Ingresso Anbu Izayoi

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Due le figure che in divisa camminano per quei cunicoli stretti ed umidi. Silenziose, qualsiasi piano abbiano in mente è già stata decretata, già sanno cosa dovranno fare alla ragazzina. Avanzano sicure e decise, una delle due lievemente più alta. Non sono distinguibili tra loro se non per via delle maschere, se la figura più bassa rispecchia completamente lo stereotipo tipico degli anbu è la figura più alta a distinguersi, la ragazzina sicuramente saprà riconoscere quella maschera, è stato proprio lui a portarla in quel luogo ben poco ospitale. Non è passato molto tempo dal suo rapimento anche se non è certo facile stabilirlo, sicuramente non mangia da un po’. Lo stanzino è tipico: una brandina e i servizi igienici sporchi da un lato della cella. Nulla se non qualche torcia sparsa qui e là ad illuminare il luogo ma soprattutto ad allungare le ombre di qualsiasi oggetto/persona al loro interno donando al luogo una spetto se possibile ancora più inospitale. Se la ragazza volesse cercare la sua amata spada non la troverebbe, in realtà le sono rimaste giusto le scarpe ed i vestiti <andiamo principessa sveglia> una voce che passa attraverso la maschera a forma di volpe bianca e rossa, non è amichevole ma non è possibile nemmeno definirla ostile, insomma la voce viene modificata e resa più metallica annullandone quasi tutte le inflessioni, lasciando che solo una ferrea volontà permetta di far trasparire qualche emozioni, non che sia questo il caso. L’altro tace. Entrambi restano in piedi, un ticchettio ti riconduce alla realtà di quel posto e solo osservando vedrai come l’anbu con la maschera che richiama un teschio sta facendo sbatacchiare il tanto sul metallo delle tue sbarre. Non ti dicono altro, solo ti fissano attraverso le loro maschere, vedi cosa succede ad esprimere un desiderio? Ti ritrovi affamata, appena risvegliata dopo una bella botta alla testa che continui a percepire e rinchiusa.

16:16 Izayoi:
  [Cella] Più volte quelle iridi lilla hanno percorso i centimetri di quelle mura, di quella cella, andando a cercare un qualsiasi appiglio morale, un modo per restare quanto più sveglia e lucida possibile, nonostante la gola arsa e le labbra vagamente secche, lo stomaco che tutt'ora brontola in quel non ricevere alcuna effettiva fonte di sostentamento, lo sguardo di lei appare appena più vitreo e spento del solito. Il risveglio è stato chiaramente confuso, ha cercato di comprendere di preciso dove si trovi ma più che aver le chiare parvenze di una cella, quel luogo, altro non gli viene in mente, accantona la fame e la sete e da che si trovava sdraiata sul pavimento logoro e abbandonato a se stesso, avvicina le braccia al petto e dunque facendo lo stesso con le gambe vedrebbe di ergersi, per metà, rimanendo con la dritta lunga a reggerla, le gambe rimangono di lato, la mancina andrebbe a massaggiare il punto nel quale è stata colpita, socchiudendo gli occhi in un tentar di massaggiare invano, dato il mal di testa ed dolore del colpo in sè, che permane come un sottofondo, mentre l'incedere di un paio di figure si arresta davanti alle sbarre che si frappongono fra lei e gli Anbu stessi. Niente panico, mantieni la calma Izayoi, dopotutto sei una degna Koshirae. Sì, ma disarmata. La esortano a svegliarsi, ma la sua attenzione volge chiaramente verso l'Arma divina che manca, distante da lei, privata della sua lama dalla quale è ben conscia di non doversi separare nemmeno a costo della vita < Takemikazu- *coff coff* > vorrebbe chiamare il nome della stessa spada ma tutto ciò che ottiene sono due secchi ed aridi colpi di tosse che vengono coperti dalla mancina, troncano quel nome prima ancora che possa essere pronunciato, respira, un filo di affanno e le lilla che su puntano quindi sulle figure, una volpe ed un teschio, riconosce chiaramente il secondo e non possono che sembrargli Anbu, per quanto non essendo a conoscenza dei metodi di reclutamento del suddetto corpo speciale, la sua mente viaggia in direzione dell'essere preda del nemico ora come ora. Con uno sforzo maggiore, cercherebbe dunque di mettersi in piedi, le gambe tremule per qualche istante vanno poi a sorreggerla, schiena ritta e spalle in alto, il suo portamento regale dev'essere ostentato anche nelle situazioni più disdicevoli, mani che si intersecano e braccia stese per tenerle in grembo, gli occhi ardenti e taglienti come lame, per nulla intenta a piegarsi < Se è alla Foglia che mirate, perderete tempo a torturarmi, uccidetemi pure. > ipotizzando il fatto che potrebbero semplicemente spacciarsi per Anbu, quando sostanzialmente in realtà sotto quelle maschere si celano due traditori, una coppia pericolosa per la stessa Konoha, mentre invece la questione è un'altra, ma non può certo saperlo la rosea, così come non può sapere nemmeno della presenta del suo tanto decantato Senpai lì sul luogo. Non batte ciglio, però, considera il peggiore degli scenari come quello tangibile e reale e si comporta come tale, affilata nelle parole, poi il silenzio e le violacee fisse su di loro, dritte sulla maschera di quello che ha parlato, la volpe. Impastare il Chakra? Pressochè inutile dal suo punto di vista, essendo completamente disarmata.

Il risveglio non è certo dei migliori ma potrebbe andare anche molto peggio. La ragazzina si mostra subito per quel che è, senza pensarci due volte <ammirevole> la figura più alta parla, il tono freddo, la osserva attraverso la maschera. Smette di far risuonare le sbarre abbassando l’arma <ma se fosse quello il nostro obiettivo avremmo già preso tutte le informazioni necessarie> replica. Non la piccola non è avvezza alla tortura soprattutto non a quella che loro stessi utilizzano e a cui per fortuna anche lui è scampato, diciamo che dai racconti che ha sentito non mette in dubbio l’efficacia di certi metodo <oh Kiku> ora è l’altro a parlare, la testa di volpe che andrebbe a sedersi davanti alla cella a gambe incrociate, sempre meno rigida e decisamente più a suo agio e questo visto il luogo in cui si trovano non è certo un buon segno <se vuole farci divertire perché no?> replica lei, insomma se volesse come ha già fatto strapperebbe qualsiasi informazione da quella mente, certo sarebbe un metodo sicuramente più sicuro ed efficace per testare l’eventuale fedeltà della giovane ma non agisce, lei non è Yami e non ha certo bisogno di imporsi sempre così tanto <ma prima di accusarci non dovresti forse sincerarti della nostra identità?> domanda lei. La figura più alta è rimasta in piedi ed alle spalle invece di quella con la maschera da volpe. Tace ma solo il fato sa quanto vorrebbe urlare un suggerimento, quantomeno non evitare di sentirsi in colpa per sempre, mica perché ci tiene a te eh! Forse. Ad ogni modo entrambi attendono mentre nel cuore uno dei due spera proprio che tu capisca cosa ti viene chiesto. Dal rapporto tra i due ti pare anche abbastanza chiaro chi sia il superiore e di chi tu debba davvero avere paura, certo uno ti ha rapito ma a quanto pare poteva andarti anche decisamente peggio

16:55 Izayoi:
 Inerme, quasi priva di qualsivoglia modo per difendere il proprio onore, permane sul posto distante quel metro e poco di più dalle sbarre, lo sguardo che si china per qualche istante in quel sentir la voce della figura più bassa andar a decretare quella verità, un'istante nel concedersi un lieve sorriso che ha un che di sprezzante, ma allo stesso tempo dimostra rassegnazione, socchiudendo quelli violacei in un lasciar uscire altre parole che potrebbero metterla solo in una posizione ancor più negativa di ora, che per quanto lei non possa saperlo, sta andando tutto abbastanza bene < Dovreste prima provarci, per esserne così sicuri. > ed il sorriso permane sul di lei volto mentre vuole quasi poter trapassare la maschera del Teschio con quella risoluta dolcezza, una serenità dell'animo imperturbabile e che và sempre più ridefinendosi e ristabilendosi all'apice di quella propria purezza interiore che non la farebbe esitare nemmeno davanti alla morte, probabilmente, addestrata e torchiata nel tempo dai supplizi della Casata. Si siede la più bassa, la Volpe, andando a posarsi a gambe incrociate in maniera rilassata davanti alle sbarre < ... > silenzio in quel di lei proporre un possibile svagarsi con l'animo fiero della Koshirae, la quale non batte ciglio e lascia che quelle parole gli scivolino addosso, quasi statuaria in quel mantenere lo sguardo dritto innanzi a sè, perdendosi per qualche istante in un punto vuoto del muro, andando poi a lasciare che le ultime parole della donna mascherata vadano a destare nella mente della lei dai capelli di ciliegio due precise parole. Immagini relativamente confuse di quel che ricorda prima di esser portata lì, i campi d'addestramento, la comparsa dell'Anbu che rimarca il Teschio, poi quel venir scortata a casa e il ricordarsi del proprio errore di allora, un'errore che di certo non ripeterà adesso, per quanto offuscati e confusi possano essere i ricordi, non cederà alle sviste quest'oggi < La parola d'ordine... > sibila di più tra sè e sè in quel giungere all'apice dei propri ricordi, di quell'andare a ritroso nella propria mente, per poi portar quindi lo sguardo in direzione della maschera volpina, ponendo un'espressione più seria sul viso, meno bonaria, le labbra che si concedono il passar della lingua un paio di istanti prima che le lettere le sfiorino < Ponte Naruto. > ed all'improvviso quel pensare che sia il nemico e non invece dei veri e proprio Anbu, il concetto di trovarsi in pericolo e di invece dover alludere a qualcos'altro, va sostituendo il primo, in quel donargli un'attimo di respiro nella situazione attuale, una breve speranza alla quale aggrapparsi, per quanto allo stesso tempo non può essere certa del fatto che eventuali traditori possano aver scoperto la parola d'ordine con la forza. Ci prova, è l'unica carta che ha da giocare, non ha nient'altro da offrire ma allo stesso tempo permane quella risolutezza sul di lei viso nel far intendere che non ha allo stesso modo nulla da temere, o meglio, lo avrebbe anche, ma non si lascia cogliere dal timore. Ne ora, ne mai.

L’ha istruita, il ragazzo dietro alla maschera da teschio sa di averlo fatto per cui si limita ad attendere che l’altra ricordi quel momento, ovviamente scuote il capo quasi deluso alle prime parole della rosata, insomma davanti a due anbu chiedere d’essere torturata non è proprio l’idea migliore che si possa avere, parliamoci chiaro <se volessi> è l’altra a parlare, quella seduta <avrei già iniziato ma non temere nel tuo corpo circola già un veleno> ammette semplicemente lei <se non ti rivelerai degna mi basterà lasciarti morire> il ragazzo resta però fermo, non c’è alcun movimento da parte sua, se non quell’estrarre una fiala dalla stessa tasca destra e lasciarla dondolare davanti alle sbarre. Non aggiunge altro mentre torna a ritirarla nella propria divisa. In ogni caso l’aspirante finalmente si ricorda la lezione già impartitale <dovresti lasciar rispondere noi piccola stupida> le parole arrivano da colui che la maschera a forma di teschio, una risata invece dalla volpe. Insomma, sì hai capito il concetto base ma ora come puoi sapere che loro non siano effettivamente traditori? <secondo me non sei fatta per noi, hai appena rivelato un segreto senza pensarci su> parla la volpe ora, sembrano essersi organizzati perfettamente per andare a completare il concetto l’uno dell’altro <sei fortunata che non ci sia il generale> aggiunge quindi lasciandosi sfuggire una risata divertita, in realtà entrambi ridacchiano a quelle parole chissà poi se entrambi le trovano divertenti o vogliono solo metterti in una posizione difficile? <perché dovremmo cambiare idea?> la voce risuona sempre metallica ovviamente ed arriva da colui che ancora resta in piedi, una domanda bruciapelo, secca <andiamo Kiku lasciami divertire> una protesta dall’altro individuo, perché per quanto il fato stia abusando dei sessi per distinguerli la realtà è che a te appaiono praticamente identici, non riesci, causa abiti, a comprenderne con certezza l’appartenenza ad uno o l’altro genere. Identici se non per le maschere e le posture: più rilassata la volpe e decisamente più tesa e militare invece quella del teschio

18:03 Izayoi:
 Un fremito lungo la spina dorsale, il realizzare di quelle parole di lei che gli dicono di essere stata avvelenata, inspira profondamente in quell'andare a cercare di concentrarsi su se stessa, nel provare a percepire un qualcosa di diverso dal solito, una qualche sensazione nociva o dannosa, concedendosi un sorriso amaro < Ed io che speravo di morire incrociando la mia lama con un degno guerriero... > ma è una parlare tra sè e sè, quasi un dire ironico che và esulando la realtà e distaccandola dal contesto, per concedergli semplicemente il tempo per alienarsi e analizzare le informazioni in proprio possesso, non prima però di essersi fatta dare della stupida dal Teschio. Inizialmente schiude le labbra, un filo di sorpresa in quel cadere in errore, è vero, nell'enfasi del ricordare del momento e nell'adagiarsi dell'idea che non sarebbero nemici quelli davanti a lei, si è lasciata sfuggire la parola d'ordine ma sono quelle stesse parole poi della Volpe a concedergli una vaga via d'uscita, tant'è che annuisce in maniera mesta per andar poi a farsi nuovamente coraggio. Espone con voce seria e precisa il proprio punto di vista, realizzando quel metterla alla prova riguardo l'essere degna o meno, il fatto che non sia legata e nemmeno costretta a situazioni ben peggiori, sembra tutto un qualcosa di ben orchestrato per essere ai minimi termini, sembra quasi un volerla saggiare per vedere se è pronta, tanto che lentamente la sua testa potrebbe andare a dirigersi nella direzione di un qualsivoglia battesimo: veleni, segreti, maschere e tutti i vari piccoli indizi che potrebbero fargli percepire sempre di più il fatto che quelli davanti a lei probabilmente non sono veri e propri nemici, ma gli esaminatori del caso, così loro come poteva essere chiunque altro, fortunatamente non il Generale < Considerando che l'ho saputa proprio dal caro Kiku, se voi stessi sapete che ho appena rivelato un segreto è perchè siete a conoscenza del segreto stesso... > ed il suo ragionamento non dovrebbe teoricamente fare una piega, cerca di mantenersi stabile e cosciente, lucida in quell'imperscrutabilità che la distingue, un sorriso perenne su quel viso che nel contesto della situazione quasi potrebbe far venir voglia di prenderla a schiaffi, gli occhi lilla che si sono posati sulla maschera del Teschio in quel pronunciare il nome da Anbu che lui sembra aver scelto, lui o lei, non importa, non li distingue, semplicemente lascia che quel sorriso vada diventando più incisivo ed amaro, dimostrando ancora più rassegnazione e risolutezza di prima, lasciando che però gli occhi vengano traditi dal dolore del passato, vivido sul suo corpo < Che venga pure... Se volete divertirvi... > direbbe quindi chiudendo gli occhi, portando la mancina a sfilare la manica destra e poi la dritta a sfilar la sinistra. Segni sulle braccia, gli orpelli in tessuto cado a terra afflosciandosi su se stessi, le braccia nude mostrano ora innumerevoli tagli e cicatrici, ferite accumulate nel tempo tutte pulite e precise, innumerevoli le volte in cui in quegli allenamenti sin troppo violenti ed allo strenuo dell'umano andavano oltre ai vambraci, penetrando le carni di qualche centimetro, arrivando alle volte pure all'osso, onerosa nel ringraziare i Kami di avere tutti gli arti dopo quello che ha passato nel crescere. Poco male però, visto che mancherebbe la parte sopra del Kimono stesso, vien allargato l'obi per far sì che la così detta maglia senza maniche vada a venir gettata di lato, rimane giusto con le fasce e si volta dandogli ora le spalle, sono gesti lenti e preziosi, ma allo stesso tempo è uno svolgersi rapido che non vuole risultare teatrale e pietoso, pochi secondi che sembrano interminabili in quel mettersi a nudo davanti a loro, lasciando che la dritta e la mancina si portino in direzione del nodo che reggere le candide fasce, il quale vien slacciato, rivelando dunque altri tagli che già si intravedevano a far da contorno alle bianche garze. Innumerevoli segni, innumerevoli marchi di diverso spessore, nessuno screzio di cattivo gusto visto che sono tutte curate le ferite, ed inoltre, in mezzo tra quelle ferite, ci sarebbe il simbolo che tra tutti attesta proprio la fine di quel percorso, di quel tortuoso allenarsi infernale terminato solo al compiersi dei suoi sedici anni, lì, inciso a fuoco tra le scapole, ci sarebbe l'ideogramma stesso dei Koshirae, intonso e quasi predominante sui tagli, la purificazione di quella pelle dai mali degli errori, gli errori che con il suo stesso corpo ha pagato < ..Fate pure, anche se c'è già preso il meglio.. > riprende il tono di prima, la dritta reggere le fasce innanzi a sè, continuando a dare loro le spalle, mentre la mancina ha spostato i capelli rosei davanti al busto, piccoli tagli che già si intravedevano nel portar quel Kimono con le maniche a se stanti, ma che ora vanno rivelando un'intera tela di sofferenza, non tanto un voler far pietà, il suo, ma un voler dimostrare che per quanto possa riuscire a destreggiarsi con le parole - pur cadendo in errore - a livello fisico è pronta a sopportare di tutto. Qualsiasi dannata cosa, pur di essere considerata degna, perchè non c'è spazio per l'essere considerati indegni, nel suo mondo.

La prossima volta se ne sta zitto. Questo è il pensiero che il teschio tiene per sé stesso quando ode la risposta della ragazza, una risposta che potrebbe metterlo nei guai ma con lo stesso esercizio di arguzia ora cerca solo di ribaltare la situazione <stavo proteggendo una cittadina troppo stupida per leggere i comunicati del proprio Hokage> replica semplicemente <una cittadina che tale resterà> conclude quasi lapidario, non che voglia farla fallire ma che almeno eviti di far scoprire alla sua superiore il legame tra i due. Legame che ora viene tranquillamente svelato al mostrare il simbolo dei Koshirae, questa non la sapeva proprio. Tace comunque e non cambia atteggiamento, lui quell’esame l’ha superato ed è in grado di fingere più o meno tutto ciò che vuole. Lei parla dunque andando a mostrare le ferite quasi come un segno della sua potenza. Osserva però il braccio ragazzina, perché proprio mentre ti spogli lo vedrai mutare, farsi sempre più nero, parte della punta delle dita quel colore e pian piano risale. Spogliati e voltati pure mentre pian piano il limitare di quella che puzza proprio come una veloce cancrena sale fino al gomito, velocemente si sta impossessando di te <perché?> ancora una volta parla la volpe. Non ni fa di certo scomporre da una cosuccia simile, lei sa fare ben di peggio. Tace quindi senza andare a valutare l’aspetto fisico, mentre per quel che ti riguarda Izayoi con lo scorrere di quella cancrena inizierai anche a perdere sensibilità di quell’arto, o meglio lo senti decisamente informicolato, i muscoli che pian piano si spengono, la pelle dura in superfice proprio come se stesse morendo. Non giungono altre voci, osservano il tuo spettacolo e qualsiasi pensiero lo serbano per loro, attendono la tua risposta. Intanto dal gomito ora il nero giunge fino alla tua spalla destra, centimetri di corpo che vengono pian piano mangiati da quello che potrebbe essere il veleno, o un batterio preso in mezzo a quello sporco, qualsiasi cosa sia ti sta portando via la tua arma e lo sta facendo velocemente

18:44 Izayoi:
 E con gli occhi di loro addosso lei se ne stà lì a lasciar che possano ammirare quella tagliente devastazione sulla pelle di pesca della Genin, mostra quello scempio macabro in un misto tra onore e sofferenza, per poi lasciar andare i capelli e nel mentre che risponde, riprendere a legarsi le bende, con tono più solenne e composto di prima, nell'aver tirato fuori quei segni della sua Casata, ai loro occhi il segno tangibile dell'essere diventata una lama perfetta atta a portar la giustizia, mentre agli occhi di altri forse un macabro massacrare della figura della Koshirae < Non nego il mio errore, ma non mi mi piego alla sconfitta. > ed è probabilmente un dire che verrebbe ritirato fuori dalla sua stessa memoria, parole sentite più volte così come tante altre, ad ordinargli di alzarsi, di impugnare nuovamente la spada e di mettersi in guardia, parole che vengono pronunciate come se fosse un'audio estratto da qualche cartella nel profondo di sì,, persa con lo sguardo seppur ancor girata, un'automa in quel dire robotico. Sarebbe quando farebbe per voltarsi, tornando di nuovo a guardare loro, che un'acre odore andrebbe spandendosi nell'aria, una sensazione di intorpidimento andrebbe poi a trasformarsi in un nullificare della sensibilità lungo tutto il braccio. Era vero, il veleno è dentro di lei e a quanto parre corre rapidamente per tutto il corpo, diffondendosi proprio come una serpe insidiosa attraverso l'organismo, trovandosi già al gomito < Ah..! > Un filo di sgomento nel veder il proprio braccia venir pervaso da quel nero pece, istintivamente porta la mancina come a stringere poco sopra al gomito, vorrebbe quasi contenere quella nera piaga che si diffonde ma quel nero se ne frega e quindi senza farsi troppi problemi eccolo che privo d'esitazione alcuna andrebbe in direzione della spalla < Perchè io sono nata per portare giustizia. > lo sguardo è appena più accigliato del solito ed il percepire di quell'accenno di necrosi dell'arto non può che andar a far accelerare i battiti del cuore, per quanto cerca di rimaner composta e semplicemente strizza l'espressione in quel percepire della pelle che si tende, semi-morente < Se dovrò soffrire, soffirò. Se dovrò colpire, colpirò. Se dovrò uccidere, ucciderò. > gli occhi lilla sono puntati sul viso di colei che gli ha posto la domanda, sulla Volpe, si fan più rigidi ed ardono della sua determinazione, in quel voler diventare un'Anbu per poter mettere ulteriormente al servizio della Foglia le proprie capacità, per potersi elevare in un esser un'elemento delle forze speciali e rendere onore a Konoha così come con il suo essere una semplice Kunoichi, tutto pur di poter far sì che la pace a Konoha rimanga tale, lei stessa pronta a difenderla a costo della vita < Questo ed altro, per la Foglia, n-non.. > vacilla un secondo solo in quel non poter resistere al veleno che la pervade. Non batte ciglio però, un'istante dopo prosegue stringendo solo più forte con la mancina, ora in un voler cercare invano un'accenno di sensibilità nel braccio, proseguendo mezzo istante dopo < ho paura di morire in onore della Volontà del Fuoco. > digrigna i denti in quell'ardere della fiamma che alimenta la capitale di quello stesso Paese da oramai generazioni, che dentro di lei arde come in pochi altri, coraggiosa e forse sfrontata in quell'ostentare parole che possono sembrare scontate, ma che dentro di lei formano una volontà ferrea ed una convinzione insormontabile. E' pronta, dategli un'ordine, qualunque esso sia e se non sarà in grado di eseguirlo allora sarà forse la morte stessa a punirla per la sua superbia. Ma non sta a noi deciderlo, sono la Volpe ed il Teschio i fautori della sorte, in questo caso, non esiste fortuna ne sfortuna, soltanto le parole e nient'altro, mentre il veleno non si pone il problema del tempo e del silenzio che intercorre, prosegue, incessante, diretto probabilmente verso il collo ed il petto, o dovunque abbia voglia di infettare, insomma.

Mentre lei parla i due ascoltano silenti, il segno continua a salire mentre lei si mostra ritta e pronta a morire per Konoha <scegliti un nome> replica sempre la volpe in risposta. Un sospiro viene metaforicamente tratto dal teschio che invece ha altro su cui riflettere per quanto continui a non vacillare e mostrare semplicemente serietà e sicurezza, dettaglio che la volpe deve apprezzare visto come si è presentato e quanto ci ha provato con chiunque avesse intorno. Ad ogni modo tace, lascia che sia lei a fare qualsiasi cosa, attende quindi che la ragazza parli prima di lanciare una maschera in quella cella. Annuisce in direzione del teschio alzandosi e poi andandosene. Mentre si allontana la percezione di quel braccio tornerà normale e il nero svanirà. Al tempo stesso il teschio si limita a socchiudere la cella <benvenuta cittadina> e con queste parole si allontana anche lui da quel posto. La ragazza è stata reputata degna, almeno per ora. Non ci sono altre parole da aggiungere, camminano lenti i due così che tu possa seguirli e venir guidata verso l’uscita. Se te lo stessi chiedendo non solo saresti stato vittima di Genjutsu alla fine ma persino quella cella era aperta, sarebbe bastato spingere per liberarti ma questo mica te lo hanno detto loro! Furbetti [end]

19:31 Izayoi:
 Sembra non ci sia più nulla da aggiungere, almeno per quelle due figure, lei starebbe arrendendosi all'idea del venir pervasa dal veleno ma non al veleno stesso, stringe i denti e chiude gli occhi in quell'immaginarsi con la pelle in preda a quella pece che oscura l'avrebbe intaccata probabilmente fino ad un qualcosa di quanto più riconducibile alla morte < Oh..? > strabuzza appena gli occhi, un filo di sorpresa, sbatte le palpebre un paio di volte e lo sguardo è puntato verso il basso, in quel chinarsi nel voler come ripararsi dall'idea del veleno che la attanaglia, le tre parole della Volpe vanno riecheggiando nella sua mente ed all'improvviso la convinzione di avercela fatta, di aver convinto con le proprie parole, di essere riuscita a farsi valere abbastanza da risultare degna dunque per venirle concesso l'onore di scegliere un nome, la possibilità tangibile e palpabile dell'essere diventata una Anbu viene proprio accompagnata da quella nera maschera, il muso è simile a quello della Volpe ma è più affusolata e appena ristretta, lascia al massimo le labbra ed i dintorni scoperti, il resto vien celato da quel nero decorato d'oro e qualche accenno di rosso < Capisco.. > tono più rilassato mentre la raccoglie dopo aver abbandonato l'idea del veleno, sin troppo onorata dalla cosa per concedersi il diritto di provar paura o di temere il peggio. Si perde con lo sguardo nei dettagli di quella maschera dopo essersi chinata per raccoglierla e mentre la regge con la destra la carezza con la mancina, rivolta verso di sè, guardandola con lo sguardo ricco di ammirazione, per poi voltarla e portarla davanti al viso per un paio di istanti, distante qualche centimetro, un'assaggio di quel vedere attraverso gli occhi di quella che sarà la sua identità come membro delle forze speciali della Foglia, scostandola poi di lato o in quell'andar ad annunciare il proprio nome, dopo essersi presa quel tempo necessario a scegliere come farsi chiamare d'oggi in poi, tra quelli mascherati < Murakumo. > è il nome della spada del paradiso che si eleva nelle leggende nipponiche, una spada divina che nel suo essere legata ad un concetto paradisiaco non può che essere un simbolo di purezza e di giustizia agli occhi di Izayoi, una lama in grado di mietere qualsiasi male, incarnando quasi quella volontà intrinseca nella figura scelta. Sarebbe potuta uscire quando vuole, intanto la sensibilità è tornata per quanto nel frattempo, tutto stava già affievolendosi, ora svanisce nel nulla ed in maniera definitiva quella sensazione di un'annullamento della sensibilità così come svanisce il nero, mentre la cella vien socchiusa, era aperto sin dall'inizio ma lei non avrebbe pensato nemmeno per un'istante, si inchina piuttosto prima di incamminarsi verso di loro, dopo essere uscita < Lieta di averla incontrata allora, Kiku Senpai. > e sì, la cosa è indubbiamente ironica, visto che è stato l'incontro con quell'individuo con la maschera da Teschio a far sì che lei si trovi ora lì, un piccolo coincidere degli eventi che porterà inevitabilmente la Koshirae a legarsi più a quella figura che ad altre dentro al corpo speciale, così come ha recuperato i propri vestiti per poi concedersi di vestirsi con calma, ha recuperato anche i ricordi di quel giorno, lasciando che la severa gentilezza di lui riaffiori, chiaramente inconsapevole di chi vi sia sotto quella maschera, un qualcuno che appunto ironicamente viene già chiamato in quel modo dalla lei di ciliegio, se non fosse che il contesto è un'altro. Alla fine, ci si ritrova, come se a giocare ad essere maliziosi, si finisce poi a fregarsi con le proprie mani, non è vero, Saneatsu Senpai? { end }

Niente px perchè il premio è la corp ♥
Lascio comunque l'ultima parola a chi di dovere