Fuga.

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21:18 Shinsei:
 Pensieri che si affastellano l’uno sull’altro in quel cranio che non riesce a gestirli. Schegge roventi che ne perforano la coscienza senza che lui possa scappare. Cammina sbilanciato in avanti. Quasi incerto sulle gambe che pure son forti, proporzionare al resto del corpo. Le mani affondano nelle tasche pesanti come macigni, in una stringe quella boccetta. Ha il cappuccio tirato su, a nascondere i lati del cranio tatuati. Ne emerge solo il profilo affilato, con le labbra spalancate in cerca di aria. Ogni tanto un forte scossone del capo lo porta a sbandare fin quasi a fermarsi, come se cercasse disperatamente di togliersi qualcosa da davanti gli occhi. Jeans neri a fasciare le gambe allenate, s’infilano in scarpe pesanti, alte fino al polpaccio, nere anch’esse. Felpa a maniche lunghe a vestire la parte superiore del corpo. Le maniche tirate giù a coprire quel corpo normalmente accaldato, e la zip tirata su fino alla fine. Trema, come se avesse freddo. Lo sguardo oscuro, pesante, è fisso sulla strada proprio davanti ai suoi piedi. Un piede dopo l’altro. Deve farcela. Seve attraversare tutti i settori per recarsi a quello esattamente speculare a quello di Kiri..in quello stato. Ne ha bisogno. Ha bisogno di lei. Sente il cuore accelerare. Serrando di nuovo lo sguardo. Forse dovrebbe fermarsi a bere qualcosa, idratarsi. Potrebbe aiutare. No. Perché perdere tempo? Deve sbrigarsi. O non la raggiungerà in tempo. “No.” Una voce imperante nella sua testa. Maschile, profonda. Sgrana lo sguardo, arresta il passo. Perché andare? L’ultima volta non c’era. Avrebbe voluto parlarle della serata avuta con Jikken e non c’era. Perché dovrebbe esserci adesso? Per te? “No.” Una fitta lancinante alla parte sinistra del petto, lacerata da cicatrici invisibili sotto la pelle <..nh…> Le gambe tremano <M3RD4> uno strillo al cielo. Ringhiato, animale. S’appoggia all’elegante stipite di pietra di uno dei locali della via. Ignorando le occhiate. Una rapida rotazione fino ad appoggiare nell’interezza l’ampia schiena alla parete ben curata, per lasciarsi scivolare a sedere, piegando le gambe. E infilandosi le mani nel cappuccio, scoprendo la testa. Ha bisogno d’aria. Emerge lo sguardo nero, tenta di guardarsi intorno. Visione sfocata. Un minuto, ricomincerà a camminare, si. Un minuto solo. Stringono le dita affusolate il tessuto della felpa all’altezza del petto.

21:23 Sango:
 Non c'è alcuna bellezza da osservare li adesso, i passi compiono strade già conosciute, di anime e corpi ammassati di vita propria e non, ma non ne vede nessuno, semplicemente il nulla, come lei, un pò fantasma se ne rende conto adesso d'esserlo. Un fantasma del passato che è ritornato a vivere, a respirare aria non propria, in una vita a metà e vissuta, cercata disperatamente. Sembra avere quasi lo spazio totale del mondo, nella mente che s'espande, si fa ..calma. La stanchezza è visibile sul viso, le occhiaie profonde, così come anche le spalle, che calano pesanti al suolo, seppur non pare avvertire la stanchezza come dovrebbe. La mente intasata da ciò che non sarebbe dovuto accadere, di quella destra che si ferma li, al ventre, docile ne carezza la veste del giorno prima, indossando un kimono scuro, nero, senza profondità, di quello delle notti privi di luna. Nulla a correggere quel nero, tranne qualcosa al petto, li accanto alla scollatura profonda, un piccolo simbolo, un origami , il simbolo del proprio clan. Le maniche lunghe aiutano a proteggerla da quella nuova sensazione che prova, quasi a volere protezione - no, non è tornata a casa la notte precedente, per questo indossa ancora la stessa veste, semplice kimono che non degna di uno sguardo, ne come sia adesso . I passi, solo quello l'hanno fatta sentire ancora su quella terra, la stessa mano che stringe la veste in un misto di emozioni difficile da comprendere. Non voleva forse questo? Una vita per se, un figlio, qualcuno da poter amare senza poterne mai esser egoista, poter aver quel calore che le è mancato, poterlo creare infine, e adesso è accaduto. Perchè stringe in quel modo la veste, sotto lo sguardo che fissa un punto indefinito poco più avanti a se prendendosi tutte le spallate necessarie, col viso per metà nascosto dal rosso dei capelli. Lo odia. Odia doverlo avere dentro di se. Odia che possa essere accaduto adesso. Odia il sapere che dovrebbe dirlo al biondo, o magari no? Potrebbe nasconderglielo, celarlo, disfarsene nella notte, nessuno oltre Kan avrebbe mai saputo, avrebbe potuto dire qualsiasi cosa, tenere da parte l'Uchiha, in qualche modo. Si ferma ponderando quella soluzione, quel possibile fardello da celare a chiunque, spostando lo sguardo a destra, s'è fermata davanti quella che altro non è che una sala da tè, il basso legno, la stessa aria sembra calda, accogliente la richiama a se, di bassi tavoli in legno, di piccole sale nel fondo, li ove potrebbe magari..riflettere, scaldare la fredda pelle e i brividi che il sonno porta con se. No, non s'è accorta del ragazzo qualche metro più in la, con quel cappuccio che aveva tirato su, e adesso abbassato, come fosse in trance, lontana dal mondo e dai suoi rumori, con le dita che si pongono sulla maniglia del loco, ma..non apre. Rimane ferma li, trattiene qualcosa, qualunque cosa possa sentire una come lei. Forse non ne vale nemmeno la pena.

21:41 Shinsei:
 Potrebbero forse due calamite del genere sfuggire così a lungo al rispettivo richiamo? Come hanno fatto a trovarsi in un posto qualunque, in un tempo qualunque, senza niente ad unirli se non quel sordo richiamo che sentono? Oh i Kami devono aver fatto il loro lavoro, stasera. Respiri profondi vengono esalati dalle labbra schiuse, eppure non basta. Come potrebbe bastare? Tira su il capo ora scoperto dal cappuccio, tentando di sbattere due volte le palpebre, per dare nitidezza a ciò che vede quando. D’improvviso, emerge dalla coda dell’occhio destro, un bagliore rosso sangue. Rapido come il battito d’ali d’una farfalla rossa. No. Illuso, come potrebbe mai? Di nuovo, quello sprazzo rosso li al confine del suo campo visivo. Lentamente ruota il capo tenendolo poggiato sul mattonato. Sbatte due volte le palpebre e, in mezzo a decine di teste nere, ce n’è una rossa davvero. Lo sguardo dal taglio sottile si sgrana, quelle iridi nere, pesanti, sono ora in cerca. No. Ti sei sbagliato. Non può essere lei. Compare d’incanto, tra una spalla e l’altra, richiamo visivo contro i suoi fantasmi. Il cuore ha un doppio battito. Si tira su di scatto. Oh da li vede molto meglio, dall’alto e. Meraviglia. Non può sbagliare. La riconoscerebbe anche se tutta la luce di questo mondo sparisse. Passi veloci e ampi, quelli che tenterebbe di muovere verso di lei che cerca di togliersi dal traffico di persone. Le lascerebbe solo vedere lunghe dita affusolate e resistenti afferrare per la manica una spalla che stava per venirle addosso e, dietro di lei, compare. Non uno sguardo, non una voce. No. Istintivamente tenterebbe di cingerla. Senza arrestarsi. Con l’irruenza che non è in grado di domare. Imperfetto e fallato. Tenterebbe di cingerla con un braccio, quello libero, e poi anche con quello che prima era serrato sulla spalla di qualcuno che per lui non esiste più. Intralciava la sua vista. Tenterebbe di passare le braccia allenate tra quelle di lei e il busto. Piegando le gambe quel tanto che basta per infilare la testa nell’incavo tra capo e collo. Tenterebbe di stringerla e di sollevarla, in un abbraccio. È qualcosa che non si permetterebbe mai di tentare il pubblico, con lei. Ignaro anche del fardello che lei sta portando, nella testa prima ancora che nel ventre. Ne ha bisogno per allontanare quel passato dal quale prima o poi non potrà più fuggire. Ma per una notte, una ancora, tenterebbe di tenerlo dietro di se, con l’Ishiba tra le braccia. Tutto questo però, solo se lei lo concedesse.

22:37 Sango:
 L'indecisione regna sovrana dentro il proprio petto, arde, brucia, di respiri che rimangono gli stessi quasi inesistenti. Lo sguardo azzurro finisce per perdersi, reclina lieve il capo verso destra e poi sinistra, solo per scollarsi di dosso al viso i capelli rossi, per nulla pettinati, più selvaggi, annodati perfino, non che possa importarle adesso quando sa quel vetro della porta potrà vedere il proprio riflesso. Non brilla, non pare nemmeno potesserne distaccare allo stesso tempo, vedendo altro anche lei, come lui, ma una se diversa. Decisamente troppo diversa da poter far propria quella visione in quel momento..di un bambino che fosse tra le braccia. Rabbrividisce ma allo stesso tempo non riesce a distaccarsene "se devi entrare fallo subito e non stare nel mezzo della strada" ode vacuamente quelle parole, di qualcuno di certo infastidito, come dargli torto? Lentamente la mano andrà a mollare la porta, per portarsi poco più indietro, dando spazio di poter passare. Non sente nulla, nemmeno le persone che la spostano da li, lei dopotutto sta impedendo il passaggio nella sua staticità. Potrebbe urlare, gridare, far qualsiasi cosa, ha solo scelto il silenzio quando le parole da dire sarebbero troppe, fin troppe per esser espresse con chiarezza nella frustrazione che l'accompagna, nella confusione, dispersione stessa del suo essere. Non doveva esser possibile una cosa del genere, ne era quasi certa dell'impossibilità del proprio corpo di poter generare vita oltre che toglierla. La seconda è sempre stata la scelta più facile. Non sa come i kami maligni, forse benigni, non abbiano fatto altro che architettare il tutto, maestri nel tirare le fila di vite ignare ad abitare quel mondo. Non sa che i passi pesanti sono diretti a lei, che quello spostamento di aria non sia altro che lui, proprio colui che stava cercando di evitare in quel momento, di un altro corpo spostato e allontanato da se per donarle spazio vitale. Non sa come quel braccio si allunghi al corpo, sente la pressione di quello che pare esser uno sconosciuto afferrarla con forza e.. premura. Si ridesta, lo sguardo, spaventata da quel contatto non compreso, di quella forza che la trattiene, e lei di forza non ne ha nemmeno per opporsi, nemmeno volendolo. Le mani passano oltre quelle braccia forti, il tatto che le sfiora dapprima riconoscendole, chiaramente, e si..congela. Lo sguardo che si sgrana, lui non potrà vederla dato che mantiene il viso dritto davanti a se, sfuggendo una di quelle mani in modo quasi automatico più in basso, al corpo, proprio li. Il riflesso l'aiuterà a veder quella treccia bionda , a sciogliere il terrore che l'ha presa, avrebbe dovuto reagire, scansarsi da li, da quello che poteva essere chissà chi, ma che non lo è per fortuna, e sfortuna, lui, non avrebbe dovuto vederlo prima di aver preso una qualsiasi decisione. Deglutisce, silenziosa, lasciandosi sollevare da quell'abbraccio, sorpresa perfino che lo faccia, di quel viso che affonda disperato nel proprio collo. Potrebbe mai dargli qualcosa del genere e vederlo frantumarsi ancora? < Shinsei > la voce roca, bassa, decisamente meno suadente o impreziosita dai propri modi e dalle proprie carezze, in attesa che venga rimessa giù, si, ma non perdendosi il calore che emana. Non sa come sia stato rimesso alla prova, di nuovo, non sa nulla , non sanno nulla.

22:57 Shinsei:
 Eccola li. Davanti a lui, di schiena, che improvvisamente diventa scudo e barriera. Presente al legame che hanno. Tu sarai la mia ragione, quando la perderò. Le basta questo, sussurrare il suo nome. Per far emergere la parte più sana e forte di lui. Per ricostruirlo, per spazzare via nubi, nebbie e voci. Potrà sentirlo rilassarsi dietro di lei <Grazie…> è la prima parola che le dedica. Non l’ha trovata la notte prima. Non sa niente del perché sia li, ma questo si merita. Gratitudine per avergli impedito di sprofondare <…per avermi riportato…indietro> Si, alla realtà. È incerta la voce. Ancora pregna di paura. Una paura che lui non mostra mai, se non in una specifica situazione. E va ringraziata, certo, per avergli impedito di sparire per chissà quanto, seppellito dalle sue stesse macerie. È un mormorio quello che spinge da lei. Poco di più. Si sente la stanchezza d’una mente affaticata nella voce. Come lui percepisce la voce diversa da quella che di solito gli viene dedicata. Non ha modo di preoccuparsi. Non si aspetta certo di ricevere le fanfare ogni volta. È stato avventato. A lei non piacciono le manifestazioni di affetto pubbliche. Non avrebbe proprio dovuto farlo. Ha rischiato di prendersi uno schiaffo, o peggio. Si. Avrebbe potuto. E se fosse in grado di porre freno ai suoi impulsi probabilmente sarebbe una persona migliore. Ma non lo è. Non ne è in grado. LEI era più importante. La lascia scendere con delicatezza, quella che le usa. Anche qui, incapace d’esser petalo di rosa. Ma comunque attento a lei. Se lei glie lo consentisse, dopo averla lasciata, afferrerebbe con irruenza la maniglia della porta, spalancandola e infilandosi dentro la sala da tè. Non dimenticherebbe, infilandosi nello spazio tra lei e la porta, di tentare di allungare una mano sul polso di lei, sulla mano, anche riuscisse a prendere un solo dito. Quello che serve per tentare di tirarsela dietro ed entrare. L’ha trovata li sulla maniglia. Sarebbe logico supporre che volesse entrare. Troppo preso nei suoi demoni per notarne l’incertezza sulla porta. <prendi qualcosa?> la terrebbe, se fosse riuscito a prenderla, ma ancora donandole le ampie spalle coperte da quella felpa nera. è così fuori posto in quella sala da tè alla moda, elegante. Un’animale la in mezzo. Con il cranio rasato ai lati e quei dragoni a spiccare fieri tra la schiera di… quotidiana depressione che ha davanti. Se fosse riuscito in questo e se la risposta avesse avuto esito positivo, non esiterebbe a condurla al primo tavolo che trova libero. Magari in un angolo appartato, vicino alla finestra.

23:10 Sango:
 Indietro, indietro da dove? Lo sguardo s'accende di vita, mettendo da parte adesso qualsiasi altra cosa non sia lui, rendendosi conto che davvero non potrebbe esser pronto.. ma lei, da sola, lo sarebbe? Scende da quel momento, poggia di nuovo i piedi all'asfalto, vedendolo sorpassare, nera presenza, sull'uscio in cui indugiava senza avere il coraggio di entrare, adesso quasi forzata nel farlo, nel cercare di ricostruire una maschera di normalità, oltre le occhiaie pesanti, avrebbe trovato una spiegazione per quello. Il polso verrà trovato, trattenuto, sospingendola oltre la soglia prendendo una decisione per entrambi, sorpresa da quel contatto, ma avanza, silente all'interno di quella sala da tè, calde le luci, soffuse, a donar intimità a coloro che la abitano nel basso mormorio che si sottrae alla musica bassa e da accompagnamento. Aromi che si schiantano come pugni allo stomaco, narici che assaporano, non ne prova disgusto ne nausea, un passo avanti insomma per il momento per mantenere la sua normalità. < sakè ? > dovrebbe? chissene importa, probabilmente non terrà nemmeno quel bambino, dunque perchè privarsene? Specialmente quando ne ha tremendamente bisogno . Si porta anche lei a quel basso tavolino, prende posto in quell'angolo comodo oltre molti, cercando di allontanare la luce di quelle piccole luci al centro del tavolo dal proprio viso, l'oscurità è preferibile, adesso , per spostare le azzurre stanche sul suo viso , probabilmente vicino, cercando oltre quella sua facciata, oltre quel suo senso di protezione, cosa. < cos'è successo? > lo ha capito, ne ha compreso subito il turbamento che prova, nel solo ringraziarla per qualcosa che non ha fatto, di cui non sa assolutamente nulla in effetti. Cosa lo ha turbato tanto? Vuole che le racconti, ritagliandosi fuori in quel momento, cercando di non pensare assolutamente a ciò che dovrebbe dirgli, come dirglielo, se dirglielo. Migliaia di possibilità che affollano la propria mente, ma prima deve capire, riuscirà a reggere? Così come non ha retto lei? Seppur integra, arrabbiata, frustrata, è ancora vigile e consapevole, manca solo la decisione da prendere, prima che non riesca più a fare un passo indietro. Deglutisce, ma attende, curiosa di sapere, di conoscere.

23:30 Shinsei:
 Lei acconsente. Tacitamente si lascia trasportare. Si. Decisione presa per lei. Quella lui può prenderla. Ci sono altre decisioni che non può prendere per lei ma quella si. Annuisce a quella domanda implicita, ancora senza guardarla. È alle sue spalle. Avrà modo lei d’infilarsi nella scia di passi del biondo fino al tavolo, finchè lei stessa non possa sedersi. La lascia passare d’avanti, continuando a tirare quel poco che serve con il braccio anche quando lui è fermo. E lui? Non si siede subito. Ascia passare quello sguardo animale sulla sala. Ignorando, come sempre, le occhiatacce che riceve. Finchè non trova, a distanza di braccio, ciò che cerca. Un damerino tutto in ghingheri intento a spiegare sottovoce il menù a un tavolo. Gli assesterebbe senza riguardi una pacca sulla spalla abbastanza pesante da abbassarlo da quel lato e da farlo voltare di scatto. Anche con la faccia tutta imbronciata. Carino lui. Carino vederlo sbiancare di fronte al viso affilato di Shinsei <Tè. Sakè.> Uno e due. Si volta rapido senza aspettare la risposta. Tornando dalla rossa. No. Non stasera, il sakè. Ma lo ordina per lei. Tavolino rotondo, davanti alla vetrata, lui si siederebbe non troppo distante da lei in effetti. E d’istinto poggerebbe entrambi i gomiti sul tavolo, portando entrambe le mani alla faccia. Lei potrà notare subito che il suo odore… quasi non c’è. Sa di cose esotiche. Curcuma. Coriandolo, cose che non c’entrano niente con il pungente odore fresco e selvatico che lo domina <Sono stato ad una fiera, a Kiri e…> parla tra le mani, sfregandosi piano il volto affilato. Mettendo alle spalle lentamente tutto quello che è capitato <Sono stato avvelenato… ho visto…> No, si ferma. Fin li non arriva e non c’è bisogno di arrivare con lei <Lo sai.> Aggiunge mormorando <Non sarei mai arrivato a casa ma mi hai trovato prima.> chissà che sarebbe potuto succedere se avesse perso il controllo proprio in quel quartiere. Non la ringrazia di nuovo. Per il biondo il ringraziamento è qualcosa di… prezioso. E lei l’ha avuto. A dirla tutta, ad oggi, è l’unica ad averlo avuto. Si cala le mani dal viso e. Solo adesso, si volta verso di lei. A vederla lì. Vicina. Lo sguardo nero, pesante, passa dalla generale figura, con le vesti e tutto il resto, al particolare del volto, nutrendosi dei dettagli di quell’ovale perfetto. Ancora più, scava nel particolare dei suoi occhi. Cerca quello sguardo. Con la fame di sempre, col bisogno di sempre. Quanto potrà notare del disagio che lei porta dietro? Potrà notare la stanchezza negli occhi? Potrà notare le borse e la pelle scura intorno a quelle pozze d’acqua? E immergendovisi, cosa troverà? Lo sguardo tagliato e pesante resta su di lei. Solo contento di averla li vicino. Solo contento d’esser stato trovato, riempiendosi di lei. Un sorriso affilato come una lama lo coglie. Scemo. Si può sorridere solo per stare vicini a qualcuno? Si. Ed è bellissimo.

23:44 Sango:
 Nota passivamente il fare del biondo, verso un povero cameriere beccato li proprio nel momento giusto, il loro, quello sbagliato, il suo. Non andrà ad intervenire nei modi di certo poco affabili dell'Uchiha, non si sarebbe aspettata altro in realtà. Sente quell'ordinazione, sakè, tè. Opposti in effetti, ma conscia di cosa significhi il tutto , e alla fine non le resta che osservarlo, leggerne il viso, le iridi, e anche sentire qualcosa di differente negli aromi, l'olfatto più sensibile di prima potrà sentire qualcosa che ha già percepito, a Suna però, non Kiri. Non lo interrompe eppure si irrigidisce in men che non si dica < veleno? > come hanno fatto ad avvelenarlo? < come è potuto accadere? > troppe poche le informazioni che riceve, e allungherebbe lei quella destra verso il suo polso questa volta, troppo piccola per poterlo stringere del tutto, ma solo un gesto di puro conforto, come quello che le si tinge sul viso smunto e pallido < tu hai trovato me > lei non aveva avuto la prontezza di vederlo, e quel suo ringraziarla, quel suo sentirsi parte di lui, rende tutto ancor più difficile. Lo sguardo nero in grado di farla tremare adesso le fa abbassare il proprio di sguardo, un attimo, prima che arrivino invece le loro ordinazioni, veloci, probabilmente spaventati dalla mole del biondo vicino in modo da non doversene lamentare, di tempi morti. Tè a lei, sakè a lui. Sessismo. Andrà lei stessa a scambiare la tazza con il bicchiere basso destinato alla propria bevanda, alla boccetta panciuta contenente l'ambrato liquido, tutto pur di evitare quello sguardo, sviando i pensieri, nascondendo l'espressione per tornare quanto meno normale. La sua fame, insaziabile, le provoca sempre quei brividi eppure adesso son solo di paura, la stessa che può vedere brillare nei propri occhi in una frazione di secondo, se fosse stato attento, prima che sparisca cercando di occludere quanto più possibile qualsiasi emozione possa mai leggerle. < vorrei vederti fare il cameriere > svia la concentrazione altrui, ci prova < e vedere chi ha il coraggio di ordinare qualcosa di diverso da quello che proponi tu > un mezzo fugace sorriso, cerca di renderlo vero, la preoccupazione che cerca di nascondergli. Si, sarebbe stato molto divertente vederlo in quei panni in effetti, e in quella divisa ovviamente.

00:10 Shinsei:
 La sente, li vicino a lei. Ha ancora le mani premute contro il viso quando lei chiede. Quella voce preoccupata per lui scaccia via ogni residuo d’agitazione. Potrebbe affrontare qualsiasi cosa con quella voce nelle orecchie. Annuisce lui, inspirando forte dal naso tutte le ansie per il suo passato spezzato via dal suo corpo. <Si.> Conferma e alla domanda successiva <Sono entrato in uno stand. Non sapevo cosa ci fosse dentro. Puzzava da far schifo, c’era uno con la pelle scura, mi ha passato qualcosa sulla fronte e…> è chiaro, no? potrà notarla, lei, una leggera irritazione sulla fronte. Niente di che a dirla tutta, ma non sta mentendo. Sente quel tocco che, come al solito, ma sempre meno, gli comporta un leggero irrigidimento per poi accoglierla su di se, finendo anche per appoggiare proprio la fronte sulla mano fresca di lei. A tanto si spinge. Quelle parole, quelle quattro parole, però iniziano a riportarlo alla realtà. Lo sguardo, prima socchiuso a godersi quel tocco, s’affila, facendosi vivo. Arrivano le cose. Sbagliate. Cameriere incapace. Lei risolve. Ed è li, quando cerca di guardarla, che non trova pozze nelle quali immergersi. Non trovano casa quegli occhi neri, oscuri, pesanti, senza luce. Restano su quel volto. All’inizio in attesa. Capita che lui la guardi cercando un suo sguardo ma lei sia indaffarata in altro e debba aspettare per riceverlo. Qui è stato l’inverso. Resta su di lei, è li con lei, per lei, dove altro dovrebbe guardare se non in quel viso. <mh> risponde semplicemente, e con eccessivo ritardo, a quelle quattro parole. Sta iniziando a mettere insieme ciò che ha. Non può arrivare a nessuna conclusione, ne ha voglia di farlo senza che sia lei a parlare. Perché questo hanno sempre fatto. Ma non si scappa tanto facilmente da uno sguardo così. Che si fa sottile. Sempre austero nell’espressione ma tinto di qualcos’altro. A lei capirlo. La deviazione del discorso apparentemente risce. Apparentemente. Lo sguardo animale s’abbassa sul tè, vorrebbe fare come fa da lei. Togliere il coperchio e bere direttamente dalla teiera. Non ha voglia tuttavia di metterla troppo in imbarazzo, così userà quella microscopica tazzina. Che riempie e svuota tempo zero. Il calore non è efficace su di lui. Non quel calore. È quello del sakè a fare effetto. A quella battuta, mentre ancora si sta versando il tè <Credo che quelle divise non vadano oltre la taglia di quel damerino> Risponde mentre, per lei, le labbra sottili si piegano fino a snudare le zanne in un sorriso affilato come la lama d’un pugnale <Io non darei scelte.> ammette effettivamente <Non lo faccio mai…> conclude, tornando con lo sguardo a cercare, insistente, quello di lei <q u a s i con nessuno> oh a qualcuno la scelta la lascia. Quale scelta? Arriva <A proposito. Sai chi è che ha trovato lavoro col cibo?> chiede retorico prima di buttare giù il tè e abbassare la tazzina, tenendola in mano <Jikken> Nomina il marmocchio <Ieri non vedeva l’ora di dirtelo> c’era. Hanno passato tutta la sera a insultarsi, ma c’è scappato anche qualche sorriso. Non sorrideva nessuno dei due però quando si sono accorti che non c’era. Non dice altro. Eccola la scelta. Non la forza a parlare. Non adesso almeno. Non ha mai dovuto ne voluto farlo. Ma quello sguardo nero resta in cerca di quello di lei. Curioso di sapere cosa ci troverà dentro.

00:26 Sango:
 Ascolta quello che ha da dire, la stessa mascella che si riempie di frustrazione, della piccola ruga al centro della fronte che rinasce di nuovo, profonda, incazzosa perfino , nel passare lo sguardo sulla sua stessa fronte , su quello che gli ha rievocato < che genere di veleno era ? > richiede, ovviamente, cosa sia, per comprenderne gli effetti nel caso di lunga durata , eppure sa, cosa abbia scosso nel giovane. Come potrebbe spezzarlo ancora? E svia il suo sguardo, cerca di non vederlo, di non affondarci per non lasciare che possa nemmeno guardare il proprio, ne rifugge stranamente, non come tutte le altre volte, no. Questa volta dura a lungo , sebbene non possa che imbrogliare, osservare lo sguardo animale, sottile, sprezzante alle volte, intenso da bruciare. Porta invece la tazzina alle labbra morbide, gemelle si schiudono per poco per bagnarsi anche loro del sapore secco e dolce del liquore, un gusto che scompare, così come lentamente il calore torna a lei, come dovrebbe essere. Viscerale, intenso. Di un qualcosa che potrà forse aiutarla a sostenere quello sguardo, nel cambiare invece direzione, discorso, su qualcosa di differente ma veritiero, non avrebbe dato scelta ad alcuno, o prendi o prendi. Sorride brevemente, la stessa risata che si spegne, sente quella leggera tensione nell'aria, non fisica come loro solito, ne mentale, non è quel genere di tensione, più dettata dalla paura, ma dalla consapevolezza che egli meriti la sua sincerità. La completa verità. Lo ha promesso, deluderlo non sarebbe l'ideale, spezzare una promessa tanto presto? Si lascia anche distrarre la stessa rossa da quello che viene confessato, di Jikken, la sorpresa, lo stupore, tutto accende lo sguardo della donna < non voleva nemmeno uscire di casa > sussurra in un primo momento < e adesso un lavoro ? > non pare esserne preoccupata, quanto più sollevata dalla notizia, sorridendo lieta, un primo vero sorriso in quella serata lunga < son contenta che sei riuscito a parlargli > è stato merito suo se quello scricciolo si sia deciso ad uscire, con le buone o le cattive solo il biondo avrebbe potuto trascinarlo via, lei? Non l'avrebbe spinto più di tanto, forse troppo accondiscendente. Ma quello sguardo è ancora li, su di se, curioso < ti ho promesso sincerità Shinsei > lo ha fatto, e adesso beve per finire quella tazzina, la calma e il tempo che donano più energia al proprio silenzio, in quei momenti in cui lo sguardo torna lento su di lui, in cui la mano si trova a poggiare finalmente la tazzina sul tavolo, in cerca delle parole che deve dire. Lo stomaco che si contorce, soffoca, si ferma il respiro, prima di rilassarlo, e proferir nuova parola < sono incinta. > l'ha detto, seria, bassa la voce, nascondendo qualsiasi espressione possa nascere, dall'ansia, dal non sapere, conscia che la sua reazione sarà senza dubbio adeguata a quel momento. Il silenzio adesso, in attesa che comprenda il significato di ciò che gli ha appena sbattuto addosso come un pugno nello stomaco, e avrà tutto il tempo, lui di poter reagire come meglio desidera, come meglio sente.

01:02 Shinsei:
 È un discorso, quello di cosa gli è successo quella sera, che sta trattando con sempre più superficialità. Mano a mano che cresce l’irrequietezza per quello sguardo che non riesce a trovare. Ci pensa un po'. La osserva piano, mentre lentamente si raddrizza sulla sedia, non toglie mai gli occhi da lei. Una delle due mani, quella che non è intenta a tenere la tazzina, lentamente s’infila nella tasca. Forse dovrebbe farle vedere adesso la boccetta del veleno. Magari quel modo di evitare lo sguardo è solo un po' di stanchezza. Eppure perché continua a evitarlo? No forse è qualcosa di più grave. Forse… le risposte arrivano una dietro l’altra, e lo portano ad allontanare la mano da quella fialetta. Si scorda perfino di rispondere alla domanda. Partiamo dall’inizio. Lo stupore per quella rivelazione parla da solo, e dice che è almeno un giorno intero che lei non vede Jikken. Conoscendo la voglia dell’altro di uscire di casa, questo vuol dire che lei a casa non ci mette piede dalla sera prima, la stanchezza intorno agli occhi trova quindi una spiegazione. Riesce solo ad annuire alla domanda di lei sul lavoro del ragazzo. Preso dai suoi ragionamenti. Questo, anche escludendo se stesso e il bisogno che lei gli mostra quando stanno insieme, anche escludendo quello che hanno, anche solo concentrandosi sul rapporto di lei col ragazzo, con le abitudini, testimonia che è successo qualcosa. Anche perché, per sua stessa ammissione, è stata trovata. Ha un problema <mh> mormora solo in risposta a quel ringraziamento. Concentrato in tutt’altro. Quelle parole non lo evocano. Non richiamano la sua attenzione. La presa si stringe sulla tazzina. La mascella, già a quel punto, si serra. Idiota che sei. Dov’eri mentre lei aveva bisogno di te a tal punto da non aver trovato le forze di tornare a casa? “Shinsei” è il suo stesso nome ad evocarlo. Lo sguardo torna, ferale, su di lei. Vivo e presente. Le ha promesso sincerità, si. Ed è stata ricambiata con la stessa promessa. È lei a dover tener fede. Sarebbe bello che fosse la volontà e non la costrizione a portarla a parlare. Ma è davvero costrizione, se è qualcosa che lei ha voluto? Quelle due parole spaccano tutto. Spaccano ogni singolo pensiero che il biondo ha in testa. Gli arriva una scarica elettrica alla nuca che coinvolge il braccio e serra la mano sulla tazzina, frantumandola in uno schianto. Riversando i cocci vuoti sul tavolino e nella carne, fra le dita. Silenzio. Silenzio alberga ora nella mente del giovane che deve ricostruirsi. Riparte da li. Da quelle due parole. Domande immediatamente si affastellano. Ma non le pronuncia. Quando l’ha scoperto? Evidentemente ieri sera. Quando se n’è accorta? Una scheggia lo colpisce agli occhi. Non di quelle che odia, che non sopporta. Piacevole. Ricorda la calda voce di lei confessare a lui che non stava bene, Ricorda se stesso dirle di farsi vedere, sente lei rispondere che avrebbe visto Kan, amico medico. Dunque che sia questo che è successo? E lui in tutto questo dov’era. Dove cazzo stavi Shinsei, quando servivi!!! <mh> non è uno dei suoi soliti mugugni. Si schiarisce la voce. E di colpo nota con la coda dell’occhio qualcuno avvicinarsi. Quanto tempo è stato zitto e fermo? Non lo sa ma non permetterà a nessuno di avvicinarsi. Lo sguardo che trafigge il damerino non lo raccomanderei al mio peggior nemico. Ma saetta subito verso la rossa. Verso quel viso, verso quegli occhi. Guardalo Sango. Fatti guardare dentro. <…> le labbra sottili si schiudono. Ma niente ne esce. Nemmeno il respiro. È in apnea. Un fischio assordante nelle orecchie, ma l’istinto chiama. Quella cosa viscerale che non controlla, che lo porta ad alzare la mano – non quella che ha appena distrutto una tazzina, ma l’altra, quella verso di lei. Fino a portarla Sulla coscia di lei, sotto il tavolo. Un tocco nascosto, solo per lei. Cosa deve aver provato nel saperlo da sola. Quanto terribile dev’essere stata l’emozione che l’ha spinta ad allontanarsi, a contorcersi in quei dubbi? Perché, Shinsei, provi empatia? Non era puro egoismo? Illuso. Illuso e ipocrita nell’averci creduto, che era solo egoismo <Grazie> Un gioiello mormorato, di nuovo, per lei. Ringraziamento. Per la sincerità. Per essere li con lui, per aver avuto il coraggio di parlare. Un tocco rovente ma privo d’ogni malizia, quello che tenterebbe sulla gamba coperta di stoffa di lei. Decida che significato dare a quel grazie. Che non è mai stato tanto sentito da parte del biondo. Ancora silenzio <Come stai?> No, è troppo profondo il tono per quella domanda così colloquiale. Potrà capirlo lei, il muto, rispettoso invito a condividere i suoi pensieri. È li, per ascoltarla. Come sempre. Quel tono è tinto di preoccupazione per lei. Quello sguardo la evoca, vuole il corrispettivo, resta li pronto ad accoglierla in quella pesante, calorosa oscurità. Pronto a cogliere ciò che anche lo sguardo di lei ha da dire. A prenderne le emozioni dalla loro sorgente.

01:26 Sango:
 No, non vuole dover mettere da parte lui, quello che è accaduto, il veleno di cui è stato preda, probabilmente un allucinogeno? Qualcosa che è stato simile ad un henjutsu, magari, lei stessa ha avuto modo e sventura di provarlo sulla pelle, nella mente, nel passato, entrambi sebbene ne possa cogliere di certo le differenze. Ma non è il momento questo in cui parlarne, non quando egli si limita, non mostra qualcosa, ma non se ne accorge nemmeno la donna intenta in altro, a sfuggirgli, a trattenersi, ma anche li, la verità dovrà nascere proprio da lei, dalle sue labbra. Due singole parole per vederlo andare in frantumi, di nuovo. Lo sguardo, il suo, lo rivedrà annebbiato, sussulta quando la tazza si rompe, i cocci, le schegge che volano ovunque, si sparpagliano sul tavolo e sul pavimento vicino, quelle ultime gocce di tè che si riversano sul bel tavolo rovinandolo. Non ha bisogno di aggiungere altro, e v'è comprensione nello stesso azzurro che gli rivolge, chi avrebbe reagito in modo differente? Non lui, non lei. Si ritrova a dover riprendere la propria aria , troppo il tempo in cui lo stesso giovane gigante rimane in silenzio, fisso nel suo silenzio, nello stesso degli sguardi e dei bisbigli che vengono loro lanciati, nel lento attendere che qualcuno arrivi li, a liberarli da quei frammenti, penetrano sulla propria mano, li ove l'ha appoggiata, i polpastrelli che vengono trafitti da qualcosa di leggero, lieve per lei, di un bruciore insignificante, mostrando qualche piccola goccia del proprio sangue. Ritira la mano sotto il tavolo senza proferir parola, no, quella maschera non crollerà adesso, rimanendo seria, senza voler mostrare nulla, non lei. Orgogliosa come sempre, sprezzante alle volte, così come cerca d'apparire in quello stesso momento, nello sguardo feroce che il cameriere si becca, arretrando visibilmente, spostando lo sguardo proprio su di lei "va tutto bene" se fosse rimasto lontano, sarebbe stato meglio per lui. Deglutisce liberando il respiro, soffoca tutto ciò che vorrebbe solo provare, dubbi, incertezze, paure, rabbia perfino, in quel suo controllo maniacale del proprio essere che in soli certi momenti riesce a riprendere, le redini strette nelle proprie mani. La calda mano si farà strada sulla gamba fredda, la pelle gelida come sempre, seppur adesso manchi di molto, di energia soprattutto, della propria forza, per donarla solo al proprio sguardo. Regge il suo, regge e comprende. < perchè mi stai ringraziando ? > perchè ringraziarla di quello che gli sta dicendo? No, non ha senso. Non per lei, non ai propri occhi. Stringe i denti a quella domanda, riporta lo sguardo al proprio bicchierino, ne rivede poco del proprio sguardo - d e v e darsi un contegno, una calmata, deve ragionare, fredda la mente deve esser lei a sbocciare questa sera. Il proprio riflesso viene bevuto, ancora, per scaldarsi da dentro, per sentire di nuovo il bruciore al centro esatto del petto < non ti relegherò a questo > bassa la voce, calda, calma perfino , ma la mano trema, evidente nel poggiare quel bicchiere al tavolo . Non lo relegherà ad una vita come quella, a desideri che non sono suoi, a atti forse troppo grandi, che pensi a se stesso, alla sua mente, alla ricerca di ciò che vuole , di ciò che merita < prenderò la mia decisione > per lei è quello, semplicemente una propria decisione , di nessun altro, figurarsi se metterebbe in mezzo lui! Ah, Sango, non eri tu quella egoista? A pensare a te stessa, lo stai rifacendo di nuovo? < potrai continuare la tua vita senza alcun peso > per lei è questo, un peso, per se stessa, per lui, un essere ancora non nato che pone già troppi problemi. In quel momento, andrà ad alzarsi dallo stesso tavolo, guardandolo dall'alto < le mie promesse.. sono ancora vive > non le dimentica quelle, no, nello sguardo rovente e trattenuto che tiene per un singolo attimo su di lui. Il corpo che si volgerà verso l'esterno, verso l'uscita, deve prender aria, deve scacciare quella nausea invadente che l'ha colta per ritrovarsi nella fresca aria di una Kagegakure ancora accesa, viva, nella gente riversa in strada per quelle ultime notti di sola frescura, prima che il vero freddo arrivi. Sfugge al locale, a lui stesso, a se stessa, respirando finalmente a pieni polmoni la fuori.

02:11 Shinsei:
 La prima domanda della giovane gli arriva. Il sopracciglio destro s’inarca lieve il sopracciglio nel sentirsi fare quella domanda. Schiude le labbra, farebbe per rispondere, quasi stendendo le labbra in un sorriso. Quasi. Perché non ha il tempo di risponderle. Perché qualcosa nel ragionamento di lei s’inceppa. Di più. Giunge alle sue conclusioni, e lo fa anche per lui, e lo fa senza dargli modo di spiegare. Parole che si susseguono, beve, per prendere coraggio di fare quello che non aveva mai fatto. Escluderlo. Eccoti sbattuto in faccia la porta per esserti preoccupato per lei. Una fitta al petto, mentre la mano scivola via da lei. Potrebbe mai lui contrastare parole tanto potenti? Dettate da un sentimento tanto potente come la preoccupazione? Come si ferma una donna convinta in quel modo del suo dire? Una donna che arriva perfino a fare quello che non aveva mai fatto con lui: Rivestirsi di maschere. Di sicurezza. Come a non voler esser vista. E rifugge dal tocco di lui. Altra cosa nuova. Tante cose su cui riflettere oggi. Mentre la ascolta stringe ancora di più la mano piena di cocci e di tagli. Incapace di trattenersi. Incapace di darsi un contegno. È un fruscio e lei sparisce. Il cuore ha un doppio battito. Un secondo dopo, probabilmente già fuori, lei potrà sentire il tavolino ribaltarsi, strilla di paura, e un istante dopo ancora la porta aprirsi con tanta furia da far cadere la tapparella attaccata al vetro, se si fosse fermata li fuori, potrebbe sentire quell’animale respirarle dietro la schiena. Se avesse continuato a camminare, ben presto se lo sarebbe trovato da vanti. Ansimante, lo sguardo piantato su di lei <non osare mai più dare per scontata la mia volontà, Sango.> ringhia non è un ringhio benevolo. È qualcosa che lei non ha mai udito. È qualcosa di gelido. Che trasmette delusione. <Non mi hai chiesto niente. Deduco che non ti interessa ciò che ho da dire.> Che si renda conto, la rossa, che è questo il messaggio che ha spinto in quella mente scheggiata, che vive di assoluti <Farò in modo che sia un gesto a dimostrare la mia volontà, allora, se le mie parole non ti interessano. Farò in modo che tu possa leggere il mio gesto in ogni giornale di questa fottuta città> Continua basso, profondo, stringendo i pugni <Ricordati, se sei sincera e ciò che ci lega ancora vive, io sono legato a te e quindi a questo, che a te piaccia o no.> Le sta già subendo, le conseguenze di quello che è successo, le sta subendo e in più sta subendo quel tipo di esclusione, proprio da colei con la quale sperava di aver raggiunto un rapporto nuovo. Strano, ma nuovo. E per esso lotterà. Non le permetterà di farsi escludere così <Quando ci rivedremo sarai consapevole della mia volontà. Non dovrai preoccupartene. Magari a quel punto avremo modo di…> <…ri-fletterci> respiri pesanti su di lei. Sarà così attenta da cogliere due gocce cadergli sulla nuca, a rigare il volto di lui? Chissà. La lascerà sola, come lei ha implicitamente chiesto, scappando da lui. Esaudirà quel suo desiderio. Ma con quella nera promessa. La ritroverà. Quando avrà avuto modo di farsi ascoltare. Una donna così, ha bisogno di gesta eclatanti. Nero è il furore che anima gli occhi del biondo, sotto le lacrime che scendono, mentre s’allontana. [end]

Si fugge, di nuovo. Sango confessa dopo dubbi se dirglielo o meno, su ciò che ha scoperto a Shinsei, senza prendere in considerazione la sua volontà, per non relegarlo a quello che per lei, adesso, è solo un peso.
Il proprio.