Frammenti
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Giocata dal 22/09/2021 15:31 al 23/09/2021 01:15 nella chat "Luogo Sconosciuto"
[Archivi di Oto] Passo lento e cadenzato. Falcate non troppo ampie, comode insomma, lo muovono per le vie del distretto del suono, non il suo posto, come nessun posto è suo in una città in cui si sente perennemente straniero. Perennemente o quasi. Mani nelle tasche di un ampio pantalone di nera stoffa morbida che nasconde le forme delle gambe, se non quando il vento spinge la stoffa a contatto con la pelle. A fasciare il busto una canotta aderente che lascia libere le spalle stondate. Il volto affilato, dipinto nella sua solita espressione austera. L’unica che mostra in pubblico, quasi non curante di qualsiasi cosa non riguardi se stesso e l’obbiettivo che lo muove. A decorare il volto, i neri draghi d’inchiostro incisi sui lati lisci del cranio, i capelli stavolta non son chiusi in una treccia, ma in una rapida coda alta. Ad impreziosire il volto, quello sguardo oscuro e pesante, piantato sull’edificio che hanno davanti, come a volerlo bruciare, solo con lo sguardo. Il collo e le spalle, snudati dagli indumenti che porta, sono inoltre decorate da graffi e lividi, un tempo più marcati, ora sulla via della loro naturale scomparsa, ma non li nasconde. D’altronde il pudore non è mai stato di casa <Quando ho parlato com Rasetsu,> Inizia la frase, ma a chi parla? Alla rossa che ha di fianco, colei che lo sta conducendo agli archivi. La rossa Ishiba. Mastica quel nome con un certo fastidio. Ha un patto con quell’uomo ma non ha gradito i suoi modi, le sue richieste, ne tanto mento le allusioni che ha fatto. <mi ha detto che il compito che mi ha affidato una volta era tuo.> Conclude, non c’è domanda per adesso, lascerà a lei la libertà di dire ciò che vuole sull’argomento. Non ne hanno parlato abbastanza l’ultima volta, ed è li per cercare informazione sull’obbiettivo. Eppure, nel lasciarla libera, lentamente lo sguardo nero e pesante viene spostato dall’edifico dell’archivio, fino alla figura della rossa, cosa cerca? Quello che cerca sempre, capire cosa le sue parole suscitano nelle persone. Per la rossa soprattutto, dovrebbero essere ricordi d’una vita passata. Una vita che il biondo non ha vissuto. Un mondo a cui lui è completamente estraneo e che lo incuriosisce. Avanza anche la rossa, sebbene probabilmente qualche passo indietro, la propria mole decisamente minore rispetto quella del ragazzo - troppo alto perfino per lei, nonostante non abbia mai davvero avuto problemi con l'altezza. Adesso invece è costretta ad alzare il viso per poterlo guardare dritto in viso. Il silenzio la fa da padrone, non sono dei chiacchieroni in effetti, e ciò l'aiuta ad avanzare verso altri pensieri. Indossa un kimono rosato quest'oggi, la bella stoffa copre il corpo e scivola su di esso per metter in mostra le forme sebbene non la pelle. Le maniche scivolano lunghe fino ai polsi in quella sorta di campana , lo scollo a V segna il petto e i seni eppure celati grazie alla cintola che porta alla vita, viola, che trattiene tutta la veste. La stoffa infine che non scende più di qualche centimetro oltre le natiche, lasciando libere le gambe affusolate, lunghe, sebbene non troppo magre. Ai piedi il solito paio di sandali, alla gamba destra un porta kunai con dentro due kunai a tre punte . Quelle son le armi che si porta dietro al momento, nulla di più. I capelli rossi son legati in quell'alta coda di cavallo, lingue di sangue trattenute , mentre alcune cingono il viso dolcemente rendendolo più pallido, lo stesso pallore di chi non ha mai preso sole in vita propria. Le azzurre infine si portano al biondo che affianca, ne troverà il profilo, ne sentirà un lieve calore alle gote ma nulla di più che il silenzio iniziale , in attesa che egli possa illuminarla su ciò che narra. < Doku > motivo per cui entrambi si trovano li, come una falena in cerca di una fiamma l'ha perfino seguito nella sua ricerca < ..ricordi quando ti dissi che qualcosa mi sfugge di questa città?> lo sguardo che ritorna all'edificio poco lontano , in verità son ricordi molto , molto recenti quelli < mi son posta una domanda > una delle mille < ho visto il quartiere notturno, ciò che accade.. > un tempo accadeva al Tanzaku Gai, luogo neutrale in mezzo ai paesi ninja < ..sotto la torre del consiglio > uno sguardo veloce al ragazzo , intenso, ferale < mi son chiesta come fosse possibile, e.. son stati loro a costruirlo. Sanno che tutto è li > droga, alcool, prostituzione, probabilmente anche molti minori che fanno quella vita per vivere, tutto sotto il grande occhio della torre centrale < mi manca solo la motivazione e lui è colui che può darmi questa risposta > eppure perchè non ha nemmeno portato dei veleni normali? Ma ancora tace, lascia che l'altro possa comprendere, che possa elaborare, seguendolo calma seppur vigile anche in quella terra che non disprezza. Un passo avanti per lei. [Archivi di Oto] Lo sguardo resta su di lei, le dona il profilo ed è con la coda dell’occhio che la guarda, visto come son messi, eppure socchiude appena quello sguardo pesante quando la voce di lei gli giunge alle orecchie di nuovo, per la prima volta. Deglutisce, deviando per qualche istante lo sguardo. Per poi tornare su di lei. A cogliere le parole e le sfumature di quella storia che lei racconta. E finalmente chiarisce quel dubbio. Annuisce piano, quando gli viene posta quella domanda. Certo che ricorda. Quei dubbi che lei ha disegnato. Ecco dunque di che si tratta. Il sopracciglio destro si inarca, nel sentire quella strana storia. Una storia tanto bizzarra da costringerlo a rallentare il passo, fino ad arrestarlo del tutto. Una volta fermo, ruota il corpo di quello che serve per avere la donna davanti a se, <una cosa strana in effetti> commenta mentre lo sguardo nero si nutre dei dettagli della figura dell’Ishiba <Il consiglio crea una sorta buco in cui decide che tutto è permesso…> La domanda della rossa che ha davanti è più che legittima. <effettivamente con questi elementi si possono fare solo supposizioni>. Si vede, in fondo, che non è come tutti gli altri Taijutser senza cervello. È stato educato diversamente, se di educazione si può parlare. Ama il ragionamento, ama conoscere a fondo ciò che lo circonda. Lo sguardo cerca quello blu di lei <e Rasetsu dovrebbe avere la risposta?> Le chiede, osservandola, mentre lascia correre di nuovo il cervello in chissà quali macchinazioni o pensieri < Perché lui? E soprattutto che c’entra questo con i Doku?> Assottiglia lo sguardo, nero, affamato e sempre inquieto, sempre in cerca. Solo dopo aver posto queste domande, lascerebbe lo sguardo scivolare via dalla figura di lei, ruota il capo, tendendo il collo, verso la struttura che ormai hanno davanti, a pochi passi. Gli archivi. Sarà il posto giusto? Difficile dirlo. In effetti conosce troppo poco di quello che è il suo stesso villaggio, dei Doku ha solo offuscati ricordi di qualche storiella raccontata all’accademia, quando era bambino. Ha bisogno di approfondire, ha fame. Una maledetta fame che si legge in quello sguardo. Tornerebbe quindi sulla rossa per ascoltarla, avido. Rallenta anche il proprio passo, ormai sono all'entrata e il biondo le si pone davanti. Il collo che si allunga nuovamente per osservarlo e ascoltar le sue parole, il proprio dubbio che è divenuto anche il suo. < un buco o un modo per tener ancor più sotto controllo ?> donare proprio la parte di "gioie" di chiunque, di potersi sfogare come possono, di poter sceglier cosa fare, con chi farlo in totale libertà. Ma anche quella parola stona in quel contesto, pare non esserci molta libertà all'interno di quelle mura < non so cosa ci sia in mezzo, fedeltà forse, forza, occhi che si chiudono per evitar di vedere? > avanza diverse supposizioni, la voce che diviene un sussurro, qualcosa di privato da dover condividere, dubbi che l'assillano su quel governo, sul come si sia imposto, su come mantenga il controllo che non sia solo la mera Shinsengumi o Anbu che siano. Le azzurre affondano nell'oscurità, morde lievemente il labbro inferiore . < un tempo era immerso nella Yakuza > una parte di loro ha difatti aiutato la presa di Otogakure nel loro grande piano < e frequenta quel posto, lo vive. > egli potrebbe scoprire cosa ci sia dietro quel posto, cosa lo colleghi direttamente al governo, quali siano i segreti che si celano sotto lo sguardo degli ignari abitanti che pensano al mero divertimento. La mente dell'ex jonin lavora ancora come in passato, pronta alla guerra, agli intrighi e alla politica. Pedine che si muovono e non sapere la rende..instabile. < era anche un noto .. spacciatore di droghe > non che fosse qualcosa di così tanto nascosto ai tempi di Yukio , dato che anche l'ex kage ne faceva uso < suppongo gli serva un Doku per continuare con le sue..pratiche > il viso che arrossisce lievemente al ricordo che anche lei alla fine ne aveva provata qualcuna, cosa che non si direbbe mai nel vederla. < utilizzano il Veleno, su questo non c'è dubbio, ma non so molto altro > non lo ha nemmeno provato nemmeno con Kimi, possessore del contratto delle farfalle dell'Ade. Andrebbe a muovere lei stessa i passi verso quella parte, per sorpassare il biondo ed inoltrarsi anche negli archivi di quel posto, chissà quanto è stato conservato, chissà quali informazioni possono trovare < troverò qualcos'altro da dare per sapere dal Rosso. > lo appella in quel modo, così da non donar alcun nome ad eventuali vicini, lasciando invero la possibilità a lui di poter portare a termine la propria ricerca di se stesso. Avrò diversi modi per poter avanzare la richiesta.. sebbene qualcosa la eviterebbe volentieri, come le battutine e le allusioni dello stesso Rasetsu . [Archivi di Oto] Tasselli che si uniscono nella mente del biondo, che alla domanda iniziale della rossa assottiglia le labbra e lo sguardo. Potrà notarlo, lei che quelle riflessioni spingono quella mente a riflettere. Effettivamente, quel dubbio è diventato anche il suo. <Avrebbe senso> ammette. Convogliare tutte le azioni normalmente considerate illegali, o comunque lontane dal vivere civile in un unico punto della città. Sarebbe sicuramente più facile da controllare rispetto a tener sotto controllo ogni anfratto di quel posto. La ascolta supporre, e la mascella si stringe, i muscoli del cranio si muovono sotto la pelle, facendo danzare i draghi che lo decorano <Tsk> lascia schioccare la lingua sul palato. <Questo posto mi piace sempre di meno.> il tono di voce è sintonizzato su quello di lei, basso, ridotto quasi a sussurro, ma più profondo e vibrante, a toccare note più profonde dell’anima. Sta ricavando una pessima impressione da quella città. L’ideale nobile che l’ha portata a sorgere, nasconde un baratro di cui ha l’impressione di aver visto solo il bordo. Poi lo sguardo pesante, oscuro, nota il movimento del labbro inferiore di lei infilarsi lievemente tra i denti. Si nutre di quel momento, seppur sia costretto deformando le labbra sottili in quella che è solo l’ombra d’un ghigno ferale. Sbatte un paio di volte le palpebre subito dopo, deviando lo sguardo e scacciando ricordi involontari. Ma torna presto sull’ovale liscio della rossa. Lei gli fornisce ulteriori tasselli che fanno chiarezza sulla figura del Kokketsu. Ascolta quelle frasi. La descrizione di quell’uomo e non può fare a meno di scuotere il capo, tingendo l’espressione con un sorriso di compatimento. <L’ho incontrato proprio nel quartiere notturno. Si è spaventato quando mi ha visto>. Non c’è stato modo di raccontarle per bene quel primo incontro <Non ha voluto chiudersi in un posto a bere qualcosa e parlare> e forse sarebbe stato un bene. Se il biondo avesse bevuto e perso il controllo probabilmente avrebbe cercato di ucciderlo tempo zero, vista la facilità con cui perde il controllo. <Sembrava un c…> s’inchioda nel parlare. Ben memore dell’avvertimento che ha ricevuto dalla rossa sulle parolacce <un pensionato. Niente alcool e droghe mi ha detto> Conclude, evitando il turpiloquio ma tenendo lo sguardo nero e affamato in quello azzurro e luminoso di lei <Ora il quadro è decisamente diverso> Ammette. Quelle informazioni che ha ricevuto sono importanti. La lascia proseguire per prima Senza lasciarsi sfuggire un solo movimento quando le passa davanti e lasciandole sentire la pesantezza dello sguardo anche dopo. Potrà sentirlo, lei, un profondo sospiro dal naso, ma è su altro che verte la parola del biondo quando schiude le labbra <era contento.> Ammette con tono serio, mentre la segue su quegli scalini, esattamente dietro di lei, qualche passo più indietro <Contento di avere un’altra…> cavia. Non lo dice. Abbassa lo sguardo verso gli scalini. Non ha ancora fatto pace col fatto che dopo essere stato una cavia per anni, ora il suo destino lo porta di nuovo li, sotto le mani e i genjutsu di qualcuno. Ma non lo ammette, questo sconforto. Lo lascia bruciare dentro l'ardore che nutre il suo bisogno di ricomporsi. Conta questo. Nient'altro. <Cosa sai dei Doku?> Le chiede, senza smettere di salire, cambiando argomento. Solleva il sopracciglio a quella sua dichiarata avversità , o almeno, non completa convivenza in quella grande città < questo posto è come tutti i villaggi. Troverai sempre luci ed ombre in essi > solo che li ovviamente son ancora più grandi vista la mole di abitanti che vi vive dentro, e il solo fatto di riuscire a mantenere la pace fittizia è qualcosa che lascia a riflettere. < e almeno loro non hanno fallito > scosta lo sguardo ritrovandosi a sospirare, conscia del proprio fallimento, della propria inettitudine quando serviva invece la forza d'una guida. Non lo è stata, non lo sarà mai probabilmente, in quel sogno che annega. Uno sguardo che viene richiamato perfino dall'ombra di quel ghigno, la stessa che riesce a farla tremare dentro , quasi irrigidire, ma non rifuggire. Anzi, perfino lei indugia un pò troppo in pensieri che non dovrebbe avere adesso. < ah il solito > spaventarsi per Rasetsu? Si, l'ha visto, lo immagina pure in quel momento < troppe orecchie > suggerisce a quel suo non volersi rinchiudere, eppure rimane basita nel sentire quella novità < cosa? > senza droghe e alcool? Impossibile . Trattiene le parolacce nella mente, dava per scontato il poter giostrarsi tra i suoi vizi, e se questi non ci sono più, cosa potrebbe mai fare? < perchè ha smesso..> lancia lo sguardo al cielo, maledicendo i kami per quella svolta totalmente inaspettata < spero che gli sia almeno rimasta l'inclinazione per le donne > sbotta a proprio modo sorpassando il biondo, scontenta di quelle novità, ma sapendo di poter almeno puntare a qualcos'altro. Sente il brivido alla nuca nuda, lo sguardo pesante che si pone su di essa, lo sguardo dell'animale. Pesante così come il respiro che la raggiunge, d'un brivido che provoca, a cui non si ritrae eppur ricerca brevemente. Trattiene il proprio respiro eppur vuol distrarsi in quel momento da ciò che non dice < un'altra..?> cosa? Non può sapere cosa ha deciso di fare di nuovo, di propria scelta e volontà . < Poco. Sono un clan di Otogakure, utilizzano principalmente il veleno che esce dal loro corpo > ricorda i vari attacchi di Kimi in quel caso, ma anche del suo clan < ..prima della guerra abbiamo sterminato parte di esso. > ne ha uccisi diversi anche lei, tutti coloro che si resero restii al ritorno alla terra del suono < ma oltre a questo..> i passi che continuano adesso verso la hall, verso il bel ragazzino che sta dietro il bancone, occhi neri, capelli neri, poco più alto di lei, un piccolo del suono fatto e finito < salve > un sorriso amplia le labbra, quanta falsità < sono un'archivista di Ame > presentarsi in quel modo potrebbe dare più risultati e privacy? Cioè affabile e ammiccante? Con gli uomini solitamente funziona . Ah le armi delle Kunoichi, le più pericolose che la natura possa donare. < Sango Ishiba > si presenta senza problemi < siamo qui perchè volevamo sapere qualcosa in più dei clan originari del suono, sapete, ci affascinano molto e son molto interessanti > sceglie bene le sue parole, in attesa che possa avere una risposta, magari anche un indicazione verso la sezione ove poter andare a spulciare. Se serve anche un altro sorriso, insomma, le proprie armi adesso son quelle, falsità allo stato puro. Solo adesso lancia di nuovo un occhiata al ragazzo, probabilmente avrebbe impaurito già con la sua sola stazza fisica. < se ci indicasse la sezione possiamo fare da noi, stiate certo che tratteremo nel migliore dei modi i rotoli > sorridi Shinsei, fallo anche tu. Ecco ciò che chiede la stessa rossa, una conferma da poter dare. [Archivi di Oto] Ascolta quelle parole su Kagegakure. Ad un primo ascolto sembrerebbero le parole tipiche di un agente scelto della Shinsegumi quale la rossa è, ma la conosce troppo a fondo per pensare che siano parole dettate da una divisa. Assottiglia le labbra, contrariato. Lui si è costruito come uomo senza l’ombra di un villaggio alle spalle. È stato vomitato fuori dalla stessa oscurità che l’ha plasmato e i suoi ideali sono troppo superiori per sporcarsi con l’idea che non esista un mondo perfetto. Ne è perfettamente cosciente. <Dove le luci sono più forti, le ombre sono più profonde.> Mormora. Non ha voglia di parlarne li. Non in mezzo alla gente. Convinzioni profonde come quelle che lo muovono in questo mondo, resteranno nell’intimo, nel privato, e solo così verranno condivise. Chiude l’argomento. Veramente troppo complesso. Ascolta le parole dell’altra, sorpresa che si dipinge in quello sguardo nero piantato sulla schiena sinuosa di lei. Sorpresa nel sentirla così sorpresa. La ascolta. Per una volta sembra essere lui quello più aggiornato sulla situazione. La speranza della donna gli provoca un ghigno divertito. <Credo sia proprio per una donna> che abbia smesso, ovvio, risponde alla domanda di lei per poi schiudere di nuovo le labbra sottili <Sai, in realtà mi ha confessato di non disdegnare la compagnia maschile, mentre mi ha portato nel vicolo dove lui di solito…> Non conclude la frase, ma stanno parlando, per allusioni, di una cosa ben precisa. E qualora lei si voltasse a guardarlo, potrebbe leggergliela sul volto affilato <ma fossi in te non mi preoccuperei> affila la voce, come un coltello <Te l’ho detto. Devi avergli lasciato un gran bel ricordo.> Commenta facendole arrivare quel sussurro da dietro, li dove si trova. In fondo hanno già condiviso epiteti e battutine che il rosso le ha dedicato. Ma quel ghigno sparisce quando lei gli chiede di finire la frase. Come era prevedibile che fosse <un’altra c a v i a> completa la frase spingendo l’ultima parola tra i denti, ringhiandola fuori con evidente disprezzo. Resta in silenzio ad ascoltare la storia dei Doku. Lui sa molto meno di questo su quel clan che in teoria dovrebbe essere del suo villaggio. Ma lui di villaggi non ne ha, l’abbiamo detto. Appartiene al buio. <mi pare un buon punto di partenza.> Quando lei entra, spedita come se fosse nel suo ambiente, e si dirige verso il bancone, lui non la segue del tutto, si ferma cinque o sei passi dietro di lei, lasciandola sola a parlare con quel ragazzino. Perché? Una serie infinita di motivi. La conosce, l’ha vista comportarsi in pubblico, e per certi aspetti, sono agli antipodi loro due. Mentre lei sa essere accogliente e rassicurante quando vuole, lui desta sensazioni radicalmente opposte. Resta quindi indietro. Abbastanza vicino da sentire la conversazione, ma abbastanza lontano da non far sembrare che, con quell’espressione austera, non veda l’ora di riempire di schiaffi il piccoletto dall’altra parte. Tuttavia, quando viene tirato in causa fa del suo meglio, tira le labbra sottili in un sorriso che snuda la dentatura candida e affilata. Un sorriso che, a seconda di quanto lo si conosce, desta sensazioni diverse <la aiuto io con gli scaffali più alti. Così siamo sicuri che non cade niente> alla fine l’aria del garzone che svolge mansioni fisiche ce l’ha. Tiene quel sorriso il tempo necessario per far distogliere lo sguardo al tizio dall’altra parte del bancone, prima di sganciarlo come se facesse male. Ha ragione, su quella frase, non può che ammutolire e annuire, entrambi sanno cosa significhi vivere le ombre, eppure solo lei sa cosa significhi vivere nella luce e nella ricerca della stessa. Egli ancora non ne ha avuto modo, ne ha visto davvero cosa possa donare. < una donna? > una sola? < l'ho visto correre nudo per la strada inseguito da un marito.. > ricorda ancora la scena, decisamente, troppo divertente per poterla dimenticare, dopotutto ha ancora il video nel proprio cellulare, inviato amabilmente da un certo Sumi. Sempre sia ringraziato. < non che mi stupisca > non che abbia molto ormai di stupirsi di quel mondo, tantomeno scandalizzarsi per qualcosa del genere, l'ultimo essere in quel mondo a poter dare lezioni di amore reciproco, o di sesso. < tu nemmeno la disdegni?> curiosa in verità di quell'ipotetica risposta, non che cambi nulla ai propri occhi invero, solo la curiosità che si porta dietro anche lei per qualcuno che davvero poco conosce, ne ha solo aperto le porte, eppure tutto ciò che contiene è ancora li dentro, pronto ad esser esplorato.< in un vicolo? Ah non è cambiato.. > come ad alludere a qualcos'altro che lei sa bene, eppure quella voce le arriva, tagliente, sul collo, un lieve brivido che la attraversa < va bene > sussulta , cambiare discorso par andare ancora meglio di prima adesso, molto meglio, se non che si troverà a fermarsi di colpo sul posto raffreddandosi improvvisamente < Shinsei > la voce che appare ferma, ferrea, lo sguardo azzurro ridotto a due fessure gelide e distanti < pensavo fossi intelligente > giudice imparziale nel giudicarlo in quel modo. Eppure sa che è già stato un esperimento, che ha già passato chissà cosa, e adesso vuole lanciarsi di nuovo tra le braccia di un nuovo aguzzino? < sei masochista? > domanda più che legittima, fregandone adesso dei Doku e di ciò che fanno o hanno fatto. Drizza la schiena, indispettita da quella decisione, eppure cosa può fare oltre che cercare di farlo ragionare? Flirtare con il tipello dietro la scrivania, qualcosa che porta la mente a distrarsi per un paio di secondi cercando di rincretinire, definitivamente, il giovane, sperando anche nella sua poca conoscenza del mondo femminile e dei flirt atti ad uno scopo differente. Ammicca con fare suadente, la stessa voce che pare carezzevole, accondiscendente, decisamente differente dai modi del biondo, in attesa che l'archivista " s-sezione 6 " la voce del ragazzo arriva, così come l'indicazione stessa da seguire, sulla destra, sezione sei. < grazie > Ignora volutamente il suo compagno con quella battutina in un primo momento, muovendo i primi passi, prima di voltarsi verso di lui seguendo i primi scaffali per volgersi alla stanza dedicata ai clan poco più infondo < non sono così bassa > sbuffa seppur sembri un pò divertita, anche se non ha avuto modo di vedere la minaccia nello sguardo del biondo < ho i miei metodi, spilungone > andrebbe ad affrettare il passo verso la stessa porta, avanzando per prima in quella stanza brulicante di tomi, e pergamene, lasciando la porta aperta anche per l'Uchiha < e saremo molto più veloci > no, internet per adesso non è concesso, non ancora brava in quello. Porterebbe adesso la destra al plesso solare a formare il mezzo sigillo della capra, visualizzando il proprio corpo, le proprie energie che la compongono. Quelle alla mente, di quell'azzurro intenso, antro dei pensieri, e quelle del corpo al ventre, rosse e calde, di quell'energia che la vive. Le richiamerebbe a se, in un senso comune e differente cercando di portarle al plesso solare , una scende e l'altra sale, e in quel contatto spingerebbe con la propria volontà cercando di amalgamarle in un vortice via via sempre più veloce, in modo che s'uniscano e che il chakra venga richiamato < bene, abbiamo un pò di cose da sfogliare > sebbene possano andare oltre le cose generiche di Otogakure, degli Uchiha e degli altri clan. [tentativo richiamo del chakra] Continua la conversazione con lei sul rosso, annuisce piano lui <Si, pensava fossi un altro di quei mariti> commenta. Forse per questo scappava. Quella scena non può non rievocare un sorriso. La ascolta e quando poi fa quella domanda, semplicemente fa spallucce <Non credo lascerei che sia il genere di una persona a fare da limite a ciò che…desidero> ci mette un attimo a scegliere quella parola, è visibilmente pensoso, ma sincero ne dire. Si ferma giusto poco prima di finirle addosso, a causa della brusca frenata della rossa davanti a lui. Non distoglie lo sguardo, nutrendosi anche di quel gielo, di quelle parole giudicanti, di quel cambio radicale d’atteggiamento, si nutre delle reazioni che le sue parole generano, come a prendere appunti virtuali. Tasselli che s’aggiungono a completare il quadro della persona che ha davanti. Non risponde a quella provocazione. E a quella domanda corruga la fronte <cioè?> Masochista, si, non ne conosce il significato evidentemente. Non le risponde però sul resto, limitandosi a guardarsi intorno con quello sguardo nero. Non perché non abbia gradito il tono, ma perché non ha intenzione di parlarne all’ingresso di un archivio. La lascia fare, e ovviamente si becca anche la ramanzina. Si limita ad inspirare, e poi espirare <Hai ragione. Pessima scelta di parole.> Ci mancherebbe altro che l’intento fosse quello di screditare la rossa in qualche modo o di affermare che sia bassa. La lascia andare in avanti, seguendola senza scomporsi, si infila nella porta lasciata aperta da lei, ma quando la osserva impastare il chakra. D’istinto fa la stessa cosa. Piega il gomito fino a portare gli avambracci lisci e nudi paralleli al suolo, con le mani che vanno a congiungersi, intrecciando le dita nel sigillo della capra. Tirerebbe un profondo respiro, che gli è utile per richiamare, oltre il velo frammentato della sua mente, l’energia psichica, elettrica e instabile. Un processo non semplice, meno che mai per lui. La porterebbe al centro del plesso solare ad unirsi con la gemella opposta, l’energia fisica, tratta dal cuore, irruenta e costante. Tenterebbe di unire le due componenti di se stesso un una terza energia, superiore alle due. Il chakra. Che verrebbe subito spinto nel suo sistema circolatorio, donandogli quel brivido di piacere che gli elettrizza la schiena. Lo sguardo subito a lei, quasi confuso <che succede?> no, non può sapere cosa lei abbia in mente. Ma lo sguardo vaga presto per la stanza piena di libri. Eh si, ce n’è di cose da sfogliare. Ma torna presto sulla rossa. Intento a capire cos’abbia in mente. <I tuoi metodi funzionano benissimo. Mi toccherà prendere appunti> commenta. Non gli è sfuggita l’aria trasognante con cui quel ragazzino li ha guidati. Lei gli avrà sicuramente regalato una gioia personale, nel buio della sua cameretta. < mmh > apprende quel suo desiderio, che non si limita a nulla se non alla fine, al suo obiettivo finale < un tempo baciai l'ex kage di Konoha.. non mi era dispiaciuto > ma no, ha sempre apprezzato decisamente il genere maschile come compagnia, soprattutto per la loro naturalezza, e il fatto che non siano donne atte a pensare e tirare fila di tutto. Avide e stronze, lo sono tutte. Frena sentendo il calore giungerle addosso, eppur pare ignorare quella vicinanza in quel primo momento, e anche la domanda. Stringe i denti e la mascella in pochi attimi < quando saremo soli > lo avrebbe spiegato dopo , seppur si sorprenda anche di qualcos'altro, di quelle rinnovate simil scuse, della pessima scelta di parole < stavo scherzando > sottolinea come fosse ovvio, sebbene non sia così brava nello scherzare, troppo seriosa, troppo pensierosa per lasciarsi andare se non a brevi momenti di ilarità, ma di felicità o gioia? Non ricorda nemmeno cosa siano. Impasta il chakra , così fa lui, sebbene sotto il proprio sguardo < vuoi prendere a calci le pareti?> altra domanda più che legittima, seppur torni a fermarsi concentrandosi di nuovo. Alla ricerca questa volta della propria essenza intima, qualcosa che la abita in una pozza di pura bellezza. La troverebbe come un lago argenteo nella più profonda delle oscurità, ne scivolerebbe fuori il chakra per unirsi allo stesso in modo da poter cambiare, poter esser qualcos'altro, sentire la bellezza della propria arte insita nelle vene. E il biondo al proprio fianco potrebbe vederla infine cambiare, le punte dei capelli e della veste trasmutati in farfalle, eppure non v'è nulla di bianco e puro in lei, quel colore, quell'essenza non le appartiene. Ma rossi come il sangue, intense piccole farfalle che si librano intorno a lei. Lo stesso chakra che viene espanso quanto più possibile intorno a loro con un raggio di dieci metri massimo, cercando di controllare i vari tomi e i vari rotoli cercando di porli sotto il proprio controllo e se fosse riuscita, adesso molti di essi verrebbero a circondarli, trattenuti dal proprio potere a loro comoda altezza < molto più veloce > dopotutto controllando la carta , sfogliare diviene anche molto più semplice e comodo < potresti far qualche prova con me > suppone seppur arrossisca subito dopo, tossicchia lievemente, schiarisce la voce < masochista Shinsei, significa qualcuno che ama che gli venga fatto del male, di solito è un dolore.. piacevole > quanto può esser imbarazzante quel genere di spiegazione? < ma tu stai andando oltre, stai gettando via la tua libertà per .. per farti mettere le mani nella testa > ovvia figura non letterale < da Rasetsu! > oh quanto è pessima, proprio lei gli ha dato quel nome < ..ho visto ciò che hai, e non penso siano quelle a farti più male > allude a qualcosa di privato, che ha potuto vedere solo lei, che non spiegherà li e ora perchè non ne ha bisogno < la tua mente reggerà?> quella mente frammentata, violentata da chissà cosa, ella non potrà saperlo, eppur perchè pare preoccuparsene così? Tace per qualche attimo, sospirando e lasciando che diversi rotoli si spieghino ai propri occhi in modo da iniziare a legger le cose fondamentali, ovviamente ogni rotolo che non parli dei Doku verrà posto lontano, mentre quelli che ne parlano verranno lasciati li in mezzo al nulla. Scivola lo sguardo, cerca di concentrarsi, eppur non potrà fare a meno che tornare al biondo < ne sei sicuro? > di certo non potrà legarlo ammanettarlo e lasciarlo in cantina.. no? [Ishibaku I] La ascolta. Quella innocua confessione lo spinge a riflettere. Non può che trattarsi di un’altra donna, se si parla di attrazione per l’altro sesso. L’immagine che si crea nel suo volto chiede d’esser contemplata. Il discorso chiede d’essere approfondito, ma meglio evitare. Decisamente non è il momento. Anche perché quel tono piccato lo richiama all’attenzione. Ed è quello che l’Ishiba dai capelli di fuoco avrà, come chiede: la sua completa attenzione. Annuisce al dire di lei. Si. Meglio. Di sicuro non li in mezzo. Andando avanti, non può che sorridere, non animale stavolta, anzi, con un tocco di purezza che in qualche modo emerge da quel volto affilato. Non capire lo scherzo di Sango, in un certo senso, è un chiaro, ma completamente innocuo, modo di far emergere il fatto che il biondo faccia ancora fatica a relazionarsi a fondo con le persone. Certo, in tante cose la rossa fa eccezione. Come detto, la similitudine che condividono nell’anima lo aiuta. Eppure tira le labbra in un sorriso affilato e molto più naturale di quello che ha riservato al tizio all’ingresso, ripensando alle parole di Sango in chiave ironica <Si, effettivamente ha più senso> ammette. Ma nulla di più. Son già dentro la stanza, e quella domanda lo confonde. Eppure, questa volta decide di leggerci un tono ironico, e si esprime ancora in un leggero sorriso sottile <no.. è stato un riflesso.> è abituato a reagire istintivamente alle cose e qualcuno che impasta il chakra per lui richiama una situazione di pericolo. Eppure, ben presto l’Ishiba rivela la sua vera essenza. Lo sguardo oscuro viene catturato dal movimento delle estremità del corpo della donna, che si separano in fogli di carta rossi come il sangue, e quindi in farfalle. Potrà vederla lei, forse per la prima volta, completo stupore sul viso. Lo sguardo oscuro lampeggia d’una luce sordida e profonda, mentre con movimenti veloci delle pupille inquadra le creazioni provenienti dal corpo dell’Ishiba. Istintivamente allunga una mano. Ma non per ghermire o per ferire. È un gesto lento, pacato, il palmo è aperto verso l’alto, e resta fermo a mezz’aria, attende. Cosa? Che qualcuna di quelle meraviglie si poggi sulla sua mano, per poterla guardare da vicino, con quello sguardo oscuro, nutrirsi della bellezza che Sango ha emanato nella stanza <meravigliosa> è una parola che hanno condiviso, ma che adesso è dedicata alla vera essenza dell’Ishiba. Che abbia avuto modo di osservare uno di quegli origami da vicino o meno, poco importa, è di nuovo la rossa a richiamare la sua attenzione, con quella proposta. Che evidentemente le è scappata. Ma non per questo le eviterà di nuovo quelle iridi nere e pesanti addosso, sul suo ovale, nei suoi occhi. A mostrarle il sorriso, ben meno innocente dell’ultimo riservandole, sul volto, mentre annuisce. <Hai ragione> è una possibilità. Ma ancora una volta la lascia proseguire, dandole le spalle, osservando intorno a se le farfalle muoversi. Eppure, come se lo facesse apposta, di nuovo lei gli regala una spiegazione che calza a pennello con i suoi gusti. Le regala solo il profilo affilato del volto oltre la spalla stondata, e un’iride sola visibile a le. Ma questo basta. Non dice altro, perché lei riesce finalmente a spiegarsi come desidera. Annuisce <Si, tu l’hai visto.> Sentenzia, tornando a guardare le farfalle, che selezionano i rotoli, come tante piccole menti, scartando addirittura i meno necessari. Anche lui se ne pone uno davanti. Sarà anche giusto che aiuti in quella ricerca che ha chiesto lui, no? Eppure quella domanda lo distrae. Non può non tornare con lo sguardo su di lei. E semplicemente scuote il capo <No, non reggerà, Sango> Commenta. Una consapevolezza gelida e austera dei suoi limiti. Parla con fredda naturalezza, come se l’avesse messo in conto. <Lascerò che quello stuzzicadenti dai capelli rossi apra ogni porta chiusa a chiave nelle mia testa. La mia mente collasserà. A quel punto mi farò chiudere in qualche buco in cui sarò sicuro di non far male a nessuno e non ne uscirò finchè non avrò ricostruito ogni cosa, ogni frammento> Austero, calcolato furore si legge nei suoi occhi e traspare dal tono della voce, profondo e vibrante, come a far risuonare le corde della sua imperitura volontà con quelle dell’anima di chi lo sta ascoltando <E quando ne uscirò, sarò finalmente libero dai limiti che ora mi legano> Quanto doloroso può essere? Non gli importa, lo supererà. Quante cose possono andare storte nel processo? Le sistemerà tutte. Brucia la sua volontà, nel visualizzarsi non più spezzato, ma risanato, pronto a spiccare il volo. La natura sboccia, la propria intima essenza, il proprio sangue, perfino la propria nascita è li in quel momento a circondarla, quando le vesti si staccano per divenire altro e trasformarsi in qualcosa di nuovo. Tante piccole farfalle, tanti piccoli origami che si librano nell'aria, eppure lei non ci farò molto caso, abituata dalla nascita a tutto quello. Seppur quello sguardo l'attrae, lo stupore d'un bambino che si apre in quel viso, e alla sua mano, che con la propria volontà verrà invasa da una di quelle dei lunghi capelli ondeggianti e pregni delle stesse rosse. La stessa farfalla batterà piano le ali per non librarsi, potrà vedere adesso come essa non sia vera, reale, ma che sia un insieme di segni su quella che pare esser carta, eppure sembra viva, tanto quanto lo è lei . Sorride a propria volta in quel dire, seppur lascia anche allo sguardo modo di vagare sulle pergamene recuperate, le stesse che volteggiano grazie al controllo della carta intorno a loro e anche il biondo potrà prenderle per leggerle < quelle che non ci servono, mettile sul tavolo > ripete , nel caso avrebbe pensato lei a riporle in modo nettamente più veloce, perfino più della velocità dell'uomo . Seppur legga, seppur cerchi qualcosa sui Doku, scivola ancora in quel discorso , scivola incredibilmente senza uscirne viva. Le azzurre lampeggiano di comprensione, lo ha visto, seppur non se ne senta nemmeno restia dal parlarne, schifata, nulla del genere. Accoglie quello sguardo cupo, il sorriso che non promette nulla di buono, e anche il profilo stesso. Deglutisce in silenzio, il passo lento che proverebbe a portarla vicina, seppur senza toccarlo, non ancora . La destra che lenta si solleva, tenterebbe d'attraversare adesso lo spazio che la divide dal suo avambraccio, ma al suo primo dire negativo rimarrà ferma a metà. Lo sguardo fisso davanti a se, le iridi che si sgranano lievemente e non ha nemmeno voce per poter ribattere a nessuna delle sue parole. Le labbra che sono schiuse nell'atto del parlare, ma non ne uscirà nessun suono, non quando non sta comprendendo cosa voglia dire . Non vedrà il suo viso, i suoi occhi, ne le pergamene , nulla. E ci vorrà qualche attimo prima che la voce torni, prima che la mente comprenda davvero cosa stia cercando di fare ma ..non sa che dire. Chiude le labbra, chiude l'aria, chiude lo sguardo per fissarlo vuoto alla pergamena vicina senza davvero leggerla. Una sequela di segni, simboli, quelli trovati son li. Muta, senza mostrare nulla sul viso, in attesa di poter parlare senza.. senza cosa? Arrabbiarsi? Dolersi? Esserne felice? Perchè dovrebbe poi provare qualsiasi cosa del genere per un mezzo sconosciuto! Ha provato ad uccidere persone ben più vicine, eppure.. eppure qualcosa non va. Lo sguardo vacuo rimane fermo < dunque vuoi morire > non lui, non la sua vita, ma ciò che è adesso < farti rinchiudere , e rinascere > sembra quello essere il piano , insomma, non può trovare cose da dire più forti? Deglutisce < e se ne rinascessi completamente differente da ciò che sei adesso?> non è probabile, ma è sicuro, non sarà mai più ciò che è, e in parte ne è quasi felice che possa non essere più tanto frammentato, tanto .. distrutto. Eppure non era quello che ha visto di se stessa in lui? Quello specchio enorme fatto di pezzi mancanti, lasciati qua e la, pezzi distrutti per render la propria figura mai unica e univoca. < hai la possibilità di renderti unico, se è quello che devi fare, non pentirtene > no, si sbagliava decisamente, adesso è come lei, eppure chissà che al ritorno non diventi qualcosa di completamente differente, con un immagine infine limpida ; egoista com'è vorrebbe averlo sempre così, sfaldato, sporco, frammentato, proprio come si sente lei, ma un desiderio che permane nello sguardo d'ossessione dritto davanti a se. Le dita a mezz'aria che vanno invece a prendere una di quelle pergamene vicine notando il nome "Doku" < oh guarda, qui c'è qualcosa > cambia drasticamente discorso, sentendo una pizzico al petto, quasi come facesse male, ma no, non può far male quando non prova nulla. Le azzurre si soffermano anche sulla nuova arrivata, ne leggono il contenuto, ne ricercano la storia passata ma soprattutto qualcosa di specifico. Vuol sapere perchè proprio un doku, quali sono le loro particolarità in merito al loro veleno, come può esser trasformato e perchè farlo soprattutto. [Ishibaku I] Se le gode, quelle farfalle, essenza della donna che le è vicino in quel momento. Annuisce al suo ordine. Non ha problemi nel farsi comandare, in quel momento, lei è decisamente più esperta di lui in queste cose. È giusto che faccia da manovalanza. Si limiterebbe a liberare quelle farfalle origami dal peso dei rotoli superflui, per lasciarli sul primo tavolo che trova, senza troppa delicatezza, che non gli appartiene. E continuerebbe con il suo lavoro, lasciando all’Ishiba le pergamente ingombranti. Non gli sfugge quella mano rimasta a mezz’aria, quello sguardo vuoto, quelle labbra morbide, schiuse nell’atto di proferir parola, senza che nulla ne esca. Non la voce ne altro suono. Assottiglia lo sguardo. Assimilando quella reazione che completa quella gelida e stizzita all’ingresso. Non ha modo di fare supposizioni. Non vuole. Dovrà essere lei a sentirsi libera di parlare o meno. Non l’ha mai forzata, non lo farà adesso. Eppure le parole che con calma fuoriescono chiariscono meglio ciò che la rossa pensa, o ciò che vuole esprimere, in ogni caso. Non resta indifferente a quelle parole, non può farlo. Non se provengono da lei <Sotto la statua di Pain. Sotto la pioggia.> Rievoca l’incontro che hanno avuto, quando si sono aperti l’uno all’altra <Mi hai parlato di come le sofferenze che mi hai raccontato ti hanno dato la forza per essere ciò sei> Ricorda, tornando dal tavolo e avvicinandosi a lei <Voglio avere la possibilità di ricordare le sofferenze che mi hanno plasmato> si prende un attimo di pausa <voglio avere anche io la possibilità di trarre forza dal mio passato.> Si confida, in quel profondo desiderio <Voglio poter avere anche io una storia da raccontare> quello che le ha promesso, alla fine. <Ammesso che ci sia ancora qualcuno disposto ad ascoltarla.> Non può trascurare questa possibilità. La racconterà a se stesso in quel caso, per trovare la forza necessaria ad andare avanti. Inspira <Ogni volta che subisco un genjutsu, o che vivo qualcosa che possa risvegliare i miei ricordi, perdo il controllo.> Frustrazione nella voce. Odio. Verso se stesso. Vibrante come ogni emozione che prova. <Finirò per farmi ammazzare così> Conclude. Arriva ad abbassare lo sguardo, confidando la profonda debolezza del suo essere. Non può succedere in combattimento. Altrimenti è la fine. Ci pensa l’altra a deviare i suoi pensieri, solleva di scatto lo sguardo verso quella pergamena, quasi rianimato. Raggiungendola alle sue spalle. Per leggere anche lei, da sopra, la pergamena <Perché Rasetsu cerca un Doku. A cosa può essere utile?> mentre legge, riflette.[chakra on] Le parole sfuggono, così come rifugge anche lei, egoista, capricciosa perfino come se fosse ancora così tanto giovane da poterselo permettere, ma almeno avrà la costante del silenzio, del poter ascoltare parole che meritano d'esser ascoltate. Rievoca l'incontro sotto la pioggia di Pain, rievoca il momento in cui l'ha messo in guardia, in cui ha potuto donargli qualcosa di se, il proprio passato. Un semplice racconto il proprio, senza provare a porre sulle altrui spalle nulla del genere , eppure non può che accondiscendere al suo dire, a quel suo cercarsi, al suo volersi completare . Quando s'avvicina, è inutile rifuggirgli, solleva quello stesso sguardo verso le nere, con le labbra schiuse, e il respiro pesante. Nulla di più adesso, se non quel calore che lascia il corpo < quel passato mi ha reso frammentata > no, non potrebbe mai riuscire a ricomporsi in alcun modo, è andata ormai troppo in la per riprendere ciò che era, per ritornare sui propri passi. E non lo vuole nemmeno, significherebbe render inutile tutta quella parte della sua vita! I denti affondano di nuovo nel labbro inferiore, vorrebbe solo dirgli che sbaglia, che non è così che vanno le cose, eppure sa benissimo quanto il biondo abbia ragione nel volerlo fare < non mi piace la parte del gettarti da qualche parte > come un animale, un essere privo di coscienza, di intelligenza. Ammette quel piccolo punto debole, oh quanto è difficile farlo < ascolterò io il tuo passato > come gli chiese sotto la pioggia, attenderà il momento in cui potrà ascoltare il racconto completo, cosa è accaduto davvero, perchè quella confusione, quel dolore, quei suoi attacchi. La sua stessa paura di poter esser anche solo toccato, eppure adesso anche lei proverà a spostare la propria mano verso la sua, in un tocco di dita leggero , un tocco solo se non fosse scappato ad esso. Non avrebbe forzato nemmeno lei, libera rimarrà la sua scelta, libero come merita, anche di rifuggire da quel sottile tocco, decisamente delicata la propria mano al suo confronto . Eppure per quanto non sappia cosa diverrà, il vederlo ammazzarsi per quello stesso motivo le da ancor di più qualcosa su cui riflettere intensamente < credi che gettarti dentro un fosso da solo ti sarebbe di aiuto nel momento in cui la tua mente sarà distrutta? > il dubbio nasce e si alimenta < potrebbe renderti peggiore > vi è quella possibilità, che egli divenga solo una bestia, fatta e finita, senza sentimenti o mente, senza esser più umano. < verrò con te > pone un punto, come se avesse deciso per entrambi, il perchè? Non lo sa, sta dopotutto leggendo una pergamena sui Doku di un discorso che potrebbe disinteressarle completamente, ma adesso è ancora per quella < non saprei, però mi ha chiesto anche dei veleni normali > i soliti veleni che si possono acquistare, o meglio.. veleni particolari di un livello superiore e inaccessibile a loro. Non legalmente..insomma. < ma rapire un Doku è .. difficile. Quasi impossibile, anche il recupero di veleni di alto livello lo sarebbe seppur non dobbiamo prendere una vita e trascinarcela per mezzo villaggio > passando da controlli, centro di Kagegakure.. insomma, tutto. Cerca di riflettere sulla fattibilità di una delle due cose < anche se..> anche se cosa? Un sorriso maligno sboccia tra le labbra, qualcosa di scabroso, qualcosa che non deve esser detto, tantomeno fatto < faccio parte della shinsengumi > si insomma , fa parte del governo centrale in qualche modo, quello potrebbe esser una soluzione. Lo stesso sguardo affilato e deciso che sfugge alla pergamena per sollevarsi al biondo vicino < potrei.. infilarmi nel reparto di ricerca > qualcosa di pericoloso ma anche di divertente, si, quello è il massimo divertimento a cui punta. Infilarsi in mezzo ai superiori con il rischio che la becchino, e che la portino di nuovo dentro le prigioni. Annuisce alla sua prima frase, mentre le concede lo sguardo che chiede. Che chiedono entrambi. Perché è il modo migliore che conoscono per comunicare, probabilmente. <Ti ha resa…> Si ferma. Perché? Perché non ha il diritto o il coraggio, o la voglia sufficiente per spezzare le sue catene mentali e dire ancora quella parola all’indirizzo della rossa <quello che sei> Le sorride, vicino. È questo che fa, il passato. Plasma le persone, in qualunque modo esse siano. Una fortuna che a lui non è stata concessa. Per auto protezione o per volontà altrui, si è privato della maggioranza dei ricordi. E questo lo rende, a tutti gli effetti, una persona a metà. La ascolta poi confessarle quella debolezza. La annota, prima di rispondere al rinnovo di quella promessa. Annuisce, due volte, col capo. È sempre piacevole avere qualcuno disposto ad ascoltare la tua storia, in fondo. Eppure lei continua presto il discorso comunicandole poi una decisione che sembra presa. Lo sguardo non si distoglie da lei. Lunghi secondi di silenzio, come se stesse elaborando le parole della rossa <Sango, tu…> Mentalmente ripercorre la conclusione a cui è giunto, come assicurandosi che sia giusta, <ti stai preoccupando?> Non ci voleva poco a capirlo, ma quella frase così schietta sbatte la cruda verità davanti agli occhi di entrambi. Davanti agli occhi blu di lei, che si sta preoccupando di una sconosciuta. Davanti agli occhi neri di lui, che improvvisamente ha qualcun altro a preoccuparsi per lui da… sempre. Che strana sensazione. Eppure lui assottiglia le labbra, premendole l’una contro l’altra <Non posso fartelo fare.> Commenta con rammarico nella voce profonda <Già così, quando perdo il controllo divento violento, pericoloso, spesso non mi rendo conto di quello che faccio, mi lascio dominare da qualsiasi pulsione mi attraverso. Puoi immaginare cosa potrebbe succedere dopo una cosa del genere?> Qualcosa di strano nella voce, si, ma Sango potrà comprendere di cosa si tratti. È preoccupato anche lui <Non piace neanche a me come idea. Ma…> eccola li la semplice verità. Non permetterai mai a te stesso di far male alle persone a cui tieni. Diglielo. <Da quanto è che non ti fidi di qualcuno?> Una richiesta quasi campata per aria. Ma direttamente collegata al discorso. È di nuovo lei a dirottare l’attenzione, ancora sui Doku. Serra le mascielle. Ha ragione. Si sta distraendo. Torna alla lettura, e alla riflessione, accompagnata dalle riflessioni di lei <Beh, suppongo che il rosso sarebbe interessato anche al corpo. Ma credo il suo obbiettivo sia il veleno… Penso che, per quanto rischioso possa essere, sia più facile trafugare un’ampolla che uccidere qualcuno del genere.> Alla fine ci tiene alla sua vita <Non esistono riferimenti ad eventuali… non so, basi? Laboratori del clan? > Chiede, prima che i suoi ragionamenti siano fermati dalla rossa. Osserva quelle labbra piegarsi, quel sorriso comparire. Si sforza di distogliere lo sguardo, che però presto viene riportato sull’ovale della rossa <Cosa?> Non può non bearsi del piacere di vederla splendere in quel modo dietro un’idea <La Shinsegumi ha questo tipo di veleni?> Prima cosa da capire. Per poi tornare a fissarla <Ti rendi conto di quello che hai detto?> Delle implicazioni, delle conseguenze. Quello che è, e cos'altro è oltre un mostro? Crudele, spietata ed egoista, ecco cosa è in effetti. Stringe le labbra in quel fare sottile, e vorrebbe sempre pensare di se in quel dato modo, vorrebbe esser sempre e solo una guerriera, nulla di più, capace delle cose più orribili solo per il proprio tornaconto. Eppure qualcosa viene sbattuto nello stomaco come un pugno, dritto li, l'aria che manca e violento il viso diviene rosso, allarmate le iridi . Si sta preoccupando? Davvero è così stupida da cascarci di nuovo con chicchessia? Non era forse lei a dire che i legami son le cose da non creare mai? Solo una persona e tutte quelle stronzate del genere? Lo sguardo che si perde per quei secondi, egli potrà vederla, persa nella verità delle sue stesse parole . Si sta preoccupando come una comune mortale.. oh che odio che prova verso se stessa, quelle gote che da rosse si tingono di un bianco cereo, spaventato. No. Non può mica cascarci. < i-o > sillaba solo quel suo essere, ma nulla che esce dalle sue labbra per quei momenti, come potrebbe mai volere che proprio lei si preoccupi della sua vita, sarebbe una tragedia già dall'inizio. < si > oh quanto diviene difficile mentirgli, sospirando nello sforzo di una confessione. E poi qualcos'altro, qualcosa che le pone quel cipiglio duro, la stessa ruga al centro della fronte, la stessa che può divenire.. pericolosa < sono poche le cose che non puoi farmi fare > per nulla incline a seguire ordini, si vede? Stizzita anche solo da quel suo dire, da quel tirarsi indietro < l'ho visto, l'ho provato sulla mia pelle > lo ha invitato ad esserlo, e adesso è importante sbatterglielo in faccia in quel modo, nello stesso modo in cui non le è dispiaciuto, evidente dato che lo ha seguito in quella sua avventura < posso provare ad immaginare , anche nella peggiore delle ipotesi > non che abbia paura, non le vedrà nulla di tutto ciò nello sguardo se non determinazione . Ma cosa Shinsei? E poi quella domanda, un altro pugno nello stomaco, lo stesso che la fa indietreggiare di qualche passo < da troppo, immagino > non che se ne sia mai fatto un cruccio < fidarsi significa dare la possibilità di ucciderti > rimembra ancora quel suo dire, che adesso lei potrebbe ucciderlo se volesse, potrebbe affondare un coltello nelle sue ferite e renderlo debole, infimo, nessuno. Potrebbe, ma non lo fa. < è stato il non fidarmi a lasciarmi in vita > meno ti fidi, meglio è. Non si possono mai donare le spalle a chiunque, alle volte accade, ma son rare, rarissime volte in cui accade. E poi cambia, vuole alleggerire quel momento, evidente il suo tentativo, lasciando che le riflessioni e le pergamene volino per la stanza tra le proprie mani e gli occhi di entrambi < un corpo vivo che può generarne per sempre?> interessante < infattibile > sospira ancora, eppure l'idea del ragazzo accende il proprio sguardo < Oto ha dei laboratori no? E se fossero li?> i laboratori mai visitati, mai visti, reclusi a loro piccole formiche. < non so cosa abbia la Shinsengumi , ma so che ha un reparto di ricerca, e avere dei veleni per le armi non mi sembra tanto assurdo > lei stessa usa veleni di quel tipo per i propri kunai e lame, e alla fine sente quello che par essere un mezzo rimprovero < si, me ne rendo conto > lo fissa dura dritta in viso < vita in pericolo, bla bla, testa mozzata, vergogna, disonore, esser additata per strada bla bla > racconta con disinteresse ciò che potrebbe capitarle < non che non ci sia abituata > mukenin fino al midollo, forse non era proprio una "fase" la sua < quindi, ci stai?> adocchia il biondo, sbatte quelle lunghe ciglia quasi come una piccola preghiera, per renderlo accondiscendente insomma.[Ishibaku I] Non le lascia respiro, con lo sguardo, nutrendosi di quell’incertezza, come si nutre, avido di ogni emozione, di ogni reazione. Sempre. E poi, eccolo li, il cambiamento, l’incertezza lascia spazio alla granitica certezza, non solo, alla pericolosità. Ma d’altronde, sono reazioni che le ha visto, il povero Shuuya di Ame se la ricorderà, quella rabbia. La stessa, ma più sottile e pericolosa, che si rivolta adesso contro di lui. La incassa, la divora con lo sguardo come il resto delle emozioni che lei decide di mostrare con lui. Forse è questo, lui, un buco nero. Non è paura, quella che mostra. Se conoscesse quel sentimento non starebbe per imbarcarsi in quella cosa tremenda, con lei affianco. Quello che lei potrà vedere è che quelle parole, come sempre, lo stimolano a riflettere, come se stesse ponderando. Sono parole proferite con violenza quasi, eppure non sono false. <Mh, immagino tu abbia ragione> Mormora. Non la conosce. Non ne conosce le caratteristiche in combattimento. Ma ne conosce la storia. Le imprese. Fallimenti o meno che lei si attribuisce, probabilmente la rossa è la persona migliore da avere vicino in questa brutta storia sarebbe proprio lei. Eppure c’è qualcosa sulla quale, a causa, di nuovo, della pessima scelta di parole, non è riuscito a riflettere con lei. Eppure ci arriva lei stessa, descrivendo il concetto di fiducia e quanto lo disprezzi. Annuisce, accogliendo quelle riflessioni che lei gli dona, avido. E quando lei confida che è stato il non fidarsi a tenerla in vita. Le sorride <ecco>, Il sorriso affilato arriva a snudare la dentatura bianca. Abbassa il tono, non sta discutendo con lei, sta riflettendo <Voglio solo farti riflettere sul fatto che…> si avvicina un poco, abbassando il capo <tu mi stai chiedendo proprio questo che hai appena descritto> commenta <Non solo, mi stai chiedendo di starmi vicino nel momento in cui sarò più vulnerabile e contemporaneamente più pericoloso > Non abituato a parlare per metafore, è irruento anche nei concetti che esprimo <Ti stai esponendo in prima persona, per me.> Sentenzia. Espone i fatti. Non ha idea del motivo. Decida lei se è l’egoistico desiderio di evitare di perdere qualcuno che tanto le somiglia, o qualcosa di diverso. <Voglio solo che tu sia consapevole questo.> Assapora solo un paio dei respiri pesanti che l’altra gli dedica, prima di raddrizzarsi <Perché effettivamente, non penso potrei impedirti alcun che, né rifiuterei il tuo aiuto.> Ammette quindi sorridendo. A patto che lei sia convinta e consapevole. Accoglie senza riserve il suo desiderio di cambiare argomento. La parola [Infattibile[ lo lascia perplesso< Suppongo sia sufficiente combatterci fino a farlo svenire, no?> Come se fosse facile. Non sono dubbi che rivolge a lei, si vede, sta parlando ad alta voce, meditando. <mh, si anche ai laboratori dovrei andare a dare un’occhiata.> Ammette accogliendo l’idea, per poi godersi, sorridendole, quella noncurante sfilza di cose che potrebbero capitarle. E poi, per finire, quella domanda con tanto di sfarfallata di ciglia. La osserva divertito. Scuote il capo, si, e le sorride, ma quello sguardo oscuro non si schioda da quello di lei <Decisamente il tuo metodo funziona.> Commenta, acconsentendo senza dirlo. <Cerca di non farti ammazzare.> Eccola li, quella vibrazione anche nella sua di voce, come in quella di lei. Preoccupazione.[chakra on] Lo ringrazia quasi , le parole che però non sfuggono, si disegnano nel viso maturo. Lo ringrazia per non dire altro alla propria confessione o sarebbe ancora peggio in quel momento , specialmente quando sta trattenendo potenziali rotoli importanti con la propria innata. Da quanto tempo non stava ad ascoltare qualcuno in quel modo? Li ha sempre additati come deboli, inconsistenti, non degni di alcuna lode o sentore, di alcun suo consiglio, eppure con lui par diverso, forse perchè le proprie parole lo portano a ragionare, e le sue..anche lei. Incredibilmente, sarà la mancata arroganza di cui non è in possesso a non far nascere la propria in modo violento e imperituro. Lo lascia avvicinare, solleva il capo , e ciò che dice ..è vero. Di nuovo. Ah come perde colpi l'ex jonin! < e come ti dissi, potrei farlo > non s'è mai nascosta da ciò che è , da ciò che è divenuta in quel mondo, da quel passato ne è uscita. Tantomeno a lui, tantomeno a quel ragazzo, non avrebbe mai potuto farlo a lui < e tu dovresti esser quello ad allontanarsi > neppure lui è fuggito via, neppure l'ha allontanata, anzi, continua a guardarla con quegli occhi neri e torbidi, con la pesantezza che sente sul petto e sul corpo, provoca quei brividi ma non di paura, ma qualcosa di più intimo e celato, qualcosa che solo la notte può conoscere . Eppure consapevole anche di starsi esponendo, di star facendo quello per lui.. < io > lo sguardo che scivola verso il basso, verso le pergamene, per nascondere gli occhi, il viso, per nascondersi in verità. Sente il sangue fluire alle gote violento, sente il calore spandersi dal proprio corpo, come il desiderio di avvicinarsi, un desiderio che non trova parole e spiegazioni < non so perchè > qualcosa l'attrae più della stessa mente, qualcosa di più naturale, nel sentirsi tanto a proprio agio in sua presenza senza alcuna paura, timore, sebbene la sua natura sia davvero altalenante. Potrebbe scoppiare come una bomba in un momento qualsiasi, potrebbe essere solo un attimo , un lapsus per far nascere quella sua violenza. Eppur non se ne preoccupa, nemmeno adesso nel rimaner sola con lui, non quando ha richiamato lei stessa quella bestia, lo ha visto quasi perdere il lume della ragione < tu hai una risposta?> solleva di nuovo quegli occhi, rifuggirgli non è così semplice come credeva, in atto di nuovo lo sguardo, s'incrocia con quello pesante in quella stanza vuota a parte loro due. < dunque non vedo il motivo per discuterne > se hanno preso una decisione, una qualsiasi decisione, ormai non resta che portarla a termine e pensare a come muoversi dopo. Veleni. Punto focale di tutto quanto. < il problema sono i troppi occhi. Anbu, Shinsengumi, spie, tutti possono vederci, tutti denunciarci. Poi da Oto a Kusa, come pensi di trasportarlo? In un sacco? > no, quella parte non le pare molto fattibile < sebbene fosse morto potremmo dividere il corpo e sigillarlo dentro dei fuuda, ma sarebbe inutile per il veleno > pratica perfino nel parlare di quel genere di ..divisione. < bene, son curiosa di sapere cosa hanno la dentro > di certo per entrarci avrebbe dovuto usare l'ingegno, o meglio, la forza. Ovvio che stia guardando i suoi muscoli < quanto sei bravo a rompere le cose?> una domanda che sembrerebbe strana, assurda quasi, eppure tutto ha una motivazione. Come lo sfarfallio delle lunghe ciglia, lo stesso sguardo più intenso, il sorriso che ne nasce dopo nell'apprendere il suo muto "si". Dona un breve occhiolino, lo stesso concesso all'archivista all'entrata < ci proverò > ovvio che non sarebbe morta, o almeno, così crede che andrà a finire < sei.. preoccupato?> ha sentito quel trillo nella sua voce, eppure le sembra differente, troppo scuro da poter comprendere davvero . [Ishibaku I] La osserva, si prende quel muto ringraziamento, senza preoccuparsi del motivo. Ma ad illuminare lo sguardo nero, stavolta, è la frase che pronuncia. Quasi una minaccia. La minaccia con cui s’è presentata, quella minaccia che scatena quella luce oscura lo sguardo che la chiama. Perchè? Perché lo sa. Annuisce due volte, lo sa, la accetta. Non con mero spirito di trasporto. No, c’è qualcosa di freddo in quella luce, è la consapevolezza. Lui ne è consapevole, di aver vicino qualcuno che potrebbe farle del male, semplicemente, sta accettando la cosa, senza contare che sembra piacergli in uno strano, perverso modo. La seconda frase che l’altra si lascia sfuggire poi, ha l’effetto di distorcere le labbra del biondo in un sorriso affilato con, questa volta si, qualcosa di animale nel gesto. Un fremito sulle labbra, a tenderle ancora <Si, dovrei proprio> Ammette. Farà qualcosa in merito? Neanche per sogno. È solo un baleno, prima che quel ghigno muoia nella solita espressione austera, ma non smette di guardarla. La osserva abbassare lo sguardo. Riflettere. Si. È esattamente quello che vuole. E quando lei ammette di non saperlo, non trattiene l’istinto da cui si è frenato sin da quando lei ha abbassato il capo. Tenterebbe di sollevare una mano abbastanza da poggiare il polpastrello dell’indice sul mento di lei. Un tocco che non ha niente di lascivo e, anzi, rivela in un tremito sottile, la paura del contatto che cerca costantemente di superare. Non avrebbe tuttavia troppo bisogno di spingerla verso l’alto. Lei stessa compierebbe il movimento da sola. La accoglie, senza fuggire quella domanda, non le sorride <No.> Secco, <Non mi interessa il perché. Faccio quello che faccio, sento quello che sento.> Lascerebbe cadere quel dito con tutta la mano, al fianco <E non penso interessi troppo neanche te. Altrimenti non ci saremmo nemmeno conosciuti.> è una supposizione, ci mancherebbe <Volevo solo che riflettessi su questo. Se ne sei convinta, sarai al mio fianco.> Alla fine ha ottenuto ciò che vuole, come sempre. Sospira dal naso, per dedicarsi a piani ben più pratici. Ascolta le obbiezioni della rossa <Mh, vero> ammette. Troppi occhi, si, eppure lei potrà guardarlo di nuovo. In quell’espressione seria e pensosa, dedicarsi con ogni fibra della mente all’obbiettivo.<E se…> una supposizione <e se quegli occhi che guardano fossero i tuoi?> Chiede <Se fossi tu la shinsegumi?> Per il resto basterà un orario inconsueto e un posto nascosto. Ma la shinsegumi effettivamente lo preoccupa. A questo siamo arrivati? Ma come, non era da non fidarsi? Iporciti. I pensieri s’affastellano, eppure è lei a facilitargli la strada. Di nuovo lo sguardo si porta sulla rossa, con un livello di piacevole sorpresa dipinta sul volto, che si distorce in un nuovo ghigno soddisfatto di quel gelo col quale considera un’opzione tanto macabra. Uno sguardo che risulta complice in quel folle piano, e il ghigno s’allarga per risponderle <Me la cavo bene> commenta. Ma la domanda è lecita, neanche lei l’ha mai visto in combattimento. <cos’hai in mente?> Aspetterebbe la risposta, prima di dedicarsi all’ultimo dire di lei, e a quell’ultima domanda, non può non dedicarle un altro sorriso che però, questa volta, muore presto. Mentre lo sguardo si perde in un punto che non è nemmeno la pergamenta, è il niente. Un velo di nebbia offusca il nero profondo delle sue iridi. Parole sottili s’infilano e gli trapassano il cervello. Esperimenti, veleni, smembramenti, uccisioni, laboratori, laboratori… D’improvviso rabbrividisce. Non un brivido di freddo, un brivido d’orrore. Ed eccolo li, di nuovo, spezzato. Trova solo la forza di dare le spalle stondate all’Ishiba e di serrare lo sguardo, stringendo i denti fino a sentirli scricchiolare. Riprenditi, forza.[Chakra On] Dovrebbe in effetti farlo, girare i tacchi e fuggire da li senza voltarsi, e se lo aspetta, attende quel momento, eppure non arriva, permane insieme a lei ancora e ancora, quando perfino quel tocco arriva. Tremito debole che lo abita nel contatto stesso, così come fu quell'inizio, differente decisamente da ciò che ha anche potuto sentire sulla pelle < non trattenerti , con me > sussurra, in quell'invito rinnovato, traendo lei stessa quel malsano piacere, dal vederlo davvero per come è. Di quella paura che lo trattiene in certi momenti, sebbene non abbia che sfiorato semplicemente la sua mano, o almeno, ci abbia provato, lasciando al biondo il tempo di parlare. Riflettere, eccome se lo fa, quando è lontana, quando la sua presenza non la mandi in tilt completo. Si ritrova a sospirare a quel dire, non andrebbe a replicare, non ci sarebbe bisogno, ma solo.. proverebbe ad avanzare un poco , ad avanzare verso di lui lentamente, le dita che ne ricercherebbero di nuovo quelle che l'hanno sfiorata, semplice il tocco, semplice sarà rifuggirne. Se avverrà la stringerebbe per un attimo, solo un secondo, nulla di più prima di lasciar andare quel calore. O sarebbe morta ben prima, li al proprio fianco. La mente, o meglio, le menti si . E se lei in effetti fosse la shinsengumi? Solleva il sopracciglio, sorpresa da quella proposta < sono solo un agente scelto, non ho alcun potere.. se dovesse arrivare un grado più alto del mio dovrei abbandonarti.. e > ..e cosa Sango? Ipocriti? Senza dubbio. < No. > piccata, non ammette altro, se non lo smembramento , quella potrebbe essere una soluzione in effetti che piace ad entrambi, e qualcuno dovrebbe dir loro di lasciar perdere invece di alimentarsi a vicenda con scene del genere! Fortuna vuole che non sarebbe qualcosa di fattibile nell'utilità dello stesso Doku in questione, un povero o una povera anima recuperata per qualcosa di personale. Egoisti. La risposta positiva mette un sorrisetto rinnovato alle labbra della rossa, avrebbe avuto qualcuno di abbastanza folle e forte in quel che vogliono fare. < potrebbe esserci utile rompere qualche porta > semmai non fossero riusciti a passare con le buone, avrebbero usato le loro abilità. Mette in conto che egli abbia una forza abbastanza spiccata, o quel corpo per cosa è stato fatto dai Kami? Lavorare a maglia? No, non pensa proprio. E pone quella domanda, come lui l'ha posta prima, apprende il sorriso, lo ricambia prima che muoia anche il proprio. Lo sguardo altrui che diviene vitreo, lontano, si rompe, lo nota di nuovo rompersi sotto i propri occhi, nel voltare le spalle, nel nascondersi.. nel proprio cammino senza pensarci e nel porre le proprie mani al lato del suo braccio, cercando di guardarlo, di reggerlo in qualche modo < direi che possiamo andare via..> sussurra bassa la voce, sussurra a quella mascella rigida , e la destra che stringerebbe il suo braccio con la sua poca forza < Shinsei?> l'innata che elabora il tutto, collegata a tutta la carta presente andrebbe semplicemente a riporre i documenti presi e letti, quelli messi da parte. Attende che possa riprendersi, lo sguardo che pare..allarmato. [Ishibaku I] Oh solo i kami potrebbero dire quanto quell’oscurità rovente e imperitura che alberga in lui desideri liberarsi. Quanto egli stesso agogni la possibilità di lasciarsi andare. Ma non funziona così. Quei freni, quelle catene sono li a tenerlo rinchiuso, rinsaldate dopo esser state spezzate in passato. Riuscirà lei a comprendere il complesso sistema di emozioni che alberga nel biondo che ha davanti? Resta di nuovo il primo istinto di fuggire anche il più flebile dei contatti altrui, eppure altrettanto percepibile è la forza di volontà, proveniente dalle viscere di quel pozzo oscuro in fondo agli occhi, che lo porta a restare e a godersi quel piccolo, fresco contatto che dedica alla sua mano. Non le risponde. Non ha modo di non trattenersi con quelle catene ad imprigionarlo. Non ha modo di lasciarsi andare di nuovo. La lascia avanzare dunque, si prende quel flebile contatto, prima di tornare, osserva con quegli occhi pesanti la mano di lei, prima di tornare sul suo volto. La ascolta parlare. L’opposizione alla sua idea effettivamente è sensata, ma quel “No.” Proferito con tanta verve lo porta a sbattere due volte le palpebre. Oscure rotelle si muovono sotto lo sguardo che le dedica, quasi a volerle scavare dentro per prendersi le ragioni di quel no. Eppure altro non ha se non supposizioni. Si gode quel sorrisetto complice che l’altra gli dedica. Annuisce al suo dire. <se servirà non esiterò> conferma. Si, si stanno infiammando a vicenda. Ma tutto ciò si riferisce a prima, prima di quella lunga crepa sul vetro che lo compone. Troppo fragile per restar sana troppo a lungo. Le parole di lei sono ora solo una eco lontana. Lo sguardo è celato dalle palpebre strette col massimo dello sforzo. L’udito e coperto da quelle voci, voci che urlano nella sua testa e solo li. Riprenditi, tenta di gonfiare il petto, ma trema. Non riesce. Mani roventi lo afferrano, lo graffiano in profondità seguendo percorsi di cicatrici ormai vecchie. Una mano, più rovente delle altre, lo stringe sul braccio, è quella dell’Ishiba. Al quale tocco, con la violenza della prima volta in cui ha provato a toccarlo, si ritrae, come se facesse male. Malissimo. Ma lei fa quello che sa fare meglio. Lo chiama. Lo convoca a se, alla sua presenza. E qualcosa, infondo a quegli occhi, si muove, facendo tornare a splendere la fiamma nera che sempre li anima. E le voci si assottigliano fino a sparire, al cospetto di quel richiamo ancestrale al quale la parte più. Lo guarda con occhi nuovi. Sorpreso di trovarla li, alla fine di uno di quei tunnel di morte e di sangue, splendida in tutto il suo essere, circondata dagli origami di sangue che la compongono <…> Cerca quello sguardo non come qualcosa di cui nutrirsi avido, ma qualcosa nella quale scappare <ho… bisogno d’aria.> ammette. Non è accorto, sta ansimando pesantemente e la mano destra si è portata a stringere il petto. A sinistra, sopra al cuore. Si potrebbe pensare ad un attacco cardiaco. Ma lei conosce il suo segreto. Lei sa cosa si nasconde sotto la canotta, a marchiare per sempre la pelle lucida del biondo. Lei conosce anche la forma di quella cicatrice che adesso stringe. Lo sguardo si fa quasi implorante, nel chiederle di andare. Ma non si muoverebbe senza di lei. Non si lascerebbe tuttavia sorreggere. Troppo orgoglioso, o malato, o qualsiasi cosa sia. Cammina a fatica, leggermente ricurvo, ma cammina da solo. <Questa cosa…> Sono mormorii tra un ansimare e l’altro <La faremo solo dopo che….> Dopo che sarà di nuovo in grado di sostenere una conversazione senza esplodere. Senza frantumarsi. Figurarsi combattere al pieno delle sue forze. Il suo pensiero tuttavia completa la frase in modo diverso. Dopo che sarà stato di nuovo una cavia. E quel pensiero fa partire una scheggia invisibile di vetro che si pianta esattamente tra gli occhi. E la testa scatta all’indietro, liberando il collo tirato e ancora marchiato. Come se avesse preso un pugno dritto sul naso. Istintivamente cerca, allungando la mano, qualsiasi cosa lei voglia dargli. Accetterebbe anche solo una mano stretta nella sua, come lei lo condusse nel cuore di Ame, sotto la pioggia di Pain. Ecco perché deve ricomporsi. La stringerebbe forte, per farsi condurre lontano. Non da quel posto, non da lei, ma dai mostri che lo tormentano. Ne percepisce la pesantezza, il suo trarsi al suo tocco, eppure non ne rifugge, lo richiama al mondo ancora una volta, e passano secondi, minuti in completo silenzio prima che egli possa infine riaprire gli occhi. Sorpreso forse, sorpresa anche lei, il peso della sua mente frantumata .. si, ha davvero bisogno di tornare se stesso e riunire i pezzi che lo compongono, riuscire a comprendersi ancor meglio di quanto possa mai farlo lei da esterna, spettatrice silente questa notte, celando al mondo ciò che vede per lasciare che sia solo la scura stanza ad essere spettatrice di lui. Sa bene cosa ci sia li, a quel petto, seppur non sappia ne come ne quando, ne chi specialmente. Rimane li, ferma e ferrea nel suo essere finchè non sarà lui stesso ad andare, ad incamminarsi, ad accompagnarlo in quella notte fuori da li < si > completa quella sua frase, non avrà bisogno di sforzarsi tanto, ne di torturarsi da se in quel modo. Basta già la sua mente, il suo essere a farlo divenire in quel modo, a spezzarlo ancora e ancora. Afferra quella mano, ferma il corpo, ne sente il calore, la forza stessa che vi pone, ma non ne lamenta nulla, solo lo sguardo che scivola verso il viso prima, per poi allontanarlo lontano, non per non guardare, ma per dargli quella pace che cerca, quel momento suo. Cammina infine anche la rossa, lo guida oltre l'entrata, verso l'esterno ove l'aria fresca riempirà i loro polmoni, ove la libertà può quasi essere assaporata < si > un ultimo sussurro per condurlo lontano, fuori da quel regno di terrore, per fuggire ancora e ancora chissà verso dove, stringendo quella mano calda e rovente. E avrebbe dato lo spazio che desidera, avrebbe trovato anche lei un posto per riflettere, pensare, e comprender la diversità del loro frammentarsi. Una mente come la propria ormai regge, perchè ricorda, perchè sa, come potrebbe togliere quella possibilità anche all'Uchiha? Non potrebbe. [end]