Broken - 壊れた

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con Saigo, Nene

17:22 Saigo:
  [Ingresso] Che di lei non si dica che non mantiene le promesse, non più almeno. Ormai è sera tardi, quasi notte e l’ora di cena è passata da un bel po’, ha avuto modo di riflettere su quella che è sembrata a tutti gli effetti una promozione, sulla nuova missione e tutto ciò che ne consegue. Chiusa nella sua stanza all’interno della sede del clan ha poi deciso di raggiungere Nene. Dovrebbe essere arrivata. I piedi coperti da un paio di semplici sneakers rosse si arrestano, lasciando che le suole restino ben ancorate al terreno. Lo sguardo inquadra per prime le gambe, un paio di semplici jeans modello boyfriend a proteggerla delle temperature ancora troppe fredde per chi è abituata alle temperature di Suna e del deserto. Quanto le manca quel luogo a cui un tempo pensava di non essere legata. Un battito di ciglia e mette a fuoco lo schermo del cellulare, il navigatore aperto che le indica d’essere giunta nel punto che cercava. L’indice della destra, affusolato, scorre fino al lato, il tasto di blocco, lo schiaccia e con un semplice “click” lo schermo torna nero e lei ripone quell’oggetto nella tasca della sua giacca rossa, una semplice giacchetta da media temperatura, adatta alle mezze stagioni, capace di proteggerla dal vento ma un po’ meno dal freddo secco e pungente che ancora potrebbe attaccarla. La porta aperta, sotto si nota una maglietta a maniche lunghe molto semplice in cotone rosa che si infila sotto alla vita alta dei pantaloni, tenuti fermi da una cintura dello stesso colore delle scarpe. Sul petto un numero casuale “76.1” probabilmente il brand di quel capo, non che se ne curi davvero. Quelli sono abiti comodi, ben diversi dalla perfetta eleganza che ostenta ogni volta che ne ha l’occasione, non aveva particolarmente voglia di farsi carina. Le palpebre si aprono un pochino di più per permettere agli occhi rossi di spostarsi verso il portone ed i campanelli. Muove le pupille voracemente alla ricerca del nome della ragazza, lo sguardo cade anche verso il punto dove potrebbe trovare le chiavi, non lo farà. Non c’è traccia di trucco su quel viso estremamente pallido e dai tratti gentili. Alza nuovamente la mano destra, l’indice torna a mostrarsi mentre con un ultimo passo in avanti va a suonare, l’interno selezionato dovrebbe essere quello dell’amica. Stacca velocemente il dito e poi con lo stesso va a scostarsi i lunghi capelli biondo fragola dal volto, sistemandoli dietro all’orecchio destro, lasciando che le linee del profilo si rendano ben visibili, come una modella in posa per una foto attende solo di sentire una voce dall’altra parte. Se le venisse aperto allora, ma solo allora, riprenderebbe a camminare per entrare e successivamente raggiungere l’appartamento dell’altra. Non presta poi particolare attenzione a quello che la circonda, vuole solo raggiungere la porta d’ingresso. Ci sono tante cose di cui parlare e ben poche nella sua testa riguardano l’unico argomento per cui dovrebbe essere lì, il motivo che dovrebbe spingerla a sfogarsi e parlarne. Lei sta bene. Non è successo nulla, Fuji è morto dieci anni fa. In segreto però dal collo della maglia si vede spuntare non solo l’incrocio nel reggiseno sportivo rosso indossato sotto agli abiti ma anche una catenella bronzea. Lì sotto a tutti i suoi strati di abiti, tra il suo seno giace la chiave dell’appartamento dell’altro, può mentire a sé stessa quando vuole ma non è ancora riuscita a seppellirlo del tutto [abiti: https://www.pinterest.it/pin/52706258128180706/]

17:39 Nene:
  [Capsule Apartment] E' divertente come la calancola arancio ora sembri così raggiante - il vaso che Saigo cerca con gli occhi è esattamente lì come Nene aveva detto in uno strano gioco di parole che l'aveva invitata. Può sembrare stupido, situazionale - eppure non lo è. La pianta grassa sembra darle il benvenuto in quello che è un palazzo di capsule apartment tipiche nipponiche - i classici appartamenti minuscoli che affittano gli studenti o chi è particolarmente votato a lavorare e non ha nessuna rosea idea di futuro. Il trillo del citofono la sveglia. Ah, si è addormentata di nuovo sul divano. Sono le gambe a cigolare via da una posizione assurda sul poggiolo - affusolate e color latte, decorate di così tanti lividi da farla sembrar un curioso incrocio tra un puma ed un ghepardo. Deve aver tiltato la debolezza sulla parte inferiore del corpo al suo superiore - che ha ben deciso di metterla in coppia d'allenamento con chi è forte proprio lì dove lei è debole. Si muove piano. Forse aspetta un po' troppo. E la sua voce è assonnata e rauca al citofono. E' Saigo. Mhn. Apre e basta, senza rispondere niente. Tanto sa' dove andare, le ha detto bene anche come entrare da sola nel suo appartamento se solo volesse. Un luogo semplice, dove la personalità di Nene non può far a meno che trasparire per lo più da dettagli che non tutti noterebbero: Una lieve ossessione per colori non troppo dissimili tra loro. Nero e grigio. Blu e azzurro. Giallo e ocra. Rosso e salmone. Lì dove c'è un colore - soprattutto nell'armadio a vista, senz'ante - c'è accanto un colore corrispondente, preciso, maniacale. E' disordinata, come lo è nella sua testa. Matasse di cambi non stirati - di divise appese con cura più o meno ovunque. I piatti lavati sono ribaltati nel lavello, in attesa d'esser messi solo apposto. Il letto è perfetto però. Intatto. Sembra non toccarlo mai. Un pile in compenso ora sembra esser accartocciato sullo schienale del divanetto da due posto accanto alla televisione. Sulla parete sopra la televisione c'è una bacheca di sughero che deve aver portato quel poco che il corvo tiene nel suo cuore. Ora c'è solo l'immagine dei monti ardenti. E le note sul killer che è riuscita ad ottenere. C'è una descrizione abbozzata di Tsuyu, il monaco. Delle informazioni generali. Un punto di domanda. In compenso ci sono due foto sul tavolo, strappate un po' brutalmente. Una di Nobu ed una che ritrae lei e Naomi da piccole - una virgola di panna in questo caffè nero. Chaos. Il cigolio della porta lascia che s'intraveda ritornare zoppicante verso il divano - vestita con una canottiera nera piuttosto scialba. Le spalle scoperte portano ancora il segno della pettorina rosso, e quello della benda al braccio. Andranno via presto - e son solo il preludio di esser tornata a casa da relativamente poco. In aria l'odore di una doccia fatta da qualche minuto. Argan. Vaniglia. Tabacco. I capelli bagnati le stanno divinamente, pettinati indietro - lisci come seta. " Sei venuta alla fine. Mi dispiace, mi sono dimenticata di dirti che non sono mai a casa. " [ck off]

17:55 Saigo:
  [Ingresso] Un suono che corrisponde all’apertura elettrice del portone di quel palazzo. Lascia con lo sguardo i campanelli e ne butta un ultimo sul vaso, su quei fiori arancioni così stranamente accesi se comparati all’idea che si è fatta di Nene, non che sia una persona poco attiva solo non l’avrebbe mai legata ad una pianta grassa dai colori così allegri. Superficiale forse in quest’analisi ma chi non lo è? Lei stessa da molti potrebbe essere definita come gioviale e allegra quando dentro si nasconde un demone ben diverso. Gli occhi lasciano la pianta mentre il palmo destro spinge il portone ed i primi passi vengono mossi così da farla avvicinare all’appartamento. Giunge così, silenziosa e inesorabilmente lenta, verso casa di quella ragazza. Non sa nemmeno più dire da quanto tempo si conoscano eppure non c’era mai stata, l’aveva studiata, seguita ma all’epoca forse entrambe mostrano maschere così ben fatte da non permettere di vedere oltre, solo recentemente anche grazie alla Shinsengumi hanno visto qualcosa in più l’una nell’altra. Mentre riflette la mano destra si posa lì dove lei sa esserci la chiave, un simbolo di sofferenza, di un’amicizia delusa, di cuori infranti. Scuote appena il capo lasciando che il modo si propaghi fino alle punte dei capelli sciolti che ciondolano dietro alle sue spalle e ai lati del suo viso, scavalcando nuovamente le orecchie ed invadendo lo spazio. Non deve pensarci. Sono alleate tutto qui, non finirà male. Con l’ultima goccia di coraggio che le è rimasta si presenta all’appuntamento mai preso limitandosi ad osservare l’altra, ormai le è chiaro d’averla disturbata eppure non si scusa, sorride semplicemente alle sue parole <non ti ho mai avvisata> replica, in parte nascondendosi dai suoi veri sentimenti, quella sera tanto non sarebbe salita comunque, aveva bisogno di sfogarsi sì ma certo non di esporsi ulteriormente. Il destino ha voluto che non la trovasse a casa e in parte ringrazia, non era assolutamente pronta, ancora troppo ferita. Osserva poi i lividi sparsi su quel corpo mentre delicata va a liberarsi della giacca, non ha intenzione di morire di caldo e sudare. Se la sfila dalle braccia con delicatezza stando ben attenta a non alzare mai le maniche di quella maglia in cotone, per quanto l’ustione sia ormai guarita e non le procuri più dolore non si può certo dire che i segni siano spariti, permane su quella pelle candida l’alone rossastro della carne viva, i dislivelli dati da quei graffi che si è procurata da sola, strappandosi pezzi di corpo in cerca di un po’ di sollievo da tutto il resto. Per un po’ starà ben attenta ai suoi abiti. Situazione non dissimile per quella ferita sull’interno coscia che però nel percorso di guarigione procede decisamente più spedita. Non sente più il dolore ma il ricordo non è magicamente svanito grazie all’alcool <senti come quinto membro del team tu a chi pensi?> ed è con queste parole che lei andrebbe a fare ufficialmente il suo ingresso. Si toglie le scarpe all’ingresso rivelando degli stupidissimi calzini versi con disegnati simpatici avocado cicciotti con tanto di occhietti, la giacca invece viene retta sul destro piegato a novanta gradi per permetterle di sorreggere l’abito senza fatica. Si guarda intorno alla ricerca di un posto dove poggiarla o quantomeno poggiarsi, non esprime però alcun giudizio in merito, neutra si guarda attorno cogliendo particolarità oltre a quel disordine. I colori la catturano, le svelano una nuova parte della ragazza che lei ancora conosce così poco

18:26 Nene:
  [Capsule Apartment] Il curioso caso di come un eroe e il suo corrispettivo antagonista si trovano ad esser rimodulati e ricalibrati donando ad uno le parti dell'altro - donando al nero mietitore un passato, una motivazione - ed un corollario di sfacettature che mai avremmo creduto. Che quel fiore le appartenga effettivamente o meno - che sia stato un regalo, magari di qualche vecchio contratto, o meno - che sia a conti fatti qualcosa di suo, comprato da lei, o no - non è dato saperlo. Però c'è una scritta oramai vecchia, sul retro. Un po' sbiadita, probabilmente fatta con un sassolino di quelli che potrebbe rigare la terra cotta. I piedi nudi si muovono sul pavimento ligneo e riscaldato - un ciondolare pigro alla volta del piccolo frigo incastonato nella mobilia colossale che comprende la cucina e quella minuscola penisola pensata per una persona sola. Due al massimo. E' un buco, sì - un buco confortevole, tutto suo. Un buco in cui si muove egregiamente, a differenza di quando qualcuno cerca d'invaderlo. Come quando i genitori entrano nella tua stanza e tu, sotto sotto, sei sicura di star nascondendo qualcosa. Non sai bene cosa, però. La mancina gratta la nuca, mentre tra le falangi della destra s'incastrano due birre dal collo allungato - dalla fattura scura, come liquirizia. Il clangore del vetro canta al posto di una risposta. "Ryuuzaki." Una risposta piatta, abbastanza scontata - anche se lei certamente non ha sentito il discorso fatto a Kenpachi-dono, subito dopo l'assemblea. Il divano, il suo gemello opposto al di là di un tavolino basso e semplice. La sedia. C'è un appendiabiti vuoto, in compenso e in modo paradossale - proprio accanto alla porta. L'occhio di Nene cade stanco sui calzini di Saigo e -- lentamente - dilania il proprio viso stanco in un sorriso tiepido. Che scema. Che cazzo di calzini. Scuote il capo allungando verso di lei tanto la birra - quanto l'invito tacito a sedersi più o meno come vuole. "E' molto più forte di me, di sicuro molto più bravo a combattere. Ed è un sensitivo. E' una cazzata che io sia stata scelta e lui no. Suppongo Kenpachi l'abbia fatto perchè dice che sono una figlia di puttana." Non certo per una particolare forza o chissà quale talento. Del resto, è il suo coraggio che l'ha condotta tra le fila del maggiore Zaraki. Le gambette la lasciano cadere sul divano - in quella mise da letto, nemmeno da casa. Eppure è totalmente a proprio agio, con Saigo. Forse più di quanto dovrebbe. Lasciata andare la birra sul tavolo - assieme a quella destinata alla fragolina, sprofonderebbe con la schiena in esso. Assorbita. Annullata. Chissà se un giorno ci sarà pure la sua foto, in questo buco di posto. "Mi fa' ridere che abbiano preso quello scarto della vecchia società e non lui. Mi fa' anche un po' incazzare. Ma... Chissene fotte. Sono cazzi loro. Morirà probabilmente. " Prima o poi tutti passano dall'anziana e bella signora, no? Tra le efelidi la mancina stropiccia i tratti infreddoliti da quel frigo - si stende le rughette espressive, le stesse lentiggini chiare -- il respiro. Ah, sto meglio. Potrei già tornare in sede. Che ore sono? Alza gli occhi, ma no - non c'è nessun orologio ad aspettarla. Solo le luci rosse del Mulin, un locale notturno di fianco casa - con un mulino rosso sopra. " Non provare a sviare il discorso. So' che non te ne frega un cazzo di chi sceglieremo come quinto. " Beccata? L'iride barcolla - nauseata dalla vita costantemente, scocciata permanentemente dall'esser stanca. O dal non esser eccitata in qualche modo. " Dimmi cosa ti ha fatto. " ... " E cosa hai fatto a lui. " Imparziale. Imperatrice. Giustizia. Ah, è così difficile darle un tarocco.

18:43 Saigo:
 Proprio lì, vicino all’ingresso trova l’appendiabiti vuoto, lo osserva chiedendosi come abbia fatto a non vederlo prima e poi con la mano sinistra va semplicemente a riporre la giacca, lascia che la porta si chiuda alle sue spalle e si dirige verso Nene, quella piccola penisola viene osservate, le ricorda tanto quella a casa sua, già perché nonostante si sia trasferita e viva effettivamente nella sede del clan, all’interno di quella piccola e scarna stanza gran parte dei suoi averi rimangono nel grande appartamento di cui ancora paga l’affitto, attaccata con un filo ad un passato che ora le suona lontano e che fa male ma non è in grado di lasciare andare completamente, per quanto si illuda costantemente del contrario. Allunga la mano candida verso quella birra e fa quei passi necessari per dirigersi sul divano, sedendosi poi tranquillamente. Si muove comunque a suo agio in quell’abitazione, le ricorda fin troppo il modo che aveva con Fuji motivo per cui eccola accavallare educatamente le gambe, provare a farsi piccola e mettersi in un angolino, come un soprammobile di cui è possibile di disfarsi velocemente <non so chi sia> replica per tutta risposta a quel nome. Non ha mai avuto a che fare con altre reclute, le ha intraviste certo, forse ci si è anche allenata e ci ha parlato ma da qui a dire che le sia mai importato qualcosa è ben diverso. Non beve però per ora, l’ultima volta che si è avvicinata a della birra lo ricorda fin troppo bene, a prescindere dalla litigata e tutto i postumi sono stati decisamente devastanti e il suo stomaco sembra minacciarla di ammutinamento se dovesse anche solo pensare di bere ancora. Mai più proprio. Vediamo fino a quando durerà almeno. Sorride affilata alle parole successive, la osserva puntando su di lei gli occhi rossi che ora si fanno decisamente più accesi, interessati, una luce in essi suggerisce che a qualcosa lei ha già palesato. Non importa quanta paura possa avere di ciò che sta fuori, tutto ciò che le è successo le da una singola tremenda certezza <le bestie non fanno preferenza> replica appena mostrandole affilata parte dei denti <sarebbe un vero peccato se dovesse incappare in una di esse e morire> semplice, lineare ed efficace. Non serve nemmeno colpire solo esporla. Lascia però la maggior parte di quel piano nella sua mente, non ha certo intenzione di sporcarsi le mani, solo provare ad affrontare la sua più grande paura, anzi no la terza, per togliersi di mezzo qualcuno che continua a vedere e percepire come nemico. L’ultima domanda, infine, la porta a stringere il collo della bottiglia con entrambe le mani. Si abbassa lo sguardo su di essa e ora anche il suo stomaco ha smesso di lamentarsi, fissa il vetro a lungo mentre nel silenzio la voglia di buttarla tutta giù senza nemmeno respirare sale e cresce <niente> replica appena. Ora la bottiglia si avvicina alla sua bocca, le labbra si spalancano come se avesse appena deciso, rinunciando a qualsiasi tipo di resistenza, inclina il contenitore così da far riversare nella sua bocca, nella gola e successivamente nello stomaco, una gran parte di quel liquido ambrato ed amaro. Un lungo sorso quello che viene fatto. Deglutisce più volte prima di fermarsi, darsi una controllata e abbassarlo <mi ha abbandonata> non ha altro da aggiungere. No dovrebbe dire tante, tantissime altre cose ma non sa affrontarle quindi le soffoca dentro di lei <ma sto Ryuuzaki è stato avvisato?> cambia ancora discorso senza soffermarsi troppo su Fuji e tutto il casino

19:18 Nene:
  [Capsule Apartment] Non attinge - non adesso. Non aveva nemmeno voglia di birra a dire il vero, ma se la ritrova in mano come se fosse oramai un abitudine per cullarsi un sonno totalmente interrotto dall'arrivo dell'altra. E' benvoluta alla fine, è stata lei ad invitarla. E allora perchè ora si sente più nuda del solito? Come se fosse nella posizione d'esser giudicata e criticata, di esser capita. Ah, questo le ricorda qualcosa. Capiscila. Non è una cosa che si fa' con così tanta facilità, ed avere la pretesa che Nene possa comprendere qualcuno - è talmente utopico e presuntuoso, che l'ovattato della voce di Saigo le carezza le orecchie ma non penetra oltre il padiglione. Fuji di merda. Se lo ripete a denti stretti, lui - sul suo cornicione del cazzo. Con lo specchio rotto. Chissà poi perchè ha sentito il bisogno di scrivergli, e di rileggere almeno dieci volte quella risposta salvandola nei preferiti. E poi perchè chiamarla Orsa Maggiore. La fa' arrabbiare. Forse voleva intendere che era grassa, o forse aggressiva. Gli occhi si carezzano le gambe tenute pigramente allargate - ora puntellate con i talloni sul bordo del divano. No, non può definirsi grassa. Aggressiva? Quel che è necessario per sopravvivere nel distopico desiderio di portar avanti un eroismo che maschera egregiamente la propria amata carneficina. Smetti di stringere il collo. L'ultima. Non è vero. Sorride. La sua fiamma. Potrebbe dire con puerile semplicità d'innamorarsi di Saigo così come s'innamorò di Nobu, quando questo combatteva al suo fianco. Lo sguardo fissa il vuoto sul suo volto... E tutto quello che ha detto, è stato letteralmente buttato in un cesso metaforico e poetico - un po' alla Bukowski. Si bagna le labbra d'amaro, tostato - il fegato piegato da terribili abitudini rantola ricordandole che sarebbe meglio mangiare. Dovrebbe mangiare anche Saigo? E perchè dannazione si preoccupa? " Hai fame " E' una domanda, ma ha la stessa melodia di un imposizione - hai fame, l'ho deciso io. A dire il vero nella sua testa suonava amichevole. Dovrebbe annaffiarla. Uhn, no, Saigo non è un fiore. E' stato avvisato Nobu? Una scrollata di spalle risponde brevemente a quella domanda, non le interessa. Ne è convinta. Le sta parlando del tempo e del meteo tra una settimana. Fa' freddo, ma quando arriva la primavera? Ah, marzo è pazzo, lo dicono tutti. Discorsi di circostanza per cui non ha tempo ne' cuore, insofferente. Non al lavoro, sia chiaro. Non a Saigo. Ma all'interessarsi. E' talmente banale e basica da comprendere il massimale di un discorso che può riferirsi eventualmente ad una domanda ed una risposta. Non un eventuale argomentazione a riguardo. Chi dovremmo scegliere? Ryuuzaki, perchè ha talento. La rossa dovrebbe morire. E' stato già esaurito il discorso, da parte di Nene - e invece Saigo ci si aggrappa. Circostanziale. " Perchè, Saigo? " ... " Il nome, intendo. Perchè, Saigo? " Una mole barcollante - con le labbra lucide di birra e l'occhietto vispo pigramente assonnato. Inflessibile. Le spalle tornano ad allargarsi, le gambe a reggersi ritte e maculate. Fanculo la stanchezza. Però zoppica. Si ricorda di Fuji - ride. Soffoca la risata nel palmo che regge tra indice e medio il collo della birra, avvicinandosi alla credenza. E' così piccola Saigo. Un soprammobile meraviglioso. Saigo. E' anche un bel nome, l'ultima. " Perdonami. Zoppicare mi ricorda Fuji. Mi ha scritto, sai? " Si appoggia con il bacino al top color crema - allungandosi verso un pensile laccato bianco - premendolo per farlo aprire da solo. Ramyun. Udon. Ramen. Un sacco di barattoli di piccante in scatola. Tira giù due udon con carne, chiudendo l'anta con un colpo del polso. Molla lì la birra. " Mi ha raccontato di una che gli piace. E' assurdo. "

19:45 Saigo:
 La birra discende in quello stomaco completamente vuoto, la digestione è stata terminata da tempo e poi c’è da ammettere che per quanto si sia già presa una bella sbronza è tutto tranne che avvezza all’alcool lei, non ci vuole tanto prima che senza i suoi muscoli rilassarsi, le gambe come di gelatina. Scioglie la loro presa, le cosce che ora si affiancano l’un l’altra e le ginocchia si distendono appena lasciando scivolare in avanti i piedi. Fissa le calze in quel silenzio che ha cercato di spezzare parlando d’altre, attende una risposta nella speranza che la loro non sia una vera amicizia, che non sia interessata a quello che è successo, una boccata d’aria. Tesa davanti a quel burrone, parlare di quello che è successo non è esattamente nei suoi propositi di questo mese ma è andata ugualmente in quella casa ben sapendo che sarebbe potuto accadere, perché? Non è interessata allo sfogo, a modo suo l’ha già fatto. La sinistra scorre verso l’avambraccio destro, lo agguanta con forza e stringe la presa senza però procurarsi davvero dolore, il solo fatto di saperlo, di conoscere quel segreto che da anni serba soltanto per sè stessa adesso basta <si?> alza lo sguardo, una frase così fuori contesto che la sorprende, non comprende nemmeno se si tratti davvero di una domanda, si limita a lasciar correre lo sguardo sull’altra osservandone i modi di fare e cercando di decifrarla. Egoista parla sempre lei, dei suoi pensieri, di come pensa di dover stare ma non si ferma mai a riflettere su come possano styare gli altri. Non la capisce. La fissa silenziosa e con un punto di domanda ancora stampato sulla bocca, un’affermazione che suona invece come un’interrogativo e viceversa. Forse sono strane entrambe o forse appare così solo ai suoi occhi, cosa potrebbe mai saperne lei? Non ha amici da almeno dieci anni e ormai con il marionettista pensa di aver chiuso. Non può definirla amicizia, l’ha abbandonata senza preoccuparsi di capire come invece lei ha sempre fatto, le ha vomitato addosso tutto l’odio andando a sommarlo a quello che già prova normalmente per sé stessa, arrivata al punto di rottura ha fatto la cosa che le riesce meglio: se ne è andata. Questa volta però non riesce a pentirsi di quella decisione, non ha bisogno di lui, non ha bisogno di nessuno, nemmeno di Nene adesso, s’illude di potersi alzare e salutarla come se nulla fosse. La birra torna alla sua bocca, scorre sulla sua lingua in quel lungo sorso di coraggio liquido che assume per poter sovrastare tutto il rumore nella sua mente, preferisce il ronzio ai suoi pensieri, alle sue urla e al suo dolore <perché è ciò che sono> replica semplicemente <ultima>. Non ha smesso nemmeno un secondo di fissarla nei suoi movimenti <ultima sopravvissuta> spiega poi semplicemente <di una classe intera> quanto era diversa dieci anni fa, che bambina raggiunte e splendente. Non era la più forte tra i compagni ma era la più amata, piena di amici sempre pronta ad aiutare gli altri, sempre disponibile. Aperta al mondo e tutti, a guardarla ora sembra incredibile. Rabbia. Un sentimento che prorompe con forza e la sommerge. Solo sentore quel nome la fa incazzare. Non vuole più stare lì, non vuole spaccare anche la sua di casa, eppure resta immobile raggelata quando si rende conto di un secondo sentimento che si accende sentendo la frase di Nene: gelosia. Brucia nello sguardo, in quelle mandibole che si contraggono e nelle mani che si serrano una intorno ad un braccio ancora ferito e l’altra intorno a del vetro <non me ne frega un cazzo> lapidaria, decisa. Non sta ammettendo repliche. Vorrebbe dire davvero tante cose ma le parole si affollano sulla sua lingua ormai più sciolta per via della birra, una rincorsa per ciò che dirà prima di tutto che blocca l’interno discorso <che vada a rovinare la vita a quella ragazza. Che abbandoni pure lei o che faccia la fottuta vittima. Se si uccidesse davvero farebbe un favore a tutti> non lo pensa ma vorrebbe tanto crederci. Non vuole che muoia davvero, altrimenti non terrebbe la chiave lì sul cuore ma è arrabbiata. Si sente doppiamente tradita ora che scope che ha scritto a Nene, le ha detto cose che a lei non ha mai raccontato, pugnalata per l’ennesima volta. Non erano forse amici? Non avevano detto di essere soli contro quello strano mondo? Ha mai avuto qualche valore per lui? O è semplicemente sempre stato il porto sicuro e troppo stupido per andarsene? Lo vuole morto, non lo vuole più nella sua vita ma una parte di lei lotta per il contrario, è gelosa del fatto che loro si parlino quando lei è stata lasciata andare come se non avesse alcun valore. Lo odia ma non vuole. I contrasti si rincorrono in lei, si fanno la guerra e la lasciano poi stremata senza un reale vincitore. Un nuovo sorso di birra e la finisce questa volta.

16:13 Nene:
  [Lì, coi Noodles] E' assurdo non avere neanche un orologio attaccato alla parete - ma effettivamente non è mai stata propriamente il tipo di persona che s'interessa del tempo. Stringe - in ogni caso, così come dice il detto. Un bianconiglio tutto nero che cerca la sua via di fuga, per poi fuggire molto scioccamente pure da essa. Il chaos. Si trova così bene nel suo habitat naturale - si muove con una spigliatezza inaudita e totalmente scontata se razionalmente vogliamo vederla come una giovane donna, nel fiore della sua tarda adolescenza, che risiede in un buco d'appartamento giusto al fine d'ammassare i non-ricordi sulla metaforica sedia che abbiamo tutti in stanza. Eppure, nonostante questa casa sia pregna di lei - d'affetti ce ne stanno due mezzi accartocciati sul tavolo. Non s'è curata di nasconderle niente, non le interessa ch'essa riveda alle sue spalle le foto del suo ragazzo e si sua sorella. Strappate. Messe in secondo piano. Ma ancora lì, come se non volesse separacisi. La voce di quella fragolina è un eco in orecchie che rimbombano, sotto la pressione d'un oceano che la porta in basso, la frantuma con inaudita violenza - solo per poi lasciar emergere una meravigliosa carcassa con il viso rivolto a quel baluginio di sole. Il tiepido amore d'un ricordo, d'una speranza. E cosa siamo, se non questo? Cosa siamo, se non la speranza di vedere giorni migliori - o di consumarli, se li stiamo vivendo, nel maggior tempo possibile? Tutti ci muoviamo verso questa grande fine e questo, lettori, ci rende incredibilmente umani. Le ciocche umide fanno la guerra, le sfiorano la nuca - lasciano che un pugno di lettere e numeri si metta in risalto da quella canottiera che non nasconde niente. Un paio di culotte dello stesso colore ciondolano nascondendo egregiamente la sua pesca - s'appoggiano al piano cottura elettrico in un nero opaco. E' assurdo pensare come l'abbia accolta - e pensare che si senta con essa, così indicibilmente intima. No, tranquilla, nessuna delle due dichiarerà un amicizia. Nessuna delle due punterà il dito verso l'altra, ammettendo l'affetto - questo germoglio nefasto - che potrebbe far sbocciare un fiore sull'asfalto. Nessuno oserebbe tanto. Eppure --- è così a suo agio. La sente muoversi, parlare, arrabbiarsi. Come se il sangue di Saigo le fluisse nelle tempie e lì - possa sentirlo pulsare furiosamente. Rabbia. Dolore. Possono esser complementari, amabili compagni, e questo Nene lo sa' bene. Il silenzio è il nuovo assordante rumore. Il bagliore della televisione posta sulla fiancata di ambo i divanetti sembra giocar con la penombra e con il rossore che arriva dalla vista magnifica che s'è scelta. Delirio. Urla. Brusio. Non si è mai tranquilli quì, non siamo mica all'oasi. A volte tutto questo rumore, sembra alzar la voce e sopprimere i pensieri. E questo le piace da morire. Non cambierebbe per niente al mondo, non adesso che ha bisogno di rumor attorno per zitttirsi la testa. " mhn... " Una doppia spunta blu alle sue parole, ed il metallico riversarsi d'acqua in un bollitore sembra un azione complessa compiuta miliardi di volte. Come uno chef stella d'innanzi al taglio di una t-bone. Ma a conti fatti, sta solo spillando acqua che sarà vagamente depurata. Fa' caldo, un caldo infernale. E' ironico associarla alla salamandra che è - rendendole il sangue tanto gelido, da necessitare di questo calore per sentirsi a proprio agio. Pur apparendo tremendamente polare. Il collo da cigno si piega, accompagna un colpo di dorso sul pomello del lavandino per chiudere l'acqua. Il rubinetto perde odiose gocce. Di nuovo. Le da' in testa. Però, non è l'unica cosa. " Il curioso caso di crear degli alterego sta sfuggendo di mano. " E di per se, il tono lugubre ed annoiato con cui lo dice - potrebbe raccontar di una manciata di parole dette senza fondamento alcuno. Fuji, e il pezzo di se' reclamato.Nobu, il signor Nessuno. E Saigo. Ma aspettate tutti: " Saigo chi è? " Non la guarda, come se avesse cambiato argomento. Come se volesse stringerla tra le sue braccia e cullarla verso lidi dove nessuno può toccare ciò che ha creato. Ma se ha creato qualcosa, allora - cos'ha creato? Una matassa di nodi e sorrisi, di passi alla volta di una direzione dove lei s'è proclamata l'ultima. Ma lo è davvero? E allora, Fuji? E' morto lì, in quel massacro. Avrebbe potuto chiamarsi Saigo anche lei, ora che ci pensa. Ma sarebbe stato uno sfregio al suo plotone - e poi, che si fottano. Non ergerà il suo prezioso nome in loro onore. Erano una branca di coglioni, maniaci e depravati - quelli arrivati in frontiera. Gli altri erano parassiti inutili della società. Deboli. Qualcosa di non troppo differente da Fuji, alla fine. Almeno lui è sopravvissuto, quasi. Il piegarsi successivo del collo decreta uno scoppio tra le ossa del collo, un sollievo fallace le fa' rabbrividire la schiena, lasciando che sia il fornello a cantare. " Chiaramente, la prima cosa che è stata Saigo - è esser l'ultima. " La nascita di quel nome, le riversa gli angoli delle labbra verso il basso - in una smorfia che vuol sottolineare l'ovvietà di quel che dice, e spronarla a raccontare quel personaggio che interpreta -- sì, ma che ha enormi falle. " Però, poi?" ... "Ti sei sentita meglio, suppongo. Esser Saigo, e non più chi eri prima - deve pur averti dato qualcosa. Altrimenti non vedo perchè cambiare nome." Anche lei lo ha fatto, arpia ancorata ad una realtà fallace - certo, KK21 non le si addiceva tanto. "Cazzo che voglia di pollo fritto, lo ordiniamo?" ... "Quello dell'AllFry mi fa' bagnare, mi cerchi il numero sulla rete?"

16:31 Saigo:
 La osserva, mentre l’odio e la rabbia ribollono in lei, la punta di gelosia la spinge ad osservarla ancora. Perché è stata sostituita con così tanta facilità? Cos’ha Nene in più di lei? Tanto è la risposta più naturale che si affaccia alla sua mente ma c’è altro, morbosa vuole capire esattamente cosa, non le basta una risposta generica. La osserva in ogni suo movimento senza mai focalizzarsi su qualcosa di particolare per troppo tempo, registra e studia ogni dettaglio annotandosi quella miriade di differenze che esiste tra loro. Non odia lei ma solo colui che la sta spingendo a provare quel sentimento, non è altro che un calzino vecchio che è stato usato e poi buttato, lo aveva già realizzato ma continua a fare male, anche se non è la prima volta in lei risiede quella flebile speranza che la spinge a credere d’essersi sbagliata quando poi davanti alla sua faccia vede solo prove del contrario <sono io> replica ignorando tutto il resto. Oh no non è una doppia personalità, non è un semplice tentativo di stare meglio, anzi quel nome la fa soffrire ogni giorno come se fosse stato il primo, ricorda a sé stessa la debolezza di cui è fatta. Stringe la sinistra su quel braccio, il tessuto che si porta verso la cicatrice, ormai senza alcuna benda a proteggere l’ustione in via di guarigione <chi ti dice che abbia cambiato nome> replica con altrettanta sicurezza. Non si tratta solo del nome e sentirsi criticata ora la fa infiammare. Sono uguali quei due. Che errore avvicinarsi tanto a Nene, che imperdonabile sbaglio eleggerla a sua alleata e permetterle di ferirla, si era ripromessa che non sarebbe più successo ma non è così. La colpa però alla fine è tutta di Haru e delle stupidate che le ha messo in testa, avere dei legami non è mai bello, non porta mai a niente di buono come può non vederlo. Mascella contratta, occhi infiammati e la birra ormai vuota in mano, non si alza e lascia che l’alcool detti la maggior parte dei suoi pensieri, potrebbe lanciarle la bottiglia addosso? Sposta gli occhi verso il vetro, calcola la distanza con Nene, la sua posizione e riflette. Sarebbe una mossa corretta? No. Lei non la conosce davvero, non ha idea del mare nero nel suo cuore ed un gesto simile potrebbe portarle più problemi che vantaggi. A lungo resta fissa su quella bottiglia lasciando che la rabbia monti in lei. Come osano quei due giudicarla, le figura si sommano ad una sola, come osano trattarla così, aver da ridere sul suo cambiamento, su ciò che è diventata. Saigo non è un cambio nome, lei è rinascita, lei è cambiamento lei esiste anche più di Manami. La piccola Manami non è nulla più di un’illusione del passato. Probabilmente è stato Fuji a rivelarle tutto, insomma si parlano ed è probabile che l’abbiano presa in giro per questa sua decisione. Non è in grado di trovare qualcosa di meglio, nemmeno lo merita ma può almeno sperarci <prenditelo da sola quel cazzo di pollo>. Si alza di scatto. Fa caldo, in testa un fin troppo familiare ronzio, si muove per andarsene. Evita il tavolino e distoglie lo sguardo dalla Doku, non va più bene, non starà ancora a quel gioco, non si farà usare da quei due, non si farà mai più buttare <e poi soffocati con quel coglione>. Odio nella voce. A questo punto si alza anche la maglia, va a mostrare la crosta dell’ustione sul braccio destro, all’interno dell’avambraccio ancora la pelle sta cercando di ripararsi. La mano sinistra che si serra invece sul gomito resiste al suo più grande desiderio per ora <dai così potrete ridere anche di questo> la rabbia supera persino il livello della birra che ha buttato giù tutta insieme e a stomaco vuoto. Che muoiano entrambi, mano nella mano mentre ridono di lei

17:19 Nene:
  [Lì, coi Noodles] Voleva solo del pollo fritto. Poi il lavandino perde. E tutta questa rabbia che defluisce alla sua volta le fa' venire un grande mal di testa. Una fitta la trafigge da parte a parte nel cranio, parte dall'occhio destro, l'eviscera la materia grigia, ed esplode sinuosa in un alzata di mano che vuole volgere alla furia di Saigo il metacarpo pigramente allungato in un cenno. " Ma smettila cazzo " Non è manco arrabbiata, alla fine - dopo Nobu, non lo è più stata a lungo. Non saprebbe nemmeno dire se fosse veramente rabbia, o solo dolore un po' troppo impetuoso. Non la tratta male, come lei stessa può vantarsi di aver fatto con questo corvetto. Anzi, ha un tono esausto, trascinato fuori dalla gola con l'impeto che d'impeto - non ha proprio niente. Lo dice e basta. Strozzatevi insieme. Così potete ridere anche di questo. Volgendo la metà del viso a lei, nascosta tra varie ciocche d'ebano, s'indicherebbe con l'indice la parte bassa del viso. Nessun sorriso. Di cosa sta parlando? Potesse essere sua compagna di viaggio, probabilmente, riderebbe davvero di tutto quello che pensa. In modo sconsiderato e brutale, o forse starebbe a quel punto ridendo con lei per rendere palese e plateale quanto sciocco e contorto sia il pensiero. " Non sto ridendo. " Goccia dopo goccia il lavandino la porta a perdere la pazienza, a voler stringere con un po' troppa forza su quel che era una manopolina di ferro che le rimane in mano, in parte arrugginita a livello di tubature, lasciandola pigramente innervosita. Ecco, ora sì. Il sopracciglio par un corvo in volo - si solleva - si abbassa, si solleva. E per assurdo non la smette nemmeno di gocciolare. Basta, Nene, focalizzati. Il rubinetto di merda. Ah, no, non sul rubinetto. Su Saigo. La guarda mentre s'issa, alza la maglia - si fa' statua di derisioni che non esistono. Nene non ride. E' solo incazzata per il rubinetto. E poi l'acqua non bolle. E vorrebbe del pollo fritto. Così minuta e confusa, con quella manopola in mano - gira mansueta il busto verso di lei. La bruciatura, la pelle, il dolore. Blackout. Devono esser passati troppi minuti dove lei, è divenuto solo un telo su cui riflettere qualcosa d'interessante. La manopola in mano è caduta a terra, mollemente rigettata dalle dita che non hanno più desiderato stringerla. E' un po' l'emblema di lei - desiderare fortemente lasciare andare le cose prima che possano star male al suo fianco, o prima di poter stare male lei anche solo stringendole un po' troppo. Lo fa' sempre. Ma questo ora non c'entra. Dieci minuti possono bastare? Da quando, le interessa cosa fa' Saigo, o Fuji, o qualsiasi altro dannato essere umano. Realizzar l'interesse e l'empatia è uno schiaffo in faccia, incapace di far qualcosa che possa riparare. " Mi ha detto che aveva fatto un macello, credo che il tuo nome un po' l'abbia ferito. E poi mi ha chiesto un favore, ma io non so' farlo. Non so' dare gioia alle persone. E poi, io e te, siamo solo alleate. Credo ci abbia fraintese. " ... " Mi ha scritto perchè pensava fossi tua amica. " Che ridere, eh? Fraintese in pieno. Però almeno ha ripreso a parlare almeno. Le gambe nude sfilano via dal bollitore che strilla come un pazzo, non le frega granchè - vorrebbe solo avvolgerla tra le bracce. Ti ricordi quella volta, nella tua dimensione? Era stata bene. Sì, ma lei non è Saigo. Le leve superiori si porrebbero ad avvolgerle il costato, le falangi ad abbassarle la maglietta - a coprire quello sciempio che s'è causata. Cos'hanno i suoi amati fiori. Dovrebbe darle dell'acqua. Ah, no, non è un fiore. Però la stringe, con quelle spalle d'atlante. Fosse riuscita, porterebbe medio e anulare ad abbassarle la maglietta, sistemarla - ma non è un gesto dolce. O forse sì, ma neanche il narratore di questa storia lo vuole ammettere. Poi pensa al pollo fritto, caldo, speziato, croccante e tenero dentro. Forse anche lei e Saigo, sono un po' un pollo fritto. " E' un po' una testa di cazzo. E' anche un po' un mollusco. Ha solo sbagliato. O magari avete sbagliato in due. E io non sono in grado di fargli quel favore. " Un sospiro di voce, le spalle si spengono - finirebbe per rimanere lì - levar la destra ad accarezzarle la nuca, i capelli. E' tutto okay. E' in grado di tenere i frammenti insieme - o forse non dovrebbe essere lei a farlo. Eppure c'è questo istinto, questo desiderio. Se lo avessero fatto con lei, ora forse, sarebbe un po' meglio. Espira. Il petto s'abbandona all'amarezza di non esser in grado di fare niente di quello che le potrebbe essere chiesto. Un animale. Istintiva. Vuota. Stanca. Ah, e a proposito - ha anche fame. " Non mi fare arrabbiare, sono stanca, non riesco a picchiarti ora. " Sarebbe lo zimbello del plotone d'esecuzione, se si sapesse che è stata Saigo a picchiarla. A pensarci, le scende una gocciolina sulla fronte. Affranta. E poi-- il pollo? Ma basta, concentrati. " Dimmi cosa è successo, la testa di cazzo ha detto che ha fatto una battuta che ti ha fatto schifo. State esagerando. " [la morte di n3n3n3]

17:40 Saigo:
 La sua mente tenda da sempre ad ingigantire tutto e sminuire lei stessa ma forse il viaggio mentale di oggi è andato ben oltre. La interrompono le parole di Nene, ben di verse dalla reazione che si sarebbe aspettata. Chiude le labbra e lascia che si avvicini, la speranza, quella brutta stronza, sta ritornando a prendere il sopravvento sul resto delle emozioni e così resta passiva in attesa d’essere menata o soccorsa, le andrebbero bene un po’ entrambe le soluzioni. Passiva si fa stringere, lascia che lei nascondi il segno sul suo braccio e inclina appena la testa di lato. Non capisce. La osserva perplessa lasciando che in faccia le si legga come tutto quel castello di carte che si è fatta in mente stia pian piano svanendo. Effettivamente c’è qualche collegamento logico che manca, Nene può sembrarle tante cose ma non così costante da portare avanti un doppio gioco e Fuji? Oh sì lo odia ma l’avrebbe ignorata prima ancora di sprecarsi e prenderla in giro. Che idiota. Assiste alla scena come se il corpo non fosse suo analizzandola dall’esterno e sentendosi terribilmente stupida. Non Ci sono grandi movimenti che vengono compiuti da lei mentre cerca di comprendere istante dopo istante cosa stia succedendo. Appena le è possibile estrae il cellulare e si mette a cercare il ristorante nominato poco prima. Beh almeno quello può farlo per scusarsi <solo ali di pollo?>. Resta lì in piedi mentre la destra regge il suo cellulare, lo schermo che le illumina il viso pallido donandole tonalità più sul blu a causa del layout del sito su cui sta navigando. Lei intanto sfoglia il menù andando semplicemente a farsi un’idea di quello che potrebbe trovare. Passano lunghi istanti mentre quella domanda resta sospesa ina ria e la conversazione prosegue. Usa il polpastrello dell’indice sinistro per scorrere fino al numero di telefono. I capelli come una tenda ricadono ai lati fornendole in parte una privacy durante la scelta. Alza poi lo sguardo, senza tornare a raddrizzare completamente il volto, muovendo solo le sue iridi e cercando la figura dell’altra <?> una domanda silenziosa che si protrae in quel momento, la pone solo con lo sguardo lasciando ancora in sospeso. Intanto il dito sinistro clicca sul numero e la chiamata parte. Raddrizza l’intero corpo e la mano destra si porta verso il suo orecchio. Gli squilli iniziano come un conto alla rovescia. Intanto l’altra ha tempo di decidere cosa vuole da mangiare e dirglielo <una battuta?> ancora più confusa <mi ha letteralmente abbandonata, dato della traditrice, accusato di rompere le promesse, insultato e offesa in tutti i modi possibili e cosa c’entra il nome Nene? Mi chiamo così da anni> non ha cambiato certo ieri, ma quando era effettivamente rimasta l’unica Ninja <anche se sì ha detto che avrei dovuto ucciderlo così avrebbe avuto un senso il mio nome ed il mio atteggiamento> fa male ripeterlo e sul volto si disegna un’espressione disgustata, schifata dall’odio che le è stato riversato sulle spalle, un sentimento con cui si ricopre da sola ogni giorno <l’unica battuta è che è una merda ma profuma> davvero? Beh sì l’ha detto e sorride, ci prova lei a nascondere il dolore. Insomma non sono amiche, lo ha detto anche Nene, sono alleate e per questo non deve mica buttarle i suoi problemi addosso. Un legame è un legame ma essere alleate le permette di nascondersi dietro alle solite maschere e lasciare il dolore solo per lei <sì buonasera> oh finalmente hanno risposto. Torna seria e la fissa, tu cosa vuoi Nene?

18:12 Nene:
  [Lì, coi Noodles] E' tutto tornato a sopirsi - forse il suo esser un mare in piano, ha trascinato Saigo a sua volta? Forse, vedendo le correnti così piatte - lei stessa ha voluto cullarsene. O forse è stato perchè le ha detto di non farla arrabbiare. Può essere tutto e sinceramente, i pensieri di Nene si ritrovano incastrati in un malsano bivio tra la rabbia del rubinetto che ora è rotto. La manopola a terra rimasta lì. E il pollo fritto. Come quando hai una voglia lancinante e improvvisa e non puoi fare a meno di soddisfarla, prima d'impazzire. E' più o meno così. Il drappo abbassato sulla manica nasconde tutto, mette un bel velo di cipria sui lividi. Non troppo dissimile dal sorriso di Saigo. Probabilmente sta meglio così, e perchè lei dovrebbe imporle di togliersi la maschera? Di vestirla da amica, quando ne una ne l'altra - è davvero pronta a fare questo passo. Insieme. Vieni a casa mia. Le mie chiavi di casa, sono lì. Stai da me. Perchè non sorridi, perchè non combatti? Un susseguirsi di domande e situazioni le si ripropone d'innanzi agli occhi non appena solleva il busto ad abbandonar il corpicino della rosata - lasciarla guardare lo schermo, scegliere, isolarsi tra le ciocche biondo fragola che le consolano i tratti. E' tutto un fraintendimento, non vuole mica bene a Saigo. Non vuole mica avere rogne. Non vuole nemmeno aprirsi e non vuole farla stare meglio. O forse sì. Forse ha iniziato e non se n'è accorta. Ma non è un suo problema, oggi. Ci pensa. La guarda. Fuji è suo amico? Decisamente non lo è. E' qualcosa di peggio, qualcosa che un po' le da fastidio. E qualcosa che c'è inevitabilmente. Fuji ha acceso la luce, non può esserle nemico. Saigo? Saigo, forse, un giorno. Ma non vuole pensarci adesso. "C'è il menù con il cestino per due, con il gelato quello buono. Quello con sopra la granella di nocciole e il cioccolato. Però digli di muoversi a venire e di tenere il gelato a parte, se ce li consegna sciolti glieli ficco nel culo." Un eseguirsi lineare di parole, di luci provenienti dalla televisione che le riflettono addosso le ultime notizie date da quella che francamente è una cessa assurda. AH, gli udon. Non se la sente di prepararli adesso, se arriva il pollo diventano scotti. Comunque quando parla, sembra che la goccia repentina che s'abbatte nel lavabo sparisca quasi del tutto. La ascolta. Fuji? La confusione le si dipinge sul viso - ed anche un sorriso sarcastico. " Che? " Stranita pigola fuori dalla trachea. " Ma che dici, quell'invertebrato? " Una mano spalmata sul viso le stropiccia le rughe inespressive, mentre abbassa il voltaggio del bollitore facendolo gorgogliare pigramente. Fuji non direbbe mai cose del genere. Balbettava quando le chiese di andarsene e di smettere. Poi, dopo quel giorno, ha smesso di balbettare. Anche nel video sembrava sicuro. Forse, veramente, le ha rubato qualcosa. Si sente nuda, derubata - si tocca il petto. E forse, poi, si sente anche un po' fiera. E poi muore tutto. Ha ferito Saigo? " Ha detto: Perchè chiamarsi Saigo? Io ero vivo. " Non ne ha idea ed infatti, mentre il viso viene riportato alla televisione e la bocca alla sua birra abbandonata - e nemmeno più tanto fredda, ripensa al suo messaggio. Ripensa all'egoismo di perder l'eroe che s'è costruita. E forse, una parte di se stessa - si sta chiedendo se forse quello che ha regalato a Fuji, nella sua vita - non dovrebbe esser in realtà il ruolo di Nobu. No, Nobu -- lui ha bisogno che sia lei, l'eroe. E forse, effettivamente, lei non ha bisogno d'eroi. Forse è solo gelosa, o meglio - invidiosa. Anche lei vorrebbe avere qualcuno a cui aggrapparsi. " ... " No, non è vero. Sta bene così. "Tu cosa gli hai detto? O fatto? E' stato un po' cattivo." Parla lei, poi - che semina cattiveria come se ne avesse un po' troppa e non sapesse dove metterla. Un sorso. Che schifo. Il pollo, ah sì. "anche le crocchette-- aspè è un tipo giovane? Fai la voce un po' accaldata, un po' ansimante che ci fa' lo sconto!" Becera, con un filo di voce - allungando collo e vista su Saigo che è al telefono. In agonizzante attesa.

18:35 Saigo:
 Annuisce annotando mentalmente quell’ordine, sì dai ha voglia di gelato anche lei, un po’ di dolce non potrà che fare bene al suo umore e a quella birra in circolo che la spinge a desiderare tutto il cibo sul menù. Si ridimensiona ascoltando le parole dell’altra e resta attaccata al suono vuoto di quel telefono che squilla. Il discorso intanto prosegue tra le due, riesce a dire cos’è successo a fare quella strana battuta che porta del rancore con sé e poi squilla. Sta per proseguire, effettuare l’ordine quando la ragazza aggiunge quel dettaglio. Ecco cos’ha Nene in più di lei, quell’abilità di aver a che fare con i ragazzi. Panico quando le viene detto come agire, cosa fare per avere dello sconto e semplicemente lancia il cellulare verso la doku. Non l’avvisa nemmeno reagisce solo lanciando il più lontano possibile quella che ora per lei è diventata una patata bollente. Cosa vuol dire ansimare al telefono siamo pazzi? Il viso diventa completamente paonazzo, ma figurarsi se sarebbe mai capace di fare una cosa simile, no non ordina lei. Usa la sua poca coordinazione e forza solo per lanciare il cellulare verso il petto di Nene sperando che sia lei a fare il resto, lei si limita a fissare come la fonte di pericolo ed imbarazzo maggiore le si allontani <tu> replica con la faccia completamente rossa. Dannato pallore che non le permette di mascherare l’imbarazzo<anche io voglio il gelato> puntualizza, sia mai che si dimentichino il suo. In questo momento è diventata la distrazione maggiore riflettere sul cibo. I ragazzi non fanno che ignorarla e deluderla meglio lanciarsi sul cibo, lui sì che non tradisce o delude mai. Anche se poi probabilmente si vedrà troppo brutta e grassa e dovrà recuperare con l’esercizio fisico, ora che non ha più il progetto di quel reality show deve tornare ad usare la sua bellezza per trovare lavoro, non si sopravvive con il suo appartamento solo con lo stipendio da agente scelto. Adesso, mentre l’altra è al telefono le è possibile finalmente parlare di altro, continuare il discorso principale appena iniziato <cazzo c’entra lui> sbotta appena <era già genin non era più uno della classe> spiega molto velocemente. Già l’unica sopravvissuta di quella classe è lei, lui è solo l’altro ad essere uscito vivo da quell’attacco <egocentrico del cazzo> ribolle di rabbia, ancora non le è passata e per quanto si ostini a considerarlo morto non ragiona davvero in questo modo, altrimenti adesso parlerebbe di lui al passato, senza nemmeno rendersene conto si aggrappa a quel sottilissimo filo che è rimasto tra di loro, un filo che vede al centro Nene <io gli ho spaccato casa> ammette senza alcun rimpianto <tu cosa faresti se dopo che il tuo unico amico che ti ha sconvolto cercando di baciarti sparisse?> spaccare casa. Il ragionamento fila perfettamente nella sua mente, un lato di lei che non aveva mai mostrato all’alleata, quella violenza che risiede profonda in lei e che trova sfogo in cose di questo tipo <poi gli ho detto che avrei preferito non salvarlo> scuote le spalle <ma è vero. Se avessi salvato altri forse non avrei passato la mia vita a correre ad aiutarli per poi venir buttata via come spazzatura> se ne pente invece, non ha mai pensato davvero una cosa simile, non si è mai pentita di ciò che irrazionalmente ha fatto quel giorno. Avrebbe voluto poterli salvare tutti, avere la forza per trascinare al sicuro tutta la classe ma lei non è altro che uno sputo, qualcosa di masticato ed avanzato che non possiede nemmeno il potere per resistere al vento avverso <l’ho mollato io Nene, non merito le lodi ma avrei meritato altro. Lui vuole essere l’eroe del mondo ma non ha problemi a calpestare me> abbassa lo sguardo. Non ha più fame, le si chiude lo stomaco <hai altra birra?> si muove adesso verso quella piccola cucina, ha solo voglia di bere e affondare ancora una volta nell’alcool, nella mente offuscata, piangersi addosso, ferirsi e magari questa volta trovare davvero il coraggio di farla finita, tanto che valore può avere restare in vita? <io l’ho salvato per tutta la mia vita ma lui ha comunque scelto di guardarmi affogare> lo ha fatto? Non ha ricordi chiari di quella sera, forse le ha detto addirittura di volerle bene, ad un certo punto è quasi sicura che abbia fermato la mano che la stava ferendo, eppure l’unica cosa chiaramente scolpita nelle sua mente sono le parole con cui l’ha spinta ad affogare, tenuta sul fondo fino a quando è stata costretta a ribellarsi ed andarsene

19:16 Nene:
 Palla al centro. Il telefono contro il petto le esplode tra le mani, metaforicamente. Lo stupore sul suo viso si fa' divertente e a disagio - mentre dall'altro capo della cornetta imperia un: /Pronto?/ - no, non era propriamente pronta quindi, guardandosi un po' a zonzo depistata da un /tu/ piuttosto deciso, le viene in mente la prima cosa. "Vogliamo il gelato." Sì ma forse i dolci si dicono solitamente fine dell'ordinazione. Aspetta. Non si ricorda il menù, sta zitta. Dall'altro lato si può sentire un nitido: /Nene, sei tu? Hey dolcezza, perchè non mi hai richiamato?/ "Due menù ninjaxlarge quelli con il pollo fritto e il ramyun per due mega formaggio, con il gelato a parte." /Pronto, Nene? Dai, so' che è la tua voce, ti ho fatto una domanda!/ "Ah il gelato, quello con le nocciole e il cioccolato colato sopra. Si ma senti, mettili a parte i gelati che cazzo -- l'ultima volta erano piscio al latte. E' insopportabile. La via la saiciao." Dannazione s'è dimenticata di chiedere il totale. E mentre lo realizza una faccia dolente le si dipinge sulla pelle diafana, chiudendo gli occhi e facendosi piccola e agonizzante sul divano. Se guardate bene si può vedere sprofondare lentamente tra le pieghe. Scomparire. Venire assorta. Gli ha davvero chiuso il telefono in faccia? Ah beh non importa - c'era una motivazione se doveva chiamare Saigo. Il telefono non squilla. Non la richiamerà. Però mette sul silenzioso. Ah, ma è il cellulare di Saigo. Allora - lo guarda. Vabbè, lascia sul silenzioso, che non si sa mai. Lo abbandona lì, sul tavolino. Dopo le palpitazioni e l'affronto della realtà dove qualche cuoricino spezzato vien brutalmente abbandonato dal suo pigro disinteresse - potremmo dire che la velenista stia sviluppando un innata abilità nel ghostare le persone dal vivo. Disintegrarsi. Dislocare il proprio cervello altrove. Aspè, torniamo a Saigo che sta parlando. La piccola videocamera di ghiaccio che sono gli occhi di Nene torna a posarsi su di lei, sul suo racconto - il suo spiegare e chiedere, come farebbero due amic-- ah no. La segue però, anche quando si alza - nervosa, cerca altro da bere. "Mi sarei fatta il suo migliore amico. Ho letto su Kagepolitan che ferisce abbastanza i maschi. Ci starebbe. Ma comunque -- non ti biasimo eh. Anche io gli avrei scassato tutto." Un bieco cenno della mano vuole sottolineare quanto possa comprender quell'azione - come se fosse un umana reazione comprensibile. Qualcosa che chiunque avrebbe fatto. Proprio come respirare, espletare bisogni, mangiare. Si stringe nelle spalle, ignorando come la conversazione di prima possa suonare imbarazzante. Forse lo è. Forse Nene non si è accorta che era in vivavoce. Forse invece, è focalizzata sui movimenti alcolici di Saigo alla ricerca di qualcosa in cui affogare. In frigo l'alchol non manca - a differenza di quello che è del cibo fresco. C'è del miso però, nel suo vasetto ovale. Birra, soju, sakè ed un liquore trasparente non propriamente invitante. Quello che noi chiamiamo Gin. " Beh, da una parte se sei davvero sempre corsa da lui - sei ci sei sempre stata - e se sei quella che l'ha salvato, non è scontato che prima o poi si sarebbe innamorato di te? " Una domanda - pura e semplice, come se fosse semplicemente una conseguenza patologica di tutto ciò che è successo. Le braccia s'allargano, le falangi vanno ad intrecciarsi dietro la nuca. Lo sguardo levato sprofonda in ipotesi, in uno zittirsi della testa - di quel flusso tanto denso. Che chaos fuori. E lei sta bene. "Sai Saigo -- io credo di aver fatto la stessa cosa con il mio vecchio teammate dei cacciatori di taglie. Te lo ricordi, Nobu? Quello che è entrato con me nella Shinsengumi." Alla fine, si erano presentati assieme alle selezioni quindi - si aspetta che se lo ricordi. Anche solo vagamente. Le dita grattano la pelle, lasciano solchi rossastri - ed alla fine, si piega in avanti per alzarsi dal divano con un esile cigolare delle assi sotto. Sparisce dietro una porta scorrevole da cui il bagno, sembra claustrofobico. Piccolissimo. " Cambiare una relazione in qualcosa di più o qualcosa di necessariamente di meno - fa' sempre un po' paura. Magari ha avuto paura. Poi magari s'è sentito ferito, esattamente come te. Se tu dovessi confessare tutto il tuo amore a Fuji, e lui esitasse -- o non ti rispondesse subito. Come ti sentiresti? " ... " Ovviamente, a meno che tu non sia stata convinta - allora lì sarebbe un brutto figlio di puttana. Baciarti e sparire è da merde. O forse... Anche in quel caso, dopo averti baciato per qualche ragione -- potrebbe aver avuto paura? " La propria spoglia silhuette si muove al di fuori del contesto della sua mente. Come parla. Tanto. E' a suo agio? Forse, cerca di navigare tra le parole e l'intento di prendere la scatolina del pronto soccorso. Bianca classica, con la croce rossa sopra. Ed eccola ritornare - posarla sul tavolo, aprirla. " Smettila di cercare da bere, beviamo di nuovo dopo il pollo. Sennò poi ti fa' male la testa, ti brucia lo stomaco e diventi stupida. E odio le stupide."

19:36 Saigo:
 Per fortuna di Nene si era ben vista dal mettere il vivavoce, motivo per cui sente solamente la sua parte di chiamata, inclina appena la testa chiedendosi per qualche secondo dove sia finita la voce ansimante che invece voleva far fare a lei. La osserva lasciando che varie teorie affollino la sua mente già abbastanza confusa da sola. Intanto inizia a ravanare per la cucina altrui, soffermandosi su bottiglie più o meno conosciute, annusa tutto ciò che è già aperto cercando qualcosa che possa spegnere l’incendio doloroso che ha dentro. Ed eccola quindi quella bottiglia da liquido che pare come acqua. Se ne sta in silenzio per tutta la durata della conversazione telefonica annuendo in più punti rispetto al suo ordine ma tanto non mangerà. Lo stomaco si è chiuso <lui non è innamorato di me> replica semplicemente con la destra che si posa sulla bottiglia di gin mentre la sinistra andrebbe a svitarne il tappo <mi ha rifiutato per tutta la sua vita e ride di me> lo faceva almeno. Adesso in realtà non fa nemmeno quello. Non ha più riso con lei, ha solo ferito i suoi sentimenti. Allunga il mento verso il collo della bottiglia che intanto viene alzato così che le sue narici possano inspirare profondamente, l’odore forte e pungente la compisce portandola ad allontanarsi di scatto da quello che il suo corpo riconosce come veleno. Sopravvivenza che si scontra con il desiderio di farsi del male, si avvicina nuovamente al tappo e andrebbe a voltarsi verso la ragazza. Il tempo sta scorrendo? Non lo sa, nemmeno il borbottio dello stomaco arriverà ad aiutarla al momento, per lei è tutto dannatamente fermo e vuole solo trovare un modo per scappare, per evadere da quella sensazione di oppressione profonda <lo conosci da dieci anni, hai provato a baciarlo e poi sei scappata?> replica appena paragona le due questioni <perché in questo caso sappi che sei una stronza> non ha problemi a dirlo. Li rivede così simili in questo momento che si incazza ancora, Fuji non dovrebbe mai tornarle alla mente, mai venirle al ricordo <se te ne sei innamorata davvero invece rispettalo> ciò che vorrebbe solo che gli altri facessero con lei, che rispettassero i suoi spazi, i suoi tempi <non costringerlo. Non tutti abbiamo gli stessi tempi sai e non tutti siamo forti come te> lei forte? Oh sì la sua decisione l’ha colpita dal primo incontro e più la frequenta più vede in lei un esempio che non sarà mai in grado di seguire <non sbattergli la porta in faccia aspetta solo che sia lui ad aprirla> semplice no? Già se solo Fuji le avesse lasciato i suoi tempi, se solo non avesse preteso troppo da lei, se non avesse voluto l’unica cosa che l’avrebbe spaventata tanto da fuggire per una notte, sarebbe bastato aspettarla a casa, un giorno le è servito. Ma lui non ha avuto rispetto, ha preferito abbandonarla <ma non diventare lo zerbino, dopo un po’ spaccagli casa> non si parla più di lei ma è impossibile ora non mettersi nei panni di quel Nobu, intravisto appena un paio di volte. Non lo conosce ma se l’altra ha paragonato la storia tra lei e Fuji alla loro allora è normale consigliarla come se le stesse dando un libretto d’istruzioni per parlare con lei. Si porta alla bocca il collo della bottiglia di gin e ne butta giù in piccolo sorso. Il volto si contrae in una smorfia di disgusto. Brucia mentre scende ed è proprio quel dolore fisico che cercava <qualcuno ha chiesto a me se volessi cambiare relazione? Dimmi è interessato a qualcuno chiedermelo o rispettarmi? Non sono una fottuta bambola anche se ero disposta a diventarle più di tenermi il mio amico. Ma no! Ha dovuto fare la vittima e mandare tutto a puttane! Un brindisi a Fuji!> esclama lasciando che nella voce si senta solo l’amarezza e il dolore. Butta giù un secondo sorso di gin, più sicura. Trattiene un piccolo conato <non sono mai stupida> replica solamente sorridendo ostentando una sicurezza che non possiede prima di richiudere la bottiglia e riporla. Per ora le basta, anche perché in poco tempo le gambe si fanno decisamente più molli

20:30 Nene:
 E dunque venne la pioggia di parole. Di storie - di riflessi che s'interscambiano risultando maledettamente accurati seppur la storia sia nettamente differente. Non l'ha guardata approprinquiarsi verso il gin - sennò l'avrebbe fermata. Una volta con Fuji si chiesero qual'è la differenza tra un umano e una marionetta; alla fine cosa rende un umano così umano? Se la marionetta fosse fatta d'ossa, muscoli e organi - allora potremmo considerarla tranquillamente un umano? No, probabilmente no. Allora la risposta dovuta sembra palesarsi distorta e confusa nella mente di Nene. Il senso di colpa. Quando la vede dare la prima bocca al liquore, non si muove per fermarla - per dissuaderla dal buttarsi giù il primo sorso. Lo trova divertente. Troverebbe divertente vedere Saigo star male, svenire, chiamare gli omm per farla ricoverare d'urgenza per un coma etilico. La vedrebbe a terra, riversa, con un rigolo di saliva alle labbra. E la bottiglia in frantumi accanto le darebbe una nuova lucentezza ai capelli, alla mano che prima la strozzava con così tanta foga. No. Non sorridere. Non provare piacere. E incredibile come sopraggiunge il senso di colpa - una stilettata tra le costole che la lascia metaforicamente piegata ai piedi di un concetto incoprensibile. L'amore. L'attesa. Il coraggio. C'è bisogno di coraggio per fare qualsiasi passo nell'amore, in quello che ha sempre preso in giro - fin da piccola. Anche con Naomi. La verità è che non la vuole vedere stare male, così come non ha mai desiderato veder Nobu divenire fuscello dei propri disastri, piegato d'innanzi alle sue necessità. Allora dovrebbe stringerlo, o lasciarlo andare. "No, l'ho baciato e non sono stata coraggiosa. Però lo è stato lui per entrambi. E poi... Lo sono stata io." ... " O lo sarò. " Ed appunto eccola vaneggiare - riversare il proprio sguardo su un punto poco nitido di quella cassettina. La lascia stare così, mezza aperta - con le bende un po' tutte attorcigliate perchè non mette mai apposto niente. Forse dovrebbe iniziare, ma solo perchè poi sbrogliarle è un gran casino. Sei una stronza. Forse sì, non ne ha idea. Forse effettivamente dovrebbe soffocarlo tra le braccia, o aspettarlo dietro alla porta? Ah, fanculo questo discorso. Lei e Nobu hanno una storia diversa. Però il manuale per l'uso è entrato in porto - forse un caterpillar come Nene ne ha bisogno. Forse Fuji è solo un po' stupido. Gli scriverà, ma non adesso. Così come ha bisogno di vedere Nobu, ma non adesso. Adesso c'è Saigo, ed ha una richiesta d'aiuto non urlata incastrata in gola. Abbandona il tavolo, le bende, i cerotti. Abbandona quello che stava facendo per raccoglierla con un cucchiaino - per fermare il suo brindisi. Effettivamente no, non riderebbe se la vedesse star male. Ma l'idea di poterlo fare, per un attimo, l'ha fatta sentire meglio. Le dita avvilupperebbero la bottiglia per togliergliela dalle mani - dovrebbe smettere di bere anche lei. Tanti buoni propositi, si, ma non oggi, va bene? Magari da domani. "Adesso basta, Saigo." Fosse riuscita a sfilare quella bottiglia dalle mani avide dell'altra - l'appoggerebbe sul top della cucina - accanto al lavello - cercando d'allungar il braccio manco per circondarle il costato e volgerla al divano. Basta, adesso. Basta disperarsi, basta tamponare le ferite, basta farsi del male -- bere, graffiarsi, sanguinare. "Avete sbagliato, anche tu magari hai fatto qualcosa che a lui non è andato bene. E poi Fuji, si sa' che non è coraggioso. Forse per un momento lo è stato un po' troppo. Forse anche lui era disposto. Ma non osava chiedertelo per paura di ricevere un no? " Ipotizza, stringe le spalle - e se fosse riuscita, la riporterebbe al divano. Facendola sedere al centro di quello che da' le spalle alla finestra. Solo se fosse riuscita, prenderebbe il pile svaccato allo schienale, tirandoglielo sulle spalle, chiudendoglielo al centro del petto. Fa' di lei un fagottino, letteralmente. Forse ne ha bisogno. Di qualcuno che le dica di smetterla. Che le dica che è tutto okay. Che aggiusterà questo chaos. " Grazie per pensare che io sia forte. Mi serviva che qualcuno me lo dicesse. " Che le ricordi chi è. Da dove viene. Cosa ha fatto fino ad adesso, e cosa è riuscita a fare ogni giorno. Rimanere in vita. A galla. E con i piedi per terra. I capelli oramai asciutti le scivolano lungo il viso diafano, abbassandosi fino a sedersi sul tavolino - di fronte a lei. Tanto vicina da allargare le ginocchia per non cozzare contro Saigo. "Hai sacrificato tanto ed eri disposta ad anche peggio. Non nasconderti, fatti rispettare Saigo. Urlagli addosso, picchialo a volte, rimettilo al suo posto. Ma non ti sacrificare, non diventare uno zerbino e soprattutto - non farti male. Sei l'ultima, e sai cosa vuol dire? Che sei forte. Comunque più degli altri. E di sicuro, più di Fuji." Inspira - espira. Gli occhietti che guardavano il viso di Saigo ora - si scostano di lato. Accarezzano il letto. Chissà se è ancora comodo. "Dormi quì, per piacere." Una cortesia, non un atto di carità - non un dichiarare di essere preoccupata o di essere sua amica. Certe cose vengono automaticamente, non perchè le orchestriamo noi. Le spalle chiudono quella schiena in una corona di vertebre che si mettono in mostra tramite la stoffa. S'abbassa. S'affoga il viso nei palmi. "Domani gli facciamo degli scherzi telefonici, così impara ad esser una testa di cazzo. Va bene?"

21:17 Saigo:
 Tra un sorso e l’altro riflette, parla, barcolla sul posto ora che l’alcool arriva davvero alla sua testa. Le orecchie fischiano lievemente. Ne vuole di più. Non c’è nulla di cui aver paura, nulla che le faccia davvero male in quello stato di annebbiamento. Non è ancora abbastanza però da far sparire tutto, deve bere di più, deve semplicemente accasciarsi al terreno e non aver più voglia di ferirsi, perché sì le basterebbe ora accendere le piastre ad induzione ed immergere la mano nell’acqua bollente, ci vorrebbe così poco, anche prendere un coltello e piantarselo da qualche parte nel corpo, ma è certa che Nene la fermerebbe, non capirebbe davvero i mostri che ha dentro, nessuno li capisce. Nessuno è interessato a vederli, nemmeno chi dovrebbe esserle stato sempre al fianco è riuscito a vedere oltre alle sue maschere, è davvero una grande attrice, ogni giorno della sua vita mente a sé stessa e si comporta come se tutto andasse bene. Ascolta le parole di Nene senza riuscire a comprendere, cosa significa amare qualcuno? Cosa vuol dire baciare e dover trovare il coraggio per farlo? Si sente soffocare alla sola idea di potersi legare di qualcuno al punto da soffrirne, ha bisogno d’aria, di libertà, deve poter contare solo su sé stessa. Osserva quindi l’altra limitandosi a darle l’unica cosa che le è rimasta: la capacità di ascoltare, assorbe le informazioni senza giudizio e senza nemmeno soffermarsi troppo a riflettere, annuisce solo alla fine del discorso. Aspettalo dietro a quella porta, aspetta che sia lui ad aprirla proprio come ha provato a fare lei, ma fatti trovare, non lasciarlo esporre per poi fuggire, non farlo mai sentire abbandonato. Lo sta dicendo nella sua mente ma tace, lo sta urlando a Fuji, se solo lui avesse capito allora le cose sarebbe state diverse, sarebbero ancora amici. Non le importano le giustificazioni. Si lascia guidare fino al divano dove si fa infagottare, lei ha ragione ne ha bisogno, ha da sempre solo bisogno di qualcuno che capisca quanto ha bisogno d’essere aiutato, qualcuno che la stringa e le dica che andrà tutto bene, qualcuno come Haru. Senza accorgersene si trova legata a due nuove persone dopo aver perso quella per lei più importante, perché loro ci sono arrivati e lui no? Le sarebbe bastato che Fuji tendesse una mano per restare, che provasse a cullarla e invece l’ha ferita sempre di più fino a superare qualsiasi soglia e farla andare via. Non ha nemmeno provato a fermarla, con tutto quello che aveva bevuto sarebbe crollata, ma non lo ha fatto. L’ha tormentata invece, chiamandola al telefono quando si trovavano in due appartamenti diversi ma attaccati. Idiota Fuji <non mi interessa perché lo ha fatto> ammette lei semplicemente <non c’è stato nell’unico momento in cui ho avuto bisogno> non l’unico, ma l’ultimo. Il peggior momento della sua vita dopo quell’attacco e lui è stato fautore di quelle ferite non guarigione, che pessimo eroe è ai suoi occhi. Lei che è stata la prima a credere che potesse diventarlo <sono giù stata uno zerbino, l’ho già picchiato e ho giù urlato> il tono è triste, pieno di quella malinconia di chi si pente del passato <ormai è finito tutto, sono davvero l’ultima adesso> le fa male ammetterlo, davvero tanto male. La collana con la chiave del suo appartamento si fa pesante adesso, quasi quanto gli occhi di chi vorrebbe solo sprofondare nel sonno eterno <tu lo sei Nene, la più forte che abbia mai conosciuto> lei potrebbe affrontare le bestie, lei potrebbe sopportare le sue più grandi paure con grazia e sicurezza senza crollare sotto al loro peso, l’ammira per questo e la vede così inarrivabile. Annuisce infine a quella richiesta, dormirà lì anche perché sa benissimo da sola che se ora uscisse da quella casa finirebbe in qualche vicoletto a provocare persone con l’unico scopo di farsi menare <sono solo stata fortunata> La mente si era persa quell’apprezzamento, era presa in tutt’altri ragionamenti e queste parole arriveranno parecchio tempo dopo che si sarà addormentata dentro a quel fagotto che la rende un burrito ninja. Lei è stata fortunata a sopravvivere non forte, è l’ultima solo perché a quanto le è stato detto il finto dio non ha ancora finito con lei. Non è forza la sua e a ben vedere nemmeno una fortuna. Nonostante tutto però oggi è al sicuro, tranquilla. Non avrebbe proprio potuto scegliersi alleata migliore.[ENDMUOIO]

Si rompono ma mangiano il pollo.
Anzi solo Nene perchè Saigo si sbronza.


Ahn ps: decidiamo di coinvolgere Nobu con la corp