Un passato che torna

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15:33 Shinsei:
  [Casa di Sango] Il tragitto verso casa. Avrebbe potuto compierlo in molto meno tempo probabilmente. Ma non ha voluto. Ha tenuto lo stesso passo della rossa Ishiba, che per prima ha lasciato il bosco artigliando il terreno come felino predatore. È rimasto qualche passo dietro di lei, graffiando la terra, i tetti, i muri dei palazzi, qualsiasi cosa l’agile corsa ninja abbia posto sotto i loro piedi, ma sempre da dietro. Seguendola pur senza necessità. L’abitazione che condividono ormai la considera una casa, sa bene come raggiungerla anche da solo. È rimasto dietro di lei per reprimere la tentazione di fermarla sul momento. Ha imparato che c’è un luogo e un tempo per ogni cosa. Soprattutto con lei. Ha imparato a darle tempo. E da quel tempo è nata una gemma scura, nero fiore di ciliegio che lei ha iniziato a donargli nel giardino di quei fiori bianchi. Eppure la presenza della gatta di Konoha a interrotto ogni cosa. Ed ora le domande s’affastellano, l’una sull’altra in una confusa cacofonia di emozioni che non controlla ancora così bene. Galoppa la mente, cavalli irrefrenabili di pensieri malsani che calpestano furenti una coscienza già debole. Eppur da fuori nulla appare. Bravo biondo, hai imparato a controllarti, almeno con lei. Perché lei se lo merita. Si merita il tuo sforzo. E premono sul terreno le nere scarpe di tela, con la forza necessaria da slanciare quel corpo scolpito in avanti, balzi animaleschi verso quel luogo di intimità. I pantaloni neri, dall’ampio cavallo basso, zuppi, aderiscono perfettamente alla forma delle gambe, spinti sulla pelle dal vento che ne fa un gelido sudario bagnato, così come con la camicia che copre il torso, bianca, resa semitrasparente dall’acqua. A poco serve l’aori nero, corto alla vita, zuppo anch’esso. Non scalda. Eppure il biondo non sembra averne bisogno. il collo grosso e teso come fosse composto di cavi d’acciaio sostiene quel volto appuntito, dai lineamenti duri, dipinto in quell’espressione naturalmente austera che coinvolge quegli occhi dal taglio assottigliato e dall’espressione feroce. Nere gemme lo compongono, pesanti come pianeti, nere come l’abisso, piantate sulla figura davanti a lei. L’unica finestra sulla sua anima. Incomprensibile sguardo ai più, ma non a tutti, qualcuno ha dimostrato di saperlo comprendere. Capelli, scuriti dall’acqua, restano chiusi in quella treccia elaborata, merito di mani non sue. Così l’avrebbe seguita fino a casa. Le avrebbe lasciato aprire la porta d’ingresso, l’avrebbe seguita dentro, sfilando con eleganza le scarpe di tela, lasciandole il tempo di sfilare la cappa, e di entrare prima di lui. Avrebbe quindi chiuso la porta alle loro spalle, con una lentezza inesorabile. Avrebbe quindi prestato orecchio alla presenza di Jikken, che per amor suo diremo non essere in casa. Avrebbe quindi mosso i suoi passi all’interno di quell’appartamento, lenti, eleganti e coordinati, come se non stesse muovendo una massa di muscoli non indifferenti. L’avrebbe seguita anche dentro casa, ma non per sempre <Sango.> Avrebbe fatto risuonare quella voce scura come le iridi fiammeggianti e irrequiete sempre alla ricerca della compagna. Cosa chiede? L’attenzione di lei, ed è per questo che ne invoca il nome, tirando lui questa volta la catena che li unisce. <Prima che venissimo interrotti> Richiamo temporale per lei <Mi stavi parlando del portatore del rinnegan.> l’unico assimilabile a un kami. Non dirà altro, fermo col corpo, ma non con lo sguardo opprimente, diretto a lei.

15:48 Sango:
 La corsa è stata violenta quasi, ha graffiato il suolo con tutte le proprie forze, eppure sa benissimo che queste siano decisamente inferiori a quelle del biondo, lo stesso che l'ha solo seguita mantenendo una certa distanza da lei, che la seguita con molta meno velocità di quella che sa essere possibile. Lo ha percepito per tutto il tragitto come una pantera che osserva la sua preda, ma non s'era fermata, aveva continuato nel silenzio totale la sua corsa per sfogare quell'energia che s'è accumulata , di brividi quasi di paura nel sentire lo sguardo nero e pesante del biondo su di lei. Sa benissimo quali domande avrebbe voluto farle, e che forse arriveranno prima o poi, ma non ora che pare quasi scappare da quel confronto, affondando in un mutismo selettivo, in pensieri che non verranno detti ma che la aiuteranno a concentrarsi su altro. La propria cappa è sempre più bagnata, il cappuccio è stato tirato sul viso in modo da coprirsi quanto più possibile. Il freddo che lambisce solo la pelle esposta delle mani, le rende gelide, fredde, ma non ne lamenta, non quando ormai son li di fronte quell'abitazione calda che li attende. Solo giunta davvero davanti la casa andrà a fermarsi, sulla soglia, facendo scivolare di lato quella porta del pre ingresso, senza donare lo sguardo azzurro al gigante che sa essere dietro di se, silenzioso tanto quanto lei, ma con quelle nere iridi che donano brividi al corpo della rossa. La pelle che si solleva mentre scivola via dal proprio vestiario scuro e pesante, la cappa che verrà posta al suo posto in modo da non bagnare casa, ma i capelli rossi son lievemente umidi, così come il viso, le mani, il collo stesso mentre varca la vera entrata di quella casa per unirsi infine a quel lieve calore che vi è li dentro, merito di un caldo focolare tenuto già acceso da prima. Lo sente, i passi pesanti che la seguono, così come la sua presenza, e a quel richiamo anche i propri andranno a fermarsi di colpo, richiamata, consapevole di non poter fuggire per sempre. Il corpo che si tende, rigida, e lui non potrà vederne l'espressione che tingerà il proprio viso, perchè ancora terrà su di lui le proprie spalle. Attimi, secondi in cui l'espressione muta, si contorce quasi, maledicendosi, ma non emettendo un singolo suono. Prima di ritornare in se. < è morto > sussurra a bassa voce, la stessa che sembra essere sul punto di spezzarsi < è stato lui ad insegnarmi tutto ciò che so > o quasi, ma sempre una delle parti più importanti nella propria vita. Cosa vuole sapere di più? Cosa vorrebbe conoscere di quell'essere? < cosa vuoi sapere di lui? > sussurra sempre con l'ennesima voce, frammentata, quasi spezzata, che cerca di mantenersi quanto più naturale possibile. Sapeva che sarebbe arrivato un giorno quelle domande, che avrebbe dovuto parlare davvero a qualcuno di Akendo. E stringe i denti per amor suo.

16:10 Shinsei:
  [Casa di Sango] Plic. Plic. Plic. È il rumore ritmico, lento, di gocce d’acqua che cadono sul tatami. Uno stillicidio a sentirle, qualcosa che entra nell’anima. Figurarsi quando c’è quella tensione. Una tensione che non sfugge al biondo. La coglie nel modo in cui lei s’arresta. Ma l’ha colta ben prima, nel modo in cui è voluta tornare a casa. Non ha accesso al suo volto, e così disegnerà la mappa delle emozioni che attraversano quel corpo che lo richiama, soprattutto adesso, senza la cappa. Cosa indossi, Sango, ora che non c’è più quell’indumento a proteggerti? Sarà il collo a tradirla, o le spalle, o la schiena. Potrà cogliere quella pelle alzata ovunque ve ne sia a portata di quello sguardo nero. Non coglierà quella maledizione a se stessa per aver toccato l’argomento, quella potrebbe coglierla solo con lo sguardo, ma quanto difficile potrà essere per lui capire quanto scomodo sia l’argomento? Lentamente lei sentirà il frusciare bagnato di un indumento, breve in realtà, ha solo infilato le mani nelle tasche. Gesto che invoca tranquillità? Non per lei, lei lo conosce, sa quanto poco contino le apparenze, i messaggi esteriori che quel corpo allenato manda. No, conta quello che dicono gli occhi, e lei sta scegliendo di non guardarlo. Si limiterà a poggiare una spalla stondata sullo stipite dell’ingresso in salotto, ma non si muoverà da li, come se lei avesse acquistato una nuova statua ad adornare quel posto, una statua con uno sguardo affamato di cose che cercherà comunque, anche senza quello sguardo blu. Decide di parlare, lei, fornendo al biondo altri elementi per comporre il puzzle emotivo che la muove, quel sussurro che sembra spezzarsi. Non c’è imperio, come non ne hanno mai avuto l’uno per l’altra, in realtà. Ma oltre a ciò che manca, sono le note che caratterizzano quelle parole che lo interessano. Note che, come colori su una tavolozza, lo aiuteranno a completare il dipinto dello stato d’animo di lei, lei che si sta ancora rifiutando di guardarlo, quella domanda lo porta ad assottigliare lo sguardo. Una domanda che invita ad affondare le zanne in quell’argomento, una domanda che la dipinge pronta a parlarne, detta però in un tono che testimonia la difficoltà e la gelosia. Dove sei, Sango, meravigliosa contraddizione vivente? <Cosa voglio sapere io…> Mastica quella domanda con un tono basso, forse più del solito, vibrazioni profonde che conquistano la stanza <Ogni cosa> Ammette senza scostare lo sguardo da lei, nutrendosi di ogni fremito, di ogni minimo movimento <Cosa saprò alla fine di questa conversazione, però, non dipende da me> Ha lei lo scettro in mano, come sempre. Non l’ha forzata lui a tirar fuori quell’argomento, come nessuno degli altri che lei ha confidato, affidando a quel biondo il carico emotivo del suo passato. Un carico che finora hanno saputo portare insieme. Ma cosa succederà? <Chi era?> Due parole, una domanda semplice. Lo sai, Sango, nel profondo delle tue viscere sai che non basteranno un nome e un cognome.

16:29 Sango:
 La tensione tende le spalle, il corpo stesso, potrà notarlo lui da sotto quel kimono che porta. La stoffa in seta diviene lucida nel calore di quella notte, di un blu così scuro da sembrare nero, dipinto d'argento li nei suoi ricami meravigliosi, sottili a richiamar forme inesistenti, o forse esistenti che siano. La stoffa che scende fin poco sotto i gomiti, si arresta li in favore di mani che si cercano, e stringono da se le spalle per sentirsi pronunciare quelle parole. Potrebbe mai dimenticarsi di quel kami? Per quanto vada avanti, per quanto ci provi, non potrebbe mai farlo, dimenticarlo sarebbe come ucciderlo di nuovo. Stringe i denti a quelle labbra, lieta che egli non la ricerchi adesso,è abbastanza difficile parlarne così, ma guardarlo negli occhi sarebbe come ucciderlo e veder morire anche lui. Cerca la tranquillità nella mente, come se stesse parlando di qualcosa che non la tange, che sia lontana da lei come una fiaba di cui conosce i colori, le forme, la storia stessa e si prepara per narrarla a lui. Ci vorrà del tempo, come al solito, tanto da provare a scivolare via , non da lui, ma verso la cucina, per mettere su la teiera con l'acqua dentro. Sa benissimo quali domande verranno poste, e quali dovranno avere risposta, ma prenderà il suo tempo impegnando le mani e lo sguardo verso qualcos'altro. < era il mio sensei > lo è stato più di chiunque altro, ad averle dato modo di accedere a segreti ben più grandi di lei. < figlio di Ame, come Pain era stato scelto per portare su di se il peso del rinnegan > rimembra ancora come quel potere fosse divenuto un vero e reale peso per lui, quanto gli costasse trattenerlo, portarlo < ma aveva il viso e i tratti di Madara Uchiha > ricorda bene il suo viso, il suo stesso portamento, nei capelli neri violenti e selvaggi. < capo dell'akatsuki, fu egli ad allungare per primo le mani su di me.. > in quale senso? In tutti i sensi in cui egli possa immaginare, mentali, fisici perfino, e ne vedrà ancora la tensione su quel corpo in attesa che l'acqua bolla < mi mostrò cosa avrei potuto fare, chi sarei potuta essere..di poter tradire Yukio e davvero ardere nella mia fiamma > v'è passione perfino in quelle parole, sottili, sussurrate, spezzate. < lo ascoltai, lo seguii.. e ci siamo amati > a modo loro, in un modo molto particolare, ben differente da ciò che prova per Shinsei stesso. Ma quella confessione brucia molto più delle altre, come se non fosse mai davvero passata, come se ancora, come un tempo, sarebbe pronta a seguire quel kami e a uccidere per lui, a vivere per lui. Stringe quella mascella a quel pensiero, come potrebbe mai farlo? Che egoista, e non vederla in viso, adesso , sarebbe l'atto d'amore più grande per lo stesso Shinsei. Che non veda, che senta soltanto.

17:15 Shinsei:
  [Casa di Sango] Chimono blu, blu scuro come l’animo di entrambi, scuro come la notte che li cela, blu come gli occhi di lei quando son tristi. Osserva le movenze delle sue mani, sottili e delicate, che si stringono in un abbraccio che dona a se stessa, come se cercasse calore. Riuscirà a capire che la fonte del suo calore è proprio dietro di lei? Forse no. Troppo spinoso l’argomento per condividerlo pienamente. Non ancora pronta a quanto pare. Continuerà ad annotare la tensione di lei, nel parlare e nel muoversi, la osserverà cercare altre cose da fare, la seguirà solo con lo sguardo, per ora, finchè non arriveranno le sue prime parole, la ascolterà, certo, ma parallelamente lei potrà ascoltare lui. E cosa ascolterai, Sango? Sentirai morbidi ma inesorabili tonfi, lenti come l’agonia, farsi sempre più vicini, quanto conosci casa tua? Potrai percepirlo finalmente entrare in salotto ed arrivare all’ingresso della cucina, e li proseguire fino a… fino no a quando non sentirai il suo respiro calmo e profondo giocare coi tuoi capelli. <Sango> La sua voce nera lo richiama. Eppure a lei non è concesso sapere che tipo di emozioni la attraversano. Non sentirà rabbia, non sentirà furore, non sentirà tristezza ne amarezza, ne odio, ne gentilezza ne altro. Non è una voce fredda tuttavia. Non è secco il richiamo, come poco prima <Ti sto osservando, ti sto ascoltando> Quanto profondamente lo sta facendo? Può sentirlo lei stessa, sulla sua pelle, può sentirsi chiusa in quell’ambiente riempito dai sensi dell’altro, dedicati solo a lei, ad ogni microscopico movimento <Non hai mai mostrato questa tensione. Non ti sei mai nascosta dal mio sguardo, mai le tue parole sono state così sussurrate e incerte.> Quanto bene ti sta osservando e ascoltando, Sango, adesso puoi capirlo. Quanto a fondo ti conosce <Mi stai parlando di una delle persone più importanti della tua vita> Non è una domanda. Per niente. È il suo comportamento a spiegarglielo tanto chiaramente. <E io non ti ho costretto a parlarne. Hai voluto condividere tu il più prezioso e nascosto dei fiori del tuo giardino. Mi hai chiesto tu, poco fa, cosa volessi sapere> La inchioda alle sue responsabilità. <Lo sai anche tu, che non puoi condividere questa cosa a metà.> A cosa fa riferimento. Un passo avanti, un tonfo ovattato, a lei arriverà il fruscio del suo movimento. È dietro di lei <Mostrati> Silenzio <Mostrami, Sango, la passione che ho già sentito nella tua voce> Perché Shinsei? Perché si. Perché ha sempre vissuto e sempre vivrà in maniera assoluta. Non avrà mai un’esperienza vissuta per metà. Nemmeno un’esperienza di condivisione con lei. La richiesta non può essere più chiara di così. Aspetterà che lei si volti. Lo farà? Sta a lei deciderlo, ma non andrà avanti con le domande, resterà li, desideroso di vedere quello sguardo blu. E cosa vedrà, Sango, se deciderai di girarti? Intanto ecco cosa vedrai tu di lui. Quello sguardo dal taglio animalesco, violento, cercherà immediatamente quello di lei, tentando di immergervisi con la voracità di uno degli assetati marinai di Odisseo mentre si nutrivano alle coppe della suadente maga Circe, con violenza si nutrirà di quel blu, leggendo… ogni cosa. E in cambio lei riceverà uno sguardo che non conosce, irrequieto si, ma non per il desiderio, ne per la rabbia o per l’odio, uno sguardo che trasmette un senso di incompletezza, un costante, leggero, dolciastro malessere. Cos’è? Forse bisognerà andare avanti per scoprirlo. Solo qualora lei si fosse girata, le labbra del biondo si schiuderebbero, sottili ed affilate come lame <Un sensei, un mentore da seguire… ma dimmi, Sango, cos’è stato per te> sarà chiaramente percepibile, in quella domanda, una nota d’intimità nella voce atta a scavare nell’animo teso di lei per far emergere la donna. Non la shinobi. Un’intimità che sarebbe aiutata, se lei l’avesse consentito, da quello sguardo, che è quanto di più intimo loro due abbiano ad unirli.

17:45 Sango:
 Ogni tonfo, leggero, su quel tatami, le vibrazioni che si estendono fino a lei, fino ai propri piedi nudi che sentiranno il peso altrui raggiungerla di colpo, trovandoselo alle spalle, netto che si staglia su di lei come un ombra scura che rabbuia anche quella piccola fiammella che hanno davanti. Le mani stesse che si bloccano, la teiera ancora non del tutto calda che ribolle lenta davanti loro, e sentirà la pressione del suo sguardo che la inchioda li , a quella posizione, con le mani che cercano l'appiglio di quella cucina stringendola delicata al legno scuro e pesante. Tace adesso, per cercare quelle chiare parole, nel ricercare forse per ingordigia anche una nota di dolore di quando verranno pronunciate. No, non ne trova, e rimane incerta più che mai a dover continuare, lasciando solo per se il silenzio della notte, atta solo ad ascoltare quello che lui ha carpito di ogni sua parola. No, non ha detto tutto, ovviamente, ha solo condito quella figura a lui estranea di ciò che lei ha conosciuto dapprima, lo shinobi e il kami che era, ancor di più per lei che per molti altri. Sa bene di non poter condividere quella cosa a metà, che debba parlare, eppur le riesce tremendamente difficile, come a districare una matassa di ricordi violenti e turbolenti, sospirando lieve, trattenendo qualsiasi parola con la testa lievemente china verso il basso, lo sguardo scuro e tempestoso a veder il nulla. La sua richiesta è violenta, glielo deve, almeno che possa leggerle il viso. La destra tremante andrà a scivolare avanti, chiudendo lei stessa il fuoco di quel fornello, per prendere anche tempo, per tentare di ricostruire un viso e l'espressione stessa. E lento il corpo andrà infine a voltarsi, non incontrando subito il suo viso, no, guarderà il suo petto desiderando in un momento di poter alzare le mani per toccarlo ancora e ancora. Ma non è quello il suo momento, lento il viso si solleva, inesorabile. I capelli rossi che scivolano lasciando il viso scoperto, di iridi scure e plumbee a ricercare quelle altrui. E ne leggerà qualcosa di amaro nel suo viso, che non è rabbia o quell'odio che ha già dipinto lui, ma qualcosa di nuovo, di pungente, doloroso anche per lei a vederlo. E lui cosa ne leggerebbe nel proprio? Tormento. Solo quello. In quel respirare sottile che si concede tra le labbra schiude, e di quella non domanda che sapeva sarebbe giunta a lei. Tace per quei minuti, affogando in lui ancora e ancora, prima che le labbra possano schiudersi di nuovo, che il rossore della vergogna possa tingerle di nuovo il viso. < era un kami più per me che per chiunque altro > si ritrova, di nuovo, in quei sussurri labili che solo lui potrà sentire nel silenzio di quella casa < è grazie a lui se sono questo. Se sono stata Byakko, se ho avuto la forza di oppormi all'alleanza. > qualcosa che per lei vale molto, troppo, che ne impregna l'essenza di ogni giorno. Se non fosse stato per quel kami, se non gli avesse allungato la mano verso lei, per coglierla nel momento in cui ancora non era altro che una fiammella, per aiutarla a divenire qualcosa di ancora più grande. Stringe le labbra, abbassa lento lo sguardo al suo collo, non in grado di leggerlo < ho amato ed inseguito un kami che non avrebbe mai potuto davvero amare una semplice donna. > quale kami avrebbe potuto volgere lo sguardo a chicchessia? Non per lei, ma allo stesso tempo si nutriva di quei rari momenti in cui riusciva a ritrovarlo, lasciando che egli si nutrisse della sua fiamma per risvegliare la propria da una noia lunga un intera vita. < adesso è morto. Non dovrei pensarci più. > e come riuscirci che le manca, una risposta che non si dona, ne la ricerca in verità, ma non volendo nemmeno crogiolarsi in ciò che non c'è più, in ciò che non potrà mai più esserci. In quel sogno che è crollato, non avrebbe mai avuto Amegakure, non avrebbe mai potuto stringere quel legame e renderlo loro, come una famiglia, il suo ultimo volere. Adesso tutto è cambiato, tutto è diverso. < non credere però che quello che io provo per te sia minimamente equiparabile > torna la voce un pò più salda, così come le azzurre tempeste < preferisco amare un uomo che un dio > preferisce amare lui che quel ricordo passato e spezzato.

18:15 Shinsei:
  [Casa di Sango] Oh, Sango, ancestrale e ingorda tra le creature. Non avrai modo di toccare quel petto, ne di nutritene con lo sguardo. Sai che è tuo, sai che lo avrai, ma non adesso. Lo richiama, quello sguardo scuro e torbido, acquoso e tempestoso, lo vuole per i suoi occhi, non certo disperso altrove. E lo otterrà. A lei donerà, come sempre, la dolce sensazione di cadere in un nero baratro. La stessa che le dona ogni volta. Un baratro nel quale non c’è un fondo contro il quale impattare, è solo, semplice caduta, in quella rovente, perennemente inquieta massa nera. Lui invece s’immergerà in quel mare di tormento, penetrando in lei fino a prendere per se ogni sentimento. Ed arriveranno le parole, ad aumentare quel collegamento che adesso è ristabilito. Ristabilito per entrambi, il che significa che anche lei, se avrà tempo… lo stesso tempo che ha chiesto a lui, potrà leggerci dentro. Leggerci cosa? Il dolore causato dalle sue parole, Kunai rovente che s’addentra nella carne mentale del biondo, accompagnato dalla dolcezza tormentata di quello sguardo, cullato dal sibilo flebile di quella voce suadente, Sirena lei, marinaio lui. Tutto contribuisce a quel dolore, e allora perché ha chiesto quel legame? Perché non c’era altro modo. Non per lui. Non per quel biondo che non ha mai accettato mezze misure. Soprattutto con lei. E allora, se deve fare male, che faccia male come si deve. Come ogni rivelazione, come è al contrario con lei e con i ricordi oscuri che lui le dona. Ora al contrario, è il suo turno di sopportare, e non lo farà a metà. La lascerà parlare, senza interromperla. Ma non sarà fermo. No. Quando lei abbasserà lo sguardo, potrà sentire, se lo consentirà, qualcosa di rovente poggiarsi sotto il suo mento. È la parte piatta del suo dito indice, che inesorabilmente tenterà di sollevare di nuovo quell’ovale, per tornare ad inghiottirla, mentre lentamente, la mascella si serra, come quella di lei poco prima, così la sua adesso, rabbia? No, non c’è rabbia. Non stasera. Se fosse riuscito a riportare sul suo sguardo l’attenzione di lei, quel tocco svanirebbe, lasciando quella mano ampia e forte, tornare sinuosa al fianco. Potrà leggerlo lei, sul collo esposto di lui, un brivido coglierlo e venir subito represso con una violenza inaudita, verso di se. Quando? Esattamente mentre pronuncerà le sue ultime parole. Lo sguardo si chiude appena, per poi tornare subito su di lei, con un bagliore di luce oscura. Ossimorico quello sguardo come lo è lui <Cosa gli è capitato?> una nuova domanda, con quello stesso timbro di voce scuro e vibrante, direttamente nella cassa toracica di lei, ora poco distante. <e…> Si ferma, un lungo momento, come a ponderare le parole, prima di schiudere di nuovo le labbra sottili, ferale nello sguardo, solo per lei <Cos’hai provato quando hai capito di averlo perso?> Ed ora potrai notarla, dolce Sango, una profonda nota di curiosità. Non una curiosità piena di secondi fini, o di moralismo, o di giudizio. La curiosità di un bambino. La curiosità di un giovane che ha la metà dei tuoi anni, e che non conosce le emozioni umane. La curiosità di un ragazzo a cui le emozioni non importano, mai, tranne che le tue. È sempre stato così, lo sai. Sonda l’animo di lei, il biondo, con quegli occhi, cercando.

18:44 Sango:
 COnfessare quella parte della propria vita, è quanto di più difficile abbia fatto. Ammettere quel legame, pregno di segreti oscuri che mai dovrebbero esser rivelati ad alcuno, e adesso non le resta altro che dirli infine, donar voce agli stessi sebbene siano poche le parole che andrà lei a pronunciare. Col viso che si trova sfiorato per un momento da quel dito che la esorta a sollevarsi di nuovo, a quegli occhi che si incontrano e ove dovrà riversare qualcosa di troppo potente perfino per lui, per renderglielo così, un regalo inatteso e probabilmente nemmeno desiderato. Ma lui ha voluto sapere, e lei gli ha promesso qualcosa di nuovo e potente, sincerità. L'esserlo le costa parecchio, potrà vederlo lui stesso l'enorme sforzo che sta affrontando, per quello sguardo rammaricato nel solo vederne il dolore su qualcuno che non dovrebbe provarne. Ma quel passato è ancora vivo in lei, inutile ignorarlo o girarci attorno con belle parole, eppure le ultime che pronuncia sono quelle ove la voce non si andrà a spezzare, sicura si, sebbene i suoi siano solo sussurri. E li in quel momento forse riuscirà a vedere come il suo corpo abbia un brivido, qualcosa che si tinge nella carne, nei muscoli, nella forma della mascella dura e serrata, in quello sguardo che sembra quasi ammorbidirsi ma a cui non vorrà fare affidamento, non ora, non quando le domande sono ancora li, difficili ancor di più. < lui.. > deglutisce, violentemente < ha perso i suoi poteri. La sua stessa memoria. > tace, per un attimo, sospirando alla ricerca di ossigeno, violenta le labbra nel farlo < ha dimenticato chi io sia, chi era lui > ha dimenticato tutto quanto, divenendo nuova vita inconsapevole di ciò che i kami hanno già deciso < ho cercato di proteggerlo.. > ancora e ancora lo farebbe senza rimorso, ma non per colui che ha perduto la memoria, il rimorso è solo per quel viso giovane che si staglia sopra il suo . E l'ultima domanda sarà quella in cui lo sguardo ancora cupo, scivolerà di nuovo, di lato, verso il basso infine, di qualcosa che non deve vedere. Di un dolore sordo che si amplia nel petto. Di occhi lucidi che si nascondono nella cascata rosso sangue così da scurirla. < dolore > sussurra, spezzando di nuovo la propria voce. < che abbia dimenticato e che non ricorderà più > di quello che era il loro ambiguo e strano legame. Cosa avrebbe potuto provare se non un dolore costante e incessante al petto. < saperlo vivo ma ignaro di tutto. > quello ha fatto più male di quella sua irreale morte, se fosse stato davvero un cadavere avrebbe pianto, avrebbe provato dolore, ma non quanto quello che le è toccato nel rivederlo li, ancora vivo, ma non ricordare nulla nemmeno di lei. Ah quanta arroganza Sango Ishiba, come pretendi che tra tutte le cose di quella lunga e immensa vita possa mai ricordare davvero di te? Sei stata l'ultimo tassello, l'ultimo pezzo, quello che sarebbe volato via per primo. E tace, silente per qualche attimo ancora, prima che le labbra si muovano ancora < cosa vuoi sapere? > che sia lui a fare quelle domande, a saziare la sua curiosità, lei avrebbe solo affondato le mani nel proprio dolore per farlo rivivere ancora una volta, ancora una notte.

19:21 Shinsei:
  [Casa di Sango] Parole che lei ancora dona, forti si, ma in un contorno di dolore che ormai nemmeno lei può più nascondere. Lo avrà capito ormai, come lo ha capito lui. Ogni confessione che si fanno l’un l’altra resta piantata nel cuore di entrambi. Deve fare male. Hanno un passato pesante, entrambi, in modo diverso, e condividere non può essere facile ne indolore, per nessuno dei due. Lei sceglie. Sceglie di celare di nuovo quelle iridi, ancora e ancora, addirittura oltre i capelli. S’irrigidiscono piano le mani, serrate in pugni, mentre lo sguardo nero avvampa violento e animalesco. Ma non la inviterà di nuovo a guardarlo. Nessun dito s’alzerà ancora per lei. Ha deciso che c’è qualcosa che il biondo non ha il diritto di vedere. Ha deciso che c’è qualcosa che non deve essere condiviso con la profondità di uno dei loro sguardi. C’è un confine che non possono valicare insieme. E così lui resta solo, solo senza quell’ancora che è lo sguardo di lei, senza quello sguardo blu che le faccia capire che sono insieme. Resta solo nel ricevere nuove risposte che lentamente lo trafiggono schegge di ricordi che si piantano nella mente, ma ricordi non suoi stavolta. Non per questo meno dolorosi. Accetterà tuttavia la decisione di lei, non chiederà di nuovo quello sguardo, resterà da solo ad annegare nel mare funesto di emozioni che sgorga da quelle ferite fresche. Eppure di quelle risposte, non feriscono solo le parole, ma anche i significati profondi che portano dentro. Sono le consapevolezze che gli giungono, pesanti come montagne appoggiate sul suo petto <…> le labbra si schiudono, ma niente ne esce, cerca aria che non trova. Quali consapevolezze? Beh, la prima è che quel kami non è morto. Quel suo dire sul tentativo di proteggerlo rivela più di quanto dovrebbe, a dirla tutta. No, non sull’identità di quel kami che lei, come ogni altra informazione, tiene ancora stretta a se. Ma sui sentimenti di lei. Ancora vivi. La seconda risposta gli dà una consapevolezza in merito, in merito a cosa le faccia più male, a cosa la ferisca nel profondo, ancora adesso. <…> Ancora una volta cerca qualcosa da dire, o forse solo aria. Quella domanda finale, arriva come una stilettata, freccia capace di superare ogni difesa, che con lei non ha mai avuto. Lentamente, quelle palpebre andranno a celare lo spettacolo pietoso dei suoi occhi. I capelli sono ancora raccolti, non è abituato ad usarli come scudo. E difese con lei non ha intenzione di adottarne <Tu lo ami.> Tre parole, pesanti? Come pianeti, eppure nel tono c’è, per la prima volta da quando questa conversazione è iniziata, una profonda, infinita dolcezza. Una intima consapevolezza e una totale comprensione. Se lei decidesse mai di alzare quello sguardo, troverebbe il suo, che non ha perso niente della sua vigoria, è violento forse come mai, ma di nuovo, non di rabbia, ne di desiderio, ne d’odio. È la profonda e turbolenta consapevolezza. Di cosa? Di aver finalmente terminato quel libro che è Sango Ishiba <è questa perdita che più di ogni altra dopo tuo fratello ha appassito il tuo cuore> Un basso mormorio, non ha bisogno di urlare, eppure c’è una forza enorme in quella voce, qualcosa che non ha mai avuto in tutta la conversazione, come se anche la voce, oltre allo sguardo, fosse diventata pesante, quasi a spingerla indietro, dove non può andare <Al ritorno dalla tua prigionia nella terra, hai perso colui che ha dato un nuovo senso alla tua vita. Mi sbaglio?> Lo chiede solo per timore di non aver collegato i fili dei suoi discorsi. <Dimmi solo questo…> Questo cosa? Un respiro che nasconde un fremito spezzato <Se colui che proteggi dovesse riacquistare memoria di ciò che era, e di ciò che eri tu. Cosa faresti?> Lo sguardo di lui, per lei che può leggerlo, cambia ancora, e quell’irruenza che lei potrà leggere, insieme al dolore che lei sta condividendo con lui, profondo e intimo, si tingerà di una profonda durezza. Non ammetterà menzogne. Non adesso, in un momento tanto importante per loro.

19:56 Sango:
 Si nasconde, da quello che lui potrebbe mai pensare di se, cosa dovrebbe pensare se non che gli ha mentito? Eppure non aveva mai, non avrebbe mai voluto confessargli nulla di tutto ciò, perchè sebbene faccia ancora male, il dolore è anche parte di lei, del suo passato. Si nasconde per non lasciare che egli possa vedere quanto profondo sia quel dolore e anche la passione che ha provato, di colui che l'ha fatta nascere, sentire viva per la prima volta, libera da qualsiasi costrizione umana e creata per elevarsi a qualcosa di infinitamente più grande. Stringe le mani ai propri fianchi, le unghie che affondano nei palmi per il peso di ciò che sta confessando adesso, in preda davvero a quello spettacolo pietoso che altro non che lei. Doveva solo tenere chiusa quella boccaccia, non dire nulla, andare avanti e se ne sarebbe dimenticata un giorno, lasciando che quel cassetto restasse chiuso, celato a chiunque se non a lei nei suoi ormai rari momenti di solitudine. Ma anche quelle proprie parole terminano, con quell'ultima domanda che pone lei stessa. Gli sta facendo del male già, cosa dovrebbe aggiungere solo una domanda che lo invita a continuare con la sua curiosità, con la sua ricerca. Sebbene nasconda la parte per loro più importante, quello sguardo, l'intera attenzione è per lui, poggiando piano la schiena sul ripiano della cucina, come a reggersi ad una superficie solida per non cadere. Ma la prima non sarà una domanda, una constatazione. Lo sguardo che si sgrana da sotto i filamenti rossi , manca il respiro così come un battito del petto che brucia e avvela, inala l'ossigeno ma il petto è tremendamente pesante. e non risponderà, non a quella dolcezza, non avrebbe motivo di farlo se non per una domanda, stringendo le mani alla veste semplicemente, tenendo basso il capo, ma notando la dolcezza che egli usa per parlarle. Anzi, quel tono che utilizza non può far altro che farla stare male ancor di più, col senso di colpa che avvelena il sangue e il cuore. Ogni parola farà sempre più male, appesantendo le spalle che si chinano e calano verso il basso lentamente, sotto il peso della sua ragione. < gli devo la mia vita > sussurra a quella domanda, sebbene i loro rapporto sia stato sempre difficile, con lei che andava solo a cercarlo in quella terra, incontrandolo solo quando anche i kami lo desiderassero, non potrebbe dire altro. Gli deve la sua vita, quello che è diventata, la conoscenza, perfino il pensiero. Quella unica, ultima domanda viene posta, e trattiene di nuovo quel respiro, gli occhi ancora sbarrati verso il suo addome vicino, sentendo il cuore iniziare a scalpitare nel petto. Cosa farebbe se egli tornasse davvero? Cosa farebbe se avesse di nuovo con se quell'Akendo che lei stessa ha conosciuto? Ma stranamente, un amaro sorriso ne nascerà da quelle labbra. < penso che se tornasse, distruggerebbe questo villaggio, o semplicemente andrebbe via > sussurra quello che sa di preciso possa fare quell'akendo, non avendo mai avuto un suo villaggio, un suo posto, il suo essere eremita delle sei vie l'avrebbe riportato di nuovo ai tempi antichi < se desiderasse distruggere questo posto, se me lo chiedesse, lo farei > non può mentire, gli avrebbe donato tutto quello che avrebbe chiesto < ma ..> si, c'è un ma alla fine, per una volta forse ancora di salvezza per entrambi < ho già scelto un uomo > sussurra flebile, mostrando solo adesso lo sguardo, non violento come il suo, ne duro, anzi, morbido e torrido come l'acqua stessa. Ha scelto ormai, sa benissimo di non potere e non volere fare un passo indietro. E forse con la credenza che qualcosa dell'espressione, dei modi di fare del proprietario del rinnegan, adesso siano impressi in lei, nelle rughe che tornano a donare lei un età veritiera quasi, ove il tempo e il dolore sono riusciti a scavare. Troppo a fondo li ha ignorati, adesso essi riemergono con violenza. Uno sguardo stanco, i segni del tempo che si fanno più presenti, pesanti, nella smorfia del labbro sempre più affondo nella carne stessa. < mi dispiace > un sussurro ultimo, chiudendo stancamente quelle iridi < sei stato proprio sfortunato a trovare me sulla tua strada > la voce che cerca di alleggerirsi, quasi lieta, con una breve risata a contornare il tutto. Se avesse incontrato chicchessia di diverso da lei, la sua vita sarebbe stata più.. morbida.

22:44 Shinsei:
 Niente di tutto ciò che può vedere di quella donna distante poche decine di centimetri da lui, sfuggirà. Dalle mani che si serrano nervose a quello sguardo che gli viene continuamente celato. Non ha diritto di condividere con lei stasera, e lo accetterà. Come sempre ha fatto con ogni decisione da lei presa. Non la aiuterà tuttavia. Duplice la ragione, eppure unica. Il dolore che lei sta affrontando, al pari di quello di lui, sono personali, e sta a loro due decidere cosa farne, sta a loro due superarlo. È una battaglia che è giusto che combattano separatamente. Certo, l’avrebbe voluta a sostenere quello sguardo, si, ma la rispetta troppo per imporglielo. Che superi da sola il suo passato, che decida lei fino a quanto mostrarsi. Quelle mani strette, e quel suo appoggiarsi, quel silenzio e quella voglia di nascondersi, rivelano agli occhi ormai esperti del biondo. Ascolterà, si, la prima confessione, quella prima frase che non fa altro che confermare la sua supposizione. Ma non ascolterà la seconda, alla quale serra addirittura la mascella. Non ha chiesto cosa farebbe lui, un kami tornato in un monto che non è più quello dei ninja. Non è interessato. Ma questo lei non potrà vederlo, perché non ci sarà che silenzio, avendo lei deciso di parlare senza guardare. Non ascolterà nemmeno il successivo dire, di nuovo, chi se ne importa della distruzione del villaggio. Quella domanda l’ha posta alla donna Sango Ishiba, non alla guerriera, ne alla mukenin. Eppure in qualche modo, il suo, come sempre, lei risponde, e finalmente torna a donargli quello sguardo acquoso. E morbido, che verrà investito da quell’abisso rovente di emozioni contrastanti, ma su tutte, a quella risposta, prevarrà lo stupore. Uno stupore travolgente che prevarrà su quello sguardo finché lei non pronuncerà le sue ultime parole. Ma non avrà tempo di finire. Alla parola “sfortunato” lei potrà avvertire in primo luogo un colpo d’aria su di lei. Qualcosa di grosso si è mosso velocemente verso di lei. Avrà tempo di vedere braccia ampie alzarsi ai suoi fianchi, e quel petto arrivarle addosso, irruento come sempre, ma se fosse riuscito, le avrebbe regalato, velocissimo e irruento, presente e rovente come l’inferno, un abbraccio. Se lei lo consentisse, percepirebbe quelle braccia chiuderla come una gabbia, il petto invarcabile cancello, il mento che si poggia sul capo, soffitto appuntito, le dita, serpenti a d avvolgerla, il respiro accelerato dal dolore, violento come il cuore che picchia tanto forte da essere perfettamente udibile le labbra, invisibili a lei qualora gli avesse consentito quel movimento, si schiudono, e la voce, è solo sussurro oscuro e denso ad infilarsi nelle sue orecchie <Non so come tu abbia fatto a resistere ad una perdita così grande senza piantarti un kunai nel petto, Sango, ne sono in grado di dimostrarti quanto io sia felice che tu non l’abbia fatto, o di averti conosciuta.> Le prime parole sono per lei, e ciò che mostrano è comprensione <Non so come tu abbia fatto ad andare avanti con il cuore dilaniato e non riuscirò mai a dimostrarti quanto ti ammiro, ma adesso stammi a sentire.> Ancora comprensione, prima di arrivare a quello che, sebbene dentro un caldo abbraccio, è un ordine <Oggi mi hai dimostrato quanto profondamente tu abbia capito che puoi condividere con me te stessa.> Comincia. Le parole, lei potrà ascoltarle direttamente dal suo petto, in mezzo a quei battiti prepotenti <Ma hai tenuto per te le tue emozioni, negandomele. Io l’ho rispettato, ma non lo accetterò di nuovo.> E questa è la sua di scelta <Te lo dissi all’inizio. Se scegli me, io voglio tutto o niente di te. È così che funzioniamo.> Lentamente, quell’abbraccio si scioglierà, e il biondo compirà un lento mezzo passo indietro, per farsi osservare da lei ma niente che gli impedirà di farle arrivare un nuovo tocco. Rovente mano aperta a premere sul petto, non sui seni o tra di essi, poco più in alto. Un poco a sinistra, proprio sul cuore. Un tocco irruento, che preme senza ferire o dolere, ma opprime, un gesto che la richiama a se <Sango.> La chiama ora, ancora, e questa volta non parlerà senza avere di nuovo quello sguardo per lui <Se questa è la tua scelta, se sei disposta a portarla avanti di fronte alle richieste di un Kami, voglio che tu mi mostri la volontà che ti infiamma nei miei confronti> Un tocco e un parlato che vogliono arrivare all’anima di lei, artigli roventi su quel cuore riportato a nuova vita. E ancora una volta non sono artigli che dilaniano, seppure potrebbe. Gli basterebbe voltare le spalle e uscire. Ma no. resta li a pompare linfa vitale in quel cuore, stringendolo da fuori, per se. <Mostrami l’incendio della tua volontà. Generato da un kami che ti ha abbandonata, e che ora risplende sorretto solo da te.> La evoca. Mentre sempre premendo su di lei, su quel petto che vuole per se, s’avvicinerebbe col viso, dipinto in un furore rinato, ma non di emozioni negative. Un furore che scalda, e che presto sparirà, perché lui avvicinerebbe le labbra al suo orecchio, per regalarle un ultimo, oscuro, celato sussurro, spingendo fiato caldo sulla sua pelle, prima di spostarsi del tutto, e togliere anche quella mano dal suo cuore, lasciandola, ora si, libera di mostrarsi.

22:45 Sango:
 Il peso della confessione grava su entrambi, preferire non dirlo, non aver pronunciato mai alcuna parola è grande, ma sa che per lui anche solo quelle parole che fanno male, tremendamente male, non sono altro che un passo a risaldare il loro legame. E se lo sarebbe immaginata, vederlo di schiena per andare via, e non avrebbe nemmeno provato a fermarlo in quella sua decisione, l'avrebbe appresa come molto ha appreso, in silenzio andando avanti. L'aria viene sferzata da quelle braccia, si stringe le spalle semplicemente, no, non l'avrebbe colpita lei, forse qualcosa dietro di se magari, di quella teiera abbandonata li come nulla fosse pregna di acqua ormai fredda e gelida. Sussulta invece nel sentire il calore del suo corpo avvolgere il proprio, di quelle braccia forti che non avranno problemi a circondarla completamente, anzi, nemmeno a stringerla in effetti. Il viso schiacciato sul petto, le proprie braccia che si sollevano ma le dita vorranno trovare solo le vesti altrui per stringerle, tirandole a se senza fiatare, lasciando che quella voce rimbombi nella cassa toracica fino al suo udito. Solo ascoltando lui adesso, quella che è la sua volontà, non gli avrebbe mai più detto cosa provare, cosa fare, non sarebbe stato giusto nei suoi confronti, ma quel calore se lo prende eccome , tirandolo a se, annusando adesso il suo odore tanto presente in quel punto del suo corpo, adesso reso migliore e più pesante dalla pioggia presa poco prima. Sospira, respira finalmente ascoltando invece la fiumana di parole che usciranno dalle sue labbra, ma a cui non avrà la forza di rispondere, quella è la sua volontà che si sta mostrando. La stessa volontà che lo porterà lontano, di nuovo, con lo sguardo che potrà di nuovo riunirsi allo scuro, le mani che saranno costrette a lasciarlo andare per morire di nuovo accanto ai fianchi morbidi e coperti, solo per sentire il calore cambiare direzione, al petto, trattenendola li, alle sue stesse parole, a quella richiesta di mostrargli quella sua volontà. Stringe le labbra, fremono lievemente, ma ancora nulla ne esce fuori, il proprio viso troppo calmo, non v'è furore, rabbia, odio, v'è solo stanchezza e dolore, di quelle emozioni che appesantiscono l'anima. Si prende ciò che non può esser pronunciato ad alta voce, e forse adesso ne nascerà quella piccola dolcezza nello sguardo, solo quella, prima che lei vada ad allungarsi a lui, a porre le labbra sul collo, quanto più vicino potrebbe mai al suo orecchio, per sussurrare lei stessa, con la fredda aria sulla pelle a condire tutto quanto di qualcosa che non può esser pronunciato. Solo la mano alla ricerca della sua, solo quella a stringere e cercarlo, prima di muovere lenti e dolci passi verso una parte ben differente di quella casa, verso una camera intima, scura questa notte, che s'accenderà forse di quelle due fiamme.

Role extemp.

Viene a galla infine anche la storia di Akendo.




Molto sad