Amo Et Odio.

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20:21 Koichi:
  [Bancone.] Privo di ogni minima attrezzatura che lo possa identificare come un esponente della carriera militare del villaggio, ma non per questo potrebbe sembrare un totale sprovveduto, in quanto quella linfa energetica sarebbe già in circolo nell'intero organismo, così come un motore che alimenta in maniera continua e costante quel corpo, permettendo a quest'ultimo di poter godere benefici sulle proprie prestazioni fisiche. Un potere che con totale naturalezza alberga in quell'essenza, pronto ad essere utilizzato, attinto nel caso in cui potesse sorgere qualche misera e minima fonte di pericolo all'interno di quella sala ampia e larga, ma totalmente illuminata, permettendo ai tavoli lignei e lucidi di ospitare qualche sporadico cliente, intenzionato a rilassarsi dalla vita quotidiana. Eppure lo sguardo scarlatto del genetista provengono dal lato sinistro, rispetto alla porta d'accesso, dietro quel bancone, rinchiuso in quello spazio adibito a chi lavora presso tale struttura, ben constatabile dal vestiario che lo adorna: una giacca bianca che sovrasterebbe l'esile e longilinea figura, sotto cui sorge un completo composto da un gilet e pantaloni lunghi neri, di quella tinta oscura così come la chioma. Corvine ciocche che come una cascata decadono lungo quel viso, con quella pelle diafana, su cui non sorgono imperfezioni alcuna, ma rilasciato con dei lineamenti apparentemente tranquilli e rilassati. Un volto cortese, seppur totalmente fermo, tralasciando che le mani possano essere impiegate per ripulire una ciotola di medie dimensioni, decisamente larga e bassa; potenzialmente utilizzata per qualche infuso o bevanda calda. La pulisce, armato con un panno trattenuto nella mancina mano, con quelle falangi che scivolano correttamente sul pezzo, affinché possa rimuovere ogni traccia di umidità, mentre rimane totalmente vigile sull'area circostante. Come una vedetta, pronto a captare ogni minima variazione, come se fungesse maggior ruolo da supervisore, ben aiutato da quei membri, suoi colleghi e consanguinei, che circolano nella sala: una vaga famiglia a cui si sarebbe aggrappato, per necessità e per volontà propria, riconoscente per ciò che ha appreso fino ad ora sul proprio gene, ampiamente sviluppato, fino al suo attuale e temporaneo splendore. <Uh.> Un respiro, debole e pacato, mentre andrebbe a riporre l'oggetto nell'adeguato spazio, sulla mensola alle proprie spalle. Probabilmente è uno dei pochi luoghi in cui si concede questo lusso, questa disattenzione con maggior facilità, anche se i propri sensi permangono totalmente sviluppati, tesi e recettivi. Per ora, rimarrebbe totalmente neutrale in quella postura: eretto e fiero, in tutta la sua altezza poco superiore ai centottanta centimetri, con un modulo di muoversi totalmente elegante e fluido, come se fosse totalmente padrone del loco e di ogni minima caratteristica. [Chakra On]

20:29 Kimi:
 Ha lasciato Rio da poco ma il tramonto è ancora lontano nella giornata e lei ora deve trovare il modo per recuperare la lucidità mentale necessaria a quello che le spetta, il pieno è stato messo in atto e presto correrà un rischio imprevisto solo per aiutare il suo compagno? Davvero può definire Itsuki come tale? Forse simpatizzante è meglio. Ad ogni modo ancora non è tornata al dojo Doku, meglio distrarsi per quanto comunque poco avvezza ai rapporti sociali i suoi passi l’hanno condotta in un posto familiare sì per quanto lontano nel tempo, a quanto pare oggi sta masochisticamente ripercorrendo il viale dei ricordi eh. La farfalla viene lasciata all’ingresso di Kusa, non ha intenzione di farla passare attraverso quei ridicoli controlli imposti da Kusa ed è per questo che, dopo una lunga chiacchierata per tranquillizzarsi ha permesso alla madre di tornare nel suo mondo. Indossa una lunga gonna nera, a vita bassa, tenuta insieme da un semplice obi scuro legato sui fianchi, il tessuto è diviso in due parti dai tagli sui fianchi, cosa che le lascia quindi le gambe potenzialmente scoperte nella loro interessa, il passo è lento e per questo al momento non mostra nulla se non la coscia e parte del polpaccio ma è chiaro che in combattimento le due aperture laterali le permettano di muoversi senza alcun impedimento, sul busto solo carne nuda ad eccezione fatta per un piccolo top in pelle scura intorno al seno, non ci sono spalline. I capelli sono sciolti e le danzano sulle spalle mentre sotto al sole del pomeriggio si muove verso l’Anteiku, frangetta che copre parte della fronte candida fermandosi poco sopra quegli occhi, destro azzurro come il ghiaccio e sinistro invece rosso, ed è proprio per quell’occhio che si sta ora recando tra i Goryo, mai ricono0sciuti come suo clan vero ma non per questo evitati. La mano destra si alza verso il collo, per cercare quel ciondolo che ha appena donato, i dubbi dentro di lei certo non tacciono. Eccola però giunta all’ingresso, sospinge appena quella porta, il necessario per poter fare il suo ingresso e lì fermarsi andando a gettare uno sguardo intorno, non riconosce Koichi, non solo a causa del tempo passato ma anche per via del suo aspetto. Non può avere Nemurimasen al suo fianco ora ma può quantomeno cercare di comprenderlo meglio in quel suo continuo abbandonarla andando alla fonte di tutto, coloro grazie ai quali è effettivamente nato, coloro che l’hanno salvata. Esita ancora qualche secondo prima di recarsi al bancone, dentro di sé cerca di andare ad elaborare i ricordi per sapere almeno di chi chiedere, i nomi sentiti negli anni sono tanti e non le è così facile risalire subito a quello corretto. Ancora cammina, senza parlare ne tantomeno salutare, fredda anzi addirittura gelida in quelle movenze e nell’espressione su quel viso, una maschera da teatro capace solo di mostrare l’assenza di sentimenti più che uno di essi, i pensieri rimangono serbati al sicuro nella mente rendendo impossibile ad altri cogliere i dubbi che la stanno assalendo, persino il dolore per il racconto appena terminato è stato ricacciato nel fondo del suo stomaco, nascosto perfino a sé stessa, quello però è diventata brava a farlo. Per quanto possa apparire indifesa il chakra comunque circola con potenza nel suo corpo ed è grazie ad esso che nel momento stesso in cui apre quella porta il flusso verrebbe deviato, cercherebbe semplicemente di lasciare che il chakra si bagni nelle sue ghiandole salivari per poi tornare normalmente nel suo corpo, questo semplice passaggio dovrebbe permetterle di andare a rendere il suo tocco velenoso, estremamente pericolosa proprio come il demone che è [arte del veleno liv 4-tossico][-4chk]

20:47 Koichi:
  [Bancone.] Avrebbe il tempo di distendere l'arto destro, per poter poggiare con cautela la ceramica, per poi avvertire il suono della porta che promuoverebbe l'ingresso di un nuovo cliente; è un guizzo rapido, quanto repentino, nel torcere il cranio, alla ricerca di quella curiosità, che come una sete indomabile vuole individuare la risposta del proprio quesito. <Uh.> Un respiro corto, dannatamente breve, mentre le palpebre si allargano notevolmente, nell'intrecciare le iridi, mutate sotto quelle lenti a contatto, ma che non mancano di far evincere due fiamme ardenti, due braci che indomabili vogliono abbracciare nel silenzio e nella distanza la presenza nuova. <Ruby.> Un sussurro debole, quasi schiacciato data il volume effimero con cui si professerebbe verso la fanciulla poco distante. <Hiruma.> Richiamerebbe anche il secondo, decisamente colto in contropiede dal vociare del Chuunin, il quale sembrerebbe risultare improvvisamente serio e con un'alta dose di adrenalina in crescente aumento. <Prendete controllo del bancone e servite i clienti.> Enuncerebbe così il suo temporaneo distacco dal mestiere, tentando di rivolgersi verso destra, verso il lato più vicino alla porta d'ingresso, ove dinanzi si esporrebbe uno dei tre sgabelli presenti, notando come la figura femminile risulti mutata, ma non per questo totalmente. Non ancora capace di sfuggire dal tocco di un consanguineo, dalla minuziosa attenzione di chi sembra aver riconosciuto un fantasma. <Allora questa scacchiera possiede ancora dei ricordi.> Un borbottare leggero, mentre la mancina mano viene elargita, ad indicare la postazione dinanzi a sé, mentre lo sguardo dovrebbe tentare di catturare la presenza altrui, quasi come se il suo sguardo fosse sufficiente a recuperarla, ad attirarla come un magnete. Le labbra di lui poi si schiudono, richiamando nei polmoni una debole mole di ossigeno, prima di farla fuoriuscire per poter immettere una pressione tale da far vibrare le corde vocali. <Yuurei.> La richiama, come un invito sinuoso e graziato, come se fosse un vago indizio che colui che la richiama è qualcuno che ha ancora una memoria sufficiente nel ricordarsi di lei. Eppure il loro unico e vero incontro, l'altra era in una fase decisamente debole, dopo lo scontro del torneo, in cui ha potuto risanare le ferite dell'opposta. Braccio che, da disteso, andrebbe a ritrarsi, non preoccupandosi che quel nome possa essere ascoltato dagli altri lavoratori. Si prenderebbe quella pausa, quella minima porzione del bancone, per una questione privata. Dopotutto ha sempre detenuto un ricordo di protezione verso quella fanciulla, ancora ammantata da vestiti scuri e dal suo titolo di morte. <Non credevo di poterti vedere ancora una volta.> Dopotutto è una questione di effettivo lasso di tempo, numerosi anni, che li stanziano, dimenticandosi effettivamente che la propria estetica risulterebbe essere totalmente variata, modificata e plasmata direttamente dalla volontà propria. Sembrerebbe ancora disinteressarsi nel concedere risposte, a quei dubbi, ulteriori, che può suscitare nella mente femminile. Si crogiola nel poterla fissare, quasi con insistenza, con quei due rubini, quelle gemme preziose che brillano ad ogni orma incisa dall'altra, alla forma di quella fanciulla a cui è stato inoltrato un invito ad avvicinarsi. <Intanto...> Respira, profondamente, come se avesse una debole difficoltà a farlo, così a concentrarsi su quanto stia per esplicitare. <...posso servirti qualcosa?> Pur sempre servizievole, non solo in qualità di lavoratore, ma sicuramente per una pedina della sua precedente realtà, di quella vita che credeva sepolta totalmente. Ah quanti misteri dovrai ancora rivalutare, Kawaakari. [Chakra On]

21:00 Kimi:
 La prima novità, la prima distrazione giunge a lei in maniera assolutamente spontanea, senza che sia davvero andata a cercarsela. Lo vede quel ragazzo comminare, indicarle quello sgabello e soprattutto fissarla, non ha grossi problemi con l’essere osservata e tutto ciò che fa è continuare con quel suo atteggiamento freddo, smette semplicemente di guardarsi intorno nel momento in cui tutto ciò che poteva essere utile osservare è stato analizzato, ricambia infine lo sguardo del moro mostrando solo la solita profonda e lontana freddezza. Lei non ha sentimenti, o almeno questo è ciò che quel volto normalmente vuol far intendere. Andrebbe ad avvicinarsi allo sgabello come da invito ma non prende posto, nessuno le dirà mai dove sedersi e quasi come il cruccio di una bambina, testarda resta a testa alta solo accanto alla seduta <Non sono a caccia per ora> replica appena si sente chiamare, oh sì Yuurei, la sua parte Goryo ma da due ormai è una, un nome quello che viene relegato semplicemente alla cacciatrice di taglie, una netta divisione tra i suoi compiti, una protezione in un certo senso, il solo segno di esistenza durante quei lunghi anni di buio <Medusa> lo corregge dunque, fredda e gelida pur non apparendo particolarmente interessata a come viene chiamata, infondo è una che non ha mai avuto un vero nome se non quello che si è creata da sola grazie alla sua stessa prima innata <chi sei per conoscermi?> non è stata riconosciuta come mignolo destro, nemmeno come Medusa né tantomeno come nuovo capoclan Doku, il nome da lui usato è estremamente specifico, così lontano nel tempo e di nicchia da farle sorgere qualche dubbio, non ricorda nessuno con quelle fattezze ed è una fortuna che Yukio abbia aumentato i controlli e lei abbia da fare perché proprio questo la spinge a comportarsi quasi civilmente, non attacca e non salta alle conclusioni, la mente corre a cercare qualcuno di simile o qualcuno che invece conoscendola come Yuurei ha deciso di parlare in giro di lei, eppure con quella forma Goryo ha sempre fatto una vita estremamente solitaria, non ricorda d’essere stata curata, ricorda il dolore di quel momento certo ma poi il resto non esiste, sa d’essere viva e deduce quindi che qualcuno l’abbia salvata ma come suo solito non si è mai premiata troppo di tenersi attaccato quel piccolo dettaglio, la morte infondo mica può morire no? Non risponde infine nemmeno alla sua ultima domanda, attende solo una risposta, testa alta e occhi che non si staccano dalla sua figura per ora, lo studiano con attenzione come un predatore con la sua colazione[arte del veleno liv 4-tossico][-4chk]

22:39 Koichi:
  [Bancone.] Era semplicemente chiamarla in quel determinato modo per poter attirare l'attenzione dell'altra, a far insospettire così drasticamente un'essenza che potrebbe scattare da un momento all'altro. L'attenzione verso d'ella, il piacere di osservarla, questa volta sono risorse di cui non può accontentarsi totalmente: si innalza la tensione, la stessa prontezza di cui dovrà armarsi, per evitare che qualcosa di spiacevole possa accadere, che la bestia possa fuoriuscire nella direzione errata. Le narici che dunque assorbono altra aria, per poi tenerla bloccata nel busto che andrà dunque ad ingrossarsi, per qualche secondo, prima di rilasciare mediante una debole cavità orale, quelle labbra che si distaccano leggermente, senza risultare fastidioso. <Non sei cambiata poi molto, in effetti.> Ripiegherebbe appena il capo verso destra, di una decina di gradi, mentre una vaga smorfia andrebbe a disegnarsi sul viso maschile. Sembrerebbe soppesarla, valutarla attentamente. <Non che possa essere una cosa propriamente negativa.> Alzerebbe le spalle, mentre il cranio andrà a raddrizzarsi, con l'intera postura, tornando piuttosto vigile e concentrato. <Oh.> Un vocalizzo debole e di sorpresa. <Giusto.> Rincara la dose, effettivamente, scoprendosi poco a poco. <Non avevo questa forma, dal nostro unico incontro, ammesso che tu possa ricordartelo.> Perché vi sarebbe anche tale eventualità e la cosa potrebbe già indurre ad un dispiacere piuttosto evidente, data l'intonazione della voce. <Torneo, girone degli Special Jounin.> Dovrebbe risultare sufficienti questi dati per far comprendere il punto cronologico in cui si son intrecciati i loro percorsi. <Eri decisamente rovinata, ma non potevo permettermi che qualcun altro potesse sfiorarti.> Perché lui si è impadronito di quel diritto, di quel potere che neanche gli sarebbe stato concesso? <Volevo proteggerti, dunque mi son permesso di accompagnarti sul mezzo che ti stava trasportando alla struttura ospedaliera.> Uno sbuffo evidente ed infastidito viene elargito. <Inutile dirti che era totalmente futile, dato il mio intervento, ma... questioni burocratiche varie.> Come se il discorso andasse a perdersi, a scivolare via senza interesse alcuno, invero. Ed ora potrà notare nuovamente la figura dell'altra, accorgersi di tutti quei cambiamenti, dettati dall'evoluzione, dall'estetica alla conformazione del carattere. <Saranno passati anni, ma son soddisfatto di vederti ancora viva.> Perché vi è qualcuno che davvero può distruggere un'entità come lei, promessa sposa dell'oltretomba? <Quante cose i tuoi occhi avranno scrutato, in quest'ultimi tempi.> Anche perché non si sarebbe mai atteso di incontrarla lungo quella struttura. <Comunque adesso puoi chiamarmi Kawaakari.> E, da come pronunciato, dalla tipologia di frase enunciata, si comprenderebbe che questo non risulterebbe essere effettivamente il proprio nome, ma qualcosa che risulta possibile attribuire alla sua figura, alla sua nuova estensione nella realtà attuale. Un significato intrinseco quel termine, ma l'altra avrà la capacità di visualizzare oltre? [Chakra On]

22:58 Kimi:
 Mentre l’altro parla di lei, come se la conoscesse, la promessa di starsene buona e mantenere un basso profilo inizia a vacillare nella sua mente. Lo osserva con attenzione e ne ascolta le parole, un passo in avanti per raggiungerlo non appena ode la sua prima frase, se volesse scattare potrebbe costringerlo a stare zitto ma decide di evitare, lo lascia continuare e si avvicina. Un secondo e lento passo quello che viene compiuto verso di lui alla sua seconda frase, sguardo freddo e come sempre privo di qualsivoglia pietà. Un ultimo passo a voler azzerare le distanze tra loro alla sua presentazione, un sorrisetto sghembo che cresce su quel volto, com’è divertente il destino a volte. Solo quello, in tutti questi movimenti null’altro che silenzio e sguardo fisso, non è abbastanza simile ad Itsuki per tornarle utile e comunque ucciderlo ora non l’aiuterebbe a togliere la taglia dell’alleato, per quanto l’intento e il pensiero ci siano stati non è per uccidere che ora avanza, sa di non poterlo fare ora o lì per quanto il ragazzo sai assurdamente riuscito ad infastidirla con quasi ogni parola da lui pronunciata. Andrebbe quindi a sporgersi verso di lui, il busto che si fa avanti quel tanto che basta per far sentire il suo freddo respiro, caldo ma lasciatela convinta, sulla pelle del viso altrui <primo> freddo il tono <non mi conosci> altrimenti se lo ricorderebbe no? Nonostante il suo racconto i ricordi di quel torneo sono offuscati da quello che ai suoi occhi è comunque parso come un tradimento, non importa il tempo passato o l’aver preferito l’amicizia e il ricordo di Mekura all’odio <secondo> essersi liberata di quelle emozioni non lo rende comunque un argomento estremamente spinoso in sua presenza, quasi un tabù che inconsapevolmente forse il ragazzo ora ha rotto <avermi curata non mi rende debitrice e non ti farà ottenere nulla> non sarà mai in debito con nessuno, mai più finirà per legare nuovamente i suoi polsi da sola, ora che ha finalmente riscoperto la libertà non finirà per chiudersi nuovamente in quella gabbia dorata. Durante questo discorso gli occhi non si staccano da quelli di lui, attenta sì ma soprattutto gelida, così fredda da poter lasciare intravedere cosa attenda davvero le anime dopo la morte: non un caldo focolare ma un inverno infinto < e terzo> parla lentamente così come lentamente si muove, solamente vorrebbe andare ad avvicinare il dorso della sua mano destra al volto altrui, non lo tocca però vorrebbe limitarsi a sfiorarlo, nello scimmiottamento di quella che dovrebbe essere una carezza, il calore del uso corpo dovrebbe essere ben percepibile all’altro, se non si fosse scostato, vista la vicinanza della cute eppure nessun veleno passa, nessun reale contatto <per essere uno con un nome così importante sei fin troppo anonimo> un insulto, orgoglio? No più semplicemente veleno per quella che vede come appropriazione dei proprio obiettivi, è solo un nome verso ma lei che si è votata ormai al Caos e alla Yugure non riesce ad ascoltare quel suono rimanendo semplicemente impassibile, il concetto stesso di Kawakakari è qualcosa che sente appartenerle nella metafora di contrapposizione tra ordine e disordine, il tutto condito dalle parole pronunciate poco prima, da quella che per lei non è stata che una sfida dalla prima sillaba. Se si trattiene dall’avvelenarlo con la propria innata ciò non significa che debba evitare di farlo con le proprie parole[arte del veleno liv 4-tossico][-4chk]

23:21 Koichi:
  [Bancone.] Perché aver modo di scrutare quel viso, così vicino, possa risultare un sollievo, il tutto si trasforma rapidamente in utopia. Avverte quel freddo, quel tocco che non avviene, ma sembra riuscire a scrutarlo indirettamente, con un brivido che dalla zona lombare risalirebbe repentinamente per tutta la schiena, fino ad una rapida scrollata di spalle. Probabilmente la preferiva in quello stato di incoscienza, parziale o totale che sia. Non andrebbe a distoglier lo sguardo e neanche smorzare minimamente il proprio corpo, nel caso in cui il tocco femminile voglia imprimersi sulla cute maschile. Se da una parte viene minacciato, costretto a porsi sulla difensiva, il volto non andrà a prendere irritazione alcuna, ma rilasciando che la mente possa mantenersi stabile ed il sangue, pompato con maggior veemenza, rimanga gelido, anche dinanzi ad una situazione così critica. Non si preoccuperebbe neanche se altri consanguinei potessero pensare male, in quel momento; questo è una sezione che non riguarda nessuno di loro, ma è prettamente personale. <Però gentilmente...> Sembra tornare composto, con una voce che si mantiene chiara e pulita, come se l'acido lo avesse corrotto, almeno inizialmente, ma non sufficiente a superare quel blocco massiccio, quella lastra dentro cui si sarebbe rinchiuso. <Non inserire parole che non ho mai esplicitamente espresso.> Sembrerebbe quasi tornare a sottolineare, a delineare maggiormente le proprie affermazioni, le stesse già esplicitate ed evidentemente fraintese, comprese male. <Non c'è bisogno di conoscerti, nella totalità, per comprendere se qualcosa possa essere plasmato o meno.> La lingua maschile che si esterna, per lambire interamente le labbra, inumidirle a causa della tensione che potrebbe solo assaggiare, anche in quel preciso momento. <Non mi sembra che ti abbia chiesto un favore o ti abbia concesso il titolo di debitrice.> Ricaverebbe anche dal secondo orpello, dichiarando effettivamente quello che voleva in realtà trasmettere. <Mi hai chiesto come facessi a sapere, ti ho semplicemente risposto.> Ed è maledettamente analitico, razionalizzare al punto da correggere quella sete quasi indomabile della donna, pronta ad ucciderlo, se ne avesse la possibilità. Eppure si tratterrebbe, si lascerebbe congelare dal modo di porsi del corvino, almeno seconda sua opinione. Smonta ogni costrutto, con una semplicità disarmante, come se avesse già la risposta pronta, per qualsiasi cosa l'altra possa annunciare. Ma non sta dimenticando qualcosa? <Sono stato risvegliato in questa realtà effettivamente da poco, ma...> Si bloccherebbe, improvvisamente, come se ci riflettesse sul proprio filo, interrompendolo egregiamente. <Credo che vi sarà il tempo adeguato per concederti testimonianza di ciò.> Come se si necessitasse solo di essere pazienti, in quanto la fretta potrebbe risultare una cattiva consigliera. <Son solo soddisfatto di trovarti qui.> Probabilmente l'altra avrà modo di incrociare quell'appellativo da terzi, semmai ne sarà occasione. Un bisbiglio, se consegnato alla giusta brezza, può divenire tornado ed infine una tempesta. <Posso rendermi utile in qualche modo...> Il tuo picco lavorativo torna ad incidere nuovamente, ma questa volta ha una sfumatura differente: come se le tematiche a cui potersi aggrappare sono molteplici, come se il campo concesso in cui spaziare si fosse allargato improvvisamente. Se gli fosse concesso, proverebbe ad inclinare in maniera appena percettibile il busto innanzi, per poter raggiungere con maggior comodità il viso altrui, lasciando che un mezzo metro possa separarli. <Medusa?> La richiama con quel nome, lo stesso che l'altra ha definito: sembra quasi un modo per abbassarsi metaforicamente ed accettare la richiesta d'esser interpellata in quel modo. [Chakra On]

23:34 Kimi:
 La mano resta lì, il dorso verso la guancia sinistra del ragazzo, mentre lui parla ciò che fai lei è semplicemente spostare appena lo sguardo verso il suo stesso arto, una rotazione del polso, una dolce danza con la quale andrebbe ora ad orientare il palmo verso il Goryo. Lo ascolta parlare senza prendere davvero in considerazione le sue obiezioni, quel fare analitico non le appartiene, non è razionale nella sua più comune definizioni e non accetta che chiunque provi a modificare il suo pensiero eppure l’atteggiamento stesso che lo porta a parlare viene da lei interpretato non come sfida ma come una specie di sottomissione, come se nel regno animale ora il chunin avesse abbassato orecchie e sguardo, Sposta nuovamente gli occhi su di lui, le dita vanno a chiudersi proseguendo quella lenta danza senza musica, solo l’indice rimane alzato, appena flesso e ancora più vicino a quella pelle ma ancora non avviene alcun contatto, la consapevolezza di ciò che l’aspetta dopo, quello che dovrà compiere al calar delle tenebre è ciò che la sta tenendo buona in realtà, la sorveglianza è aumentata e lei è in mezzo a persone. Non può mandare tutto in fumo ora, un tempo contando sulla protezione di Yukio probabilmente avrebbe agito lasciando che la necessità di uccidere in lei la lambisse con quei dolci sussurri ma ora resiste e semplicemente gioca con il fuoco, avvicinandosi al momento senza però andare effettivamente a compiere l’atto. Il discorso di lui continua, cercando quasi di smorzare la tensione che lei stessa sente, quello che ha creato, forse in un posto isolato sarebbe andata diversamente ma non qui e ora. Così mentre si offre disponibile lei andrebbe semplicemente ad abbassare quella mano, riportarla rilassata al suo fianco per poi andare a compiere all’indietro i tre passi che prima l’avevano fatta avvicinare <Nimura Goryo> ecco si è ricordata il nome <è ancora capoclan?> che lui si sia o meno appena risvegliato sicuramente ha più informazioni di lei, quindi tanto vale iniziare dalle principali [arte del veleno liv 4-tossico][-4chk]

23:54 Koichi:
  [Anteiku.] La mano destra femminile che sembrerebbe danzare nell'aria, in quella zona prossima alla proprie gote sinistra, avvertendo quasi il tocco seppur questo non risulta avvenire, per una questione di pochi centimetri; probabilmente cosciente di quanto possa essere pericoloso un suo tocco, avvicinarsi oltre, ma non per questo si trasforma in una pecora intimorita dalla presenza altrui. L'altra andrà dunque a distaccarsi, allontanandosi conseguentemente dal bancone e ritornando verso lo sgabello lì posto. <Nimura.> Ripeterebbe il nome che l'altra attinge, in quanto sembra voler comprendere le dinamiche, i motivi che spingono l'altra a ricercare ed ambire quella personalità. Forse un tocco difensivo verso quella stirpe, quel gene, lo stesso che condivide con la stessa Doku. <Al momento, lo è.> Esprimerebbe, senza dare maggior enfasi a quell'arco temporale stabilito, come se non volesse concedere particolari attenzioni a quel tassello della propria voce, della risposta annunciata. <Son giunte voci che invero il clan Doku abbia una nuova persona sul loro trono, una regina.> Non avrebbe testimonianza certa, ma sicuramente l'atto ostile verso il precedessore potrebbero aver raggiunto anche quella struttura, quella caffetteria in cui spesso persone tergiversano informazioni di troppo. A volte false, a volte vere, per cui si necessità di controllarle e verificare. <Potresti confermarmi tutto ciò od è una falsa voce?> Se così fosse, proverebbe dunque a scivolare l'attenzione verso i due consanguinei, gli stessi che egregiamente stanno tenendo testa ai clienti presenti, tra le varie ordinazioni. <Mh.> Labbra serrate, mentre un mugugno viene emesso, come segno chiaro di riflessione. Gambe che dunque verrebbero piegate appena, mentre la mente elabora rapidamente lo spazio attorno, calcolando rapidamente il prossimo movimento personale: difatti tenterebbe di compiere un semplice balzo, per oltrepassare il bancone, facendo attenzione a rannicchiare decisamente la propria sagoma, raccogliendo le leve inferiori abbastanza da sentirle sul petto, e riuscire così a liberarsi, in un semplice spostamento diagonale, il quale dovrebbe permettere di presentarsi ad [ore 3] rispetto alla donna, mentre le viene offerto il fianco [destro]. Se fosse riuscito nel proprio intento, andrà anche a consumare un movimento semplice e lento, per ruotare totalmente l'intero corpo e porsi frontalmente all'altra, sfruttando un quarto di rotazione oraria. <Ultimamente, i tuoi occhi son caduti a raccogliere il silenzio?> Enigmatico, fin troppo, ma sembra che abbia un chiaro riferimento, cosciente della provenienza altrui, la sua appartenenza al villaggio del suono. <La nota.> Implementerebbe, come maggior dettaglio, come una chiave da inserire nella serratura e sciogliere l'intreccio. Deve cercare di comprendere se, oltre a sé, possa individuare altri referenti, altri che cercano di approfittare di una locomotiva già avviata. Ritornerebbe dunque in silenzio, con quelle braccia che ricadono lungo i corrispettivi fianchi. Eppure è soltanto [un metro] e poco più a separarli, rendendo l'intera prospettiva non affatto rilassante, ma tutt'altro. [Chakra On]

00:10 Kimi:
 Poggia ora il suo sedere sullo sgabello prima indicato e rifiutato, flette le gambe quel tanto che le basta per poggiarsi con la stessa delicatezza di una farfalla, anime così affini a lei. Lascia quindi definitivamente andare la preda che ora risponde alle sue domande, quantomeno sa che qualcosa non è cambiato in quel mondo. Lo ascolta quindi continuare a parlare, la voce del cambio in testa ai Doku si è sparsa, non che la cosa in qualche modo la turbi, si sarebbe aspettata una simile reazione specie per il fatto d’essersi fatta trovare all’alba immersa nel sangue del suo nemico e seduta davanti al suo trono <aspirare ad essere re è da stupidi> replica lei <più è alto il trono più dolorosa sarà la caduta> continua semp0licemente, l’informazione di cui aveva bisogno alla fine l’ha ottenuta quindi tanto vale confermare quelle voci, che la gente la tema, che si ricordi il mondo di cosa lei sa essere capace <ma Itawooshi non potrà confermatelo a voce> una piccola pausa, un sorriso del tutto simile a quello mostrato fino a poco prima <per ora> un riferimento ed una minaccia velata forse, ancora vuole ricordare chi è lei, quanto pericoloso sia averci a che fare. I Doku sono un pensiero che l’adombra al momento, sente il peso di quel compito sulle sue spalle, non ha mai voluto essere una guida ed ora si ritrova a dover gestire un clan e persino un allievo. Tace comunque e nasconde questi pensieri dietro a quel suo solito freddo atteggiamento, lo osserva balzare e torna a lavorare, coglie il riferimento eppure non si scompone, lui non era presente a quella riunione quindi non solo evita di reagire ma fa ben attenzione alle sue prossime parole, così restando fredda e non espressiva sfrutta a suo favore quella sua incapacità di provare vere emozioni, le più tiepide almeno, sfrutta il gelo con cui ha ricoperto il suo stesso cuore per nascondere ogni pensiero come se ormai nella vita nulla potesse davvero toccarla, affermazione che poi tanto lontano dalla verità non è <ricordi anche che ero il mignolo destro dell’Akatsuki?> domanda ancora, una minaccia questa, più o meno criptica a seconda della conoscenza di quelle tecniche segrete, quindi di base chiara solo a sé stessa <potrei ridurti al silenzio in un istante e tu vieni a farmi domande estremamente specifiche senza offrire nulla in cambio> ancora una volta dice tutto e niente, non le importa chiarire il non detto mai le è importato infondo <mi chiedo il perché di questa curiosità> attende andando poi a guardarsi velocemente intorno, come a controllare la situazione, che nessuno di nuovo sia alle sue spalle, che nessuno si sia mosso o avvicinato, semplicemente fa attenzione, un giro veloce prima di fissarsi nuovamente su Koichi[arte del veleno liv 4-tossico][-4chk]

21:15 Koichi:
  [Anteiku.] Una volta compiuto quel salto, semplice quanto elementare, potrà permettersi il lusso di denotare quella figura femminile, intenta ad accomodarsi sullo sgabello dapprima indicato, quasi come se fosse una vera provocazione: ha scelto quella postazione, solo una volta averlo rifiutato in maniera categorica. Un dispetto, così sembrerebbe disegnarlo, eppure non sembrerebbe preoccuparsi, non viola affatto la sicurezza che continua a cedere, a porre un freno a quel pronunciare opposto. <Aspirare, ambire.> Sinonimi, nient'altro. <Espresso così, sembra che io possa bramare quel trono, desiderare quel titolo.> Un respiro debole, leggero quanto il prolungamento di quelle labbra, i cui angoli provano a curvarsi appena verso l'alto, in un sorrisetto quasi divertito, mentre andrebbe ad osservarsi attorno, come l'occhio di chi stia valutando un oggetto, possa stimare l'intera caffetteria, seppur questa risulti essere una metafora: il luogo, per le persone che vi sono all'interno. <Credo che sia fuori luogo desiderare una corona di cui è stata trascritta già la sua discendenza.> Come se fosse già premesso al moro, a quel corvino, che intende molto ma sfruttando effettivamente poche parole. E neanche semplici. <Devo solo cogliere il frutto, quando sarà adeguatamente maturo.> Una piccola smorfia che di disegnerebbe sul suo viso, provando a compiere un passo verso destra, per trovare il supporto del bancone, su cui andrà a poggiare il braccio corrispondente, quello più vicino. Gomito che si impossessa della superficie piana, lasciando che dal polso fino alle punte delle dita barcollino nel vuoto, data l'angolazione dell'arto superiore, notevole. <Come se a qualcuno che ha oltrepassato il confine ed è tornato indietro, possa effettivamente preoccuparsi di qualcosa come un'eventuale caduta.> Soffia da quelle labbra, come un serpente che scivola in maniera fastidiosa e pungente. <Chi è che non ha sofferto, chi è che non è caduto, dopotutto?> Qualcosa di banale, decisamente comune. <Ma forse è più importante ricordare di chi è riuscito a sollevarsi, di chi si è fatto carico di un peso e ha perseguito.> E, prima che fosse interrotto, continuerebbe: <Non strisciare, ma bensì camminare.> Preciserebbe, perché la prima condizione non potrebbe equivalere a godersi di quel periodo di vita, di quella risorsa davvero singolare. <Non crucciarti, riconosco fin troppo il tuo potenziale.> Eppure non lo teme, non ne suscita la paura ed il terrore che invero dovrebbe crearsi. <Quanto tempo fa hai abbandonato l'Akatsuki?> Dato che utilizza un verbo al passato, proverebbe a collegare un episodio, un ricordo, a quella proposizione. <Nulla in cambio?> Riprenderebbe, spegnendo il sorrisetto dapprima disegnato. <Due volte ti ho chiesto se potevo risultarti utile, ma non vi è stata richiesta alcuna.> Quanto risulta vero? <Per questo, domando con la coscienza che potrai applicare limiti sul grado di sapere che vorrai fornirmi.> Dunque non immetterà un broncio, se l'avversa non vorrà rispondere, ma tenterebbe ugualmente di strappare dati. <Eppure questo mondo è fin troppo grigio, per non concedere uno schizzo di colore, no?> C'è un tono di malvagità che, come un filo minuscolo e sottile, si nasconde innocente nell'intera domanda. All'altra l'arduo compito di individuare quella sfumatura, come un sapore che si scopre solo dopo aver degustato. Apparenza? Chissà, eppure lo stuzzicare non decade, non così facilmente almeno. <Vi è una debole brezza fredda da Est, non trovi?> Nulla è concesso con facilità, ma sicuramente sembrerebbe riuscire ad ingannare chiunque, soprattutto con quell'ultima domanda, al punto che per un attimo il cranio andrà a ripiegarsi in maniera approssimativa in quella direzione; un istante soltanto, prima di tornare a convergere sull'altra. [Chakra On]

21:31 Kimi:
 Ormai distanziati, un bancone a separarli ed in un certo senso a proteggere Koichi, una sensazione però così labile quanto lo è la sua pazienza, facile sarebbe oltrepassare quel confine fisico per avvelenarlo, nulla di troppo complicato per lei che pure resta seduta senza ancora farsi avanti, lì per un capriccio più che un reale bisogno, alla ricerca di un clan a cui non ha mai dato attenzioni ma di cui ora accetterebbe il consiglio se non il parere, per quanto senza poi andare davvero a seguirlo. Ne ascolta le parole senza distaccare davvero lo sguardo, attenta o no i suoi occhi gelidi è su quella figura che si posano senza sosta <che tu possa o meno arrivarci, che abbia senso o meno desiderare un trono resta un atteggiamento quantomai stupido> puntualizza ancora una volta il concetto. La fine di Itawooshi è stata scritta nel momento esatto in cui ha preso il potere <quando pensi di essere in cima sei solo più vicino alla morte> e nel caso del suo ormai vecchio capoclan non c’è definizione più adatta, pretendendo una qualche forma di comando su di lei non ha fatto altro che avvinarsi alla sua stessa fine, stringere e ghermire la Morte non porta mai ad una degna conclusione, si traduce sempre tutto in sangue e sofferenza ed a giudicare dal suo sguardo privo di pietà alcuna non si può che comprendere quanto a fondo reputi aderenti alla realtà quelle parole. Non aggiunge altro, non spiega quando l’unico motivo per cui si cada davvero è la pretesa di alzarsi, basterebbe stare sempre ben radicati a ciò che si è senza aspirare ad essere altro per non ferirsi, chi più di lei può capirlo? Ha sognato una vita migliore, ha sognato d’essere madre, figlia e amante e tutto si è frantumato davanti ai suoi occhi, è nata per essere Caos e Disperazione non speranza ed amore, provare ad essere differenti da chi si è non produce che inutile dolore e sofferenza. Il discorso però continua mentre lei si limita a poggiare i gomiti sul bancone, un suono delicato e controllato, si muove leggera per quel mondo che domina dagli inferi, un demone che cammina in punta di piedi troppo distante per poter davvero far rumore <tu parli troppo> taglia corto lei invece, i giri di parole non sono la sua quotidianità, non ama i discorsi fatti di se e di forse, gioca con la preda ma rende sin da subito chiaro il suo prossimo attacco e proprio come ora non nasconde quello che potrebbe fare, resta sempre però tutto attaccato a quella locuzione temporale: quando. Sì perché un giorno lo avvelenerà, un giorno lo distruggerà come arriverà a fare con chiunque altro la domanda da porsi è solo quando questo avverrà. In successione anche gli avambracci ora si stendono delicati al piano del bancone, una posizione apparentemente rilassata che però nasconde ben altro <mi chiedo cosa tu creda di sapere> non parlerà, mai lo farà per prima e mai rivelerà informazioni per lei importanti, non lì in quel villaggio soprattutto: il dominio del padre che come ben sa ha occhi e orecchie ovunque [arte del veleno liv 4-tossico][-4chk]

23:01 Koichi:
  [Anteiku.] Se l'altra sembrerebbe impegnarsi per potersi quasi distendere su quel bancone ligneo, stiracchiarsi avanzando le leve superiori, lui continuerà a permanere alla [destra] d'ella, intenzionato ad offrirle il proprio fianco destro, cercando di arretrare quanto basta per sentire sulla zona posteriore la struttura ponente, ripiegando quanto basta le braccia, richiamate ed avvolte su se stesse, affinché possano i gomiti ritrovare valido appoggio su di esso. <E' strano rivendicare un trono, lo conformi ad un atto di stupidità...> Riepiloga, brevemente, come se stesse cercando di analizzare ogni frammento, ogni tassello che gradualmente si compone in quel mosaico in cui sarebbe effettivamente complesso trovare il suo filo logico. <Eppure sei riuscita ugualmente a guadagnarne.> Ipocrisia? Il cranio che andrebbe a ripiegare a destra ed a sinistra, un paio di volte, in vari cenni di diniego, come se lui stesse non riuscisse a concepire effettivamente il fatto, come se non volesse metabolizzare quanto sia accaduto, comprendendo che vi sia tanto altro alle sue spalle. Non conosce perfettamente la cacciatrice, ma è ben cosciente della sua potenza quanto della sua furbizia. Un lupo che saprebbe accogliere una preda e divorarla, con le sue fauci velenose. Cercherebbe di comprendere il vero motivo, la vera forza motrice di quel gesto, per riuscire ad avere una più chiara e netta analisi dell'intera evoluzione. Il cranio che dunque andrebbe a torcersi verso destra, verso quel corpo femminile, che dista circa [1 metro] dalla propria posizione, cosciente di quanto possa esser letale quella vicinanza. Eppure come droga, ne richiama adrenalina e gli permetterebbe di pompare in grande quantità il sangue: è come essere coinvolti, magnetizzati, seppur si è ancora capaci di mantenere quel liquido freddo, gelido, abbastanza da razionalizzare. <Morte.> Ripenserebbe ancora a quel termine, mentre come un'etichetta cercherebbe di aderirlo metaforicamente alla sagoma d'ella; probabilmente è per ciò? Essendo egli stessa portatrice di sventura non dovrà preoccuparsi di morire. Equivarrebbe a colpirsi da sola, uccidersi per il misfatto da se stessa compiuta. Incoerente. Senza alcuna logica. Eppure l'appetito non si arresta, non quello della conoscenza, mentre gli ingranaggi continuano a ripercuotersi, a roteare con maggior veemenza, quando sentirebbe quella definizione. Uno sbuffo debole dalle narici, mentre le labbra sembrano accogliere un debole sorriso, uno di quelli appena pronunciati, stimolati da quel sano divertimento. Beffardo, quasi, nel sentirsi giudicato in quel modo. <Potrei non darti tutti i torti.> Dopotutto potrebbe anche riconoscerlo, mentre il tono di voce accoglierebbe un pizzico di tristezza, misto alla delusione. Vorrebbe poter compensare, agire in maniera più decisiva, rispetto al servire tazze ricolme di caffè, in quel luogo. Labbra che dunque si schiudono, per permettere all'arcata superiore dei denti di affondare sul labbro inferiore, infastidito forse proprio in un punto che non si sarebbe atteso. Dagli altri almeno, ma forse lei è davvero differente. <!> Un respiro mancante, come se qualcuno avesse scalciato all'interno di quell'organismo: un calcio rombante che si impianta contro le porte sigillate del proprio subconscio. Una richiesta poco implicita di qualcuno che vorrebbe fuoriuscire, quasi adirato od ancora più desideroso di avvicinarsi alla donna. L'albino che freme nell'avere nuovamente un incontro, ma viene abilmente trattenuto dal corvino, che dovrebbe riuscire a reprimere lo stimolo e la volontà della controparte. Non ancora allineati, non perfettamente almeno. <Io credo di non sapere nulla.> Un sussurro flebile, è questo che pronuncia in avanti, lasciando che un alone nuovo possa coprirlo. Questa volta sembra risparmiare sulle parole, senza colmare la bocca di troppi termini. <Son solo uno spettro che tenta di invadere questa realtà.> Ancora più misero è il volume, ma non per questo non udibile dall'unica presente, così vicina da cogliere, se non fosse disattenta. <Non è più tempo di preoccuparsi di quando si spezzerà di nuovo la matita, non questa volta.> La contrazione muscolare delle braccia è evidente, nonostante il vestiario, così come l'irrigidirsi dei lineamenti facciali, come se stesse più argomentando con sé, che con la cliente attuale. <C'è qualcosa che ti può interessare?> Nuovamente disponibile, gentile, seppur il tono inizia a divenire sempre più astratto, quasi vacante. Il contenitore che sfuma la sua essenza, come se non vi fosse ancora controllo totale della propria persona. Incastrato, purtroppo. Il fuoco che alimenta le proprie iridi inizia non a scomparire, ma divenire traslucido, quasi opaco. Perde consistenza, per qualche secondo. Eppure non per questo demorde, non per questo si spegne inesorabilmente. [Chakra On]

23:20 Kimi:
 Si parla ancora di lei, del ruolo, attuale di ciò che è e ha fatto, lo ascolta e semplicemente lo fissa. Non deve giustificazioni a nessuno, nemmeno a sé stessa ed è per questo che resta semplicemente immobile nel suo silenzio, continua a guardarlo esattamente come si farebbe con una preda, non tanto superiorità nei suoi occhi ma l’assoluta convinzione che potrebbe mettere fine alla sua vita senza nemmeno doversi muovere così tanto, la distanza tra loro è davvero poco e conosce sin troppi modi per lasciare che il suo letale veleno finisca nel corpo altrui, molti di quelle tecniche non le richiederebbero nemmeno l’utilizzo di molto chakra, altre ancora potrebbero essere evocate senza dover muovere la mani, le stesse che ora vanno a seguire ilr esto delle braccia e si adagiano sul bancone, i palmi rivolti verso il basso <io non siedo su alcun trono> puntualizza quindi, solo ora, solo dopo che si è presa tutto il tempo che aveva voglia per rispondere. Attende proprio che lui prosegua con i suoi discorsi, che l ragionamento lo spinga su altro prima di replicare, in ritardo sì ma a sottolineare ancora il suo stesso potere, lei è morte e nulla la farà svanire dal mondo a differenza di chiunque altro, o quasi, la circondi su quella terra, quasi tutti i ninja sono fin troppo consci della loro mortalità, quasi tutti un giorno verseranno l’ultima goccia di sudore o sangue su un terreno arido e che non dona nulla e sempre tutti loro passeranno prima attraverso le sue grinfie, li attenderà al varco e senza pietà o un amichevole sorriso sul volto lascerà che la fine abbia inizio. Ed eccola quindi andare a concretizzare quella possibilità, le basterebbe così poco per riempire tutto di veleno, questo certo finirebbe per farle inimicare il clan stesso ma non è un dettaglio al quale baderà ancora a lungo <se non sai nulla dovresti tacere> parla lenta, minacciosa nella misura in cui alla sua voce manca una vera inflessione fornita da emozioni e sentimenti. Non c’è, ancora una volta, comprensione in lei, non le interessa comprendere davvero chi ha davanti, esiste solo un modo per leggere le persone e passa attraverso alla percezione della loro stessa morte, solo quando toccano il fondo e si rendono conto d’essere giunti alla fine allora si rivelano nella loro completezza <spettro?> ribadisce l’epiteto con cui lui stesso si è identificato, colorendolo appena di disgusto, si torcono le labbra andando a creare un’espressione infastidita <tu non sai cosa siano gli spettri> Yurei è lei, l’unico vero fantasma tra i due, lei conosce quella parola, si identifica e la fa propria da anni ormai, uno Yokai che non può venir semplicemente invocato a piacere da chiunque cammini senza uno scopo in quel mondo. Ed ecco che quindi andrebbe solo a voler sottolineare quel concetto, espresso prima a parole e ora anche fisicamente. Senza che il volto si modifichi il suo chakra vorrebbe essere spostato verso il solco centrale, lì andrebbe a farlo agire come un fiume in piena che rompe gli argini andando successivamente ad irrorare il suo cervello. Un’azione semplice che però dovrebbe permetterle di andare a richiamare la sua innata Goryo. Senza manifestare cambiamenti nella voce o nella postura, senza cambiare l’espressione i capelli andrebbero a schiarirsi raggiungendo così il più puro dei bianchi. Entrambi gli occhi andrebbero a colorarsi di rosso mentre le sclere lascerebbero spazio al più profondo dei neri. Le labbra stesse vanno a cambiare colore, un mare di oscurità e carbone. Sotto a dove normalmente ci sarebbe la collana dei cacciatori ora apparirebbe il loro simbolo, bruciato sulla carne viva, sul cuore invece la scarnificazione “K-21” dai tratti indecisi ed infine tutta quella moltitudine di cicatrici più chiare della sua stessa pelle cadaverica. Ciò che lui potrà notare appena vista la posizione è poi quel grosso taglio infiammato rosso sul ventre, perpendicolare al terreno in prossimità dell’utero. Una madre privata della figlia[arte del veleno liv 4-tossico][-4chk][goryo liv 4][-4pv]

23:55 Koichi:
  [Anteiku.] C'è un silenzio assordante che si plasma attorno alla propria presenza, ove il veleno reso fonema della donna inizia progressivamente a corrodere quella lastra di ghiaccio, come unghie rinforzate che urtano contro quella superficie ghiacciata. I padiglioni auricolari maschili che captano ogni fonema altrui, i quali emergono al di sopra di quel brusio che si può raccogliere in quella stanza, tra i vari clienti che continuano a degustare ed i suoi consanguinei che si trascinano avanti ed indietro, per rendere il servizio quanto migliore possibile. Lo sguardo maschile che si spezza da quel contatto duraturo, per poter socchiudere le palpebre e riaprirle con la stessa lenta velocità, mentre il respiro inizierebbe a divenire poco più profondo, quasi controllato, come se cercasse una nuova forza. La ambisce, dal suo interno, da quella fonte che continua a bruciare nel proprio plesso solare. Avverte quel tepore, quella linfa che continua ad esser creata e plasmata, quasi per inerzia, eppure si sente ancora così distante dalla realtà. Un fastidio incredibilmente alto che potrebbe tradursi con un abbassamento della propria concentrazione, di quella volontà nel permanere lì. Scomparire sarebbe davvero la soluzione adatta? Dopotutto nessuno ancora si è presentato in quel posto, nessuno ancora ha chiesto di quel nome, di quell'attributo che se stesso si è disegnato. Avvertirebbe un'ira che improvvisamente si innescherebbe, ancora una volta dimenticato ed emarginato, come se il suo valore si stia riducendo gradualmente. Lui non è zero, lui è il vuoto. L'Alfiere che cala lentamente quel braccio, a nascondere lo stendardo che fino ad ora riusciva ad elargire con orgoglio e prepotenza. Un varco, vacillando nella debolezza dell'abbandono. Ancora. Ancora. Ancora! I denti che impatterebbero, i superiori contro gli inferiori, come se improvvisamente una pressione stia marcendo sulla propria persona. Lo schiaccerebbe al terreno, come una forza maligna. Potrebbe terminare di fare resistenza a tutto ciò, lasciarsi cadere e desiderare di non rialzarsi. Almeno così eviterebbe di sentirsi nuovamente distaccato, a non sentire più il bruciore di quella fiducia non ricambiata. I legami fanno male? Neanche l'odio potrebbe permettersi questi lussi, questi benefici. <Io...> Sfiora, quasi affaticato da quella voce, quando la rabbia cederebbe, sotto alla potenza di un nuovo calcio. Un cancello che non si schiude con leggerezza, ma impattando duramente, come se fosse oramai rotto. Cigolante, le sbarre non sembrano trattenerlo ulteriormente, sopratutto dopo aver sospinto una minuscola quantità di chakra all'interno della menta, in quegli emisferi cerebrali e convergendo in una piccola cavità la porzione dapprima citata. E' una trasformazione simile a quella pronunciata dall'altra, cambiando i connotati maschili: le ciocche nere diventano fili bianchi, candidi come la neve, mentre i rubini diventano gemme di una violacea tinta. Anche in quel modo, potrebbe assomigliare al fratello: l'ex Jinchuriki del Nibi. Chissà dove è scomparso anche lui, dopotutto. Un metodo per reagire in tutto ciò, affidandosi a quella personalità, che sembrerebbe schiudersi, con una risata ricca e forse fragorosa, capace di attirare l'attenzione di qualche altro presente. Eppure a lui non sembra scorgere alcun fastidio, mentre l'intero corpo andrebbe a roteare in modo orario, affinché il braccio sinistro sfugga da quel contatto e possa permettersi di essere questa volta frontale all'altra, mantenendo invero il destro lì, con maggior comodità: <Oh Yuurei.> Ecco, date le sembianze dell'altra, sembra piuttosto naturale definirla così, d'altronde. <Sembra che io per te non possa essere né uno spettro e né altro.> Tagliente, fin troppo, l'albino. <Ma non conosci nulla effettivamente di me, per poterlo affermare con così tanta sicurezza.> Ancora prima che l'altra possa siglare: <E son sicuro che a te non ti preoccupa neanche saperlo, ma non per questo mancherò all'impegno.> Quale tratta? <Quello che ti dissi su quella carovana, mentre te eri in fase d'incoscienza.> Sembra che lui possa ricordarlo effettivamente bene, invece. <Oh.> Quasi divertito, cercando di incastrarla verbalmente: <E' inutile pure che te lo ripeta.> Il sorrisetto si mostra maggiormente beffardo, quasi intenzionato a stuzzicare veramente la donna. <Tanto per te non esisto.> Dondolerebbe appena con il cranio, a destra ed a sinistra, quasi giocoso. <Non ancora almeno.> Quasi una sorta di rivalsa, di sfida sottintesa. <Ma quando un giorno deciderò di morire...> Come se potesse decretare quel momento. <Sarà sicuramente divertente.> Non aggiunge altro, provando a mantenersi pronto a qualsiasi reazione. Se dovrà subire il suo veleno, se dovrà già inciampare sul tappeto nero e gelido, lui è pronto a tutto. Questa è la follia, la pazzia del vuoto. [Chakra On][Tentativo Attivazione Hijutsu: “Sindrome: Secondo Stadio”. | -2 Chakra]

00:14 Kimi:
 Ed in risposta alla sua trasformazione lui va a fare la stessa cosa, non si scompone né pare impressionata da quel che vede. Il suo corpo racconta una storia ben precisa, anni di cicatrici e violenza che vengono semplicemente esposti alla mercé di chiunque decida di passare in quel momento, la gente ha smesso di temere il suo incontro, la trattano e la sfidano come se si trattasse di un qualsiasi ninja ed è per questo che la Yugure nascerà, solo a causa di tutti coloro che han dimenticato chi decide della morte, nessuno ha potere sulla propria fine. Non pronuncia parole e non compone sigilli solo andrebbe a spostare il suo flusso di chakra, silenziosa quanto letale. Inspira profondamente mentre il chakra va a convergere verso i suoi stessi polmoni. L’aria vorrebbe addensarsi negli alveoli dove dovrebbe incontrare il chakra velenoso e proprio grazie a quella tecnica mischiarsi ad esso, prenderne le proprietà. Non muta espressione durante il processo. Se fosse riuscita quindi si limiterebbe ad espirare lasciando che intorno a lei per cinque metri di raggio si espanda una densa e scura nebbia che dovrebbe non solo avvelenare Koichi ma andare effettivamente a ridurre la sua visibilità. Non si è scomposta davanti alle sue parole così come non ha aggiunto altro sull’argomento solo ha lasciato che il suo potere si mostrasse. Se fosse riuscita quindi lei andrebbe semplicemente ad alzarsi, il luogo per lei non è più oscuro. Era arrivata fin lì alla ricerca di un consiglio di un capoclan più esperto, voleva incontrare Nimura ma sulla strada ha scoperto quanto chiunque stia in una posizione di potere sia assolutamente incapace d’educare e se voleva affidarsi a quelle parole alla ricerca di un saggio consiglio ed un metodo di gestione davanti all’atteggiamento di Koichi comprende quanto sia inutile, lei non è che allo stesso livello di chiunque altro in quel frangente. Tace quindi mentre si allontana, lasciando che la nebbia duri quel che le serve per uscire, lasciando che l’innata goryo vada a sopirsi in lei. Il passo è lento e silenzioso esattamente così come quando era entrata, cammina sul suo personale mondo e nulla le mette fretta. Se fosse riuscita andrebbe solo ad avvicinarsi alla porta, l’aprirebbe così da permettersi di andarsene senza altri intralci <non sei tu a scegliere quando morire> solo queste le parole che si lascerebbe alle spalle senza più preoccuparsene, non durerà molto la tecnica e con essa smetterà di agire anche il veleno, ma nel frattempo tutti i presenti avranno assaggiato sulla loro pelle cosa significa sfidarla, cosa significa dimenticare chi è [arte del veleno liv 4-tossico][-16chk][-4pv] [2/4nube tossica]

01:21 Koichi:
  [Anteiku.] Era sicuro che lasciare le redini di un incontro così particolare e singolare all'albino non poteva tramutarsi in nulla di eccessivamente positivo, soprattutto in vista di quel carattere che avrebbe facilmente cozzato con quello femminile, decisamente più sanguigna. Ed è ovviamente sicuro che nel suo modo di porsi, nel formulare quella costruzione di proposizioni, l'altra avrebbe optato per una soluzione differente da quelle preventivate, ma decisamente incidenti. <Allontanatevi quanto basta.> Esprimerebbe ripiegando appena verso i due lavoratori, una volta che la nube tossica inizierebbe ad esser irradiata, lasciando che il veleno possa essere facilmente percepito dal genetista, il quale non sembra muoversi da quella posizione, facendosi dunque coinvolgere in essa. Non ha timore di quel fastidio, di quella sostanza che inizia rapidamente a logorare repentinamente la propria pelle. <Uh.> Però ne rimane comunque sorpreso, data la potenza che ne avvertirebbe, così come l'ostruzione alla propria vista. E' qualcosa di formidabile, ma che tenterebbe di resistere nei migliori dei modi. Cercherebbe di non perderla di vista, di affidarsi agli altri sensi ed alla propria memoria, per riconoscere la potenziale traiettoria che segnerebbe il prossimo congedo dell'altra. Lui cercherebbe di muovere passo, ad accompagnarla, così come si farebbe con un ospite, aiutandosi soprattutto col suono della campanella, che rischiara all'apertura della porta. Sarà più facile per lui, a quel punto, ridurre le distanze, comporre dei passi che si susseguono con avidità, al fine da portarsi alle sue spalle. <Yuurei.> La richiama, ancora una volta, mentre ingloba quel veleno, prepotentemente. <Sono e sarò sempre Kawaakari.> Una pronuncia, emessa con difficoltà, dato il respiro che viene quasi a bloccarsi, ad inibirsi, in quel dolore che potrebbe contorcerlo, se non avesse di mira un obiettivo, una fissa che lo protrae in maniera ferrea, senza piegarsi agli stimoli esterni. La porta dunque si apre, la nube velenosa inizia a dissiparsi, seguendo la proprietaria e lui invece, prima di tornare nelle sue forme normali, potrà attingere a quel potere, a quella capacità del proprio gene innato, per risanare parzialmente quel dolore, quella ferita, prima che possa risultare troppo tardi. <Ci incontreremo sul confine.> Della realtà o quello dell'ultra terreno? Difficile a dirsi, dato che le necessità di una vita simile alla loro è appesa ad un filo sottile, pronto a spezzarsi con una misera brezza d'aria. [Chakra On][Tentativo Attivazione Hijutsu: “Sindrome: Secondo Stadio”.][Exit]

Giocata estemporanea, da definire prima che Kimi acquisisca il cadavere.
Da considerare da BG le cure del Genetista, a causa della Nuba della Cacciatrice.

Sintesi?
*Guardare Titolo Giocata*