu donar risposte alla questione della distanza, eppure aleggia in silenzio la consapevolezza di quella considerazione mai presa, mentre il cucchiaino vien lasciato gocciolare come il tempo, il simbolo intimo della sua essenza Sabaku è la conta del tempo, fatti di piccoli momenti degni di essere ascoltati, in questo caso nient'altro che un gocciolio. A quella spiegazione che segue la conta limita un leggero scuotere del capo. <Non è il perchè, è il come.> Non sancisce di aver o meno accettato quelle scuse ma lascia presagire che le abbia intese, non trascende in quella specifica le motivazioni dell'Uchiha, sembra persino giustificarle in un certo senso, ma non vi approfondisce oltre in quel merito ed in quel caso limitandosi a quella conclusione del canto proprio. Akainu si trova nella periferica della sua visuale inclinata quando la mano destra si allunga sulla tazza sfiorandola come se quella bevanda fosse una scusa per guadagnare calore dal tatto con le dita ossute o forse mera scusa per impegnare altrove lo sguardo. <No, paura no, abbiamo affrontato più volte l'argomento. Non è mai stato il momento giusto.>E tutto sommato hanno avuto un carico di missioni nelle ultime settimane, e quel poco tempo non ha mai portato ad approfondire quel conflitto sull'ordine ricevuto dal suo capoclan, nè sulla spontaneità con la quale si sia resa conto di seguire le orme familiari verso una morte certa privandosi di un futuro incerto. Coglie l'avvicinarsi di Akainu nuovamente in quella periferica con un nuovo deglutire teso di saliva, la vicinanza di Akainu è un ostacolo già di per sè, nel tempo quando scorre tra i silenzi anche gli odori hanno una loro cadenza ma quello in particolare è preambolo di una scelta che sente propria e tesa. Non riesce a ritrarsi dal contatto della mano altrui, non è capace di generare un rifiuto aperto, manca di abbastanza coraggio e di abbastanza rimorso per un gesto simile così troncante e privo di speranze, eppure sulla propria pelle quel palmo richiama le ustioni provate al loro primo incontro, la prima volta che quella nota olfattiva in mezzo a tante persone non le aveva suggerito nulla. Dirama quel senso di ustione tra le carni, sfugge tra le vene come se le stesse fossero percorse di lava. Non ha quella forza e tempra morale di ritrarsi a quel bacio eppure non riesce a ricambiarne con il medesimo sentimento.Nell'evitarne lo sguardo è agevolata dal sapore delle labbra altrui, dalla consistenza nota a menadito di ogni rugata superficie di esse lesionata dalle ustioni. Non riesce a disfarsi di quel bacio, le appartiene come cercato e preso, desiderato e conquistato nel tempo, eppure la mano sinistra e libera si appoggia sulla maglia dell'altro con mollezza che suona poco invitante ma che allo stesso tempo è incapace di spingerne la figura, persino quel bacio sembra solo una rappresentazione concreta e silenziosa della rottura dei suoi sospetti, della loro natura diametralmente opposta tra una concretezza felice per quanto capace di ferirla in maniera evidente ed una solitudine consapevolmente infelice.

21:52 Akainu:
  [Casa Akainu] Come l'ha detto? Non lo ricorda, non elabora il preciso momento in cui tale misfatto è avvenuto. Se davvero è iniziato tutto da li, allora la colpa è da indirizzare direttamente a lui per aver dato inizio a quella discesa verso un oblio senza speranza e man mano che quella conversazione continua, la speranza svanisce sempre di più. Non sa rispondere, le scuse sono superflue, quel che è rotto non può essere riparato, non adesso, non al momento; si dice che il tempo aggiusti ogni ferita ma può realmente farlo? E' davvero in grado di compiere un simile miracolo? Con lui non ci è riuscito totalmente. Anche l'idea di lei di uscire dalle mura, mai il momento giusto e quando lo è? Mai nel vero senso della parola, da sempre contrario e lo sarebbe stato fino alla fine; può solo appoggiarla, nient'altro. Ogni tentativo può apparire come una supplica, un modo becero di tenerla legata a se ma non è questo che vuole, non è questo che desidera; il sentimento per lei è nato grazie alla dedizione nell'accettarlo per come è e vuole che rimanga perchè lo desidera. Inghiotte le saliva nell'avvicinarsi, nell'accorciare quella distanza, riesce ad accarezzarla e baciarla ma quel bacio non viene ricambiato, non come al solito, più distaccato e persino il contatto tra le mani risulta fatto con molto meno trasporto e li la comprensione giunge ad un punto di non ritorno. Le labbra lentamente si staccano da quelle altrui, non la costringe più ma mantiene la mano sul viso, continua imperterrita la carezza su quell'epidermide e per la prima volta le iridi divengono lucide. Trattiene tutto, trattiene ogni cosa ma adesso capisce cosa voglia dire provare emozioni. Si dice che un Uchiha provi emozioni più forti rispetto ad un normale essere umano e adesso lo può confermare; il petto è in fiamme, il dolore di quel fuoco di 10 anni prima riprende. La pelle si sta nuovamente sciogliendo, le ustioni bruciano come non mai, nell'esatto modo del giorno in cui ha conosciuto Kore. I mesi passati con lei passano dinanzi agli occhi, i momenti belli, i momenti brutti, quel loro primo bacio, la prima uscita; tutto quanto in un fiume di ricordi e sa bene come la decisione da prendere sia difficile, una decisione che non vuole, una scelta che non desidera fare. L'ossessione che prova nei di lei confronti è totale ma forse, il sentimento è ancora più forte, tanto da portare l'egoismo a farsi da parte <Siamo stati bene insieme> le labbra si sollevano, ne ricercano la fronte e su di essa vanno a lasciare un ultimo bacio prima di interrompere qualunque contatto, prima di mettere una piccola distanza. La voce trema seppur tenti di tenerla sotto controllo <Se vuoi andare, vai, scopri chi sei> le labbra si estendono in un flebile quanto triste sorriso, non cede il capo, imperterrito sostiene la visione di lei mentre si fa da parte. Non l'intralcia più, non le sarebbe stato più un impedimento. Lui più di tutti può capire cosa vuol dire inseguire un obiettivo, avere un ambizione e non farsi fermare da nessuno; non le avrebbe impedito nulla, non più.

22:21 Utente anonimo:
 Il contatto con quelle labbra viene sciolto nella paralizzata tentazione di stringere le dita contro la maglietta dell'altro, per evitarne l'allontanamento. Ma neanche quel gesto viene fatto, sembra una di quelle creature che di fronte ad un predatore sente di cavarsela nel solo fingersi morta, non riesce ad afferrare quello che vuole ma non riesce a lasciarlo andare ed alla fine quella fermezza che è orgoglio dei Sabaku si condanna nell'immobilità di quel momento. A differenza di Akainu lei ha avuto le ultime notti per ripercorrere quei mesi, per contarli, si è portata appresso un astio meditato in silenzio, alimentato con tempo e memoria e che l'altro si trova a subire in un lasso di tempo invece breve. Se lei fosse una sadica, se fosse solamente una brutta persona, non sarebbe una persona degna dell'altro, non potrebbe che accadere ancora ed ancora ognuno di quei momenti, frammenti. Solleva lo sguardo in quel distacco ma alla base di quelle iridi verdi non riesce a risalire oltre, ancora una volta si trova combattuta. Osservare sembra una base di cedimento che la Sabaku non si vuole permettere. Promettersi che quel momento non sarebbe mai arrivato, che l'avrebbero superato, che lui l'avrebbe persino accompagnata non è servito a nulla, quel momento è arrivato e non è successo nulla di quanto si siano detti se non prevedere che sarebbe giunto, è arrivato con una tale invadenza che quando Akainu stacca la mano dalla sua guancia l'istinto della propria mano obbligata a lasciare il tatto con la maglia bianca dell'altro è di andar sulla guancia come a controllare che quel palmo non le abbia strappato la pelle andandosene. <Sì è vero.> Non riuscendone a guardare gli occhi a differenza dell'altro il suo spaziare visivo è più limitato dall'evitarli, non prende che un angolo di quel sorriso come un elemento a lei periferico. <Non voglio andare via da te> Doveva arrivare, il momento in cui un tarlo oltre le mura l'avrebbe toccata abbastanza in profondità da mettere in discussione ogni promessa. Lo scoglio verbale della Sabaku torna ad abbattersi con la consapevolezza di dover almeno provare a dire qualcosa, ma stavolta si limita ad abbandonare il contatto con la tazza per andare verso la sua sacca. <Sì, è vero, siamo stati bene insieme...Starai bene.> Si ferma in prossimità della sua sacca prendendola. Ora che sembra che la decisione l'abbia presa Akainu privandola di quel greve la solleva insieme allo sguardo, starà bene, lo crede perchè lei è troppo strana e consapevolmente, troppo persino per lui. Da quella distanza in cui solo la vista è un senso leso dal ricordo cerca gli occhi verdi, come chiunque possa averne rimpianto, con la medesima curiosità

22:41 Akainu:
  [Casa Akainu] Ogni inizio ha una fine. Così come il giorno e la notte iniziano e finisco, anche quella loro storia è destinata ad avere un epilogo; per mesi si sono ripromessi di aiutarsi, superare ogni ostacolo insieme. Tante le parole spese e se da una parte, il genin è disposto a far di tutto per lei, dall'altra Kore giunge come una tempesta pregna di indecisione. Ha compreso ogni suo sentimento, ha capito senza ch'ella parlasse, i gesti, i tocchi, il desiderio di lasciarlo andare ma senza avere la forza necessaria per farlo. Il deturpato si trova nella posizione di non poter scegliere, non potere avere libertà di parola ma solo assecondare una tacita decisione esprimendo il di lei pensiero con parole dolci e ugualmente incisive; probabilmente è questa condizione in cui si è ritrovato all'improvviso ad accrescere il dolore, non ci ha pensato, non ha riflettuto, costretto a prendere la decisione sul momento lasciandola andare, privandosi di una parte di se. Mesi fa si è aperto, si è fidato e confidato con quella persona capace di passare oltre l'aspetto da mostro per vedere un ragazzo perso da tempo. Non ha mai tradito quella fiducia riuscendo lo stesso a ferirlo in un modo che neanche il fuoco è in grado di compiere; il dolore di quelle ustioni persiste, continuo, non lo sente, troppo debole, troppo flebile e lieve per poter essere paragonato all'attuale dolore, una sofferenza così grande da essere indescrivibile. I Kami hanno scelto per lui un percorso diverso, l'avvento di Katai l'ha rimesso sulla strada del clan rendendo ancor più chiara quella via. Senza Kore le sue attenzioni possono essere completamente donate e asservite alla causa, adesso nulla può distrarlo, nulla può irrompere. Gli Uchiha avrebbero tremato, si sarebbero inginocchiati offrendogli il posto che gli spetta di diritto. Socchiude in un singolo attimo le palpebre scacciando quei pensieri, troppo brutali, troppo fuori luogo <Lo so, neanche io lo voglio ma non voglio essere il tuo freno> con lui di mezzo ella è continuamente frenata, si ritrova priva della libertà di agire. Desidera con tutto se stesso vederla rimanere, desidera con tutta la propria essenza che ella prenda la decisione di lasciare andare quel borsone, di stare li e trovare una soluzione insieme come si sono ripromessi. Quel pensiero, quell'ultimo pensiero rappresenta, a sua volta, l'ultima scintilla di speranza in lui per risolvere quella faccenda, per non vederla andare via. Starà bene. Sanno entrambi che non è così, non può stare bene, non dopo quanto successo <Kore> richiamandola un'ultima volta <Ti amo> sancendo quel sentimento che, nonostante tutto, esiste in lui e non è scomparso. L'ha rimembrato ogni qual volta ne ha avuto la possibilità e lo fa anche adesso. Non sa perchè, non sa cosa potrebbe ottenere ma deve sapere che quel sentimento non è svanito, è li, per lei, solo per lei. L'immobilità della posizione del genin non cambia, in quel preciso punto resta a guardare la Sabaku, resta a guardarla andare via in attesa che quella scintilla venga annullata definitivamente. Ogni inizio ha una fine. [Se END]

23:09 Utente anonimo:
  [Casa Akainu] Ripreso il suo borsone tra le dita il suo sguardo sta seguendo il silenzio dell'altro, lo sta percorrendo ed ancora una volta a differenza dell'altro da quando è entrata si è presa il suo tempo per guardarlo negli occhi, per cercare quell'unico verde. Si è presa tempo per non lasciare che quegli occhi l'avrebbero portata a mostrare un patimento che nemmeno in quel momento l'Uchiha merita, la sofferenza è qualcosa di intimo che sa incastonare nel tempo. Se gli Uchiha amplificano le emozioni un buon Sabaku deve imparare a seppellirle, e sotto questo aspetto il suo esercizio è costante, il tempo è una chiave cardine che fa la differenza tra un granello di sabbia ed un deserto, il granello viene sbattuto a forza dal vento delle emozioni, un deserto è inamovibile, al sole ed al freddo, al vento e se fa tempesta è una tempesta di sabbia che invade e non che si lascia trascinare. Quando l'altro esprime il concetto dell'ostracismo che rappresenta il petto scarno viene gonfiato, ma è a lui che concede il suo dono, quello del tempo, di poter ascoltare e centellinare le parole dell'Uchiha senza spingerle o provocarle, lasciando che abbiano quel famoso tempo di venire allo scoperto nei modi e nei toni che sono a lui destinati ed a lui soltanto. <Ti amo.> Sancisce in risposta quando l'immobilità del salone è testimone che quel tempo sia scaduto. <Voglio trovare Shukaku, un pezzo di quel che Gaara è stato, di quel che è vissuto, è da qualche parte. Voglio che sia ridato alla nostra discendenza.>Non coincide quelle sue missioni a tale intenzione che fa trapelare come propria, e non come assecondata da una missione diretta del proprio clan. <Mi ami abbastanza da sapere che mi lascerai andare continuando a dirmi quanto questa cosa sia sbagliata, ti amo abbastanza da sapere che accadrà e che potrei non fare ritorno neanch'io. Darti il mio dolore personale Akainu, è come un giorno sapere che dovrai darmi fuoco.>La domanda è chiara, senza interrogativo, il suo dubbio è costretto tra quei fuochi, tra il giusto e l'egoismo vi è la consapevolezza che quello che semplicemente è, che non potrà giustificare alla sua Sunodeki per sempre, è destinato ad essere per Akainu qualcosa che disprezzerebbe in un modo o l'altro. Il suo deserto si è preso un lungo tempo, inamovibile il pensiero, ma il cuore sepolto sotto gli strati delle sabbie è una questione differente, non riesce a procedere nella stanza nè ad andare via in quel modo, ma è troppo schiacciato per trovare un'ascesa ed emergere, palpita con accelerazione, un'agitazione che non si permea nell'espressione della Sabaku che mantiene la propria tensione. <Era più o meno questo periodo, quattro mesi fa, quando ci siamo conosciuti.> Ha contato, ma questo non lo dice, per ripercorrere quel tempo ha avuto modo e spazio di centellinare, di ossessionarsi su un calendario mentale di date per risalire ad un giorno esatto, e seppur non lo dica apertamente questo emerge. <Era un sette del mese.>

23:52 Akainu:
  [Casa Akainu] L'immobilità nell'osservare la presa di quel borsone sancisce la decisone presa, la fine di tutte le cose accompagnata con l'ennesima dimostrazione. Mai come oggi maledice il sangue nelle proprie vene, mai come oggi si sente appartenente a quel clan che un tempo fece la storia del mondo. Un Uchiha in tutto e per tutto; non lo dimostra con i poteri ma con ciò che il clan rappresenta, con l'emozioni che esso è in grado di governare. Le ricambia quelle due piccole paroline, lo dimostra a sua volta accompagnandole con l'ennesima confessione, sugli intenti da lei perseguiti alla ricerca del monocoda della sabbia; un'impresa titanica, proibitiva e pericolosa come poche altre al mondo. L'eredità di Gaara riportata da chi segue ciecamente quella via, la via dell'ex Kazekage. Solo una fanatica ambizione può portare a una simile decisione e da lei se lo sarebbe aspettato. Il suo amore per quel Kage oramai defunto lo vede fin dal primo giorno che si son conosciuti. Seppellisce quelle lacrime, la lucidità delle iridi non viene assecondata; trattiene con forza estrema quelle emozioni troppo umane, troppo deboli perchè non può mostrarsi così, non può essere debole ma la stocca arriva ancora una volta. La pugnalata al cuore non finisce e tra quelle 27, giunge la 28esima penetrando il cuore ancor più in profondità provocando una copiosa fuoriuscita di sangue; esso sgorga nelle interiora, l'inonda soffrendo come mai si dovrebbe nell'arco di una vita intera. Se quella è la maledizione della vita, allora preferisce morire perchè dopo tutte quell parole, dopo aver fatto numerosi discorsi, si ritrova in quella posizione. Per mesi ha continuato a dirgli di come non le interessasse del suo aspetto per convincerlo e adesso deve essere lui a convincere lei. Strofina le labbra tra loro alzando le iridi al cielo, ricercando le giuste parole senza sapere da dove cominciare, senza sapere dove aggrapparsi per poter formulare una frase quanto meno decente; inconsapevolmente è Kore stessa a fornire la risposta. Quattro mesi fa si sono conosciuti e quella conoscenza ha reso possibile tutto questo <Quattro mesi fa hai provato il mio dolore> il bruciore, le ustioni <Quattro mesi fa sapevo che rivederti voleva dire ritornare in quelle fiamme, morire per la seconda volta> il viso discende di nuovo sulla di lei figura <Invece, rivederti ha curato quel mio male legandomi a te indissolubilmente, comprendendo di avere davanti a me colei con cui sarei potuto stare bene> distoglie di nuovo la vista, volge il viso sulla destra guardando una parte della cucina. Il tono è basso, la voce ancora roca, priva della reale potenza di quell'età <La vita è una soltanto e per troppo tempo l'ho passata da solo, lasciandola scorrere senza mai realmente viverla> 10 lunghi anni rinchiuso in se stesso con nient'altro che manga e armi <So che non posso fermarti e conosco le possibili conseguenze di quello che stai per fare e preferisco viverti un giorno in più piuttosto che morire con il rimpianto di aver sprecato il nostro tempo> deglutisce sentendo il groppo in gola avanzare, le lacrime spingere con forza <Il peso della vita possiamo portarlo in due>.

01:34 Utente anonimo:
 Quella devozione per Gaara è cieca, mitizzata più di qualunque familiare o prossimo è una figura sconosciuta, ma a differenza della mera memoria che l'altro ha di Madara la sua convinzione ha qualcosa di concreto, reale, la ricerca di un monocoda che con il suo pezzo di storia ha condiviso della coscienza, frammenti di quella coscienza ancora vivi e chissà dove. Ogni granello di sabbia della sua vita è stato destinato a portarla fuori le mura, una concezione che ha meditato e compreso con i genitori, approfondito con la perdita di Kombu, la stessa che ha reso l'imperfetto fennec un vero Sabaku dipingendo quel kanji d'amore nato dalla solitudine del Kazekage nelle profondità di quella mente e rompendola. Aveva bisogno di rifiutare quella prospettiva, del tempo motore alla comprensione, di concepire uno spazio suo dentro le mura con Akainu per comprendere, all'ennesimo granello, quanto in realtà ogni suo vortice sabbioso fosse diretto all'esterno ed ora che lo sa quella consapevolezza non sa essere abbandonata. La presenza dell'Uchiha è stata fondamentale a questa comprensione, è divenuto qualcosa che non vuole perdere ancorando la sua missione maggiormente nel profondo come un tarlo ramificato e dover ammettere che possa esserle di ostacolo alla sua reale naturalezza proprio ora, che emerge all'unico scopo di asservire il sole destinato a baciare le sue sabbie, è tra gli impieghi più difficili al quale il vento avrebbe potuto trascinarla. La menzione a quanto accaduto quattro mesi prima smuove la Sabaku, ne scioglie i gesti prossimi al divano abbastanza da allungarvi sopra il borsone, ancora non tornato a terra, ancora un gesto sospeso. Il ricordo delle fiamme è ancora vivo, ancora presente contro la guancia sinistra. L'altro ha interpretato quel dolore come un legame indissolubile, quando ne cerca lo sguardo non vi è compiacenza ma una meccanica visiva nuova, quel supposto genjutsu e l'insistente reincontro con l'Uchiha hanno stimolato un allenamento che era fermo da anni per poter accedere al suo occhio, il famigerato ormai si potrebbe dire, è stato Akainu ad alimentare la missione per cui nasce, non ad impedirla, è divenuto la ragione bastevole a cercare un risveglio rapido per impossessarsi del suo destino saldamente aderente alla sua schiena. Ricordare il motivo futile dalle recenti missioni per cui quella lite è iniziata diviene ora atto impraticabile, probabilmente per entrambi, quello che ne è emerso è una necessità di rottura più profonda che la similitudine tra i due Uchiha ha catalizzato ad una crina di svolta, dopo una lunga scalata avrebbe dovuto scivolare ed invece ha cercato di rimanere sospesa, maggiorando le sue fatiche senza assecondare la propria natura nell'intimo che Sunodeki ha cercato di suggerirle, sussurri continui e costanti divenuti tarlo e persino preoccupazione. Come allarmarsi della capacità delle proprie stesse dita di aprire una bottiglia, così lei ha dubitato della sua clessidra cercando di marciare oltre il crinale con passo opposto al suo senso verso una direzione che è semplicemente la persona che non è. Ancora una volta il tempo è una chiave leziosa da digerire, quando quelle parole sono assorbite le è tuttavia necessario, non usa quel silenzio prolungato per mantenere l'altro su un covo di spine, slega la sua fascia smeraldo dall'aggancio in vita per metterla a sedere sui cuscini del divano in quella meditazione, ovunque essa porti, lascia il segnale visivo e tattile che quel tempo si è attardato annichilendo il senso di un ritorno alla Magione immediato o serale. Se vero è che Akainu è stato relegato alla funzione di freno quella più inconscia e celata mansione d'olio nero sui cilindri non viene ammessa se non in quella movenza iniziale, una mansione che non viene abbandonata con la semplicità di un intimo distacco. Lasciare andare qualcuno per bene proprio è un conto, per il bene di nessuno è un altro. <Si è fatto tardi.> Questa non è caratteristica tipica della sua genia, ma una strana abilità tutta personale, la capacità di esordire in certi punti delle conversazioni da far cadere le braccia all'interlocutore probabilmente, vi sono modi migliori di dire che per quella sera che ormai si inoltra non intende andare via, ma quel concetto va ritrovato sotto una manata che possa ripulire la brina delle sue parole. Adagiata con la cura degli intimi compagni la propria ambrata confidente silenziosa il sollevamento del viso minuto riporta gli occhi dalle note ambrate di mandorlo e miele sul viso altrui, libero da quella cura. <Ti ho promesso che sarebbe stato un momento che avremmo affrontato insieme, lo farò ancora, ma non mi farò rallentare apposta...Non comprimendo quello che sono.> Amalgamare la sua essenza come la creta, ammorbidire i suoi spigoli invece tipici delle rotte frammentate a rena, incide un chiaro processo di crescita alla mente Sabaku adesso devoluto a qualcosa di più grande, di destinato a diventare tale, di obbligato e che senza una preparazione adeguata ai suoi istinti finirebbe per trovarla meramente impreparata e fragile, ma comunque presente. Le palpebre si ammorbidiscono, sul taglio tondeggiante, inalando aria con la pesantezza dei concetti inespressi e di difficile formulazione. <Ho bisogno di stare sola con Sunodeki> Di smaltire l'offesa, di non diventare una palla esplosiva incontenibile e dannosa per sè e gli altri, perchè questo succede a cercare di mettere un liquido in freezer, piccoli screzi diventano bottiglie esplose, e quell'esplosività non è lei, non è un severo e spartano controllo che l'esistenza Sabaku impone, ribadisce quel bisogno di intimità per una consapevolezza che può passare solo attraverso la comprensione fluida, in un ambiente sicuro e familiare in cui possa lasciare che sia il suo silenzio, tramite la sabbia, a raccontarle delle storie. <Ancora qualche giorno.> Soggiunge sollevando i palmi ossuti, dai fianchi fin quasi ai seni nell'altezza si mostrano in un cenno lieve, moto, di difesa. <Non stasera, non se non posso farlo lucidamente.> Sbottona quelle sillabe come ci si rapporta alle bestie selvatiche, non sapendo la reale minaccia delle loro reazioni, cercandone tuttavia ancora lo sguardo. E torna ciclico come per definizione quel tempo di cui i suoi concetti necessitano. <Se io sto male, la mia sabbia può solo star male con me, condividere il dolore. Se io sono arrabbiata, sento l'inquietudine di ogni granello.>Non è amplificata, come per un Uchiha, ma è condivisa, come avere milioni di figli connessi mentalmente a sè che vivono della medesima emozione. <Il mio benessere o malessere, la mia capacità di assecondarmi dipendono da te, da come sto con te>Scioglie la tensione degli avambracci riportandoli verso il basso, mentre i lombi poggiano sulla spalliera del divano al lato opposto rispetto a quello ove siede Sunodeki. L'accaduto all'ultima missione, il suo silenzio di rottura, a quella prima con i giovani Kusani, alla festa del Sakura e persino al campo di Oto, passa ed è passato sempre e comunque attraverso la sua libertà di comunicare attraverso la sabbia, perchè non vista a volte, semplicemente perchè assecondata ad altre, perchè costretta ad altre ancora, quello spasmodico legame con le sue sabbie passa inesorabile ed ormai innegabile attraverso le sue emozioni e se qualcosa si incrina verso Akainu non è una parola, ma la miriade di voci altrettanto incrinate nei suoi confronti che rendono quella compressione una sofferenza autoalimentata e lesionista. <Se portare il peso della vita in due non ha il fine di renderti felice è un inutile strazio condiviso. Per fare quello che voglio fare io ho bisogno di te, della tua comprensione, di stare bene con te. Se mi sento costantemente male, se la tua disapprovazione mi fa sentire in colpa, se tu stesso mi fai sentire un collaterale in una missione di scavo ogni giorno in più è anche un giorno in più in cui mi mandi praticamente ad una morte preprogrammata. La speranza di essere abbastanza forte se non prendi nemmeno in considerazione che per me possa essere importante rientrare in possesso di quella coscienza residua di Gaara tanto quanto per te lo è il potere del tuo clan io non posso nemmeno averla.> Il tempo è un frutto che si coglie con lentezza ma che rimette al loro posto le priorità, che ha evidentemente creato dei paragoni, incasellato la loro conversazione nel locale a luci rosse, gli obbiettivi di un egoismo diverso. Potrebbe dire che riportare il monocoda ai Sabaku sarebbe il simbolo di una speranza che la vecchia Suna appartenga ancora a quel clan, ma è troppo egoista per una tale ammissione, troppo obnubilata da una venerazione cieca, non è per i Sabaku quel simbolo di importanza, è per la sua famiglia fino ad una discendenza perduta che finisce in lei, è la speranza dei fennec e se c'è da qualche parte va cercata scavando rapidamente. Ma di quel suo senso del dovere non fa menzione alcuna, cerca solo nel viso di Akainu il minimo segno che tanto sforzo di parola sia ora compreso, che l'altro abbia capito dove vuole andare a parare, se così non fosse dovrebbe ammettere che non ha seguito gli allenamenti in quei giorni come avrebbe dovuto perchè il dolore della lite e del silenzio sarebbe stato troppo forte per farle controllare la sabbia con la determinazione di cui necessita, altrimenti ne verrebbe semplicemente investita. E lei così fragile per la sua stessa rena vorrebbe addirittura catturare il monocoda e tornarne viva. <Non potermi fermare è una cosa, non provarci è un'altra, quello di cui ho bisogno io è che tu ci sia.> Il tè ormai sarà congelato, e non l'ha nemmeno assaggiato, ma non è il punto nevralgico della questione, ha già detto che resterà almeno quella sera, non c'è un piede fuori dalla porta e non è una risposta che Akainu può dare in quel momento, richiede del tempo, concetto nevralgico di quei giorni. La vita è una soltanto e se la decisione è quella di legare la propria all'altrui dev'essere una base di benessere da cui la sua fermezza non sembra voler trascendere. Non gli dice apertamente di riflettere su quella possibilità, non ha bisogno di uno scritto o di un atto notarile per quella risposta ad una domanda che sembra un ultimatum, un pelle per pelle devo salvare la mia per quanto faccia male. Lo sforzo del dover assemblare in mattoni di parole giorni e notte di calce confusa spuma nelle intenzioni della Sabaku ad un bisogno che sembra condiviso di un attimo di congelamento da quella lite spinosa, momenti necessari a tutti per elaborare come un lutto, in cui si avvicina all'Uchiha di qualche passo con lo stesso fare cauto con cui ha iniziato a parlare, la stessa impressione di aver a che fare con un essere selvatico e sconosciuto, controllando che l'altro non arretri vanificando e persino annullando eventualmente le intenzioni di portare le mani nei pressi dei fianchi per lambire la maglia bianca come un abbraccio lieve e timido appena verso di sè, una vicinanza non vincolante ma necessaria che si fa intrisa dell'odore dell'altro. <Mi manca il tuo odore quando mi sveglio> Una considerazione dallo sguardo parzialmente assente, riversa al visibile del viso altrui in quella vicinanza. Che poi di solito la gente si manca la notte, si dedica l'ultimo pensiero, si definisce il nome prima del sonno ma anche in quello la Sabaku non poteva non andare al contrario probabilmente, è il mattino innestato di quell'odore che determina l'umore della sua giornata, labile e folle, che a sua volta determina come sarà l'intero giorno a seguire. Non si aspetta una risposta, ma attende comunque una reazione, anche fosse la mera richiesta di concedere qualche ora di time-set tattico a quella discussione lei ci è ricaduta con lo stesso senso che la tradì alla piazza di Oto, cogliendo quell'odore alla propria memoria olfattiva ed identificandolo come proprio nella vicinanza che le è consentita {se END}

09:58 Akainu:
  [Casa Akainu] Uchiha e Sabaku sono i due opposti perfetti controbilanciandosi in maniera quasi perfetta. L'emozioni sono un tarlo fisso dell'essere umano, essi fanno parte della sua vita, la rendono piena ed appagante e allo stesso tempo riescono incredibilmente ad essere fonte di distruzione quanto di malessere verso se stessi e chi sta intorno. Ogni sensazione provata od immaginata, per un Uchiha è amplificata oltre ogni immaginazione, il dolore di un uomo è il doppio per il clan dello Sharingan; l'amore rappresenta il punto più alto della felicità del proprio clan rendendolo la causa della nascita dell'odio tanto viscerale che la storia stessa racconta. Le proprie forze nel trattenere quante più emozioni possibili stanno finendo, continuare a vederla, a conversare con lei in quelle condizioni lo sta portando al suo estremo limite mentale quanto fisico; spinge il proprio essere ad andare contro la natura, essere innaturale ma se per un'intera vita è riuscito in quell'intento, adesso, una volta abbracciata, risulta sempre più difficile restare impassibile davanti agli eventi che li circondano. Per tutti quei mesi ha ascoltato Kore parlare della sabbia, della maledizione dei Sabaku e della volontà di raggiungere la madrepatria assecondando quel richiamo, della venerazione verso Gaara. Per mesi ha cercato un modo per farla desistere, troppo pericolo uscire e quel moto egoistico con gli ha impedito di impuntarsi su ciò ma allo stesso tempo ha iniziato quel lento declino del rapporto trasformandosi in un freno ai di lei sogni, alle di lei idee. Dalla ragione adesso assapora l'aspro gusto del torto; per questo ritira in mezzo il loro primo incontro, spiegando cosa ha provato, cosa l'ha spinto ad avvicinarsi a lei, a cercarla nonostante la consapevolezza di poter provare dolore. Una scelta saggia alla fine dei conti perchè sono quelle parole a farle posare il borsone sul divano, un gesto esplicativo di alcune sue intenzioni. La scintilla della speranza in procinto di spegnersi ottiene una flebile rinascita; il fuocherello appena agitato non si spegne, sopravvive alimentando il desiderio del deturpato di vederla restare, di vederla ancora con se senza osare dirlo apertamente per la paura di rovinare ogni possibile buona intenzione. Batte forte il cuore, l'adrenalina emerge in quel corpo permanendo in attesa, difficile comprendere come comportarsi imparando giorno per giorno i modi per affrontare una relazione ma risulta tutto fumo; quella non è una relazione normale, sono ninja, sono shinobi con ambizioni guidati da ideali ben diversi da quelli dei normali esseri viventi di Kagegakure. Non un sospiro di sollievo in quella frase da lei pronunziata, la fiamma non viene alimentata, troppo facile cantare vittoria, troppo semplice dire di avercela fatta. Un piccolo passo è certamente compito, l'ora tarda le ha impedito di varcare la soglia di quella porta lasciando un vuoto, portando con se quel barlume di felicità rimasta. Solo le iridi si muovono per guardare lo svolgersi di quella scena, dopo il borsone anche la Sunodeki viene lasciata andare con minuziosa cura. Gli effetti più importanti abbandonano la figura di Kore ed il battito cardiaco è sempre più in fermento alla possibilità di aver avuto successo seppur nel viso non vi sia reazione alcuna salvo un flebile ed appena accennato barlume di speranza in quel verde prato. Il fulcro del discorso viene a galla con la devastante potenza di cui è dotato, il suo essere freno adesso è sbattuto in faccia, i suoi intenti messi sul tavolo in quel processo decisionale che potrebbe decretare la fine di tutto od un rinnovamento insperato <Non ti ho mai chiesto di farlo> di comprimersi, di non essere ciò che è <E mai te lo chiederò> perchè Kore è così, lo sa, l'ha compreso fin troppo bene nell'ultimo periodo. Trattenerla, impedirle di essere ciò che è realmente avrebbe creato soltanto un astio impareggiabile, ineluttabile distorcendo quel rapporto, provocando la nascita di rancore e dal rancore si sarebbe passati al definitivo odio. La trasformazione dell'amore più puro e ossessivo in odio ha come conseguenza ultima la morte di uno dei perchè la sopravvivenza di entrambi è la mancata serenità dell'altro, lo sbattere in faccia i motivi di continui fallimenti nel corso dell'esistenza. Non una sola replica alla richiesta di solitudine, conscio dell'importanza della giara nella di lei vita, del suo essere parte integrante di ogni singola decisione da lei presa ed intrapresa, del legame simbiotico che le alimenta ma la vera importanza viene donata alle parole successive. Rimandare la decisione ad un momento di lucidità in cui i pensieri possono essere espressi senza l'emozione del momento, senza quella sofferenza alimentata dal dover effettuare una scelta inattesa, non voluta; la consapevolezza della propria importanza emerge ancora una volta, parte integrante della di lei vita a tal punto da deciderne lo stato d'animo in ogni situazione. Quella particolare rivelazione spingono il silenzio del deturpato ad aumentare, significativo perchè sta davvero pensando a quanto emerso senza commenti fuori luogo, senza parole dettate dalla fretta ma con l'intento preciso di trovare il perfetto connubio di termini da usare. Non risponde a nulla, ascolta e basta, lo sfogo, tutto ciò che ha sbagliato fino a quel momento, il mancato appoggio, gli errori commessi in buona fede, tutto questo ha provocato quel momento di tensione e Katai risulta la goccia che ha fatto traboccare il vaso già pieno e ricolmo. L'avvicinarsi della fine rende la giornata pesante, il desiderio verso Kore è un continuo crescendo ma ancora reprime quelle lacrime, le rigetta così come rigetta il desiderio di parlare; non è lucido, non è trasparente abbastanza da poter fornire una risposta giusta e significativa, non è giusto darle qualcosa in un momento in cui entrambi possono fraintendere, possono sbagliare involontariamente qualcosa che può essere salvato. Non interrompe l'avvicinamento, ne accoglie l'abbraccio sollevando le braccia, il palmo destro si adagia sul capo di lei stringendola al proprio petto, tenendola stretta, manifestando quella volontà di non lasciarla andare, di averla con se, nella propria vita. Il viso si poggia sulla sommità del capo, incrementa quel contatto non sapendo cosa l'avrebbe atteso domani, nei prossimi giorni. Godere di quel momento risulta arduo, estremamente difficile ma non se lo negherebbe per nulla al mondo. Domani è un altro giorno. Domani avrebbe pensato, non alle proprie intenzioni bensì alle parole più corrette per esprimerle e rimettere insieme i cocci di quel vaso quasi del tutto in frantumi. [END]

Dopo la missione tra i due avviene un distacco. La rottura è prossima ma forse un barlume di speranza esiste ancora. Le loro visioni del mondo sono diverse così come gli obiettivi. Riusciranno a far collidere tutto oppure li porterà ad una lenta ed inesorabile distruzione?