to the moon and back
Free
Giocata dal 19/03/2021 19:19 al 20/03/2021 01:44 nella chat "Luogo Sconosciuto"
Non importa dove, non importa quanto a lungo - ogni richiesta la fa' muovere favorevole alla volta di lui, come se fosse esso il centro della terra, e lei un misero satellite in orbita. Ha passato ore sotto la doccia. Mi piacerebbe dirvi che sia la classica abitudine di ogni donna nel fare ritardo - ma s'è persa nel fissare una mattonella color nocciola, trovandola meravigliosa. Piatta. Liscia. Oh, ha una grinza - assomiglia al legno. Poi d'un tratto è diventata orribile, ha iniziato a pensare di dover chiamare il padrone di casa e lamentarsi dello stramaledetto in estetismo del bagno. Ci pensate? Tutto in stile pietra, ed una mattonella che par legno. È orribile. Ah, se ci pensa potrebbe avere un crollo nervoso. La infastidisce. Si, una volta uscita dalla doccia dovrò chiamarlo, a quel figlio di puttana, dovrei dirgliene quattro. Dannato magia noodles. Ma poi, il gelo dell'acqua, le ha ricordato quanti mesi gli ha lasciato in sospeso. Troppi. Neanche questo mese, con il compenso da recluta, potrebbe saldare l'intero debito. Forse dovrebbe trovare il metodo per mangiare di meno, e su una delle pagine del cellulare carezzate dal pollice la profezia viene finalmente elargita: Basta bere più acqua, o frammentare un pasto dal mattino alla sera. Un pasto leggero che possa esser questo una mela, un biscotto - o qualcosa del genere. Evitare cibi troppo calorici, e assolutamente applicar l'allenamento per poter bruciare ciò che viene ingerito. No aspettate, non è la pagina che cercava. Di che diamine sta parlando. Alla fine è riuscita ad uscire di casa, quel buco caotico che non mette mai in ordine e che - solo adesso - sembra la periferica baraccopoli di chi ha iniziato ad accumulare. È incredibilmente pulito, però. Come se qualcuno andasse a lavare a terra, a cambiare le lenzuola, mettere tutti gli avanzi in un sacco e buttarlo. Qualcuno che pulisce e poi, mette strategicamente il disordine lì dov'era prima. Ordinata, almeno lei. Sembra in qualche modo amalgamarsi tra le genti di Suna - tra gli odori che la trascinano via. La camicetta in cotone gioca tra ombre e sole - bianco latte, incastrandosi in una gonna in lino che le sfiora morbidamente metà della coscia, costellata di grinze. I capelli legati in uno chignon a mezza altezza son incastrati da un fermaglio a forma di rametto fiorito posto rigorosamente al di sotto dello stesso. Quanto tempo é passato da quando era solo una ragazzetta che correva disperata alla ricerca di una taglia da aggiudicarsi per prima. Alla ricerca di qualcosa che la combattesse per sopravvivere, e non al puro fine di divertirsi. Di tirare qualche cazzotto tra amici. Lo fa' per la sete, non per il divertimento. Non c'è niente di divertente nel picchiare qualcosa che non ti vuole ammazzare, no? Dietro gli occhiali neri - quelle pozze d'indaco, brancolano accarezzando l'oasi. Eppure niente di questo posto le da' sollievo. Si fotta. Il lago. I palazzi. Il palazzo. La serranda abbassata. No. Focalizzati. La vena scoppiata nell'occhio è ancora una distorta macchia scura in un oceano limpido - corrompe lo sguardo che rimane fortunatamente celato, al riparo dal sole. I guanti in pelle sono meglio di quello in plastica. Lo ha capito da poco. La impicciano - le danno fastidio - ma si costringe a metterli nonostante tutto. Muovendosi comunque senza la minima cura d'evitar d'intaccare le persone che la circondano, che si fottano anche loro. No, non è umore. Le prude il collo. Le spalle. La schiena. I palmi. Ah, la sta asfissiando. Tutto, la sta asfissiando. È colpa di quella mattonella. "C'è una mattonella strana nel bagno, devi cambiarmela Geninka." Ah, alla fine lo ha fatto. Fanculo lui, e l'affitto, quel buco è il suo buco sicuro - è prezioso. "Ammazzati puttana, devi darmi sette mesi arretrati. La piastrella un cazzo, se non ti muovi, ti butto fuori." Il susseguirsi di notifiche dopo non è importante, così capite l'antifona. Maledetto Yakuza nocciolino, e pensare che è stata anche carina - gli ha fatto a lungo da recupero crediti. Le nocche sfriggono la pelle - rimasta indietro ad affogare nei pensieri e nel problema attuale. La piastrella. Non l'affitto. < Te la spacco tutta la cazzo di piastrella. Ti faccio un buco nell'appartamento, bastardo lardone di merda > Un brusio come zucchero, pigolato fuori dalle labbra diretto al cellulare - o a se stessa, o alla piastrella. Ah no, no, non va bene così. Non va bene avere quella piastrella. Diverrà il punto focale della sua attenzione. Il suo nuovo metro di misura per quanto orribile può esser qualcosa dove lei, è la vetta massima. Nobu? Son arrivati qui senza dire niente. O forse i soliti discorsi su quel che hanno fatto o meno. Si, ok, ma la piastrella. Oh, sparatele in testa. Non ha portato troppo con se, il minimo necessario, giusto per rimanere una notte fuori e forse neanche quello. Già forse neanche quello proprio perché l’idea era di dormire fuori, rimanere in compagnia sua, dell’unica luce che ha, come è nominata appunto sul suo telefono, con Nene. Il problema è che la Doku non dorme, mai con lo Hyuuga, non ci è dato saperne i motivi ma è comunque un dato di fatto, il problema è che questo è solo uno dei problemi e neanche il più grave. Ha accettato da poco la missione di indagine sulla sparizione degli strumenti musicali, scomparsi in seguito all’omicidio in piazza durante quel festival della musica. Notizia che una volta scoperta ha fatto attanagliare il cuore, o meglio quel pezzo di carne che ancora funge da motore ma che manca di tutto il romanticismo legato appunto a quella parola, al punto tale da non essere degno neanche di essere chiamato così’, neanche da un punto di vista anatomico se non si vuole offendere chi un cuore, lo ha e funziona. Ancora ha vividamente impressa la sensazione di carta sui polpastrelli di quel giornale mentre pranzava nel refettorio della Shinsengumi. Quelle parole di quell’articolo dove venivano smentiti gli anbu e si parlava di un altro omicidio, quella affannata lettura alla ricerca dei nomi dei mal capitati, il sospiro di sollievo nel leggere nessuno di quei due nomi: Nora e Manabu Ryuuzaki, la totale assenza di empatia verso coloro che hanno subito il lutto e il successivo scemare criticamente rapido di interesse nei confronti di quella notizia a sapere che stavano bene. Non lo avrebbe mai potuto sapere con in fatto che scappa, non da loro, ma da una possibilità tra tante, forse neanche verosimile, però quella possibilità è lì ed è talmente spaventosa per lui da metterlo davanti a un oblio, con un passo da fare nel vuoto, con quel gradino più in basso ad aspettarlo probabilmente, eppure la paura e il terrore fanno questi effetti: la sudorazione aumenta così come il battito cardiaco. Il consumo di ossigeno dei globuli rossi cresce a dismisura, causando l’affanno del respiro, la dilatazione delle pupille, l’oscuramento del campo visivo a non oltre il proprio naso e infine il panico con tutto ciò che rimane è si un salto nel vuoto, ma è solo il cuore che sobbalza nel nulla della gabbia toracica, non è il piede di Nobu che si avvicina a quella riunione che non sappiamo mai se avverrà. Piedi che affossano nel terreno morbido con quegli anfibi, scarpe che di solito vengono usati dai soldati e forse questa è una guerra, anche se la guerra è con il suo demone interiore e non tanto con un nemico vero, forse sarebbe meglio così, un colpo di kunai alla gola, un jutsu e il tuo nemico è morto ma cosa puoi fare contro i mulini a vento, quando questi si nutrono della paura fino a diventare imbattibili? Ben poco soprattutto se sei perennemente in quello stato sopracitato, quando quello che dai a vedere è un guscio colorato per nascondere le tue fragilità, che a loro volta sono nascoste dietro a un io interiore aggressivo, violento, manesco, irrazionale. Forse il Tao del clan è ciò che lo rappresenta meglio, non tanto per l’equilibrio, non ne ha, è totalmente squilibrato e sbilanciato in ogni sua sfaccettatura al punto tale che in quel caos che è Nobu, questo può assumere sia quel bianco per piacere, sia quel nero quando è necessario, raramente, mostrato solo a Nene in missione. Mentre questa ranta totalmente della piastrella Nobu sta zitto, con quei passi che lo conducono nel vialetto centrale nella prossimità della fontana. Ingoia saliva, nervoso, rumorosamente, con il pomo d’adamo che salta così come è lo stomaco che si sta contorcendo, come una formica nelle grinfie di un bambino che ancora non sa la distinzione tra bene e male e che, per puro diletto di causare la sofferenza, le strappa ogni zampa ancora viva e la brucia con i raggi solari e la lente di ingrandimento, con deliri di onnipotenza e sadismo più puro, senza malizia, esattamente come potremmo dirlo del burattinaio del cioccolatino che si vede a tirare quelle fila per portarlo lì, all’oasi. Gli occhi bianchi osservano con la coda dell’occhio il palazzo alla sua destra, il trentatresimo piano, un piano fortuito oppure no, la trinità, un messaggio di fede, esattamente come il significato di quel nome… Nobu, come se volesse infondersi coraggio, come se volesse darselo da solo fede in se stesso. Il braccio destro è alto, tenendosi la saccoccia grigia sulla spalla, anche a coprirsi il viso, per evitare che venga riconosciuto da loro o da qualcuno che possa riconoscerlo, essendo cresciuto lì. Sospira, distogliendo lo sguardo spostandolo su Nene che parla eppure non le dice niente, non ha una voce ferma abbastanza per poterle rispondere in questo momento come dimostrato dalle pupille dilatate e da quella goccia di sudore che gli si sta palesando sulla tempia destra, lontana dallo sguardo di Nene che lo accompagna sul lato mancino. Porta una camicia bianca con le maniche risvoltate e un jeans nero, sorretto in vita da una cintura di cuoio nera. Il colletto della camicia è mosso, così come i capelli, da quel vento che soffia, creando diverse increspature sulla superficie dell’acqua della fontana, con le lame di erba che si piegano e danzano in quel ritmo unico ed irregolare. Abbandona con lo sguardo l’edificio alla sua destra e svolta, guidando la compagna, alla volta dell’edificio che ha di fronte a quello dove è cresciuto, alla loro sinistra. Fa un cenno con il capo, flettendo il collo < D~ > si ferma subito, sentendo come la solita voce profonda, virile e ferma esce più acuta e se non fosse che ha pronunciato una lettera sola, tremolante. Espira dal naso e dalla bocca, tornando a guardare Nene, sforzandosi di mettere su un sorriso calmo, come il Nobu che è con lei. < Da questa parte, ho prenotato una stanza. > le spiega, fermandosi appena davanti alle porte scorrevoli dell’hotel, aspettando che queste si aprano. L’immagine riflessa per la prospettiva lo vede proiettato all’interno di quell’edificio, come se non se ne fosse mai andato, come se fosse rimasto ancora lì, bambino di 8 anni con cicatrici emotive, bambino che ha studiato escamotage vari per cambiare chi lui sia, a partire dall’origine di ciò che definisce un individuo, prendendo spunto dai suoi eroi. Per fortuna il sensore di movimento lo capta, anche se potrebbe benissimo essere un fantasma che nessuno se ne accorgerebbe. Le porte si spalancano così da allontanare quella brutta immagine pari a un incubo, facendolo incamminare proprio verso la reception. [Hotel] Il day after ha sempre qualcosa che non va'. E poi perchè non è scappata come ha fatto ogni notte? Ah, c'è qualcosa che non va'. Non è quella mattonella il problema. Il cellulare nel palmo sembra asfissiarsi sotto il repentino premersi delle nocche - ed un paio d'occhiali da sole nasconde egregiamente un piccolo problema a livello del sopracciglio. Le pizzica. Le pizzica anche la bocca. Vorrebbe scappare - è sempre stata piuttosto brava a farlo. Ma no, ha le gambe pesanti come il piombo. Non fugge. Maledizione. Il petto raschiato da un fiatolino che la incatena al fianco di Nobu, o appena dietro dato che lui solamente conosce la direzione intrapresa. Uno zainetto color nocciola tra le spalle ciondola con il pendente del famoso Momo-chan. Dopo il devasto di ieri ha fatto fatica a svegliarsi, ha fatto fatica a muoversi - ha fatto fatica a riallacciare scenari e ricordi. Ma alla fine le chiavi erano cadute solamente nel portaombrelli posto accanto alla porta di Nobu, o forse alla porta del suo vicino di casa. Che importa. Due cambi sono più che sufficienti per aspettare e vedere. Perchè una stanza? Non era necessario. Possono tornare a casa sta sera. Il passo oltre quella vetrata non ha lo stesso sapore di quello dello Hyuga. Non vede niente. Non vede se' stessa - non vede un ricordo. A dire il vero, non vede nemmeno quel riflesso. Le proprie iridi iniettate sembrano non riflettere la luce, i ricordi, i sentimenti. C'è un fischio che le dilania l'orecchio destro, le crea un gran silenzio tutto attorno. Ovatta passi. I messaggi ricevuti dal padrone di casa. Blocca lo schermo una volta e per tutte lasciandolo ricadere all'interno della tasca laterale della gonna di lino - mostrandone solamente il culetto rigido dal profilo della tasca. Zitta. La mattonella. Ah, ci sta pensando ancora. Anche quando annuisce alle parole di Nobu facendole strada oltre la reception dove lei si cura di sventolare distrattamente la mano alla volta di chi li accoglie e lascia loro l'eventuale chiave. Non riesce a pensare oltre lo sguardo di Nobu, lo stesso che non le rivolge. Ha fatto male. Forse sta per succedere quella cosa che nei film viene definita come: Lasciarsi? No, non ci vuole pensare. Il petto emana pigre pulsioni, stanchino, ogni tanto fa' male. Si sente schiacciata. Forse è solo un impressione. Il muoversi flemmatico lascia intendere a chi la conosce bene, quando male le faccia ancora la spalla. E le anche. La sensazione di non aver più una parte di se' - e ironicamente - questa si rifà al pieno controllo delle proprie azioni. Decidere cosa sia giusto o sbagliato. Decidere come dovrebbe far del bene. E' sempre stato relativo, un po' plasmato al suo volere e distorto per farlo sembrare qualcosa di effettivamente buono. Il mondo non è mai bianco o nero - e sebbene paradossalmente lei lo viva in questo modo, il suo carattere s'avvale di miliardi di sfumature differente. Bianco scuro o nero chiaro? Chi saprebbe rispondere, d'altronde. Si stanno lasciando? Ha capito quando poco sia la persona di cui ha bisogno? Lo accetterebbe. Ripartirebbe da capo. Non ha bisogno di una pietra, i castelli si costruiscono anche in aria. Le gambette nude sfilano fino al lato dell'ascensore, lo aspettano mentre inizia a chiamarlo - e piano, gli porgerebbe il palmo. Un offerta. [Extemp - Hotel] Lasciarla? Il pensiero neanche lo accarezza lontanamente, come potrebbe essere dopo che stamattina si è svegliato finalmente con lei, finalmente nello stesso letto della persona che voleva da sempre e l'unica persona che lo accetta per quello è. Proprio per questo motivo è qui con lei, per mettersi a nudo, figurativamente parlando ovviamente, raccontandole chi è lui davvero, chi è quella persona che ha al suo fianco e sopratutto ha bisogno del suo sopporto per prepararsi a visitare di nuovo l'oasi per quella missione che avverrà nei prossimo giorni, giovedì esattamente. Chiama l'ascensore, la stanza è la numero 3308, come spesso succede le prime cifre sono del piano e le ultime il numero della stanza, Stesso piano di quella di Manabu e Nora, già, era lì per spiarli e vedere come stavano, abituarsi all'idea che potessero vederlo in quei giorni o durante la missione, studiarne i pattern di movimento, quando non ci saranno e quando è più probabile, quindi pericoloso, esporsi in pubblico per quella missione. Insomma, il comportamento di un maniaco compulsivo premeditato per evitare il peggio: la sua stessa morte. Gli occhi bianchi cadono proprio sulla targhetta di Momo-chan, la mascotte canina del web con quel blog che sua madre tiene di quello shiba inu, diventato famoso su internet! Sorride, riconoscendolo, ripensando aquando lo hanno preso e i momenti insieme a giocare nel parchetto sotto e per le vie centrali di quella piccola oasi, così come i bagni insieme nel bacino d'acqua. " Vedo che ti piace Momo-chan. " le dice solamente, per poi notare quella mano, sforzandosi a sorriderle per poi allungare la mano sinistra a prenderla. Intreccia le dita con le sue, lo può sentire tremare e può forse capire la necessità che ha di quel contatto fisico per quanto sta stringendo quella mano. Arriva l'ascensore ed ecco che si infila dentro con lei, premendo con la mano libera il pulsante del trentatresimo piano. L'attesa è lunga e il suo silenzio non aiuta affatto a farlo passare prima, creando quella scena di disagio nelle cabine degli ascensori. Capisco come Nene possa pensare che la stia per lasciare, non c'è erotismo e passione nei suoi gesti ma solo ansia. Guarda con qu egli occhi di ghiaccio i numeri dei piani illuminarsi in corrispondenza di quando li raggiungono fino a che è il 33 a essere illuminato. Le porte si aprono, accolti in un corridoio sfarzoso con un tappeto rosso, niente moquette, sopra le piastrelle di marmo. Apre la strada, uscendo da quell'ascensore, seguendo le indicazioni fino ad arrivare davanti alla porta. Chiave elettronica che viene mossa davanti al lettore ed ecco che apre quella serratura, lasciando che Nene possa correre dentro e godersi la visuale. [Hotel] La simbologia nipponica ci insegna molte metafore dell'amore e della vita - dai termini, ai numeri. E' solo un caso che la stanza abbia come rifermento l'hachi - lo sfiorarsi perpetuo della terra e del cielo. Un numero che simboleggia tutto e l'infinito, la rinascita. Ma questo è romanticismo che non appartiene al personaggio di cui stiamo parlando e che con ogni probabilità, appartiene a quel fantoccio che Nobu ha creato su misura di qualcosa di puerile - che puerile non potrebbe mai essere. E' possibile avvertire un vuoto da questo silenzio? Dalla sua mano che trema, e che le ricorda quanto male le facciano le nocche. Ma è forte e troppo orgogliosa per farglielo notare. Allora nella camicetta bianca dalle maniche appena più larghe e trasparenti, si riempie di un essenza impalpabile, di una grandezza smisurata. Le labbra di vino si piegano appena sotto il passaggio fugace della linguetta - le sembra di starsi sgretolando. La realizzazione d'odiare una piastella con ogni molecola del suo corpo la fa' sentire tanto stupida, da ovattarsi tra tempie doloranti e il rumore mansueto dell'ascensore. Un ascensore troppo grande per sentirsi così immensa come vorrebbe. < sì > Le parole vengono fuori in un automatismo. Perchè è nervoso? Lo è anche lei. Ma non lo lascia vedere. Tutta d'un pezzo. Uno stelo di frassino che oscilla, ma non si spezzerà mai. La linea affilata del collo, della mandibola - mentre volge uno sguardo alle porte prima ch'esse possano aprirsi. < è simpatico, in realtà... Ho un debole per i cagnolini. Vado spesso al canile per portarli a spasso. Sono fedeli. Molto più di quanto possano essere le persone. E ti amano qualsiasi cosa accada, qualsiasi cosa tu vesta, qualsiasi sia il tuo umore. > Mentre le persone sono così volubili. La necessità di controllare il flusso di una relazione la caratterizza segretamente, così come la terrorizza il devolversi di quello che c'era tra lei e Nobu - quello che è divenuto, senza nemmeno accorgersene davvero. Gli occhi stanchi si nascondono per qualche attimo dietro gli occhiali da sole - non se ne accorgerebbe nessuno se riposa un attimo lo sguardo, no? Ah, non ti preoccupare. Sta bene. Molto. Deve solo rilassarsi. E mentre lei si rilassa, raccogliendo a grandi palmi il proprio orgoglio e la propria metaforica gigantezza - vi pongo una domanda: Se Nene ama tanto i cani, perchè non ne prende uno al canile? < Un hotel è un po' troppo. > Una considerazione dal nulla. Erano meglio le terme, no? Però ha avuto ragione quando le ha detto che era meglio non andare agli allenamenti oggi. S'è trovata amaramente d'accordo, pensando al commento astioso di Kenpachi a saperla una pigra bastarda. Non lo è. Non lo è mai stata. Le dita lo hanno stretto troppo. Le nocche appena più gonfie e spaccate hanno iniziato a pulsare. Ma se ne rende conto solamente adesso - quindi allenta la presa, le dita gelide scivolano con lentezza ad abbandonarlo. Da quando ha iniziato ad assorbire le pressioni in questo modo? Non è da lei. Lei è più forte di così. Le ciocche nere oscillano contro il collo, ramificazioni si mostrano timide - come un delta delle acque, verdastre, mentre si volta oltre quella porta. Investita dal sole dell'Oasi. L'ha già visto un panorama così bello. E in un certo senso, la lascia indenne. Eppure è lì, davanti alla vetrata. Ed il proprio riflesso, non ha idea di cosa stia succedendo. Un po', per altro, assomiglia a lei. < Potevamo andare da me, se c'è Kioku a casa. > E' una soluzione logica, molto più logica del venire quì. < Potevamo andare alle terme, se avevi bisogno di allentare la pressione. > Tira ad indovinare. Nel buio più totale. [Extemp - Hotel] Talmente assortito nei propri pensieri che quei polpastrelli che lo stringono non sono altro che zampe di farfalla che si posano su un fiore, un qualcosa di talmente impercettibile neanche da accorgersene o molto più semplicemente perchè l'attenzione di Nobu è oltre quella finestrata che lascia scoperta la camera al palazzo di fronte, troppa la distanza in realtà per far si che siano veramente visibile se non tramite binocoli o oggetti particolari. Entrano entrambi e chiude infine la porta. LA sinistra la lascia, lascia andare quella mano solo per levarsi lo zainetto dalla spalla, lasciandolo cadere sul lettino. Ci sono due lettini dopotutto, non uno solo matrimoniale. Aveva prenotato così perchè Nene non dormiva con lui, perchè è successo solo una volta: ieri, con tutte e due spaccati, rotti fisicamente e anche mentalmente per via del vino e dell'MDMA che si erano calati. Si erano concessi l'una all'altro, erano diventati oltre che intimi e in tutta onestà anche quel rimorso lo stava logorando dentro. Pensare che voleva la serata perfetta per renderla sua, per prendere quella ciliega che era ancora da cogliere... e invece l'ha presa con l'aiuto della droga, in un suo momento totalmente intimo, di debolezza, di autolesionismo perchè da quando è dentro la shinsengumi non ha propriamente i mezzi e il tempo per recare altro dolore, perchè in generale la tossicodipendenza non è nient'altro che un segno tipico del suo disturbo. Nene parla enon la biasima, non le ha detto niente e tuto ciò che dice ha senso al punto tale che la lascia parlare, a vanvera perchè non sono lì per quel motivo. Si avvia alla finestra per poi afferrare entrambi i lembi di quel tendone, spalancandolo con forza, lasciando che la luce da fuori investa la stanza di albergo, lasciando la visuale su quell'altro palazzone che hanno di fronte, residenziale. " No Nene, deve essere qui. Ti ho chiesto di venire con me perchè... da quando ci conosciamo non sono stato esattamente onesto con te. " Le spiega. Si volta, la guarda con fare dispiaciuto. Si muove verso il bordo inferiore di uno dei due letti singoli, sedendosi. Già, due letti singoli perchè non sa come la prenderà, non sa se effettivamente dopo quello che le dirà ci sarà una seconda volta o un futuro con la Doku. " Siediti. Hai presente Momo-chan? Lo conosco non tanto per il meme quanto perchè è il nost... il cane dei miei genitori. " le risponde, cominciando proprio dalle basi, come a darle un indizio. Lei sa che all'oasi ci sono loro, ne avevano già parlato anche se le aveva detto una cazzata sul come mai non voleva vederli. [Hotel] E' un po' triste non ricordare del tutto quel che è un momento che vien una volta nella vita e poi mai più - ci sono macchie d'esso. Come pozze oleose rivive gli attimi in flash che durano poco. Forse è abituata. Forse l'ha immaginato soltanto. E' già successo. E da quando ha permesso ad un uomo di arrivare a tanto? Le ciglia sbarrate per un attimo ammirano il proprio riflesso capendo una volta e per tutte chi è che la osserva con tanto stupore, con quel visetto nascosto da un paio di occhiali da sole. Brava, nasconditi, non piaceresti a nessuno. Il plot twist dello stesso pensiero è un divertito controbattere ai propri pensieri da parte di Nene: Non me ne fotte. Le labbra lasciano andare un sospiretto di quelli che svuota il petto, mentre le falangi della mancina rubano la prima asticella degli occhiali portandoli volendo o non volendo, a sfilarsi lungo la stessa tempia e a richiudersi in loro stessi. E' bella la vista. Forse è più bella perchè sono assieme. Ha un buon odore questa stanza. I vetri sono puliti. Ma il palazzo di fronte, non è un granchè come visuale. Preferirebbe l'oasi, o magari quello che riesce a vedere dal suo buco d'appartamento sul distretto notturno. Il chaos. Le luci. La notte. Le urla. In un certo senso le danno conforto più di tutta questa pace. Immersa in un bacino di pensieri nei quali non boccheggia nemmeno, a dirla tutta - svia lo sguardo d'indaco solamente in direzione di Nobu. /Non sono stato del tutto onesto/. Che intende? Ah, sì, questo suo cambiamento. Deve esser stata colpa sua, ne è convinta. Le labbra serrate hanno un fremito. Scusa? No, non lo dice. Però si sentirebbe di farlo. Dirgli che non doveva esser il tipo di uomo che va' con tutte. Dirgli che è un puttaniere, o qualsiasi sia il modo cortese per additarlo in tale modo. Dirgli che non è alla sua portata, che sono solo amici. Magari l'ha fatto cambiare, o l'ha fatto sentire in dovere di farlo. Non importa. E' meglio che abbia spazio per parlare. Magari muovendo quelle gambette affusolate verso il mini-bar. E' il loro giorno libero, giusto? Tanto vale ammirare il sole con qualcosa di frizzante in mano. Frizzante e dolce. " Non è un problema - credo sia stato solo un fraintendimento. Nulla che non possiamo risolvere. " La risposta è inerente al flusso di pensieri ed esce mansueta - un bisbiglio rotto dal piegarsi della schiena in avanti, dandogli le spalle. Eccolo un collo di bottiglia strozzato tra le dita - e due calici estratti dai consueti cassetti dove si possono trovare le varie cose in comodato - o a pagamento. E' leggera. Non è un problema che Nobu sia diverso, sia meno l'uomo che cacciava con lei - e più quello che è divenuto con lei e per lei. Non le dispiace. E' sempre lui... Anche se non è esattamente quello che si aspettava. E poi, sì - la storia di Momo. Quella dei genitori. Si ricorda. Rialzandosi per posare le cose su un tavolino basso, schiocca le dita in sua direzione. E nonostante tutto, può ancora sembrare raggiante. " ah ! " Momo, il suo amato Momo? Gli occhietti ebbri di meraviglia e di un sincero calore - distocono quel broncio in un sorriso. " Ma daai, non ci credo. Adorerei incontrarlo. Vorrei palpar quella peschina, aaa - ho un sacco di sue gif salvate. Le mando sempre a Naomi. Mi fa' un sacco rider-- " Quando il mento si leva dal tappo della bottiglia, lo sguardo dell'altro ha un sapore differente. Lascia andare quel collo - la lascia riposta lì. Misera. Senza la minima attenzione. Cosa è successo e quanto è successo? Può esser così stupida da non essersi accorta di niente? C'è qualcosa che non va' e probabilmente - probabilmente avrebbe dovuto notarlo. Le parole son come foglie in autunno, in balia di un vento troppo forte per la loro fragilità. " Sto bene. " In piedi. E poi magari stare bene, farebbe sentire meglio anche lui? Ah, che idea stupida. Molla tutto lì, così come è nato - il flusso di movimenti - si ferma. Le gambe tornano a lui, placide - allungherebbe un palmo a sfiorargli la guancia. Forse funziona. Forse potrebbe farlo sentire meglio? " Cosa maledizione hai, non sono brava con gli indovinelli. Sono sempre più confusa. " Bugie. Azioni. Il suo autolesionismo. Quelle manie di distruzione. La droga. L'alchol. Non sa' vedere al di la' del suo naso, o Nobu nasconde qualcosa? [Extemp - Hotel] Si apre un mezzo sorriso quando gli dice che vorrebbe incontrarlo, che vorebbe vedere quel culetto di pesca. Scuote il capo infine, difficilmente potrà vederlo. Esala un respiro, quasi sbuffando. " Affacciati e potrai vederlo, proprio di fronte a te. " le risponde, facendole già intuire come mai sono lì, come mai appunto dovevano essere là e non alle terme o a casa di Nene. La doku si siede, accanto a lui, lasciando il bicchierino sul tavolo e sul mini bar.Lo accarezza, dolcemente. Spinge appena il capo contro quella mano prima di alzare la mano proprio per spostargliela ma non in maniera brusca e sgarbata. " Nene, non è vero che non vedo i miei genitori perchè voglio essere indipendente da loro. Ti ho detto solo bugie fin ora, come mi vedi in questi ultimi giorni con te." inizia a parlare, ad aprire quella valvola sul cuore, a levarsi quel rospo che ha in gola e che lo ha avuto per tanto, troppo tempo. Le parole escono pesanti come macigni eppure, si vuole fidare di lei, perchè lei l'ha visto com'è nella sua forma peggiore ed è ancora lì. " Quello che ti sto dicendo non lo sa nessuno. Ti sto dicendo la verità perchè... beh, perchè sei speciale per me. Posso fidarmi? " Già, fiduicia, quella che vuole riporre nei confronti di Nene. Non comprensione, sarebbe chiederle troppo, non è detto che lo possa capire perchè ha dei problemi e magari per le persone normali che applicano la razionalità, i problemi che lui si pone non sono reali. " Non mi chiamo Nobu. Non sono la persona romantica che ti ha corteggiato, nè l'adone che va in giro a rimorchiare... sono la bestia che caccia per l'ebrezza di sporcarsi le mani di sangue, al punto da farmi male da solo se non provo quell'ebrezza. " Si alza in piedi lui, ha bisogno di camminare mentre le spiega esopratutto non ha il coraggio di vederla negli occhi, di vedere appunto quella faccia rivoltata nel disgusto e nella delusione. Trema, è instabile come ieri notte sotto l'effetto delle droghe, eppure ora è lucido da ogni effetto allucinogeno. Si ferma di nuovo davanti a quella vetrata con le mani che si portano a formare il sigillo caprino al petto, movenze che anche dalle spalle può riconoscere. Si immerge, lo fa ora che ha ancora la concentrazione necessaria prima che si perda in quel fiume di parole, su chi è lui veramente. Mescola quell'energia psichica e fisica in quel bacino fino a crearne una nuova nata dall'unione di esse, il chakra. Con quel torpore interno ecco che questo verrebbe spostato in tutto il corpo, seguendo ogni via per raggiungere tutti gli tsubo presenti in maniera da attivarlo correttamente. " Sono una persona con beh... chiari disturbi in realtà, fragile, al punto tale da temere il rifiuto dei miei genitori, uniche persone che ho amato fin ora, prima di te. Ryota, così mi conoscono loro. " le rivela dunque il suo nome di battesimo, lasciandole tempo, spazio per assimilare quelle parole pesantissime che le sta dicendo, fare domande, chiedergli qualsiasi domanda, dubbio che le possa essere sorto fin ora in quell'introduzione. Lui è lì, per lei, l'ha chiamata con lui per renderla partecipe, per farsi conoscere per quello che è davvero ora. [Impasto chakra] Per un attimo s'è affacciata a quella vetrata, ha visto momo sonnecchiare tra la finestra e il divano - pigro e contento. È vero, dunque? Le ciglia levate e sporche di un fare puerile, da bambina. È vero, e Momo è lì. Chissà come sarebbe carezzarlo. Alla fine non si è seduta, non le interessa. /Sto bene/. Si sta bene in piedi e poi perché dovrebbe sedersi? I suoi diciott'anni sono il riverbero di diversi dolori che la tengono sveglia - qualcuno potrebbe dire con certezza quanto il sonno di Nene possa divenire un uroboro di notte e giorno visti con pause di venti o quindici minuti nel sonno. Luce. Buio. Crepuscolo. L'espirare taurino le abbassa appena le spalle, mentre quella lussata si muove ancora in modo piuttosto meccanico. Rigido. Zitta. Sta parlando? Ah sì, ecco - forse dovrebbe smetterla di sorridere in direzione di un vuoto al di là della finestra. Tra Momo e chi altro si muove nella casa di Nobu. Mhn, no, non si chiama più Nobu. E allora chi è? L'inconsapevolezza le provoca un indicibile paura, un moto violento che le risale la bocca dello stomaco senza portar dietro alcun vessillo. Alcun sentimento. Cosa provi? Nausea. Rabbia. Invidia. Niente. Si spegne come la candela sul davanzale d'una regina e ora - la sua immensità, fa' ridere. Per cosa volevo esser forte? Per chi? Le labbra sono serrate e il suo riflesso sorridente, non le sorride più. Non è lei. Lei sta sorridendo. Non le fa' male. Non c'è verbo per Nobu, non c'è movimento, carezza, sguardo. Non c'è niente da guardare. Forse Nene, doveva rimanere sola. Forse il mostro al di là della porta, doveva rimanere in mostro. Effettivamente lo è. Con il viso pallido decorato da piccoli o oblunghi ematomi. Con la linea del sopracciglio spaccata in due, verso il suo fondo. Per un attimo le è sembrato di sanguinare, s'è indignata. Come chi al teatro per lo shock s'issa in piedi ed inveisce contro gli attori: Come osate! State rovinando tutto! "..." Ryota. È un bel nome dopotutto. Il kanji le ricorda qualcosa. Forza? Ah, anche lei vorrebbe avere un bel significato nel nome. Chissà se ha dei bei ricordi. Alla fine, chi ha dei bei ricordi, sta un po' peggio di chi è abituato a non avere niente. Le labbra schiuse sembrano voler dire qualcosa, ecco - magari una domanda - ma alla fine le richiude. Cosa dovrebbe dire? Guarda come cammina, come la evita, non è già abbastanza così? Ah no, non farà niente. Rimarrà zitta, ascolterà tutta la sua storia. Blackout. La bottiglia del collo è più fredda del solito. Più fredda del sangue velenoso di una salamandra. Rosso. Quando i colori si sono congiunti in una sola tonalità? Deve essere buono questo sakè, è delle risaie - delle terme. Eppure ora, non ha ben capito come - sta volando in direzione di Nobu. Non sarò forte per un pugno di bugie. Non manterrò il controllo, per un macigno di cazzate. Nobu. Quante volte sono stati assieme? Quante volte le ha chiesto di uscire dopo aver cacciato? Quante volte hanno cenato li, sotto casa sua? Non ha mai trovato un attimo per dirle la verità. Oh è curioso come la stessa furia di Nene, per sentirsi così stupida, sia assolutamente silente. Come se non avesse male. Anche questa, è una bugia. < Ryota. > E forse quella bottiglia lanciata in sua direzione, proprio adesso, esploderà a terra, o forse contro il muro. Ah, quanti danni da pagare. Ryota. Ah, ha parlato? Ha lanciato anche una bottiglia. È tutto okay. Il petto non le fa' male affatto. Si sente solo un po' sciocca. Le viene quasi da ridere. E quindi è così. L'uomo che ha scelto, l'unico ad esserle arrivato così vicino, l'ha presa in giro. Il suo nome è uno differente. < Quanti anni hai? > Su quante altre cose ha mentito? < Non ho mai voluto un romantico, ho voluto il mio teammate. Lo stesso Nobu a cui chiedevo di ballare mentre si cambiava le camice. E invece hai deciso di tua sponte che era meglio farmi vivere una fottuta bugia. Haha -- hah > Oh, guarda. Gli occhi azzurri, quella polarità che la porta a spalancarli verso la bottiglia distrutta. Chi dannazione è stato? Le nocche le fanno male, la spalla sforzata per lanciarla /male/ ora pulsa un po' più forte. Che chaos. Deve esser caduta. È tutto okay. Sorride. È tutto okay. Il cestino posto lì, in una nicchia, viene recuperato e posto accanto al luogo del misfatto. Continua pure il tuo racconto. < che disastro, faccio io > Sí infatti, eccola adoperarsi per recuperare i cocci contro la moquette, il liquido profumato che la inebria - le umetta le dita. [Extemp - Hotel] Mani che cambiano da quel sigillo caprino a quello della tigre, spostando quell'energia nuova proprio alla volta dei nervi oculari che si ingrossano, diventando visibili, cambiando la pigmentazione della propria iride, facendo sparire pressochè la pupilla. Lui quel binocolo lo ha integrato. Vorrebbe non aver visto quella reazione, quella bottiglia compiere quella traiettoria ad arco e infrangersi per terra alle proprie spalle. Sopratutto non avrebbe voluto sentirsi chiamare così, con un nome che non è più suo. Abbassa dunque le mani ai fianchi con quei palmi che si serrano in pugni. Bocca che si chiude, denti che digrignano con i molari serrati ben visibili nelle guance scavate per via di quel fisico estremamente asciutto e slanciato, come un corridore. Si gira, di scatto, con quegli occhi bianchi iniettati di sangue, di rabbia di collera " NON ... " si ferma, si controlla, abbassando le mani che si erano alzate in un moto per colpirla. Sbuffa, richiudendo gli occhi anche se quelle venature sono ancora là e ben visibili. " Non chiamarmi Ryota. Non sono più il loro figlio, non sono degno di quel nome ne tanto meno sono forte. " Già, quel Kanji è proprio della forza e motivo per il quale non può chiamarsi così: non è più forte, i suoi demoni hanno preso il sopravvento su di lui ed è diventato una persona diversa da quella educata dai suoi genitori. Si volta di nuovo, a guardare di nuovo le finestre aperte dalla quale, ora con il byakugan attivo, riesce a vedere con chiarezza, come se fossero lì con lui. " Diciotto. Ti ho tenuto nascosto solo il mio nome, tutto il resto è vero. " le spiega ma non la guarda, ha di meglio da vedere che Nene che si mette a pulire il casino che ha fatto, inoltre non ha il coraggio per vederla arrabbiata con lui. Questa è la sua penitenza, questo è il suo rimorso e fioretto per pagarlo: è diventato una persona speciale per lei, le ha preso qualcosa che non potrà mai riavere indietro e nonostante tutto stamattina era ancora lì, di fianco a lui per la prima volta. Si era convinto quindi, le avrebbe detto tutto e se lo avesse lasciato... difficile dirlo, vorrei dire che l'avrebbe lasciata andare ma così non è per quanta ossessione ha nei suoi confronti. " L'unico Nobu che hai visto vero è durante le missioni... e ieri sera Nene, tutto il resto, la sera delle camicie stesse, sono solo una delle tante maschere che uso perchè sono vuoto, perchè, tu che mi hai visto per come sono davvero, non ho niente di piacevole da offrire e non sopporto di essere rifiutato... abbandonato. " porta le mani a tenersi le spalle, stringendosi, facendosi piccolo, ingobbendosi appena fino a finire con la fronte contro quel vetro. Gli occhi rimangono puntati all'interno di quella casa dove è cresciuto e morto, dove per non dare problemi e pensieri si è tenuto tutto dentro fino a mutare e diventare qualcosa di diverso. La guerra lascia cicatrici indelebili negli animi delle persone, sopratutto nei più giovani che si vedono sopraffatti da essa. Momo si alza in piedi e comincia a scodinzolare, mostrando quel culetto di pesca ad appunto chi lo stesse guardando oltre la finestra. Passi si fanno avanti nella stanza fino a quando una figura si palesa. Singhiozza, distrutto, la vede lì, sciupata, smagrita, stanca... Nora, sua madre. Torna a casa e poggia sul tavolo subito quel sacchetto di cartoncino dalla quale sfuggono fuori quei frutti esotici che lui ama: dragon fruit, mango e papaya, frutti che non le piacciono a lei ma che si sforzava di prendere per lui. Il viso è contento comunque, radioso, di chi ha ritrovato forse la fede di riabbracciare loro figlio anche se Nobu, speranza, non tornerà. Quei messaggi, quei 999+ messaggi che ora hanno una doppia spunta blu in seguito alla serata con Kazuma, con lui che voleva scrivergli ma che poi ha cancellato il messaggio senza premere invio. Vuol dire che loro figlio li ha letti o almeno che sta bene. Se ne è andato di casa senza mai dirgli nulla e solo i kami sanno quanto siano stati in pensiero e lo sono ancora. Il tappeto già sporco di quel liquido si bagna con diverse gocce che sembrano provenire proprio dal viso di Nobu che si sta lasciando andare. " Non posso tornare da loro perchè non mi riconoscerebbero più come loro figlio ma come il mostro che se l'è mangiato. Ti ho chiesto di venire con me qui perchè in due giorni ho una missione e devo prepararmi mentalmente ad uscire per strada e al pericolo di essere riconosciuto, ma sopratutto perchè ti dovevo delle spiegazioni." termina di parlare, lasciando che sia di nuovo lei a sfogare la rabbia e a fargli domande, voltandosi solo ora a guardarla, indifferente del fatto che è un disastro in volto e che quelle lacrime lo rendono orrendo di fronte a lei. [Byakugan I][ch 18/20]
Giocata del 21/03/2021 dalle 01:33 alle 02:32 nella chat "Luogo Sconosciuto"
Frammento dopo frammento il petto si distrugge di una sensazione sconosciuta. Nel cocktail di geni che la costituiscono - non era concepito ne il tradimento ne l'amore - o forse erano concepiti entrambi un po' troppo? Ricurva sui cocci, si presta ad impilarli con una cura maniacale. Uno sull'altro. Presto. Potrebbe farsi male - potrebbe sentirne il bisogno. E allora cosa dovrebbe fare ancora una volta ? Quel pugno alzato la porta a stringersi di scatto nelle spalle - e non a replicare. E perchè non alzi la testa invece di stringerti nelle spalle? Perchè Nobu, o Ryota - è così diverso da tutti gli altri. Avrebbe reagito. Avrebbe alzato il pugno esattamente come lui, e non avrebbe titubato un attimo. I cocci nelle mani fasciate e purpuree - ora sembrano poterle affettarle la carne con la facilità con cui perirebbe il burro sotto una lama calma. Sente male. Un male tanto espanso da non riuscire a capire nemmeno da dove esattamente stia arrivando, da dove sia partito. Ah, la mano. E' quì che pizzica. Per fortuna il taglio è tanto piccolo - da non vedersi nemmeno. Però brucia. S'accorgerà in ritardo di star sanguinando. " Perchè ? " Che stupida, una domanda stupida - ma almeno gli occhi si distraggono. Il rumore ovattato finisce per strillare contro il fondo del cestino - lo stesso che ha raccolto e che ha mollato lì - tra la finestra e il letto. Due separati. E' divertente pensare qual'ipotesi la condurrebbe a passare un altra notte con uno sconosciuto. Con questo disastro di uomo. Lo disprezza. Lo odia. Ha perfino qualcosa che non ha - e che non capisce. Chiude gli occhi e rimane zitta. Forse vorrebbe sentire domande - forse vorrebbe appagare la propria sete in una fonte che ora si presenta improvvisamente arida. Niente acqua in questo deserto. Ed ogni momento in cui ha voluto esser lei forte - forte abbastanza per entrambi. Forte abbastanza per trascinarlo dal colletto fuori dalla sua stessa merda. Il respiro trema - e le mani in faccia nascondono un espressione inesistente. Anche ora non saprebbe aiutarlo, non più da compagna - ma da amica. O da quel che poteva definirsi. E poi chi è lei per dover aiutare tutti in questo modo, una figlia dei Kami. Ah no, l'hanno dimenticata. E lei di rimando s'è dimenticata di loro. E dell'umanità che si dovrebbe avere, al di fuori della guerra. Una vampata di calore al palmo della mano la riporta lì, in quella stanza. Questo sole, oggi - ah, che fastidio. Come potrebbe il tempo esser tanto piacevole proprio adesso? E perchè alle terme, invece, pioveva tanto? Questa storia è un disastro, è tutta sotto sopra. Perchè non torna semplicemente a casa? E dall'aver paura della sua mano, in quello scatto che l'ha vista chiudersi come un riccio sui suoi stessi misfatti - è rimasta così. Dandogli le spalle. Evitandolo a sua volta. A mettere tutto apposto. E' tutto okay - questo è rotto. Noi no. Quante bugie v'ha detto il narratore, oggi? Non lo odia, non davvero. Forse odia se stessa per aver perso a questo gioco senza regole che è la guerra. O era amore? Unh, non ricordo. " Cosa ti ha portato a pensare di non poter più essere Ryota? Cosa ti ha portato a pensare di non essere più loro figlio? " ... " Hai idea di come si sentirebbero nel sentirti dire una cosa del genere? Hai idea di quale torto tu gli stia facendo così? " Che fatica. Che fatica mettere tutti quei cocci nel cestino. Che fatica evitarlo - e cercare di comprenderlo. E' una frase ricorrente questa, cercare di capire il prossimo. Ma perchè è tanto necessario farlo? Perchè è così scontato, comprendersi? Gli occhi si riaprono, e non c'è più niente da raccogliere. Allora fissa la macchia. E' carina, sembra un coniglio - un po' strozzato, un po' sofferente. Il capo curva, cerca una nuova forma. Ma no, non c'è niente da guardare. " Perdonami. Sono la persona meno indicata - - per queste cose. " Almeno ci sta provando. Forse sembra stupida. Sembra un po' il topolino che corre sulla sua rotellina, cercandoci sollievo. Provarci è abbastanza, lo sarebbe - se solo lui non fosse così importante. " Però per arrivare a tanto, che cazzo è successo?! Voglio dire, è palese che sei innamorato dei tuoi genitori. Lo vedo. Lo vedo dal riflesso anche se non mi stai guardando. " Sfila il viso da sopra la spalla - le ginocchia s'estendono. Immobile. Quel riflesso, il riflesso del suo amore - sembra macchiarsi in modo indelebile dalla rottura dei suoi condotti. Si ricorda. Anche lei lo ha fatto. Anche lei s'è spogliata - e s'è sentita un verme. Deve essere meglio di così. Deve elevarsi. Deve respirare. Le labbra tremano, contuse - come petali ed ematomi che arraffano avidamente ossigeno. S'avvicina. Ha avuto paura. Ma non era quello che voleva avere per lui - cosa voleva allora? Forza. Abbastanza per entrambi. Affonderebbe il viso al centro della sua schiena, e le braccia gli avvolgerebbero il petto. Le mani parallele lo terrebbero lì, schiacciato contro il suo viso - a nasconderla. Inspira. Ah, si, ora si sente un po' meglio. A casa. Come s'è permesso di arrivare a tanto? Come ha osato. Quanto lo odia - quanto. Quanto. " Dimmi quello che pensi. Quello che non hai mai detto a nessuno. "
Giocata dal 22/03/2021 21:46 al 23/03/2021 00:48 nella chat "Luogo Sconosciuto"
Si ricompone, per quel che può, perchè esattamente come quella bottiglia rotta, lui che è un vaso vuoto e rotto, ci sta Nene che ne cerca di mantenere insieme i cocci, abbracciandolo da dietro, poggiando la testa contro la sua schiena, così lunga che sembra un autostrada eppure, a differenza del solito, così piccola, con quelle spalle che sono chiaramente stanche, pesanti , ingobbite dal fardello. " Proprio per questo motivo non me lo sentiranno mai dire e non mi vedranno. Mi chiedi come mai non penso di essere più Ryota? Semplice, perchè sono diventato esattamente come l'opposto di come mi hanno cresciuto. Il Nobu che hai visto non può essere il loro Ryota." La risposta è semplice e forse è quella semplicità ad essere allarmante, come in un equazione che non rispetta i campi di esistenza e che quindi non può essere corretta, con quel risultato presente che non rappresenta il valore di X ma bensì di un altra incognita appunto. Come si devono sentire, perchè come si sentirebbero a saperlo così, proprio trasformato nel mostro che gli raccontavano nelle storie, quelli che intorno a loro bruciano tutto, che con le loro mani non possono tenere niente a loro stretto e caro perchè appassirebbe come un fiore. Difficile raccontare tutto con un nodo alla gola fatto dal miglior marinaio, in grado di tener ancorata alle la più voluminosa nave al molo, eppure, tra le brecce di quelle corde intrecciate, spizzichi e bocconi cercano di farsi strada per parlargliene. Sei qui apposta Nobu, le hai chiesto di venire con te perché è giusto così, perché ti fidi, perché stamattina era ancora lì, con te, al tuo fianco dopo che ti ha visto per l’ennesima volta per come sei. Anche adesso lei è lì, a tenerti insieme, ad abbracciarti e farti forza, è giusto che lei sappia. Cerca di voltarsi, avendo visto quello per la quale era venuto, una visione che terrà ben a mente e che continuerà a guardare per i prossimi giorni prima di scendere giù giovedì per fare quella missione. Alza la mano destra questa volta con il palmo aperto, cercando di appoggiarlo sulla testa dell’unica persona che si sta preoccupando per lui, qui e ora, l’unica persona che ama Nobu. " La guerra, ecco che cosa è successo. Non è una storia così strana o rara da sentire… " comincia a parlare per poi cercare di farsi largo per tornare a sedersi sul bordo del letto, poggiando le mani all’indietro, inclinando la schiena di 45° appunto. Lascia il byakugan attivo, a guardare quella finestra, a vedere Momo che scodinzola e il viso gentile di sua madre. " …abbiamo perso tutto, siamo arrivati come profughi qui a Kagegakure, scappando dalle bestie. Purtroppo certe cicatrici non si rimarginano con il tempo, specialmente per quelli come me alla quale non piace parlarne. Sono passati dieci anni e ancora mi bruciano dentro, a ogni battito del mio cuore. Ti lascio immaginare un bambino di otto anni cosa possa provare, cercando di non dare pensieri ai suoi genitori, preoccupati di rimediare una coperta e un pasto per ricominciare a vivere. " già, non è niente di così strano, i superstiti della guerra, storie che si possono sentire ovunque in giro per Kagegakure e quella guerra che porta ancora con se strascichi negli animi delle persone, non importa la celebrazione dei dieci anni, certi orrori non dovrebbero essere vissuti dagli innocenti. È innamorato dei suoi genitori? Certo, gli mancano, ogni giorno. Sanno che qualcosa in lui stava cambiando, lo hanno vissuto ogni giorno e proprio dopo uno screzio con suo padre, Manabu, se ne è andato di casa, quando ha visto che stava diventando violento con lui, riconoscendosi in quelle stesse bestie dalla quale sono fuggiti. Per questo quella sera gli stava per scrivere che stava peggiorando, messaggio poi cancellato per non dare loro altri pensieri, altre preoccupazioni, lasciarli appesi alla speranza che lì fuori, loro figlio stia bene, come quella diretta televisiva dove è possibile lo abbiano visto dal momento che è stato presentato come nuova recluta della Shinsengumi. Guardatemi Nora, Manabu e anche te Momo, sono uno della Shinsengumi, sto bene, sono a posto, non preoccupatevi, vostro figlio è vivo e dovete esserne fieri. Oh se solo fosse solo questo il motivo per la quale è entrato dentro, per fargli credere che Ryota sia ancora lì. Forse è questo ma c’è anche la necessità di farsi sciogliere il guinzaglio all’evenienza, aver la finestra per potersi sfogare come meglio vuole senza ripercussioni alcuna. La Shinsengumi per lui, sia per il fu Ryota e l’attuale Nobu, è tutto, è il futuro che congiunge il presente, dando un futuro al suo io attuale. Non è sicuramente ciò che gli fa bene, ciò di cui il suo disturbo ha bisogno per guarire… ma anche questo pensiero non è corretto. Ci ha pensato, parecchie volte e un attimo fa ancora, quando Nene gli ha detto che ha sempre voluto il suo compagno. Nene vuole Nobu, quello di ora, quello che ha visto e che ha imparato ad apprezzare, desiderare ed accettare, stando al suo fianco nei momenti del bisogno e anche ora. E allora andarsene, sparire, guarire da quel disturbo che lo caratterizza, che da quell’identità al suo attuale io, ha davvero ragione di farlo? Non vorrebbe dire abbandonare Nene così come ha abbandonato Manabu e Nora qualche anno fa? Non vuole privarsi di lei, non vuole che lei si privi di lui nonostante non sa quanto sia importante per la salamandra. La guarda, con occhi tristi ma innamorati, spostando quello sguardo dall’amore del suo passato al suo amore del presente, con lo stesso sguardo, non cambia nulla. Si perde in quegli occhi cerulei ma non la tocca, si sente brutto e più velenoso di quanto è lei, però la guarda, riempiendosi quelle crepe con la sua essenza, della bontà che gli offre spontaneamente, in maniera vera senza pretendere nulla in cambio, come una bambina che si preoccupa per te e ti mette un cerotto, anche se sai che è inutile. Non è tanto l’efficacia delle cure, quanto il gesto di per se, quell’attenzione, il sentirsi amato e ben voluto. A volte questo basta e a lui, che non ha la pretesa di avere nulla, considerandosi un portatore di dolore per il proprio piacere, questo è più di quello che potesse mai sperare, essere accettato e ben voluto per quello che è adesso. " Tutto questo che ti sto dicendo non l’ho mai detto a nessuno, nemmeno ai miei genitori. Sei l’unica Nene. Se hai visto il mio amore nel riflesso allora guardami mentre ti guardo e dimmi, cosa vedi nei miei occhi quando mi perdo nei tuoi? " amore ma anche solitudine, tristezza, rabbia. Le emozioni le vive in maniera diversa, il suo mondo è come se qualcuno si divertisse a giocare con la barra della saturazione per quei colori che gli dipingono l’animo e con quella della luminosità con i problemi che lo affliggono. Questo è Nobu, una persona instabile, tremendamente instabile. Scappa Nene, fuggi finchè sei ancora in tempo, non lasciare che l’ossessione di una persona disturbata, che ha scambiato un dito per te stessa, ti trascini in questo spirale senza fondo. Guardalo, supera quegli occhi e vedi l’abisso che ti aspetta infondo, non fare quel passo così deleterio. Tutti pensieri, parole che vorrebbe vomitarle addosso eppure, sta zitto, bloccandole in gola, perché lui la vuole, ha bisogno di lei perché senza di lei ad accettarlo allora… chi lo accetterebbe Nobu? [Byakugan I][Chk 17/20] Così grande, da svanirci dentro - e come può ora sembrare così assurdamente minuto? Così gracile - da spezzare tra le dita. Come può un umano qualsiasi, improvvisarsi ingeniere aerospaziale, senza causar disastro alcuno? Come può cambiare vesti e voce, fingendosi assurdamente a proprio agio. Esser traditi e presi in giro è una ferita purulenta - tanto dolente a tal punto da tramortirla e lasciarla lì. Niente più di un paio di orecchie. Il sentimento si rivela nitido, poi corrotto, poi nitido, poi evanescente. Oh, sarebbe bello prenderlo e spogliarlo d'ogni pensiero per veder che gli rimane nel nucleo, per comprendere alla base cosa ne sarebbe rimasto. Ma forse, ciò che ci aspetta, non è nemmeno quello che si racconta nelle favole. Le spalle si allargano - le braccia che gli chiudono il petto sembrano tenerlo tutto assieme. Non crollare. Non farlo. E se lo fai, ricostruiamo qualcosa di meraviglioso. E lei? Lei neanche ricorda cosa l'ha fatta crollare, e forse questo processo - la ha già passato da sola. E forse quel che è riuscita a ricostruire non è troppo dissimile dalla marionetta di s'è fatta da uno stupido burattinaio strafatto. Storta e orrenda. Con un riflesso distorto è più sporco, di quello di Nobu dagli occhi d'opale che ora veste il vetro meravigliosamente. A dire il vero ha smesso di guardarlo da un pezzo - ha smesso di pensare lasciandosi andare a quel ronzio fisso, così amichevole. Così caldo. E il calore che percepisce dura talmente poco - da lasciarla improvvisamente sola in mezzo alla stanza. Stava abbracciando Nobu, dov'è adesso? Vaga, nel panico - ah, eccolo sul letto. Ha sentito, non pensiate che non l'abbia fatto. Ha sentito e ascoltato, una volta ogni tanto - ma è stata così passiva nel suo abbandonarla, da ritrovarsi danneggiata, priva di una parte di se. Quindi la guerra non ha risparmiato nessuno, a dire il vero. È stata una sferzata negli occhi di chi aveva in promessa una vita meravigliosa e così felicemente semplice - in paesi che a differenza dal suo, non avevano visto guerre da troppe epoche e troppi rettori. A differenza sua che sarebbe stata una circospetta promessa al futuro - Nobu avrebbe potuto avere di meglio. Forse ora, ascoltandolo, lo comprende. Il suono ha visto la promessa, la dittatura, la speranza. Il respiro. Il sangue bollente. La volontà del Suono. E il dirupo, lo stesso dal quale si affaccia ogni giorno per sentir l'eco dell'aria urlarle ancora addosso, renderla fragile - e così maledettamente affilata. L'amore è quello, quindi? Quello liquido negli occhi di Nobu? Ah, è un difficile sconosciuto. Non ci ha mai parlato - e diffida da esso pur cercandolo con ogni respiro sulle labbra. Gli occhi come un cielo in estate si levano, lo trovano - quell'amore. Lo sfiora. Scappa. Si fa male. E torna a cercarlo. Non saprebbe cosa rispondere; Mi dispiace si dice agli sconosciuti, e se non si ha niente da dire - sarebbe meglio tenere la bocca chiusa. Le mani si portano al colletto della camicia bianca - hanno una rovinosa discesa lungo la via lattea dello sterno, dell'addome - e quello che la vestiva - diviene presto uno sciocco drappo bianco da gettare a terra. No, non è niente di quello che vorremmo credere. Le maniche semi trasparenti di un cotone non troppo spesso scivolano via dai polsi e dalle spalle. Mansueta. Contusa. Niente di meraviglioso in un fiore calpestato. "Vedo un uomo senza identità. Che vuole proteggere ciò che ama, e non ha ancora capito che via vuole prendere. O chi dovrebbe essere. O come scendere a patti con ciò che è divenuto." Non si accosta a lui, non si cura di chiudere le tende di quella vetrata - ma ora, si muoverebbe vestita di quella gonna e di una sottile bralette color crema dai bordi trasparente che lasciano intravedere forme puerili, nervose. Il collo d'un cigno si volge all'arto che porta una sigaretta pallida e spenta tra le labbra, incastrandola li. Prendendosi un attimo. "A volte perdonare è importante. Perdonarsi soprattutto. E se tu hai la certezza di non essere più Ryota, morto alle porte del tuo vecchio villaggio, allora impara ad essere qualcuno di nuovo. Incanala ciò che sei nella persona che vuoi essere, trasformando quel cagnaccio nel tuo punto di forza. " Uno, due, ah - quante scintille ci vogliono ad infiammare questo stelo. A muover la cassa toracica in modo cotanto mansueto. Rotto. Distorto. Perdonati, io l'ho fatto. Rido di me. A volte piango terribilmente. Non mi vede nessuno. A volte ho paura del buio. A volte ho gli attacchi di panico. Va bene, mi perdono per esser nata quí. In mezzo al chaos. Finalmente la sigaretta si accende, fa' fatica - ma le sfama il petto. Le crea un espressione tersa di sollievo dopo qualcosa di difficile. La mancina invece si solleva, mentre gli da' le spalle - si indica quella serie di lettere e numeri scritti in typewritter. KK21. "Se io posso essere più di un codice, tu puoi essere qualcuno di cui i tuoi genitori andrebbero fieri. Non Ryota." Qualcuno di nuovo. Cambiato. Ma non in peggio, non necessariamente. "Non guardarmi con quegli occhi. Non troverai te stesso dentro me." ... " Ti staró accanto chiunque sarai. Ma è chiaro, che Nobu non è niente. È una maschera momentanea. È il Signor Nessuno che hai vestito molto bene fino ad ora. Quello che mi dà conforto e che chi combatteva al mio fianco, chiunque esso sia, lo ritroverò ancora. Chiunque sarai. " Giusto? La guarda spogliarsi di quel velo di tessuto ma soprattutto di quel segreto che porta, quel codice impresso tra le spalle. Non capisce, come fa a ricollegarlo agli esperimenti di Oto genetici? Non sono divulgati con tutti e soprattutto non con lui che proviene da un altro villaggio in origine, dove il termine Doku gli ès tato detto solo da Naomi quando hanno parlato del sangue e del litigio tra le due ‘sorelle’ che sorelle a quanto pare non sono? Vorrebbe sapere per poterla capire, apprendere da lei e assimilare quel concetto che sembra volergli donare ma, ignorante, quelle parole perdono di efficacia non riuscendo a contestualizzare quello che gli sta facendo vedere, non riuscendo a dargli quel significato che ha quella sigla alfanumerica. Lo prende un po' come un identità, un po' come il drago che ha impresso sulla schiena con l’inchiostro appunto per ricordarsi sempre di chi è e da dove viene, ricordando il cognome della sua famiglia. " Non è facile come dici te Nene. Non si tratta di scendere a patti con ciò che sono divenuto anche perché quello ormai non lo posso cambiare. " risponde con tono molto calmo, pacato forse fin troppo tiepido a dirla tutta per il discorso che stanno trattando. Alza le braccia a incrociare le dita tra di loro dietro la propria nuca, con i palmi che fanno da cuscino. Si lascia cadere con il dorso della schiena sul materasso, con le mani in mezzo tra la morbidezza e la sua nuca. Vorrebbe che quella sensazione di morbido provenisse dalle cosce di Nene, vorrebbe vederla, riposare su di lei, guardarla e perdersi in ogni dettaglio ma si accontenta del letto dell’hotel. " È esattamente quello che sto provando a fare Nene, secondo te perché sono entrato nella Shinsengumi, per sogni di gloria o per eroismo? Mi conosci abbastanza da sapere che non sono quel tipo di persona. " Sbuffa un attimo, prendendosi una piccola pausa riflessiva. Deglutisce rumorosamente per poi riprendere a parlare, alzando la mano con il palmo aperto rivolto verso il soffitto, guardandosi il dorso della mano, perdendosi nelle linee che compongono i tendini, con origine quelle nocche, le vene gonfie che si intravedono sotto quello strato di pelle color cioccolato al latte così sottile. La gira infine, piegando appena l’avambraccio per poter vedere quel palmo che si era aperto ieri notte con il coccio di vetro derivato dallo specchio che aveva rotto. Cosa vuole prendere con quella mano? Ci pensa, ci riflette mentre proprio quella mano è il riflesso della sua persona attuale, intera ma rotta allo stesso tempo. " Forse è il connubio di cui ho bisogno, la dualità per stare bene con me stesso, per permettermi di essere la persona violenta che sono adesso ma facendo del bene come mi hanno insegnato i miei genitori, non lo so Nene, è tutto un casino e anche il miglior genjutser in grado di entrare nella mente degli shinobi avversari, si perderebbe nel dedalo labirintico che ho in testa. " Abbassa di nuovo quella mano, riportandola a ricongiungersi con l’altra nella posizione originale. Messaggi di speranza, di incoraggiamento eppure come possono essere fieri di lui i suoi genitori? Gli interessa renderli fieri? Probabilmente si, eppure manca di quella avarizia, di quell’ambizione che lo spinge a tanto, a Nobu, a Ryota tutto ciò che importa è essere accettato da loro. Non si cerca nei suoi occhi, come potrebbe: gli occhi sono lo specchio dell’anima ma della propria, non di quella di colui che ci si riflette. Gli starà accanto, fino a quando? Perché non mi dici niente Nene? Ti ho presa in giro fino ad adesso solo per averti qui, egoismo puro. Va bene così però, stammi vicino, non lasciarmi, senza di te sono perso. " Lo hai capito te che mi conosci relativamente poco, secondo te, ORA, con tutto quello che sai, posso mai andare da loro, farmi vedere così, vuoto e falso? " Scuote quel capo, loro lo conoscono e non importa i vestiti sfarzosi che mette, i sorrisi falsi che indossa e il trucco che adopera per coprire i segni di quel cambiamento, il tutto sarebbe palese, chiaro come la luce del giorno agli occhi delle persone che lo hanno messo al mondo. " A.. " si ferma, titubante, con la voce rotta, tremante. Ingoia quel rospo, amaro come il veleno. Il cuore gli comincia a dolergli fino ad afferrarsi il petto con la mano mancina e stringerlo per evitare che gli salti fuori. È in difficoltà e sta soffrendo anche fisicamente, come se qualcosa gli causasse quel dolore, una morsa oscura attorno al suo motore vitale qualsiasi volta lui ne provi a parlare. Si fa coraggio, prendendo un ultimo respiro a pieni polmoni per poi rialzarsi, affannato a guardarla dietro a qualche ciocca nera di capelli. Apre le labbra in un primo tentativo, le labbra si muovono ma esce solo aria, nessun suono. Le richiude, mordendosi il labbro inferiore, forte, fino a bucarsi la pelle con i canini superiori con quel rivolo di sangue che gli bagna il mento liscio da qualsiasi filo di barba, ancora nella fase di crescita con quest’ultima non ancora sviluppata del tutto. " …aiutami Nene. " esce in un bisbiglio a dare voce a quella dialettica labiale che già prima aveva pronunciato ma con un risultato pessimo. Una supplica a cuore in mano perché non sa come fare a perdonarsi e a cambiare da solo e quella parola, quella richiesta disperata è pesante come un macigno dato che sono almeno tre anni che la tiene lì, da quando è scappato di casa, da quando ha capito che stava cambiando e che tutti quei silenzi e il voler essere forte per Nora e Manabu lo avevano infine piegato e spezzato sotto il peso degli eventi. Disattiva il byakugan, guardandola di nuovo con quegli occhi di ghiaccio che conosce bene, fin troppo bene e, anche se non sono stanchi e l’abilità oculare gli permette di vedere tutto, lui è cieco per quello che riguarda la vita e sul cammino da seguire, buio totale.
Giocata del 24/03/2021 dalle 19:43 alle 22:32 nella chat "Luogo Sconosciuto"
Il suo allungato riflesso sui bicchieri sembra raccontare una storia differente. L'occhietto iniettato di sangue sembra voler rimanere vigile, ancorato con ambo i piedi su un pavimento le suona terribilmente instabile. Il suo amore. Le sue parole. I suoi occhi. Perchè dovrebbe guardarla in quel modo? E perchè lei, senza nemmeno accorgersene - sembra far lo stesso per un attimo. Quel riflesso, quello allungato e un po' triste - non riproduce chiaramente la realtà dei fatti; ha splendidi occhi lucidi - e tra le efelidi si è disegnato un broncio. Anche lei vorrebbe sentire la mancanza, vorrebbe sentir di esser attesa. Eppure al di la' di quella metaforica porta, nessuno ha l'orecchio teso per sentir i suoi passi. Nessuno la sta aspettando. La nuca da dietro sembra meravigliosamente tersa - disegna un lato nerboluto in contrazione furiosa. Non vuole dirgli e dargli niente. Non vuole nemmeno farsi carico di ciò che lo frustra a tal punto da piangere - da fletter quegli opali preziosi fino a metter in risalto le venature degli occhi. Ora Nene deve sembrar un ammazzo d'action painting fatto di vasi sanguigni rotti e ossa rinsaldate quì e lì - come piccoli noduli. Sotto le vesti c'è una guerra - l'epidermide, gli organi, i pensieri. Il chakra sopito è esiguo, farebbe ridere chiunque. E' letteralmente una ragazza qualsiasi, con qualche ferita di troppo - e un esagerazione di calli ossei. Le narici lasciano andare il tremante baffo di un sospiro e, per assurdo, si potrebbe ridere pensando che proprio Nene sia riuscita a sopravvivere alla guerra in questo modo. Chakra esiguo, talento nullo, tecnica nulla. E comunque quel riflesso mente, Nene non piangerebbe mai davanti ad un uomo. E neanche lo amerebbe. Lo userebbe, solo per poi accartocciarlo nei palmi e gettarlo via in un fosso. Deriderlo. Farlo sentire piccolo e stupido. La Nene nel riflesso invece, è innamorata - piccola, ed impotente. Vuole esser scioccamente forte per poter sopperire alle sue mancanze. Vuole rispondere. E stringerlo tra le braccia. "Non-- hai bisogno di chiedere aiuto con me. So' che è difficile. Lo capirò, quando hai bisogno di aiuto. O fammelo capire." AH, che buffo. Ha perfino parlato quel riflesso. La deride, perchè mai si sarebbe immaginata così distante dal fronte. O forse in realtà, quest'assonanza non cade nei panni di loro. E' una guerra, lo è stato all'inizio - e continuerà ad esserlo. Però chiedere aiuto è difficoltoso, lo sente. Lo sente dalle labbra che tremano e dalla voce che muore soffocata in gola come quando provi a dire, /Ti amo/ - per la prima volta. Che sciocchi gli umani, con i loro pensieri. Con l'overthinking che supera il concetto di realismo svanendo nelle lande delle ipotesi. E sicchè è difficile, decreta la totale inutilità a doverlo dire. Fammelo capire, prometto che lo capirò. Però le promesse sono pericolose, lo sono più o meno sempre. Crei un'aspettativa, e lei - oh beh - lei non è proprio il tipo da raggiungere grandi risultati. Però ci prova. Ogni tanto. Ci sarò, in ogni caso. Va bene solo quello? Però, non lo ama. Forse quella nel riflesso, quella che ha qualche lacrima incastrata tra le sopracciglia. E' stanca e la spalla le fa' male, non la biasima nemmeno Nene - ma Nene, non piangerebbe mai per il dolore. Si ricorda di esser viva. Di aver combattuto. E questo la rende fiera, anche se alla fine ha perso. Le ciocche mosse d'ebano le sfiorano il collo, le nascondono il viso in un intimo separè. Cosa dovrebbe fare? Dovrebbe dargli una pacca sulla spalla? Dovrebbe inseguirlo - urlargli addosso. Dovrebbe dirgli che è una testa di cazzo perchè ai suoi problemi, la soluzione è talmente facile ed evidente da farla sbellicare? Forse dovrebbe. Forse lo pensa anche, a dirla tutta. Sminuirlo, buttarlo via, vederlo ferito - ed abbandonato. Sa' pure dove colpire più forte, per fargli male. "Quella è tua mamma?" Gli occhi hanno abbandonato quel riflesso, quel che alla fine è veritiero - se non stiam ad inseguire il turpiloquio di Nene. E d'innanzi alla vetrata, prende il suo posto. La vede a stento, in lontananza, piccolina. Deve essere una tosta, per aver un figlio testa di cazzo come Nobu, e amarlo ancora così tanto. E lei? Forse vorrebbe conoscerla. Forse -- ecco, forse vorrebbe capire cosa si prova ad avere una mamma. Chissa se le spazzolerebbe i capelli. Prima di potersene accorgere, le falangi pettinano le ciocche nere sulla parte alta del retro del capo - in modo lento, distratto. Si culla da sola, è abituata a farlo del resto. E la mamma di Nobu non è male. La mano si ferma a metà altezza, come se si accorgesse d'esser imitata da quello stupido e falso riflesso. Il busto si smuove, si volta - e qualche passo la reclama allo stesso suo letto. "Ti disprezzo per avermi presa in giro." Per cosa? Perchè è ossessionato? Perchè ha deciso di dover averla? Perchè Nene è tremendamente affine a quell'uomo. Perchè non s'è spaventata, schifata, o perchè non è fuggita? C'è qualcuno oltre la maschera. E quel qualcuno grida aiuto proprio verso la persona sbagliata. Allungherebbe la mano, ed un rigo trasparente osa solcar le ciglia nere per riversarsi nella fossetta naturale che si crea tra gota e naso. Una corsa folle la porta a morir al di la' dell'arco di cupido. Piange? E perchè dovrebbe? Per Nobu? Ah, non siate sciocchi. " Ti disprezzo anche per avermi chiesto troppe volte di dormire con te. E forse il riflesso della necessità nei tuoi occhi era finto... " Non l'ha capita, come potrebbe capire questo cubo di rubrik quando lui stesso è lì da tempo a girare i propri quadrotti? Il sapore salato delle lacrime diviene ingente - un altra, un altra ancora. Non s'è accorda di esser quel riflesso. Non ancora. E forse è meglio così. E nonostante tutto, non ha un briciolo d'odio per Nobu. O per Ryota. O per chiunque sia quest'uomo seduto sul letto. Le dita vorrebbero sfiorargli le gote, lì dove le venature vanno sopendosi e i suoi occhi a mettersi in mostra - meravigliosi come sempre. La pelle bruna sotto il tocco è sempre magnifica. C'è un magnete, deve esserci. E lei deve esser fatta in ferro, o qualche lega compatibile. Delle scosse percorrono quei polpastrelli. Le pizzicano le labbra. O forse è solo che si ritrovano umettate? " E poi hai ammasso di essere debole, io detesto gli uomini deboli. Ho sempre voglia di spezzarli. Tanto non si spezzano le creature senza spina dorsale. " Ma che cazzo sta dicendo? Le labbra si muovono, ma il riflesso polare e liquido degli occhi lo osserva come quel riflesso osservava lei pochi attimi prima. Hai fatto tutto quello che non dovevi, t'eri promesso di non cogliermi fin quando non sarebbe stato perfetto e invece hai rovinato tutto. O forse abbiamo rovinato tutto in due. Ti disprezzo profondamente perchè ti piangi addosso, perchè non fai quello che devi fino in fondo. Forse non è il meglio che poteva trovare, Nene - poteva accontentarsi di una qualsiasi, anche di Yoshino. Poteva trovare la crocerossina, ecco. Poteva piangere sul petto di qualcuno che nel petto ha qualcosa in più che un pugno nero e titubante. Però le mani di Nene sono calde, e le sue labbra - sanno di vaniglia e sangue. Il capo s'abbassa ed inclina - quei petali che ha per labbra finirebbero per posarsi su quelle di Nobu, spingersi appena. Imporgli qualcosa, come lui le ha imposto quella realtà. Amarsi. Sorreggersi. E se lui è tanto coraggioso da brandir una torcia ed infilarsi tra i cunicoli più buio in sua ricerca, lei s'è scoperta tirarlo tra le sue braccia dopo avergli vomitato addosso una sfilza di bugie e verità. Un pastone. Ti odio da morire, guarda cosa mi hai fatto. Dovevo esser egoista e combattere per me stessa, ed invece, siamo quì a combattere assieme. Non doveva andare così questa storia. "Allora perchè non riescirei mai a lasciarti affondare? Fino ad un paio di mesi fa' lo avrei fatto. " Com'è possibile? Una semplice addizione porta ad un risultato differente da quello che sarebbe stato scontato, all'inizio. Forse non vede passaggi, sì. Forse, non s'è accorta di qualcosa. O forse, la vista affogata dal trattener le lacrime per vederlo così - in difficoltà - le ha fatto perdere di vista qualcosa. Le parole sussurrate contro le labbra, se mai ci fosse arrivata vicina, la portano a far rigare il collo in una posizione differente. Quasi a dissuadersi dal continuare imperterrita. La bottiglia. Ah, ora capisce perchè piange. Si scusa - anzi no, trova delle scuse. " Ah mi è scivolata la bottiglia dalle mani. Che spreco di sakè. " E' per questo che piange, stupido, non farti illusioni. Non può leggere che cosa le sta passando per la testa, come potrebbe, parliamo di Nobu eppure anche Nene è parecchio complicata, troppo. Capire quando avrà bisogno? Sorride appena scuotendo il capo. " Non l’hai capito fino ad adesso, non l’hai capito ieri sera Nene, siamo qui apposta, perché ho deciso che non meriti di vivere nelle mie menzogne, perché nonostante tu sia ignorante su tutto quello che mi riguarda… ci sei sempre stata. " non può chiedergli di fidarsi così, dopo la fatica che ha fatto ad esternare vocalmente quella richiesta che è una vita che urla inconsciamente con le proprie azioni. Si becca quel veleno, quello vero, quello che lo ammazza dentro a ogni parola che quella lingua biforcuta ora gli vomita addosso. Lo disprezza. Come non potrebbe Nobu? Come mai ti sorprende? Le hai mentito fin ora, ti sei ossessionato di una parentesi, di una ragazzina che ti ha visto per come sei e che non si è spaventata davanti al tuo io. Una forma di egoismo assoluta nell’elevarla a tutto, a gradi e altezze normalmente non consone a quel tipo di relazione. Ogni frase che dice è come una stilettata, ferendolo, abbattendolo come una vittima di quel serial killer che stava impazzando in questi giorni. Il primo ‘Ti disprezzo’ è già sufficiente a ucciderlo a far si che quel cuore si frantumi in mille pezzi, inutile proseguire anche oltre. Ironico come nel raccontarsi, nel spiegarle come mai si tiene lontano dai genitori, quella stessa peggiore ipotesi è quella che ora Nene sta sfruttando contro di lui. Ogni frase gli toglie luce da quegli occhi e da quel viso. La guarda mentre lo ripugna e quel viso perde di ogni colore, di ogni emozione, di tutto. Se Nene non capisce che anche solo ammettere di essere debole, di chiedere aiuto e di volersi cambiare è un segno di forza, allora questa è una sua mancanza, non sua. La lascia finire e anche quando gli dice che non lo riesce a lasciar affondare in realtà non la sta più ascoltando. La guarda solo apatico, lasciando uscire quella voce atona, grigia, piatta. Priva di qualsiasi emozione. Non riesce a farlo affondare? Eppure lo ha appena fatto con quelle parole. Posa i palmi della mano sulle ginocchia ad alzarsi, quelle lacrime che le solcano il viso non valgono niente, sono finte, di coccodrillo, come quelle maschere che indossa. Ah la bottiglia, forse piange davvero per la sbronza che ha sprecato eppure… sake, lei non è propriamente da sake, ha altri gusti, ancora ancora se fosse una bottiglia di soju lo avrebbe capito. Si vede che gli importa talmente poco da sprecare lacrime addirittura per una bevanda di serie B. Va bene, questa è la sua punizione per non essere stato onesto con lei, per essersi preso gioco di tutti quanti, per essersi fatto schiacciare dal suo problema. La guarda, dall’alto verso il basso, separandosi da quella fronte e da quelle labbra così vicine. Ah adesso ha capito. Deve fargli talmente schifo da farla piangere per il disgusto. Passa la mano destra verso il viso di Nene, cercando di spostare quelle ciocche nere per raccogliere una di quelle lacrime con il polpastrello del pollice, umettandosi le labbra, raccogliendola con la lingua. Salato, amaro. Si nutre quasi di quella falsa sofferenza della Doku. " Oh, non ti preoccupare. Mi hai appena affondato te, tranquilla, vado a naufragare da un'altra parte. " un incubo, eppure se l’è cercato. Forse doveva tenere le distanze con Nene così come sta facendo con Nora e Manabu, forse doveva continuare a mentirle. Non sa che cosa gli fa più male in questo momento tra quelle parole e vedere il coraggio richiesto essere calpestato così senza ritegno da parte di Nene. Se l’è meritato infondo, è questo che si rischia a tradire le persone e la loro fiducia. [chk on] Non è facile comprendere le parole non dette, forse -- ha dato per scontato la luce nei propri occhi. Le sembrava così fragile, ma presente. Fino ad infastidirsi da sola. Il suo odore. Stralsci di una vita passata che risale solamente a ieri sera, che si ripresentano con lo stesso effetto di una luce che si accende e si spegne ricreando ogni volta un nuovo scenario. Lasciandole addosso il vago sentore di qualcosa che ha donato, e qualcosa che l'ha trascinata a fondo. Va bene così, alla fine. Va bene anche non comprendersi, non è vero? E lei che per un frangente s'è aperta le costole per fargli curiosare all'interno - insegue quella mano coglierle una lacrima per farsi beffe di ciò. Di quel che ha detto, della fiducia che non gli ha chiesto. Le sopracciglia corvine s'arcuano verso l'interno - e l'espressione, non è più la stessa di prima. Passa un debole corollario tra il confuso ed il ferito. " Come puoi aspettarti che io lo capisca? " La voce sfiora quel palmo, lo stesso che naufraga tra lineette traslucide che le bagnano la pelle. Lo stesso liquido amaro che accentua il calore e la saturazione dei colori per qualche istante annichilendolo e non più solo sentimentalmente. Che abbia potuto baciarlo o meno, nel confessarsi nel peggiore dei modi - tirerebbe indietro il capo violentemente. Vattene. Anzi no, vattene /Nene/. Non sai fare niente, nemmeno parlare. E chiudi quelle costole, che a nessuno frega niente del tuo cuore. Incomprensioni. Ha tamponato il bruciore di chiederle aiuto, ha provato a dir che non ce ne sarebbe stato più bisogno. Che ci sarebbe stata. Gli ha confessato che tutto quello che ha fatto, o che avrebbe fatto una persona qualsiasi - lo odia, la inorridisce profondamente. L'avrebbe, fino ad un mese fa', spinta a dare del suo peggio. /Mi hai lasciato affondare ora/. E come? Dicendogli che è differente, probabilmente. Dicendogli che non lo lascerebbe affondare, qualsiasi cosa le faccia? Le ginocchia tornano ed ergersi ed una mano, inconsapevole, si trova a tastarle il costato nudo. Fragile. Va bene. Vai via adesso. Se tendi il braccio mentre strappi i punti fa' un male atroce, ma smette subito. E perchè si tasta il costato, mica lo ha aperto davvero. Stranita. Getteta in un mondo a parte ed impervio. Alla fine parlare è molto più complicato di picchiarsi, e forse farlo non le piace più troppo. Le mani scivolano lungo i fianchi. Che schifo il sakè, almeno si ricorda che non le piace. Ma a volte è più facile appezzar scuse che cercare la verità, non è vero? Sicuramente è così. I piedi sfilano la parata verso la camicia. E quelle lettere hanno di nuovo senso. KK21 non è fatta per queste cose. "Sei un egoista del cazzo, e non riesci nemmeno a vedere oltre quello che dico. Se tu avessi capito chi sono, invece di cercare dentro di me non si sa' quale fottuto miraggio - avresti capito che il mio disprezzo è morto lì dove è nato. Il disprezzo che m'avrebbe pilotato a trattarti come qualsiasi altra testa di cazzo ora non conta niente, a confronto di quanto poco io voglia lasciarti cadere." ... "E forse ti disprezzo perchè mi hai fatto diventare qualcosa che non capisco. Perchè ti sei spinto oltre i miei limiti. Ma questo non lo capisci. E va bene così." Un lasciarsi cadere addosso la camicia - e quella vetrata l'ha vista entrare e poi uscire in così breve tempo. E va bene così. Chiude i bottoni sul petto e quelle gambe, la pilotano via - via, lontana, e forse è meglio così. Tanto non si sarebbero mai fatti del bene a vicenda. O forse gli manca già da morire. "Tanto l'amore fa' schifo. E anche il sakè mi fa' schifo. Devo andare. Ho una fottuta piastrella da spaccare a casa. Fottiti." Il tonfo, immenso, pesante. E si fotta anche la porta. E poi non pagherà il sakè, non le piace nemmeno. [SE END] Parla ancora e ancora e ancora Nene "basta..." dice appena tra se e se e in quella pausa la sovrasta "BASTA! STAI ZITTA! HAI GIà DETTO ABBASTANZA!" le inveisce contro girandosi nuovamente verso di lei dato che pure lei si era alzata in piedi e se ne stava andando. Ma come? Già lui se ne stava andando visto che quelle parole lo avevano spinto fuori da quella presa, scivolato tra lo spazio tra le dita. " Come puoi aspettarti che io lo capisca?! " Le chiede a sua volta, di nuovo, davvero come può pensare che vada oltre al disgusto che gli ha detto di provare nei suoi confronti? Lei non capisce quando lui gli parla e allora come può lui capirla quando è lei la prima anon parlare, a esprimersi tramite parole di odio. Dovrebbe forse leggere tra le righe? Ah, illusa. Nobu sarà pure problematico ma forse solo uno psicologo può andare dietro a quelle parole velenose che gli ha detto. Che importa se non lo riesce a lasciarlo affondare se è lei la prima ad averlo fatto calare a picco con quelle parole. Bugie, non è cambiato niente e lui ha solo sbagliato a farsi vedere per quello che è davvero cercando ... non sa neanche lui che stava cercando: aiuto, perdono, cameratismo, amore. La linea è talmente sfocata che ora non lo sa dire, non sa cosa dirle. La guarda, con quegli occhi bianchi che ora la guardano non più come Nene ma come una di quegli estranei che guarda di solito: freddo, distante, uno sconosciuto. Ti ho fatto vedere chi sono e mi hai rigettato, letteralmente il peggio che potessi fare. Mi vuoi forte? Pensi che così facendo possa diventare forte? Ma tu esattamente chi sei Nene? Non ha cercato nessun miraggio in Nene, come avrebbe potuto quando non se lo merita? Era contento in realtà di quello che ha avuto fin ora e forse si voleva concedere qualcosa di più, un qualcosa che non gli è riservato a quanto pare. Se il cuore di Nene le duole, iol costato allora Nobu che deve dire esattamente? "Non so leggerti quella mente di merda che ti ritrovi. Non è colpa mia se la tua dialettica sono i pugni e non ti sai esprimere! Stai qua, non ti voglio vedere, se ti vedo fuori giuro che ti spacco di botte, fottiti te e la tua piastrella!" già, al diavolo Nene, l'amore, il sakè e quella piastrella, non ne vuole sapere più nulla mentre quel poco di colore abbandona quel mondo. Forse è meglio così, che gli stia lontano alla fine Nobu è solo una persona problematica. Meglio davvero che Nene non si faccia viva con lui per un pò, ha visto di cosa è capace Nobu e non finirebbe bene, non l'ha mai minacciata prima di adesso ma una spalla lussata sarebbe il minimo e sarebbe anche la sua fine come ninja e shinsengumi, finendo nei giornali come un nuovo assassino all'interno delle mura di Kagegakure. Se ne va prima di lei, tanto era già avviato prima che lei si vestisse e tutto, prendendo il telefono, bloccandola da tutte le parti, tentando invano di bloccare quell'emorragia che ora lo stava lasciando esangue, quel taglio nella sua essenza che gli stava facendo espirare pure l'anima. [END]