Ricordo

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16:38 Shinsei:
 Le ha porto la propria camicia, e qualora l’avesse accettata, le avrebbe restituito, recuperandola da dov’era finita, la cappa nera. In modo da concederle un’adeguata copertura per la notte tardo autunnale. Lui? Non ha mai avuto problemi di freddo, ha i suoi pantaloni, neri, ampi e dal cavallo basso, scarpe di tela ai piedi, e il torso nudo è coperto solo dall’aori corto poco oltre la vita, con le maniche poco oltre il gomito, nero con bianche decorazioni geometriche, aperto sul torso nudo e lucido, a lasciare che i raggi della luna giochino con quei muscoli scolpiti nell’allenamento e nel dolore. Qualcosa alla quale non fa più caso, è semplicemente connaturata alla sua postura a quel modo di muoversi felino, che ne fa una creatura adatta a quell’ambiente selvaggio e lugubre. Gioca la luna anche con i tratti duri del volto. Con il naso appuntito, con le labbra sottili, con il collo teso, con quei fianchi del cranio nudi, che lo rendono forse ancora più animalesco e meno incline all’atteggiamento di una persona civile, con quei due draghi neri a decorargli il cranio. Gioca, quella luce argentata, perfino con quegli occhi dal taglio sottile, che racchiudono lo sguardo nero, animalesco e tanto pesante da soffocare. Quello sguardo è diretto alla sua rossa poco distante a quell’ovale perfetto che è il volto di lei, a quelle pozze oceaniche che sono il suo sguardo. è appoggiato con la schiena al grande albero che hanno vicino, dandole il tempo che le serve. C’è una vena di stanchezza in quello sguardo nero, eppure lei ormai, l’unica, ha imparato a leggerlo, e dentro quell’abisso, se vi si immergerà, non troverà la pacatezza rilassata che di solito trova dopo quel che è successo. Vi troverà turbolenza, irrequietezza, un sottile malanimo ad incendiare di velenose fiamme nere quello sguardo. Il petto s’alza e s’abbassa ancora veloce, sempre restio ad andarsene da lei. Sempre troppo possessivo nei confronti di lei, eppure non è questo a preoccuparlo. Pensieri s’affastellano l’uno sull’altro in quella mente, togliendogli la tranquillità. Ha bisogno di metterli in fila. Dal profondo dello sguardo, qualcosa sposta l’attenzione solo e soltanto sulla rossa. Sbatte due volte le palpebre <Va meglio?> Che sia riuscita a proteggersi dal freddo? Può solo sperare che la sua camicia – se l’avesse accettata – e la cappa sia sufficiente. Le darà anche il suo aori, se servirà. Ed è per questo che spinge a fondo in lei quelle iridi nere, per cercare segni di disagio dovuti al freddo, o a qualsiasi altra cosa. Sempre premuroso, forse troppo. Ma non se ne vergogna, anzi.

17:03 Sango:
 La notte è fresca, per molti, per loro s'è tinta di calore , di rosso, passione, ma che adesso non staremo qui a raccontare. S'è coperta di nuovo, della sua camicia, della cappa nera che torna a coprire completamente il suo corpo. Lunga fino a metà delle mani da cui nascono le unghie laccate in nero, si solleva sul proprio collo coprendolo dai segni dell'uomo, chiusa fino che giunga fino a metà dei polpacci. Nera e oscura la cappa che si adegua perfettamente al circondario di quella foresta oscura, non più foresta della morte come un tempo, e mancano le nuvole rosse che si muovono al vento. Di rosso adesso ci sono solo i capelli lunghi e selvaggi della rossa che tornano al loro stato brado, come tanti anni prima, a suo incredibile agio in quella posizione, in quel loco nuovo ma che respira anche di vecchio, come fosse stata trasportata li quella foresta atta a dividere il suono dal fuoco. Ma le azzurre torbide come il mare immenso di Amegakure, grigie, violente, son solo per lo sguardo cupo e nero del biondo . Ma vi è qualcosa di diverso, qualcosa che turba quell'animo. Riconoscerebbe quello sguardo tra mille, nelle sue espressioni che sta imparando a differenziare, e di certo conoscerebbe quello rilassato del loro solito.. dopo. Ma adesso qualcosa s'è attaccato a quella mente, qualcosa che lo turba, ma la domanda è per lei < sto bene > semplice nel suo dirlo, nel suo non mostrarsi debole, e non perchè desideri nasconderlo agli occhi del biondo, ma perchè non lo è, non s'è mai sentita debole, specialmente adesso in sua presenza. < cosa ti turba > manca anche per lei quella domanda, ma chiedere in modo tanto diretto fa anche parte di loro, di quelle loro menti che si son unite, spezzate a loro modo, come i loro animi, che cercano di tenere in piedi grazie alla presenza dell'altro nella propria nuova vita. Lento il passo si farebbe più vicino, il viso sottile sollevato su quello perfetto altrui, rigido, come il taglio ferale degli occhi, un animale in piena regola adesso turbato, ma da cosa o da chi ancora le sfugge, che sia per lo Hyuga che devono incontrare?

17:41 Shinsei:
 Turbato, si, ma non a sufficienza da privarsi della visione di ogni gesto eseguito da lei, con quell’eleganza e quella sensualità che le è intrinseca, caratteristiche ai suoi occhi amplificate da quella gravidanza che la rende più donna che mai. Troppo animale per non godersi lo spettacolo di lei che s’avvicina. Troppo premuroso per non indagare sulle sue condizioni, anche solo con quello sguardo che spinge nel suo. Eppure completamente incapace di nasconderle i propri turbamenti. Le basta uno sguardo per rendersi conto che c’è qualcosa che lo turba. E quella domanda, che può essere tale solo alle orecchie di chi sa cogliere la preoccupazione che nasconde, lo porta a stendere le labbra sottili, in quello che potrebbe sembrare un ghigno, ma non lo è. È qualcosa di un filo più mesto. È qualcosa che non ha doppi fini, nonostante lei si stia avvicinando a lui, e anche solo questo libererebbe un brivido lungo la schiena che non ha intenzione di trattenere. Nonostante tutto quello che è già successo. Non ravvisa menzogna nello sguardo di lei quando confessa di star bene. Sa che se non fosse così glie lo direbbe. Hanno imparato, entrambi che nascondersi l’un l’altro le cose tra di loro non porta altro che complicazioni. <…> Si schiudono le labbra, mentre la osserva fare un altro passo verso di lui, inghiottendola con lo sguardo, nutrendosi di quella perfezione che, sola, riesce a sfoggiare. Da dove cominciare? Dalla sincerità, innanzi tutto <non lo so> Ammette, un mormorio basso, dalla voce scura, vibrante in lei che lo ascolta, leggermente impastata. Tenterebbe, ma è un puro istinto al quale la sua razionalità non fa caso, di sporgersi un poco in avanti verso di lei, tentando di ispirare quel suo profumo ora macchiato di lui, come è giusto che sia, e non di altri. È stata la stessa rossa a caricare di pensieri quel cervello, quella sera. Non poggia solo sulle di lei spalle delicate, il passato dell’Ishiba, carico di gente che, agli occhi del biondo, compare dal nulla, addensando di nubi oscure il presente. Nubi che solo lei ha il potere di districare, e se non lei, nessuno. Ma non fa menzione di questo. Ne hanno già parlato, in fondo, non ha senso affidare a lei una tensione che sente propria, aggravandola di un peso ulteriore. Resta in silenzio, con lo sguardo immerso nel suo e quel vago, sottilissimo sorriso dedicato a lei <Quando mi hai chiamato e ti ho chiesto di raggiungermi.> Rievoca alla mente di lei il fatto che sia stata riaccompagnata a casa ma che l’abbia trovata vuota, di averlo cercato e trovato, <Quando mi hai raggiunto, prima che…> Prima che sentisse l’odore altrui su di lei e il suo cuore si chiudesse. Lascerà cadere quella frase, non c’è più ira nel suo cuore, ne nel suo sguardo, solo quell’incendio di violenta inquietudine, macchiata, come sempre, dal desiderio di riempire il proprio sguardo con la figura di lei. <Volevo dirti che oggi mi è arrivato un altro ricordo, mentre mi allenavo>. Parla piano, bassissima la voce, ma restano forti le vibrazioni emerse dalla cassa toracica del giovane biondo, grande e forte, da quelle corde vocali grosse come quelle d’un violoncello. Lentamente, una mano s’alzerebbe, nel tentativo di raggiungerle il viso, troppo lenta ancora, per raggiungerla.

18:10 Sango:
 Non se ne libera di lui, del suo sguardo, del suo essere animale che si pone davanti i propri occhi. Muovendo il corpo lentamente, tigre ancora nell'anima, calcando una nuova terra coi propri artigli ma capace d'esser anche madre, regina al pari di Kamachitechi, ma questo è un pensiero volatile, che si interpone nel silenzio che viene rotto da ogni passo su quelle foglie, rompendo rametti nel suo cammino, per avvicinarsi quanto più al biondo, in silenzio, solo quella domanda posta ma che adesso sa bene che servirà il tempo per avere delle risposte. Non le avrebbe nascosto nulla, lo sa, come lei lentamente sta sfogliando e mostrando le pagine di una vita passata ai suoi occhi, con piaceri e dolori, fastidi che si ripresentano, ma ciò non pone alcun dubbio in lei, non su di lui. Nessuno era riuscito mai a tanto, ad affondare in lei in tal modo, non un kami da inseguire, non qualcuno da proteggere e trascinare, qualcuno che veda quel mondo come lei, con lo stesso sguardo , con obiettivi simili, ma qualcuno che cammini al suo di fianco. Ascolta quei mormorii, gli stessi che la portano a provare ad avanzare per lasciare solo un metro di distanza tra loro, gli lascerà lo spazio per poter pensare, ma non per sfuggire al proprio sguardo indagatore. Le labbra fremono lievi a quel "prima che.." ma che non commenterà, hanno avuto modo di spiegare, comprendere, e capire molte cose, specialmente lui di lei. Ma adesso qualcosa di nuovo viene a galla, qualcosa che trasmette tensione anche al proprio corpo, alle spalle rigide, tese, che dolgono così come la serietà che scivola immediata sul viso come una maschera < cosa hai ricordato? > la voce non più che un sussurro, un sibilo caldo e roco il suo, atto a tenerlo con se, con calma, calore, in attesa di ciò che potrà mostrargli lui stesso, in attesa che arrivino anche a lei quei ricordi, che possa dividere la pesantezza degli stessi con l'uomo. Ne vuole condividere il fardello, trattenerlo sulle proprie spalle, ma ciò sa benissimo quanto dolore crea in lui, molto di più di quanto ne possa creare in lei. Il silenzio che si tende, la corda che si tira, come quella di un violino, e toccherà a lui donare adesso la musica alla stessa notte, e non sarà colma di felicità, su questo ne è certa.

19:21 Shinsei:
 No, non fuggirebbe a lei, mai. Non da quella tigre sinuosa e predatrice con cui ha deciso di calcare il suolo di questo mondo. Al punto che di colpo, con un elegante colpo di reni fa pressione con le scapole sul tronco dell’albero, sollevandosi da quell’appoggio, e compie addirittura un passo in avanti, bruciando la distanza tra i due, azzerandola al punto da sentire l’addome scolpito e definito sfiorare il ventre gonfio di vita di lei. Il volto è dipinto nella solita espressione fiera e austera. Nessuna inflessione sarebbe leggibile per alcuno. Ma lei fa eccezione, lei ha imparato a navigare tra i tratti duri di quel viso, e ne potrà leggere la rilassatezza che le dona solo quando sono nell’intimità, frutto della sua presenza, e del calore che si sono donati poco prima. È una nota, su quel volto scolpito che è solo per lei. L’altra nota a rendere vivo e diverso quel viso viene dagli occhi, che lei ha già saputo leggere con abilità. Si prenderà quel fremito delle labbra, da lì, dannatamente vicino, corpo rovente quanto lo sguardo, solo l’accenno di un ghigno, che sappia lei che è stata notata anche in quel fremito. Accantonerà quei pensieri per un attimo, quando sentirà quella voce porre quella domanda. È giusto che venga posta, richiamo di sirena a quell’odisseo smarrito nell’oceano della sua memoria. Le ha promesso completa sincerità. E a lei si rivela come a nessuno potrebbe mai. Debole e frastagliato, in quell’involucro scolpito nel marmo, la mano si fermerà a mezz’aria, quasi vicina al viso di lei, soprattutto ora che ha bruciato le distanze tra loro due, come se gli fosse impossibile starle lontano. Non verrà ghermito il viso, come di solito fa con lei. No, spingerà più a fondo le proprie unghie nel cuore di lei, stasera, rendendo più profondo quel legame che li nutre, un’altra gelida confessione deve essere affidata a quel cuore Ishiba, colmo di nuova vita, non più appassito. E quella mano quindi s’abbasserà, ma non rimarrà inerte, cambierà destinazione. Potrà ben presto lei sentire le dita di lui cingere il polso sottile, sopra la stoffa della cappa, avambraccio avvolto da dita che sembrano serpenti, mentre tenterebbe di guidare il movimento dell’arto di lei con il suo, sollevando la mano piccola e delicata verso l’alto, più in alto, e in avanti, contro di lui, fino a poggiarsi sull’addome, e da li la lascerebbe scorrere sulla pelle liscia e lucida, sulle forme dei muscoli duri, sotto l’aori nero, fino ad incontrare lo scalino del petto, e da li, verso il centro, fino ad incontrare quella cicatrice a croce, proprio sul cuore, tanto profonda e orribile da privare il muscolo di pezzi di carne, disegnando orribili avvallamenti e solchi mal ricuciti a forma di X. Lontani sono i tempi in cui lui scappava dal tocco di lei. Lontani sono i tempi in cui non riusciva a sopportare quel tocco rovente. Ora lo sopporta come il più piacevole dei dolori, eppure i muscoli del volto s’irrigidiscono un po' quando le dita di lei, inevitabilmente, cadranno in quei solchi orribili e frastagliati. Ma se lei provasse a ritrarsi, incontrerebbe la forza di quelle dita a premerla li. Non è solo la forza fisica. È la sua forza di volontà. Lei deve stare dove fa più male. Perché se non ci sta lei sarà da solo coi suoi demoni. La vuole li, e lo sguardo glie lo comunica dritto in quelle pozze color oceano <Ho ricordato da dove viene questa> Commenta, la voce è tesa. Come quella di chi si sta apprestando a scalare una montagna troppo alta <O almeno credo… non sono sicuro che abbia senso quello che ho visto> Tensione che sale, muscoli della mascella che si serrano, al punto che le parole escono raschiate dai denti serrati. <…> Non riesce ad esprimerla, quella muta richiesta d’aiuto. Lascerà che sia lei a capirla, se ne è in grado, dal suo distogliere lo sguardo, e abbassarlo su quel ventre tondo che sfiora il suo addome.

20:08 Sango:
 Di fronte a lui ormai, di fronte chi può dire che ha carpito non solo il suo cuore, ma l'ha proprio rimesso in sesto, quando molto sembrava perduto, quando il cielo s'è fatto scuro e violento, qualcosa è riuscito a rischiarare il tutto. Un sole potente, imponente da non poter controllare, il fuoco che ne divampa e rende il tutto quanto più vivo nella propria di vita. Non avanza più adesso, non si trascina tra gli eventi, i giorni, ma li vive adesso con gli occhi di una nuova creatura, come fosse nata adesso, oggi. Per lui, grazie a lui, e se ne sentirà non in debito come fu con Akendo al tempo di kiri, ma come una compagna. Lei stessa che inconsapevole gli ha donato qualcosa per vivere meglio, amare la sua parte più oscura per prima, solo per poter apprezzare anche il dopo , quelle parti che nascono adesso con lei, quella dolcezza che si sono infusi l'uno nell'altra senza mai dimenticare davvero la loro indole, la loro inclinazione violenta e selvaggia che li anima, quella che è nata con loro che s'è accresciuta con loro. Accoglie quella sua presenza tanto vicina, lo osserva mozzando il respiro, violenta nel farlo, persa in lui , in quella sua essenza, in quel suo calore, nel corpo nudo per metà che le si presenta sotto gli occhi. La mano la percepisce, gli occhi la vedono anche se vorrà solo affondare nel suo sguardo nero e pensante, lo stesso che l'ha carpita come un fiore, trattenendola nelle sue mani, dure, pesanti, forti, ma sempre gentili con lei. Ma quella mano non si poserà sul viso, come poteva credere, anzi, ma pesante andrà al proprio di polso che troverà senza problemi, senza resistenze alcune. Lascia che quella mano venga accompagnata al suo corpo perfetto, la fredda mano a tangere il suo cuore, li ove al petto troverà quella profonda cicatrice scura. La sente sotto la pelle propria, la mano che affonda nella sua carne, si rende morbida, dolce, ma comprende a cosa possa esser portato quel suo ricordo. Non si allontana, non la toglie, la poggia semplicemente con delicatezza sotto la sua, a coppa dovuta anche alla forma del suo pettorale . Non parla, non ne ha bisogno, ha solo necessità di ascoltare lui, quello a cui donerà non solo attenzione, ma anche la sua vita, quella che è la sua storia che non deve scivolare tra le dita, ma l'afferra, per se, per lui. Ascolta ciò che viene detto , quella sua nuova scoperta, di ciò che richiama il suo passato . < sono qui.. > sussurra lei solo quando le parole saranno finite, scoprendo la sua parte più debole per lui, solo per non farlo sentire solo , perchè non lo è. Stringe lievi le dita sulla carne , le dita ancora li < raccontami > la sente quella tensione seppure ella cerchi di starne lontana, solo per vederlo, per percepirlo, per esser li con lui, in completa attesa per raccoglier quanto di peggio possa rivelarle.

20:51 Shinsei:
 Tocco freddo su pelle calda, quello che voleva, farsi ghermire da quel freddo, spegnere ciò che arroventa il cuore, tenendolo in un incendio turbinante di emozioni contrastanti. È piacevole quel tocco che lei gli dona, e notando che lei non vuole ritrarsi, lentamente, allenterà quel tocco che la stringe. Non è violento, non adesso, ma non sa essere delicato, di quei tocchi come petali. Quelle mani, e quell’anima irrequieta non sono adatte per sfiorare. Troppo nette, o prendono o ignorano. E lei è impossibile da ignorare, quella voce arriva alle sue orecchie, e come il filo di Arianna, il nostro Teseo si muove nel suo labirinto, verso l’uscita che lei stessa gli sta fornendo. Melodica e pacata, distante solo per essere più vicina. Troverà la sua uscita, lui, tornando a guardarla negli occhi. Siamo quindi giunti a questo, occorre un racconto. <Era una di quelle notti in cui…> Può notarlo lei, questo attimo di esitazione nel pronunciare il nome del suo carnefice. Era riuscito ad abbandonare ogni tipo di timore di quella figura, eppure, a quanto pare, ogni tanto quei terrori tornano ad agitare quell’animo spezzato. <Ona aveva deciso che io non avrei dormito> La conduce con se, in quel laboratorio apparentemente così asettico, candido e pulito, in realtà un posto sudicio marcio, putrido come l’anima del suo carnefice, tanto putrido da aver fatto marcire anche l’anima di quel prigioniero. <Dopo…> Oscuro è il tono, teso come il viso dai lineamenti duri, lo sguardo è su di lei, ma è lontano, ripercorre, ricorda. <Dopo avermi torturato, ha deciso che era il momento di divertirsi con me e è andato a prendere il..> Deglutisce, quel pomo d’adamo marchiato e violentato da lei, ancora dolorante, ondeggia su quel collo teso come acciaio <bisturi… per la schiena> Le ha raccontato di quel sadico rituale di cui porta i segni vivi a marchiargli la schiena, come le unghie di una bestia. <Ma ha commesso un errore, si è dimenticato la porta della camera aperta> La chiama ancora così, la sua camera. Quella che invece è una fredda cella per cavie. <L’ho aspettato dietro la porta, e al momento giusto l’ho colpito, con una testata al centro del petto> è un dettaglio inutile? No, permetterà a lei di capire che era molto più basso di Ona e questo a sua volta parlerà al suo cuore, non dell’uomo alto e imponente che ha davanti, ma di un ragazzo, giovane. Indifeso? Mai, ma all’epoca ancora innocente, forse, almeno in parte. <…Ho cominciato a correre ma… c’erano tanti corridoi e..> Si spezza la voce, come se fosse un vetro, rumore di cocci, di frantumi. <…> Schiuse le labbra, fisso lo sguardo, non più su di lei, ma dietro di lei, come se fosse davvero li, ha bisogno di quel filo, oh Arianna, conducilo, o si smarrirà di nuovo. Sotto la tua mano fredda, dolce Ishiba, inizierai a sentire quel cuore, grosso muscolo violento, iniziare a picchiare forte e veloce contro la cassa toracica, come se volesse uscire. Aiutalo.

17:27 Sango:
 Non le hanno mai dato fastidio quelle mani tanto calde, come a voler scongelare un cuore morto, rinchiuso e martoriato. Pezzo dopo pezzo questo era ciò che le restava, quasi nulla, briciole da riacquisire nel tempo, eppure consapevole che mai tornerebbe come quella di prima, troppe cose son cambiate, lei stessa è cambiata incredibilmente in tutti quegli anni. Se l'avesse conosciuta un tempo non l'avrebbe riconosciuta adesso, quando ancora tutto sembrava semplice, come il suo credere che la propria bellezza fosse quella che Konan intendesse. Ma adesso sa, sa bene che anche quel gesto ove le unghie vorrebbero lievemente affondare è intriso di una bellezza arcaica, naturale, di quelle che solo la natura riesce a donar loro nel silenzio interrotto solo dalle loro voci calde, roche, spezzate. E' li per lui, per ascoltare, non per parlare. E' li per raccogliere i suoi di cocci e cercare di rimetterli al loro posto come meglio le viene. La presa della mano non diminuirà, delle proprie unghie che affondano senza graffiare ma probabilmente lasciando il segno di mezzelune sulla carne, segni deboli che andranno via in breve, ma che hanno la loro importanza. Per entrambi, per lei soprattutto, per rendere vera e fisica la sua presenza li per lui. Tace, ammutolita da quello che narra, di come la rabbia inizi a farsi strada nel proprio petto, striscia sotto le vene come un veleno sordo che fa male, di cui si nutre e vuole semplicemente consumarsi. Ma non si lascerà andare, non ancora, perchè quella rabbia, quell'emozione potente inizierà a farsi sempre più strada in lei, come se potesse davvero ribollirne. E lui, ogni parola, non faranno altro che alimentarla e farla divenire sempre più spietata. A differenza del suo dolore, lei reagirà con la violenta emozione di cui si sta nutrendo in questo esatto momento, rabbioso il viso, teso come quello di una tigre, spietata come poche volte lui ha avuto modo di vederla. Forse non l'hai mai vista così, e sentirai le dita stringere il tuo petto come a volerti strappare il cuore direttamente con le proprie mani. E lascia che il fiume lento di parole e di dolore si riversi su di lei, in modo che possa assorbirlo, farlo suo, immaginare lei stessa la scena di qualche laboratorio fetido, e di un giovane la cui voglia di vivere era nata. L'innocenza che tutt'ora si porta dietro ella pare vederla ancora, innocente nel suo non poter scegliere nulla, innocente nel poter solo subire ma qualche volta anche ribellarsi alla sua di condizione. < voleva questo per se > non sembra una domanda, non lo è infatti, ma rabbiosa la voce ad uscire fuori. < desidererei solo averlo qui, e donar lui quello che ha fatto a te > torturarlo fino alla pazzia, alla morte della mente e dell'animo, ma il corpo l'avrebbe tenuto in vita solo per continuare, sempre, ancora e ancora, affondando le proprie dita nel petto che adesso le appartiene. Ma lento anche il tocco si farà meno intenso, meno doloroso per lui. < non permetterò che si riprenda la tua innocenza > e non perchè egli sia li con loro, o al di fuori di quelle mura, ma che i suoi ricordi continuino a cibarsi anche nella morte di quel giovane uomo. Troppo giovane, con così tanta poca esperienza, privato di ciò che a ella è sempre stato a cuore, l'innocenza di una vita. < ..continua > che si liberi di quel ricordo, che lo pronunci nell'etere e che egli possa volar via come non fosse mai esistito. Che s'alleggeriscano quelle spalle di quel peso violento che egli porta ancora, in quei frammenti di ricordi che lo colpiscono.

18:20 Shinsei:
 Abile, questo è lei, abile nel trovare, con lui, ogni volta le parole adatte. Un’abilità che raggiunge la sua eccellenza quando sono da soli, quando lei è più propensa a capirlo, e quando lui è più propenso ad ascoltarla. Quando, insomma, non c’è tutto il resto a disturbarli. Non è un’abilità che deve allenare, lei ce l’ha. Ce l’ha perché suo è quel cuore che vibra agitato nel petto del biondo. Sua è l’anima collegata a quel cuore, suo è il corpo che la protegge. In poche parole, lei possiede completamente l’uomo che ha davanti, che ha accettato quel possesso, e ora le ha concesso di toccare non un pettorale solido e sfregiato, ma centro soffice e indifeso della sua anima. E lei ci affonda le unghie dentro, non per distruggerlo, anche se potrebbe, ma per proteggerlo, tenerlo con se. Insieme al terrore che lo attanaglia nel ricordare, all’agitazione che s’impadronisce di quella figura possente eppure, per lei e solo per lei, tanto fragile adesso, insieme a queste sue emozioni, divampano quelle di lei, la rabbia la trasforma nel felino predatore che tanto difficilmente mostra, e che ora riempie gli ogni neri e tormentati del suo giovane uomo. Si velano di timore quelle iridi nel guardarla, ma soprattutto, sono colme di un profondo rispetto e di tanto orgoglio nel vederla così, ama vederla prender fuoco, in qualsiasi momento, per qualsiasi cosa, non potrà fare a meno che provare un sordido, cieco moto di reverenza per quel felino che è, pronto ad attaccare, con gli artigli affondati in lui. Timore, si, ma è solo l’ombra. Razionalmente sa che non è per lui quella violenza <L’..l’ha preso> Risponde a quella che non è una domanda <L’ha lacerato e l’ha lasciato marcire…> la voce è la sua, oscura come sempre, vibrante, ma il tono è spezzato, non dalla rabbia ne dalla paura, ma dal dolore. Un dolore che rende le corde vocali rigide e quel parlato quasi un sussurro. Arriva a trasalire nel sentire quelle parole, sorpreso e intimorito da quella che ha scelto come compagna di vita, eppure le labbra si stendono, donandole qualcosa che non le dona molto spesso: Un morbido sorriso <Io… vorrei che non smettessi mai di donarmi i brividi che provo solo standoti vicino…> Brividi di vita, brividi che gli hanno consentito di capire che c’è altro oltre quel marcio laboratorio, brividi che gli hanno permesso di accendersi e di coltivare la sua stessa fiamma. Un processo lungo, che prima o poi vedrà una fine. Divamperà l’incendio. A quel giuramento che lei impone, se gli fosse concesso, tenterebbe semplicemente di allungare poco poco la mano davanti a se, per afferrare un lembo della cappa di lei. Un altro piccolo sorriso. Rassicurato dalle parole di lei che è riuscita a scacciare da quella testa la paura. Si, da lei si lascerebbe proteggere, pur non avendone bisogno. è questo che sono. Lei chiede di proseguire, lui annuisce, <mi sono perso.> Comincia ammettendo <Non so quanto ho corso, ma mi sono perso e… più avanzavo, più sentivo vicina la sua voce… ho trovato un bagno e mi sono nascosto.> Lo sguardo torna poco sopra la spalla di lei, perso in quel ricordo, in quel bagno, ansima, come ansimava quel ragazzino, il torso nudo, i pantaloni di una cavia, la schiena per gran parte ancora intatta, le tempie già marchiate da quei serpenti d’inchiostro, i capelli molto più corti, lo stesso identico sguardo bruciante di vita, ma meno ferale. Ancora innocente. Guarda se stesso allo specchio. <La sua voce ha iniziato a farsi assordante e…> Un brivido scuote tutta la possente figura, come un terremoto <Ho iniziato a sentirlo parlare con.. il battito del mio cuore… ho visto la sua faccia comparire al centro del mio petto, allo specchio… era… era me… era dentro di me..> panico, farfuglia, fatica a trovare le parole <Non riuscivo a farlo smettere, la sua voce mi dava il voltastomaco… quella risata…> Un altro brivido <Ho tirato un pugno allo specchio del bagno, ho preso una scheggia dello specchio> Tuona il cuore picchiando contro la cassa toracica, e per lunghi interminabili momenti lui non parla più. Labbra chiuse, sguardo sbarrato <L’ho pugnalato.> Un mormorio flebile, mentre quella cicatrice avvampa sotto le sue dita, come se fosse di nuovo infetta. La mascella di colpo si serra in un ringhio di rabbia, verso Ona, verso se stesso. <Ancora, e ancora, a fondo. Volevo che tacesse, volevo zittire quella voce e ho affondato quel vetro nella sua faccia più a fondo che potevo> Flebile, mentre lentamente, spossato, si rilassa, lo sguardo ora è acquoso, eppure niente riga il viso, cerca il suo, e se lei volesse concederlo, ne verrebbe invasa da un malsano senso di pace <E ha smesso… l’ho zittito> Un breve, amarissimo sorriso. Eccola svelata la realtà, per te, Sango. Sei una Shinobi tra le migliori, tra le più esperte, e hai capito che quella cicatrice che stai toccanto, se l’è inferta da solo. S’è quasi ammazzato nel tentativo di scappare. <Mi sono risvegliato nella mia camera….> Un cliclo che neanche quel gesto estremo è stato in grado di spezzare, riportandolo in quella cella che non può non definire camera.

18:43 Sango:
 Non ha bisogno di dire molto, se non con quello sguardo pesante che è per lui, per quello che le lascerà fare e adesso quello sguardo sarà pura tempesta, ma per lui, solo per lui. Intoccabile adesso, come ad aver eretto lei stessa un muro di terra intorno alle loro figure, in modo che alcuno possa anche solo pensare di poter anche solo provare ad affondare le proprie mani nel proprio essere. Nel suo essere che adesso le appartiene. Non come un collezionista, non questa volta, non ha bisogno di collezionare anime altrui per provare a riempire il vuoto sordo e scuro del proprio essere. Molte volte l'ha fatto, s'è sempre presa ciò che voleva, chi voleva, e per ogni volta un pezzo di se andava via, e si cibava di loro. Ingorda ed orribile, serpente che sussurrava nei cuori di altri, ma adesso quel serpente ha morso quello stesso cuore ma senza strapparlo via, quando le dita allentano la loro presa, per cercare di salire al suo viso. Calda la mano, si chiude dolcemente a coppa tra la sua mascella dura e la gota sinistra, per carezzarlo con la punta delle dita, ma senza mancare di quell'espressione feroce, che non verrà addolcita ne addolorata. Quelli son sentimenti che ci sono, si, ma son troppo deboli in confronto ad una furia che ricorda benissimo quella provata per l'ex Hasukage. < non l'ha preso > sussurra torbida < non del tutto > o non avrebbe mai potuto darle nulla, così come lei inconsapevolmente ha potuto donare quel che di poco le è rimasto. < se non vuoi non accadrà > conosce la sua volontà, perfino più alta e grande della sua mera forza fisica. Quella decisionale, come quella che l'ha portato alla soglia della propria abitazione ormai molti mesi prima. Tanti ne son passati, il tempo che viene scandito in modo ambiguo per lei, come se scivolasse tanto velocemente via dalle proprie dita. Ma le proprie dita continuano ad afferrarlo, a tenerlo vicino a se, vicino a quello che altro non è che la propria di volontà. E la sua volontà adesso è sua, proprio per lui, che lo vuole mantenere legato a se anche con un breve brevissimo contatto della propria pelle. La mano calda che carezza la sua, mancando di quella ferocia che ancora sarà possibile rivedere nel suo stesso violento sguardo. Ma adesso la storia non è ancora terminata, non è finita per lui che andrà a riviverla, e per disegnarla nella mente della stessa rossa. A immaginare quelle stesse simili gallerie presenti nel sottosuolo di otogakure, cunicoli, rientranze, di quello che è altro non è che un labirinto, e lui come avrebbe mai potuto comprendere dove andare? Lo rivede come vedrebbe se stessa, in un loco diverso, ma spaventata, orripilata, cercando un posto ove nascondersi solo per avere salva la propria di vita. Lo sguardo verrà tenuto sempre e solo per lui, quello stesso sguardo che potrà vedere sebbene violento, impregnato di calore antico, di qualcosa che sa perfino di materno, di una dolcezza che non potrà mai esprimere ad alta voce in quanto non ne sarebbe mai capace. Segue il suo narrare, segue quello che è chiaramente un Genjutsu fatto e finito, di quella faccia che riusciva a spuntare dal cuore dello stesso giovane, quanto ignaro piccolo ragazzino, pregno di quell'innocenza che non avrebbe mai potuto comprendere di cosa andava a trattarsi. Sospira, tra le morbide rosee gemelle, rese meno rosse dal violento freddo che l'avvede prendersi carico del proprio di corpo. Ascolta come fu egli stesso a provocarsi quelle stesse profonde cicatrici violente, di come la salvezza della mente aveva deciso di impregnare il corpo di qualcosa di tanto ferale quanto il colpirsi dritto al cuore. < sono felice che tu sia riuscito a non uccidere te stesso > se solo la lama fosse affondato quanto più nella sua carne, allora avrebbe perduto la sua stessa vita, quella che adesso s'è reincarnata in quello che altro non è che lei, in quel pancione, in quello stesso singolare avvenimento che l'ha colti in modo del tutto inaspettato, ma voluto, almeno dopo, per entrambi. La stessa mano che ha carezzato quel viso, scivolerebbe di nuovo in basso, verso quel petto ancora nudo, sfregiato, di quella cicatrice che si porterà per sempre, di quella che vedrà sempre in qualsiasi specchio egli vada a voltarsi. Lo vedrà lei, quell'anima in pena? Si. Sa che è li sotto le proprie mani, e potrebbe strappare lei stessa la carne e l'anima per cibarsene e farla sua, ma no, non lo farà con lui, che è riuscita a cogliere anche il proprio di cuore avvelenato e reso sterile dal tempo e da se stesso. < non è più qui > riparla a quello stesso cuore, con la lentezza che le si addice in momenti come questo, nella voce roca ma non spezzata, sicura, forte per lui, a sorreggerlo. e donargli quella forza che gli manca adesso. < e mi chiedevi se ti avessi mai preso con me quando eri giovane.. > solo adesso nasce un lieve sorriso < si che lo avrei fatto > per strapparlo a quelle mani l'avrebbe fatto < ti avrei già donato una possibilità a quel tempo >

19:33 Shinsei:
 Quelle parole, le prime di lei sembrano cadere in un baratro senza fondo, senza pareti, senza soffitto, senza luce, sembrano cadere nel nero. Una eco che si perde nel niente. Eppure una parola sola lo accende, come al solito, abilmente trovata da lei. “Vuoi”. Unica parola che appella alla sua ferrea volontà. Una cosa l’ha sempre mosso in questa terra, il proprio volere. Un volere che lei ha saputo accendere e coltivare, si, ma che era insaziabile ed incontenibile già da prima, e questo, quelle iridi violente, tempestose, oceaniche, l’hanno colto da subito. Hanno visto qualcosa che, con una sua sciltilla, avrebbe potuto tramutarsi in qualcosa di inarrestabile, e quel qualcosa, la sua volontà, torna adesso a lui, che stringe violentemente quella cappa di lei, mentre lo sguardo, da perso, ritorna traboccante di vita, d’un nero lucido e denso, dal taglio ferale e animale, di più, arrabbiato <Non accadrà. Impedirò che si prenda altro di me.> Assoluto nel tono. Non c’è replica che tenga, anche perché chi dovrebbe opporsi è solo nella sua testa. Eppure torna a bruciare quella volontà, nella voce oltre che nello sguardo, rianimata da lei, come bestia sopita e incatenata da quel ricordo. Di sentimenti violenti s’animano entrambi, l’uno per l’altra e entrambi per quel qualcosa che hanno creato e cercano di proteggere insieme, qualcosa che, in momenti così delicati, in realtà si rafforza di nuova intimità e rinnovata fiducia. Dal confidarsi l’uno all’altra solo questo posson trarre. Perche tra loro non v’è giudizio, solo comprensione. Nel sentirla contenta di non essere riuscito a uccidersi, quel tormento interiore si placa, forse si, forse ha ragione lei. È meglio così. Eppure la pelle resta impregnata di quel maleodorante senso di godimento e di pace che ha provato, accasciandosi al suolo con il petto aperto per sua stessa mano, nel sentire il silenzio e finalmente la liberazione da quello strazio. Ma ha ragione lei. Con il senno di poi, non avrebbe costruito tutto quello che è nato con lei. Quella mano stretta alla sua cappa s’allenta un pochino, le dita, se lei lo consentirebbe, andrebbero ad affondare nella stoffa fino ad appiattirsi forti e irruente, ma nemmeno minimamente dolorose, roventi, sulla forma di quel ventre tondo e teso, la evoca, la vita che c’è li dentro, con il tocco d’un padre, ne trae certezza, calma, forza persino. Lo sguardo si poggia su di lei. D’alza la seconda mano, andrebbe al collo, anch’essa irruenta e indelicata, forse, ma comunque lenta e senza eccessiva forza, anzi. Le dita andrebbero a prendersi la pelle delicata di quella giuntura tesa da muscoli e tendini, fino ad infilarsi nei capelli, sorreggendo la nuca, il pollice sulla guancia di lei, tutto se ne avesse il consenso, ovvio <Perché lo avresti fatto. Biakko di Akatsuki, Mukenin, Jonin di Oto, Splendida e terribile forza della natura, perché avresti dato una possibilità ad un bambino di oto?> Evoca una risposta, tornando a penetrarla con lo sguardo nero e profondo, ritornato a nuova vita.

20:00 Sango:
 Richiamarlo diviene quasi facile, semplice ad occhi esterni, ma ciò non significa che non ci sia sacrificio. Da entrambi, a parlare e ascoltarsi in quella piccola radura immersa nell'oscurità di un bosco tetro e inabitabile per molti, ma chi come loro potrebbe trovarne una casa, tra le ombre, i sussurri, i dinieghi perfino! E lo anima di quella cattiveria, di quella rabbia inaudita che di nuovo prenderà piede nel suo stesso animo, incendiandosi a vicenda, per richiamarlo dalla sua mente e dai ricordi che la rompono, irrompono gli stessi quando meno se lo aspetta, e in quella solitudine d'entrambi è possibile per lei rendersi così come questa notte. Per lui. Non v'è giudizio altrui, solo comprensione, dopotutto non sono loro stessi a crocifiggersi per ciò che avrebbero potuto fare? Sono loro a dettare quelle loro regole malate di ciò che sia giusto o meno pensare, provare, in cui affondare con le loro menti distorte e vedere il mondo come si presenta a loro. Crudele. Da distruggere. Eliminare. La cappa che viene violentata ma a cui non darà peso ne toglierà ne proverà a sciogliere quella presa che la trattiene li, vicina a lui. La stessa mano che la lascia per porsi al ventre gonfio di vita, non si sottrae a tale caldo e bollente tocco, anzi, andrebbe ad accompagnare la sua mano con la propria, con calma, senza nemmeno tentare di sfuggire alla gemella che si solleva fino al collo, che la trattiene li , che si sottrae alla stessa pelle per tornare ai capelli carezzando la testa. Un brivido, intenso brivido che andrà a spargersi in tutto il corpo, e sentendo quella domanda, di quei titoli che non le appartengono più, non tutti almeno son li per lei, per quello che è lei , che è stata molto tempo prima. Sorride mesta a quel dire, a quel chiedere < una sola possibilità a coloro che mi sembrano degni > rimembra uno dei loro primi incontri, del motivo per cui l'aiutò in quella circostanza appena arrivato al villaggio delle ombre < ma darò sempre una possibilità a chi è innocente > a coloro che per lei meritano più di tutti d'averla quella possibilità , di avere quello che non hanno potuto avere < coloro che di colpe non ne hanno > coloro la cui vita è stata traviata, messa ad un bivio . < l'avrei data a te > innocente, per lei, ai suoi occhi, di ogni cosa fatta e subita.

20:25 Shinsei:
 Una vita che cresce, un’utero e le mani dei genitori a proteggerla, che il resto scompaia, quella è una famiglia. Rapito dal suo sguardo, ingordo di quel blu, la ascolterà, non reprimerà quel tocco l’unico tocco da cui non scappa. L’unica che ha quel permesso. Lo sentirà sulla mano che le ha appoggiato al ventre, mentre si prenderà il suo collo e quella nuca, sollevandola dall’obbligo di sostenere la testa per poterlo guardare con i soli propri muscoli. Dita forti la sosterranno, se lei lo consentirà. La ascolterà rievocare parole di quella che sembra un’era passata. Quanto è cambiato da allora? Impossibile dirlo, in alcuni aspetti completamente, in altri per niente, in ogni caso, tutto è partito da quell’incontro. Annuisce piano, ma senza mai staccare gli occhi dai suoi. Guardo che si tinge d’una vena di dolcezza che quasi stona in quello sguardo animale. <Sempre> Parola pesante. Glie l’ha sentita usare solo in un'altra occasione, nel sussurrargli quanto profondamente si senta legata a lui. Eppure eccola, associata questa volta alla purezza. Annuisce ancora, e inizia lentamente, ad avvicinare il capo, incurvando la schiena verso di lei. Arriverà un bacio, potrà capirlo lei anche solo da quello sguardo che s’avvicina <Giuro sui Kami, a costo di avere un mondo cieco, caverei gli occhi a chi non sa vedere cosa sei.> Di nera furia si tinge la voce <Perché non sanno usare un dono come la vista> E ancora, s’avvicina <Non sono più quell’innocente> Commenta ormai lasciandole percepire il proprio fiato sulle labbra <Ma finchè vivo, mai niente capiterà all’innocenza che abbiamo creato> E premono le dita sul ventre, senza fare male, a lei se ne provi fastidio, il tocco è il suo, irruento, ma mai violento, presente. Schiuderà le labbra, cercando, se gli fosse consentito, un bacio che sarà lungo e completo, vorace e impudico, prima di raddrizzarsi <Grazie per avermi ascoltato.> Un mormorio. Non usa spesso quella parola, non ringrazia quasi mai. Ma ora è doveroso, la priverebbe presto di ogni tocco, ma solo per cercarne un altro, molto più semplice, quello della mano. Ma non la tocca, semplicemente, Si scosterà mezzo passo da lei, allungando verso di lei la mano <Vieni> Non un ordine, ma un oscuro richiamo, invito a dargli quella mano e insieme, a tornare a casa [END]

Shinsei, alle prese con uno dei ricordi che lentamente hanno cominciato a fluire dalle nebbie della memoria, si confida, raccontandole la storia di una delle sue cicatrici, con Sango, che si dimostra sempre abile nel ricostruirlo.

La giocata si inserisce in quel filone di free sul recupero della memoria di Shinsei iniziato con Rasetsu.