C'è ramen per te

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21:18 Furaya:
 Cade la pioggia. E ciò non le interessa. Ancorché nevicasse o il mondo stesse crollando, non le farebbe alcuna differenza. S’aggira per la piazza priva di chissà quale copertura al pari d’un ombrello, soffermandosi tuttavia sotto il porticato d’una casa affinché scampi il minimo indispensabile per riuscire a tornare al Quartiere dei Clan. Gli occhietti bazzicano da un punto all’altro della via principale e della piazza nella quale s’è fermata, senza notar niente o nessuno di davvero interessante. <Potevo prendere del ramen da asporto…> Mormora, sospirando. Sarebbe stata sicuramente una grandiosa idea, peccato che al momento sia un po’ distante. Però, dal chiosco potrebbe passarci mentre torna… Non è ancora tutto perduto. S’è munita d’una camicia bianca dal collo alto, abbottonata sin ad altezza del seno e col colletto sbottonato, ben ripiegato ai lati. Le maniche son lunghe con doverosi polsini anch’essi allacciati come si comanda attorno ai polsi. Al di sotto delle suddette, è posta una coppia di vambracci metallici che ne circonda totalmente l’avambraccio sin quasi al gomito in qualità di protezioni. Le estremità del vestiario citato son infilate in una gonna sottostante a vita alta, la quale circonda inesorabilmente i fianchi della fanciulla. È nera con dei bottoni dorati posti sulla destra e fungenti da chiusura ermetica dell’indumento. Essa giunge a metà coscia, lasciando il resto delle flessuose gambe ben in vista eccezion fatta da metà stinco in giù. Qui, infatti, prendono posto un paio d’anfibi dalla suola alta, al cui interno son stati sistemati degli schinieri in modo che, come i vambracci, fungano da protezioni per le inferior leve. C’è ovviamente da considerare anche l’equipaggiamento del quale non fa letteralmente mai a meno. La vita è circondata da una cintura in cuoio nera e piuttosto spessa, al cui fianco mancino viene agganciato un fodero contenente la sua fedelissima katana – l’unica rimasta. Attorno alla coscia destrorsa, poco sotto l’indumento citato, v’è anche posizionato una tasca porta kunai e shuriken avente al suo interno ben tre kunai. Sul gluteo posteriore dall’opposto lato, sempre agganciata alla cintura di cui sopra, prende posto un’ulteriore tasca porta oggetti avente al suo interno tonici di recupero Chakra e coagulanti, qualche fuda contenente dei tronchetti. Al polso mancino, nascosto dalla manica della camicia, vi ha posto un fuda esclusivo nel quale ha sigillato la frusta che, di recente, ha optato come arma a discapito di spade più grosse della propria figura che, al momento, non riesce neanche ad usare come vorrebbe. Tra i capelli rosei, incurante del tempo e della società attuale, splende il suo coprifronte raffigurante il simbolo di Konoha con tutti i relativi segni d’usura e di graffio. I vestiti le stanno tuttavia appiccicati addosso per via della pioggia insistente alla quale non ha fatto la benché minima attenzione. [ Chakra ON ]

21:38 Tenjiro:
  [Piazza centrale] Il vento soffia leggero, mentre le nubi nel cielo di Kagegakure riversano sul grande villaggio lacrime meste e leggiadre. Eppure la vita non smette di bruciare tra le strade illuminate. Laddove il sole non è più in grado di illuminare le vie, ci pensa la luce artificiale a difendere il creato dall'oscurità. Ciò che resta su questo palcoscenico, quindi, sono tante figure non meglio definite, che vivono la propria serata correndo da una tettoia all'altra nella speranza di non esporsi a malanni. Tra queste risalta il buon vecchio Tenjiro, che tuttavia questa grande fretta non sembra averla. Cammina spensierato con il suo classico abbigliamento, caratterizzato da un kimono nero dal petto leggermente scoperto, un haori bianco riportante il simbolo della casata nobile di appartenenza e un giaccone rosa a fiori, elegantemente posato sulle spalle e portato a coprire tutto il resto. L'abbondanza di tessuto sul proprio corpo, oggi più che mai, pare svolgere innumerevoli funzioni. In primis non permette di capire la reale definizione fisica del ninja... in secondo luogo pare proteggerlo in maniera più che efficace dalla pioggia, e per ultimo, ma non per importanza, ritiene che lo renda estremamente chic(?). Sulla testa un kasa di paglia si erge a difesa dei capelli, a loro volta raccolti in una coda disordinata. [ciaff! ciaff!] I sandali rintoccano sulla superficie umidiccia della piazza di Konoha con cadenza regolare e lenta. Immancabile è la benda nera sull'occhio destro, mentre l'occhio sinistro passa in rassegna il circondario man mano che la sua voluminosa figura attraversa lo spiazzo. Innumerevoli volti passano sotto il proprio quieto occhio, ma come ormai succede da decenni, nessuno sembra attirare concretamente la sua attenzione. Nessuno tranne uno. <...> Un sorrisino leggero si apre sul suo volto, come diretta conseguenza della presa di coscienza. L'alternarsi delle leve inferiori si fa leggermente più concitato, ma non abbastanza da fargli perdere la compostezza che lo caratterizza tra la folla. Man mano che la figura di Furaya si fa più vicina, non possono sfuggirgli quelle parole. Parole che enfatizzano quel sorrisino, trasformandolo quasi in una smorfia beffarda. Non si annuncerà. Non come si conviene, almeno. Infatti Furaya sentirà una presenza imponente alle proprie spalle e, prima ancora che possa realizzare che un'ombra incomba su di lei, si vedrà sbucare un braccio alla propria sinistra. Si tratta del braccio destro di Tenjiro, che le porge un fagotto in tessuto contenete quella che può sembrare una coppa o una scodella. Fortuna vuole, infatti, che Tenjiro sia provvidenzialmente in possesso di ciò che l'ex Hokage ha chiesto. E lei scegliere, tuttavia, se accettare l'offerta o no. Nella mano sinistra ne porta una seconda... molto probabilmente Tenjiro era particolarmente affamato questa sera(??). Invece la verità è un'altra... una verità che non verrà a galla per ora. <Servizio di consegna express Hyuga.> Ironizza, finalmente dando anche voce a quell'ombra incombente. <Avevate chiamato?> Ridacchia.

21:49 Furaya:
 Nel suo osservarsi attorno, gl’occhi della donna non si posano su alcunché giacché la presenza di Tenjiro proviene strettamente dalle sue spalle. Tuttavia, il rumor dei passi nella pioggia non può passar inosservato, tanto meno ad un ninja esperto come lo era lei un tempo. Infatti, s’è accorta del movimento sospetto di qualcuno che non tenta in alcun modo di non far sentire i propri passi. E se fosse quel famoso Serial Killer? E se fosse qualcuno che vuole prendersela con lei soltanto perché è un ninja del passato? Sono molte le domande che si pone, altrettante quelle che vorrebbe rivolgere ai diretti interessati qualora ciò si rivelasse assolutamente vero. Inspira profondamente, preparandosi a tutto quel che potrebbe accadere di lì a poco. D’altronde, dovrebbe essere ancora abbastanza svelta, anche nell’estrarre la katana che porta al fianco mancino. La mano destra ha appena un guizzo quando s’accorge del braccio di Tenjiro che sbuca da un lato, tenendo nel palmo quella che pare tutt’al più una scodella del suo cibo preferito: ramen. S’irrigidisce appena sul posto, poiché soltanto in un secondo momento riesce a collegare la voce all’individuo a cui appartiene. <…> Farebbe appena un mezzo passo di lato, così da ruotare di scatto sul posto, rischiando anche di linciarlo direttamente tramite la sferzata dei propri capelli. Sta di fatto che, or avendolo di fronte, gli sorride. Non è un pericolo. Non può fidarsi al cento percento – che novità – ma quanto meno non sembra proprio essere un problema. <Mi hai sentita, eh?> In effetti, credeva d’esser da sola sotto quel piccolo porticato, quindi non credeva certo che l’avesse sentita qualcuno nei paraggi. Poco male però, trattandosi dello Hyuuga. <Posso davvero o eri ironico?> Domanda lecita la sua, portando la testolina a piegarsi da un lato con espressione interrogativa. <Perché, sai, al ramen non si dice mai di no.> Questa l’ha tirata fuori sul momento, ne siamo tutti abbastanza sicuri. Non rinuncerebbe mai al suo piatto preferito, però, su questo non mente affatto. Prima anche soltanto d’allungar le mani verso il cibo degli dei, vuole ascoltare la risposta da parte del Servizio di Consegna Express Hyuuga. Anche perché – diciamocelo – con l’ultima Hyuuga con la quale ha avuto a che fare non è stato tutto rosa e fiori e, seppur l’abbia aiutata a cercare un kimono, non vuol dire che lo conosca così bene! [ Chakra ON ]

22:03 Tenjiro:
  [Piazza centrale] Assottiglia appena le palpebre dell'occhio sinistro quando la donna reagisce al suo arrivo. Comprensibile... e per questo non si scompone. Anzi, non si muove affatto! La lascia libera di scostarsi e portarsi frontale a lui, nonostante la differenza di altezza credi un leggerissimo scompenso nel confronto visivo. <Mh?> Mugugna interrogativo, quando ode le domande dell'altra. <Beh si... devo aver accidentalmente origliato avvicinandomi.> Ammette senza smettere di porre la scodella verso l'altra. L'ampia manica dell'haori penzola verso il basso, mentre l'occhio resta posato su di lei. <Ero serissimo. Non si offre mai da mangiare ad una bella donna per scherzo.> Abbozza un sorriso ironico. E' palesemente una battuta, consapevole che l'altra ha già rifiutato le sue avanches in passato. <E' peggio che non offrirle nulla.> sono le sue personalissime teorie da marpione. Intanto solleva appena il braccio sinistro mostrando il secondo fagotto. <Tanto ero preparato all'evenienza. Non sai mai chi puoi incontrare per strada... quindi Ichiraku sa benissimo che deve prepararmi due porzioni.> Ridacchia, finalmente spostando lo sguardo altrove e focalizzandosi sulla pioggia. <Il cielo piange.> una constatazione di stato che non era effettivamente necessaria. Forse si tratta più che altro di un intercalare per riempire il vuoto. <Sarà meglio aspettare che si calmi, prima di riprendere a muoversi.> Non lo dice tanto per se. Il suo giaccone è già bagnato. Lo dice per lei, perchè gli sta balenando qualcosa in mente. <Possiamo mangiarlo insieme... farlo freddare sarebbe un vero peccato.> Un invito a condividere quel pasto che, in realtà, assume sempre più le connotazioni di un rituale. Di una tradizione. <Yare Yare...> Borbotta, dirigendosi verso la cosa più simile ad una panchina dove potersi sedere con tutta la goffaggine di un cinquantenne. <...> Prende posto, volgendo nuovamente lo sguardo verso il nulla cosmico innanzi a se. Tace, perso nei propri pensieri.

22:24 Furaya:
 Non c’è da stupirsi che abbia accidentalmente potuto ascoltare le parole della Nara: a sua volta, non s’è premunita di non farsi sentire da qualche passante. Ha reputato che, con la pioggia, ci fosse ben poca gente in giro – specialmente poi durante quest’orario notturno. Anche lei dovrebbe trovarsi a casa, magari a guardar sua figlia venir coccolata amorevolmente da una madre che non è tale. Per assurdo, prova invidia. Chiunque ne proverebbe, ma in realtà potrebbe venir definita tranquillamente “gelosia”. Argomento delicato, pensiero che scivola via non appena Tenjiro chiude bocca per lasciarla rispondere alle affermazioni poc’anzi fatte. <Per fortuna, non hai scoperto nessun mio segreto.> Ironizza a tal proposito, permettendo ad una piccola risata di sfuggir dalle candide labbra e riversarsi nel piovoso clima serale. Tentenna appena col capo nei confronti di quelle nuove avanches, ma non può dire di no al ramen. Altrimenti, che mangiaramen sarebbe? <Beh, non penso tu abbia comprato quel ramen pensando di regalarlo a qualcun altro durante il tragitto.> Ammette, stringendosi nelle spalle, tanto per comprender meglio dove fosse diretto e cosa stia facendo in giro anch’egli con quel brutto temporale in corso. Invero, le serate piovose non son tutto questo male purché siano passate con qualcuno di fidato, nel caldo d’una casa accogliente e circondati da persone amorevoli. Avrebbe anche questa possibilità se volesse, ma restar costantemente appiccicata alla vita familiare d’una figlia che riconosce come madre tutt’altra persona… beh! <Fai carità? Doni il ramen a qualche barbone o ad una povera donna rimasta sotto una tettoia durante un brutto temporale?> Prosegue nelle sue risposte ironiche, tutt’altro che piccate invero. Sceglie volutamente di non esser troppo seria, anche perché rischierebbe di far cadere qualunque parvenza d’un discorso divertente che esuli dai soliti tempi affrontati in sua presenza. Pace, guerra, battaglie, ninja del passato… E’ un continuo tormento, ma deve fare qualcosa. Deve farla anche alla svelta. <Pensi che pianga per una ragione?> E’ chiaramente metaforica nella domanda che gli sta ponendo, tuttavia coglie la palla al balzo per mantener un discorso sì ironico, ma anche parzialmente decente che possa coinvolgere ambedue gli astanti. Quanto meno, è ben diverso dai soliti – forse. <Concordo. Pensavo di far una corsa sin a casa, ma non sono più tanto veloce.> Ammette con rammarico, scuotendo mesta la testolina, guardandolo ancor direttamente quando parla a proposito del mangiar assieme quella prelibatezza. Perché rifiutarsi? Non gliel’ha chiesto, non glielo sta rubando, anzi s’è proposto di sua sponte. <Sicuro? Perché non me lo faccio ripetere due volte.> La panchina che dovrebbero riuscire a trovare, per fortuna, è a sua volta coperta. Sarebbe un problema, altrimenti, mangiare per entrambi. <Spero ci siano le bacchette.> Quanto siamo pretenziose! <Sei in giro per qualche ragione in particolare?> E adocchiando con un cenno il ramen, continua: <Oltre il cibo, intendo.> Tanto per sottolineare. [ Chakra ON ]

22:43 Tenjiro:
  [Piazza centrale] Apre il proprio fagotto, tirandone fuori una coppetta piena di ramen ancora fumante. L'occhio buono resta puntato proprio su ciò che ha tra le mani, seppur la mente sia invece contesa tra il desiderio di cibarsi e la necessità di ascoltare quello che l'altra dice. <Per fortuna, invero.> Ammette senza troppa ironia. <Non sono mai stato un grande amante dei segreti. Mi piace essere trasparente e, di rimando, vederci chiaro in tutto.> Abbozza un mezzo sorriso. <E non era una battuta relativa alla mia casata.> Ovviamente si riferisce all'abilità innata di cui gli Hyuga vantano il possesso. Dalla propria busta sfila delle bacchette di legno appositamente dategli da Ichiraku, mentre le sue labbra si schiudono ancora. <Vado in giro con un kimono ed un cappello di paglia... ti pare che mangi il ramen con la forchetta?> Si, effettivamente era scontato che le bacchette ci sarebbero state. Si stringe nelle spalle, per poi esordire con un pacato. <Buon appetito.> Le bacchette inforcano parte del contenuto della scodella e cercano di portarlo con calma verso la bocca, lasciando all'altra tutto il tempo necessario per intavolare il discorso. <Mhmh?> Mugugna ancora una volta interrogativo, ma con la bocca piena. Invero, sarà costretto a deglutire prima di poter effettivamente rispondere all'altra. <No, non faccio la carità. Non sempre almeno.> Ammette nella più totale sincerità. <E' più una tradizione che cade in questo giorno. Tutti gli anni vado a mangiare con degli amici.> E detta così potrebbe persino sembrare una cosa carina, peccato che nasconda una tristezza incredibile dietro quel sorriso da pacioso simpaticone. La sera l'avrebbe passata mangiando quel ramen da solo e la seconda scodella sarebbe stata lasciata sull'altarino dove ricorda i due compagni di squadra deceduti decenni prima. <Beh immagino proprio di si.> Si riferisce al cielo e al fatto che stia piangendo. <Al posto suo piangerei anche io. Proverei una pena non indifferente per quello che vedo.> Una pena che, invero, prova tutt'ora. Ma non è una pena che può influenzare l'andamento del mondo. Non ancora. <Aaaah... non serve a nulla correre sotto la pioggia. Correndo intercetti solo più gocce d'acqua in meno tempo. In più rischi di scivolare e farti male. Io la prendo con filosofia... ormai sono bagnato. Andare più veloce di così non mi farà arrivare a casa asciutto.> Ma queste sono tutte sue teorie strampalate. Alla domanda dell'altra circa ciò che ci fa in giro, risponderà con mistero. <Sono alla ricerca di qualcosa che ho smarrito.> E' il motivo per cui girovaga senza meta nell'ultimo periodo. <Piuttosto... è da un po' che mi faccio domande su di te.> Non è inquisitorio. E' semplicemente curioso e lo si può intuire dal tono. <Non fraintendere... è... mera curiosità. Mi incuriosisce la tua storia.> Scoprire cosa ha vissuto una ex hokage. Cosa l'ha portata ad essere EX. <Diciamo che tutto si può riassumere in una sola domanda...> Sposta lo sguardo verso la magione del kage in lontananza. <Perchè non sei a casa?> l'occhio perlaceo punta inequivocabilmente quel palazzone. L'altra non potrà non capire.

23:05 Furaya:
 E’ proprio vero che i maschietti non sanno fare due cose contemporaneamente. Qualora le abbia passato la seconda ciotola, non farebbe altro che prepararla affinché possa usufruire del suo contenuto. Separa accuratamente le due bacchette, poggiando il ramen su ambedue le gambe tenute ben strette tra di loro, ipotizzando un tavolo. <Meno male che me l’hai sottolineato, altrimenti ci avrei pensato eccome.> Ridacchia, sollevando un paio di noodles con le bacchette, perdendosi qualche istante per poter soffiare accuratamente su di essi, raffreddandoli per quanto possibile, abbastanza finché non si bruci. <Sai, il mio ex marito era uno Hyuuga.> Era diventato anche un filino importante, ma venir ricordati è ben diversi. Ci vuole di più. Bisogna sacrificarsi o far qualcosa di talmente sbagliato da viver nel ricordo dei viventi come il peggiore della storia. Si confida, s’apre. Tira fuori parte della sua storia passata che raramente racconta ad alta voce. Reputa che possa averlo conosciuto – o magari no. Come anticipato, non era nessuno di tremendamente importante. <Non sempre nell’asporto mettono le posate. A prescindere dalla forchetta o dalle bacchette. Ichiraku-san, col tempo, inizia a perdere colpi come tutti.> Si stringe nelle spalle, iniziando a masticare e ad assaporare il ramen che le ha gentilmente offerto Tenjiro. Alla fin fine, si sta dimostrando essere una buona serata. <Buon appetito.> Sì, dopo aver addentato il primo boccone – mangiona. E’ una mangiaramen. Punto e basta. Potrebbe addirittura fare il bis, nonostante sia così mingherlina come se neppur mangiasse tre volte al giorno. La tradizione della quale fa menzione, tuttavia, non la comprende appieno. Arresta il suo mangiare, infatti, deglutendo in fretta il boccone che aveva tra le fauci prima di rispondergli. <E allora perché non sei a mangiarlo con loro?> Aggrotta le sopracciglia, non potendo neppur immaginare la motivazione reale che l’ha spinto ad esser lì, questa sera, in completa solitudine ma con una coppia di ciotole tra le mani, abbastanza per sfamare una sprovveduta che gira per il settore konohano. <Avrei dovuto rifiutare.> Non mangia. Cincischia con le bacchette, ma ormai ha “contaminato” quel cibo. Non può certo portarlo agli amici dopo ch’ella vi ha infilato le proprie bacchette, dopo essersene cibata, seppur soltanto di poco. Pensierosa, guarda davanti a sé. Scruta la pioggia che sbatte contro il terreno, le gocce che s’ammassano a formare le varie pozzanghere. <E cosa vedi, esattamente?> Senza Byakugan, senza la vera vista. Cos’è capace di vedere un uomo come Tenjiro? Sonda con attenzione le risposte ch’egli potrà dare, assieme all’espressione facciale che ne dovrebbe conseguire. <Sinceramente, preferisco uscire quando piove. C’è meno gente in giro. Che il cielo pianga è un dato di fatto, ma finché lava via il risentimento, il senso di colpa e l’orgoglio è un palliativo.> Un modo come un altro per fuggire temporaneamente dalla realtà dei fatti, dalla realtà d’ogni giorno che è costretta a vivere. E meno male ch’era restia a far discorsi seri. Ci sei cascata di nuovo. <Ciò che hai smarrito può essere ritrovato?> Comprendere che, molto probabilmente, sta cercando qualcosa di diverso da ciò che potrebbe essere un oggetto o chissà cos’altro. Quindi, si premura di porre una domanda adeguata al contesto altrui, tutto qui. <Mh?> Drizza immediatamente le orecchie, non tanto come campanello d’allarme, ma attenta al dettaglio e alle parole che d’ora in avanti usciranno fuori dalle labbra altrui. <Pfff.> China il capo, lascia scivolar innanzi agli occhi i ciuffi rosati ancor umidi dalla pioggia. Ride, ma è una mezza risata nervosa. Isterica. Che risposta può mai voler da lei? <Perché casa mia non esiste più> E prima che possa proseguire, gesticolando appena con la mano come ad intimargli d’attendere, prosegue con far cheto: <ma ciò non implica che non vorrò tornarci.> Dichiarazione d’intenti. Konoha è caduta assieme a lei. Ecco perché ride: perché la risposta è ovvia. Tuttavia, ne consegue anche una abbastanza seria poiché non ha ceduto alla disperazione. Tornerà a casa, presto o tardi. [ Chakra ON ]

23:40 Tenjiro:
  [Piazza centrale] Porta la mano destra dietro la nuca e se la massaggia sconfortato, quando apprende che l'ex marito era uno Hyuga. <Mattaku... allora non c'è proprio speranza...> Ironizza ancora, sul fatto che non potrebbe competere con un altro Hyuga. Non riuscirebbe a conquistare il cuore della ex Hokage(?). <Finchè Ichiraku si limiterà a dimenticare le posate, ma cucinare il ramen più buono dei sei villaggi... andrà bene così. Potrei mangiarlo anche con le mani.> Da buono Konohano quale è, fa del ramen il proprio alimento fondamentale nella dieta. Continua a mangiucchiare con calma e pacatezza, evitando di sbrodolare troppo. Deve cercare di mantenere rigore e compostezza, mentre è in presenza di una signora. <Perchè la pioggia ha fatto saltare tutti i programmi... e mi sono ritrovato con una scodella di troppo.> Una mezza verità e una mezza bugia. Quel programma non poteva saltare, invero... eppure è stato per colpa della pioggia che Tenjiro si è fermato lungo il tragitto. E' stato per colpa della pioggia che ha incontrato l'altra. Una piccola bugia, per tutelare proprio ciò che ha detto di non tollerare: un segreto. Uno scheletro nell'armadio. <Sarebbe stato molto scortese da parte tua rifiutare. Non potevi sapere a cosa era destinata quella ciotola.> E involontariamente gli sfugge un -cosa- e non un -chi-. Non ci fa caso e, per tanto, prosegue nella propria trattazione. <Mh?> E ora la discussione si fa estremamente più profonda. Se l'altra sembra essere avvezza ai discorsi seri, Tenjiro non va decisamente stuzzicato su questo fronte. Risulta essere assai riflessivo e logorroico. E' inevitabile, infatti, che inizi a parlare di concetti fuori dal mondo. <Vedo degli esseri viventi incapaci di vivere in pace. Esseri che sono causa del loro stesso male e della loro rovina.> Socchiude l'occhio e lascia perdere momentaneamente la ciotola. <Vedo l'assurda necessità di creare un nemico comune pur di riuscire a mantenere un fronte unito e una pace delicatamente stabile.> Riapre gli occhi. <Ho visto questo mondo cambiare tante volte... e non è mai stato in meglio. Questa volta, però... credo che ci siamo veramente superati.> Qualsiasi cosa sia successo. Ancora non sa neanche bene spiegare come si sia arrivati a tutto questo. Tira un lungo sospiro. Sorride malinconico, infine, prima di risollevare la ciotola e riprendere a mangiare. <Beati coloro che riescono a farsi lavare la coscienza dalla pioggia.> Per lui non è mai stato sufficiente. <L'onta del passato, per alcuni, non si cancella neanche con le fiamme.> E involontariamente fa riferimento a se stesso. Un riferimento estremamente calzante, se consideriamo che il fuoco è il suo elemento d'elezione. E giusto per restare in tema di discorsi profondi, ecco l'ennesima domanda a bruciapelo. <Non ne ho idea, Furaya-san.> Ammette, stringendosi nelle spalle. <Ma immagino che già il fatto che io stia cercando, sia un ottimo inizio.> E' il primo passo per ritrovarsi, no? E' se stesso che sta cercando... e non potrebbe ritrovarsi se non avesse veramente voglia di farlo. <E' qui che ti sbagli.> Ammette con una vena di saccenza nel tono. Involontaria, sia chiaro... è quella consapevolezza che guadagni con l'età. Con il trascorrere del tempo. <La tua casa esiste ancora.> La guarda con l'occhio buono, intensamente. <La tua casa è -diversa- dalla mia casa.> E passa immediatamente a spiegare. <Perchè la tua casa è un simbolo. Vive nel cuore dei Konohani. Non può materialmente essere distrutta. Può essere distrutta se vengono distrutti i Konohani. Quindi ti ripongo la domanda...> E vuole una risposta più seria. <... perchè non sei a casa?> Perchè non reclama il suo posto nella vita del popolo che dovrebbe difendere? Perchè ha lasciato che il popolo la dimenticasse?

00:06 Furaya:
 Ridacchia in merito alla mancanza totale di speranza nel riuscire a conquistarla. Non ci sarebbe riuscito comunque, alla Judai piacciono Ciovani! <Troppo tardi.> Adesso, le piacciono i tipi legnosi che poi, a ben vedere, di legnoso hanno ben poco. Riprende a mangiare. L’ha abbastanza tranquillizzata da far sì che possa continuare a divorare quel ramen senz’alcun ripensamento futuro. Invero, mastica con assoluta tranquillità, ma non ci vorrà molto a spazzolar via un piatto che lei ama particolarmente. <L’unica cosa che dopo dieci anni non è cambiata è proprio la cucina di Ichiraku-san.> E vorrei ben vedere. S’è pure ampliato, nonostante sia invecchiato – come tutti o quasi. Anche la cucina va invecchiando, ma al tempo stesso migliorando. Quindi, resta unico nella sua specie. Chiunque tenti di copiarlo non ha evidentemente capito come gira il mondo. <Mh, comprendo.> Nient’affatto. Tenjiro risulta essere abbastanza reticente in merito, dunque reputa che non voglia parlarne in maniera eccessiva. Qualora intenda aprirsi, lo farà con il suo tempo e con le parole che più preferisce. Non insiste. Tutt’al più, torna con la testa nella ciotola. Nel frattempo, la pioggia inizia a placarsi, il che renderà la notte sicuramente fresca ma al contempo meno fastidioso il ritorno. <Un ramen non si rifiuta mai.> Ripete a proposito dell’ipotetico rifiuto da parte della donna ai danni dell’offerta dello Hyuuga. Si stringe nelle spalle, mostrando un nuovo e piccolo sorrisetto di circostanza. Terrà ipotetiche domande in merito a questa serata per il prossimo arrivederci. Nel frattempo, si limita ad annotare mentalmente i vari tratti che contraddistinguono il qui presente monocolo. <L’assurda necessità di creare un nemico comune…> Oh, Judai, non ti scappa di nuovo una risata? Fosti proprio tu ad accettare il terrorismo da parte di Al Miaeda, sempre tu a coprirlo durante le sue malefatte, ancora una volta tu quando fece esplodere il faccione di Kuugo Gaito dal Monte dei Volti di Pietra soltanto perché non ti piaceva vederlo lì. E tutto – solo e soltanto – per mantenere la pace, per avere un nemico comune da abbattere e nient’altro. <L’Alleanza era già spezzata dieci anni fa. Pochi villaggi collaboravano realmente tra di loro. Adesso, sono quanto meno riusciti> Riferendosi ovviamente a Kagegakure. <dove noi abbiamo fallito.> Senza mezze misure poiché è effettivamente questo ch’è successo, è questo ciò che non hanno fatto perché non era nelle loro possibilità. <Tuttavia, non pensare che io sia d’accordo a vivere così> Solleva le bacchette verso l’alto, guardando ancor davanti a sé mentre parla, rimuginando attentamente ad ogni parola e al tono che vien usato per dirle, che siano le sue o quelle altrui. <ma si sfrutta ogni contesto per cercare di mantenere una parvenza di pace. Come già dissi a qualcuno> A Kamichi. <la pace è parecchio utopistica. Anche adesso, nonostante tutti i villaggi siano riuniti, ti sembra pacifico tutto questo?> E’ sopravvivenza. Uscire dal villaggio vuol dire rischiare la vita. Restare al suo interno senza neppur conoscere ciò che v’è all’esterno – specialmente per le nuove generazioni – reputa che sia tutt’ora un fallimento. Sono chiusi tra quattro mura. Potrebbero uscire, ma in quel caso non avrebbero alcuna certezza di tornare indietro. Come al solito, con la Nara qui presente si finisce sempre – presto o tardi – a parlare di pace e guerre. Che novità! <Cosa non ti piace di questo nuovo mondo?> Gli domanda, cercando d’allietare la serata con discorsi nuovamente pseudo seri, ma che ovviamente le interessano più del dovuto. Anche per questo, il discorso relativo al ramen è finito in secondo piano. Vuole ascoltare il suo punto di vista. <Specialmente quando ti viene cucita addosso.> Riferendosi all’onta del passato. Parte di quest’ultimo lo porta tra le scapole, addirittura marchiato a fuoco. Una ferita che ha deciso di non coprire, che ha preteso fosse in bella vista sulla sua nuda pelle pur non mostrando quella zona quasi a nessuno. <Iniziare è già qualcosa, sicuramente.> In riferimento a ciò ch’egli ha perso, nonché in risposta alla domanda postagli in precedenza dall’ex Hokage. Mangiucchia nel frattempo, pur non perdendosi neanche per un istante le parole dell’uomo di fianco, anch’egli intento a cenare sotto la pioggia. <Nel mio cuore e nel mio animo, la mia casa non è mai stata distrutta. Aspetta soltanto che io vada a ripulirla dallo sporco, che vada ad aprire le finestre per far cambiare aria, che tolga di mezzo i parassiti che vogliono farla cadere.> Chiosa verso Tenjiro, sollevando il capo affinché possa nuovamente adocchiar il di lui volto e l’espressione che dovrebbe poi esserglisi dipinta addosso. <Al contempo, la Volontà del Fuoco sta venendo dimenticata. In questo nuovo mondo, non vengono insegnati i dogmi d’un tempo.> Parla come un’anziana, ma d’altronde lei viene da tutt’altra era, da un mondo completamente diverso che in dieci anni ha subìto un drastico cambiamento. Non potrebbe mai ragionar diversamente o anche solo abituarvicisi. <Perché non sono riuscita a proteggerla all’apice del mio potere. Ora come ora, sono debole.> Che intenda – poi – fisicamente o mentalmente, beh… è da scoprire. Al contempo, qualora questa non sia tutt’ora la risposta che lo Hyuuga vuole, teme dovrà farsela andar bene comunque. [ Chakra ON ]

00:27 Tenjiro:
  [Piazza centrale] Scuote la testa mentre ascolta le parole dell'altra. Ormai la ciotola è vuota, quindi si consuma l'ultimo atto di questa lunga chiacchierata tra amici non troppo amici. <Lo so, ero lì.> Come può ben immaginare, non è nato propriamente negli ultimi dieci anni(?). Sospira pesantemente, alla fine lasciandosi scappare un pensiero che non riesce proprio a sopprimere dentro di se. <E' proprio questo il problema.> Premette, cercando di farle aprire gli occhi. <Non so quale ragionamento logico vi abbia portato a pensare che la paura sarebbe stata un legante migliore dell'armonia.> Sembra severo in quelle parole, perchè da quello che Furaya ha detto, ha dedotto che anche lei in passato era dello stesso avviso. Forse lo è anche ora. <Laddove si erano create fratture, andavano risanate in maniera differente. Non con il terrore.> Indica la città innanzi a loro con le bacchette. <Questa è pace?> Domanda retorico, ma non aspetterà concretamente una risposta. <Certo che lo è. In un certo qual modo, Kagegakure ha creato una grande campana di vetro all'interno della quale far finta che vada tutto bene. Ma quanto durerà?> Questa è la cosa che lo preoccupa. <Gli animi sono in fermento. Per ogni popolano che benedice questa pace e la salvezze, ve ne è un altro che vorrebbe veder bruciare le magioni dei Kage e il palazzo del consiglio.> Il discorso è lungo e il suo disappunto è palpabile. <E' stato messo in moto un meccanismo vorace e incontrollabile, che dalla morte e dalla paura genera altra morte e altra paura. -Questo- è quello in cui sono riusciti.> La guarda dritto negli occhi. <Al posto tuo... sarei contento di aver fallito nell'intento di fallire.> Perchè si... riuscire in questa impresa è un fallimento totale per il mondo dei ninja. <Sei meno macchiata di quanto avresti potuto esserlo altrimenti.> Sospira, riponendo la ciotola vuota nel fagotto e facendo leva sulle gambe per potersi rimettere in piedi. <Sai... esistono due tipi di persone.> Cerca di spiegarlo in un modo semplice e comprensibile. <Quando ti entra una mosca in casa, c'è chi cerca di ucciderla e chi invece la guida verso l'uscita.> Esempio banale, ma efficace. <Il nostro mondo si è riempito di cacciatori di mosche.> Inevitabilmente etichetta lei come tale. O almeno lo era. <Non c'è più spazio per pace e comprensione. Ormai è diventato più importante portarsi dietro un kunai ed una carta bomba di scorta, piuttosto che una seconda coppetta di ramen.> Insomma, loro due sono la personificazione dei due mondi a confronto. Lei guerriera e pronta a tutto, lui pacifico e con il ramen nei sacchetti. Non è un caso che Tenjiro giri completamente sprovvisto di armi. <Questa versione mi piace molto di più.> Quella della casa da spolverare e sistemare. E' tutt'altro che distrutta. E' recuperabile. <Magari, una volta che sarà sistemata ed arredata, mi inviterai a vederla.> Ovviamente una metafora. <Se vuoi un consiglio... ritaglia uno spazio da adibire a sgabuzzino nella tua nuova casa...> Ghigna, amareggiato. <... e riponici tutte quelle armi.> Detto ciò, si sistemerà il cappello in testa e si preparerà ad andare. <Grazie per la compagnia! Conviene andare, prima che ricominci...> E con un cenno della mano destra, accompagnato da un sorriso sincero, inizierà ad avviarsi verso casa. ||

18:02 Furaya:
 Mentre continua a mangiucchiare quel ramen, si premura d’ascoltare ogni singolo verbo professato dal vecchio di fianco. Scuote mestamente il capo. Non v’è risposta alla domanda posta da Tenjiro. <L’armonia era cessata già da un bel pezzo e nessuno voleva compiere un passo indietro. Il tradimento del Mizukage, inoltre, non ha fatto altro che testimoniare quanto importasse all’Alleanza degli altri villaggi.> Si schiarisce la voce, poggiando le bacchette nel brodo rimasto assieme a qualche rimasuglio di noodles e carne. China il capo dabbasso, scrutando in essi come se fossero fondi di caffè in cui è possibile comprendere al meglio il futuro. <Ciò che faceva in modo che questi si muovessero erano le battaglie e le guerre, qualcosa dalla quale ne avrebbero giovato.> Senza aver dietro un compenso, qualcosa che facesse loro dire “perché no”, beh… era difficile che uscissero anche solo dalle loro tane. Niente d’anormale. E’ così che tutt’ora funziona il mondo. <Non c’è benevolenza, c’è soltanto riscatto. Se tu fai qualcosa per me, io ne farò per te.> Nient’altro. E purtroppo la gente è anche restia a modificare quest’aspetto del loro essere. D’altronde, non ne guadagnerebbero alcunché. Tuttavia, questo sta a significare che loro non sono nient’altro che la resistenza, seppur a sua volta si fosse adeguata a quella regola non scritta del terrorismo psicologico per tener uniti i villaggi. <Difatti, hanno timore del Consiglio attuale perché, in effetti, devono a loro tutto. Non avendo nessun altro posto in cui andare, nessuno di loro si muove, pur non essendo totalmente favorevoli.> E la risposta a questo quesito indiretto è talmente ovvia da fare spavento: devono ricreare i villaggi esterni, ripulire i territori dalla feccia delle chimere e rendere il tutto migliore, questa volta partendo dalle fondamenta. Non v’è altro modo che conosca, adesso. <Non ne sono così sicura. A mia volta, ho fatto i miei errori.> E questo anche Tenjiro non lo mette in dubbio, tuttavia ne ha fatti meno di quanti poi ne son venuti fuori. Lei, quanto meno, c’ha provato a tenere i villaggi uniti, a far qualcosa di concreto. E non è stata per colpa sua se il Kami s’è abbattuto su di loro. Avrebbero dovuto sconfiggerlo allora, soprattutto dal momento che la maggior parte delle ferite gliele ha inferte proprio lei. <Anche allora> Riferendosi a dieci anni prima. <non era poi così diverso. All’interno delle mura del proprio villaggio, si respirava quella parvenza d’armonia della quale stavi parlando poco fa. All’esterno, ognuno girava con un’arma in più.> Ammette alla di lui volta, dandogli ovviamente ragione. La sua mente viaggia vorace e torna al passato. Rimembra quel che hanno vissuto – che tutti hanno passato. Scosta l’attenzione sullo Hyuuga, nonché lo sguardo poiché prima rivolto dabbasso alla ciotola di ramen quasi vacante. <Riporrò le mie armi soltanto quando tutto sarà tornato alla normalità e avrò finito il mio compito. Fino ad allora, lo sgabuzzino si riempirà di polvere.> Gli sorride, ergendosi in piedi a sua volta. Con un piccolo cenno del capo, lo ringrazia del pasto e lo saluta. Lo vede allontanarsi e resta seduta sulla panchina fintantoché la sua figura sarà scomparsa. Soltanto in quel momento, s’alzerebbe per gettar i rifiuti, cercando di tornare al quartiere dei Clan nel minor tempo possibile – schivando la pioggia? [ exit ]

Durante una serata piovosa, sotto un porticato, la rosata viene raggiunta da Tenjiro con due ciotole di ramen.
L'uomo si sta dirigendo verso la tomba dei suoi compagni caduti, così da mangiar con loro. Tuttavia, cede una ciotola alla Judai, la quale l'accoglie di buon grado. Tra una bacchettata e l'altra, sbuca fuori l'argomento cardine tra varie metafore: c'è bisogno di una vera pace.