La forza di un risveglio

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con Katsu

22:15 Katsu:
  [Monti ardenti - Ext. prime luci dell'alba.] Fumi, botti e la consapevolezza che qualcosa non andava. La consapevolezza di aver fallito. Un amaro che non è mai stato provato dal genin di Kusa. Sempre riuscito nei propri intenti, quasi sempre indenne, fino al punto, magari, da sembrare a sé stesso invincibile. E questo si paga, Katsu Seiun. Hyubris è un brutto peccato e il volere tutto e subito, la fretta, il pensare ad altro, l’emozione sono oggetto di ciò che ha portato al completo fallimento. Ma poi? Che cosa rimane? Un corpo. La propria potenza, il proprio chakra è uscito dal proprio corpo all’improvviso, di botto. E’ una sensazione che ha captato appena prima di svenire. E poi è stato buio, sono state le tenebre. Tenebre tuttavia non mortifere che hanno preso, abbracciato e coccolato lo spirito di uno dei loro pochi figli ancora rimasti in vita. Qualche ricordo. Sakir, forse? E perché? E’ forse meritato l’aiuto? Non sarebbe forse stato meglio morire che provare disonore? E ora giace. Giace riverso sulla nuda terra, privo di sensi e coccolato dalle ombre che pregnano la notte e da quel sole che fa capolino tra i monti ardenti rischiarandole piano piano. Completamente coperto dalla terra che il vento gli ha gettato sopra come una coperta. <Unhf..> un sospiro appena più lungo è ciò che annuncia che le tenebre stanno restituendo al corpo ciò che hanno coccolato fin ora. Ancora qualche attimo. Qualche attimo in cui l’inconscio canta una dolce ninna nanna, invitandolo a non svegliarsi, a rimanere in quel torpore, forse conscio di ciò che accadrà. Degludisce o almeno ci prova. Il sole del giorno ha prosciugato quei liquidi corporei e la disidratazione è grande. E’ questo che lo mette in allarme, questo egoismo del voler sopravvivere che lo costringe ad aprire gradualmente gli occhi. Gli occhi bruciano. Non è solo la terra, ma stanchezza, spossatezza e scarse energie. Rimane lì, in quella posizione lunga, disteso. Il cervello lavora per acciuffare quei ricordi che gli mancano. La curiosità, il desiderio di capire cosa sia successo è ancora più importante del pensare alla propria salute, magari anche più importante che chiedersi se sia vivo o sia morto. E se li prende quegli attimi, si aggrappa alla spirale dei ricordi.

22:29 Katsu:
  [Monti ardenti - Ext. prime luci dell'alba.] E se il corpo è debilitato, il cervello è maledizione. Il cervello sprona, il cervello lavora. E allora? E allora ecco lui che salta il buco, che arriva in posizione e informa gli altri. Ecco gli aggiornamenti di Shinuja e Tenshi ed ecco Onosuke che li informa. Oh, bene, finalmente anche lui è in posizione. Mekura e Sakir. Loro che coordinano le operazioni da lontano, Mekura che bestemmia contro Shinuja e... Il conto alla rovescia e l’emozione che l’ha tradito. Ecco, allora che cosa è successo. E’ partito forse una frazione di secondo prima? E’ quella lenta consapevolezza che comincia a bruciare le membra dall’interno come i fuochi dell’inferno. E’ un cazzotto gli toglie il respiro e che lo fa balzare a sedere. I lineamenti albini si tendono e gli occhi si spalancano. La testa bestemmia contro l’incoscienza del Seiun e prende a vorticare come una tempesta nel mare. La terra vola dalle sue membra, dai suoi vestiti e probabilmente va a finire su chissà quale parte di chissà quale suo compagno. I compagni, già. Sono tutti morti a causa sua? Ecco che la testa volta immediatamente, incurante delle proprie condizioni. Chi c’è? Studia le fattezze degli eventuali presenti. Sono morti? O sono vivi? Fa forza sulle leve inferiori sul terreno e tenta d’alzarsi. Ma barcolla e cade in ginocchio. Che diavolo succede? Di nuovo fa forza e stavolta riesce ad alzarsi, barcollante. Le mani si alzano e danzano tra di loro a produrre il sigillo della capra. Tenta di trovare le sfere, ma… che succede? No, il chakra non risponde. La necessità di curare tutti, la confusione di una mente che non riesce a partorire le priorità. Agisce a caso, ora facendo una cosa, ora l’altra. Ansima, dunque e la mano va a tastare il fianco sinistro, nel portaoggetti. Un tonico è ciò che ci vuole. Ma ci vuole davvero? Ha davvero meritato l’aiuto, sebbene da parte di sé stesso? Dolore, ansia e un deja vu. Se sono tutti lì è perché Sakir ce li ha portati e allora… è probabile che siano tutti sopravvissuti.

22:43 Katsu:
  [Monti ardenti - Ext. prime luci dell'alba.] Una confusione totale. Una confusione, il senso di umiliazione, il dolore, la sensazione che manchi sempre qualcosa. Gli altri sono vivi. Ma quanti hanno perso la vita per colpa della sua stoltezza? Quanti hanno perso la vita per colpa della sua deconcentrazione? Quante vite ha mietuto quel Dio? Quante ne mieterà ancora e tutto per causa interamente di uno stolto genin che si è fatto prendere dall’ansia? Che si è fatto prendere dalla fretta di consumare quella vendetta? E’ il bisogno a muoverlo anche contro ogni prescrizione medica. La mano mancina va al proprio coprifronte. Lo afferra con forza. Digrigna i denti con una forza tale che quasi quasi se li può rompere. E tira, tira più forte possibile, strappandoselo dalla fronte. La gola si gonfia e gli occhi minacciano. Ma no, non è momento questo, non ancora. Porta la mano lungo il fianco e la apre, lasciando che il coprifronte cada. La placca metallica con la terra produce un tonfo sordo. E’ la stessa mano a vagare in direzione del suo fianco sinistro. Con un ringhio va a strapparsi di dosso anche il portaoggetti. “STONK!” è il rumore prodotto dagli oggetti al suo interno. Fa confusione, ma non se ne cura. Qualcosa duole. Qualcosa alla propria mano sinistra che lo spinge ad alzarla. <Ah..ah..ah…> ansima e va a visionare ciò che provoca dolore. Un dolore che è ben poca cosa, del quale gli importa poco. Tant’è che la stessa mano mancina va a strapparsi di dosso il portakunai. Anch’esso viene gettato e l’equipaggiamento al suo interno produce un clangore non indifferente. Ecco. Adesso può andare. Adesso non è un ninja. Adesso non è un Seiun. Adesso non è un membro del villaggio di Kusa: adesso è Katsu e basta.

22:54 Katsu:
  [Monti ardenti - Ext. prime luci dell'alba.] Fragile, adesso. Dolore. Dolore fisico e psicologico. Ansia, panico, necessità di rimanere da solo. Pone la mano insanguinata nella tasca dei pantaloni e così anche l’altra. La testa gira, le forze sono nulle, il chakra non risponde. Come si può scampare così tante volte alla morte? E perché? Forse non sarebbe stato meglio morire e basta? Meglio morire che soffrire. Eppure cammina. Lentamente, ma si allontana verso il luogo dove tutti stanno riposando. Coperto di terra, sporco, nudo. Nudo con sé stesso. Cammina, non vuol essere visto. Ha bisogno di quella solitudine. E il fatto che possa svenire da un momento all’altro, forse di nuovo, forse per non far più ritorno su questo mondo, in questo istante preciso non è che una consolazione. Va via dalla compagnia. Continua a camminare. Non conosce quei luoghi, la destinazione è ignota. Sa solo che ha voglia estrema di andare lontano. E il fatto che qualcuno, svegliandosi e vedendo i suoi oggetti lì sparsi potrebbe pensare al peggio non balena per il cervello. Il questo momento ci sono solamente i precisi momenti in cui quel Dio ha vinto. E vengono vissuti a loop. Ci si aggrappa, persino. Stare male, adesso, è una benedizione. E’ la giusta punizione per chi fallisce e non ha la compiacenza di morire. Quel dolore se lo tiene stretto e lo porta avanti, via. Continua a camminare e quando avrà fatto abbastanza metri da non essere visibile ad occhio nudo, da non essere rintracciabile, solo allora andrà a fermarsi.

23:10 Katsu:
  [Monti ardenti - Ext. prime luci dell'alba.] Sbuffa e ansima. Solo ora realizza che le gambe stanno protestando di dolore e di fatica. E lui cammina ancora, ancora più svelto per reazione. Dolore fisico di cui si bea, al quale si aggrappa per sentirsi meglio. Volta col capo, scrutando dietro di sé. No, gli altri non ci sono più, non si vedono. Non potranno udirlo, non potranno vederlo. Nella testa c’è qualcosa, qualcosa che come uno zoom diventa sempre più grande. L’immagine di quel Dio che si beffa di lui, che magari lo ringrazia. Ed è troppo. Troppo il disonore, troppa l’umiliazione. Digrigna i denti, mentre gli occhi color del cielo terso si dipingono di trasparenti lacrime che non possono più essere trattenute. Stringe le mani a pugno e sente la sensazione della pelle abrasa che si tira sulla sinistra, la sensazione delle unghie che entrano come rasoi nella carne. Digrigna i denti e le lacrime cominciano a rigargli il volto. Ed è un momento. Come il fuoco di un vulcano che cova dentro l’esplosione, la quale avviene in un fatale istante. La mancina carica indietro come una mazzafionda, alla massima potenza, mentre gli occhi guardano con furia la parete rocciosa. Ci si avventa contro, ci scaglia contro quel pugno, lo libera con tutta la furia di cui è capace, a piena forza. E poi il destro, e poi il sinistro e il destro ancora. <DOVEVO MORIRE IOOOOOO!> ringhia a pieni polmoni, i denti che potrebbero anche essersi rotti sotto la pressione della mascella che li digrigna. <IO DOVEVO MORIRE, PEZZO DI BASTARDO!> il cuore pulsa adrenalina ed è una furia anch’esso. Si scaglia contro quella parete con selvaggia furia. Il dolore non lo sente sul momento. <IO!> un pugno, mentre il pianto si trasforma in un singhiozzo. <IO!> un altro con l’altra mano. Ci mette la piena potenza. Vuol veramente frantumarla quella roccia ora. <IOOOOO!> l’aria fuoriesce copiosa dai polmoni, mentre singhiozza. Si abbandona alla disperazione. Rabbia, furia e follia, persino.

23:49 Katsu:
  [Monti ardenti - Ext. prime luci dell'alba.] Se la prende con la povera roccia con una furia. Una furia tale che le mani potrebbero benissimo rimanere lì appiccicate sulla roccia e neanche se ne accorgerebbe. Continua in quella miriade di pugni. Continua fino allo sfinimento, fino a che le mani non si frantumano ed il dolore non è tale da farlo cedere. Ansima, lascia sprazzi di sangue anche sulla nuda roccia e non se ne cura, fino a che la mano, ancora ancorata sulla roccia della montagna, non scivola, inerme, lungo quella parete e lui cade in ginocchio. Le lacrime si arrestano gradualmente, gli occhi si piantonano sulla parete, ma nel vuoto. Perché lui, proprio lui che ha condannato tutti, lui che porta sulla groppa il destino di migliaia di vite, è stato restituito alla vita? Perché una condanna del genere? Ed eccola quella rabbia, quella furia che gradualmente cede il posto ad una calma glaciale, ad un silenzio che fa un eco. In ginocchio, va a sedere. Perché lui è sopravvissuto? E’ una domanda, un loop che nella propria mente si dibatte. Un dibattito che non trova al momento risposte.

00:08 Katsu:
  [Monti ardenti - Ext. prime luci dell'alba.] Tira un sospiro, le mani bruciano, fanno male. E quanto seri siano i danni non è cosa che importa. Lo butta fuori quel dolore, eppure non basta. Perché è vivo? Chi ci sarà ad aspettarlo al di là? Chi avrà ancora il coraggio di continuare a considerarlo fratello, compagno? Cosa c’è al di sotto del monte ad aspettarlo? In che modo potrà ricominciare dopo questo fallimento? Domande che atterriscono, a cui non trova risposta. Non sul momento. Alza lo sguardo al cielo, all’alba che incombe sui monti ardenti. La gola ancora brucia, le lacrime gli si sono seccate sul volto. Ma sono ancora le nere signore, le sue ombre che gli portano consiglio. Si può abbandonare questa vita non adempiendo ad una promessa così importante? Fallito e codardo? Digrigna i denti e sospira, quindi, ancor più esausto di quando si è svegliato. Sospira a pieni polmoni, tentando di buttar fuori aria e riprenderla. Il dolore non spaventa, non dopo quello che quel falso Dio gli ha fatto. Non dopo aver sofferto davvero. Una lampadina, come un faro. Il faccione burbero di Yosai. Cosa direbbe Yosai adesso? E la promessa che ha fatto anche a lui? Dopotutto insieme devono uccidere Akuma, il demone rosso. E la mamma? Papà? La sua sorellina? Che ne sarà di loro senza la sua protezione? Akuma li lascerà stare? Forse, è probabile. Ma come avrebbero superato la sua morte? Esisterà ancora una possibilità di avere la meglio su quel falso Dio? Chiude gli occhi, sfiata con le narici e la consapevolezza che c’è troppo in ballo comincia a farsi piede.

00:25 Katsu:
  [Monti ardenti - Ext. prime luci dell'alba.] Da dove arriva la forza? Dal sapere che altrove c’è qualcuno che ci vuole bene. Ecco da dove. Ed è questa la risposta che si è data. E’ a questa che ora si aggrappa. Yukio vorrà ancora averlo come allievo? Vorrà punirlo? Vorrà condannarlo a morte? O magari dargli un’altra possibilità? Ci sarà la possibilità di dare altre possibilità? Sakir, invece? Come reagirà? Vorrà considerarlo ancora suo amico e fratello? Al di là di tutto questo no, non c’è atto più codardo che sfuggire al proprio destino. Ecco forse perché qualcuno ha deciso che oggi lui non doveva morire con quella responsabilità. Ecco che forse, magari, non doveva morire come un fallito. Va di nuovo a fare leva sui piedi e a prendersi le bestemmie delle proprie gambe. Inverte la rotta e comincia a camminare. Il dolore alle mani è tanto, ma non si preoccupa ancora di vedere le conseguenze. Un passo dopo l’altro si avvicina. Non era destino che morisse. Forse il destino di Katsu Seiun è quello di vendicare il suo clan. Forse il suo destino è morire di lì a poco per mano dello stesso Yukio. Forse il suo destino è finire i suoi giorni in prigione. O magari quello di non essere più un ninja di Kusa. La consapevolezza di dover fare altro, la consapevolezza di dover capire cosa è successo esattamente, se il Dio ha schiacciato tutti coloro che sono muniti di chakra o se esiste davvero una possibilità che lui possa rimediare ai suoi errori, prende piede nel ragazzo. Non è speranza. Ma non è disperazione. E’ l’aver trovato una motivazione per andare avanti, il non aver scelto la strada più semplice, quella di morire. E’ l’essere scampato alla morte più e più volte che fungono da segnali inequivocabili. Giungerà dai ragazzi, ai quali non dirà una parola. Si preoccuperà di rimettersi il coprifronte sulla fronte anche a costo che le conseguenze siano l’amputazione delle mani stesse, legherà il portaoggetti al fianco sinistro, il portakunai alla medesima coscia di nuovo. E poi scenderà da quel monte maledetto. Si torna a Kusa. Si va ad affrontare il proprio destino. [END]

Katsu si risveglia dopo il fallimento della missione. La consapevolezza di essere stato la causa del fallimento stesso prende il sopravvento e lascia spazio alla disperazione. Disperazione che poi si trasforma in rabbia. E' proprio la rabbia a spingerlo a reagire e a trovare delle motivazioni valide per andare avanti nonostante tutto.

Note: Nella role Katsu ha tirato numerosi pugni e a ripetizione, per giunta, contro una parete di roccia. Chiederei al master che valuterà se ci sono eventuali conseguenze.