Kernel Panic

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con Fuji, Nene

17:33 Fuji:
 Un ambiguo suono può esser udito uscendo dall'ascensore che s'affaccia sul piano di residenza del fabbro. Gli echi rimbalzano dalla porta aperta dell'officina attraverso il lungo corridoio portando all'udito di chiunque il piacevole suono di legno che vien intagliato. Un suono più dolce del semplice battere, ma anche più prolungato nel tempo. Fuori da quell'officina già può esser vista un'ombra del gran lavoro che sta venendo portato avanti: Un gruppo di sedici mezzi busti in legno son accalcati in un angolo, tutti quanti intagliati con forme e visi umani di diverso tipo. Nessuno è simile ad un altro, forse potrebbero persino esser definiti belli; ma Nene ben s'è accorta che 'bene' non è sufficiente per chi risiede lì dentro. Non è il solo elemento caotico: son presenti infatti un sacco di pezzi di legno e metallo sparsi fuori dall'officina, è persino presente il divanetto normalmente tenuto all'interno. Di fianco all'uscio è presente una delle tante vetrate che s'affacciano sull'oasi sottostante, la quale contemporaneamente permette d'affacciarsi attraverso un angolo fortunato a quanto sta avvenendo dentro la stanza. Il solito caos interno è stato quasi completamente svuotato, lasciando un grande spazio vuoto al centro del quale posano pochi ed essenziali elementi. Il primo, più in evidenza, è Fuji. E' in piedi, con la mano sinistra impegnata da uno scalpello e le gambe attorniate da qualcosa che per Nene potrebbe esser nuovo: una sorta di esoscheletro sottile composto da assi legnose e metalliche che circonda il davanti e dietro delle gambe, così come i lati. Ognuna di queste assi si connette ad un piccolo tondino che, per chiunque fosse capace di osservare il chakra, potrebbe rivelarsi essere il punto nel quale dei fili di chakra si connettono, partendo dalla mano destra del burattinaio. Di fronte a lui è presente un blocco di legno che alla base par normale, ma che salendo sta prendendo delle forme grezzamente umane. Il viso è affilato ma ancora manca di dettagli. Parrebbe una vera e propria scultura. Ciò su cui sta lavorando al momento sono gli occhi, cui sinistro è appena sfiorato con i polpastrelli della mancina. Gli occhi del Chikamatsu son ben spalancati ed è immerso nella percezione tattile di quella figura. Scivolano le dita, passando poi lungo un sottilissimo solco del viso che par seguire la stessa traiettoria del pianto. In effetti, quell'entità ancora informe sembra ancora lontana dalla nascita ma già colma di amarezza. Ai lati e dietro quel blocco di legno intagliato son presenti inoltre tre specchi che rivelano ogni angolo e forma. L'unica altra cosa presente in quello spazio è Aozora, attualmente lasciata seduta su un blocco di legno poggiato orizzontalmente a terra. La mano dell'artista s'allontana poi da quel viso, le labbra s'inclinano negativamente: un'altra idea fallita. "Non va bene.." Sospira pesantemente, muovendo i fili invisibili collegati all'esoscheletro sulle sue gambe per farlo muovere di pochi passi attorno a quella creazione. La sua contemplazione è profonda, si direbbe distratto. Le luci all'interno son rosse e soffuse, con le serrande metalliche che serrano e bloccano totalmente la luce del sole che normalmente investirebbe il luogo. C'è qualcosa che non gli piace del suo lavoro, lo sente estraneo, come un fantasma. Forse dall'oscurità di uno o l'altro sentimento provato si accresce un delirio che mira ad una perfezione irraggiungibile. Con questo fanno 17 lavori scartati. "Ancora.." pronuncia a basso tono, insoddisfatto. {ck on} {chikamatsu on - esoscheletro up }

17:49 Nene:
  [Appartamento.] La bivalenza degli eventi porta il sentore di tanto malumore, quanto la frizzante travolgenza di un caso che finalmente sembra devolversi dall'esser informe, ad esser un quadro con i suoi primi elementi disegnati sopra, nemmeno potesse decantar il titolo d'investigatore. Vestita con una maglia nera dalla trama a costine e il collo alto, aderente quanto basta da renderne il respiro un marchio placido che si leva - s'abbassa - si leva. L'immobilità di due spalle minute e ricurve in avanti, quasi a volerla nascondere agli occhi di chi passa. Oh, sarebbe sbagliato definirla timida - sarebbe sbagliato definire Nene una creatura incapace di muover i propri fili con un assoluta precisione di chi ha perfettamente idea di dove è diretto. Eppure. Così fallace. Le tonalità del caffè si ripropongono ad ogni angolazione, così come l'amarezza di Fuji si riperquote nei tre differenti riflessi. E' un fiocchetto incastrato tra le ciocche nero carbone - che tira indietro due treccine francesi poste ai lati delle tempie. Nella gonna a tubino in tartan, mischiandosi abilmente nelle tonalità del nocciola e del panna, ricreando un richiamo delicato. Scelto. Ed eccolo anche nelle calze di nylon che le coprono le leve inferiori, facendo far capolino ad un paio di scarpette di vernice opaca dalla suola lievemente più spessa e comoda, probabilmente pensate per camminare tanto quanto apparire. Vorremmo dire che è appena arrivata - e che il suono dell'ascensore arrivato al piano ha cantato nel momento giusto per render nota la sua presenza. E forse, che sia nota o meno - non le è mai interessato abbastanza. Qualcosa in quella mezza marionetta vacua, è come miele - e lei, solo un fastidioso moscerino. Il ridondante eco di se' la trascina ad osservarlo con interesse e stessa riluttanza, vedendo nei suoi movimenti - qualcosa da schernire. Qualcosa da guardare con un occhio di riguardo. Di comprensione. Il costato appoggiato allo stipite da qualche tempo, ha un riverbero sottile - il muoversi dei tipici tacchetti contro il pavimento, ch'esso sia di legno o piastrella - potrebbe esser il primo avviso di una presenza imprevista. < Cos'ha che non va'? > La marionetta, ovviamente - non certo Fuji. Fuji, beh, ha parecchie cose che non vanno. [ck off][outfit: https://cdn.discordapp.com/attachments/402146820639293440/817064650864459776/8ebf98e4a32eef9774c1e762abebc4e3.jpg]

18:18 Fuji:
 Fragile composizione, la sua. Non perché sia brutta, ma di fatti manca di ciò che Fuji tenta di creare: realtà. Qualcosa di così tanto perfetto che dovrebbe essere in grado di ingannare persino il suo utilizzatore. Aozora ne è l'esempio. Gli è difficile cogliere cosa sia realmente necessario per raggiungere quell'obiettivo. Cerca un che di illuminante nelle immagine riflesse dagli specchi e immagina, immagina e non si ferma. Una goccia di sudore stantia sulla fronte s'è ormai agghiacciata, con le pupille appena contratte sotto il peso delle palpebre. Immerso in un piccolo pozzo di coscienza si ritrova improvvisamente ad esser tirato forzatamente alla realtà da una voce che s'inserisce brutalmente. Familiare, ma non troppo. Il viso va voltandosi per cercarne la presenza e allora entrambe le braccia s'abbassano, allineandosi ai fianchi. Se normalmente si dedicherebbe da subito all'accoglierla quanto meno caldamente possibile, adesso viene invece attirato da quella domanda, vicina alla sua riflessione. Lo sguardo s'impunta così sulla sua scultura incompleta e contemporaneamente le dita del braccio meccanico si muovono in maniera malamente percepibile portandolo a muoversi all'indietro fino al portarsi quasi allineato alla figura della Doku. Rimane lì a contemplare, alzando il braccio destro e andando a inquadrare pollice e indice quanto sta venendo fatto, aiutandosi chiudendo un occhio. Poi, dopo pochi secondi, schiude finalmente le labbra. "Non sembra viva." Sotto i suoi occhi son appena visibili i segni della stanchezza dovuta ad un lavoro prolungato. Qualcosa che ha sentito di dover fare e porta avanti forse da quasi mezza giornata. Quel breve scambio di parole lo porta a smarrire ogni altro pensiero, rendendo Nene non troppo dissimile da un'invenzione del suo pensiero, una musa prodotta dalla sua testa alla quale pone domande a cui non ha trovato da solo soluzioni. Ma infine, quasi deluso, abbassa la mano con cui mirava alla vita mal riuscita: non riesce a trarre nulla. Fuori da ogni suo volere non riesce a raggiungere la soddisfazione ambita. "Cosa ci rende vivi?" Domanda ancora, un interrogativo carico intrinsecamente di tensione metafisica. Forse la domanda che davvero dovrebbe porsi non è cosa ci rende vivi, ma perché è importante che una marionetta lo sia. {same tags}

18:47 Nene:
  [Appartamento.] Immersa nei suoi movimenti quanto basta per ridurre la sua attenzione su Fuji, finendo per allungar la destra a lasciar andare la borsa per terra e spostandosi di un paio di passi in avanti. Proprio verso lui e la sua opera d'arte, per quanto sia stata già cestinata senza alcuna delicatezza. Da quella penombra - dal buio in cui s'immerge facendo ricadere un sacchettino del seven eleven konbini - lo stesso che del resto sta depredando da giorni senza trovar un attimo per staccare la spina. Il tangere della base del sacchettino contro la scrivania decreta uno spostamento - in quella cornice di dita dove ad apparire, è una salamandra dallo sguardo gelido - dal broncio serrato, pronto sempre a sputar veleno o inopportune languide parole - come se detener la staffatta di un discorso sia un principio vitale. Al pari di respirare e mangiare. Così come lui rimane zitto, rimirandone dettagli - efelidi - la linea affilata della mascella e della gola occultata dal dolcevita nero, lei distrugge la fermezza e l'esser mistico che vige nell'aria - spostando gli occhi proprio a perforar quella tela che lui aveva creato con le dita. < Sono venuta a ricordarti quel progetto. E sono venuta a ricordarti di rispondemi ai cazzo di messaggi. > ... < E sono venuta a dirti tutto questo con un bento del 7/11 da condividere, se non hai già cenato. > E l'indice lo sta puntando, con le dita affusolate come steli pallidi, additando proprio il sacchettino con l'aria inquisitoria di chi è pronto ad incazzarsi, o forse - oh, beh, forse è solo il suo carattere. La linguetta sorvola su petali di baccara, umetta le labbra riducendo la sua domanda ad un eco distorto verso un Aozora talmente umana - d'accapponarle la pelle. Non lo ammetterebbe. Non lo ammetterebbe con così tanta facilità - spingendosi solamente ad ignorarlo per qualche attimo. Gli occhietti sull'esoscheletro sembrano ripercorrere la solita cura maniacale di Fuji. I dettagli mancano. Manca l'amore - riducendo quel che lo porta in giro, ad esser un mero oggetto con il fine di svolgere un azione utile - e non puramente estetica. E mentre l'osserva, lasciando danzare ciocche d'ebano sul visino pallido - spinge piano il fianchetto a farsi uno spazio proprio accanto alla marionetta. Come se fosse una delle sue amate creazioni. Niente giunture. Niente pelle sintetica. Niente sorrisi tirati da fili invisibili. Priva dei suoi guanti neri e per assurdo - è forse il primo di tanti moniti che vorrebbero raccontar storie di una donna che evita largamente le persone che ama - e che non si cura di far del male agli altri. Dov'è finita la carrozzina di Fuji? E soprattutto, come si muove quell'aggeggio che porta addosso? < ... > Sospira, oberata di domande che spinge dietro alle priorità del momento, allargando appena le coscette coperte dalle calze in nylon - ed appoggiando la minuta schiena allo specchio, in un angolo tra due differenti riflessi. < E' solo una marionetta. > Lo scredita - un po' per il puro piacere di far male, un po' perchè è quello che dovrebbe essere - se solo Fuji non fosse distorto tanto, da voler regalare il soffio vitale ed il fiele, alle sue creature. E da lui, dalle sue mani impegnate a forgiar qualcosa - slitta gli occhietti d'oceano proprio ad Aozora, spenta - seduta - ma così viva. Fatta con una cura sinistra, certo, ma con una macchia nostalgica a ferirle l'arido petto. < Cosa rende Aozora perfetta, a differenza di questo aglomerato di legno e giunture metalliche? > Allungherebbe le falangi, venerea - con unghiette smaltate di un placido color nocciola - come una creatura autunnale. Si vedrebbe sottratto il manichino, in parte - dirigendolo prossimo al proprio viso tanto - così tanto - da minacciar di posar quei petali gonfi e lucidi contro la bocca appena intagliata di quel ciocchetto di legno umanizzato. Non lo bacia, chiaramente - ma ne percepisce l'odore ligneo - i lineamenti sotto i polpastrelli. < Forse sei tu, a renderli umani. Ad immaginarli come tali. O magari, sei tu a decretare chi sarebbero - se solo il loro petto si muovesse. > La coda dell'occhio carezzerebbe il profilo di Fuji - quell'esoscheletro che lo rende curioso, sì - quasi, ecco, quasi un ragazzo normale. Lascerebbe andare quel visino ligneo, giusto dopo avergli sfiorato le labbra con le proprie, tirandosi indietro e lasciandolo ricadere esanime - se nulla gli desse sostegno. < O magari sei solo un cazzo di psicopatico che passa il tempo a pettinare le bambole immaginando che si chiamino Hana, Ren, Mikari - o cose del genere da maledetto pervertito. Hai delle bacchette in questa fogna polverosa, o solo legno e sogni da segaiolo? >

19:27 Fuji:
 Nulla quanto quell'opera incompleta gli causa tedio. Un prurito alle mani che lo porta istintivamente a sollevare appena la mano che tiene lo scalpello, come se per un attimo o poco più il suo braccio venisse preso non più da logica e raziocinio ma da puro sentimento. E' un movimento che arresta sul nascere, abbassando gli occhi la dove ha avuto origine quello spasmo e riprendendo il controllo. Poi, li rialza, vedendo Aozora. L'espressione nel viso si rilassa appena e muta in uno schiudersi delle labbra accompagnato dal sollevarsi delle palpebre, quasi come fosse sorpreso. Ed in effetti lo è. Nel suo spirito persiste uno stupore unico quando fissa ciò che ha vestito di lapislazzulo, come fosse la prima volta che osserva l'opera completa. Un'agitazione lo scuote di nuovo, scuotendo il gracile petto e propagandosi dentro a lui. Le dita della mancina si muovono appena, portandolo a fare un passo avanti. Uno scroscio di luce vermiglia riempie d'un tratta la sua bocca socchiusa: un fascio di luce artificiale che si propaga raggiungendo anche l'occhio e unendosi al suo esser tenebroso. Nulla riesce a soddisfarlo. Forse ha bisogno di staccare. Un altro passo avanti, spostandosi dal fascio di luce e tornando a conformarsi alla stanza. Il capo si volta in direzione di Nene e istintivamente annuisce. "No, devo ancora mangiare" pronuncia, alzando appena le pozze svuotate di luce. Fissa il bianco viso di lei, con una vaga angoscia dipinta sul volto. Le palpebre battono rapidamente, mettendo infine in mostra un sorriso un po' penoso. "Saigo è diventata una pervertita per colpa tua" pronuncia con disinvoltura, spostando lentamente gli occhi verso la vicina Aozora e andando a rimembrare il modo in cui l'ha trovata a baciare la stessa marionetta poco tempo fa. Pochi secondi, poi, una realizzazione. Improvvisamente le sopracciglia s'alzano assieme e le dita s'agitano, portandolo a dar le spalle a Nene per fissare brevemente un orologio posto su una parete. Sta calando la sera, presto sarà notte. "Tra un po' si vedrà la luna piena." Ma le serrande permangono chiuse. Sarebbe un peccato vederla ora, non ancora nella sua posizione migliore. E' un richiamo alla stessa perfezione che sta cercando nelle sue creazioni. E' solo una delle sue turbe mentali. Voltandosi, vedrebbe solo ora Nene posizionata di fianco alla sua marionetta. V'è un breve sussulto dello spirito manifestato fisicamente con il sollevarsi del mento e lo spalancarsi degli occhi. Così simili, le due entità lì sedute. Le gambe vengono sollevate e costrette contro ogni loro naturale limiti a farlo muovere verso di lei, riducendo notevolmente le distanze. Non si pone di fronte, mostra infatti il proprio profilo. "Sì. Ma non dovrebbe esserlo, non mi piacciono le marionette." Ciò che sta tentando di creare non dev'essere solo una marionetta, ed in questo senso sembra darle ragione, per quanto abbia frainteso certamente la natura di quel piccolo dialogo. Ha bisogno di riflettere, prendere una pausa dall'agire e iniziare a pensare. La domanda posta successivamente dalla mora lo spinge ad aggrottare appena la fronte, quasi confuso. Poi, un'immagine gli balena di fronte. Il momento in cui s'è voltato vedendo l'ospite e Aozora vicine. Cosa l'ha stupito, lo capisce. "Aozora è reale, come te. Non l'ho creata io." Puntualizza, realizzando contemporaneamente qualcosa di importante. Ecco perché ripudia l'impeto, nelle sue azioni. Fuji non è capace di creare nulla di bello da solo. Dove bello è sinonimo di soddisfacente per il marionettista stesso. Non gli piace ciò che crea, ma crea ciò che gli piace. "..." Rimane inizialmente in silenzio al penultimo periodo pronunciato da lei, si vede nel suo viso la confusione di chi fa difficoltà a capire. 'Basterebbe che il petto si muovesse, dunque?' seppur non pronunci queste parole, appaiono scritte nel suo viso, occupato ora a fissare il petto di Nene e poi quello di Aozora. "Sarebbe abbastanza, con un cuore?" Chiede ancora. Ed istintivamente punta lo scalpello sul proprio stesso petto, sfiorando appena lì dove si trova il proprio cuore battente. Deglutisce, rumorosamente. Poi, giunge una pioggia di fuoco da parte della lingua altrui. Una gocciolina di sudore gli scende dal viso, portandolo a espirare aria dal naso con un che di infastidito. "Fottiti" pronuncia queste parole, indicandole con la punta dell'indice il solito frigobar posto all'uscio della stanza; poi, mostra il dito medio a Nene. "C'è da bere e forse bacchette, ma sono usate." Puntualizza, ed inoltre, se Nene le troverà, noterà anche che sopra v'è intagliato il nome 'Monzaemon'. "Ci lavorerò presto al tuo progetto. " annuisce appena col capo, riflettendo tra sè e sè su quella strana richiesta. "Saigo si vuole trasferire qua affianco. Dille che è una pessima idea" prosegue, nel suo vano tentativo di vivere una vita pacifica

20:29 Nene:
  [Appartamento.] Ed è sangue che si gela nelle vene. < Aozora? Cosa vuol dire-- > Alla fine se lo aspettava da Fuji, l'esser un vero freak. Ma esser anche un killer? Avere il sangue così freddo? E' divertente come saltar da un polo a quello opposto dei nostri discorsi divenga e dipinga una scenetta totalmente in linea con un surrealistico spettacolo di teatro, dove si parla di vita - d'adolescenza - e ci si manda a fanculo nei tempi corretti. Il sobbalzar giù dalla scrivania la muove con soleriza dove i fianchetti stretti in quel tubino in tartan ondeggiano creando spiragli repentini tramite i due piccoli taglietti egregiamente occultati dalla piega del suddetto capo. La si può vedere tranquillamente rovistare con le dita nei cassetti, o lì - in quel frigobar alla ricerca di due birre e del soju - che inevitabilmente manca, essendo così poco di moda al di fuori del quartiere notturno. < Uhn- mi ringrazierai un giorno. Saigo è okay. Le sto sono insegnando a vedere il sesso come un oggetto per cui usi, e non vieni usato. > Un ovattato distratto, da testa infilata ancora nel frigo. La schiena abbassata quel poco a cercare qualcosa da accompagnare al bento che possa evitar di cucinare - anche se alla fine, gettando l'occhio un po' ovunque - finisce per ricadere nello sconforto di non poter depredare niente di caldo o già pronto. Forse dovrebbe mendicare qualche piatto caldo a casa di vecchi clienti delle cacce? Il calar delle palpebre rende il discorso sui cambiamenti di Saigo, solo un granello di sabbia in mezzo alle dune del sahara - di tale poco spessore, da non necessitar oltre di verbiare da parte sua. Ha sempre visto così il sesso. Ha sempre vissuto così l'esser mangiati, o il mangiare. Le cose che feriscono, inevitabilmente, devono divenire tue armi prima che il tuo avversario possa puntartele contro. Il tonfo del frigo ed il colpetto di fianco che ha visto arrivarsi contro rimarcano la chiusura di un discorso dalla volta della salamandra - con quelle bacchette, con quel nome che intravede solamente adesso curvando il capo di lato ad inseguirne il basso rilievo. < A chi le hai fottute queste? > Un commento campato in aria - una domanda posta a sfottò, più che per il vero interesse di ricavarne una risposta. Eppure è lì - con l'alone selvatico di un sorriso che le pizzica l'adorabile ed imbronciato musetto. Ed eccola riprender il posto sulla scrivania, tra i pensieri che hanno pizzicato Fuji e quella putrida anima puerile che si ritrova. Le ginocchia si dividono una dall'altra e - in un certo qual modo - riesce a render evidente lo star pensando alle sue domande ed alle sue richieste chiudendosi in un simbolico silenzio. Impegnata ad incastrar le bacchette tra le falangi basse del medio e dell'anulare, usando pollice ed indice per far saltare il coperchio dei due bento preconfezionati. Hanno un buon odore dopotutto, sono anche ancora tiepidi - ne' caldi, ne' freddi. Una composizione di piatti tipicamente asiatici. Due birre abbandonate tra lei e la mancata marionetta, lasciando che la propria concentrazioni riecheggi sulle sue espressioni. Sull'aggrottarsi delle nere sopracciglia perfettamente disegnate - sul musetto che s'accentua. < Uhm... > Un mugolio, un soppesarsi di quella domanda. Basta un cuore? No, certo che no - stupido. E allora perchè rispondere è così difficile? Il mento si solleva solo ad opera compiuta, incastrando il bento tra le coscette e roteando le bacchette sicchè da impugnarle tra le dita nel modo corretto. < Posso spogliarmi, se ti piace così tanto guardarmi. > ... < Oppure potresti cercar la differenza tra me, e il legnetto quì. > Cosa cambia tra il petto suo e quello di Aozora? Probabilmente quello della marionetta, per assurdo, è molto più formoso ed immobile. Quello di Nene vibra, si solleva - sembra aver un anima che lo muove. Ma il punto non gira intorno ad un petto - mentre la serpe sfila gli occhietti dal bento, scavando in quel pozzo vitreo di Fuji. L'abbassarsi delle ciglia ricurve accompagna un allungarsi delle bacchette alla volta di un rotolino di kimbap, pizzicandolo per afferrarlo e poi allungarlo in sua direzione invitandolo tacitamente a mangiare il primo morso del bento. Saigo si trasferisce lì? La notizia, o l'imposizione che sia - la fa' in qualche modo sorridere, gettando l'occhietto alla porta. < Perchè una brutta idea? > La domanda sporge spontanea. < Ravviverebbe la vostra relazione. Ho persino detto a Saigo che sarei venuta a letto con te. E non sembrava gelosa. > Una gocciolina di preoccupazione le solca la fronte, sviando gli occhietti di lato. Uno spiraglio d'imbarazzo che viola un disegno ben definito - gote pizzicate d'un adorabile rossore, docile, ma presente. < Temo tu debba-- sì... > Accenna. < Penso proprio tu debba farle sentire che sei un vero uomo. > Abbassando lo sguardo dal suo viso, al suo petto, alla patta dei suoi pantaloni. Ogni messaggio scambiato. E' sempre uguale, lì. Riesce ancora a distingue i consigli da vera primadonna dati a Saigo. Per fortuna ha una buona amica come lei. < Per quanto difficile possa venirti... >

21:26 Fuji:
 Soffocato da una sorta di ansietà per quel che non sta riuscendo a produrre si ritrova a sfiorarsi appena la gola con le dita, queste convulse e quasi smarrite, come se un laccio lo stesse lentamente stringendolo. Disfatto, senza più coraggio di provare ad utilizzare lo scalpello su quella struttura, egli ha capito che non può che dichiarare nuovamente uno stato di resa. Compie l'opera senza richiedere aiuto, senza nascondere un gesto di per sè brutale nei confronti delle proprie capacità; inoltre, non sono poi così male quelle marionette. Ma non sono abbastanza per nutrire la fiamma vacillante del suo focolare. Si avvicina di nuovo al suo più recente lavoro: osservandolo. Ogni cosa ai suoi occhi sembra eccessivamente inopportuna e debole dinnanzi alla grandezza e bellezza della sola entità veramernte rivelata, colei vestita di gemme che rievocano i profondi e suggestivi scenari degli oceani a sud dell'ex Paese dell'Acqua. "Ah? Che idee ti stai facendo.. " Si volta per un momento. Non sa cosa stia pensando, non ne ha la minima idea, ma percepisce l'essenza della confusione altrui e ne diventa curioso. Sul viso si forma un sorriso appena dolente - illuso. L'anima è turbata dalla fiamma dei suoi sogni ma è turbata da un qualche tipo di violenza contenuta che di tratto in tratto si manifesta attraverso le sue più innocenti domande. Non ci pensa neanche tanto, alle domande che ha posto a Nene. Se servisse un cuore però se lo procurerebbe, senza dubbio. Con ogni mezzo tenterebbe di costringere la vita a mantenersi integra - incosciente della sua illusorietà - nel corpo delle sue marionette. Padrone della sua forza e sicuro della sua stessa fede. Chi può assegnargli un limite? Ma prima di andare avanti: le proprie responsabilità. Si china col busto per afferrare con la mano destra un bastone in legno, attento a non toccare involontariamente le punte che conducono i fili di chakra. Con la mancina andrebbe poi a far forza sul bastone rivelandone la duplice natura: questo si apre e si rivela come shirasaya, una lama di katana nascosta. Il movimento a seguire è netto e rapido, tanto che agli occhi di Nene risulterà facilmente invisibile. Un fendente, forse. Ma ciò che importa è il risultato: il quarto superiore del blocco di legno al centro della stanza vien tagliato di netto orizzontalmente, facendo cadere la grezza testa a terra e portandola ad incrinarsi un po'. Poco prima, ha sentito ciò che l'altra aveva da dire. "Penso che tu le stia insegnando cose sbagliate.." afferma trascinando appena l'ultima sillaba e sospirando. Poi, richiude nel suo manico la shirasaya, rendendole l'illusione d'esser un bastone da passeggio. "Tu usi le persone? Perchè? E perché dovrebbe farlo anche Saigo?" Esprime quella domanda con un interesse rinnovato, sinceramente interessato a comprendere. Le dedica attenzione quando le proprie bacchette vengono mostrate. Una risata appena nervosa segue immediatamente, con tanto di gocciolina di sudore sul lato del viso. "In realtà è la firma che uso su ciò che produco. Un nome d'arte. Ti piace?" Monzaemon, come nome. Aveva il piano di rendersi un po' più anonimo di così ma certamente tra pubblicità e lavori commissionati s'è ritrovato in una tempesta di guai che ha messo in difficoltà questo suo piano. Si sofferma per un momento a fissare con una certa bramosia una delle due birre tirate fuori da Nene. Chissà quando ha iniziato a godere così tanto di quella bevanda. Ma ciò che viene pronunciato successivamente lo conduce a spalancare le pupille e fissar dritto negli occhi la Doku. Spogliarsi? Per lui? Batte più volte gli occhi e abbassa lo sguardo appena sopra il petto di lei, verso il collo. Attimi di tensione seguono, e poi: "Lo faresti davvero, spogliarti?" Pronuncia queste parole con ...grande anticipazione? "Non sarà facile, però. Il mio è un processo che richiede molta cura e tanto tempo." Sembra quasi avvisarla, un monito innocente. Sei in grado di portarmi alla creazione di qualcosa di sublime? "Mi hai letto nel pensiero, devo dire che sono sorpreso. Non pensavo ti saresti proposta da sola. " Sembra quasi lodare l'anticipazione a qualcosa che gli è balenato nella mente poco prima. La conversazione sfuma, ma poco prima che questo possa avvenire andrebbe a chinar appena il busto di fronte a lei per prender in due morsi distinti quanto gli è stato servito del Bento. Si prende il suo tempo, mastica, la fissa un po' negli occhi, poi prende un secondo, ultimo morso e torna dritto. Non mangia qualcosa di tiepido da un bel po'. "Non voglio essere usato, quindi no" scuote appena la mano sinistra di fronte al suo viso, quando l'altra parla dell'andare a letto. Si riconnette al discorso precedente e poi prosegue. "Saigo è un uragano, ecco perché." Stravolge le cose che incontra e spesso non rimette in ordine. Sia in senso reale che figurato, guardandosi lo spirito. Poi..alza le sopracciglia, abbassando lo sguardo sul suo pantalone e poi agli occhi di Nene. "Non arrossisce con me." ammette, in un momento dove si lascia andare ad un flusso di coscienza. "Solo con altri uomini nudi." annuisce con gli occhi chiusi, rimembrando e pronunciando le cose sbagliate. "Non ci va più" conclude così, lasciando mille misteri da scoprire.

22:04 Nene:
  [Appartamento.] Deve esser un pensiero utopistico rimaner anonimi nei tempi d'oggi - lo fanno prevalentemente le persone strane, quelle con uno strano progetto con doppi fini - oppure i maledetti killer di ninja risalenti al vecchio mondo. Alle sue parole finisce solo per torturar quella scritta con i polpastrelli, stringendo il musetto in una lineetta pensierosa. < Effettivamente ... > Incalza flemmatica, ricalcando la parola come se dovesse saggiarne il sapore. < Monzaemon - ha lo stesso sapore di una linea elitaria. Non per tutti. > Una volta ogni tanto conviene, o forse potremmo rigirar quelle parole ad essere un vero e proprio complimento imbastito pure non in un contesto ironico o in qualche modo affilato. Ed è religioso silenzio tra le sue parole, tra quelle che dedicano a quella fragolina che è Saigo. Forse Nene s'è chiusa nelle apparenze disegnando situazioni ed occasioni così come la sua fantasia le ha suggerito. Ha messo Saigo tra le braccia di Fuji e Fuji tra quelle di Saigo senza contar la loro amicizia, o tutto quello che hanno passato - forse per mera ignoranza, forse perchè dopotutto, le piace pensare che siano una coppietta di quelle nate troppo tempo fa' per poter cambiare proprio adesso. Le spalle disegnate nel cotone nero della maglia a maniche lunghe finiscono per ripiegarsi appena verso l'interno - ridonare al proprio riflesso un aspetto tanto grazioso. Tanto minuto. Delicato. Gli occhi impegnati a torturare un tassello di quel bento - ascoltandolo con un fare passivo; una ricorrente diabolica visione è quella d'associar l'aspetto d'angelo, ad un carattere luciferino come il suo. Approfittatore. Sadico. Perverso. Ed a dire il vero nessuno avrebbe il coraggio di proferirlo ora che la luce asettica di questa stanza la colpisce di sbieco - come se fosse la versione migliore di quella marionetta decapitata. < E' terribile disprezzar in questo modo quello che tu stesso hai creato. Avresti potuto migliorarla. > Un commento, puro e semplice - un commento lasciato al vuoto ed al signor nessuno, che lui voglia incassarlo - o lasciarlo al nulla. Mastica ad una guancia piena soltato uno di quei rotolini, a differenza sua - beccati in un sol morso. E forse è questo che l'ha zittita a lungo, l'ha tenuta distratta. La distesa di pallide lentiggini sul viso sembra distorcersi appena in uno storcersi del naso mentre lui commenta il suo modo di fare, e quello che sta insegnando a Saigo. < Per divertirmi. Sono solo persone, e non m'importa di loro. M'importa di me. Di dormire serena. Di ridere con gusto. Di godere. > Issando una sola spallina, come un corvetto appena indispettito da un discorso banale - che rasenta l'ovvietà di una situazione che mai potrebbe o dovrebbe esser differente. < Non è usare le persone, che anche loro lo vogliono. Che male c'è nel trarre piacere? Che male c'è nell'aver entrambi un profitto. > La domanda che le sporca le labbra vorrebbe esser duplice risposta di quel che lui dice, non esser usato - e perchè di questo comportamento. Ingolla il boccone abbandonando le bacchette sul bordo del bento - liberandosene le dita, o almeno per adesso. Prendersi il proprio tempo è importante, in certi momenti - soprattutto ora, soprattutto mentre spiega uno dei tasselli che compone quell'esser maledettamente fragili. Così fragili che, a volte, si cerca di dar un senso al proprio cadere a pezzi. Forse è per questo che scappa da Nobu. Forse è per questo che vuole dormire da sola. Forse è per questo che piuttosto che stringere a se' - preferisce mordere. Le dita oramai libere d'ogni impiccio sollevano dalla morsa della gonna la maglia a dolce vita, l'arricciano delicatamente fino allo sterno - snudando lembi di pelle color del latte. < Se io ora ti dessi mano un pugnale, e ti invitassi a trafiggermi - anzi, no - accompagnassi le tue mani, nel trafiggermi. Diresti con leggerezza d'avermi ucciso tu, o di esser stato vittima del mio volere? > Una domanda, che sia essa data dalla retorica del discorso o meno - sfilando via dai gomiti la maglia e lasciandola cadere sul banco, in mezzo a tutte le altre cose - attrezzi o polvere di legno che sia. Un aspetto gracile e fallace, dove la muscolatura diviene un fascio tonico - ma non definito. Un petto che par immaturo, si solleva piano sotto dettami del respiro. Ogni dettaglio - ogni stupido dettaglio, rimarcato dalla luce che le batte traversalmente addosso, rendendola soggetto perfetto per ombre e luci. Clavicole. Costato. La vita soffocata dentro alla stretta della gonna che ora, sotto il passaggio del pollice e dell'indice sulla zip - s'allenta piano. A nudo. Il punto del discorso non è usare, ma non esser usati. Farlo per il gusto di farlo - ma non mettersi mai nella posizione di esser materia d'uso, o scherno, o dispiaceri. Una scrollata di spalle lascia cadere il discorso assieme alla gonna, rimanendo con i collant. La bralette ricamata sembra il proibizionista sussurro di ciò che non va' visto, ma solo immaginato - e così l'effetto del nylon contro quelle curvette pizzicate dalla gioventù, dall'allenamento - da un bacio di madre natura che la lascia così scioccamente inconsapevole d'esser bella. < Lascia stare -- piuttosto. Ti fa' male? Sì, intendo, che Saigo preferisca immaginarsi con altri uomini piuttosto che con te? > Ci parla, lo studia -- e muove quelle leve, lunghe come il termine dei giorni della terra, fino a raggiungere il posto della marionetta decapitata. La sposta. Ed eccola adagiare le terga lì dove era lei, prendendo un altro pezzo dal Bento per offrirglielo. < Immagino sia stata la tua unica donna. > [ck off]

22:56 Fuji:
 Si sente immediatamente turbato da quel suo sguardo e da quel dubbio improvvisamente espresso. Avrebbe potuto migliorarla? Sente il proprio corpo impallidire a quelle parole, farsi freddo, sentendosi come accusato di qualcosa. "Che dici.." Gli occhi s'abbassano insofferentemente su quella creazione abbandonata senza pietà alcuna, come altre all'entrata della stanza. La mano destra s'alza, facendo verso la sua fronte un gesto vago atto a far crollare ogni colpa e responsabilità verso qualcosa che per lui non è mai realmente nato. Muove qualche passo verso la porta, affacciandosi appena verso l'esterno e poi soffermandosi, come a tendere l'orecchio per sentir ciò che proviene dalla Doku. Un passo indietro, chiudendo quella porta. C'è qualcosa di fastidioso nel pensare d'essere stato ammoninito così. "E poi, non è più crudele esser creatori di qualcosa d'imperfetto. " Riprende soltanto ora ciò che inizialmente stava per dire, scuotendo lentamente la testa e voltandosi verso di lei, arrestando il passo e sentendo un'ombra gettarsi sulla sua volontà. Non aveva mai pensato di esser crudele. Per un momento lo assale una strana paura, e poi una tristezza, una tristezza a lui sconosciuta e che prende forma sotto forma d'un sorriso insofferente. Il volto permane chino, con una durezza di sguardo acuita dai sopraccigli contratti. Par grave il silenzio che successivamente lo prende e arresta, sotto l'influsso delle parole udite, di quella spiegazione sul valore del piacere in funzione dell'usarsi in fin dei conti a vicenda. Logicamente, non è così sbagliato. Come può esser qualcosa sbagliato, se non procura che beneficio? Dev'esserci qualcosa che non riesce a considerare. "Non lo so. Non mi sembra un ragionamento corretto, ma non so perché. " Un momento di vacuità lo percorre, portandolo a ricordare le parole pronunciate anche a Saigo. Paura. Paura di cosa? Ci riflette anch'egli, ma è difficile ricordare precisamente cos'è accaduto dopo esser caduto in terra, del resto s'è addormentato poco dopo. Riflette sulla fragolina, ed istintivamente le labbra si schiudono sussurrando quanto segue "Preferisco i fiori di plastica, a quelli veri. " Non trova nulla di bello nella morte e nell'orrore. Odierebbe avere una rosa in casa e vederla sfiorire ora dopo ora. Il termine chiave forse è 'plastica', come sinonimo di immobilità. Paura di cambiare qualcosa. Quale terrore più infondato per un professionista dell'arte Immortale? Un gran sentimento confuso lo porta ad un travaglio della coscienza che par dilatarsi e approfondirsi passando dall'essere un lago al diventare un oceano in cui non gli è piacevole annegare. "E poi, tu non ottieni nulla da me." Puntualizza, riprendendo i sensi ed uscendo a fatica dall'oceano dei pensieri. Non è pronto a naufragarci. Le parole seguenti lo spingono ad un'altra riflessione. Attonito, nel sentirle, seguendo con gli occhi ogni movimento. Immagina in contemporanea la scena che gli vien descritta, avendo una visione di una scena vaga, fatta di ombre: non riesce a vedere. Non riesce a trovare una risposta. Le labbra hanno un moto convulso, indecise. "Non lo so. Dipende dalle circostanze. Forse mi sentirei in colpa, in entrambi i casi." Non sa dare una risposta tra le due opzioni fornite, ma certamente non sentirebbe corretta alcuna scelta. Non sarebbe capace di lasciare andare la lama, ma neanche di portarla al petto altrui. In silenzio, s'avviano per una discesa della mente, nella desolazione di quelle luci. Una discesa straziante, che pare rallentar il tempo. Il suono del proprio respiro gli soffoca l'udito, mentre fissa la piccola cassa toracica altrui gonfiarsi. Quel rosso nasconde alcune cose e ne evidenzia altre. Gli è evidente il pallore dei muscoli asciutti, il rilievo del piccolo nasino, le labbra sinuose. Lo sguardo di Nene è come una spada affilata, condita da capelli che paion grappoli d'uva soffocati e seccati dal sole più vivace. Egli sta in piedi, immobile. Osserva senza più mirar alcun luogo in particolare, spostando occasionalmente gli occhi verso gli specchi presenti. Si sofferma sul pallore delle braccia, cui vene e arterie saranno forse messe in risalto dal rosso dell'ambiente. C'è qualcosa di tirannico in quel disegno. "Non mi fa male. Sto bene con Saigo anche così. E' solo strano pensarci." Pronuncia riguardo quelle ultime domande, poi, puntualizza "Io sono vergine." Reso schietto forse a causa della presenza di priorità differenti, pensieri che annebbiano il suo dialogo e lo rendono più immediato. La mano sinistra s'abbassa e afferra un fuuda, nascosto dalle ombre della stanza. V'imprime un goccio di chakra ed un altro rettangolo legnoso di grande dimensione emerge, pronto ad esser scolpito. S'avvicina a lei e la osserverebbe, ruotando attorno come fosse il fuoco d'una figura geometrica. Poi, tornando di fronte a lei, dopo il terzo giro, andrebbe a prender tra indice e pollice ciò che gli è stato dato, portandoselo alle labbra e divorandolo. "Tu? Sembri aver avuto un sacco di esperienza." Pronuncia, allontanandosi muovendo passi indietro ma senza staccare lo sguardo se non per fissar il legno pronto ad esser incavato. "Avrò bisogno di capire chi sei." Non sarà facile. Ma è la condizione per creare vita, come fu per Aozora.

23:49 Nene:
  [Appartamento.] Non si sente così lontana da quel pezzetto di legno. Magari lui è solo stato amato molto più di quanto abbiano mai amato lei. L'estendersi della schiena verso di lui spoglia parte di quella pelle - mostra una serie di lettere ridotte ad inchiosto nel primo strato d'epidermide, come un misero codice prodotto. KK-21. Un ricordo scalda le rovine di un vecchio paese del suono su cui ha sputato fin troppo tempo fa'. Da cui s'è allontanata - e da cui ha volutamente mandato ogni interesse a farsi benedire. E' la luce a giocarle addosso, trovar insenature - curve - nicchie in cui allungar le sue dita ricolorandola di quel baluginio rosso innaturale. Le ciocche corvine le sfiorano il collo, le gote, la nuca - e man mano che arretra dalla sua bocca, sembra sprofondare verso quei tre specchi che l'abbracciano e la ripropongono in quadri differenti, con differenti espressioni, differenti sfumature, differenti pose. Come se si fosse ossessionato all'idea di poterla rivedere in ogni angolo della propria casa. Le falangi arpionano quella bralette elasticizzata dal bordo inferiore: Le braccia incrociate la trascinano indolenti verso l'alto mostrando la schiena minuta, ma non fragile come potrebbe sembrare. Fasci muscolari si ridisegnano timidi ma tesi, costantemente. I lombi appena più gonfi e tonici non toccano nemmeno l'esser una culturista, ma si fanno vanto delle fossette di venere che danzano nude alla volta dello specchio. È assurdo come non ci sia niente di sporco. Non c'è niente di scandaloso - e forse - complice ne è una ragazza che sa' vestir abilmente la propria pelle rendendola niente più che questo: Pelle. < A volte devi esser capace di fare delle scelte. Devi avere le palle di prenderti la responsabilità di quello che scegli. > Un brusio - il fedele compagno del suono ovattato di stoffa e metallo che tangono il pavimento. La schiena che aderisce allo specchio, il busto pigramente girato verso di lui, sormontando un fianco con tutto il peso corporeo. Una punta d'acidità. Di giudizio. Lo rende una creatura di deboli scelte - e forse, è questo che gli è costato le gambe? Le palpebre affogano quello sguardo artico trovandosi impigrita dallo stesso pasto che stavano consumando in comune - rivolgendo le attenzioni delle proprie dita verso una di quelle lattine di birra che aveva estratto dal frigo. Lo ascolta, lo ha fatto fino ad ora - e come potrebbe evitar l'eco di quella voce inflessa che suona le uniche corde che imperiano su tutta la stanza. La luna piena ora è passata in secondo piano, eh? Oh lei, non è una romantica. Non si ricorda nemmeno di quella luna. Non si ricorda nemmeno che dovrebbe tornare a casa, magari ad un orario così decente da evitar dei serial killer. Non ha paura - e forse, questo, è un male. Lo insegue mentre chiude la porta - mentre il corridoio che s'affaccia tra le abitazioni diviene un ricordo lontano ed offuscato. L'acre della birra le bagna il palato e come lui devolve le proprie attenzioni altrove, facendo di lei un soggetto di studio - eccola levar la caviglia verso il fianco di quell'esoscheletro mosso dalle sue mani, lo stesso che lo regge così miracolosamente in piedi. La calza. La scarpa in vernice. Da una botta l e g g e r i s s i m a al ferro che collega l'anca al ginocchio, tenendolo eretto. Un tintinnio a richiamar la sua attenzione, richiamarne gli occhi su di se'. < Chi te lo dice che non ottengo niente? So' sempre come ottenere qualcosa. Se ti avvicini t'insegno. > Un invito - la giuntura opposta a quella che l'ha richiamato a se' si scosterebbe dalla gemella aprendo ambe due le cosce sul profilo della scrivania. Il riflesso di un sorriso nascosto nel palmo nel mero tentativo d'infastidirlo, o d'insegnargli davvero qualcosa - qualcosa su di se' - qualcosa su quel riflesso di Nene che inizia a scolpire nel proprio ciocco di legno, dandogli per ora una forma tutto sommato grezza. I polpastrelli della mancina sfiorano il ginocchio sinistro - un giubilio di piccoli brividi precari nella risalita alla volta dell'interno. Lo prende in giro. Ed è una bastarda nel farlo. < Io? > La domanda piove un po' dal nulla. La lascia disorientata - sebbene cerchi di non darlo a vedere. Una siluhette indefinita e rossa che muove quei lapislazuli a ricercarne le mani, gli occhi, le reazioni. < Nh, anche io lo sono. > La pura verità - per quanto impossibile possa essere. Si stringe in quelle spalle, s'arcua appena verso l'opera dell'altro - lasciando danzare le ciocchette contro il mento. < Ma sei vuoi, puoi porre rimedio.> Ne segue tutt'altro, una richiesta insolita - no? Il muoversi verso di lui - verso il bordo della scrivania - sporgendosi. Allarmandosi. E se non avesse niente di se' da donargli? < E se per me fosse difficile? E se non riuscissi a capirmi? >

01:00 Fuji:
 Gli appare strana l'attesa di poter vedere qualcosa in più. Lo sguardo rimane perfettamente serio ed il mento appena inarcato, empito di una penombra rossiccia che rende più evidente in lui l'ansietà di quell'aspettazione, derivante da pensieri messi al cospetto di un obiettivo maggiore. Gli specchi diventano troppo stretti per poter riflettere efficientemente ogni cosa, ma forse è solo un'illusione dei sensi. Gli appare infinita la distanza tra lui e quella figura, anche quando diventa in realtà troppo breve. Infinite lontananze come stagni crepuscolari dove lo spirito si sommerge delirando, fissando emergere le forme giovanili e ardenti di quel creaturo velenoso. Mai come in questo momento gli occhi della Doku si fanno ai propri sensi interi; velati di malizia e tedio, ove la troppo lunga ed estenuante consuetudine delle apparenze potrebbe essersi riversata in questo incontro inizialmente mondano. Ripensa all'inizio di questo incontro, rimanendo quasi confuso nel tentar di rimembrare la spirale di eventi successivi. La forma dell'essere familiare si riflette senza mistero e senza mutamento, fissa nelle linee e nel colore di una vita che gli appare completamente inerte, anche quando ad avere le redini della situazione probabilmente non è il Chikamatsu. Le ombre agguagliano la diversità dei volti e confonde i gesti altrui in mille altri, generati dall'immaginazione. L'esoscheletro viene abbassato, portandolo a piegarsi sulle ginocchia per dedicarsi da subito allo scolpire lei dall'estremo minimo, dai piedi. Lo sguardo del marionettista è fisso, colmato della violenza di un'illuminazione repentina. "Lasceresti che io poggi su di te un pugnale, per ottenere le risposte che cerchi?" Pone questa domanda sollevando il mento e cercandone lo sguardo. E' quasi una sfida, seppur posta con il pacato tono del Chikamatsu: Avresti il coraggio di prenderti la responsabilità di questa tua curiosità? Eppure, in lei v'è un richiamo a virtù che potrebbero produrre unf rutto portentoso e pericoloso. In cuor suo, se Fuji dovesse scommettere, al momento punterebbe sull'idea che lei rischierebbe d'essere pugnalata. Un'immensa moltitudine di pensieri lo abbandona con un ultimo sguardo sfuggevole al viso di lei. Poi, dissipata la nube dei pensieri e della retorica, lascia che attorno a lui si respiri per qualche attimo un'atmosfera divinatoria simile forse soltanto a quella in cui respirano i monaci nell'atto della meditazione. Crea delle forme rozze con movimenti spaventosamente rapidi per quel che normalmente Fuji mostra. Poi, viene richiamato da quel colpetto. L'esoscheletro non fa che emanare una vibrazione che fa tremare appena alcune asticelle metalliche. Lo sguardo si solleva rompendo la gravità della sua concentrazione e dissipando la nube del pensiero. Senza parlare, solleva il mento. Ascolta quelle parole e schiude le labbra, pronto a rispondere; ma prima delle parole assiste a quanto gli viene mostrato. Una immediata reazione è l'alzarsi degli occhi su quelli altrui, poi riabbassati. Le labbra, da schiuse, tornano a serrarsi per formare una piccola linea retta. Le mani ancora sollevate si ritraggono, allineandosi ai fianchi. Se ci fosse più luce potrebbe esser notato riempirsi di pallore, incapace di dissimulare facilmente il colore rinnovato della pelle. Ma quelle sfumature rosse giocano per lui una carta vincente, che potrebbe quasi dar l'impressione che sia rimasto impassibile. La violenza che Fuji fa a se stesso per rimaner immobile è tale da farlo quasi tremare. Un silenzio ardente in cui nessun oblio potrebbe cancellare dalla memoria quella mano imperlata da unghie color castagna. La sua attitudine è inferiore alla tensione che succede a quel gesto. Passano lenti i secondi, ma una cosa certa è l'arrestare ogni lavoro in corso da parte del Chikamatsu per portarsi immediatamente seduto a terra, assumendo una posa nella quale la gamba sinistra s'accavalla sulla gemella per rendergli dignità e calma. Lascia che lo scalpello cada a terra; poi, entrambi i gomiti vengono posati sulle ginocchia. In realtà essendo a terra e non su una sedia quella posizione pare molto buffa e innaturale...quasi una posa da fotomodello. "Se non riuscirò a capirti nei nostri prossimi incontri, ti cederò volentieri ciò che desideri. " Pronuncia quelle parole mantenendo comunque lo sguardo dritto. Un conflitto tra logica e istinto combattuto contando nella sua mente un numero indefinito di bestie divine che saltano oltre un recinto. "/qualsiasi/ cosa, sia pure la mia volontà. " Puntualizza, enfatizzando. "Ora smettila--" un po' tardi, per lamentarsi.

01:41 Nene:
  [Appartamento.] Gola e labbra umettate di birra hanno un aspetto ed un sapore differente. Amare. Frizzanti. Le solleticano il palato da quando issa il mento nel cruento tracannare macchiandosi il musetto del più becero dei liquori - ed allo stesso tempo - quel che di meglio possono ambire senza vantar ricchiezze o grandi momenti da festeggiare. Lo stesso musetto strusciato contro il minuto polso opposto a quello che s'era tanto impegnato a torturar la visuale. E da lì i polpastrelli sembrano premere appena, ridisegnar l'ombra trafitta di rossa dal nylon. Sembra muover con sole due dita - tutti i fili di chakra del proprio esoscheletro fatto di curve, sospiri. Fatto da una schiena che s'inarca teatrale, nella morbidezza d'un contrarsi di lombi e natiche contro il legno della scrivania. Una visione quanto più nitida - perfida. Il petto che trema, vacila, arranca alla ricerca d'un fiotto d'aria che le riempie la cassa toracica così come la birra sembra uscire di scena - abbandonata ad un angolo buio di quel posto. < Senza ombra di dubbio. > Chiunque farebbe follie per delle risposte - e se esse risiedono in una lama conficcata nel petto, lei ci si spingerebbe contro con tutta la forza di cui può avvalersi. Con la violenza di chi è imperativo, non gentile. Lo stesso modo in cui si impone, metaforicamente parlando e non - sul marionettista dissacrando la sua opera prima ancora di potergli dare vita. <....> Un reiterare verso l'accettazione di quel che a conti fatti è - non un anima capace di replicar la sua carezza, non una creatura dotata d'intelletto o volontà - che sia uno o l'altro la priorità poco importa. E quando rimarca ciò che ha già detto, sembra voler recidere chirurgicamente le due sponde che abitano - quella della mente bloccata di Fuji - e quella dove Nene abbraccia la realtà dei fatti. Nel modo più cruento possibile. E vederlo cadere sconfitto, a dire il vero, non sa' -- non sa' se prenderlo come un segno buono, o cattivo. Il risalir dolce delle unghie contro il costato spoglio, il giocar tra i solchi e le dune delle costole - fino a raggiunger quella piccola fossetta di panna proprio sotto il seno. Lo trova divertente. Dargli fastidio. Torturarlo. Vederlo cadere. Se ne riempie l'anima come se fosse stato vinto, e la vittoria potesse reclamarla lei. E allora perchè sembra così amara? Così facile? < ahf ~ > Un sospiro la smuove, serafina - la porta a discender da quella scrivania in cui era divenuta il suo principale soggetto d'attenzioni. < Non è questo che distingue un umano e una marionetta, F u j i ? ♥ > Come fiele si sporca la bocca del suo nome scandendolo come se fosse il demonio sceso in terra per reclamar un anima. Le gambe, in quelle ombre - divengono tonici stecchetti in movimento alla sua volta. Come se volesse sormontarlo - o solo rendergli noto quanto piccolo è d'innanzi a lei. < Una marionetta farà sempre quello che gli dici tu. O quello che gli fai fare. Io... > Abbozza spostando appena il capo in direzione della posizione da lui assunto. L'eco dei tacchetti - il fruscio del nylon. Il silenzio assoluto dato dallo smettere delle sue repentine e decise azioni. L'ha guardato. La confidenza con cui tocca il legno, con cui lo scolpisce consapevole - deciso - come se avesse cura ed al tempo stesso smania d'arrivar ad un risultato che possa sfamarlo. < Io non smetto perchè me lo dici tu. Ma solo perchè smetto di trovar in te qualcosa che possa appagarmi. > E l'intercedere si ferma solo s'innanzi a lui, in un mezzo busto che vive in quella pelle venerea, di quella consapevolezza di non poter esser toccata. Sfiorata. Nemmeno ambita. Le spalle serrano una chiusura delle braccia appena sotto il seno, abbassandosi giusto alla fine di quelle gambe, a dargli tedio. < Non ti piace ? > Non lo giudicherebbe, anzi - si rivela creatura curiosa - disposta al sacrificio, al sangue, per perseguir le risposte alle sue domande. Iride come ghiacciai che ne risalgono il viso, allungando le falangi di pollice ed indice a dargli un pizzico fugace sotto al mento. < Beh, indovina a chi non frega un cazzo? > Che a lui non piaccia il suo comportamento. O quello che vede. O che lui abbia paura, o si senta a disagio, o senta di non poter fare niente a riguardo. Una coltellata tra le costole, forse, evidenzierebbe meno l'esser inerme di Fuji d'innanzi a lei che - palesemente - fa d'esso il suo principale motivo di divertimento. < Invece di piangere - di chiedermi di smetterla, perchè non lotti perchè accada? Perchè non muovi questa merda magica e non vieni a fermarmi? > Smuovendo appena con le dita l'esoscheletro, prima di risollevarsi in piedi. < Sei pigro, debole o stupido? >

02:45 Fuji:
 Una serie di eventi inarrestabili per il povero marionettista. Con Saigo è giunto ad una risoluzione pacifica e persino vantaggiosa per la loro relazione, ma adesso ha di fronte qualcuno disposto ad ignorare ogni costume sociale pur di turbare la sua volontà. Perché si compiace così tanto? E' una tortura inaudita per la propria mente creativa, resa incapace di focalizzarsi su ciò che vorrebbe già avviare a causa di una prorogata stanchezza ma specialmente perché il soggetto del proprio lavoro non è la tipica figura che posa immobile per ore, ma una vera e propria incarnazione del caos. C'è qualcosa che tuttavia lo sazia e rende affamato. Ella lo attrae con la sua anima così duttile e pronta all'estremo. Si attiva in lui un meccanismo d'attenzione profondo, scruta ciò che vede ma ancor più registra le parole pronunciate, quelle piccole manifestazioni dello spirito che gli fan prendere un granello di sabbia facente parte della spiaggia che compone la complessa personalità. Sarebbe disposta a rischiare d'esser affondata da una e probabilmente mille lame, per seguire ciecamente le sue curiosità. Nella propria mente, inizia a visualizzare uno spettro di ciò che vuole creare, di una sublime creazione dotata di vita propria. A contatto con quella vita così raggiante s'angoscia del disagio provato rendendo percepibile al loro breve contatto fisico come la temperatura del corpo sia più alta di ciò che dovrebbe. Si renderà conto anch'egli di tale fatale debolezza, per la quale tenterà di sottrarsi al più presto alle falangi altrui. Non vuole aprire alcuna lacerazione tra gli intimi tessuti della sua carne viva. Non vuole rompere le cuciture del suo vestito ma il prezzo da pagare è alimentare il fuoco dei pensieri altrui, mettendosi in una posizione di crescente difficoltà. Rimane ancora in quella posizione seduta, a terra. Sente inaridirsi in lui il pensiero, avrebbe voluto interrogarla ma ciò che riesce a fare è semplicemente fissarla con sguardo serio. Comprende le cose ineffabili pronunciate dal sangue che eloquente bolle nelle vene della sua mano nuda. Quel suo metaforico vestito gli è parecchio stretto, in situazioni simili. Senza sollievo va a sistemarsi appena il maglione indossato, pizzicandone appena il tessuto lanoso. "Non sono qui per appagarti.." Lamentoso reagisce più rapidamente a quella frase, ma par che riceva risposta con la frase che segue. Si sente in difficoltà. L'ossigeno sembra rarefarsi e come accaduto pochi giorni fa si ritrova a tener le labbra appena schiuse per prenderne quanto più possibile, impegnandosi a ridurre il rumore prodotto al minimo conscio che sarebbe piuttosto un'altra arma utilizzata contro di lui. Percepisce il proprio battito che quasi diventa assordante, inizia a vivere l'incapacità di sceglier come reagire con un che di negativo. Non è certamente nobile come pensiero, ma preferirebbe scappare che affrontare situazioni a cui è emotivamente impreparato. Vorrebbe avere di fronte Saigo, perché certamente lei saprebbe quando fermarsi di fronte ai suoi episodi di instabilità. "Non asseconderò il tuo desiderio di lotta, Nene.." Prova a prendere posizione così, muovendo appena le falangi dalla mancina perché torni in piedi, abbandonando o piuttosto dimenticandosi del motivo per cui era precedentemente seduto. "facciamo una pausa" Prova anche a chiamare il time out. Questa sua dualità tra il voler vedere di più e il tentare di sottrarsi alle difficoltà lo portano a realizzare laboriosamente che si trova in una sorta di angolo. "Mi appaga quello che stai facendo." Rivela, portando le braccia lungo i fianchi e tentando un passetto indietro. "E faremo passi avanti. Mi serve per conoscerti. Ma non riesco a starti dietro così all'improvviso." Par quasi una supplica, ma difatti si sente male. E' quella paura irrazionale che gli soffoca persino la creatività, elemento definitivamente rinnovato con le esperienze odierne. Non ha neanche tutto quel chakra rimasto, dopo tutto il lavoro fatto.

22:19 Nene:
 Esistono coincidenze che s'allineano con spaventose precisioni. Esistono momenti in cui due globi che pensavamo esser opposti, si scoprono così pericolosamente vicini da farci temere per il peggio, purtroppo. Il cigolio dell'esoscheletro, le grinze nell'espressività che non sono nulla di più di ombre e luci rosse che giocano con la nostra immaginazione lasciandoci pigri pensieri di cosa possa essere o non essere. Non è l'erotismo la chiave di tutto, é questo il punto. Il carattere di Nene sembra vertere su ciò che è proibito, lascivo, impudico - ed invece mai pensiero fu più errato. La chiave sta nel giocare la parte del vincente - e se anche non fosse stata capace di vestire i panni del sul desiderio carnale, questo pensiero non si ritroverebbe nemmeno lontanamente a sfiorarle la mente. Non è un problema. Il problema è lui - perché non reagisce, perché non si arrabbia, perché non la disprezza? Sarebbe più facile sorridere pensando d'esser il mostro, in questo caso, in questo scenario ed in questa storia. Ad esser il mostro non si sbaglia mai, pensandoci bene, come potrebbe aver paura - se la paura stessa é lei? Le labbra come vino speziato si schiudono, carezza l'aria tesa e silente di una vittoria nemmeno vagamente sudata - di una bandiera bianca eretta con la velocità di chi non é disposto a combattere. A combatterla. E nel suo zittirsi, nel suo sfiorare con le dita quella materia grezza di se incisa nel legno - come un brutto riflesso nell'acqua danzante, che si deve ancora assestare - ripercorre ogni passo; la porta, la luna piena - ma non adesso, non è nella posizione corretta. Gli da' le spalle in un batter d'occhio, un corollario di fasce muscolari cantano le memorie di un guerra, dell'allenamento del suono, dello sfinimento di chi non eccelle in nulla. Tranne in cattiveria. Zittisce se stessa e quel flusso di becere parole che ha da rifilarle - ignaro di quanto poco utile sia sventolar un drappo rosso d'innanzi al toro. < sei noioso~ > Il pigolio che le disturba le labbra arrossate, le gote rinfrescate dalla birra - ed un moto violento spacca il silenzio irradiando la stanza di luce. Lui. La sua paura. Sotto il riflettore. Ma no, marionettista, Nene non ha occhi per te. Lei, il suo profilo nudo. I suoi fianchetti spogli, la sua pelle - che come i crateri lunari - si fa beffe dell'occhio celando e mostrando a tempi alterni. Non le interessa. Fuji, la vista, o la luna? Puntellando i palmi sul bordo, dopo aver aperto la finestra - eccola inarcare la schiena per sporgersi appena - immerger il proprio viso da creatura maligna in quel bagno pallido che é la luce lunare; lo adora, la fa' impazzire - il tedio, il controllo, spezzare, piegare allontanare la mente da se' - ed ogni sua piccola mancanza. Così chiudendo gli occhi, per un attimo, sembra un angelo. Lo stesso angelo che ha nutrito Fuji, la sua mente, il suo stomaco. < Non sarà sempre guerra con me. > ... < Ma se quando avrai finito Nene due punto zero, non sarai stato in grado di tenermi testa - mi prenderò parte di te. > E dalle ombre della borsetta recuperata nel tragitto, uno stelo bianco compare a corromper la definita visione di quel bocciolo velenoso che ha per bocca. Una fiamma traballante, nella notte - infiamma i lineamenti, quella luce fallace danza, si piega - e poi diviene fumo che le occulta il viso. A cosa anela? Non ne ha idea - così come non sempre un uomo è mosso da un perché o da un obiettivo. Forse, a pensarci bene, è solo un gioco. Prendersi un parte di lui non definita. Abusar del suo carattere. Di lui. Del suo spazio, del suo tempo, della sua incapacità di essere. Essere. E densi ricci di fumo gli danno sollievo occultandola - distratta o disinteressata a guardarlo, o a nasconder i propri segreti più intimi ai suoi occhi. < Il tuo sollievo è che in un modo o nell'altro sparirò lasciandoti qualcosa. > Un nuovo trauma, una lezione, un carattere rinnovato. La capacità di combattere. O forse un nemico, o - ancora più assurdo - un amica. Di sicuro, una marionetta con il viso di quello che potrebbe diventar il sul nuovo incubo. Ironico, non è vero? Sfilandosi la sigaretta dalle labbra lascia cadere la cenere oltre il cornicione al quale era rimasta affacciata, ritirandosi proprio alla volta dei propri vestiti. Il maglioncino. La gonna. Ci vuole così poco per coprire ogni traccia, lasciando lì - tra i suoi attrezzi, solo una minima parte di se'. L'odore d'olio d'argan della pelle sembra sparire, soffocare - esser brutalmente annichilita. Come può dolcezza e cattiveria viaggiar di pari passo. Per oggi basta? Sì, ma solo perché così ha deciso lei. < ch ch, stai zitto - non c'è bisogno che tu apra bocca per dirmi di nuovo /basta, smettila, non riesco a starti dietro/ - sei noioso, non c'è niente che puoi darmi - avevi ragione. Non hai niente, un mucchio di polvere e parole piagniucolanti che mi hanno già nauseato. > Lo ferma prima ancora che possa attaccare la sua nenia, brancolando con la sigaretta appiccicata al labbro inferiore - come incollata. Inspira taurina, il petto si smuove - mortale e titanico. < Se vai a piangere da qualcuno, Fuji, non ti permetterò più di usarmi per creare... La vita. > una piccola minaccia, divertita - recuperando quella borsa sul davanzale ed un paio di saluti mancanti. Solo un cenno di noia - pura, densa, fastidiosa noia. Mollandolo li. Lui, i suoi complessi, e il suo esser remissivo. [se - end ]

23:35 Fuji:
 Lui vorrebbe poter chiedere mille cose e ricevere altrettante risposte. Quel tatuaggio, che lo rimanda ad una curiosa coincidenza del passato proprio e di Saigo. Ma anche ogni solco evidenziato dal limitatissimo spettro di colori di questa stanza. C'è tuttavia un'atmosfera che lo spinge a desiderare taciturnamente solo che la stanza si svuoti di ogni altra presenza. La pelle pallida e pigra passa dall'esser arrossata a diventar ancor più raggelata, la mano sinistra viene istintivamente portata lungo l'avambraccio gemello per scaldarlo, ma invano, ricordandosi che la sinistra non è che un freddo miscuglio di metallo e ingegno. Forse dovrebbe creare un qualche meccanismo che dia a ciò che in lui è meccanico lo stesso calore del corpo. Lo aiuterebbe a sentirsi più completo? Ogni pensiero che lo tange si trasforma in qualcosa che da fuoco alla sua tristezza, in quella notte senza nubi. E' straziato dalle proprie percezioni, vivendo quel tempo rimanente come se non dovesse mai finire. Vacilla appena anche il suo controllo dell'esoscheletro, affaticato dalla mancanza d'ossigeno e dallo stancarsi del corpo. Ciò che lo sta tenendo in piedi in quegli ultimi momenti con la Doku son forse un orgoglio muto ed ostile. Segrete analogie attorniano il suo sguardo, reso un po' più affilato ogni qual volta ella non gli da attenzioni. Non ha il coraggio di opporsi. Cinge con un braccio la parte bassa del proprio collo. Vorrebbe dire qualcosa, le labbra si schiudono appena, ma tornano a serrarsi saldamente quando viene invitato al silenzio. Il sollievo supera per un attimo la frustrazione che segue, non riesce a fare che osservarla andarsene. Riuscirà a muoversi soltanto quando quella sagoma sarà completamente sparita dalla sua vista. Immediatamente solleva disperatamente il braccio sinistro ed agita le dita, portandolo celermente e repentino alla porta che sarà propriamente chiusa per la prima volta. Ci sbatte in maniera buffa e disperata con le spalle, serrandola rumorosamente. Forse Nene potrà sentirlo, mentre sarà impegnata a prendere l'ascensore. Poi, convulsa, la destra verrebbe sollevata per serrare con una chiave sempre presente la serratura. Scivola con la schiena lungo la parete, cadendo per un attimo e afferrandosi da solo la gola, gentilmente. La fatica a respirare non viene più soppressa. Diventa rumoroso quel suo arrancare per aria. Solleva gli occhi con movimenti veloci e impanicati, inquadrando uno dei cassetti sul quale posava uno dei tre specchi. La vista non riesce a mantenere il suo fuoco e una sensazione di nausea lo assale improvvisamente. Il suo riflesso, proveniente dal centro del luogo, sembra essergli più vicino. Ma anche diverso. Più scuro, più piccolo, minuto. Un riflesso incondizionato lo porta ad afferrare il telefono da una tasca, scorre la rubrica e preme il nome di Saigo. Parte la chiamata, ma ancor prima d'uno squillo la chiude, lasciando forse una notifica. Poi, lascia cadere il dispositivo a terra, muovendo la punta delle dita: ma non si muove. Il chakra c'è, ma non son presenti i fili. Ha completamente perso la concentrazione. Il sudore si fa più intenso, freddo, congelandogli la pelle. Quanto segue è forse un'immagine penosa, il suo arrancare e quasi strisciare sul terreno per raggiungere il cassetto precedentemente adocchiato. S'alza a fatica su di esso, sfruttando i pomeli presenti. Poi, apre uno scomparto e afferra ciò che qualche settimana prima aveva ricevuto da Ryuji. Seppur dichiarati come antidolorifici, quella boccetta contiene delle compresse ruvide al tatto che hanno un effetto simile al -per noi - noto: Adderall. Nell'aprir la boccetta, tremante, finisce per gettare a terra due o tre compresse, ma riesce anche a farne cadere due sul palmo della mancina, poggiandole sopra e sotto la lingua ed iniziando una ricaduta. Ne basterebbe mezza. Da quando aveva ricevuto la consegna dall'Uchiha non pensava ne avrebbe fatto uso così presto, per un motivo simile. Gli occhi si spalancano in meno di un minuto, assieme alle pupille. La mancanza d'ossigeno cessa e finalmente riesce a sentire di poter respirare. Improvvisamente, un sorriso estasiato. Il rumore nella sua testa termina. I sensi si affilano e aumenta la concentrazione. "Ok, ok, ok" Per i prossimi tre minuti si impegnerà al massimo per togliersi l'esoscheletro marionetta. Può finalmente tornare alla normalità. Solo lui e gli altri tre fuji nello specchio, con cui avrà una sfida di sguardi forse per un'ora. L'opprimente paura in lui s'estingue e sarà destinata a tornare, ma è un problema per il futuro. Per quando quella boccetta verrà svuotata. Non dormirà di certo, anche se forse ha già superato la soglia delle 24 ore. Quando proverà ad alzarsi cadrà cinque o sei volte ma riuscirà alla fine a raggiungere il frigo. "Questo piatto brilla di luce propria.." Un commento tra tanti, mentre fisserà un pezzo di ceramica completamente anonimo su cui tiene un mucchio di cibo destinato ad esser mangiato prima d'esser visto con gli occhi. A lui piace davvero, vedere la luce riflessa. Devono essere le pastiglie. Ma si sente meglio. Si dedicherà anche a scolpire ancora la struttura fondamentale di quel progetto, che sarà da buttare. Del resto, Nene non ha il naso sul palmo della mano sinistra. Se ne renderà conto quando tornerà ad esser lucido. Per adesso potrebbe invitare Aozora a ballare un po'. { end }

Fuji incontra Nene nell'atto di provar a creare una marionetta. Ma non riesce a trovar un'idea soddisfacente.

Nene si offre, ma la situazione degenera. Fuji non è in grado di reagire agli stimoli. Kernel Panic.

I misteriosi medicinali dati da Ryuji qualche settimana fa tornano ad essere usati.