Serata gusto ricordo

Free

0
0

21:44 Furaya:
 Gironzola - strano, ma vero - per quello ch'è il quartiere dei Clan. Lei non ci vive, chiaramente. Non avendo più la possibilità d'attivare l'hijutsu Nara ormai da tempo, ha stabilito con sé stessa che non sarebbe tornata neanche tra quelle mura. D'altronde, non potrebbe riprendersi il suo ruolo di Capo Clan e non avrebbe niente da dimostrare in quanto Nara. Il suo corpo ha arbitrariamente deciso che dovrà affidarsi completamente al Chakra lavico che un antico despota ha rubato a Kiri, impiantandoglielo nel corpo. Gli occhi della fanciulla vagano lungo le mura d'un quartiere che non le appartiene più, un posto nel quale non v'ha ancor mai messo piede ma dove dovrà farlo - presto o tardi - anche sol per difendere la propria autorità d'ex ninja leggendario e la vita della sua bambina. Indossa uno yukata dalla stoffa nera, disseminato di petali di ciliegio rosa. La cintura in vita è d'un rosa leggero che ne avvolge i fianchi e la vita. Oltre ad esser pieno di fiori come se volesse portar lei stessa la primavera, è abbastanza caldo da proteggerla dalle intemperie odierne. E' privata della katana ch'era solita portarsi dietro poiché l'incontro con Fenrir dopo dieci anni non è stato certo rose e fiori. Per difendersi dall'altrui furia, l'arma bianca è andata praticamente distrutta. Attorno alla coscia destrorsa, poco sotto l’indumento citato, v’è anche posizionato una tasca porta kunai e shuriken avente al suo interno ben tre kunai. Sul gluteo posteriore dall’opposto lato, sempre agganciata alla cintura di cui sopra, prende posto un’ulteriore tasca porta oggetti avente al suo interno tonici di recupero Chakra e coagulanti, qualche fuda contenente dei tronchetti. Al polso mancino, nascosto dalla manica della camicia, vi ha posto un fuda esclusivo nel quale ha sigillato la frusta che, di recente, ha optato come arma a discapito di spade più grosse della propria figura che, al momento, non riesce neanche ad usare come vorrebbe. Ai piedi, calza un paio di stivaletti scuri, dalla suola spessa in gomma ed un tacco quadrato che la eleva per qualche altro centimetro. Sono piuttosto comodi invero, inoltre la slanciano quindi ha preso due piccioni con una fava. Sul petto – sotto i vestiti – è stato posto un ulteriore fuda, al cui interno è invece sigillata la sua nuova arma: la spada di Chakra, ch’è in realtà soltanto un manico nel quale è possibile trasmettere il proprio Chakra. Tra i capelli rosei, incurante del tempo e della società attuale, splende il suo coprifronte raffigurante il simbolo di Konoha con tutti i relativi segni d’usura e di graffio. Un pendaglio raffigurante il ventaglio del Clan Uchiha è costantemente presente al collo della donna, mai rimosso per ragione alcuna. E' poco distante da quello ch'è l'effettivo ingresso del quartiere. Il cuore accelera un pochino, ma inspira profondamente. <Non è più casa mia.> Un sussurro appena percettibile, ma abbastanza per farle comprendere la realtà attuale dei fatti. [ Chk On ]

21:59 Yukari:
  [Strada] è una serata tranquilla, di certo rispetto alla precedente, le intemperie che per ora hanno lasciato spazio ad occasionali nuvole, pesanti, che di quanto in quando oscurano la falce di luna a regnare incontrastata nel cielo. La pioggia del giorno prima ha però lasciato la sua patina lucida che ancora si trova adagiata su ogni superficie, portando con sé un'inevitabile umidità che si insinua fra gli odori del luogo, coprendoli ed esaltandoli allo stesso tempo. E' una figura relativamente piccola, esile e flessuosa, ammantata da una sorta di aura suggestiva che la fa apparire tutt'altro che fragile. La Kunoichi indossa abiti semplici, comodi e da allenamento, consistenti in un paio di pantaloni grigio fumo aderenti su fianchi e parte superiore delle gambe e più morbidi dal ginocchio in giù, per andare ad infilarsi morbidamente in dei bassi anfibi neri. Il busto è ricoperto da un unico pezzo blu scuro con colletto alto e maniche svasate, chiuso sul davanti con alamari sulle tonalità dell'avorio, le stesse che riprendono i leggeri arabeschi floreali appena in rilievo sulla stoffa, catturando piacevolmente la luce. Sopra al tutto, un lungo cappotto di pelle nera che le sfiora le caviglie come in ali di corvo, lasciato aperto sul davanti. Monocromatica quasi, con come uniche, vere note di colore sono date dalla precisa pittura che le caratterizza le mani piccole e ben curate, a rappresentare dei fiori di ciliegio di un rosa tanto cupo da essere quasi scarlatto, i rami neri che si espandono lungo il braccio fin sotto la manica, come scheletrici e mortiferi tentacoli oscuri. Lo stesso sentore di fiori di ciliegio che accompagna la sua figura, intrappolato nella lunga treccia che le lega i capelli, arrivando a sfiorarle metà schiena con giusto un paio di ciocche, appena arruffate, che le contornano il viso. Lineamenti morbidi, persino angelici, perfettamente accostati ad un paio d'occhi viola intenso, due gemme ametista liquide e torbide, la cui dolcezza è profanata soltanto da una voracità di sottofondo, un incendio sotto braci accese che è quasi nascosto, ma perfettamente percepibile. Sta tornando adesso dall'allentamento al campo, tanto che una sottilissima traccia lucida le imperla appena le tempie e la fronte, dove il coprifronte di Konoha rivela prepotentemente la sua presenza in una placca metallica relativamente intonsa. Si muove con passo deciso, le movenze eleganti e fluide come quelle di una serpe che fanno sì che la treccia le ondeggi appena a ridosso della schiena, andando a rallentare solo quando i capelli rosa di Furaya attirano la sua attenzione, poco più avanti, all'ingresso del quartiere dei Nara. Un'esitazione effimera, accelerando appena il passo subito dopo, in tempo per sentire le sue ultime parole con gli angoli della bocca che si incurvano leggermente verso l'alto. <Sarà sempre casa tua, finché tu la sentirai tale.> sentenzia verso di lei, arrestando definitivamente i propri passi più o meno ad un paio di metri dalla donna, la bocca che ancora presenta quella leggera curva, accogliente. <Buonasera, Furaya.> cortese e rispettosa, il busto si inchina appena in avanti in un movimento quasi marziale, ma mai impettito, prima di tornare nella precedente posizione eretta.

22:18 Furaya:
 Il suo peregrinare è molto lento - forse azzarderei cauto. Sta esplorando un posto in cui non ha mai messo piede da quando soggiorna a Kagegakure. L'attuale Capo Clan non vede di buon occhio sua cugina, tanto meno la bambina che ha cresciuto - figurarsi lei. Mantiene in all'erta i propri sensi, s'assicura che la situazione non possa in alcun modo sfuggire di mano. La maniaca del controllo ch'è in lei si risveglia. Tuttavia, una voce a lei sconosciuta ne attira l'attenzione. La costringe ad arrestare l'avanzare così da potersi girare e incoccarne lo sguardo, adocchiarne le fattezze, collegare la voce ad un volto che si spera conosciuto - ma che così non è. Neppur dieci anni prima se ne sarebbe ricordata. A differenza di qualcuno - qui presente - la Nara non è cambiata d'una virgola da prima della caduta del mondo ninja per come lo si conosceva. Rimasta imprigionata in un cristallo sotto terra per tutto questo lasso di tempo, permettendo alla divinità superiore di cibarsi del suo Chakra, non è invecchiata ma ha dormito abbastanza da riuscire a star sveglia ogni notte della sua vita. <...> Sorpresa dalla risposta che riceve a quel sussurro, come se nell'effettivo una serpe si fosse insinuata nei suoi pensieri senza che lei fosse in grado di far qualcosa per evitarlo, tace. Il problema sorge conseguentemente quando la signorina le si rivolge chiamandola per nome. Inarca un sopracciglio. Se dapprima s'era rivelata soltanto dubbiosa, l'espressione guardinga e la posizione difensiva lasciano intendere come sia pronta a ben pochi compromessi. Mezzo passetto indietro, saldo l'equilibrio che vorrebbe adottare - da bravo guerriero qual è. Le braccia restano per il momento molto rilassate, come se fossero comunque pronte a scattare nell'immediato per comporre qualunque sigillo possa servire. <Come sai il mio nome?> L'unica domanda che riesce ad uscire dalle labbra della Nara. Gli occhi gelidi fissano l'interlocutrice, la guardano dall'alto al basso. E' una bambina che ha conosciuto, ma che nel corso di dieci anni s'è fatta donna e il non riconoscerla, ahimè, è purtroppo abbastanza normale. La figura della ladra - come se si fosse intrufolata in casa d'altri e sia stata sgamata appena scesa dal davanzale della finestra: così si sente. [ Chk On ]

22:34 Yukari:
  [Strada] mantiene l'attenzione sul volto dell'altra, divorandone con avidità ogni dettaglio ogni sfumatura, ogni traccia d'espressione su quei lineamenti su cui la luce dei lampioni crea un preciso gioco di ombre. Su lei come su sé stessa, risaltando ogni spigolo, ogni curva dei volti e delle figure delle due Nara. Non le sfugge quindi l'atteggiamento difensivo dell'altra, tanto da sollevare istintivamente, lenta a far comprendere di non avere intenzioni ostili, entrambe le mani come in segno di resa, mostrando i palmi appena arrossati. <Scusami, non volevo allertarti. Ma immagino di essere cambiata, nel giro di dieci anni. Ero una bambina l'ultima volta che ci siamo viste.> inizia verso di lei, riabbassando piano le braccia ma senza ancora avvicinarsi nonostante il passo indietro compiuto dall'altra, la stoffa del cappotto di pelle che si muove in un blando, lieve sibilo. <Sono Yukari Nara.> termina definitivamente la propria presentazione, compiendo quell'ultimo, leggero inchino col capo verso di lei, ciocche corvine che le danzano attorno alle guance pallide come un nero sipario. Occhi che, pur nella loro gentilezza, ancora scrutano e perforano, per calamitare su di sé le attenzioni altrui quasi con avidità. Si cruccia un poco nel lanciare uno sguardo all'ingresso del quartiere, la mandibola che si irrigidisce per un breve istante prima di tornare sul viso di Furaya. <Non puoi entrare?> una domanda soffice quanto diretta, il timbro caldo e basso che risulta melodioso, accogliente come un'intima carezza di velluto; cristallino, a non recare con sé alcuna falsità neppure nella punta di premura con cui si rivolge all'altra, rispettosa della distanza e dei suoi spazi che viola soltanto con gli occhi.

22:57 Furaya:
 Non si rilassa fin da subito. E' abituata ad essere pugnalata alle spalle così tante volte da saper riconoscere quand'è il momento di continuare a stare in all'erta e quando smetterla. Nota l'altrui fare, un modo per tranquillizzare chi si reputa talmente coraggiosa da affrontare chiunque - mettendosi prontamente sulla difensiva, ch'è più un comportamento da chi è traumatizzato dalla vita e dalle persone che incontra per strada. Le sopracciglia vanno aggrottandosi nel momento in cui Yukari annuncia d'essere effettivamente cambiata in dieci anni. Le rotelle nella testa della rosata - quelle rimaste, eh - iniziano a vorticare, una sull'altra, incastrandosi a dovere. E' qualcuno che dovrebbe conoscere? Plausibile. A giudicare dall'età altrui, non deve essere stata molto grande, specialmente se si parla d'una decade. Quindi, potrebbe trattarsi d'una ragazzina? Magari un appartenente al clan, avendola incrociata nei pressi del quartiere inerente ai Nara. Ottima deduzione, Sherlock. Nonostante provi ad unire i puntini, l'espressione che appare sul di lei volto è quella d'una persona che non comprende, talmente piena di dubbi e domande che non riesce neanche ad organizzarle mentalmente per dirle ad alta voce. <...> Mugugna pensierosa, cercando anche d'immaginare Yukari come una bambina. Capelli neri e lunghi? O corti? Occhi viola? I lineamenti del volto totalmente diversi a causa della pubertà... quelli sono un problema non indifferente. <Yu-Yukari?> Balbetta non appena questa si presenta, tornando a guardarla dalla testa ai piedi come se le stesse facendo una radiografia senza alcun macchinario. <YUKARI LA PESTIFERA?> L'aveva soprannominata così tempo fa, quando poteva ancor bazzicare per le strade d'un quartiere che la trattava con rispetto. La voce s'alza d'intensità a causa della sorpresa, di certo non s'aspettava di trovarsi davanti all'improvviso qualcuno che lei ricorda come una bambina! E vederla così cresciuta, poi. Questo, ad esempio, è uno di quei momenti in cui può cessare di mantener alta la guardia - seppur non smetta mai per davvero. Si dice che dorma con un occhio aperto la notte. <Sei cresciuta un sacco dall'ultima volta.> Anche grazie al piripillo, Furà. E' normale che per lei sia passata come una notte, ma nella vita vera, fuori da quel cristallo, son trascorsi veramente degli anni. Il mondo è cambiato - in peggio, secondo lei, ma è pur sempre mutato. <Non posso.> Non è che non voglia, lasciando comunque quella ch'è una risposta del tutto criptica sulla motivazione per la quale non ne varca la soglia. Come se fosse un vampiro che non è stato invitato ad entrare. [ Chk On ]

23:12 Yukari:
  [Strada] resta ad osservarla, e quasi riesce a vederli uno ad uno, quegli ingranaggi che nella mente della rosata iniziano ad allinearsi e a lavorare per cercare di richiamare quale possa essere l'identità della misteriosa mora che si ritrova davanti. Consapevole di questo, la morbidezza della curva delle labbra assume note vagamente divertite, in una dolce insolenza che le fa brillare appena di più lo sguardo fino a dipingerle sul volto un'espressione squisitamente da schiaffi, un lascito di quella bambina -pestifera appunto- che è diventata donna ma senza mai annullarsi del tutto, in agguato lì, sotto la pelle di quel corpicino sinuoso. Annuisce, piano ed una singola volta quando l'altra pronuncia inizialmente il proprio nome, confermandoglielo quasi le stesse suggerendo di essere sulla strada giusta. E non appena l'altra comprende, la ragazza si abbandona ad un accenno di risata sentito pur nel suo essere contenuto, spontaneo, un suono caldo che le si riverbera piacevolmente nel petto. <Insomma però, non tradirmi così impunemente, ho una reputazione da mantenere sai.> replica in un lieve sollevarsi del musetto verso di lei, in un cipiglio fiero la cui serietà viene annullata dai riverberi ironici in quegli occhi viola, recanti però con sé una maturità che una decade prima sarebbe probabilmente stata insospettabile, di chi è dovuto crescere troppo e troppo in fretta; la perdita dei genitori durante la guerra contro le chimere, dopotutto, non è un segreto. <Tu invece non sei cambiata affatto, decisamente. Sono felice però di rivederti... Come stai?> le chiede infine, ogni traccia d'ironia che le scivola via dalla voce come ombre scacciate lentamente da una fiammella sempre più intensa, lasciando dietro di sé soltanto una genuina curiosità condita da una punta di sincero affetto. Le sopracciglia nere si aggrottano lievemente alla fine, la bocca che va ad arricciarsi in un piccolo broncetto di disappunto sottolineandole inevitabilmente l'arco di cupido, compiendo adesso un singolo passo verso di lei. <Neanche per essere mia ospite e prenderci qualcosa assieme? Che è successo?> e torna ad osservarla, scostando l'attenzione dall'ingresso al quartiere dei Nara con quella curiosità mista a confusione ben dipinta sul viso. Alla fine però scuote appena la testa fra sé e sé, in una sottile danza delle ciocche nere che le adornano il volto, come a lasciarle la totale libertà di tenersi questo segreto, che sia davvero tale o meno. <In ogni caso sono appena tornata dal campo d'addestramento, stavo tornando a casa ma possiamo farci due passi se vuoi. Recuperare un po' il tempo perduto.> le propone infine, osservandola in silenzio mentre le mani si sollevano per portarsi dietro la nuca, a sciogliere il coprifronte con un piccolo sospiro che le scivola dalle labbra piene, godendosi la frescura serale sulla pelle che ancora presenta quella sfumatura lucida di sudore.

17:31 Furaya:
 L'angolo delle rosee labbra s'arcua verso l'alto innanzi al commento ironico dell'altra. <Anche dopo tutto questo tempo?> Un sopracciglio segue la movenza delle carni precedentemente citate, lasciando che quelle iridi glaciali vengano rivolte totalmente in sua direzione - senza distaccarsene, come a volersi goder quei nuovi tratti che le si mostrano innanzi. La mente ripercorre facilmente quel tratto dell'adolescenza dell'altra - forse, più l'infanzia - quando, ammantata d'uno yukata sicuramente ben messo rispetto a quello attuale, la riprendeva per le vie del quartiere a causa delle sue marachelle. Oh, se lo ricorda come se fosse ieri... A volte, i ricordi risultano essere sbiaditi, altre volte invece così nitidi e non ne comprende la ragione. Ma d'altronde... va bene così, giusto? I ricordi importanti torneranno sempre a farsi vividi, anche se di tanto in tanto sembrano sbiadire. <Credo sia merito del cristallo nel quale sono stata imprigionata per dieci anni. Di conseguenza, non sono invecchiata.> Il che è un lato positivo se teniamo conto del fatto che dovrebbe aver raggiunto la soglia dei quaranta, ma s'è fermata ai trenta. Anziché odiarlo, dovrebbe ringraziare quel dio fasullo che le ha tolto tutto - i poteri, la forza fisica, ma non quella mentale che, per quanto distrutta dai traumi del tempo passato e della gente che ha sempre cercato di spezzarla, continua a lottare funesta. <Mi sento claustrofobica tra queste mura> Solleva la mandritta ed arcua le dita come a voler simulare una gabbia che le si serra attorno alla gola, punto verso il quale l'arto arresta il suo muoversi e vi pone le falangi in corrispondenza. <ma potrebbe andar peggio.> Essere mangiati dalle chimere e non avere un posto dove potersi rifugiare, ad esempio? D'altro canto, se si è rinchiusi all'interno delle mura, è difficile trovare un posto verso cui scappare se anche quest'ultimo diventa poco sicuro. <A te, invece? Mi sembri... non solo cresciuta, ma anche maturata.> Strizza un pochetto gli occhi, sorpresa e felice d'aver ritrovato qualcuno di conosciuto, qualcuno che la riporta indietro al passato... quel passato al quale è incatenata e al quale vi resterà per tutta la vita. Inspira invece, profondamente anche, quando l'argomento glissa in favore del quartiere del Clan e all'incapacità della Nara di tornarci. <Non credo che l'attuale Capo Clan possa vedermi di buon occhio, la qual cosa sarebbe comprensibile dopotutto...> Certo, d'altronde non si tratta solamente d'un utilizzatore sporadico dell'innata Nara, bensì di qualcuno che ne conosce tutti i segreti, che potrebbe rivelarli, che potrebbe tradire il clan e qualunque regola di quest'ultimo. Ammesso non la conoscano, ovviamente. La lealtà e la fedeltà verso il villaggio e il clan le ha sempre anteposte anche a sua figlia - madre dell'anno. <Camminiamo, se ti va.> Le rivolge il busto a tre quarti, come ad invogliarla ad andare avanti, ma attendendone comunque una risposta prima - per educazione. [ Chk On ]

17:52 Yukari:
 <Sempre.> è la prima risposta, istintiva e priva di esitazioni che rivolge all'altra nell'udire la sua domanda, mantenendo l'attenzione su di lei con un accenno d'ironia che ancora danza sull'onda offerta dall'altra, in uno spontaneo riflesso. <Ma dopotutto che gusto c'è a crescere, se non si può essere un po' infantili di quando in quando?> retorica nel porle quella domanda, il divertimento che scivola via dal volto come portato via dalle medesime, leggere folate di vento che graziano la pelle di entrambe, facendosi inevitabilmente più seria nel momento in cui lei nomina l'essere stata cristallizzata per così tanto tempo. <Almeno questo. Io sarei stata furiosa, per gli anni rubati.> la punta del nasino si arriccia in una smorfia di chiaro disappunto, e per quell'istante, al solo pensiero, è un'ira feroce che le divampa nello sguardo, costringendola a calare le palpebre su quelle gemme ametista per farla svanire, in pochi istanti, in un semplice battito del sipario delle ciglia nere. <A volte anche io.> ammette alla sua ammissione di sentirsi claustrofobica fra quelle mura, sollevando appena il viso proprio in direzione delle stesse, un lievissimo sospiro ad abbandonarle le labbra piene. <O meglio, irrequieta. Sono rari, preziosi i momenti, in cui riesco a rilassarmi davvero per qualche ora. Altrimenti dopo un po' mi prende sempre il bisogno di fare qualcosa, qualsiasi cosa. Odierei il pensiero che possa accadere un qualche guaio, o qualcuno restare ferito, mentre io me ne sto buona a leggere un libro.> severa, impietosa persino, con sé stessa più che con chiunque altro, tornando ad osservarla con un nuovo accenno di quel divertimento precedente che riprende a scaldarle un po' la voce. <Oh sì, può sempre andare peggio!> conferma verso l'altra, restando ferma sui suoi occhi con la dolce resilienza dell'avvolgersi di una serpe, eppure non reca nessuna minaccia con sé. Quasi un invito invece -a lasciarsi andare. <Grazie... Lo spero. Non abbastanza ma immagino che dopotutto non si finisca mai. Sto bene comunque, mi sono dedicata allo spettacolo per un po' di tempo ma da un paio d'anni sono investigatore privato. E Genin, naturalmente.> aggiunge con una punta di fierezza nello sguardo e nel tono, tanto da aprire appena le ali delle spalle in una postura un poco più dritta. Un mugolio, caldo e comprensivo viene offerto in reazione alle parole dell'altra riguardo il Clan, le sopracciglia che per brevi momenti si aggrottano un poco. <Posso capirlo, da un lato. Dall'altro, è anche vero che se avessi voluto tradire, l'avresti probabilmente già fatto... La fiducia è qualcosa di così raro di questi tempi, che chi la esercita pare quasi peccare di ingenuità.>. Uno schiocco, come un colpetto di frusta, della lingua a ridosso del palato, prima che questa scivoli ad umettare le labbra. <Oh volentieri!> una bassa esclamazione, mentre già muoverebbe qualche passetto così da poterla affiancare, mantenendosi comunque a poco meno di un metro di distanza, qualora la vicinanza fosse concessa. <E tu invece? Niente di interessante, di recente?>.

18:27 Furaya:
 <Vogliono che tu sia sempre matura, ligia alle regole che la società t'impone e guai ad essere immatura, invece.> Le rivolge un'occhiata di sottecchi. Non si tratta d'una ramanzina, quest'è assodato. Lascia intendere il modo in cui lei stessa ha dovuto vivere - l'impossibilità d'essere infantile anche solo per un istante. <Anzi, reputo che questo cavillo sia andato perdendosi con la modernità di Kagegakure. Ai miei tempi> Sembra di parlare con un anziano armato di bastone e braccio dietro la schiena, arcuato in avanti a fissare il primo cantiere in lavorazione. <nascevi per andare a combattere, quindi o maturavi in fretta o morivi per primo.> E' inopportuna, come sempre. Ogni argomento trattato con lei va a culminare direttamente ad argomenti passati, storie narrate dai più e che sono state dimenticate volutamente perché negative. La donna preferirebbe tornare a quei tempi, ma è pur vero che quel pizzico di modernità che son riusciti a costruire non è da buttar via. <Chi ti dice che io non lo sia?> Retorica la domanda che le rivolge a proposito della rabbia che dovrebbe provare per quegli anni persi. <Ho perduto qualunque possibilità di veder crescere mia figlia.> E ha mandato in malora un possibile matrimonio per un pazzo terrorista a cui piacciono far esplodere le cose. Insomma, non è stata la migliore delle strateghe per quanto riguarda la sua vita privata. Forse, ciò che sa fare meglio è solamente andare in guerra e sol quello dovrebbe fare finché muore. I di lei passi avanzano con la solita calma e austerità che la contraddistinguono, bardata d'equipaggiamenti vari ma lasciando a casa quanto meno l'armatura e, con essa, il suo spirito battagliero - fintantoché non vi sarà il bisogno di tirarlo fuori, ovviamente. <Apprezzerebbero il tuo aiuto, ma non il mio.> E può dirlo con certezza sicché ha aiutato il settore kiriano ad uscirne illeso dall'ingresso d'alcune chimere, vedendo un ringraziamento sì dal Kage di Kiri, ma solamente per chiederle un favore in seguito. Quello stronzo. Non vede l'ora di farlo scendere da quel dannato piedistallo d'oro che s'è creato. <Spettacolo? Attrice?> Le chiede ovviamente incuriosendosi dell'altrui situazione. Di certo non avevano chissà quale confidenza, è difficile averne con un bambino che ti vede più grande - autoritario. Tuttavia, è un bene che ci sia ancor qualcuno che le parli senza alcun doppio fine (tipo pugnalarla alle spalle e gettarla in pasto alle chimere, è quasi certa che qualcuno lo gradisca o lo stia pensando anche in questo momento). <Il fatto che se la prenda con me non mi tange, il problema è quando pensa sia corretto avercela coi miei discendenti.> E qui la situazione cambia, com'è giusto che sia. Non a caso, sta programmando di tornare nel clan... a tempo debito, con le giuste contromisure per averlo in pugno. Tentenna col capo quando le giunge l'ultimo quesito da parte di Yukari, fissando la strada innanzi a sé immersa nella penombra dei lampioni e del buio che li circonda - laddove la luce non riesce ad arrivare. <E' un periodo flaccido. Il massimo che sto facendo è costruire armature su commissione per pagare l'affitto.> ... O sperare in un colpo di cul0 da parte del terrorista succitato grazie all'Onlyninja. [ Chk On ]

18:48 Hiruma:
 Ha una commissione da fare proprio nei pressi del Quartiere dei Clan appartenenti ai Nara, una richiesta fatta dalla sorella Kaori, ninja a tempo pieno, se non quando deve svolgere tali opere per le sorelle, tra cui la nominata che cerca di tenere la testa del fratello lontano dai doveri da ninja. Soprattutto da quando la convalescenza è terminata da poche settimane, le falcate sono lente quanto ampie, la sua attenzione è concentrata verso i dintorni, per quanto gli occhi neri con sfumature bluastre vadano con il cercare i volti di chiunque si posi nei dintorni. Una volta notata in lontananza la figura di Furaya, gli occhi si socchiudono di poco per mettere a fuoco il necessario, occhi indeboliti come il resto del corpo, ma le palpebre si apriranno subito dopo, in un cipiglio apatico, distaccato. Più si avvicina e più ascolta in lontananza voci di discussioni che si è perso, di cui ne riconosce la voce di Yukari, si ferma dopo aver raggiunto cinque metri di distanza da Furaya, la schiena si curva in modo leggero e anche il capo in un segno di saluto rispettoso e, quando si riporta dritto con la schiena, va repentino con il sollevare della mano destra in un tenere delle dita unita tra loro se non il pollice distaccato, in un saluto molto poco formale verso Yukari. Chiunque lo conosca potrà vedere una chiara anormalità sul suo vestiario, manca il coprifronte tenuto sulla spalla sinistra, in passato tenuto incastrato zona pettorale sinistro, ma tale è un ricordo del passato. Per il resto il suo vestiario dunque si presenta con note più informali del solito: una leggera giacca di seta dalle colorazioni sul blu notte, al di sotto una t-shirt nera, con il soprabito combacia nel colore anche il paio di pantaloni sullo stile cargo e ai piedi i suoi immancabili scarponi dal taglio militare con cui non ha perso tempo nell'avanzare nella marcia fino ai cinque metri di distacco con Furaya. La mano destra è libera ma la sinistra detiene una busta che tiene lungo il fianco, stretta sul bordo con le punte delle dita, lo sguardo si sposta verso entrambe e si sofferma in direzione di Yukari. <Avrei una consegna da fare.> dice con tutta la solennità del compito in un tono monocromatico di chi non fa trasparire fastidio o dispiacere, ma di sicuro, di chi avrebbe voglia di un compito diverso se non fosse per le, molteplici, premure ricevute una volta al suo risveglio. Sbatte di poco le palpebre e il mento viene tenuto di poco sollevato, studia ambedue le persone presenti e non manca nell'avanzare con un cenno di saluto verso chi passa nei loro dintorni, un movimento minimo del mento, ma niente di ulteriore, una cortesia sincera nell'imprimersi verso il prossimo, per quanto i lineamenti autoritari del volto possano dare una idea diversa.

19:00 Yukari:
 <Non pensi che immaturità e attimi d'infantilismo siano due cose diverse?> è curiosa nel porle quella domanda, visibilmente interessata a sentire il suo pensiero, il capino che si inclina leggermente di lato mentre è intenta a puntarla alla stregua di una gatta curiosa. <Insomma... attimi in cui lasciarsi andare, permettersi di essere un po' più leggeri. Altrimenti non credi rischieremmo di diventare delle macchine? Efficaci, certo, ma... ormai prive d'anima.> la voce si abbassa appena, come se si perdesse in chissà quale pensiero man mano va avanti col discorso, le labbra leggermente arricciate in una piccola, squisita smorfia assorta. E scuote appena la testa fra sé e sé subito dopo, le ciocche corvine che le adornano il volto, non intrappolate nella treccia, che danzano appena al movimento mentre la mano sinistra stringe con tranquillità il coprifronte tolto. Lascia così respirare la pelle, sebbene sia ancora velata di una leggerissima patina lucida rimasta dall'allentamento pomeridiano. <Ciononostante, devo e voglio migliorarmi. Nel combattimento prima di tutto, miro a diventare Chunin non appena ne avrò l'occasione. Devo solo pazientare, visto il periodo particolarmente tranquillo.> termina verso di lei, gli angoli della bocca che si incurvano in un piccolo sorriso. <Rammento il rigore di cui parli però. I miei genitori la pensavano allo stesso modo. Il minimo che posso fare è crescere rispettando le aspettative che avevano di me.>. Il minimo, dopo che sono morti entrambi contro le chimere. Aggrotta le sopracciglia nel sentirla parlare di sua figlia, una punta di sorpresa che le irrora lo sguardo che torna a focalizzarsi sul suo, appropriandosene con la voracità di un rapace e la dolce determinazione di una mano che affondi lentamente nella sabbia. <... C'è nessuno con cui puoi prendertela?>. Insomma, menar le mani può essere un ottimo sfogo, un sottinteso che aleggia distintamente nelle proprie parole. <Quanti ha adesso tua figlia?>. Avanza ancora al suo fianco, mantenendosi a poco meno di un metro di distanza senza avvicinarsi ulteriormente, tranquilla però nell'approcciarsi a lei, i movimenti fluidi, eleganti, quasi fosse fatta d'acqua. E nell'udire come il contributo dell'altra non sarebbe apprezzato, si ritrova a sbuffare impercettibilmente da uno spioncino delle labbra, la schiena che si irrigidisce appena. <Certe persone non riconoscono la differenza tra ciò che vogliono, e ciò di cui hanno bisogno...> un commento a cui non viene data ulteriore vita, concentrandosi invece sulla domanda successiva di Furaya, riportando l'attenzione su di lei in un blando dondolio del capo, a destra e a sinistra, con un nuovo, piccolo sorriso che torna ad albeggiarle sulle labbra. <Più o meno, calcavo i palcoscenici ma mi davo soprattutto al canto e alla danza. Ma ormai sono fuori allenamento, e due anni di fermo in queste arti...> non termina la frase, lasciando ben sottinteso di come possano essere "distruttivi". Serra appena la mandibola quando le rivela di come il Capo Clan attuale se la rifaccia con sua figlia, tanto che i denti per qualche istante catturano il labbro inferiore, irrorandolo di un rosso carminio senza tuttavia spezzare la carne. <Potrei tenerla d'occhio io, se vuoi. Insomma, starle vicina. Esserle amica, come tu in un certo senso lo sei stata con me. Senza rincorrerla con un mestolo però.> aggiunge con una punta d'insolenza nella voce, un'ironia che ammorbidisce comunque la sincerità genuina della proposta. <Oh, sei diventata un fabbro quindi? Se dovesse servirmi qualcosa, so a chi chiedere.> conferma compiaciuta, e starebbe probabilmente per pronunciare qualcos'altro se non fosse che l'apparizione di Hiruma le fa piantare gli occhi ametista dritti su di lui. E' uno sguardo che divora, e che se inizialmente tradisce un pizzico di sorpresa per la sua informalità questa svanisce rapidamente, imprimendosi nella mente ogni dettaglio della figura dell'altro. <Buonasera, Sensei.> cortese, quasi solenne nel salutarlo con un piccolo inchino rispettoso, nonostante la punta di calore che fa capolino nella voce. Torna quindi in posizione eretta, in tempo per domandargli incuriosita <Che consegna?>.

19:40 Furaya:
 Apre leggermente gli occhi innanzi alla riflessione sulla quale Yukari vuol condurla, in merito ancora all'immaturità e agli atti di infantilismo. E' così cieca, talvolta. O forse manca d'esperienza nel dialogare con le persone al di fuori d'una strategia da utilizzare in battaglia. <Oh> Non ci aveva pensato per mera semplicità: non ha mai avuto un attimo in cui potersi dimostrare infantile davanti agli altri. Troppi oneri. Troppo... tutto. Lasciarsi andare e mostrare al mondo una piccola debolezza come quella... fosse pazza. Chi avrebbe mai più creduto che sarebbe stata capace di difendere un villaggio, altrimenti? <potrei dirti che, nel passato, è ciò che tutti avrebbero aspirato dai ninja, leggendari e non. Devolvere l'anima alla difesa del villaggio o dei suoi abitanti, mettere da parte qualunque altra aspirazione nella vita - anche l'effimero desiderio d'essere infantili per un solo istante.> Eppure lei lo è stata - infantile, intendo. La pretesa di riottenere Konoha, distrutta dalle chimere, è un infantilismo bello e buono. E' decisa a calpestare chiunque, non c'è niente di maturo in questo. Dovrebbe semplicemente lasciar andare le cose come sono adesso, ma la vita sarebbe noiosa. Non ci sarebbero più battaglie, nessuna guerra. E allora a cosa servirebbe che Furaya Nara, la Judai, restasse in vita? Non vi sarebbe posto per lei. <Vivi come preferisci vivere. Noto che nessuno vi metterà più alla gogna se desiderate vivere senza l'obbligo morale di difendere i vecchi principi. Questo è l'unico che consiglio che posso darti, a prescindere dal desiderio dei tuoi genitori.> Le mostra un mezzo sorriso, talmente appena accentuato che svanisce non appena termina la frase alla quale è legato. Le sfugge poi una risata quando le vien chiesto se ci sia qualcuno con cui potersela prendere. <Con me stessa. Avrei potuto rinunciare all'ultima Grande Guerra per passare del tempo con lei.> E forse saresti morta abbracciandola? E forse ti saresti sacrificata per difenderla e darla comunque a qualcun altro che se ne sarebbe potuta prendere cura? E forse? E FORSE? Talvolta dovrebbe fermare quella lingua, iniziare a pensare prima d'agire come fa durante una missione. <Ne deve compiere undici quest'anno.> Riferendosi all'età di Senshi. Si limita poi ad ascoltare, a sentir l'altrui enunciato e a sospirare leggermente. <Non t'è mai balenato per la testa di riprendere in quel settore?> Un'occhiatina svelta le vien rivolta per poter valutare l'altrui reazione, non conoscendone ovviamente il passato - non più, quanto meno. Una nuova piccola risata scaturisce dalla gola della Judai, la quale continua a camminare con un lento incedere - le mani dietro la schiena, postura da anziana. <Io ti rincorrevo con una spada di legno, più che con un mestolo.> Si schiarisce la gola per poter riagganciarsi al discorso cardine. <Mi farebbe piacere.> Pur non fidandosene ciecamente - quest'è ovvio. Non lo vorrebbe dar a vedere, ma è un buon modo per tener sotto controllo anche il clan dall'interno. Una spia...? Non proprio, ma quasi. <Posso farti uno sconticino... solo perché sei tu.> Ammicca, prima di venir ambedue 'disturbate' da qualcun altro. L'arrivo d'un terzo individuo fa sì che le attenzioni della Judai glissino in sua direzione. Vi si sofferma per qualche istante, il tempo necessario a memorizzarne per quanto possibile i lineamenti del volto - sia mai che non lo reincontri un giorno di questi. <Hm?> L'alternarsi delle iridi dall'uno all'altra, soffermandosi in particolar modo su Yukari, lasciando aleggiare nell'aria una domanda indiretta rivolta proprio nei di lei confronti. [ Chk On ]

19:48 Hiruma:
 Le ametiste di Yukari raggiungo le iridi nere del genin, totalmente fuse con la pupilla se non fosse per le sfumature bluastre che galleggiano nei dintorni, studia l'inchino fatto dall'altra e annuisce in risposta, oltre al precedente saluto fatto con la mano, la lingua schiocca contro il palato e solleva il sopracciglio destro. <Kaori mi ha indicato di lasciarla pure nella busta all'esterno del dojo. Chizori invece ha suggerito.> solleva il mento per puntare in diagonale verso il cielo, tanto da sollevare il sopracciglio destro, schiude le labbra e lo sguardo si rivolge anche verso Furaya. <Di andare direttamente da "Quella montagna muscolosa premurosa che muove le ombre più di intimidazione che per innata." per consegnarla.> le tonalità solenni e al contempo senza abbandonare una sfumatura di apatia, per quanto l'espressione sia rassegnata ora, i lineamenti si ammorbidiscono. Inspira con le narici per avvicinarsi in passi lenti e il capo piegato verso il lato destro, non perde tempo nel suo avanzare repentino in un protendere della busta. <Kaori scambia corrispondezza con questo ragazzo da qualche mese, dice che si sono visti più volte in ospedale. Ti affido questa missione.> commenta serio e soffia dalle labbra in una nota più stanca. Lo sguardo si sposta in direzione di Furaya, studia i suoi lineamenti con attenzione, senza freddezza, i movimenti degli occhi sembrano avere abitudine dove collocarsi per studiare l'interezza di una persona. I suoi movimenti ora, vicini, per quanto sembrino istintivi e meccanici nella pulizia, durante la conclusione o l'inizio di ogni movimento, un occhio attento o chi lo conosce, potrà notare una mancanza di fluidità rispetto il durante a presentare una certa pulizia. Le labbra si stringono in un celare qualsiasi emotività di un corpo ancora stravolto dai danni riportati, mentre compie diversi passi indietro, qualora Yukari avesse accettato la busta, indietreggia e porta la schiena in un curvarsi debole, così come il capo. <Grazie per la pazienza.> afferma e soffia quelle parola attraverso le labbra, ma una volta dritto, il mento viene tenuto alto, non in un segno di arroganza, quanto più abitudine in una postura più militaresca, come in attesa di altro prima di effettivamente allontanarsi dal posto.

20:11 Yukari:
 <Forse è la mia inesperienza a parlare, ma... non so se diventerò mai così. Non so se lo vorrò mai. Difenderò Kage con tutta me stessa, non perché devo ma perché Voglio. Perché tengo al villaggio, ai suoi abitanti. E' qualcosa che spero di non perdere mai, questo... fuoco che sento. Dentro.> sono le prime parole che le rivolge nel sentire le prime parole dell'altra, lo sguardo che resta puntato davanti a sé ma che mano a mano torna a focalizzarsi su di lei, e lì restare. E' una resilienza inarrestabile a brillarle nello sguardo, ma del tutto priva di aggressività. <Una di queste sere usciamo a berci un po' di sakè, mh.> sentenzia verso di lei, annuendo come a confermare le proprie parole quasi a non darle possibilità di ribattere, l'angolo destro della bocca in un arricciarsi leggermente insolente. Si mantiene al suo fianco, l'espressione che si ammorbidisce un poco in una sfumatura comprensiva che quasi annichilisce, per la sua intensità. Un'empatia profonda da cui pare non riuscire mai a sbarazzarsi. <Potrei dirti che hai combattuto perché era tuo dovere, ma è ben oltre questo. Combattendo, ti sei assicurata che potesse sopravvivere. Che niente di male le accadesse, l'hai protetta, anche se hai dovuto sacrificare il tuo tempo con lei. Credimi, se non l'avessi fatto e le fosse successo qualcosa... probabilmente adesso ti tortureresti con una marea di "se". "Se fossi stata più forte", "se non fossi rimasta in disparte"... "Se".> lo sguardo le si adombra nel venir riportato davanti a sé, nascosto parzialmente dalle ciocche corvine che la brezza serale porta a sfiorarle le guance pallide, rosee. Eppure, qualcosa nel suo tono, tradisce come quelle parole siano un po' troppo vicine a lei. Tanto che scuote la testa, in una punta di amarezza, nell'udire la sua domanda sul riprendere la propria arte. <No. Mi manca, non posso negarlo, ma danzando o cantando... non posso proteggere nessuno. Devo concentrarmi sulla mia carriera adesso. Ho fatto la mia scelta e non mi guardo indietro.>. Un accenno di risata le si riverbera piacevolmente nel petto, calda e avvolgente nel suo essere divertita quando l'altra nomina la spada di legno con cui la inseguiva. <Verissimo, ma all'epoca eri terrificante quanto mia nonna che mi tirava dietro i mestoli quando cercavo di sgraffignare dalla cucina. In ogni caso...> un lieve sospiro, al termine del quale le dona un'occhiata più complice, decisa persino, quasi ci fosse una silenziosa comunicazione in corso fra le due per quanto riguarda la bambina. <... mi assicurerò che stia bene. Puoi contare su di me.> di nuovo quella punta di solennità, a lasciare ben pochi dubbi sulla determinazione delle proprie parole. <Oh, grazie!> sono le ultime parole che le rivolge in merito allo sconticino, prima che sia Hiruma a calamitare l'attenzione di entrambe. E' su di lui che resta, appropriandosi dei suoi lineamenti in ogni dettaglio concesso dal buio serale e dalla luce dei lampioni. Un battito di ciglia, e va subito a rispondergli nel sentire quanto detto dall'uomo. <Era al campo di addestramento, non so se è ancora lì in effetti... Ma se volete potete lasciare a me, e consegno io. Chizori ha lo straordinario talento di farsi ascoltare, mh?> divertita nel porgli quella domanda, la punta del nasino che si arriccia appena in una leggera smorfietta, ridacchiando impercettibilmente alla descrizione fatta da sua sorella riguardo il compagno... dell'altra sorella. <Eh, noi Nara siamo irresistibili.> un'occhiata complice a Furaya al proprio fianco, come ad inglobare anche lei in merito, prima di tornare su Hiruma. Pare farsi più dritta al suo avvicinarsi, irrigidendosi appena persino, eppure non si muove da dov'è. Punta il pacco e punta lui, per poi tornare sul primo. Allunga la mano destra, una brevissima esitazione che precede il provare a recuperare la busta dalle sue mani, stando millimetricamente attenta a non toccarlo. <Sarà fatto, la porterò a termine.> assicura all'uomo, la solennità di chi sembra star parlando di una missione di chissà quale importanza, eppure priva di scherno alcuno. Lui si allontana, e lei si rilassa. <Grazie a voi.> termina verso l'uomo, voltandosi solo adesso su Furaya ancora al proprio fianco. E si umetta di sfuggita le labbra, seducendole in una patina più lucida. <Hiruma Uchiha. E' -era...> specifica, irrigidendo i lineamenti per brevi istanti. <... il mio Sensei.>.

16:38 Furaya:
 Se ne resta discretamente in disparte durante lo scambio d'informazioni e corrispondenza tra Hiruma e Yukari. Si conoscono ed anche piuttosto bene, quest'è qualcosa ch'ella annota soltanto nella sua testa. D'altronde, non la riguarda davvero per ora. Un cenno del capo è quel che rivolge poi all'uomo nel momento in cui abbandona il loco, stringendosi nelle spalle. Zero presentazioni, può abituarcisi. Tempo addietro, conosceva un po' tutti quelli che vivevano nel quartiere o nel villaggio konohano. Adesso, invece, è tutto così diverso. All'ammiccamento da parte di Yukari, non può fare a meno d'abbassare lo sguardo e nascondere un piccolo sorrisetto divertito. <Assolutamente vero.> Replicando così facendo con la stessa ironia. E' migliorata anche in questo - forse con l'aiuto di qualcuno. Oh, il fuoco. Yukari tira fuori un argomento piuttosto importante per la giovane. <Il fuoco che senti dentro è una fiamma grande come il mare che si sta via via spegnendo> Non necessariamente nell'animo della ragazza, si tratta d'un discorso generale che potrebbe essere facilmente fraintendibile, tutto sommato. L'espressione seriosa della Nara non la lascia andare neanche per un istante, è come se fosse un'estensione del suo essere. <quindi, proteggila fintantoché potrai farlo. Non lasciare che si spenga.> Prima di tutto, l'augurio - la speranza. Fare in modo che tutto ciò che ancor esiste possa continuare a vivere finché qualcuno ci tiene. Potrebbe aggiungere molto altro ancora, sarebbe tipico della Judai, ma preferisce zittirsi. Delle volte, inizia a sentirsi tremendamente vecchia come se il peso del mondo intero gravasse solo ed esclusivamente sulle sue spalle - e nessun altro possa condivivere o porta con lei quell'immane peso. <Va bene.> A proposito del sakè, omettendo il fatto che non sia una grande bevitrice e che, di conseguenza, non regga veramente per niente. Le uniche due volte in cui ha bevuto è finita non male, di più. La replica che le viene rivolta a favore del combattimento al quale ha sempre preso parte, non solamente per il villaggio ma a difesa di chi ci viveva, la sbalordisce. Perché qualcuno che conosceva esclusivamente da bambina adesso, da adulta, le sta dimostrando di conoscerla così bene? <Credo sia un po' più complicato di così. Il mio era un dovere.> Ha messo davanti a sua figlia il suo villaggio, sempre. Lo ha anche detto ad alta voce, quindi non può che esser vero. E se al contrario fosse stato soltanto un modo per difendersi dai sensi di colpa, lasciando che la sommerseggessero e le permettessero di vivere lontana da sua figlia anche dopo averla ritrovata? D'altronde, reputa di non meritarla. Il discorso potrebbe essere molto più lungo e complesso di così, ma le due non hanno quell'affiatamento necessario - non ancora. <L'importante è che tu sia contenta della tua scelta. Difficilmente si può tornare indietro.> Specialmente se si protende per combattere tutta la vita affinché si possa proteggere qualcuno - o qualcosa. Non è molto contenta invero che Yukari decida di difendere quel villaggio di conigli che ha scelto arbitrariamente di chiudersi all'interno delle mura, anziché combattere per la libertà. Ma anche quest'argomento è delicato. <Terrificante non me l'aveva mai detto nessuno!> Esclama ridacchiandosela. E Yukari può addirittura farsene vanto, considerando che far ridere la Nara sia uno sport estremo da guinness world record. In effetti, però, l'hanno definita un tiranno. Ma terrificante è forse la prima volta, lo annoterà sul suo diario segreto. <Oh. Un Uchiha insegnante di un Nara... che ricordi.> Nefasti. Ma pur sempre ricordi. Proseguirà nel suo incedere alzando appena gli occhi alla luna, mostrando un debole sorriso. I raggi lunari si riflettono sullo stemma del Clan Uchiha... che lei porta sempre al collo. Sol dopo qualche altro isolato, dovendo svoltare, saluterà l'investigatrice. [ End ]

Furaya s'aggira per il quartiere del clan Nara, non entrandovi direttamente, ma valutando la situazione e il da farsi.
Qui, incontra Yukari, una ragazza che si ricorda di lei. Nel confrontarsi, scopre che non è altri che una bambina pestifera che, dieci anni prima, Furaya aveva preso in simpatia e che rimbeccava ogni giorno.

Si accoda anche un tale Hiruma, Sensei di quest'ultima, ma egli resta avvolto nel mistero.