Affini

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22:06 Shinsei:
  [Per le vie] Nuvole pesanti consentono alla luna di giocare a nascondino stasera. Il tempo perfetto, magari tale anche da scoraggiare qualcuno a uscire. Si è recato all’appartamento di Sango. Non l’ha trovata, ma non era li per lei, per una volta. L’aveva promesso a Jikken. L’avrebbe portato fuori con tutto il fuuda se fosse stato necessario. A lui decidere se ha il suo letto ancora sulla schiena o meno. Il biondo non indossa niente di simile agli eleganti chimoni che la padrona di casa tanto gradisce. L’abbigliamento è molto più simile a quello che lei gli ha trovato addosso la prima volta e, a dirla tutta, è l’abbigliamento che usa più spesso. Jeans neri lisi e strappati in più punti fasciano le gambe tornite, infilandosi in anfibi alti fino a metà caviglia. Una felpa nera copre la parte superiore. Con la zip frontale e le maniche lunghe tirate su fin sopra al gomito. la zip è lasciata aperta per un ampio tratto, snudando il collo e parte del petto. Il cappuccio è abbassato sulle spalle. Il volto, affilato è dipinto nella consueta espressione austera. Di chi non attribuisce il minimo significato a ciò che lo circonda. Lo sguardo nero, pesante, è fisso davanti a te, incastonato negli occhi dal taglio sottile, e dalla pelle scurita dal poco sonno. Dragoni d’inchiostro nero stilizzato decorano i lati del cranio, lisci e scoperti, I capelli son tenuti in una coda mal fatta. Non è bravo come Sango, c’è poco da fare. <Allora> Esordisce donando appena uno sguardo con la coda dell’occhio al ragazzo <Sto crepando di fame. Hai preferenze?> Le mani sono infilate nelle tasche della felpa, lasciando che solo gli avambracci allenati risultino visibile. Sceglierà lui se al ragazzo non verrà in mente una buona idea. Intanto lo lascia ponderare. Non è tipo da metter fretta.

22:22 Tsumi:
 No, non ha il fuuton sulle spalle. Diciamo che Sango lo ha convinto – dopo qualche ora di convincimento – a considerare l’uscita con Shinsei. La solita roba del siete simili, può aiutarti, ti può capire. E a furia di sentirselo dire mille volte, ha accettato forse per far zittire la rossa più che per un piacere. Ed ecco li a camminare a fianco di shinsei in una serata che non è per nulla buona, visto i nuvoloni che potrebbero abbattere una violenta pioggia, stile Ame, da un momento all’altro. Speriamo almeno di arrivare in fretta al locale. Come da consuetudine in casa Ishiba, Jikken indossa un elegante kimono bianco con alcune nuvole stilizzate di colore tendente all’azzurrino, giusto perché non ci facciamo mancare niente; al di sotto troviamo dei semplicissimi pantaloni neri, simil tuta che terminano in delle scarpe da ginnastica che mal stonano con tutto l’abbigliamento. D’altronde, gli sono piaciute e quindi se le mette, contro ogni consiglio della povera ragazza che lo accudisce. I lunghi capelli corvini sono raccolti in una coda molto bassa che li lascia amabilmente cadere nel kimono; solo qualche ciocca davanti, sfuggita al tentativo di essere raccolta in quella morbida coda, riesce a coprire parte del viso. Quest’ultimo rimane basso per non incontrare lo sguardo di Shinsei, così come egli si è messo a distanza di sicurezza da lui, come con chiunque altro. Le mani sono ben messe nelle tasche dei pantaloni, la cui destra ospita il suo nuovo oggettino: il cellulare regalatogli da Sango. Non ha ancora capito bene come usarlo, ma sa come chiamarla nel caso abbia bisogno. Spera vivamente di non averne bisogno. < mh? > Afferma in un mugugno a labbra chiuse, sentendo le parole del biondo accanto a lui. < Ramen. > Afferma secco, schioccando appena una parola forzatamente. Anche lui sta morendo di fame effettivamente. Il biondo ben potrà percepirlo visto che dal suo misero pancino – nonostante abbia messo su qualche sano chilo – si potrà udire un bel brontolio, tale da far appena arrossire il moro. E pensare che voleva mantenere un aspetto austero, pazienza.

22:37 Shinsei:
  [Per le vie] Tiene quello sguardo con la coda dell’occhio sul ragazzo ancora un poco. Notandone i dettagli. È vestito praticamente come la prima volta che l’ha conosciuto. Capelli compresi. Annuisce <mh> oh che gran chiacchierata che sarà tra questi due fini oratori. Non accaso infatti, passerà un nuovo lungo tratto di strada prima che il biondo trovi qualcosa da dire. Sa perfettamente che spetta a lui il compito di cercare di parlare con l’altro. Che è qualcosa di simile a quello che è successo la prima volta. È solo molto poco capace a farlo. Se non altro questa volta potrà dire addio a bacchette volanti e cose simili. Si limita a notare la distanza che l’altro pone. E per ora la rispetta. Avrebbe preteso altrettanto. Si tratta delle condizioni minime per fare in modo che questa serata non vada in merda. Paradossalmente, ad dialogare per prime, non sono le due bocche, ma i due stomaci. Inarca un sopracciglio il biondo nel sentire quello di lui gemere, ma ben presto un richiamo molto simile, ma più ampio e viscerale si spargerà proprio dal suo di stomaco. Un ruggito di rimando insomma, a indicare la stessa fame. Il taglio affilato dello sguardo si sgrana di poco, sorpreso persino lui stesso. Meglio cambiare argomento <Sango fa delle ottime trecce> Chiaro riferimento ai capelli di lui, anche perché la sua, di treccia, composta di molti meno capelli, fa schifo. <A me non li ha mai fatti> Ammette riflettendo <Non ancora.> Chissà, in futuro. <Sai… è complicato che riesca a farmi toccare.> A voce più bassa, a pochi metri dall’entrata del chiosco. È costretto ad abbassarsi parecchio per non prendere in pieno la tenda di copertura del chiosco, ma una volta dentro prende lo sgabello affianco a quello del giovane, e lo sposta allontanandosi da lui quel tanto che basta da mantenere la distanza di sicurezza che chiede. E lo fa senza bisogno che l’altro lo chieda o manifesti disagio. Uno sguardo all’anziano del chiosco, che probabilmente sarà in grado di riconoscerli entrambi e potrebbe anche esclamare una cosa tipo [ Oh Kami. Questa è bella. Devo dirlo alla Signorina Ishiba]. Che non riceverà risposta dal biondo <Quello che vuole lui. Per due> Indicando il piccolo moro lì di fianco.

22:58 Tsumi:
 Non sono di certo i migliori oratori in questa piazza. Due cani che cercano di non azzannarsi a vicenda, annusando semplicemente l’altro cercando di capire se ci si può fidare o meno. Una situazione sicuramente di tensione tra i due. Anche se il sedicenne – età che non dimostra affatto visto l’altezza e l’atteggiamento – non è pericoloso da quel punto di vista. Semplicemente è schivo con le persone e quella situazione lo disagio visto che è stato in qualche modo costretto da terzi. < ah. > Schiocca il palato per esprimere il suo stupore di fronte al ruggito leonesco uscito dallo stomaco del biondo. Persino il suo stomaco è virile. < ci sa fare > Affermerebbe con un tono flebile quanto lui. < a me non sembra. > Direbbe in risposta al suo farsi toccare. < Non sono bravo con molte cose > Afferma successivamente. < Ma so riconoscere certi sguardi. > Afferma secco, senza lasciar trasparire alcuna emozione. Esperienza colta sul campo, osservando i passanti giorno dopo giorno in attesa che qualcuno gli desse uno spicciolo, un aiuto… qualcosa insomma. Alza ora il capo e lo sguardo, di conseguenza simil movimento fa la mano destra, giusto per afferrare e togliere quelle ciocche di capelli da davanti gli occhi. Fastidioso, ma non taglierebbe mai i capelli. Ed il motivo è semplice. < E’ l’unica parte del mio corpo che … > Si ferma ora, assalito momentaneamente da quei ricordi. Dalle mani che lo toccavano, dalle lame che lo seviziavano. < Hai capito. > Chiude il discorso lasciando che sia lui a capire il nesso del discorso. Solo i capelli non sono stati toccati. Il motivo per cui non li taglierà. Fa la sua entrata ora nel chiosco. Contrariamente al biondo, lui non ha di certo problemi ad entrarci visto la bassa statura. < Ciao ve- > Smorza subito la voce, ricordandosi che non deve chiamarlo così. Sente la presenza della rossa e il suo immancabile rimprovero < Oji-san > Si corregge dunque. Lo stupore del vecchio sarà chiaro nel vederli insieme. E di vedere lui conciato molto meglio di come lo ha lasciato, più colorito e più in forma < Due ramen, grazie > Beh, un primo passo l’abbiamo fatto. Sembra molto più educato rispetto al normale. Cerca dunque di sedersi sullo sgabello, un po’ alti per lui ma riesce a sedersi senza troppa fatica. Inarca un sopracciglio quando vede l’altro muovere lo sgabello via e mantenere quella distanza da lui voluta. Ammirevole.

23:19 Shinsei:
  [Per le vie] Annuisce. <lo vedo> Che l’Ishiba ci sappia fare coi capelli? È visibile, sia da quelli di lei che da quelli del ragazzo. Allunga un sorriso nel notare quello stupore. Per poi ascoltarlo parlare. Mantiene quel sorriso al suo dire <Non ti sembra adesso.> Completa la frase. Tornando a donargli lo sguardo solo con la coda dell’occhio, prima di tornare a guardare in avanti <Sai, la prima volta che Sango mi ha incontrato si è accorta da sola che stavo per svenire dalla fame. Io non me ne ero accorto.> Non mangiava da tanto di quel tempo che aveva perso anche lo stimolo della fame <Ha cercato di capire se stessi bene, ha cercato di toccarmi un braccio.> Ancora dritto davanti a se il braccio, mentre la voce acquisisce un tono più basso e vibrato, scuro. Parla un pizzico più lentamente, come se fosse difficile mettere insieme le parole, ma tira dritto <Mi è sembrato che tutto il braccio prendesse fuoco all’istante. Una scheggia di dolore mi si è piantata nel cervello così forte che mi sono ritrovato lontano da lei senza nemmeno sapere come> Deglutisce pesantemente due volte. È difficile mettere insieme ricordi simili, ma almeno questi li ha, lo hanno costruito, fanno parte di lui. Si abituerà a parlarne prima o poi. La voce tuttavia è l’unico modo in cui traspare la sua difficoltà, perfettamente nascosta da quel volto austero. <Ci ha tenuto a portarmi da questo vecchio> [eh! Linguaggio ragazzo!] <E mi ha offerto del ramen> Conclude, poggiando i gomiti sul tavolo, intrecciando le dita delle mani e poggiandoci sopra le labbra. Ascolta. <E in cosa sei bravo, invece?> Chiede assottigliando lo sguardo che si appoggia su di lui, di nuovo, con la cosa dell’occhio <Cos’hai riconosciuto, Jikken?> Lo chiama, evocandone l’attenzione, curioso. Per poi ascoltare il suo successivo dire. Lo sguardo s’assottiglia, attento a quelle parole <mh> Annuisce. Certo che capisce. Per il momento tiene li il discorso, lasciandolo ordinare. E lascia passare anche qualche istante di silenzio, mentre il buon Oji s’appresta a cucinare <Ti è rimasto qualche ricordo?> Una domanda bassa, solo per lui, senza spostarsi. Tenendo anche lo sguardo sulla schiena del vecchio, ma con l’attenzione completamente sul ragazzo.

23:36 Tsumi:
 Le braccia si portano lungo il bancone, poggiandosi su di esso e incrociandosi quasi. Uno sbuffo una volta poggiatosi. Le ciocche nere che vanno nuovamente a posizionarsi davanti gli occhi, coprendo un po’ della vista. < oh > Schioccherebbe il palato per donare a lui nuovamente solo un verso, quasi di stupore. < adesso.. > Ripete l’ultima parte della frase di Shinsei. Quindi c’era un prima che il biondo prende a snocciolare come se gli avesse letto nel pensiero. Lo sguardo è però piazzato in avanti ad osservare Oji-San che prepara in fretta e furia le due ciotole di Ramen. Ad un certo punto, nel sentire quella somiglianza nel non farsi toccare, le iridi vanno ad osservarlo di sbieco mentre la sua voce, virile, si è rotta improvvisamente. < Capisco. > Afferma secco, continuando ad osservarlo di sbieco, coperto in parte da alcune ciocche corvine. < Il dolore intendo. Lo capisco. > La semplicità con cui lo dice sembra quasi sminuire il tutto, ma così non è. < Da parte mia non è dolore. > Afferma adesso, prendendo la parola. Le iridi si spostano di nuovo, guardando il nulla davanti a lui. < Sono i ricordi che affiorano di nuovo. > Non se ne può liberare e prima imparerà che dovrà conviverci per sempre, prima si metterà il cuore il pace su quella situazione. Un sorrisetto beffardo sussegue la situazione, avvicinando il volto al bancone volendo far vedere quell’espressione al vecchio < Oji-San ha una clientela moooolto fine > Afferma ridacchiando, destando un po’ di ira da parte del vecchio. Tutto sommato, pensa di stargli un po’ simpatico. Vuoi che la stazza di Jikken voglia ricordare un figlio o un nipote nella gente. La domanda successiva del biondo desta il giovane e lo sguardo piano piano si rimette in una austerità molto familiare ormai. Il viso si discosta ed è questa la prima volta che volge il capo verso di lui in tutta la serata donando uno sguardo nero come la pace al biondo. < Lo sguardo delle coppie. > Afferma secco verso di lui. < Non conosco i sentimenti che provano, non sono ancora in grado di provarli, forse non lo sarò mai. > Come può, dato che non gli è mai stato dato quel tipo di affetto? Regressione ad un’età così priva di esperienze. < Ma loro si guardano così > Rimarca quel “loro” in maniera più pesante, intendendo tutti gli innamorati o presunti tali che si definiscono così < Voi vi guardate così. Per questo dubito che tu non ti faccia toccare da lei, ora > Anche quest’ultima parola viene marcata pesantemente, scandita. < Non ricordo niente prima del mio… esperimento. > Difatti egli si chiama così, non ricorda il suo vero nome né il cognome. A dire il vero, solo il buio.

00:05 Shinsei:
  [Per le vie] Tiene lo sguardo sull’altro, cogliendone la sorpresa e persino quei primi sguardi di sbieco. Nel sentire comprensione nelle parole del moro lo sguardo leggermente si sgrana. Lo ascolta. Irrigidisce la mascella, nervoso nel sentire un’esperienza tanto simile. Alla fine Sango aveva ragione, sarebbe stato utile a entrambi conoscersi <E sono i ricordi a fare male…> Quasi a tentare di completare la frase dell’altro <troppi. Troppo dolorosi. Tutti insieme.> eccola di nuovo quella nota diversa nella voce, che la rende più graffiata <Come schegge impazzite nel cervello>. Arriva il Ramen. [Lo puoi ben dire giovane. E non lascerò che voi due siate da meno] Potrebbe rispondere il buon Oji a Jikken. Sta di fatto che, lui s’avventa sul ramen senza troppi complicmenti, tra schizzetti e gorgoglii ben poco fini. Un bel boccone, prima di sollevare di nuovo il capo dalla ciotola e donare, anche lui, uno sguardo all’altro. Nero su nero. Pece su pece. Sofferenza nella sofferenza. Resterà a sostenere quello sguardo, a comprenderlo, finchè il giovane deciderà. Ascoltandone le parole. <mh> Analizza, metabolizza, pensa <HhE quwinbdi è queshhto l’effwetto> [PARLA DOPO AVER MASTICATO, ANIMALE!] <che diamo> concluderebbe dopo aver mandato giù il boccone. È interessante <Pensa che io e te non abbiamo un grado di comprensione tanto diverso dei sentimenti e… se chiedi a Sango, penso neanche lei ti saprebbe dare risposte decenti> Guardali la, il biondo il moro e la rossa, tre spostati senza la minima idea di come si approcci alla sfera sentimentale di una persona in modo decente. Cosa potrà mai andare storto. Si fa un filo più serio, dopo un altro boccone. <Anche nel mio caso, ogni tanto capita che affiorino ricordi… in situazioni particolari, stressanti o…quando subisco i Genjutsu ad esempio> Torna a guardare la ciotola, in cerca delle parole giuste per continuare <Ma nel mio caso è l’opposto> Commenta piano <Ricordo che ero uno studente del villaggio di Oto, da piccolo. Ricordo che qualcuno mi scelse. Ricordo che fui costretto a partire…> Trattiene un brivido. No, non lo trattiene poi tanto bene <Sono finito in un buco nero Jikken> deglutisce <Un buco nero che mi ha vomitato fuori quasi dieci anni dopo, e del quale non ho che nebbia e…voci, quando affiorano> Un bel minestrone di roba insomma <Ci ho messo un altro paio d’anni a rendermi conto che Oto era distrutta e a recarmi qui, dove Sango mi ha trovato> E eccolo qua, il nostro biondo <Non ricordo niente di cosa mi è stato fatto ne del perché.> Mormora. Ficcandosi in bocca un altro grosso boccone di spaghetti e ingredienti. Decisamente ineducato.

00:22 Tsumi:
 Appena un sorriso viene abbozzato che sparisce quasi subito dal candido volto del giovane, contornato da uno sguardo triste e rivolto al basso. < Già. Troppi brutti e troppo pochi belli > Afferma quasi tutto d’un fiato prima di rendersi conto che il ramen è arrivato. Il suono della pesante ciotola lo desta da quel torpore, sussultando vistosamente. Mani che scattano insieme a lui, emettendo un verso quasi di spavento dalle labbra. < CIBO > Esclama alzando il tono della voce, braccia che si alzano all’unisono verso il cielo. Inutile, il cibo lo rende di buon umore ormai. Afferra quindi un paio di bacchette li vicino in un piccolo contenitore, separandole velocemente. Senza perdere tempo e senza complimenti inizia a mangiare il contenuto emettendo versi ben poco signorili. Dovremo lavorarci un po’ di più su quello. < lo capvirebbeh pure uno shieco > “cieco” è l’ultima parola. A nulla servono i rimproveri del vecchio ai due. < Non so, Sango sembra capire ma non per sua volontà > Si, un po’ come loro due in questo momento. Due dolori simili che si incontrano, nonostante sembrino due persone totalmente differenti tra di loro. Continua a mangiare, continuando ad emettere quei versacci che tanto disgustano e irritano il vecchio Oji-san. < I ricordi affiorano quando meno te lo aspetti. Sono continui e ho paura che non se ne andranno mai > Deglutisce prima di parlare, rattristendosi visibilmente a quel discorso come anche la voce si fa più sottile quasi impercettibile. Gli occhi sul ramen, ma non lo sta guardando. Strano. Ascolta dunque la sua storia, volgendo lo sguardo verso di lui, sbiecamente. Lo fa finire di parlare prima di prendere parola lui. Alza il capo verso il soffitto, sbuffando vistosamente < Bene, visto che ne stiamo parlando … > Afferma come se non potesse fare altrimenti. Come se stessero giocando a chi ha sofferto di più < So solo che ho perso i genitori durante la guerra al Kami. Sono stato preso allora, da orfano > Una pausa prima di ricominciare. < Mi hanno messo le mani ovunque, fatto non so quanti test. Invasivi, ovviamente > Specifica prima di continuare < Ho ancora i loro volti stampati nella mente. Le loro mani che mi toccano. Loro che mi iniettano liquidi che non so neanche cosa siano. > Pausa, scuotendo il capo e riportandolo sul ramen. Bacchette che si muovono dentro di esso iniziando a raccogliere un'altra manciata abbondante di spaghetti e condimento. < Non ricordo neanche io cosa mi hanno fatto di preciso. So solo che sono stato bollato come un fallimento. Credevano fossi morto. > Altra pausa, andando a soffiare sul caldo ramen < e mi hanno buttato in mezzo alla strada. Sono poi venuto qui > Il resto non è importante, almeno per ora. Ingurgita quel boccone ma stavolta non è molto contento

00:42 Shinsei:
  [Per le vie] Annuisce alla prima frase di lui. Distendendo poi la bocca piena di cibo in un sorriso, nel sentirlo così contento. Effettivamente la rossa non aveva tutti i torti, scalda il cuore vederlo così contento. E così eccoli la. Sotto allo sguardo disgustato e irato del povero Oji-san che non fa altro che mormorare [Oh appena vedo la signorina Ishiba… oh vedranno loro…quante ne prenderanno] Cosa che non può non riempire di tronfia felicità il biondo. In attesa che sia qualcun altro. Qualcuno da cui non si scappa, a farsi sentire con lui. Per adesso sono due contro uno. Vittoria breve ma meritata. <Già…> Lo capirebbe anche un cieco. Se solo sapesse il baratro nero in cui s’è infilato con lei. <Sai, è stata lei a dirmi di te. Che ti aveva accolto> Commenta pulendosi la bocca con la pelle dell’avambraccio, nemmeno con la manica. Indecente. <Mi ha accennato la tua storia.> Insomma. Non è solo il moro ad essere stato in un certo modo “costretto” a quell’incontro. Si ferma di nuovo dal divorare quella zuppa per ascoltarlo. Per ascoltare la confessione della sua paura. Lascia correre lunghi momenti di silenzio, finchè non è lui stesso a raccontarsi, e allora di nuovo, senza toccare il cibo, si dedica a lui annuendo di tanto in tanto. Solo nel sentire quell’ “invasivi ovviamente” volta violentemente il capo dalla parte opposta rispetto al moro, come se avesse ricevuto uno schiaffo in pieno viso. Occhi serrati. Pugni tanto stretti da spezzare le bacchette. Non è il momento questo. Gonfia la cassa toracica, tirando un lungo, teso sospiro dal naso, prima di tornare, lentamente a voltarsi verso il ramen <Ovviamente> gli fa eco ringhiando. Lo lascia poi finire. Fin quando entrambi non si ritrovano ad essersi raccontati in poche frasi. Annuisce piano <Non penso che i tuoi ricordi se ne andranno mai Jikken> Commenterebbe dopo lungo silenzio, osservando ora la zuppa mezza finita senza toccarla, come se sulla superfice potesse vedere chissà cosa <Le tue esperienze formano ciò che sarai. Non si scappa da questo.> Come si potrebbe? <Forse…> Quasi titubante. Avrà senso esporsi in questo modo? E perché no. <Potresti provare, quando arrivano, a metterli in fila.> Come? In che senso? <Costruire un archivio dei tuoi ricordi, ordinarli…in modo tale che magari continuino a fare schifo, continuino a fare paura, ma nel frattempo costruiscano quello che sarai.> Può avere senso? <Srcivili e trasformali in Origami con Sango.> Tenta quasi di allungargli un sorriso, più disteso e meno affilato del solito <Magari quando li hai tutti sott’occhio ti accorgi che, per quanto brutti siano, tu sei loro, e loro sono te> Conclude, tornando a guardare la zuppa, per poi sentire un richiamo viscerale provenire dallo stomaco, risalire lungo l’esofago, arrivare in bocca e..<BruUuUuLp> [TI CACCIO SE CONTINUI COSì!]

01:00 Tsumi:
 *SLURP* e butta giù l’ultimo boccone di quel meraviglioso ramen, non senza aver schizzato un po’ del sughetto sul bancone. Giusto qualche gocciolina dai. Povero vecchio, costretto a sopportarli. Sgrana un attimo gli occhi voltandosi proprio verso il burbero proprietario del chioschetto. < AH OJI-SAN! > urla in maniera sconsiderata facendo voltare di scatto il povero vecchietto. Gliene dirà di tutti i colori adesso. < Ecco, devo chiederle un … favore > Direbbe con voce sommessa sospettando già la reazione – non buona – del vecchio, ma deve provarci ugualmente < Vorrei .. LAVORARE PER LEI > e a dire queste parole molto velocemente, scatta con la testa abbassandola in segno di rispetto. Purtroppo non prende bene le misure e scaglia il povero cranio verso il bancone di legno prendendo una bella botta. Risale subito con la testa andando a toccare con entrambe le mani la fronte < AHI AHI > Digrigna i denti per il dolore che lascerà posto ad un bernoccolo tra non molto. Una lacrimuccia per il dolore scende dall’iride destra, cercando di trattenersi quanto possibile < è per.. aiutare Sango. > Direbbe infine tra un lamento e un altro, sperando in una buona reazione del vecchio. Si volge poi verso Shinsei, guardandolo frontalmente. < Immaginavo. > Sango a quanto pare cerca di aiutare la gente. Il motivo gli è sconosciuto ma non se ne dispiace. Lo vede però girarsi e ringhiare quasi alle sue parole. Le bacchette che si spezzano tra le mani del biondo. < .. Stai bene? > Capisce bene che alcuni dei suoi ricordi sono riaffiorati. Certo ha una reazione più violenta rispetto a lui. < … Lo finisci quello? > Direbbe successivamente indicando con l’indice della destra il ramen del biondo. E’ peccato lasciare il cibo. Le sue parole successive provocano inevitabilmente uno sbuffo di risata accennato, causa il trattenersi del giovane da sbottargli in faccia < Ma dai … sembra di sentire Sango. Su, grande e grosso e fai queste robe. > Si, non gli è piaciuta molto l’idea. Il risolino fa spazio però ad una risata molto più pronunciata, sottile e appuntita. Come non l’aveva mai visto < Ho il mio metodo > E dopo questa breve frase andrebbe con il pollice della destra a tracciare una linea lungo il collo con il polpastrello. Segno di tagliare la gola, ovvio < Tutti. Sono sicuro che sono qui. > Afferma, nella sua decisione di voler uccidere quelli che gli hanno fatto questo. Con il dovuto tempo e con la preparazione. Si, seguirà il consiglio di Sango, ovviamente.

01:20 Shinsei:
  [Per le vie] Per la prima volta le prime parole del moro non sono per il biondo ma per l’oste. Quasi sobbalza, Oji-San nel sentirsi chiamare in quel modo, si volta in modo burbero, pronto a un altro scherzo o a un’altra porcheria. Sgrana lo sguardo sotto le ciglia folte nel sentire quella proposta, reprimendo poi una grossa risata a quella craniata, e mascherando tutto dietro un tono burbero che non convince nessuno [Beh? Vuoi lavorare per me e pretendi pure di spaccare a craniate il bancone?!] Lo guarda di sottecchi quasi studiandolo. Pesano i sacchi di riso e di spezie, tenere aperto fino a tardi fiacca lo spirito tanto quanto aprire la mattina presto…[Di alla signorina Ishiba che ti darò una settimana di prova. Ti aspetto a pranzo e se sgarri l’orario di un minuto non se ne fa niente. Chiaro?!] Abbiamo capito chi è l’autorità, insomma. La craniata del moccioso invece ha scatenato un sorriso sul volto affilato del biondo, che scuote il capo. <Già> era chiaro che lui di sua spontanea volontà non avrebbe fatto poi molto. <La prossima volta parleremo del perché> preannuncia. Oh non si aspetterà mica che sia finita li. La domanda sulla sua condizione lo coglie quasi impreparato, ma risponderà con un mormorato <lo sai> Non ha bisogno di spiegare. Ma non esiterebbe, con una mano dalle dita lunghe e forti, a dargli l’avanzo del suo ramen. <tieni> e perché no, tutto sommato. Il suo dire quasi derisorio lo stizzisce quasi. Si volta, aspettando il momento giusto, ovvero quello in cui lui alza la ciotola per bere il brodo, per assestare un calcetto allo sgabello, niente di che. Quanto basta per mandargli un po' di brodo al di là del bordo dritto sul kimono, a guadagnarsi una bella patacca con annessa sgridata <Sei un cretino, scrocchiazzeppi> Gli allunga un sorriso affilato, giusto poco prima di ricevere la parte tonda del mestolo dritta sul capo [NON LE VOGLIO LE PAROLACCE!] <ahiaaa!> una mano al capo. Riempiendosi la bocca di insulti che non può far uscire. Resterebbe li, sguardo torvo a massaggiarsi il cranio <Bene.> l’importante è che abbia un metodo. Un piano, un obbiettivo. Aspetterà che l’altro finisca di mangiare, pagherà e lo riaccompagnerà a casa, da Sango.[End]

01:34 Tsumi:
 Mano che si va a rimettere sulla fronte sbattuta poco prima sul duro bancone di legno del chioschetto. Volge dunque il capo e lo sguardo si pone sulla figura di Oji-san che amabilmente lo prende in giro < Beh, non l’ho mica rotto dai.. > Affermerebbe imbarazzato per la figuraccia fatta poco prima. Aspetta dunque lunghi attimi prima di ricevere risposta dal vecchio. < YAY! > Esulta nel sentire le sue parole e un sorriso ampio solca il volto del giovane Jikken. Una settimana di prova è già un inizio. Sango sarà felice di sentirlo, visto che lo sprona ogni volta ad uscire e farsi degli amici. Ma più di quello, preferisce essere non troppo di peso alla ragazza. Ora dovrà solo imparare ad alzarsi ad una certa ora, prepararsi e non fare stupidaggini al lavoro. Ok, sarà dura. China nuovamente il capo, stavolta molto più lentamente di prima per non sbattere di nuovo la fronte. < Grazie Oji-san > Mette a frutto quelle nozioni di educazione che gli sono state impartite, poche ma buone. Volta poi la sua attenzione sul biondo, ascoltandone le parole. < Si, lo so > Effettivamente era una domanda stupida da fare considerato il passato che li accomuna e quindi le reazioni avverse che esso ha. Poco dopo un ulteriore sorriso solca il volto del giovane nel vedersi porgere la ciotola di ramen. La afferra quindi con entrambe le mani dal basso. E’ freddo, poco importa. Per lui il cibo è diventato quasi un rifugio, dove sta bene. Non fa in tempo ad inclinare il contenitore che però viene sbalzato da un calcetto dato al suo sgabello < EHI > urlerebbe mentre cerca di mantenere l’equilibrio. E niente, parte del brodo va a sporcargli il kimono bianco. < … > Attimi di silenzio in cui il giovane vorrebbe solo imprecare – la strada qualcosa gliel’ha insegnata – ma si trattiene. Ci pensa oji-san a pareggiare i conti. Ridacchia adesso, indicando il biondo con l’indice della destra. Quasi perde l’equilibrio per farlo. < Ah, lo dirò a Sango ovviamente. E ha fatto scorta di bacchette, scemo! > Finirebbe con un piccolo insulto, beccandosi anche lui una strigliata da oji-san [NE VUOI UN PO’ ANCHE TU?] Si ritira quasi in posizione fetale il moro, temendo un colpo di pestolo. Ma lo grazia, fortunatamente. Bella serata ma ora chi lo dice a Sango che si è sporcato un altro kimono? [End]

Shinsei e Jikken riescono finalmente a farsi una chiacchierata da soli.

Tra ricordi e condivisioni, parolacce e imprecazioni, rutti e osti furiosi, portano a casa un primo contatto. (E Jikken una prova di lavoro)