Silenzi.
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Giocata del 16/11/2021 dalle 21:03 alle 23:45 nella chat "Piazza Centrale [Ame]"
La notte è giunta, il freddo pungente anche, eppure manca la pioggia stessa, manca quell'aria intrisa di acqua? No, quella mai, sono su una specie di città galleggiante, così la ricorda ancora la rossa da molti, troppi decenni ormai. E anche in questa fredda notte la rossa Ishiba si ritrova a girovagare fuori nei pressi di quella che un tempo fu una vera città, adesso nulla di più che una vaga imitazione labile, no, non somiglia propriamente a quella vera o come quella che può ricordare una bambina di quasi dieci anni, e adesso si ritrova li, donna adulta con un pancione di tutto rispetto portato con grazia attraverso delle vesti un pò più pesanti del solito. Si tratta semplicemente di una scura nera cappa che copre il corpo formoso ma senza lasciarlo indifferente - si, deve iniziare a considerare che debba comprare dei vestiti più larghi di questi - a cui mancano sfortunatamente le nuvole rosse di Ame, le stesse nuvole che portò colui che si staglia enorme al centro di quello stesso villaggio. Pain. Dolore. E il dolore fa parte di coloro che vivono li come un antico richiamo. Il colletto la copre fino al collo, quasi fino al mento, le maniche son lunghe e larghe che giungono fino a metà delle mani scoprendo solo parte della pallida candida pelle, le unghie laccate in nero dopo d'essa. La stessa cappa tenuta chiusa da quella cerniera e che giungerà poco sotto le ginocchia, rivelando un paio di calze a rete sottile e infine i sandali da shinobi. I rossi capelli color sangue relegati in un alta coda di cavallo sopra la testa, ondeggiano come onde di fuoco mortuario ad ogni passo che viene compiuto con estrema e dovuta calma. Non ha alcun obiettivo questa notte, lo sguardo azzurro è privo della solita tempesta, mostrandosi lievemente lieta del cibo che mastica lentamente all'interno di un apposito sacchettino e con un un lungo bastoncino in una mano dalla quale una calda polpetta viene infine privata, divorata dalle morbide gemelle che si aprono. Non manca di un educazione decisamente superiore, di un clan ricco non solo nelle proprietà ma anche nei modi di fare, eppure tremendamente vuoto adesso ai propri occhi, privo di importanza. E il passo la porterebbe invece oltre Pain a cui donerà una mera e fugace occhiata di compianto passato, ma anche qualcosa di più profondo e vivo, rispetto, prima che passino oltre, verso le panchine che ancora non ha raggiunto, ma che cerca ovviamente di poterne adocchiare almeno una vuota. non è difficile immaginare che molti disperati sostano in cerca di qualche carità da qualche passante persino sotto la figura di pain, e tra queste c'è una piccola ragazzina che sta chiaramente sonnecchiando raggomitolata in posizione fetale sulla panchina dove Sango si sta avvicinando, una giovane dai capelli corti e bruni e dall'abito aderentissimo in una sorta di tuta viola che alza lentamente la testa per vedere chi si stesse avvicinando. la prima cosa che nota sono i capelli dell'altra e gli occhioni vuoti si sgranano leggermente prima di indirizzarsi sul volto e diventare di nuovo vuoti, disillusi, come se non si aspettasse che esistessero altre persone dotati di capelli cremisi, e alzandosi dalla sua stasi si prende il suo tempo per allungare le gambe lungo tutta la panchina prima di roteare il bacino, la figura emaciata e in definitiva pare mancare di quasi tutti i muscoli necessari per alzarsi da persona normale, abbassa gli occhi e li scansa di lato, è attenta a cosa fa sango osservandone i piedi ma non abbastanza per provare a incorociarne ancora lo sguardo mentre sta facendo del uo meglio per non rabbrividire sotto al vento infame e freddo del mare che sferza impietoso delle vite di chi colpisce, in abiti troppo leggeri per potersi dire pronta a una notte simile. sposta le braccia in modo che le mani siano visibili davanti a se poggiandole sulle ginocchia senza carne e aspettando che sango passi avanti, gli occhi gia tornati senza evidenti tracce di vita come se fosse sotto qualche tecnica di resurrezzione Dapprima l'azzurro sguardo non vedrà nessuno, troppo lontana tra la fiumana di persone che si accalcano verso le rispettive vie, case, o magari qualcuno intento anche a trovare un posto caldo ove mangiare qualcosa e rifocillarsi, non solo dalla fame, ma da quel freddo pungente. Non ne sembra infastidita lei, ovviamente merito anche della veste che porta, ma anche della tempra che l'ha sempre resa incline all'umidità stessa della pioggia. Altri passi calmi verso la direzione della giovane Amese, quella che infine vedrà, priva di vesti degne di esser chiamate tali e della sua posizione fetale appresa in una semplice panchina. Il sopracciglio destro che si inarca, lo sguardo che pare avere uno scintillio, che sia rabbia o curiosità sembra difficile da dirlo in quanto per qualche attimo, per quegli attimi, la deformazione delle labbra non potrà avvedersi, merito della posizione alta rispetto ad ella, e anche del colletto. I passi che incedono sempre con la stessa calma, eppure pare infine avere un obiettivo, della stessa ragazza, di quel corpo sottile come un giunco, difficile credere che qualcuno di simile possa definirlo.. vivo. Ma lo è, perchè s'alza, perchè volta lontano lo sguardo proprio dalla direzione intrapresa dalla rossa, a cui ha notato uno sguardo di vaga sorpresa nel vederla. La conosce? La mente vola alla memoria in cerca di visi e facce che colleziona come fosse un album di ricordi, ma nulla viene a se. Sconosciuta. < non senti freddo? > domanda, nel tentativo invero di avvicinarsi alla stessa, mantenendo però una distanza di un metro circa dal suo corpo per non andarle addosso. Ovvio che le azzurre siano scivolate su quella veste troppo leggera, sul viso smunto, sui capelli increspati da un vento gelido che sentirà pizzicare la pelle arrossandola lievemente. Ma che domanda sarebbe poi quella? Qualcosa che tiene per se ancora, indecifrabile nello sguardo che pare farsi fuoco, senza dubbio se quella fa parte di quel paese, lasciarla li andrebbe contro tutti i suoi ideali. La Sorakage. Ecco cosa avrebbe voluto essere. Un sogno spento ma che rivive alle volte quando i propri passi incrociano quelle nuove e mezze spente fiammelle. rimane silenziosa quando l'altra domanda una cosa ovvia, il corpo si rattrapisce, si contorce alzandole le spalle magre di qualche millimetro in un vago gesto di indisponenza e di ammissione di menefreganza, lo sguardo ancora sulle punte delle scarpe dell'altra pare accorgersi che a quanto pare ha deciso di parlare con lei per davvero e lo sguardo si alza vino alla pancia della rossa come se ci fosse una sorta di codice o fosse il suo modo di incrociare gli sguardi anziche dovesse fare collidere le pupille con l'altra, quindi ritira le lunghe e magrissime gambe a raggomitolarsi sollevando leggermente il sedere dalla seduta, tenendo la parte bassa della schiena contro la panchina, come se fosse pronta a balzare via come una cavalletta, ma tace. la mano si solleva lentamente e va infine alle labbra andando a prendere un po della pelle al lato di una delle unghie e mangiucchiarsela sul volto pallidissimo se non per un paio di vaghe prove di rossore su di esse a causa del freddo non certo per imbarazzo. pare una tipa strana. mezza piu di la nel regno dei morti che di qui assieme ai vivi e a sango, forse aspettandosi che se ne andasse da un momento all'altro rotea gli occhi spostandoli dal basso fino un angolo in alto a destra come se stesse guardando qualcosa che esiste davvero, forse un palazzo o qualche cosa simile che si blocca nella via del cielo, oscurando anche quelle poche stelle che si riuscivano a vedere a causa della luce dei lampioni in una serata da serial killer che avrebbe fatto desistere chiunque dall'avvicinarsi ai parchi Mutismo selettivo. Lo riconosce, sebbene non sia in coloro che conosce tanto in la, almeno Shinsei e Matono alla fine parlano, solo perchè lei fa l'indisponente molte volte portandoli ad un ovvia reazione, la collera nei loro occhi e nelle loro pupille. Ma qui è diverso, qualcosa che non sembra esserci, che sia sotto qualche effetto di qualsiasi sostanza? Ricorda, o almeno in parte, l'utilizzo di due singole volte nella propria vita da ciò che Rasetsu stesso le ha donato . Una volta è finita a incidere le chiappe di un undicenne perchè le aveva disubbidito in guerra, l'altra volta al suo ritorno a questa nuova terra dopo dieci anni di puro nulla, se non terra e uno stato di semimorte, una batteria utilizzata da qualcun altro per la sua vita. Solleva il sopracciglio, il capo lentamente che si abbassa così come il corpo, in mano ancora le polpette per il momento ignorate, proprio quando la ragazza deciderà di volgere il viso allo stesso pancione. Nulla di più per il momento se non il cercarne lo sguardo, invadente lei più dell'altra sconosciuta, con lo sguardo dritto, fiero e sicuro di una kunoichi che ha visto molto, molto peggio in guerra. < sei muta? > ovvia, chiara domanda, dopotutto alla sua prima non ha avuto modo di rispondere, per lei ovviamente, non conoscendo e non avendo alcun potere di poterle leggere la mente . Lo sguardo che ovviamente incederà su quella pelle arrossata, prima di provare a tirarsi su con un vago "iss" sussurrato, da vera boomer con un bel mal di schiena in corso < per quanto sia abituata a questo paese fin da quando son nata, il vedervi così mi spezza sempre qualcosa dentro > la voce rimane bassa, calda, lievemente roca in quello che altro non è che.. comprensione. < mi ricordi me > tanto troppo tempo prima, perchè adesso si può dire tutto della rossa ma non che stia soffrendo ne di fame ne di freddo. < molto più grande > di chi? Di lei ovviamente, essendo delle parole quelle dette subito dopo il primo dire. Se è muta, potrà sentirla? No, non lo sa ovviamente, ma ci prova senza dubbio con un ultimo sospiro a condire le gemelle morbide, lievemente unte dalle polpette precedenti a cui deciderà di dedicare attenzione leccandole, ma non vi è nessun modo ne senso di intraprendenza sessuale in quel gesto, ma solo il prender per se il sapore delle stesse. perche dovrebbe anche solo rispondere? o perlomeno non sono le parole a rispondere per l'altra, al fatto che fa quel leggero ISS le iridi si spostano segnalando che le sue orecchie funzionano perfettamente ma il fatto che l'altra si lecchi le dita la irrigidisce un istante per piegarsi leggermente di piu e caricare i muscoli inesistenti delle gambe, la fissa per qualche istante ancora e infine rilassa i muscoli come se avesse capito qualcosa dell'altra, aveva anche smesso di mangiarsi la pelle attorno all'unghia per poter reagire preventivamente alla possibile minaccia che non è accorsa. la fissa ancora per qualche istante verso un punto inanimato tra gli occhi della rossa, non abbastanza perche si possa dire che si stiano guardando ma nemmeno che la stia ignorando. una passività di qualche genere ma sicuramente non disattenta, nemmeno una porzione di pelle è in vista e non ci sono rimasugli di quanto potrebbe far pensare che sia sotto qualche stupefacente. pare solo toccata in zucca come qualsiasi pazzo che si rispetti. perche i professionisti hanno standard. e questo standard per lei è quello di essere passivamente vigile. abbassa leggermente lo sguardo verso le polpette dell'altra per poi scansare di nuovo gli occhi verso qualche direzione, come se cercasse qualcosa relativo a quelle polpette che l'altra si sta gustando, ha anche un porta oggetti con se ora che si è completamente voltata in vista su un lato del bacino ben scheletrico come se nemmeno avesse organi interni No, nemmeno adesso vi è una vera risposta, non almeno verbale in quanto l'altra infine sposta davvero il viso e le iridi, così da poterla vedere davvero in viso, completamente per la prima volta, a cui reagirà con un morbido sorriso. Raro a vedersi sul volto della rossa, non sarà mai visibile a coloro che non siano di amegakure, almeno le pare che sia di li dato il giaciglio che ha scelto di prendere come sua , apparente, letto personale per la notte. Manca di abiti, di qualsiasi cosa che ha sempre visto ai senza tetto , come un cipiglio, magari lo ha lontano? Stringe lievemente le labbra, scivolando con lo sguardo in quel bacino scheletrico altrui, quello che mostrerà indubbiamente una qualche appartenenza a qualcosa a lei conosciuto < sei una kunoichi > non una domanda, per una volta non lo è, sebbene abbia alquanto conosciuto una moltitudine di Shinobi, non può dire di avere un ampia conoscenza nel poco tempo in cui vive li. Nota anche lo sguardo dell'altra per quanto riguarda le polpette che porta con se, un dubbio, uno sguardo penetrante il suo, sembra che la stia mettendo alle strette e dunque ecco che i passi tenterebbero di portarsi di lato, in modo da tentare di sedere anche lei su quella panchina ma lasciando tutto lo spazio possibile ad ella, senza più guardarla dritta in viso, ma solo osservando lontano quell'enorme statua. Non le sembra esser nemmeno pericolosa, sebbene sia pronta anche lei in qualsiasi caso a qualsiasi tipo di attacco possa perpetrarle. Ma alla sua parte libera, quella che nel caso le dividerebbe ancora, andrebbe a lasciare il sacchettino, senza dire nulla, ma un invito il suo a cibarsene se ne abbia voglia, dopotutto lei può privarsi di quel singolare piacere che può provare una donna incinta in preda ad una voglia. Qualcosa che verrà fatta solo per un pensiero. E' di Ame. Solo quello. L'avesse trovata in qualsiasi altro villaggio, escluso Oto per cui prova ancora una certa stima e un certo legame, l'avrebbe lasciata a morire in effetti. Egoista, orribile creatura anche la rossa a modo suo. Lentamente andrebbe a scendere lentamente la cappa nera della sua protezione, la cerniera che con quel singolare rumore aprirà le vesti, consistenti in un kimono di meravigliosa fattura, di un blu scuro intenso quasi quanto il nero della notte, contornato da meravigliosi ghirigori atti a creare un disegno argenteo che al momento non sarà molto facile da vedere, in quanto la veste è allargata su un pancione sulla quale pone una mano carezzandolo quasi distratta. < una possibilità > dirà adesso, solo quello, senza continuare, senza aggiungere altro, rilassandosi ormai che la veste è completamente aperta e il profumo della sua pelle potrà anche sentire l'altra parte. Un misto tra legno, ambra e gelsomino intenso, come vivesse in una foresta. le narici si allargano e si restringono per qualche istante come se cercassero la direzione da cui sango ha preso le polpette ma quando l'altra si avvicina per prendere posto, anche se ce ne è ancora in abbondanza, muove leggermente i piedi e ondeggia nella direzione piu lontana premendosi contro il limite del bracciolo di ferro della panchina, si stringe il pollice per qualche istante, percorso da ferite autoinflitte dai denti come per zittire il dolore tipico di quando ti apri la pelle e senti quelle fastidiose fitte nella carne viva. ma non le fa certamente indugio che ha notato il sacchetto che viene spinto verso di lei, quindi prima di afferrarlo sposta la mano dietro di se sul lato e sta per estrare qualcosa...una moneta. che avete pensato. una moneta adeguata al valore del sacchetto e lo spinge sul legno verso l'altra mentre allunga altrettanto gli artigli a prendere il sacchetto, aprirlo, inspirarne il buon sapore e deglutendo infila una mano all'interno per prenderne una pallina, la osserva tradendo una certa intelligenza dietro agli occhi morti, una di quelle che apprezzano anche le piu piccole cose e ne infila un boccone nelle labbra che non fanno nemmeno capire se si parla con una donna o un maschio. scansa appena lo sguardo verso la pancia [una condanna...] mormora all'altra con la voce vaghissima, bassissima come un sefiro di vento che non ha possibilità di librarsi oltre i palazzi della città, la voce rivela che è una donna per lo meno mentre il cibo caldo crea zaffate nell'aria che si congela al contatto Nota quel movimento, ma non farà niente dal canto suo, semplicemente se ne sta a carezzare il pancione di quello che sa, adesso, d'essere una bambina infine. Si, avrebbe dovuto dirlo al padre prima o poi, magari quella stessa sera, ma avrebbe atteso il momento adatto per enunciarlo. Ma il movimento della mano , di quella moneta che viene lasciata, andrà a farle sollevare di nuovo quel sopracciglio. < non sono qui per farmi pagare > arrogante invero come poche altre, se dona qualcosa non vuole nulla indietro. O qualcosa avrebbe subito richiesto, uno scambio equivalente alla propria mente, sia chiaro. Ma apprezza che ella lo prenda e se ne cibi, sebbene i takoyaki ormai siano divenuti tiepidi e non più caldi come appena presi, il sacchettino pieno per metà invero, perchè la rossa ha già avuto modo di mangiare il suo. A quell'ultimo dire, ecco che infine anche lei parla. Se ne sorprende, riportando il viso a lei, riportando le iridi azzurre sul viso di profilo. Di cosa parla , lei? Condanna. Qualcosa che conosce, sebbene abbia come ovvio che sia le sfumature del proprio pensiero e volere, delle proprie decisioni, della propria storia. E riporta di nuovo lo sguardo a Pain che si staglia meraviglioso è terribile in quella piazza, al centro della stessa. Torreggia fiero con quello sguardo vuoto e perso nel passato. < dipende cosa se ne si fa > roca la voce tornerà a farsi sentire , più alta della sua, sebbene mantenga un contegno, ad adeguarsi a quella che ormai, sa bene, non sia un essere privo di parola < di quella unica possibilità che arriva. > una volta, una volta tanto arriva quell'unica volta, e tocca a loro decidere cosa fare. < se voltargli le spalle e continuare una mediocre vita > lento il dire, così come le mani, ma lo sguardo è infuocato ma non a lei, no , ma a lui. A quegli occhi cerchiati di viola che nessuno può vedere ma lei si, pieni di vita, di potere, come l'ultimo possessore le ha mostrato che debbano essere. < o sollevarsi oltre tante altre fiamme > ma non sta a lei scegliere per se, quella scelta è stata già fatta a suo tempo, tanti anni prima, ma quella scelta forse toccherà infine l'animo e la non vita di quell'essere che pare non risvegliarsi. O non volerlo fare. Questo è il suo dubbio, ora. dato che l'altra non vuole un pagamento, lei non si fa certo dare da dire e allunga una mano per riprendersi il pagamento buttandolo alla rinfusa in una delle tasche del portaoggetti mentre con l'altra mano tiene ancora il sacchetto unticcio di tokaiaki. l'altra comincia a parlare e lei pare assolutamente distratta a guardare ben oltre pain, come se non vi fosse alcun collegamento in esso se non per le natalità concentrnadosi invece su quel piccolo triangolino di cielo che riesce a intravedere tra i palazzi mentre solleva un'altra pallina e si diverte a dividerla con le labbra prima mangiandone la pastella fino a che non esce il ripieno di polpo, prenderlo con le labbra e tirarlo fino a che puo gustare solo quello masticando lentamente. forse l'altra si è solo immaginata che abbia addirittura parlato dato che non fa commenti riguardo all'ultima cosa che ha detto ne a tutto il discorso, ancora è in posizione di guardia tenendo le gambe piegate sotto di se pronte ad alzarsi sulla panchina, e come l'altra puo finalmente notare non indossa scarpe normali, ma quelle che dovrebbero essere di casa come se fosse uscita di corsa da quell'abitazione che aveva fino a poco tempo prima, ora invece è su una panchina con una rossa. il rosso le porta proprio sfortuna! ovviamente non puo fare a meno di continuare a fissare il punto lontano con le occhiaie ben presenti sul musetto della donna che di donna è difficile classificarla anche con tutta la benevolenza del mondo e del testosterone del piu lascivo degli uomini Nessuna risposta arriva, quando la luna ormai è alta in cielo, quasi sopra le loro teste come il sole a mezzogiorno, ma adesso è fredda la notte, meravigliosa forse per molti in quella mancanza di pioggia, ma a lei stessa mancherà, sempre. Non andrà a dire nulla di più la rossa, non ha bisogno di aggiunger altro, quando quella che lei ha affiancato pare non esser in grado di parlare per qualche secondo, nemmeno di guardarla dritta in viso invero. Nulla di più, nulla di meno, ha un ragazzino a casa che si fa toccare solo i capelli, e parla davvero in modo scurrile, di certo a comportamenti del genere pare esser preparata, o semplicemente le piace il silenzio della propria mente, quando quella è impregnata di altri pensieri, troppo privati per esser condivisi, ma a lei resteranno forse le proprie parole? Chissà, non starà a questa notte dirlo, ma solo a lei che forse, e diciamo forse, l'ha ascoltata. Non si intromette, troppe parole son state dette quando l'animo è così tanto pacifico, troppe cose che son state esposte perfino per lei, come quel negarle un pagamento qualsiasi che possa darle. Infine il corpo andrebbe a cercare di mettersi di nuovo in piedi, con la goffaggine di chi non sa portare un peso importante dentro e davanti se, per il solo guardarla, accorciando, tentando lentamente, la loro distanza, ma di nuovo davanti, ma da dietro senza tuttavia toccarla o avvicinarsi. Solo un debole fare, le braccia che si snudano in via del kimono che indossa, delle calze che la coprono, di quelle ciabatte altrui che paiono renderla.. casalinga? No, non lo sa, di certo non indossa ciabatte alcune su un tatami ben fatto, dunque alcuni comportamenti meno nobili le sono estranei se non quelli di chi vive fuori. Nella strada, o come lei, nelle foreste stesse. La cappa nera, calda e accogliente, vorrebbe esser portata con un piccolo lancio preciso delle mani, delle braccia e del busto che lo accompagna, proprio su di lei, sulle sue spalle. Non l'avrebbe toccata, come fu col biondo comprende meglio adesso chi non vuole esser toccato. Ma da quel gesto nulla di più, semplicemente farebbe di nuovo il giro della panchina voltandosi verso Oji-san, noto membro di rilievo che si erge contro Ichiraku con il suo ramen e il suo calore , col carretto che viaggia per interi villaggi e che non si farà probabilmente mai un posto fisso ove stare. C'è ancora chi, come lei, di star fermo non ne ha proprio voglia. < vedi di non morire > un ultimo dire, dandole le spalle, il freddo pungente che andrebbe a percuotere le braccia, le membra, ma nulla che non possa regger lei. E in questa notte, anche un altro ambiguo incontro andrà a concludersi, chissà cosa ne resterà di lei? Una possibilità, l'ha data. Per se stessa almeno sarà solo quella. [end] forse ha sentito uno strano movimento veloce dietro di lei quando stava cercando di sollevarsi, ma un'istante dopo quando pare che si sia assestata puo vedere doku che ritirava le braccia piu vicina rispetto a quando ha iniziato quella discussione a senso unico: si stava avvicinando per sorreggerla se si fosse buttata troppo indietro per il peso della pargola in grembo. il sacchetto che prima era nelle sue mani è finito mezzo aperto sulla panchina come se fosse stato buttato li dalla fretta. quindi osserva quando l'altra si avvicina roteando gli occhi per focalizzarsi sulla figura di sango e soprattutto sulla copertura che le viene data sbattendo gli occhi diverse volte con una muta sorpresa in volto altrimenti inanimato come quello di un morto, solleva lo sguardo e lo abbassa piegando lentamente il capo con un singolo schiocco del collo come se non vi fosse abituata mentre l'altra se ne va. un gesto di rispetto sicuramente persino da quella morta, e ora che è mezza sola, si ritira piu comodamente all'interno della mantellina come se non ci fosse copertura migliore, andando ad annusare l'odore della pelle della donna e di foresta. il cellulare le suona, ci da un'occhiata e nota il messaggio di qualcuno di famigliare. le sopracciglia si accigliano e visualizzando chiude senza nemmeno rispondere, mentre si tiene come un piccolo fagotto sulla panchina per altro tempo, tanto altro tempo, ora piu al sicuro e al caldo grazie al cibo e alla mantella di una persona che non conosce e di cui nemmeno sa a chi dare il ringraziamento//exit