Guerra e Pace

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20:10 Shinsei:
  [Esterno] Un fischio costante a far di sottofondo a qualsiasi pensiero oltrepassi quella mente instabile. Un fischio che compone una sorta di strana melodia, con il battito del cuore che, potente nell’ampia cassa toracica, non fa che aumentare mano a mano che si avvicina. Ha modo di notare la differenza degli sguardi che gli vengono rivolti dagli abitanti di quel quartiere. Un conto è presentarsi in quel quartiere con un kimono indosso, un conto è presentarsi in… quello stato. Anfibi neri graffiano il terreno mattonato ed elegante, e poi il vialetto del giardino della rossa. La porta di casa presto sarà davanti a lui. Al biondo che indossa le stesse cose che lei gli ha visto indosso quella sera, quando l’ha visto l’ultima volta. Jeans lisi, strappati, ora macchiati, sporchi, ma comunque avvolgenti intorno alle gambe allenate. Chiusi alla vita da una cintura di cuoio nera anch’essa. Una felpa del medesimo colore, di tessuto fine e leggero, che ricade sul torso, disegnandone le forme più essenziali. La zip è lasciata a metà, lasciando modo al petto di cogliere l’aria fresca. Le maniche lunghe son tirate su fino oltre i gomiti. Rivelando completamente gli avambracci e le mani. Anche la felpa è logora, sporca, strappata in più punti, graffi sugli avambracci. Niente di che, piccoli segni rossi, tracce di sangue rappreso qui e la, ma la mano sinistra è fasciata. E la fasciatura è sporca di terra e polvere. Il collo sostiene il volto affilato, impreziosito da quello sguardo dal taglio animale, dipinto in quell’espressione austera che è sua, eppure diversa. La pelle intorno agli occhi è scura, rendendo quello sguardo ancor più selvaggio, aiutano le tracce di sporco un po' ovunque, ma soprattutto aiutano i capelli, privi della solita trecca, ricadono selvatici ai lati del viso coprendo quei dragoni che gli decorano il viso, No, non è nella sua miglior forma. C’è da dirlo. Eppure è li. Sulle spalle uno zaino logoro, in una mano le stampelle con due kimoni, completamente inappropriati a quella figura silvestre. Eppure li ha, sono l’unica cosa colorata, ordinata e pulita che ha, dentro la loro plastica protettiva. Tenterebbe di alzare la mano libera, picchiando con forza due volte allo stipite della porta. L’unico modo in cui è capace di bussare.

20:10 Sango:
 Le manca? Assolutamente. Lo cercherà? Assolutamente no. Insomma, abbiamo capito in quali strani modi lavora la mente della donna, di certo venire meno alle proprie parole non è nelle sue abitudini, sicura di ciò che ha fatto, sicura che lui stia decisamente meglio così. Molto meglio che doversi preoccupare di un essere che forse nemmeno vedrà la luce del sole, rimanendo confinato nel filo tra l'essere e il non essere, e lo avrebbe scelto lei di propria volontà. Ma ancora non è riuscita a convincersene totalmente, rimane in dubbio, non sa nemmeno perchè farlo, perchè essere tanto restia nel liberarsene. Tace nell'oscurità di quella casa, ormai il sole è tramontato da un pò , non v'è più alcuna luce al di fuori, nemmeno Jikken è presente probabilmente nel suo nuovo lavoro donandole in realtà altro tempo per se stessa nella solitudine, prima di riprendere la propria vita in mano, la decisione, e perseguirla senza remissione alcuna. Una volta presa la decisione non basterà che seguirla fino in fondo, senza ripensamenti, senza rimorsi, forse qualche rimpianto. Sosta in ginocchio davanti quel tavolo vuoto, lo stesso vuoto delle iridi che fissano davanti a se senza davvero vedere cosa ci sia, in quel giardino delicatamente sfiorato dai raggi lunari, di una bellezza magnifica, ma ci rivede lei, con lui. Il vuoto è papabile, la casa stessa rimbomba dei propri sospiri leggeri, nesusn altro rumore ad animarla, perdendo il senso del tempo e delle ore, avendo visto perfino il tramonto da li ma non ricordando quando sia calata la notte. Indossa degli abiti molto semplici, estremamente semplici, quel kimono che porta solo in casa d'un bianco latte, non puro, non potrebbe osare tanto, morbido il tessuto che giunge fino alle caviglie adesso per combattere i primi brividi di freddo, le spalle coperte, il seno celato, retto dalla cintola legata allo stomaco in bondo blando. Così com'è blanda la treccia che sosta scompigliata alla porpria spalla. Avrebbe potuto , voluto stare a letto tutto il tempo per annegare, assorbire tutto, farlo proprio e forse digerirlo, restare inerme tra il calore delle proprie coperte, in attesa del nuovo giorno. S'è costretta solo per merito di Jikken, per rendersi viva e presentabile ai suoi occhi. Tonfi sordi sulla porta di casa. Tonfi che la fanno raddrizzare in un attimo, spaventandola, troppo presa dai propri pensieri e dal nulla che quei suoni nel silenzio sembrano i battiti d'un demone, e forse è proprio lui. No, non pensa decisamente che possa trattarsi dell'Uchiha, quanto più di Jikken, meglio ancora Kan, forse è venuto li per vedere come stava dopo essersela data a gambe dall'ospedale? Si, probabile. Il cuore che prende di nuovo il suo consueto battito, leggermente più veloce rispetto al normale, sollevandosi invece il corpo, trascinandosi verso l'entrata accendendo una blanda luce per non cadere e non farsi male, troppo fioca per tutta l'enorme stanza, che bruciano le retine delle azzurre stanche, ma vive almeno. Lo stesso morbido passo che si accompagna fino l'entrata, le mani a stringere debole la porta e aprirla, e.. nulla. L'ombra cala su di lei, portata da lui, un ombra di cui si tinge il viso nel vederlo di nuovo li, alla sua porta, d'un vacuo rossore e dello sguardo che cerca di fuggire al nero altrui per i suoi vestiti, ne registra le macchie, lo sporco stesso, ne registra tutto.. ma non si sposta, non ancora. < cosa ci fai qui > una domanda che viene posta, stanco lo sguardo, stanca la voce alla stesso modo , mancando del rispetto che dovrebbe donare a coloro che bussano alla propria casa senza invitarlo ad entrare. Lo stesso sguardo che volge ai kimoni presi, alla sua stessa borsa, non trovandone un reale significato < .. > no, che senso avrebbe chiedere adesso, riportando lente le azzurre al suo viso, cercando di non provare quel lungo brivido che la scuote, il petto, le braccia, il corpo stesso, l'anima vibra ancora. Ah, quanto è difficile.

20:11 Shinsei:
  [Esterno] Passi frusciati all’interno, una luce gialla che s’accende, niente di più se non, poco dopo il rumore della porta che si apre, la luce che la illumina da dietro, stanca, sfatta, non pronta, eppure perfetta. Se quella stessa luce restituisce al biondo un’immagine scura e in controluce. Dovrebbe riuscire la stessa luce a fornire all’Ishiba un’immagine ben precisa di quel volto affilato, dipinto in quell’espressione austera, di quegli occhi che immediatamente la cercano, costantemente animati da quell’inquietudine che sempre lo tiene vivo nell’unico modo in cui sa vivere: al massimo di se stesso. In qualsiasi situazione. Quella stessa incessante ricerca che stasera l’ha spinta da lei. Perché stasera? Perché si. Si è punito abbastanza da accettare i suoi errori e andare avanti. Quel senso ci colpa per non esserci stato l’ha portato a distruggersi, di nuovo, e lentamente, da solo, si è ricostruito. Male forse, come sempre ogni volta che succede, ma l’ha fatto. Perché? Perché lo voleva. E perché lo voleva? Per essere lì, almeno in grado di parlarle. Da quanto non mangia o non beve? Non importa, resta li, granitico nella sua altezza e nell’espressione. Si prende la domanda di lei, inespressiva e, forse, per lei, ineducata. Ma se lei avesse la forza di guardarlo non noterebbe sorpresa nel non essere invitato a entrare. Cosciente fino in fondo del fatto che l’espiazione delle sue colpe sarebbe dovuta passare da lei, oltre che da se stesso e dalla pessima opinione che ha di se. Quindi vanno bene le scortesie e qualsiasi altra cosa ci sia. È pronto. Le labbra si schiudono, lo sguardo nero, tagliato, ardente, resta per lei. A fissare, probabilmente uno sguardo che non sarà più per lui adesso. <…> no, nulla esce da quele labbra. Il cuore batte tanto forte che probabilmente sarebbe udibile anche fuori dal petto, ma no. Purtroppo per il biondo Uchiha, niente è visibile delle sue emozioni. Come sempre. Tragica condanna di quello sguardo animale <Sono qui per.> parlare. Per farti ascoltare ciò che ho da dire. Per rendere manifesta la mia volontà dillo! <Te.> Completa invece. Impedendo a lo stupore che lui stesso prova per ciò che le viscere hanno sputato fuori dalla sua bocca di apparire sul volto. Esiste forse frase più chiara? Diecimila nella sua testa. Ma è uscita quella. Il tono è basso. Non ha bisogno di strillare, ma è carico di se, di quell’irrefrenabile irrequietezza che lo domina. È carico di tensione. Di quella tensione che riesce a mascherare con il volto ma con nient’altro. E probabilmente nemmeno con quello, visto che basta uno sguardo nei suoi occhi. Uno sguardo che sappia leggerlo. Qualcosa, nelle viscere, gli impedisce di aggiungere altro. Come se il suo istinto fosse convinto che quelle quattro parole bastino. E in fin dei conti, quella chiacchierata questo significa: o tutto o niente. Come lui ha sempre vissuto. Lascerà che lei spezzi quel legame così forte eppure appena nato, si lascerà allontanare da lei, oppure rinsalderanno quel legame al punto che niente possa più spezzarlo. Ma è la volontà di entrambi che conte. Come sempre è stato tra loro. E lui non ha ancora avuto la possibilità di esprimerla. Gesti sono stati compiuti, ma le parole sono quelle che mancano. Resta fermo sulla porta come una statua, senza forzare niente che non sia voluto da lei.

20:11 Sango:
 Scortese, restia, proprio con lui. Perchè doveva rimanere incinta? Avrebbe potuto continuare la propria vita come sempre, sebbene più felice in quel periodo di quanto possa ricordare, e proprio al momento più bello tutto s'è tinto di nero. Ovvio che veda quella nuova vita come un peso, significherebbe doversi moderare , non poter combattere, sentirsi debole con quel senso di doverla proteggere per forza. Stringe i denti al labbro mentre ripensa a tutto, stringe il proprio nero, fissando quello che la guarda dalla sua altezza imponente, il suo viso che può esser visto illuminarsi un poco, ma l'espressione della rossa non sembra cambiare molto. E' propria la colpa, nell'illusione della condanna di non poterne mai avere, dover coinvolgere lui significherebbe doverlo relegare a se , alla sua nuova vita. Ma sa anche che non se ne andrà da li, troppo testardo, troppo forte, se quella è la sua volontà reale, sa benissimo che lo troverebbe di nuovo alla propria porta. Sospira, lasciando che le spalle rigide possano ammorbidirsi, che il collo prenda una piega più dolce per non sentire fastidio o dolore che sia < suppongo di dovertelo > un basso mormorio cercando di ignorare il desiderio di poter allungare ancora le mani verso di lui , di potersi sentire parte di lui, delle sue mani sul proprio corpo. Sente quel calore avvolgerle il viso e stringe forte le mani ai fianchi, per impedirlo. Volgerà invece la schiena verso l'entrata, lasciando aperta la porta in quel chiaro invito ad entrare, a superare la soglia di casa e immergersi nella semi oscurità dell'abitazione < preparo il tè > la voce è calda, ma troppo roca perfino per lei, si trascina verso quell'angolo aperto che da sulla cucina, non completamente separato dal resto della casa, e molto più moderna rispetto lo stile antico che ama < perchè hai i kimoni con te ? > beh, la borsa può immaginarlo, ma i kimoni? < puoi appenderli nel mio armadio > un altro invito a metterli dentro quella che è la propria stanza, ad aprirla, a inoltrarsi in essa e lasciare li le proprie cose, mentre lei armeggia con la teiera tra le mani riempiendola di acqua fredda, la stessa che andrà poi a posizionare su uno dei fornelli. L'accende, al massimo per esser pronto prima. Fa con calma, prima di sapere di doverlo affrontare, eppure non v'è rabbia nel proprio sguardo, morbido, soffice come il cielo stesso, lontano anche < hai fame? > che ne abbia o meno andrà ad aprire il frigo con gli avanzi della cena precedente nemmeno toccata, tutto è li, mancano solo le vaschette di Jikken - ingordo - e null'altro. Trattiene il tutto portandolo verso il tavolo principale, e solo dopo, recuperando due paia di bacchette, salsa di soia, acqua, e tutto ciò che serve per una cena completa. < sono avanzi di ieri > una blanda scusa per il cibo freddo e non caldo come dovrebbe essere, ma apprezzerà anche il ruggito che nasce direttamente dallo stomaco, li ove poggia la mano in evidente imbarazzo, tentando di nasconderlo prendendo posto tra i cuscini morbidi e grandi .

20:11 Shinsei:
 Resta fermo ad osservarla in quello sguardo blu opaco, riuscirà ad averne un po' per se? Dov’è il mare in cui affondare e trovare finalmente la calma per quell’anima in pena che è il biondo? Non c’è. Non per lui. Non adesso. Non c’è pace da cercare, c’è da costruire ora. Ma no. non se ne andrà. È il suo compito. Rimanere li. La osserva stringersi i denti sul labbro inferiore. Ma nient’altro. che stia davvero ponderando l’idea di mandarlo via? Non può saperlo. Non può sapere niente. Finchè lei non parla. E quelle tre parole, le prime tre parole. Aprono una nuova ferita nel petto. “Dovere”, si tratta di questo dunque. La parola cardine tra di loro è stato volere. Entrambi hanno voluto ogni momento che hanno trascorso insieme, ogni esperienza avuta è stata voluta. Eppure, lui adesso è stato fatto entrare per l’opposto del volere… il dovere. Abbassa lo sguardo nero, come se fosse pesante tenerlo sollevato. Come se facesse male. Reprimendo quelle voci nella sua testa che continuano a sussurrargli quanto lui e nessun altro sia responsabile di quel trattamento. Quanto sia stato lui ad averla lasciata sola. La mascella, violenta si serra. È già scomparsa dentro casa quando lui decide di entrare. Appende le stampelle all’ingresso e ci poggia lo zaino sotto, togliendosi gli scarponi. Non entrerà in camera sua. <Ci ho tenuto a non perderli insieme al resto> Risponde quando lei chiede dei kimoni, avanzando lentamente dentro quella casa che conosce ormai bene. No, non risponde sul tè, perché non è una domanda. Per un secondo rievoca il momento in cui ha deciso di liberarsi di ciò che era. Per essere qualcosa di nuovo. Cosa? Dovrà deciderlo con lei. Resta fermo all’ingresso dell’ampio ambiente che è la cucina-salone, ad osservarla mettere su un tè di cui non gli importa, chiedere di una fame che ha ma che ignora, osservarla prendere comunque degli avanzi e imbandire la tavola. Possibile che ciò che ha da dire conta d’improvviso tanto poco? Sente scricchiolare i denti. Quasi potesse romperli tanto forte li stringe. La osserva porre tutto sul tavolo, recuperare bacchette inutili, ed infine accomodarsi sugli ampi cuscini. Resta fermo qualche secondo. Con quell’espressione dura, la sua solita, animalesca, che però ha perso quel fare altezzoso e austero. Finchè non decide di muoversi. Passi eleganti e felpati, ma ampi e sicuri a percorrere il salone. E dove va? Tenterebbe di proseguire senza fermarsi fino alle spalle della rossa, per poi allargare le gambe e sedersi sul suo stesso cuscino, proprio dietro di lei. Facendo sì che lei si trovi praticamente avvolta dalla nera figura, con quello sprazzo dorato e selvatico in testa. Una posizione molto simile a quella della panchina davanti casa sua, ma le sedute sullo stesso livello. Sempre qualora gli fosse consentito allungherebbe verso di lei le braccia ampie. Larghi serpenti roventi per cingerla sopra le sue. Una all’altezza del seno andando a prendere la spalla opposta, una all’altezza del ventre fino a oltre il fianco opposto. Che cos’è? È un gesto. Perché alla fine è sempre stato così. Parla molto meglio coi gesti che con le parole, e lo sappiamo.<Sono qui.> un sussurro nero e profondo <Sono qui perché voglio esserci per te, qualsiasi sia la decisione che prenderai> è inutile girarci tanto in torno. Che si fottano il tè, gli avanzi, la forma imbellettata. È sempre stato così per lui. Dritto al punto. <La catena che abbiamo voluto per noi ci stringe da prima di questa cosa e l’unico modo che abbiamo per affrontarla è insieme.> la voce è bassa e vibrata. Come se non parlasse alla sua mente ma a qualcosa di più profondo <Sono qui.> Ripete <Qualsiasi cosa sceglierai di fare, affronteremo le conseguenze insieme.> Una frase che pesa, mentre la spinge verso l’orecchio di lei. Pesa perché le sta dicendo che accetta il fatto che sia lei a decidere, se non vuole ascoltare ciò che ha da dire lui. Pesa perché significa che accetterà qualsiasi decisione senza sapere di chi sia quel bambino. Pesa perché manifesta quanto stretta sia quella catena per lui. Quanto forte sia quel legame. Attraverserebbe qualunque cosa con lei. Questo significa.

20:12 Sango:
 Non se ne rende nemmeno conto di quanto quelle tre singole parole abbiano potuto ferirlo, forse più della stessa scortesia e del non farlo entrare immediatamente, perfino nel rifuggirne di quello sguardo . Non si rende conto di cosa sta facendo < in che senso perderli? > no, non sa nulla, è evidente dalla sorpresa che tinge il viso della rossa, ne come sia stato proprio lui causa del suo male, probabilmente anche quello di molti altri . Avanza lei per il tè, per recuperare del cibo, con solo la coda dell'occhio vederlo ancora in piedi in quella stanza, lei invece che andrà a sedere su quel cuscino in ginocchio, la schiena piegata più avanti, i capelli che scivolano ai lati del viso per ripararla, mentre la destra solleva quelle bacchette senza la minima forza, un gesto nemmeno pensato, semplicemente per farlo. I brividi salgono dalla schiena al collo, è li, dietro di lei, ne può sentire lo sguardo pesante trafiggerla, di come il proprio respiro si spezzi nel sentire quel tonfo di arti poggiati a terra. Si solleva quella lieve aria, improvvisamente sostituita dal calore del corpo con cui si trova così estremamente vicina, a contatto. S'è irrigidita, com'è difficile non abbandonarsi al calore che prova, ai brividi caldi, la schiena che si rilassa d'improvviso apprezzandone il contatto, di quella piccola sensazione di protezione, adesso necessaria. Sente le braccia forti scivolare oltre, scivolano sulle braccia e sul ventre per stringerla..le bacchette che cadono, non ha senso mantenerle tra le dita, portando le proprie mani su quelle stesse braccia forti per stringerle delicata, no, non per scacciarle, per trattenerle a se piuttosto, nel calore che vuole, in quello che s'è sempre negata e adesso egoista si riprende. < Shinsei > mormora bassa, roca la voce nel sentirlo parlare, di quella scelta e decisione a cui non si opporrà, ma che vuole anche lui < sei giovane, hai ancora molto da riprenderti > la mente, la memoria, la vita stessa < non posso permetterti di buttare via tutto per..per > chiamalo col suo nome Sango, perchè ne hai così tanta paura? Forse perchè lo sai, che se lo dicessi ad alta voce lo vorresti, la vorresti, comprenderesti quanto profondo possa esserne il desiderio. < lui > è quasi convinta che sia un lui, un potenziale lui insomma . Ma resta nel silenzio, senza rifuggirne, senza sapere che egli non sappia che sia davvero lui il padre, ah come s'arrabbierebbe anche solo a sentirglielo dire, ma rimane qualcosa che non potrà sapere, non se non chiederà, ed è forse giunto il momento di dargli un pò di spazio, ascoltarlo < cosa pensi ? > no, non solo in quel momento, una domanda che serve per scavare più a fondo , in quelli che sono i suoi di pensieri, i suoi di dubbi, lasciando che sia il silenzio a farne da padrona, per qualche attimo, prima di prender fiato, nella semi oscurità è più facile parlare, sussurrare alla notte, al silenzio stesso < vorrei tenerlo > un basso sussurro, delicato, che potrebbe confondersi tra le pieghe del silenzio stesso, stringendosi nelle spalle, stringendosi in quell'abbraccio, con lo sguardo basso in quel tavolo ad aspettare, ascoltare, che arrivi infine la sua risposta. Si prende però quel momento di calore, lo prende per se, provandosi in verità a sedere direttamente, per esser più comoda lei, più comodo lui.

20:12 Shinsei:
 <Non è importante.> Non adesso. Che si fottano i chimoni, che si fotta il tè sul fuoco e quel cibo. Non conta niente. Niente conta più di lei. Fiamma nera che avvolge fiamma rossa, questo diventano potrebbe quasi essere un tocco delicato. Sicuramente lo è per i suoi standard, ma è un tocco presente, vivo, che la stringe, indipendentemente da ciò che lei faccia. La sente rilassarsi sul suo addome e sul suo petto. Foresta, corteccia, terra, muschio erba, sangue. Odori pungenti che la avvolgeranno in quell’abbraccio. È lui. Più selvaggio che mai. Ma perché quella posizione? Per farle sentire il suo essere li con lei al di là delle parole, ma soprattutto per tenere lo sguardo sulle sue gambe, o da qualsiasi altra parte, impossibilitato a guardarla negli occhi. Perché l’ha capito: Quello sguardo nero pesa. Pesa anche per lei. E quindi è meglio negarsi la ricerca di quelle pozze profonde nelle quali annegare ogni cosa. Meglio privarsi di quello sguardo blu, piuttosto che farle del male con il proprio, affilato e animalesco. E lui si rilassa con lei, al suo contatto, finalmente trovandosi nella sua dimensione. Esattamente dove vuole essere. Ma quel nome lo richiama, lo evoca, e ne evoca il battito potente nella cassa toracica che accelera. La ascolta, fino a quel “lui” così esitante, in silenzio, prima di schiudere le labbra. Parla vicino all’orecchio di lei ma c’è distanza. Lei è coperta dai capelli che le incorniciano il viso e che lui, per ora, non discosta, lasciandole quella protezione che chiede <Nessuno decide per me, Sango.> Mormora a voce bassa, calda e vibrata, ma con una decisione inesorabile. <Nemmeno tu.> La sua volontà è ciò che lo domina, <Non puoi decidere per me che è meglio se ti sto lontana. Perché non c’è barriera o catena o vincolo che possa tenermi lontano da ciò che voglio. E io voglio te.> Lei, adesso, in quello stato, con quella vita dentro. Come al solito, il perno del suo desiderio. E questo per quanto riguarda loro due < E mi prenderò ogni cosa di ciò che mi manca.> Conferma. <ma… perché “buttare?”> Chiederebbe. Come al solito, quello che cerca di fare con lei. Riflettere, ragionare sulle cose, senza dover prevalere con il ragionamento. La ragione è dei fessi. L’importante è capire. E arriva quella domanda, finalmente, quel “cosa ne pensi” che lei spinge verso di lui, e il sorriso si snoda <Penso che forse, per chi è destinato al baratro. Ogni tanto qualcuno disegna una strada inaspettata. Impensabile.> Commenta piano <Penso che tu l’hai disegnata per…me.> La voce si spezza. Il cuore batte forte, ma ritrova la compostezza necessaria per parlare, oltre la vista che gli si offusca. No, non piangerà, è il momento di essere forti. <Penso che non posso prendere io una decisione rispetto a questa cosa, ma quello che voglio con ogni stilla di vita che mi anima è percorrere questa strada con te, se vorrai percorrerla, e sostenerti fino alla fine, se deciderai di non percorrerla> Una decisione che si ferma un attimo prima. Una sola volontà: Starle vicino. Sempre. <penso ch…> è lei ad interromperlo. Manifestando quel suo desiderio, un basso sussurro che deve stare attento a non spezzare. Una scintilla che potrebbe spegnersi alla prima folata di vento troppo forte <Penso che potrebbe essere qualcosa che insegni a me qualcosa che non ho mai conosciuto e…che ricordi a te qualcosa che hai dimenticato> Il riferimento è chiaro. Ne hanno parlato. Di cosa? <Può essere… un pizzico di felicità?> Chiede senza riuscire a trattenere le lacrime che volano giù sul viso affilato e sporco, fino a colpirla alla spalla. E ride mentre piange. No, nessun ghigno o sorriso affilato. Ride stirando le labbra. Cos'è che ti fa ridere e piangere insieme? Strizza gli occhi, facendo scappare altre due lacrime, per poi piagare il volto e affondarlo nell'incavo tra la spalla e il suo collo, tra i capelli, e lasciarsi andare <Non escludermi.> Un ordine che non è mai stato tanto simile ad una supplica.

20:12 Sango:
 Perchè buttare? Eccolo quel magico potere di cui è stato investito dai kami , il potere di disinnescarla, non di ordinarle, ma quanto più riuscire a farla fermare, voltare e interrogarsi davvero su quello che vuole. In effetti chi è lei er impedirglielo e per decidere per lui? In quel momento sembrava la strada più sensata, la più facile per dare una via di fuga al ragazzo, non l'avrebbe trattenuto contro la sua volontà, mai , ma adesso quando i peggiori pensieri che s'è fatta non sono altro che falsità, come potrebbe ribattere efficacemente a ciò che dice? Non può , lo sa, lo sa anche lui in effetti, decisamente più bravo a calmare gli animi - per assurdo - di quanto possa mai fare lei. Porta le gambe a raccogliersi davanti il busto, le raccoglie stringendosi un poco < voglio te anche io > semplice nel suo dire, semplice in quel che vuol fare , la richiesta, pregna di egoismo è li, pronta ad esser servita su un piatto d'argento insieme a quel suo dire. Si, ha disegnato qualcosa per lui, forse una strada senza uscita, ne futuro, per ricondurlo al baratro insieme a lei, o forse qualcosa di cui non riesce a comprendere i contorni, troppo lontano da vedere, troppo lontano ancora da poter cogliere. Lei, si rilassa, lentamente, per potergli confessare in quel sussurro cosa vorrebbe, quale sarebbe il proprio desiderio, quello che aveva chiesto tanto tempo prima, e che adesso s'è avverato. Sospira, caldo il petto, sparisce quel peso così come è arrivato, d'un soffio, in un colpo , prendendo per se invece la dolcezza di quel momento < si, è vero > qualcosa che lui non ha conosciuto, l'innocenza di una vita da preservare, e lei ricordare quella felicità di tanto tempo prima, quela di cui ha dimenticato il sapore, per concentrarsi nel calore del proprio corpo, nel ventre, li ove quel seme sta crescendo. Sospira anche lei, con un mezzo sorriso tra le labbra, semplice, dolce, privo di qualsiasi malizia o emozione maligna < potrebbe esserlo > no, non tocca a lei piangere adesso, tocca all'uomo, e sarà anche lei li, senza sorprendersene, donandogli il silenzio del non chiedere, di essere chi vuole essere , di potersi esprimere senza giudice alcuno, solo lei ad ascoltarlo anche ridere, perchè ridi Shinsei? Perchè piangi? Mute le domande che accoglie < se non lo vorrai, se dovesse essere troppo , ti ascolterò > se volesse andarsene semplicemente, per volgere i suoi occhi da altre parti, l'avrebbe accettato. Proverebbe dunque a sciogliere parte di quell'abbraccio solo per spostarsi, in realtà, spostare semplicemente le gambe e il busto a sinistra, in modo da essere sempre tra le sue - magari sopra la sua - e poggiare il viso per metà al suo petto, stanca, ancora, ma meno tesa, più rilassata < Matono sa che aspetto tuo figlio > annuncia, li, dal nulla, ricordando quel pomeriggio, quella mattina di ricerca in effetti, che l'ha vista fuori da quella casa < e non mi hai detto come hai fatto a ridurti così > sporco, con le sue cose dietro, i kimoni lasciati chissà dove su quel pavimento, con tagli e ferite ovunque, che abbia fatto di nuovo a botte? Che abbia attaccato briga con qualcun altro? Attende, la risposta, quella la vuole.

20:13 Shinsei:
 Una riflessione che s’insinua in entrambi. Non c’è una giusta via, ma solo una volontà da assecondare. E per essere ascoltata, quella volontà ha bisogno di una mente libera da preoccupazioni e da pregiudizi. E loro riescono ad essere così solo insieme. È la mente di lei che riesce a disinnescare tanto bene. Di lei e di nessun altro. Perfino la sua stessa mente riesce a dargli problemi, ma in quella di lei, lui ritrova la strada di casa, la serenità. Nel vederla prima stringersi le gambe al petto, allargherebbe abbastanza le braccia fa comprendere anche quelle, tenendole con le mani. A lei. Questo sono, l’una il cuore dell’altro. in quel piccolo momento per loro. Dopo le tempeste che hanno scosso i loro animi, in modi completamente diversi eppure assolutamente uguali. Ascolta quella conferma, mentre ha il volto immerso nei capelli di lei. Per non farsi vedere da nessuno in quel momento di debolezza che è solo suo. La debolezza di un uomo che non ha mai conosciuto la felicità, e che si trova d’un tratto, per la prima volta, a provarne un po'. Non la vera felicità, la speranza di poterne provare un po'. Un pianto senza gemiti, senza singhiozzi, immobile. Il pianto di chi è stato abituato a subire le cose peggiori al primo cenno di debolezza. Tanto disposto a nasconderla da trattenere il fiato. Questo è. Spezzato e ferito, eppure felice, senza forse nemmeno saperlo. Annuisce contro la sua spalla, al dire di lei, quella voce spazza via quelle lacrime, consentendogli di riaprire gli occhi <Per favore. Ricorda sempre che è ascoltando ciò che ho da dire che mi dimostri che conto per te.> Se c’è un insegnamento che entrambi possono trarre da questa storia, forse, è proprio l’ascoltarsi a vicenda. Oltre le maschere di orgoglio che hanno. È dura da mantenere la fiducia in qualcuno, con due vite come le loro, ma quel legame che si sono imposti, probabilmente li ha salvati dal baratro. È un sussurro mormorato nei suoi capelli, come a fare in modo che resti li, intrecciato nel suo cervello. A darle la consapevolezza di quanto grande sia lo scoglio che hanno deciso di affrontare. Insieme. La sente muoversi, nell’abbraccio, allenta rabido la stretta per consentirle di sistemarsi. Accoglie le sue gambe sopra la sua, semidistesa, mentre l’altra è piegata e appoggiata al tavolino, consentendo a lei di usarla come schienale. La sorregge senza sforzo. Lasciando che lei si giri verso di lui, ad osservarne il profilo nascosto dai capelli dorati, selvaggi e sciolti. Che vengono spinto dall’altra parte del cranio con un gesto veloce, una frustrata che libera di colpo il drago nero ad adornare il fianco liscio del cranio, e quell’occhio dal taglio sottile, animalesco, in un alone scuro di pelle stanca, ma vivo, furioso, irrequieto, rovente. Che la cerca senza sosta, dipinto in un’espressione di sorpres <Ci hai parlato.> Non una domanda, una reazione alla notizia <Bene. Abbiamo delle cose da fare, e bisogna muoverci soprattutto… adesso> Oh sarà un essere forte, risoluto e ricostruito nell’animo, prima che quella vita venga al mondo. <Devo parlargli. La sera…> si ferma, doloroso il ricordo di vederla fuggire da lui <in cui me l’hai detto ho fatto una cosa, e lui ci è finito di mezzo. Devo spiegargli.> Si, ma prima di spiegare a lui devi spiegare a lei, razza di scemo <Io… ho provato a distrunggere l’appartamento, Sango. Tutto.> Resta generico sul come. Forse è meglio <Ero furioso con me stesso per averti lasciato da sola a scoprirlo. Per non esserci stato nel momento in cui tu ne avevi più bisogno. Per…> Si colpevolizza <Averti fatto mancare il mio appoggio> Ammette. Quello che le aveva promesso < è per questo che quando me l’hai detto la tazza da tè…> si è frantumata da sola dritta nella sua mano? Potrà notarlo lei, la mano fasciata è sempre quella. Non ha saputo medicare nemmeno quella semplice ferita, se non con una fascia che poi ha sporcato e riempito di terra. <Ho deciso che non sarei mai più stato un uomo capace di questo. Che non volevo più stare li un secondo di più, che mi sarei privato del tutto anche solo del pensiero di volerci tornare. Ho spedito Nani da Matono e ho cercato di sbarazzarmi di quel posto.> glie lo deve <Ma non sono riuscito.> Oh no, < Il resto non lo ricordo. La furia che avevo contro me stesso mi ha avvolto> rabbrividisce <Non mi ricordo che è successo> ammette. <La prima cosa che ricordo è che ero nel Bosco di Oto> Perché oscuro quello proprio non è <Ho sentito che era arrivato il momento di spiegarti tutto> Più calmo adesso, ponderato, serio, di nuovo austero, nel cercare con l’occhio visibile dal profilo, lo sguardo di lei <Sono qui per restare, Sango.> Ecco il perché <è questo il mio gesto> Cerca adesso quello sguardo, lo vuole per se, vuole annegarci dentro e capire quasi senza che lei parli le emozione che questa dichiarazione suscita. Inchiodando la rossa a ciò che lei stessa prova.

20:14 Sango:
 Riuscirà a comprendere che stia piangendo? Che quelle calde lacrime scivolano su quel viso perfetto? Forse, che lo sappia o meno non dirà nulla, consapevole della fragilità di un animo come il suo, di un momento ove poter essere chi vuole senza giudizio o imbarazzo, non sarà lei a donargli questo, ma solo le spalle, la schiena per potervisi poggiare e reggere. < si > una promessa, di ascoltarlo, seppur non se ne penta invero della prima decisione, la prima scelta avrebbe potuto dargli ciò che voleva di più , una via di fuga perfetta senza nemmeno doversi incolpare, sentire uno stronzo, no, perchè avrebbe scelto lei pe lui. Che voglia rimanere dovrà pur significare qualcosa no? Qualcosa di importante di sicuro, e lente quelle spalle andrano a rilassarsi sempre di più, non vi sono difese a reggere, non ne hanno bisogno < mi dispiace > per cosa se non per avergli sbattuto in faccia la porta escludendolo completamente come non valesse nulla. Il corpo si volta, aiutato dal suo, trovando un appoggio alla schiena, le gambe affusolate che sorpassano la sua gamba poggiandovisi sopra, delicata per non fargli male, e la testa a poggiarsi al petto. Adesso potrà sentirne il respiro, il battito, l'odore selvaggio < pensavo che fosse impossibile per me poter mettere al mondo qualcuno > un gesto d'amore di cui non era mai stata in grado, impossibile perfino pensarlo, evitando perfino di desiderarlo davvero, lasciandolo morire negli angolo più bui della sua mente e non tirarlo più fuori < non volevo diventassi padre.. non ora > chissà magari un giorno lo sarebbe divenuto, con il tempo, la calma, la perfezione di qualche momento, con lei o con qualcun altra non avrebbe avuto importanza , ma sarebbe stato voluto da entrambi, non da nessuno di loro, ponendo anche l'accento sul fatto che, si, il bambino è suo. Solleva lento quello sguardo, dal basso all'alto, avrà modo di poterne vedere la gola, il collo, la mascella stessa, per poi ritornare alle pozze nere profonde, di quelle da cui era rifuggita, ah che forza che ha dovuto avere per farlo < si > risponde a quella sorpresa, a quelle sue parole su ciò che devono fare < ho..un piano anche con lui > no, non andrà a parlarne subito, magari non è proprio il momento di farne parola, ma che lo sappia che dopotutto pare che il loro incontro non sia stato un totale fallimento, e che lui ha anche il potere se volesse di farle del male. Gli ha dato fiducia, questo è chiaro, sebbene qualche altra domanda sorga nella mente < chi è l'ultimo membro? > di cosa? Quello ovviamente a voler entrare nei laboratori, Matono non le ha detto nulla su chi sia, magari lo stesso biondo potrebbe aiutarla a capire.Ma adesso , qualcos'altro attira la propria curiosità, qualcosa che è stato fatto, qualcosa che ha fatto lui. < hai provato a distruggere un intero palazzo?> incredula nel sentirlo parlare e confessare quello, e di quanto fosse furioso, incazzato per lasciarsi andare in quel modo < io..> cosa Sango, cosa? < non sono mai stata arrabbiata con te > che non si prenda cose che non lo competono, dopotutto chi mai avrebbe potuto immaginarlo < quindi non esserlo tu > non lo colpevolizza, non vuole che lui stesso lo faccia per lei, di cose di cui probabilmente nemmeno vi ha pensato, preferendo la solitudine di quel momento che la compagnia di qualcuno. Si, la mano l'ha notata da quando è entrato, la stessa mano che cercherebbe di prendere tra le proprie mani < ancora non hai imparato a curarti come si deve > sospira, sebbene sia un pò felice di quella cosa < ..hai spedito Nani > inquilino < da Matono..e hai provato a distruggere tutto > sbatte le lunghe ciglia, per rialzarle a lui le azzurre < ora capisco perchè era seccato > ovvio, chi sarebbe felice di ricevere un inquilino di punto in bianco a casa propria? Ascolta anche quelle ultime parole, sospira calda, dolcemente poggiandosi di nuovo al petto, per poter esser davvero debole in quel momento senza preoccuparsene < Grazie.. per essere tornato > nonostante l'avesse scacciato proprio lei, non avrebbe mai avuto la forza di riprenderselo in quella situazione, avrebbe seguito quelle strada così come deciso..ma quando un desiderio diviene così forte, chi può fermarlo? Solleva di nuovo il viso, provando ad allungare le labbra alla sua gola, li per donare un lieve bacio seguito da un piccolo morsetto senza forza < resta > in tutti i sensi che lui possa comprendere, dal rimanere li, con lei, al lasciare finalmente quell'appartamento e vivere li , come gli aveva già chiesto.

20:15 Shinsei:
 Quel “si”, pronunciato in quel modo, basta al biondo per avere la sicurezza che non accadrà. Prenderanno le loro decisioni insieme. Come quello che hanno voluto essere: due persone unite da una catena autoimposta, che non è prigione ma rifugio. Non risponde al suo dispiacersi. Non serve. L’ha visto. Glie l’ha letto in faccia quanto le conseguenze di escluderlo la stavano facendo soffrire. Eppur sicuro che lei l’avrebbe portata fino in fondo, quella scelta. Perché questo è lei. Indomabile volontà. La sente rilassarsi e la accoglie. Una sensazione che lentamente scioglie le tensioni che dominano anche il suo, di corpo, perennemente inquieto, tranne che con lei, quando può abbassare la guardia. La ascolta ancora, godendosi quella voce musicale, piena di una ritrovata serenità. Annuisce ma è un cenno quasi impercettibile del capo <L’ho visto. Non sembravi aspettartelo.> Commenta. È decisamente un eufemismo questo. Ma lo sanno entrambi. Alla successiva frase risponde con una velocità e una fermezza che quasi non le consentono di finire <Lo voglio io.> Uno sguardo di taglio, a cercarla, a farle capire la volontà che quello sguardo animale trasuda. Troppo irruento? Forse si. Un leggero sospiro, con lei è giusto spiegarsi, se lo merita <Lascia che mi occupi io del mio desiderio di essere padre.> Più pacato <Tu hai una vita dentro di te. Concentrati su questo. Su di te, su di voi. Ma fallo con la consapevolezza che qualsiasi cosa sceglierai, non dovrai farlo da sola. Tutto qui. Sarò al tuo fianco in ogni caso.> Sarà un buon padre? Ma chi lo sa. Molto probabilmente no, sarà un pessimo padre. Semplicemente non ci pensa. Completamente incapace di pensare se stesso nel futuro. Non questa versione di sé, così spezzata e corrotta. Avrà modo acquisire uno sguardo capace di andare lontano, un giorno. Per ora, è votato con tutto se stesso al tempo presente. Affronterà giorno dopo giorno affianco a lei. Ci sarà. Questa è la sicurezza che ha da offrire. L’unica forse, ma proprio per questo, preziosa. La lascia muoversi, come detto, accogliendola e ascoltandola. Annuisce due volte piano, senza parlare, nel sentirle dire che sostanzialmente l’incontro con Matono è andato bene. <Bene. Mi aggiornerai. È importante, vi aiuterà a costruire la fiducia l’uno nell’altra di cui abbiamo tutti bisogno> Fiducia e obbiettivi comuni. Si sta creando una rete. E bisogna rinsaldare i legami. Non chiede di più. Hanno tanto di cui parlare e tanto tempo per farlo. È lei a fare domande, e sgrana lo sguardo <Non te ne ho parlato perché non so ancora se posso fidarmi di questa persona. E se me lo chiedi vuol dire che neanche Matono te ne ha parlato> Gonfia il petto, esala un lungo sospiro <Chiedendomi questo mi metti nella posizione in cui se te lo dico tradisco la fiducia di loro due, se non te lo dico tradisco la tua, e non potrei mai> Bella posizione di merda. Ma d’altronde prima o poi sarebbe successo per forza. Fiducia vuol dire abbassare le difese ed esporsi, correre dei rischi. <Questa persona lavora nella Shinsengumi, Sango. Come te ha molto da perdere da questa faccenda e come tutti noi ha una forte motivazione personale. Voglio che tutto questo prevalga sulle situazioni personali. Lasciami il tempo di esporre la situazione, di fargli capire che farò il suo nome con te in ogni caso, perché sei tu e perché abbiamo bisogno di alleati per fare questa cosa, e tu sei un cardine di questo progetto> Spiega. Con voce bassa e profonda <Ma non mettermi nella posizione di dirti chi è senza che questa persona nemmeno lo sappia. Lo capisci da sola, rischierei di far venir crollare una rete di legami che è ancora giovane e debole> No, tutto è tranne che un picchiatore senza cervello. Sta cercando di costruire qualcosa, si vede. Lo sguardo resta in lei. E si tinge, per un momento, di interrogativo <mh?> Si, sta chiedendo che ne pensa, come sempre. Ragionare insieme è la chiave. Come reagirebbe la rossa, se sapesse che due persone con le quali ha deciso di condividere un po' di fiducia hanno fatto il proprio nome a terzi senza parlarne? Eppure, potrà leggerlo lei in quello sguardo. Le basterà insistere. Le basterà chiedere ancora una volta e quelle labbra si schiuderanno, per spingere verso di lei il nome che cerca. Non le negherebbe questa informazione. Non lo farebbe in ogni caso. Non a lei. Prossimo argomento. La ascolta tenendo lo sguardo in lei come ad usarla come appiglio. <Si.> ha distrutto ogni cosa di se, del vecchio se, di ciò che non vuol più essere. Eppure la colpa torna presente nello sguardo nero, nel sentirla. Magari fosse così facile, non odiarsi. Come fare a spiegare un rapporto che ha con se stesso quando a mala pena ricorda chi è. Non si sopporta. Mai. Ma come fare a parlarne? Forse questi sono argomenti per momenti più tranquilli. Annuisce anche al suo dire su Matono <è un tipo schivo. Tende a farsi i fatti suoi. Mi ha dato una mano e io l’ho ripagato nel peggiore dei modi. Dovrò parlarci.> Per forza. Non l’aveva avvisato nemmeno di aver comunicato tutto all’Ishiba. Quel grazie lo costringe ad allargare lo sguardo dal taglio sottile, sorpresa negli occhi neri e ardenti, la osserva è la prima volta che lo ringrazia. Forse ha accennato qualcosa per Jikken, ma è la prima volta che lo fa in quel modo, sciogliendosi in lui così. Il battito accelera. Ma non di tensione o paura. Un sorriso di taglio, affilato come un coltello, le dona un sorriso forte e determinato, costruito nel legame che ha con lei. La lascia avvicinare, stendendo quasi il collo e godendosi il tocco di quelle labbra e di quei denti. Potrà notarla lei, la pelle rabbrividire, farsi sensibile. Potrebbe forse non aspettarsi conseguenze? Da uno come lui? <Si.> sugella quella richiesta di lei, in tutti i modi in cui lei e lui la intendono. Un si totale, Abbassa il capo, portando il volto dal profilo affilato su di lei, a cercare il suo volto, labbra che si schiudono. È chiaro quello che vuole. Vuole un bacio. E non lo vuole ne delicato ne pudico. È stato lontano da lei troppo tempo per queste cose. E mentre lo cerca, lo brama, la mano non fasciata s’appoggerebbe sul ventre di lei. Una carezza che si concede, a entrambe le vite chiuse in quell’abbraccio, la rossa e la loro <Sappi che non smetterò di…> le sussurrerebbe staccandosi un attimo, in un sorriso animale che lascia capire. Prima di alzare di scatto il volto <me…cavoli, spostati un attimo> Tenterebbe di alzarsi in piedi di scatto, con agilità, lasciandola li sul cuscino. <Il tè.> Lo sente solo adesso il bollitore che fischia da tre ore? Eh, era preso in altro.

20:15 Sango:
 Chi mai se lo sarebbe aspettato? Lei no di certo, lui altrettanto, e sospira semplicemente a quello che vuole lui, al suo desiderio d'esser padre..solleva lo sguardo semplicemente, per osservarlo dal basso verso l'alto data anche la posizione che la mette ancor più in basso rispetto il gigante biondo , non ha motivo di ribattere, non vuole farlo, vuole che la stanza stessa si impregni di quelle parole , se non poi per interrompere lei stessa quel silenzio che s'è fatto troppo lungo < se fossi più forte non troverei..nulla che possa spaventarmi > stringe un poco la mascella, la mente che vola inesorabile a Mekura, alla sua bambina, e al fatto che gliel'abbiano portata via, che sia per gli occhi ? Che possa anche lei avere un peso del genere? Dopotutto son convinti entrambi che lui sia un Uchiha fatto e finito, che possa ereditare anche il proprio figlio quel fardello . Preoccupazioni che per adesso cerca semplicemente di lasciare da parte , dopotutto in pochi sanno della sua condizione, ancor meno sanno di chi sia il bambino in effetti. Chiede dunque di chi sia l'elemento di cui non conosce nulla, non sapendo nemmeno che possa esser proprio LEI, la rosata. E lascia che sia l'uomo a dirle tutto, che possa sfoggiare quel suo desiderio di fiducia, e lo comprenderebbe, davvero, ma quando viene pronunciato il fattore "Shinsengumi" lui stesso potrà sentirla irrigidirsi violentemente < Shinsei > pronuncia quel nome, allarmata, decisamente, così come lo sguardo che lampeggia < non sono nemmeno io ben vista all'interno della stessa Shisengumi, ero una Mukenin, ovviamente fanno fatica a fidarsi di me come io di loro > no, non pone fiducia verso coloro che sono i colleghi, dopotutto non ha mai stretto alcun vero rapporto se non con Kamichi, di odio, ma adesso è morto, tanto meglio per lei < stai attento > deve esserlo ancor di più adesso < potrebbe vendermi come nulla in un attimo > lei sa cosa significa esser dentro quell'organizzazione, come la facciata debba esser meravigliosa, ma l'interno? Probabilmente marcio come altre poche. < non mi mostrerò con il mio nome ne con il mio vero viso.. e ti prego, non dir nulla sul fatto che sono della Shinsengumi > avrebbe usato un altro nome, un altro viso, un altro essere al proprio posto per non rendersi tanto debole < potrebbero aspettarsi un mio qualsiasi coinvolgimento in qualsiasi situazione > nonostante abbia dato molte prove sulla propria "fedeltà". < non prima che abbia compreso se posso fidarmi o no > no, prima deve sapere chi sia, cosa voglia, il perchè lo faccia soprattutto, per poter avere una posizione migliore e più alta , per aver chiunque sia in pugno in modo da non esser lei stessa tradita in men che non si dica < se lo scoprissero prenderebbero la mia testa probabilmente > in tutti i sensi, per mostrarla al mondo, di come la giustizia si faccia sempre valere. Non lo avrebbe nemmeno forzato a dirglielo, così come non ha fatto con Matono, per non metterlo in una posizione scomoda e difficile, ci avrebbe pensato lei, direttamente a comprendere chi sia il membro sconosciuto. < capisco.. l'ho convinto a venire con me all'Ochaya > c'è riuscita in poche frasi, ha acceso la sua curiosità, forse anche la sua voglia di mettersi alla prova . Accoglie quella carezza, non ne prova timore, paura, solo calore, semplice puro calore, di quel bacio che concede lasciandosi trasportare oltre , nell'oscurità ormai sempre più opprimente di quella casa, negli odori dolci e acri del cibo lasciato su quella stessa tavola, e quella frase che rimane a metà, entrambi dimenticandosi di quel tè che ormai fischia da chissà quanto, e di cui adesso si accorge, scostandosi quel tanto che basta per non volare via mentre s'alza, lui < oh > si, già < il tè > ma va? Aspetta quindi, e da li, se il rumore del tè fosse finito, si sentirebbe un bel ruggito . Lo stomaco della donna che richiede attenzioni adesso, di cibo, portando lo sguardo desideroso al cibo portato, ma senza avvicinarsi, vorrebbe mangiarsi anche il tavolo , ma si trattiene per eleganza e cortesia < mangiamo?> la voce che si riempie di speranza, totale speranza, che anche lui possa accettare, e anche velocemente prima che svenga dalla fame.

20:16 Shinsei:
 La ascolta guardandola, la guarda ascoltandola. Difficile dire se sia più lo sguardo nero avaro di dettagli di lei a carpire le sue emozioni, o le orecchie tramite le parole. Tiene quello quell’occhio visibile dal suo profilo, dal taglio affilato, su di lei, senza più timore di disturbarla. Quelle parole gli tirano le labbra sottili in un sorriso piccolo ma affilato <Lo sei, più forte.> Ammette <Hai me.> Sono più forti insieme. Entrambi. Trovano la forza di superare ostacoli insormontabili quando sono insieme. È per questo che lui si mostrerà a Rasetsu senza la sua rossa. Perché è impossibile spezzarlo così. La osserva, in quella calma placida di chi, in quel momento, potrebbe affrontare uno tsunami e uscirne asciutto. E di colpo la sente irrigidirsi. <..mh?> quello sguardo animale si tinge di interrogativo, mentre la ascolta. E la ascolterà fino in fondo, comprendendola. Perché questo sanno fare l’uno con l’altra. Resta in silenzio, fermo per un paio di lunghi secondi. <mh> Annuisce poi due volte piano <Mi sembra giusto. Devi sentirti libera di adottare tutte le precauzioni che ritieni giusto adottare, per il momento. Quando avviserò questa persona del tuo coinvolgimento, non dirò niente di te, come non sto dicendo niente a te.> Respira piano, il volto è serio, nell’oscurità dei suoi occhi marchingegni si muovono <Quando avrò il suo benestare, come so di avere il tuo. Vedremo di vederci Noi quattro e di parlare di quello che dobbiamo fare.> Risponde alle parole di lei. <Abbiamo tutti quanti molto da perdere da questa cosa. Soprattutto tu e quest’altra persona, per quello che rappresentate.> Conscio della situazione di tutti <Allo stesso modo, tutti e quattro abbiamo una forte motivazione ad entrare lì.> Poco ma sicuro anche questo <Ma finiremo tutti per pagare il prezzo più alto, se non riusciremo a fidarci tra di noi. Una fiducia che ci consenta di superare le nostre paure, per un bene superiore> Mormora alla fine. Non sta parlando solo a lei. Sta riflettendo lui stesso per se. Ad alta voce. Dovranno costruire dei legami in grado di resistere sotto la pressione di una situazione che degenera. Perché ne usciranno vittoriosi solo così. Insieme. Questo vuol dire avere degli alleati. <Avviserò anche Matono di non dire chi sei ne il tuo ruolo, se è questo che vuoi. Troveremo il modo per costruire un’alleanza duratura a tempo debito> Per adesso Saigo deve essere informata che c’è un altro membro. Che è esattamente ciò di cui hanno bisogno: un altro agente della Shinsengumi. I ruoli sono perfetti. Si dedica con passione a quel bacio, se lo prende per se gustandone anche il sapore non suo <mmmh> un mormorio, un ringhio, difficile da dirlo, ma poco importa, si alza bollitore e… dove sono le tazzine? Oh Kami dovrà imparare tutti i posti di tutte le cose. Lui che non ha mai avuto niente se non un piano su cui scrivere e leggere e un muro da graffiare nelle notti piene di incubi, adesso si trova in una casa immensa. Lo coglie in questi pensieri la domanda. Riporta a lei lo sguardo <Certo.> Ci mancherebbe altro <Comincia, intanto ti spiego che abbiamo ideato e mi dici che ne pensi.> Sarà una conversazione che andrà avanti per molto? Giusto il tempo di farla mangiare. Lui prenderà qualcosa, sporadicamente, ogni tanto. Il giusto che serve per non far brontolare lo stomaco. Ma si terrà quella fame. Per stasera, lascerà che sia lei a saziarsi. È più importante, soprattutto adesso. Da adesso in poi. Una volta finito di mangiare la aiuterà a sparecchiare, com’è giusto che sia, ma poi la porterà in camera, a soddisfare altri appetiti. Nausea permettendo [End]

20:25 Sango:
 Se ne sente, più forte? Non proprio, non quando si sente così terribilmente scoperta, come ad avere un bersaglio non più alla propria testa ma al proprio ventre, qualcosa che nasce dal nulla, dal suo istinto che si risveglia, d'una protezione che per una volta vorrebbe dare più ad un altro essere piuttosto che a se stessa. Muto è ringraziamento, muto è il sentirsi debole e non soffrirne, di quella debolezza che mai ha pronunciato ad alta voce, di una debolezza che ha sempre nascosto in cambio della forza e della stessa volontà. Precauzioni. Senza dubbio. < non verrò per come mi conoscete, non finchè non sarò sicura che l'altro non mi venda prima di subito > la sua fortuna? Aver saputo almeno che faccia parte della Shinsengumi , che sia qualcuno legato così vicino a lei e così tremendamente pericoloso, tanto da poterla vendere al primo offerente, e lei? Avrebbe fatto lo stesso. < potrei non fidarmi nemmeno conoscendone il volto > sia chiara la propria di posizione, lo sguardo serio, concentrato < ..ma cercherò di fare del mio meglio. > un travestimento, qualcosa di semplice da fare in effetti, efficace anche in molte, moltissime occasioni, anche in quella sarebbe potuta rivelarsi la mossa vincente, per prender lei stessa in mano quella situazione, e giocare lei stessa con la vita d'un altro. I pensieri confluiscono veloci, s'alternano tra le varie possibilità, sul come potersi muovere, sul come rimanere ancora viva, per non lasciarsi sopraffare. Potrebbe richiederne il nome..potrebbe farlo, potrebbe saperlo anche subiot, le basterebbe semplicemente chiederlo. Eppure non lo fa. Non quando quella sensazione di pericolo vibra sotto la pelle, e poi, lo fa anche per lui. Vuol sapere anche lei, ovviamente, ma vuole anche aiutarlo in qualche modo, proteggerlo perfino da quei due che gli ronzano troppo vicino. Inutile però aggiunger altro su quel fronte, in attesa del tè, e di lui, così come della spiegazione di quel lungo piano ideato. < mmh > beh, si, si ingozzerà proprio lei cercando di darsi comunque una calmata, per non soffocare, per rimanere sveglia, e per poterlo lasciar mangiare in pace..beh si, prima che il sipario cali su quella stanza e si sposti nella camera da letto, il miglior modo per fare pace, no? [end]

Shinsei torna a trovare Sango con tutta l'intenzione di rimanere, e dopo un primo momento di dubbio, la rossa non può che accettare, arrivando a quella che pare esser una pace duratura.

Giocata importante per la trama che stiamo portando avanti : Sango viene a conoscenza che il quarto membro dell'operazione per intrufolarsi all'interno dei laboratori fa parte della Shinsengumi.