Il nuovo mondo

Free

0
0

16:16 Shinsei:
  [Piazza di Kioshi Uchiha] Caos. È questa la prima impressione che da quella poderosa città dall’interno. Ha ancora negli occhi le alte, possenti mura che ha potuto ammirare dall’esterno. Infondevano calma, come una montagna che sta li da millenni a proteggere la sua valle. Dentro invece sembra di essere caduti in un formicaio. È pallido in viso, il biondo Shinsei. Ci sarebbe da chiedersi dove abbia passato la notte e se sia riuscito a dormire. È vestito come il giorno prima. Pantaloni scuri, grigio piombo, fasciano le gambe allenate, lunghi fino a venir chiusi da stivali pesanti alti fino a metà polpaccio. Una canotta nera avvolge i muscoli del torso, lasciando libere le braccia e il collo. Questa volta la giacca dai materiali identici ai pantaloni non è legata in vita, ma è appoggiata sulle spalle, rivelando il fatto che si tratti di una divisa, e al centro della schiena il logo inconfondibile della famiglia Uchiha.Tutto il vestiario è macchiato, e liso. È il vestiario di chi ha compiuto un viaggio della speranza. E anche la pelle del buondo, non è da meno. In particolar modo vistosi schizzi di copioso fluido nero macchiano i calzoni dal ginocchio ai piedi. Segno tangibile del combattimento del giorno precedente, insieme a vistose macchie di fango. Insomma, non un gran che a vederlo. Si confonderebbe tra la folla come un barbone comune se non fosse per la struttura fisica e per il portamento che lo distinguono dal resto delle persone li intorno. Aiutano anche i vistosi tatuaggi che adornano i lati del cranio fino all’altezza delle tempie, lasciati liberi dai capelli biondo pallido che invece svolazzano al vento raccolti in una treccia mal fatta. Ma dove si trova? Vagando, la notte, si è imbattuto in una delle quattro piazze di Oto, Una piazza molto speciale. Se ne sta in piedi sull’aiuola ben curata che circonda la statua di Kioshi Uchiha. Lo sguardo nero è fisso sul volto della statua. Difficile dire da quanto sia fermo li, ma a guardarlo si direbbe che ci siano due statue in quella piazza, se non fosse per le leggere folate di vento che spostano i capelli e gli indumenti del biondo.

16:26 Sango:
  [---> Statua Kioshi] Il suono, potrebbe esser un ossimoro per coloro che adesso vivono in quella parte della città vivere alla luce del sole e all'aria aperta, qualcosa che stranisce ancora la stessa Ishiba, rimembrandosi tempi passati - di cunicoli e di terra umida, di lanterne accese al centro stesso della terra. L'odore del loco è cambiato, ne sente la differenza nelle narici che respirano calme nel proprio cammino, di nuvole che adesso coprono il sereno donandole un'espressione quanto meno.. soddisfatta. Lo percepisce, l'odore della pioggia, l'umidità che s'accentua momentaneamente mentre il vento s'alza un poco, leggero, sa benissimo che quella non sarà la tempesta di cui attende invero l'arrivo, ma il tempo dell'alba non è ancora pronto a giungere. Fili devono esser tessuti, trame ricavate dal passato per ritornare ad essere quel che un tempo fu. Giunge leggero il passo alla piazza del fu ultimo kage del suono, Kioshi stesso, ma non si soffermerà poi molto su di lui, non quando la memoria e il ricordo che ne ha gli rendono più giustizia in dispetto ad una mera muta statua. A differenza del biondo , la rossa si ritrova rivestita di tessuti pregiati . Un kimono blu notte che circonda il morbido corpo, ne carezza la pelle con dolcezza seguendone le forme, in ghirigori d'argento sottili e ricamati a mano uno per uno, per formare dietro la schiena il disegno di quel che pare esser una tigre, e del simbolo pallido del proprio clan. Maniche giungono a campana ai polsi, la scollatura non appare così profonda, sostenuta dalla cintola in vita che stringe il tutto, e dalla fine dello stesso kimono che non si allungherà che d'un paio di centimetri sotto i glutei. Ai piedi sempre presenti i sandali da shinobi, così come il porta oggetti dietro la schiena ,un set semplice di fumogeni, tonici per recuperar chakra o vita nel caso si renda necessario. Alla gamba destra poco sotto la veste un porta kunai con i due kunai a tre punte fissati al loro interno. Sembra pronta alla guerra, lo sguardo serio, sottile oltre le lunghe ciglia nere, ove l'azzurro s'estende violento alla schiena di colui che ancora non conosce, di vesti logore e smanciate dal tempo < era molto meglio di presenza > mormora la stessa donna, la voce che par calda seppur graffiante, giungendo nelle vicinanze di Shinsei, cercando di fermarsi quasi al suo stesso fianco, ma distante almeno un metro dal suo corpo < non credevo che gli Uchiha lasciassero andare i loro adepti vestiti così in giro per Oto > osserva sollevando infine il sopracciglio, un sorrisetto che solleva le morbide labbra per portare solo adesso i propri occhi al viso dello sconosciuto. No, non lo ha mai visto, non ancora per lo meno. [Porta oggetti : tonici - fumogeni | Porta shuriken : 2 shuriken a 3 punte]

16:50 Shinsei:
  [Piazza di Kioshi Uchiha] È una folata di vento netta, fredda, che porta le nuvole a coprire la palla di fuoco che arde nel cielo e alza il dorso della casacca più del previsto, fino a scalzarla dalle spalle stondate del nuovo arrivato, rischiando di volar via, è allora che il volto, come una frusta, si scosta da quello di Kioshi Uchiha e, accompagnato dal un rapido movimento del braccio, afferra il lembo di stoffa ribelle. Ed è in quella direzione che fa la sua comparsa l’Ishiba. La voce di lei s’insinua lesta nelle orecchie del biondo, che nonostante il riferimento di lei alla figura di Kioshi, non riporta lo sguardo sulla statua, ma lo tiene sulla figura, a memorizzarne le fattezze, i dettagli, l’abbigliamento, tutto. Solo dopo aver ascoltato l’accenno alla statua schiude le labbra secche, con difficoltà, come quelle che avrebbe chiunque non parli da moltissimo tempo, e chiunque non beva qualcosa da ancora prima. Ma d’altronde il pallore sulla pelle parla da solo < Era…> è un sussurro quello che esce da quelle labbra, d’una voce che potrebbe essere molto più limpida e austera, ma rovinata dall’inutilizzo <non riuscivo… mai a vederlo, quando tornava da una missione…> si prende il suo tempo per parlare <ero troppo piccolo… per superare la folla.> ammette, e un sorriso gli distende le labbra sottili, prima che qualcosa, come una lama, trafigga la sua mente d’improvviso. Un lampo, niente di più, che lo porta a serrare gli occhi e a portare la mano libera dalla giacca a premere contro la tempia, sul muso del drago che la decora. Visioni che scaccia, prima di riaprire gli occhi < è riuscito nel suo intento? Che gli è successo?> momenti di pausa, ascoltando la sua frase relativa all’abbigliamento. Lo sguardo si sposta sul volto di lei, più in basso, alla distanza che lei concede. <Uchiha…> mormora <Sai… dove li trovo?> Sebbene il portamento sia altezzoso, al punto da sembrare strafottente a vederlo, parla ancora piano, quasi sussurrando e fatica a nascondere i segni della difficoltà che può comportare trovarsi in un posto simile sostanzialmente da unico sopravvissuto. Probabilmente non si rende conto che le sue domande tradiscono l’inesperienza di Kagegakure, oppure non gli importa. Sembra un uomo con un obbiettivo. Un uomo spezzato e ridotto a rifiuto. Vedremo se saprà rinascere o se il suo destino è di perire nell’anonimato.

17:04 Sango:
  [---> Statua Kioshi] Sebbene non lo guardi direttamente potrà percepire lo sguardo altrui su di se, il modo di respirare, le parole che sfuggono basse, a stento quasi, in dispetto d'un corpo decisamente più grande. I vestiti logori, le labbra secche che andrà solo dopo ad osservare, e lo stringersi d'una domanda che non esprime, muta permane nel mero sguardo < Otogakure era dunque felice quando la liberammo, davvero > sebbene non tutti poco più di dieci anni prima furono davvero felici di vederli arrivare alle mura di Otogakure nelle mani di quella prima donna dei serpenti, la cui testa ha abbandonato presto il resto del corpo. Ammette dunque d'esser stata anche lei li, molti anni prima, a vedere e vivere lei stessa ciò che era Otogakure . Le iridi che indugiano sul viso, ne vogliono cogliere ogni respiro del nuovo Uchiha sebbene...sia biondo. Capelli di certo particolari per appartenere a quel clan, sempre riconosciuti come neri, come i loro stessi occhi. < mh?> solleva quel sopracciglio, interrogandosi invero su cosa egli ricordi davvero < dopo esserci presi Otogakure abbiamo dichiarato guerra all'Alleanza > non lei direttamente, ne Kioshi, quanto più la Yugure. Coloro che nacquero da un Uchiha ancora più potente ma ormai un mero ricordo lontano per coloro che lo conobbero. < nell'ultima battaglia Kioshi difese direttamente la terra del Suono. Molti di noi si schierarono nelle terre ninja per affrontare l'ultima guerra che avrebbe posto la parola fine all'alleanza e ai loro tiranni della pace > utilizza accuratamente quel termine adesso, strano come si lasci andare a quel dire con un mero sconosciuto, eppure più conosciuto lui di molti altri. Un solo simbolo, un solo villaggio, possono cambiare molto. < molti furono schierati al bosco dei ciliegi, chi alle risaie , ai monti ardenti > insomma, presero piede in quasi tutti i territori confinanti con il Suono col solo scopo di..distruggere. Almeno lei era li per quel motivo, almeno lei, portatrice di pioggia in una terra non propria, lontana. < potrai trovarli nella sede dei clan di Oto > lo sguardo che scende di nuovo sulle sue vesti, sul suo corpo, sullo sporco che lo identifica < sebbene ti consigli di non andare così > lo stesso azzurro che lampeggia solo adesso in direzione di quella piazza laterale, ove il piccolo baracchino di Oji-san - miglior creatore di ramen al mondo, sia chiaro, meglio anche di Ichiraku - resta aperto portando odori e profumi a loro < hai un posto dove andare giovane?> lo appella in quel modo, giovane per lei, specialmente per esser troppo piccolo per vederli dieci anni prima. Attende adesso silente un dire altrui, senza davvero muoversi da quella posizione.

17:30 Shinsei:
  [Piazza di Kioshi Uchiha] Ascolta le parole della ragazza. Non è una domanda, eppure risponde, scrollando le spalle nude, stondate dai muscoli definiti <Non lo so… non me lo ricordo… non c’ero… non…> sta ancora guardando quella statua, ma lo sguardo non è li, è sgranato, a guardare qualcosa di terribile proprio dietro la statua. Cosa? Niente. Non c’è niente se non cielo e palazzi dietro la statua <ci sono…> completa. Sarà dura, mio giovane biondo. Sarà dura. Però non ha detto una bugia. Non c’era quando hanno liberato Oto. Mentre Oto veniva liberata lui era rinchiuso, già da qualche anno. Di Kioshi Uchiha lui ha avuto modo di vivere solo la fulgida ascesa. Non la sua rivoluzione, ne la sua guerra, ne la sua morte. Ma questo l’Ishiba non può saperlo. Ascolta la risposta alle domande che le ha posto. Non la guarda. Non negli occhi. Potrà notarlo lei, non è timore ne paura ne imbarazzo che gli scosta lo sguardo, è qualcos’altro. Nell’ascoltare le prime parole di lei però, qualcosa chiama, e di colpo lo sguardo nero, profondo, inconfondibile, trafigge quello di lei. Ascolta tutta la risposta, senza mai scostare lo sguardo, come se cercasse qualcosa nel profondo dello sguardo di lei, ovunque esso sia diretto. <Tu…eri con lui…> è una sentenza, non una domanda, come se questo attribuisse una qualifica alla donna dai capelli rossi. Quale? Non è dato saperlo. Silenzio ora tra i due, spezzato da un chiacchiericcio circostante che lui non percepisce. Mentre lentamente lo sguardo lascia la presa su quello di lei, fino a spostarsi lontano, sui palazzi. <Perché, se il nostro Kokukage è andato contro l’alleanza, adesso Oto è chiusa tra queste mura con…> Non finisce. È chiaro il concetto no? Quando arriva la risposta su dove poter trovare la sua famiglia, il biondo sposta di nuovo lo sguardo sul volto della donna. Sta mentendo? Non può saperlo, ma è la prima informazione concreta che ha ricevuto. D’improvviso volta le spalle alla statua <Grazie, ma on ho un altro modo per andarci> Oh beh certo un bagno e un personal shopper gli servirebbero, ma si fa quel che si può <Si ce l’ho. La sede dei clan di Oto> pronuncia a voce più alta e decisa, mentre, dando le spalle anche alla rossa, s’avvia a ampie falcate. Verso dove? Non molto lontano a dire il vero, fatto qualche passo si appoggia ad un lampione della luce con un braccio definito. Non ci crolla sopra, è un gesto delicato e coordinato, lo affianca e poi ci appoggia una spalla sopra. Eleganza a parte la sostanza è quella: Un giramento. Può capitare quando sei disidratato e malnutrito. Non è quello il problema <Dove…> ansima leggermente, mentre sposta il peso dal quel lampione <Dov’è la sede dei clan di Oto?> Chiede poi, senza voltarsi, lasciando alla rossa la nuca decorata da ghirigori d’inchiostro.

17:53 Sango:
  [---> Statua Kioshi] Quelle prime parole forse possono mostrarle qualcosa di più d'egli, più delle domande, dei dubbi, delle curiosità stesse che nascono nel cuore di chi non ha mai davvero vissuto. E che sia tutta quella libertà a poter ubriacare un animo tanto vergine? Ascolta quel suo dire, quella sua sentenza, senza smuovere un muscolo, di certo ella non s'è mai nascosta da ciò che ha fatto < ho combattuto al suo fianco anche > nella stessa terra del suono < ed egli in cambio del mio..aiuto > comprese enormi tigri poste alla protezione di Otogakure, delle sue mura e delle sue foreste vicine < ovviamente non l'ho fatto per il suono stesso > sorride brevemente, sia chiaro che per quanto possa provare simpatia per il loro mondo, ella proviene da un mondo completamente differente, sconosciuto a molti che non hanno ne la forza ne l'abilità di ricordare < non esserne arrabbiato > lo ammonisce sebbene con un certo fastidio nella voce < dobbiamo esser grati a coloro che hanno salvato la nostra gente.. il governo è riuscita a fare ciò in cui noi shinobi abbiamo fallito > stringe la mascella, seria in quel che narra, eppure v'è del rancore mal celato, della frustrazione che come serpe morde il seno e l'avvelena, la annienta ancora e ancora, e ricade nell'abisso del proprio essere per trarne solo ciò che è riuscita a fare in tutti quei anni. Fallire. Hanno tutti fallito miseramente, e coloro che non ne comprendono il peso non resterà che perire. L'osserva nel suo muoversi anche in quelle vesti stracce e logore, di sporco che non s'addice a coloro che vivono tra le calde mura della propria famiglia d'origine, lo stesso clan che egli dovrebbe ben sapere dove stia < non siete di questa città , non è così?> buongiorno Sherlock, ci voleva così tanto per capirlo? Eppure anche i propri dubbi posson esser molti quando i giovani ormai non sanno nemmeno i nomi dei loro kage . Ne nota la domanda, i movimenti che sebbene appaiano perfetti nei muscoli che li compiono, può solo vederne la fatica che egli gli mette < volete svenire dunque di fronte al vostro capo clan?> arrogante nel dirlo, spostando il mento verso l'alto, altezzosa nel pronunciarsi < se un mio adepto si presentasse così.. avrei solo due scelte. Aiutarlo, annientarlo. > chissà cosa possano sceglier per lui? Vita o morte? Un breve sospiro sfugge alle morbide labbra, il segno dell'indecisione che si protrae nella fronte in una piccola ruga di dubbio < se Kioshi sapesse che non vi ho aiutato, non mi meriterei il titolo di Jonin del suono > sbotta infastidita nel sapere di dovere qualcosa perfino adesso a quell'uomo ormai morto. Il passo che proseguirebbe veloce ed elegante verso il giovane, con il chiaro intento di sorreggerlo da un braccio con la propria mano destra < mi chiedo anche da quanto non mangiate. Venite, Oji-san potrà fare al caso nostro > inutile resistere, non quando quella donna testarda andrebbe a provar a stringere il suo stesso braccio, sia chiaro che non abbia forza nel poterlo fare, solo ostinazione nel cercare di trascinarlo via verso il primo baracchino già notato prima . [stessi tag]

18:29 Shinsei:
  [Piazza di Kioshi Uchiha] Per qualche attimo, le risposte dell’Ishiba arrivano come una lontana eco che sbatte sulle pareti d’una mente in frantumi. Ma non è una sensazione che dura molto. Si sofferma solo sul timbro della voce della ragazza. Quadi ad assaporarlo nella sua testa, senza che nulla emerga all’esterno. In tutte le parole da lei pronunciate tuttavia, non c’è l’ubicazione del luogo della sua meta.
È spiazzante la notizia che lei abbia combattuto al fianco di Kioshi Uchiha per uno come il biondo. Lentamente volta la gamba destra, il torso, il busto e il capo a guardarla. <Tu hai combattuto con lui?> la squadra con più attenzione, ancora una volta, come se questo fatto le attribuisse un valore aggiunto. Ma non per aver frequentato quell’Uchiha. Schiude ancora le labbra <Sei uno di quei ninja…> si deve fermare, a deglutire il niente <Sei…rimasta…ferma…?> congelata, cristallizzata. Ferma a guardare il mondo sprofondare nell’abisso. A quell’ammonizione sul governo di questa città assottiglia lo sguardo sui muscoli della mascella che sotto la candida, liscia pelle guizzano nervosi. Lo vede, quel gesto di frustrazione, e lo cerca negli occhi blu di lei, le labbra secche e sottili si piegano di nuovo in un sorriso, ma non proferisce parola. È appena arrivato d’altronde, ha solo notato una discrepanza tra l’ultimo gesto di un Kokukage e la situazione attuale. Ci sarà tempo per parlarne. Quando si sente rivolgere il voi, inarca un sopracciglio stranito <io…sono solo> Sembra una presa in giro, ma basta guardarlo negli occhi scuri per capire la profonda confusione di chi non ha mai ricevuto una forma di rispetto verbale come quella. Non è abituato a ricevere rispetto. Eppure risponde <Io sono…> di nuovo un istante di confusione nello sguardo che quasi s’appanna dietro un velo d’immagini, per poi tornare sulla rossa dopo un battito di palpebre <sono di Otogakure> c’è un’innata fierezza e austerità nei suoi modi quanto nel tono della sua voce, e pronuncia il nome del suo villaggio con una nota di passione vibrante. La lascia avvicinare, s’irrigidisce d’istinto lasciando guizzare i muscoli del corpo quando lei brucia le distanze fino ad allungare una mano e toccarlo. Su un braccio. Un tocco breve, che permetterà alla Ishiba di coglierne un calore malsano. Scotta. Ma resta un tocco breve. Perché il sordido richiamo di qualsiasi uomo nel godere di un tocco del genere si perde dentro il baratro di una mente distrutta. E di colpo un altro lampo lo acceca. Con un secco passo indietro ed uno strattone quasi violento, seppur ben coordinato, tipico di una persona che non ha bisogno di pensare per muovere il corpo in maniera fluida ed elegante, il biondo tenterebbe di sottrarsi a quel tocco e se Sango lo guardasse in faccia ci potrebbe cogliere un baleno di terrore. Puro terrore, come se davanti avesse non una donna ma un demone <io…> par quasi rendersi conto dell’eccessività della reazione. Il petto inizia ad alzarsi e abbassarsi, ha il fiatone <non me lo ricordo…> da quanto non mangia. Chissà un corpo ben allenato quanto può resistere. Aspetta qualche attimo che il fiatone passi, prima di ripredere <Oji-san… cos’è?> diffidente. Non potrebbe essere altrimenti. La cerca, con sguardo nuovo, quasi stesse cercando di capire se può fidarsi, cercando in lei un appiglio per poterle dare un pò di fiducia.

18:47 Sango:
  [Statua Kioshi] Chissà se egli comprenda davvero le proprie parole, soprattutto ciò che non viene davvero pronunciato, ciò che rimane istillato tra un silenzio e l'altro, ciò che ancora si nasconde tra le pieghe di ciò che lei sa di dover dire, ma che vi creda o meno ciò rimane solo un mistero < si > non ha bisogno di certo di negargli qualcosa del genere < lo rispettavo in quanto vostro kokukage > e sottolinea il "vostro" con un sibilo della lingua, un piccolo divertimento che si concede nel non essere anche lei di quel posto, solo una seconda casa trovata lungo la propria via di conquista e di desiderio. A quella domanda non comprenderà immediatamente, eppur quando arriverà la risposta alla propria mente anche il proprio corpo andrà ad irrigidirsi , le spalle che si tendono così come le mani che stringono in pugni da sotto il kimono che indossa < per dieci anni, dentro la terra > dieci anni di nulla, nell'esser solo una batteria viva di chakra per un falso dio, senza memorie, senza ricordi, solo col desiderio infimo ed egoistico di morire. Ma nemmeno allora quando tutto pareva perduto, la stessa terra l'ha risputata fuori per gettarla in un mondo nuovo < siamo tutti soli mio caro, è questo il terribile mondo che ci aspetta > non comprendendo che si riferisca al "voi" donato, merito di un'antica discendenza che sempre s'è distinta per bellezza ed eleganza < dolore e sangue, guerra e odio. > un basso mormorio per tornare in quel solo momento agli occhi spenti e vuoti di una semplice statua che non le provocano nulla, se non l'affiorare di ricordi passati < si che lo siete > ritorna adesso al biondo, sostenendone lo sguardo con la dovuta calma ritrovata < un Uchiha non può appartenere che a questa terra .. o meglio, settore > perchè non si può più parlare di terra e di villaggio, sono solo modi di coloro che hanno vissuto nel passato e ancora portano avanti amori e rancori per altri villaggi < sebbene sia di Amegakure, il suono ha la mia gratitudine > un'alleanza che vigeva dieci anni prima ancora pare esser portata avanti . La mano che andrà invero a toccargli la pelle, calda, bollente, e sebbene non sia più medico potrà tranquillamente comprender come egli non stia..bene, per nulla . Un tocco che fuggirà via in un istante dopo, sorpresa si, ma non dallo scansarsi, ma dall'espressione che egli mostra sul viso. Terrore. Paura. Tutto ciò che ella potrà riconoscere , si , ma che mai ha provato < non vi farò del male giovane Uchiha > la voce che par più calda, perfino lo sguardo, scostando ovviamente la mano per lasciarla lungo il fianco e non toccarlo più. < mh > sospira, interrogandosi, si, ma non chiedendo. Non adesso ancora, delicata in quel senso per lasciar egli il suo spazio < Oji-san è colui che fa il miglior ramen > la stessa mano che andrà ad indicare il baracchino poco più in la, ed egli potrebbe vedere un piccolo uomo pelato con enormi baffi e un cappello da chef ergersi da dietro un bancone in legno < avete fame, sete probabilmente > indicando con un cenno del mento le sue labbra secche < e scottate da morire, probabilmente avete anche la febbre > se ne preoccupa? Forse, ma difficile dirlo, sebbene lo stia chiaramente invitando a prender qualcosa < non potrei accompagnarvi all'interno dei vostri clan nemmeno volendo, e suppongo sverreste per strada prima di poter fare qualche altro passo > accenna ovviamente al giro di testa che egli ha evidentemente avuto < potrete mangiare e bere quanto vorrete, non vi toccherò. > ma che sia solo una sua scelta adesso, non l'avrebbe portato di forza la dentro, non per rivedere il terrore nei suoi occhi, come fosse ancora un innocente a cui lei stessa non potrebbe mai allungare le proprie mani . Lo stesso corpo che si volta lentamente verso la stessa direzione, Oji-san, camminando lentamente, che sia egli a decider se seguirla o proseguire per la propria strada e svenire chissà dove. [stessi tag]

19:09 Shinsei:
  [Piazza di Kioshi Uchiha] Ci mette poco a ritrovare quella compostezza che, sebbene coperta di stracci e sporco, è facilmente visibile in ogni gesto. Ascolta, ed effettivamente il calore che lei mette nella voce, arriva a quel cuore da ricostruire, e fa da balsamo ai frammenti di vetro che, taglienti, lo lacerano di continuo <Ramen…> a quella parola anche se nulla nella sua postura cambia, sarà distintamente udibile un sonoro crampo provenire dall’addome del biondo, definito e visibile sotto la canotta. È il corpo che sta chiedendo di ignorare l’idiota che lo comanda e di dargli del cibo. Un richiamo sordo <…un tempo era roba da Konohani… il ramen> cos’è… un tentativo di sberleffo a Konoha? Oh beh per quello c’è sempre la forza necessaria. Trova l’energia di dipingersi un ghigno divertito sulla faccia, eppure quando lei si volta non può che seguirla, travolto dal primordiale richiamo del suo corpo. Non quello!! La fame! Non la segue da lontano, anzi, passo dopo passo arriva quasi ad affiancarla. Quasi alla stessa distanza richiesta per un tocco. Guarda davanti a se. Ma con l’attenzione a seguire i movimenti di lei, che sa effettivamente dove stanno andando. Non si scusa per la reazione eccessiva. Non ce n’è bisogno probabilmente. Non saprebbe come fare, non solo per l’indole che gli scorre nel sangue. <Settore…>Suona male in bocca, lo pronuncia come qualcosa di strano, al quale non è abituato <Se è questo che intendi no… non sono di questo… settore… ma credo che d’ora in poi debba essere questo il mio posto…> non è convinto. Non gli piace l’idea. Incasellato come un numero dentro qualcosa di più grande. Riuscirà mai ad abituarsi? Meglio non pensarci. Le concede un altro sguardo, breve. <Una donna di Ame con i capelli color del fuoco che ha combattuto la guerra affianco a Kioshi Uchiha…> mette insieme un po' di dati… per poi lasciar correre silenzio. Come se stesse pensando, metabolizzando i dati <Tu ci stai bene nel…settore di Ame?> chiederebbe poi. Lo sforzo di pochi passi gli comporta la necessità di dover accedere all’ossigeno anche con la bocca, schiudendo le labbra quanto basta. È stanco, forse solo questo <hai detto di avere degli adepti…sei dunque una capofamiglia> è una deduzione. Non una domanda. Ancora silenzio. Poi, dal nulla <Sono Shinsei> è giusto che lei lo sappia. E qualora lei ricambiasse il suo sguardo, noterebbe un lieve sorriso accennato con le labbra sottili.

19:37 Sango:
  [Statua Kioshi] < chiamali pure Mangiaramen, disprezzali anche > un breve veloce sorriso nasce dalle morbide labbra, sebbene abbia anche qualcuno che possa definire amico di quel villaggio, il resto non sono altro che dei nonnini seduti sulle loro poltrone senza far nulla, e altri non sono meritevoli nemmeno del proprio sguardo. Stronza? Da morire. Inizia il proprio cammino, quasi lieta nel sentirlo seguirsi, facendo invero da accompagnatrice a quel ragazzo < ma ciò non vuol dire che ci possa sempre esser qualcuno a farlo meglio > gli farà un breve occhiolino, veloce, sfuggente, nell'udir le sue stesse parole, ciò che egli ancora deve riconoscere < a quanto so.. > perchè non ha potuto viverlo invero < quando i villaggi non seppero cosa fare, come proteggersi, unirsi in un fronte comune per l'unica volta nella nostra storia fu l'unica scelta > per la sopravvivenza avevano messo da parte i dissapori, le vecchie guerre, erigendo mura alte < per evitare di tornare al passato i kage non hanno più quasi alcuna valenza adesso > non più investiti ne del loro ruolo, ne tantomeno di forza vera e propria, come piccoli burattini < tutto è in mano al governo centrale, la grande torre che vedrai al centro di tutto > molto, molto lontana da li potrebbero però vederne l'alto tetto, enorme la struttura in antico stile nipponico come un tempo, e li osservano adesso da quel grande immaginario occhio per render tutto in..regola. I propri passi che rallentano per non farlo affaticare ulteriormente, ma ormai davvero vicini ad Oji-san, tanto che il profumo adesso andrà a farsi più forte, di ramen, carne, uova, tutto ciò che può solo far soffrire ancor di più il giovane genin < ti conviene stare qui > ammette con una certa durezza nella voce e nello sguardo, posto però davanti a se < fuori è pericoloso, le bestie non sono morte ancora > inconsapevole che egli abbia avuto la sfortuna di incontrarne una, e la fortuna di sopravvivergli con tutti gli arti al loro posto. Ascolta anche la descrizione che le dona eppur una breve risata sboccia dalle labbra della donna < pensavo mi avresti descritto solo come una mukenin > il termine che le viene stampato addosso come un etichetta è solo quello, beh, senza contare assassina, assassina di kage, e una sequela di parolacce che non avrebbe mai il coraggio di ripetere < il mio cammino nel mondo è stato..differente. Ho trovato la mia strada in modo particolare > rimane vaga su quella storia sebbene non gli neghi di certo qualche piccola informazione che egli potrà trovare praticamente ovunque. La domanda sul settore giungerà quando ormai sono arrivati, aprendo lei stessa la piccola tenda sottile in plastica che divide dall'esterno per dirigersi al bancone su uno degli sgabelli liberi < buona sera Oji-san > un piccolo sorriso viene donato al vecchietto "sera signorina Ishiba" si, si conoscono da un bel pò di tempo < no > ammette senza frenar la lingua < vorrei tornare la fuori, vorrei tornare a viaggiare e scoprire il mondo. Sentirmi libera da qualsiasi catena o mura ma..> c'è sempre un ma < morirei in questo momento > si, metter un passo fuori da quelle mura è già un rischio, pensare di viaggiare una follia! < Oji-san, una doppia porzione di ramen e tutto per l'Uchiha qui presente, per me del sakè> ordina lei perentoria per il biondo, prima di volger di nuovo lo sguardo alle sue domande, curiose, e non fuori posto < una volta lo ero > tanto, troppo tempo prima < Sango Ishiba, a Oto erano soliti chiamarmi Byakko > una fama che quella terra le ha donato ma ormai rimane solo qualcosa relegato ad una gloria inesistente. Dandogli la possibilità di sceglier come chiamarla < non vorreste torna fuori Shinsei? Esser liberi, respirare l'aria pura, poter far ciò che si desidera?> inconsapevole ancora che egli la libertà probabilmente non l'ha mai toccata davvero.

20:25 Shinsei:
  [Oji-San] Quella battuta sui mangiaramen ha un effetto stranamente distensivo sul volto dell’Uchiha. <Mangiaramen…> Lo sentiva in bocca ai giovani chuunin di Oto, che si erano guadagnati la giubba contro i Ninja di Konoha. È di nuovo un velo ad appannare il suo sguardo, che si perde nei ricordi. È il completamento di quella frase a riportare quegli occhi oscuri sul viso delicato di lei. Un ghigno gli si dipinge sul volto a quella frase, divertito <giusto> si anche perché se avesse rifiutato il ramen probabilmente lo stomaco si sarebbe autoespulso direttamente dal naso per andare da solo a mangiare. Quell’occhiolino arriva e lo lascia di nuovo interdetto. Non ne capisce il senso ne il significato, eppure qualcosa dalle sue viscere gli suggerisce che è un segno positivo, ricevere la chiusura di uno dei due occhi… strani e ancestrali segnali. Che però lo fanno sentire stranamente di buon umore al punto da sentirsi pronto ad accelerare il passo… niente di eccezionale eh, ma qualcosa di percettibile, uno strano moto energico. L’attenzione si volge di nuovo all’Ishiba, dalla quale ascolta la storia che si è perso. In realtà ha racimolato qualche informazioni dalle varia carovane che ha frequentato. Lo sguardo si sgrana nel sentire in che modo i ninja siano stati messi da parte <Sai, da come parli si direbbe che più che grati ad un governo che ha posto rimedio al fallimento degli shinobi bisognerebbe parlare di un governo che si è approfittato…> pone un’enfasi particolare, quasi velenosa, su questa parola <di un fallimento…ma forse ho frainteso> Sembra sinceramente dubbioso, <il mondo che conoscevo è completamente sottosopra…> spiega così il perché di quei dubbi… Volta anche lui lo sguardo a quel tetto <Si. L’ho vista. Tutta la notte. Sembra un grosso ca…> qualcosa lo ferma. <coso luminoso. Non ho dormito tutta la notte> Per uno abituato prima al buio d’un fetido sotterraneo e poi al buio delle foreste… quella luce è stata come dormire a mezzogiorno sotto il sole. In ogni caso ascolta le sue parole <Mukenin…> ci riflette, come se dovesse recuperare il significato da un vocabolario ormai perduto <Penso che Mukenin per qualcuno vuol dire Kage per qualcun altro> E in effetti Orochimaru, Sasuke, Pain, lo stesso Kioshi Uchiha. È una risposta secca. Non gli importa di presunte malefatte. <ognuno ha la sua strada da percorrere. E la asfalterebbe di cadaveri per farlo> c’è una vocazione quasi sacra a qualcosa di ignoto, nella voce di quel giovane uomo dalla mente spezzata e dal corpo provato. Qualcosa che lo porta a emergere dal semplice popolino. Non degna d’uno sguardo il proprietario del chiosco al quale l’Ishiba l’ha condotto, ma lei potrà ascoltare lo stomaco del biondo lamentarsi di nuovo con tutti quegli odori. E di colpo arriva quel soprannome che lo porta a sgranare lo sguardo e fissarla di nuovo con quegli occhi scuri <Byakko…> Qualcosa lentamente emerge tra i frammenti della sua memoria <Era un nome sussurrato tra gli insegnanti quando ero in accademia. Si dicesse fosse una donna tanto bella quanto letale> che clichè terribile, ma d’altronde, cosa potrebbero dire due giovani ninja che non hanno mai visto la persona di cui parlano? <Capisco il motivo di quelle dicerie> beh, la letalità non l’ha vista, non ancora, quindi può essere solo un’insolitamente delicato apprezzamento all’aspetto dell’Ishiba. Ma sorvola immediatamente, aiutato dai discorsi dell’altra. <Sango> si rigira quel nome tra le labbra, mormorandolo quasi a se stesso, lo memorizza <No> risponde anche lui secco alla domanda di lei <Sono venuto da fuori. Da… casa> cosi lo chiama, il fetido buco nel quale è stato chiuso… tanto è malata la sua mente. <sono partito per giungere qui> Un viaggio strano, pronunciato da un giovane uomo con lo stemma degli Uchiha ma senza coprifronte. <La penso come te. Uscire adesso sarebbe un suicidio…> una pausa <…senza i compagni adeguati> Non ringrazia neanche quando l’oste si presenta con un grosso recipiente di ramen. Stacca le bacchette, ma prima di cominciare a nutrirsi va contro il suo stesso stomaco. Per fare cosa? Una cosa completamente avulsa a lui. Tenterebbe di poggiare, con un gesto invero lento e controllato, prevedibile e innocuo, il palmo sul braccio coperto di stoffa di lei. Un tocco delicato, non per paura diromperla, ma per paura di avvicinarsi troppo. Un tocco che, ancora una volta, lascia trasparire un insano calore dalla stoffa <Sango…> serio in volto. Come se dovesse dirle qualcosa di fondamentale, persino di difficile per lui, e deve esserlo, visto il tempo che si prende e lo sguardo carico che le dona <grazie.>

20:45 Sango:
 Beh di tutto si può dire, tranne che il razzismo verso altri villaggi sia veramente stato sradicato, il solo chiamarli "mangiaramen" darebbe molto da pensare, ma non è di certo il momento per allietarsi del fattore che l'Uchiha sia del suo stesso avviso. Un motivo che le permette di rilassarsi in sua presenza, sicura di certo di poterlo uccidere se solo dovesse rivelarsi pericoloso, sicura di poter ancora una volta fare affidamento su degli shinobi d'alto rango e valore. Soppesa le sue parole, stringe le labbra quasi convulsamente < vi consiglio di non ..pronunciare tali parole ad alta voce > un monito seppur posto con gentilezza, non v'è pericolosità nemmeno da parte di chi ha scelto d'esser un cane del governo per i propri scopi, ma un avvertimento. Parlare male in quel modo del governo avrebbe potuto mettergli sulla fronte una croce di morte certa . < eppure sono stati loro a salvare la mia gente quando io non ebbi la forza. Non dovrei essergli grata d'averlo fatto?> motivo che l'ha portata anche ad unirsi a loro in qualche modo, ad esser parte delle loro braccia di forza e crudeltà alle volte . Ovviamente per una mente delicata come la propria di cui mai s'è nutrita di modi da dire nel gergo di strada, cresciuta tra il lusso e l'esistenza vuota di chi poco comprende a cosa si riferiva la stessa Konan in quanto a bellezza. < avete dormito per strada posso supporre > non v'è alcuna accusa ne uno sguardo di disgusto, di certo ha visto di peggio nel tempo di quasi quarant'anni per farsi smuovere da qualcosa di simile. Eppure quando Oji san le metterà il sakè davanti ed ella andrà a prendere la bottiglietta panciuta tra le dita, questa rimarrà a mezz'aria , per portare veloci le azzurre al suo viso < siete il primo che ne è davvero consapevole di ciò > abituata alle nuove leve pace e amore < si è disposti a fare di tutto per una singola cosa > .. < o persona > una delle due cose, l'una non esclude l'altra invero. Risente il proprio nome sussurrato da altre labbra, qualcosa che provoca un brivido lungo la schiena, s'annida allo stomaco e lo attorciglia < contenta che almeno ad Oto si dicessero cose carine > accetta quel complimento, anche il proprio ego si immerge in tali piccoli vezzi, anche della mera bellezza esterna < feci lezioni anche a qualche genin Uchiha > rimembra qualcuno, eppur non ci si sofferma, ripensare a chi è morto, a chi non c'è più sarebbe l'errore più grave da commettere. Andare di nuovo in pezzi per quei ricordi avrebbe solo peggiorato la situazione. Ovviamente non lascerà che quella secca negazione sfugga alla propria mente, indagando con il mero sguardo per poi riprender a versare il liquido dorato nel basso piattino in legno che le è stato dato. Movimenti precisi, calmi, di polsi eleganti seppur macchiati da anni di battaglia da migliaia di piccole cicatrici minuscole. Un vezzo che si concede ogni tanto, più che ogni tanto. Viene attirata dal movimento della mano che si poggia lenta verso la stoffa pregiata, senza distaccarne lo sguardo ma neppure scostandolo, non quando lei con poche cerimonie l'aveva afferrato di colpo. Lo sguardo che scivola lento verso gli oscuri occhi per leggerne la difficoltà nel dire qualcosa , qualsiasi cosa, ricambiando lo stesso sguardo, profondo, serio perfino, per sentirsi alla fine ringraziare < non dovete ringraziarmi > non è una samaritana dopotutto < siete stato fortunato, su questo non c'è dubbio. > un mezzo sorriso breve prima di tornare al proprio liquore < prendete ciò che volete, non risparmiatevi nel cibo e nel bere > ..< per quanto riguarda le vesti posso procurarvene anche se i miei gusti sono..differenti dai vostri > si, se fosse per lei avrebbe vestito tutti gli esseri femminili e maschili di quel mondo con dei Kimoni < ma dovrete lavarvi prima. > chissà da quanto che non fa un bel bagno? < diciamo che è il mio piccolo ritorno a oto per quel che ha fatto per me > non la terra stessa, ma i suoi abitanti < mi hanno dato un posto sicuro dove stare, una casa..quasi > si, amante delle foreste non era avvezza a viver nel sottosuolo < specialmente un Uchiha > no, nemmeno Kioshi, ma qualcun altro di ancora più importante, e quello è un piccolo gesto anche per loro. Che la loro stirpe non muoia nel dimenticatoio e che ritorni ad esser grande come un tempo.

21:18 Shinsei:
  [Oji-San] Scosta dopo poco la mano dal braccio di lei. Non per paura. Ma per incapacità di toccare qualcuno senza fargli del male. Tornando a immergere lo sguardo nella sua ciotola. L’ammonimento a non pronunciare frasi contro il governo gli dà da pensare. Registra quel consiglio in mente senza rispondere. In sostanza si trova in una mega città nella quale si trovano stipate culture, idee, provenienze, ideali e obbiettivi completamente diversi tra loro, in cui non tutti sono contenti di stare – e la rossa glie lo ha appena dimostrato –, nella quale è sconsigliato parlar male dell’autorità e nella quale i Kage non hanno più un ruolo. La riflessione successiva dell’Ishiba lo porta a riflettere ancora <Probabilmente si. Non lo so. Se avrò qualcuno da proteggere te lo farò sapere> Sono emozioni che non conosce. Non ancora. E infatti è il tono è freddo, quasi sbagliato per quella conversazione. Non risponde alla supposizione di lei su dove abbia dormito. Preferisce ficcarsi un boccone di ramen in bocca. Gli occhi e il corpo tutto pare rinvigorirsi a vista d’occhio, boccone dopo boccone. Non si strafoga. Non è da lui. Piega di nuovo le labbra nel sentire di essere uno dei pochi consapevoli di cosa voglia dire avere un obbiettivo. <Oh beh, non ne dubito. Quale potrà mai essere l’obbiettivo di un ninja cresciuto in un…> “finto” è la parola che vorrebbe aggiungere, ma non lo fa, rispettando il consiglio di lei <… così bel paradiso in cui tutti vanno d’amore e d’accordo> Non ha rispetto per ciò che guarda, non ha problemi a dire con freddezza e lucidità ciò che pensa. Probabilmente dovrebbe imparare a stare in quel posto chiuso, ma parla con il vento freddo della libertà ancora dietro di lui, e non si preoccupa. Abbassa piano le bacchette quando lei accenna alle lezioni agli Uchiha… <avrei…potuto essere tra loro…> commenta, e ancora lampi, frammenti di ricordi terribili che gli innescano un tremito che gli irrigidisce i muscoli per un istante. Deve sbattere più volte le palpebre per toglierseli dagli occhi. È troppo giovane per aver vissuto il congelamento, il nostro biondo. Ma non è nemmeno una persona che ha vissuto indenne questi anni di pace. E si vede. <La fortuna non esiste.> ancora secco <ce la creiamo agendo, la nostra fortuna.> sposta di nuovo lo sguardo dalla ciotola sul viso di lei <e tu hai agito aiutandomi, ed è un gesto che merita la mia gratitudine.> è quasi perentorio nel dire. Come ogni bravo Uchiha sa essere, d’altronde. Sorride a sentire le parole di lei. Sorride di per un’istante di sincera spensieratezza, ed è qualcosa che non capita MAI. Potrà vederlo lei, un’istante solo, il volto e quegli occhi, illuminarsi d’una luce diversa. Solo un momento. <Puoi dirlo che faccio schifo. Ho solo questi, e non piacciono neanche a me> commenta, prima di far spegnere quel sorriso in una semplice linea sulle labbra. <Sarà la mia famiglia a provvedere. E quando ti rivedrò sarò diverso.> anche questa frase, che non è niente, viene detta con un’ombra di solennità che la trasforma in una promessa. <Parli di Kioshi?> impossibile non pensarlo, visto di cosa hanno parlato fino a poco prima. Ma non aspetta la risposta <Chi guida la famiglia adesso?> Chiede piano, con un’ombra scura nella voce.

21:53 Sango:
 Non proverà a toccarlo di nuovo, memore della propria piccola promessa di non farlo mai, eppure a quel suo dire stringe le labbra in una morsa tra i denti < non saprei se consigliarvi di averla o di non averla > ancora in bilico perfino lei su quella decisione < ma ricordatevi.. > lo sguardo che diviene di nuovo intenso, quasi a volerne violare la mente , a cercare risposte celate e nascoste < solo una > una sola a cui dedicare tutto ciò che ha, per quanto poco, frammentato, oscuro, solo una persona avrebbe potuto mai accoglierlo completamente. Sembra tenerci davvero che quel pensiero possa raggiungerlo, solleticargli la mente, di qualcuno che è solo a quanto pare < anche io ero sola in un mondo pieno > la solitudine peggiore, quello di non volersi nemmeno unire ad altri < eppure, una volta nella tua vita, giungerà qualcosa che ti porrà ad un bivio.. > prende il bicchierino adesso per sorseggiarlo, per prender il proprio tempo < e non avere paura dell'oscurità. Solo da quella nascono le fiamme più belle > parla per metafore, di parole che solo lui dovrà cercarne il senso più profondo, di un significato celato ad un primo sguardo, e chissà che egli quell'oscurità di se stesso l'abbia già accolta oltre che affrontata. < non esistono gli Shinobi di un tempo.. ma qualcuno preferisce non morire > un piccolo riferimento non solo a se stessa, ma a tutti coloro che invece sono rimasti vivi nel loro congelamento. Pochi, ma dall'indole ancora di guerrieri. Non che adesso sembra esserlo, se non fossero per le parole che pronunzia potrebbe quasi sembrare una normale donna del villaggio. < saremmo potuti tutti essere da qualche altra parte, con una strada differente, un passato dolce e leggero > sospira anche lei nell'immaginare quel genere di vita < eppure non possiamo che scegliere cosa fare con quello che ci resta, no?> ne chiede conferma, donandogli adito e interesse invero che a pochi dimostra di poter donare. Rispetto, lo sta facendo, che sia solo per il suo nome? No, ma anche per quello che l'istinto le dice di fare < mmh i Kami sono esseri davvero strani, crudeli senza dubbio ma qualche volta..beh, permettono a due strade di incrociarsi > ne da un merito sovrumano sebbene il piccolo sorriso che sboccia sa di presa in giro per gli stessi pronunciati < non potrei mai dire qualcosa di simile > mormora a bassa voce, con un lieve rossore sulle gote a formarsi < non pronunzio parole del genere > dannata casta sociale < di certo anche io a modo mio mi son ridotta come voi, e non è la prima volta che capiterebbe > quasi per sincerarlo in merito al suo essere, notando come egli si stia spazzolando tutto quanto < venite ad Amegakure, alla sede del mio clan. Vi faranno entrare senza problemi > se mai volesse rivederla quello sarebbe il loco ideale . La domanda su kioshi prenderà il suo tempo, dolci le stesse che si inebriano del nettare degli dei < Nemurimasen, era questo il suo nome > protettore di Oto anche lui, possessore del demone a sei code. Un essere particolare . < questo non mi è noto purtroppo .. anche io son qui da relativamente poco > mesi, si, ma che non le hanno permesso ancora di intromettersi negli affari di altri clan < mangiate ancora se volete, alla fine provvederò ad accompagnarvi > un ultimo gesto dopo quel pasto e quella bevuta prima di lasciarlo andare davanti il proprio clan, perlomeno non morente ne svenuto, per chissà, rincontrarsi di nuovo un giorno? [end]

22:49 Shinsei:
 Ben presto, ma no senza una certa classe, quella gran ciotola di ramen finisce. Ma fa da contorno a parole che vengono date e ricevute. Fa quasi per ignorarlo, quel dubbio iniziale di lei. Non lo vuole un consiglio su una cosa del genere, e probabilmente sarà difficile che ci sarà mai una persona per la quale darebbe tutto. Ma quando la rossa inspessisce le parole e l’intensità del tono, arriva a spostare lo sguardo verso di lei, guardandola di tre quarti. Donandole più attenzione. <mh> non c’è niente da rispondere a quelle due parole da lei pronunciate. Ma la pulce è stata lasciata nell’orecchio, vedremo se sarà in grado di farsi strada in una mente corrotta e frammentata. La ascolta quando lei comincia a raccontare della sua solitudine, del suo bivio, si raddrizza, portando di nuovo lo sguardo davanti a se. Poggia i gomiti sul bancone, incrociando le dita delle mani per poggiarci sopra le labbra, nascondendole a tutti, per fissare con quegli occhi oscuri, dritto davanti a se dove c’è il povero oste. Ma non sta guardando lui. È altrove. Riflette. <Io ci vengo, dall’oscurità. Non posso averne paura, è questa falsa luce, che non mi piace.> è una frase detta con un tono basso, freddo, lucido, diverso dal solito. Una frase detta guardando davanti a se, con le labbra appoggiate sulle dita incrociate, fissando il baratro che lo ha vomitato fuori e che nessun altro può vedere. Una frase che, ancora una volta, sa di promessa. Una frase che a sentirla porta il silenzio del chiacchiericcio circostante, ma solo per un istante. Ascolta il suo successivo dire, e quando lei chiede conferma, solleva piano il capo dalle mani, sempre senza guardarla, come immerso nei suoi pensieri, annuisce co un gesto calmo <certo> possiamo solo scegliere cosa fare con quel che ci resta <ed è tutto ciò che serve, ed anche di più.> commenta, farebbe poi per tornare a poggiare il mento sulle mani quando ascolta quelle frasi insensate sui kami e quant’altro. Insensate per uno che crede così tanto nella capacità di autodeterminazione dell’essere umano, ovviamente, fa quasi per inarcare un sopracciglio e quando le dona di nuovo lo sguardo nero, osserva quel sorriso di scherno, e lo ricambia, appena accennato, scuotendo leggermente il capo e mantenendo le labbra piegate verso l’alto. Quel sorrisetto s’allarga leggermente nello scoprire che lei non parla in un certo modo. La prenderebbe quasi come una sfida, schiude le labbra per rispondere quando le arriva quell’invito che lo coglie di sorpresa. Resta un attimo in silenzio <Verrò sicuramente, grazie, Sango> la nomina ancora, per nome, in maniera chiara, senza fronzoli ne orpelli. Annuisce nel sentire il nome di un Uchiha che non ha conosciuto, forse era veramente troppo piccolo per ricordarsene. E annuisce anche nel constatare che non ha informazioni sul suo capofamiglia. Persona sbagliata a cui chiederlo, effettivamente. Le concede un altro rapido sorrisetto <Non abuserò oltre della tua gentilezze, quando vuoi, possiamo andare> mormora mentre torna a poggiare le labbra sulle mani e a fissare il povero oste, o qualsiasi altra cosa ci sia davanti ai suoi occhi.[END]

Sango e Shinsei per caso si incontrano, che siano i kami o meno essi si ritrovano davanti la statua di Kioshi Uchiha.
Molto viene detto, molto viene fatto, un nuovo mondo si apre a colui che dovrebbe portare i rossi occhi, e tutto viene lasciato ai kami stessi, in modo che siano essi a deciderne le vite..oppure no?