"Parla della morte, come una bella signora."
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Giocata del 27/05/2020 dalle 17:23 alle 21:38 nella chat "Luogo Sconosciuto"
[Estemp.] Una bava di vento carezza chi, come lei, rimane seduto sulla parte interna di quella nave. L'ombra dai tandaggi bianco neve le oscilla addosso decretando luce, ombra ed ancora luce con un intermittenza totalmente randomica. Rimane seduta a terra, con le ginocchia coperta da un paio di pantaloni color sabbia classici, forse un poco sbiaditi. I classici che si fermano in vita con un cinturino, per poi ricadere morbdi lungo i fianchi e di nuovo stretti verso la fine della coscia ed il polpaccio. La camicia bianca, una blusa priva di colletto, infilata solo in parte sotto la patta dei pantaloni - ricade con un disordine ricercato lungo il costato e la vita. Appena più larga delle sue forme invero ancora acerbe. Occhialetti d'oro ad ornarle il setto dipinto d'una costellazione d'efelidi. Pensa. Scrive. Il rumore della matita sul taccuino oramai è una costante della sua vita - e prima ancora di smettere, par sentirne la mancanza. Una presenza efebica, non porta la grandezza dell'esser kunoichi - ne tanto meno il misticismo di chi è saggio e sembra saperlo. Ambigua, certo. Atipica, anche. Eppure un essenza che non differisce da quella di qualsiasi altra persona. L'ondeggiare a ridosso delle onde che spinge Pomyu ad odiare il mezzo scelto, riverso con la testa contro il pavimento e chiuso in un silenzio oltremodo singolare, la spinge ad alzarsi. La matita lasciata scivolare dietro il padiglione auricolare, così come tutta la fetta di capelli inerente - e il taccuino tenuto nella destra. Fino a dov'è arrivato, l'uomo? E' con la palpebra calata per metà che guarda i portelloni in vetro da cui uscire, tutta rivolta alla volta del bordo stretto della nave coronato da una ringhiera ferrea. Un avanzare stanco, alla ricerca di niente se non del puro e semplice benessere personale. [ck on][Pomyu trasparenza se >65] Cioè che l’aveva spinta a tornare a Kiri ora è stato risolto, almeno in parte, libera quindi di tornare nell’unico luogo che davvero le importi al momento. Lei se ne sta in piedi, non troppo lontana da tutto quel formicolare di persone ma neppure così vicina, resta semplicemente poggiata con l’addome al parapetto mentre le mani lo stringono con cautela, attenta a non graffiarsi. I suoi occhi sono puntati per ora verso l’acqua, iride destra azzurra e sinistra rossa un profondo contrasto che viene aumentato anche dal colore candido e quasi cadaverico della pelle, presa in quella contemplazione, una posizione comoda quella assunta da lei così da poter osservare meglio quel mare che viene ferito e scosso dalla chiglia del mezzo di trasporto di quella giornata. Il vento soffia sul suo volto, sul suo corpo portando i suoi capelli e anche quella gonna lunga nera a svolazzare alle sue spalle, indomabili. Le gambe sono quindi praticamente nude proprio a causa di quel movimento e degli spacchi profondi dell’abito, il tessuto passa nella fessura tra i suoi arti, iracondo quasi nei movimenti. Il seno coperto solo da un piccolo lembo di cuoio con scollo a cuore e senza spalline, anch’esso nero a giocare con il naturale colore del suo corpo, il contrasto con la carnagione che viene quindi accentuato ulteriormente. Sembra riscuotersi in maniera improvvisa, come se fino a quell’istate fosse stata congelata, inspira profondamente andando quindi a voltare appena la faccia verso la sua destra mentre le mani andrebbero a staccarsi, un gesto lieve e anche svogliato che la porta a darsi una piccola spinta così che spostando indietro il peso del corpo lei riesca effettivamente a scostare anche il bacino, un movimento talmente tanto veloce e piccolo da poter quasi passare inosservato. Ciò che a lei non passa inosservato è invece lo spirito della Semei, non se sa abbastanza per ricondurla all’appartenenza di quel clan, non ne conosce praticamente nulla, non ha idea che si tratti di un’abilità innata se non nella misura in cui Nemurimasen le ha spiegato, quello che deduce è solo frutto della sua mente. Su di lui quindi, sì perché fissa Pomyu, si concentra la sua attenzione, non teme né di risultare scortese né d’essere scoperta infondo non sta facendo nulla per nascondersi, si limita ad osservare quella strana coppia senza fare però altre mosse. Acqua ridotta in minuscole gocce che vanno a ferirla senza che questo la scomponga, non abbastanza forte il colpo per farle provare piacere e nemmeno così insistente da darle fastidio, si limita ad accogliere quelle sensazioni come inevitabili [chk on] [Estemp.] Lì dove l'acqua vien ferita dal passaggio della nave, risale sotto forma di salmastre vapore - il vento fende le ciocche coralline che s'aprono ad altezza delle spalle, snudano il viso diafano e privo di colorazioni sufficienti per renderla una macchia nota di questa vignetta annacquata. E' il naso ad oltrepassare per primo la che da' sull'esterno, catturando lo stralscico dell'odore che caratterizzava Kiri - probabilmente tornare a casa non ha lo stesso valore che avrebbe per la velenosa. E' un semplice muoversi come un automa da un punto 'a' ad un punto 'b' per il semplice dovere di farlo. C'è qualcosa di triste in questo ragionamento, non è vero? E l'uomo, uno che sfiora i quarant'anni oramai - si presenta oltre che semi trasparente, abbastanza alto da prender cinque sedili - con una testa d'orso di peluches cucita sul collo da un filo nero piuttosto spesso. Ha un kimono maschile, lui, privo di ornamenti che lo riconducono a qualcosa o a qualcuno - meno la mancanza delle pieghe d'hakama che solitamente si portano sul pantalone. Otto. E invece lui ne veste zero, sai invece cosa veste piuttosto bene? Il vittimismo che porta il mal di mare - un rantolare impreciso tra imprecazioni e richieste d'aiuto alla volta di una fantomatica madre che, quì ed in questo secolo, non esiste più da parecchio tempo. Geta lignei che battono sulle travi del pavimento proprio in direzione della Jonin, la flemma stanca di chi non sta andando da nessuna parte e non ha intenzione di armarsi di una fretta che non l'appartiene. La guarda a sua volta, Ren, prendendosi l'attimo che ci vuole per ricalcarne la figura. E' indubbiamente bella. Come un quadro astratto che ben pochi riescono veramente a comprendere. La bellezza ha dei canoni? La mancina bassa sul ventre, priva d'ogni cosa - si sposta accompagnando il filtrino bianco d'una sigaretta al mentolo alle labbra, lasciandola pendere dall'inferiore e deformandolo appena, come se volesse simulare un sorriso che rompe un apatia stabile. Inamovibile. Un soldatino a cui un dio, qualcunque dio in cui voi vogliate credere, ha soffiato nelle narici senza aggiunger nient'altro che vita. Amore. Passione. Odio. Vendetta. Niente. E l'oscillare della nava ne scansa le ciocche, con la furia d'una arpia, lasciando che solo quelle fiammelle la animino. L'ha guardata per troppo tempo e Pomyu, di contro, non l'ha osservata per niente. "Sa--ke." Un mantra che richiama i kami al suo cospetto? Direi di no. Chiede del sakè, sapendo d'esser diretti verso il porto dell'Aria. Al parapetto s'accosta la special, con il gomito che vuol posarsi sul bordo ferreo, per un istante, andando a dar fuoco all'apice della sigaretta. < Se lo farai innamorare, ti sognerà notte e giorno. > Un sussurro sull'urlo del vento, una nota ironica totalmente assente per quanto sia effettivamente ironica. Le labbra irrompono la fermezza dei tratti, la voce impastata dal tenersi stretto della sigaretta per non farla cadere dalla fessura. Lo sguardo si scansa da quella siluhette bianco e nera - scivolando come freddo artico sulle onde. Sul loro movimento caotico. Sul danzare che sembra così in contrasto, eppure così unito. Il riversarsi di schiuma bianca ed il rigenerarsi dell'acqua dopo il passaggio della nave. Il profilo delle dita che s'accosta alla sigaretta, mentre il vento le sposta i capelli dietro al capo - liberando il viso, e la piccola effige che porta sulla palpebra, gemella ed opposta a quella di Pomyu. < A quanto pare, anche gli esseri caotici hanno bisogno di regole. > [ck on]Lì dove l'acqua vien ferita dal passaggio della nave, risale sotto forma di salmastre vapore - il vento fende le ciocche coralline che s'aprono ad altezza delle spalle, snudano il viso diafano e privo di colorazioni sufficienti per renderla una macchia nota di questa vignetta annacquata. E' il naso ad oltrepassare per primo la che da' sull'esterno, catturando lo stralscico dell'odore che caratterizzava Kiri - probabilmente tornare a casa non ha lo stesso valore che avrebbe per la velenosa. E' un semplice muoversi come un automa da un punto 'a' ad un punto 'b' per il semplice dovere di farlo. C'è qualcosa di triste in questo ragionamento, non è vero? E l'uomo, uno che sfiora i quarant'anni oramai - si presenta oltre che semi trasparente, abbastanza alto da prender cinque sedili - con una testa d'orso di peluches cucita sul collo da un filo nero piuttosto spesso. Ha un kimono maschile, lui, privo di ornamenti che lo riconducono a qualcosa o a qualcuno - meno la mancanza delle pieghe d'hakama che solitamente si portano sul pantalone. Otto. E invece lui ne veste zero, sai invece cosa veste piuttosto bene? Il vittimismo che porta il mal di mare - un rantolare impreciso tra imprecazioni e richieste d'aiuto alla volta di una fantomatica madre che, quì ed in questo secolo, non esiste più da parecchio tempo. Geta lignei che battono sulle travi del pavimento proprio in direzione della Jonin, la flemma stanca di chi non sta andando da nessuna parte e non ha intenzione di armarsi di una fretta che non l'appartiene. La guarda a sua volta, Ren, prendendosi l'attimo che ci vuole per ricalcarne la figura. E' indubbiamente bella. Come un quadro astratto che ben pochi riescono veramente a comprendere. La bellezza ha dei canoni? La mancina bassa sul ventre, priva d'ogni cosa - si sposta accompagnando il filtrino bianco d'una sigaretta al mentolo alle labbra, lasciandola pendere dall'inferiore e deformandolo appena, come se volesse simulare un sorriso che rompe un apatia stabile. Inamovibile. Un soldatino a cui un dio, qualcunque dio in cui voi vogliate credere, ha soffiato nelle narici senza aggiunger nient'altro che vita. Amore. Passione. Odio. Vendetta. Niente. E l'oscillare della nava ne scansa le ciocche, con la furia d'una arpia, lasciando che solo quelle fiammelle la animino. L'ha guardata per troppo tempo e Pomyu, di contro, non l'ha osservata per niente. "Sa--ke." Un mantra che richiama i kami al suo cospetto? Direi di no. Chiede del sakè, sapendo d'esser diretti verso il porto dell'Aria. Al parapetto s'accosta la special, con il gomito che vuol posarsi sul bordo ferreo, per un istante, andando a dar fuoco all'apice della sigaretta. < Se lo farai innamorare, ti sognerà notte e giorno. > Un sussurro sull'urlo del vento, una nota ironica totalmente assente per quanto sia effettivamente ironica. Le labbra irrompono la fermezza dei tratti, la voce impastata dal tenersi stretto della sigaretta per non farla cadere dalla fessura. Lo sguardo si scansa da quella siluhette bianco e nera - scivolando come freddo artico sulle onde. Sul loro movimento caotico. Sul danzare che sembra così in contrasto, eppure così unito. Il riversarsi di schiuma bianca ed il rigenerarsi dell'acqua dopo il passaggio della nave. Il profilo delle dita che s'accosta alla sigaretta, mentre il vento le sposta i capelli dietro al capo - liberando il viso, e la piccola effige che porta sulla palpebra, gemella ed opposta a quella di Pomyu. < A quanto pare, anche gli esseri caotici hanno bisogno di regole. > [ck on] Uno spirito, null’altro giusto? Non ha mai considerato Hanako qualcosa in più rispetto al peso che Nemurimasen si porta dietro, non l’ha mai visto come alleato e anzi ha cercato più volte di ignorare deliberatamente la sua presenza eppure il rapporto tra quei due sempre differente, persino il modo di muoversi di quella testa d’orso ha un qualcosa di diverso. Lo osserva attraverso il vetro mentre la donna le si avvicina. Lascia stare quindi dell’anima per dedicarsi invece al corpo, sguardo che ora segue i movimenti della donna, analizzandola con pacata indiscrezione mentre l’altra s’accinge a fumare, le si avvicina e non si scosta non teme certo un contatto. Silente resta lei impegnata più che altro in quella contemplazione e nei suoi pensieri che nell’effettivo interesse verso una conversazione <sarebbe meglio di no> replica a quella sua frase, freddo e distaccato il tono. Non ha nulla da comunicarle, per lei quell’incontro non ha alcun significato e come tale non lascia che i sentimenti possano macchiare quella voce altrimenti così perfettamente mortale, lontana e quasi antica <non che abbia a cuore la sua esistenza ma vorrei evitare lamentele> criptica? Sì ma nella sua testa ha tutto un senso, già immagina Nemurimasen lo può vedere arrabbiarsi in quel corpo da ragazzino, il fastidio e il disappunto che vanno a colorare i suoi occhi e la probabile ramanzina dettata solo dalla gelosia a quel pensiero le labbra si tendono appena, accenna un sorriso che subito svanisce e lo fa così velocemente da poter far dubitare a chiunque d’averlo effettivamente visto <non esisterebbe caos senza regole> replica infine lei. Non comprende davvero il significato di una simile affermazione, si limita a farla sua senza preoccuparsi del reale significato, egocentrica forse. Da un significato alle parole della sconosciuta e replica a modo suo, tacendo poi senza esprimere dubbi di sorta limitandosi a lasciare su di lei quello sguardo freddo e lontano, libero da pietà o empatia [chk on] [Estemp.] Ondeggiare ridondante; si trovare a cercare ristoro in qualcosa di nuovo e che non ricorda per niente. C'è del fascino sul panorama sterile che offre una nave. Niente a perdita d'occhio, come in un deserto liquido. L'arsura del mentolo sulla gola, nel petto - le labbra serrate che obbligano il fumo ad uscire dalle narici invece che dalla bocca. Un quadro d'epoca proibizionista in cui manca solo dell'alchol - e dove la nostalgia abbonda, inevitabilmente, rendendola una chiazza d'olio senza il minimo margine di definizione. Sfuocata. Per lo meno potrebbe chiamare Oto casa sua? Neanche, come una larva senza vesti, si definisce estranea a qualsiasi luogo. A qualsiasi posto e scenario che non sia il grande dipinto che ha nella mente - un ribaltarsi di situazioni dove poco tempo fa', si era definito il personaggio secondario di una storia da quattro soldi - ed invece, ora, si rivelerebbe esser il narratore. Petali esangui che si schiudono, lasciano andar un filo di fumo sputato a labbra arricciate - lo stesso filo che si trascina via il vento. Può giurare d'averlo visto, lo spettro di un sorriso accarezzar le labbra mute di calore della Doku; la coda dell'occhio l'accarezza, la sfiora con la punta, battendo una silenziosa e drastica ritirata quando l'altra si volge verso di lei abbandonando la figura martoriata di Pomyu. E' stanca probabilmente, sul visino bianco costellato di lentiggini, la comparsa di rosate occhiaie decreta il ritorno da una missione che è risultata esser ne' difficile, ne propriamente facile. E' probabile allo stesso tempo che dopo la missione stessa si sia imbarcata, lasciando andare Hime e Joji verso l'erba e separandosi dal team per ritornar al suono. Il suo osservarla si ferma lì, a contemplar una bellezza sconosciuta. Una bellezza, che negli occhi di Ren, è inadatta e sprecata. < ... > Zitta, il tempo necessario per lasciar che lei parli e che il fischio del vento alle orecchie porti alla rossa il modo di soppesar i pensieri a seguito di un affermazione. < La storia dice che il chaos è una condizione momentanea. Spunta in momenti di debolezza. O in momenti dove la libertà è fraintesa. > Una constatazione, abbassando il mento ad appoggiarsi al pugno chiuso della manca il cui gomito è ancora lì, a far perno sulla ringhiera. < Questo, però, perchè il chaos non ha mai avuto veramente l'organizzazione e la forza di rimanere tale. > Secerne parole con la leggerezza di un aliante, scuotento appena il capo l'attimo successivo in cui queste rimangono volte al vento. Quasi volesse lavar via la testa immersa nei libri di storia e filosofia politica. Le correnti di pensiero. La guancia appena schiacciata contro il pugno rimane così, appena rigonfia - sottolinea un aspetto bambinesco che raramente vien fuori da questa pelle e queste vesti. Il vento addosso invece disegna il profilo del busto, un seno acerbo, la vita stretta sotto il costato. Un esser osservatore fragile. Il punto debole, o forse no, di una catena alimentare. Quasi come avesse voluto dire: Lascia stare, non ti voglio annoiare. < A cosa pensi, quando sorridi? > Una domanda che sopprime il discorso, l'ennesimo svalvolar su bene e male? No. Ha chiuso i libri quindi, vuol lasciare lì dentro quei discorsi. Eppure la domanda che viene ha il sapore di un 'Ti ho visto' non detto esplicitamente. Una nota vaga nell'aria. Potrebbe anche negare, allora in quel caso, farebbe finta di niente. La sigaretta alle labbra che trema appena, scintille di fuoco che sfilano, in balia del vento. < O a chi. > [ck on] Prosegue quella conversazione così come prosegue il vento e finalmente lei va a distaccare lo sguardo dalla figura ancora sconosciuta. I capelli sferzano il volto, volano librandosi ina ria come lunghi tentacoli neri, una bellezza quella in lei mai davvero compresa e che solo ora sta iniziando ad approcciare, pelle nuovamente libera dalle cicatrici di un passato troppo doloroso per poter stare in altri posti se non alle sue spalle. La mano destra si alza, il palmo che va verso il mare nero svolazzante intorno al suo capo, si poggia su di essi, indomabili, ribelli e mossi da un vento irato ora vengono semplicemente placati, un tocco deciso seppur portato con una calma quasi irrazionale, non è il mondo a comandare lei o i suoi gesti ma l’opposto, mostra come ormai sia convinta di possedere il destino intero tra le mani, libera da stupidi legami che la tengono inchiodata a terra, libera da paura che le impediscono di accettarsi per quello che è davvero <forse, ma immagino che presto troveremo risposta>. Non la conosce, trova quel pensiero senza alcun dubbio interessante eppure non per questo è così pazza da esporsi, certo lo ha fatto fin ora ma sempre spinta da altro, da un desiderio di fondo di ferire, portare verso il baratro e solo a quel punto tendere la più pericolosa delle mani e indicare la strada dell’incertezza, quella ragazza però le appare così poco percorsa da emozioni da non farle desiderare di ammirare il suo volto in punto di morte, da non volerla davvero trasportare. Forse la sua destinazione riesce in qualche modo a renderla più calma? Forse è solo che persino a lei sembra ingiusto condannare qualcuno che sembra essere già prigioniero di sé stesso a tal punto da non avere luce negli occhi, quasi come l’assenza nelle sue stesse iridi, quella fredda che però vuole esprimere solo quanto sia spietata. Un modo simile di osservare il mondo tra le due forse ma lei percepisce comunque una profonda differenza <è una domanda pericolosa> replica lei mentre i capelli vengono spostati dietro all’orecchio così da lasciare il volto morbido nei lineamenti ma estremamente magro libero da qualsivoglia impedimento <sei pronta ad osservare dentro la morte?> domanda un po’ come se stesse offrendo semplicemente delle caramelle <saresti in grado di riemergere?> solo adesso torna ad osservarla, gli occhi si puntano quasi con prepotenza su quel corpo, non ha altro da aggiungere. Nonostante il tono, nonostante le sue parole lei non sta andando a richiamare ancora la sua preziosa innata, non prova il desiderio d’avvelenarla, perché inferire ancora? La donna sembra più morta dei cadaveri che ha lasciato alle sue spalle, così indifesa e debole ai suoi occhi, nonostante la presenza del morente spirito le faccia pensare che non sia proprio così in pericolo. Insomma, perché dovrebbe anche solo fare un passo verso di lei e avvicinarla alla fine dei suoi giorni? No sembra che questo lo stia facendo benissimo da sola[chk on] [Estemp.] Non sembra l'inzio di una novella ? Le iridi irradiano le onde vibrando piano di un'alienazione atipica all'emotività ma non all'empatia, quasi sembra lasciarsi affliggere dal ridiestarsi delle onde, e quando una di queste sembra abbattersi sulla fiancata della nave lei si lascia sfiorare dall'acqua che scivola in pigri schizzi sulla camicetta. Indenne. Il mento si leva dal basso della posizione, le labbra snudano la sigaretta lasciandola in balia d'indice e medio. Composizione salina che le sporca il palato, la porta ad accusare una sete alla quale penserà probabilmente dopo. Ed entrambe lasciano cadere un discorso sentito e risentito, discusso, contorto, ma sempre volto a vedere un unica fine su cui entrambe sembrano concordare; il chaos di per se ha così tante sfumature, troppe, così tante condizioni e metafore, regole e imposizioni. Reggerlo, sarebbe come stabilire un nuovo ecosistema opposto ma non troppo differente, da quello della giustizia. Un colpo di mento le regala la ragione. Vedremo. Vedremo quanto ancora durerà l'ordine fallace, ed al solo pensiero dell'inerzia delle persone, dell'esser volubile, sembra stringere un pelino di più la sigaretta tra le dita. E probabilmente Kimi ha ragione. Sarebbe fortemente inutile dar il colpo sulle spalle di un cadavere ambulante, o meglio, di chi la vita non l'ha mai davvero colta. Non in questo preciso istante della nostra storia, almeno. E si muove, impercettibile, a differenza della corvina - lascia che quelle fiammelle le danzino contro il collo ed in aria senza rendersi tiranno di un ordine, che alla fine, l'avrebbe solamente resa più noiosa di quanto non sia. E diciamocelo chiaro - quel che ne viene, per un istante, sembrerebbe essere una presa in giro. Il mento ammantato di solerzia di vuole verso di lei, dove lei invece l'ha schivata l'attimo primo. Un contatto visivo inesistente eppure - si rende abile di temporeggiare prima di rispondere. L'ennesima bava di fumo, dove il fumo non stanzia mai ma senza portato via all'istante dai venti occultandolo per qualche frazione di secondo il viso. < ... > La prende in giro? No? Il punto è che un Seimei, tendenzialmente, percepisce la morte come una stilettata ai polmoni. Ed ora, per l'appunto, inspira un poco. Il busto esile s'issa dal parapetto cercando di distanziarsi il minimo per poter rimanere eretta. Nel suo metro e sessanta. Le gambe fasciate dai pantaloni neri si muovono sul posto, spostano il bacino alla volta della Doku. E' una domanda particolare quella che pone, se l'è mai chiesto qualcuno? E queste ferite che tampona con una pezza troppo sporca. E' il fitro tra le labbra, lasciato penzolare lì dall'inferiore al superiore che trema appena mentre ruba ossigeno viziato. In qualche modo, l'esser maestoso ed antico che è la sconosciuta d'innanzi a lei, sembra esser pronto a batter la ritirata su un fronte innocuo, e buttarsi invece tra le fiamme di quello più letale. < Io e lei, non incroceremo mai le nostre vie. > Parla della morte, come una bella signora. Una bella donna dai capelli neri e la pelle nivea, dalla gonna vaporosa dietro la propria sagoma e una patina di fumo sotto piedi nudi. Le palpebre calate per metà permangono, fremono appena le ciglia muovendo il capo a curvarsi di poco, qualche centimetro, come se volesse pesar il cuore di Kimi, e metterlo al confronto con la leggerezza di una piuma. Giudice silente ed incapace d'accusare. Tuttavia, nonostante quelle parole che sanno di una certezza imprescindibile, esala una nube bianca e fitta, che gorgoglia per un istante nella cava umida che è la bocca della Seimei. < Potrei dire con più fermezza di aver paura di vivere. Morissi ora, proprio adesso, non avrei dubbi su quel che m'aspetta. > Le labbra si muovono appena, così come le leve in direzione dell'altra. Non la tocca, non è il tipo di persona da cercar il contatto fisico o rifuggirlo. La camicia sul petto che ne disegna le forme, forme che non hanno niente dell'amata giunone che invece bacia Kimi alla perfezione. Invidia, da parte di Ren, che rimane silente. < Vivendo, invece... > Spiffera fuori. < Quante cose ancora, ci possono levare. Quante cose, possono farci male? > [ck on] Le parole della donna vengono colte così come quello spostarsi e quel muoversi. Tanto ci sarebbe da dire su quello scambio di pensieri, tanto ci sarebbe da specificare e spiegare all’altra, così come la sua anima appartiene ormai immoralmente all’ade nella stessa misura lei si è sempre reputata portatrice di morte e corruzione, nulla di bello è rimasto tale dopo il suo tocco eppure al contempo riconosce la verità nelle parole altrui, quanto la vita possa essere peggio della fine stessa, innegabile la verità che nasconde quella frase, innegabile specie per chi come lei ha davvero perso tutto tranne che la vita stessa. Tace quindi decidendo solamente di concentrarsi verso il suo stesso chakra, verso quello che di fatti si tratterebbe del legame profondo che ha con l’altro mondo, devo mostrare ciò di cui parla per quanto non sia interessata ad infierire sulla donna. Questo il motivo per cui le mani andrebbero solo a muoversi velocemente così da andare a formare i sigilli necessari di serpente e drago, movimenti esperti e veloci mentre lei andrebbe a concentrarsi con attenzione così da lasciare che le sorelle possano sentire la sua richiesta veicolata dal chakra stesso che vuole conquistare ogni cellula in lei. Cerca il freddo della morte, la tortura e la comunione con le farfalle, il profondo legame che le lega dovrebbe quindi permetterle di andare a svanire dagli occhi di Ren, o meglio: tramutarsi in una colonia di farfalle scure. Molte le piccole ali scure che sbattono dove poco prima c’era il corpo, non vuole dare nemmeno il tempo all’altra di accorgersene dato che ora tutte quelle farfalle andrebbe a voler volare proprio verso di lei, a velocità sostenuta, ma soprattutto dietro di lei. Infatti ciò che vorrebbe fare sarebbe semplicemente volarle accanto ed intorno al corpo così da superarla e solo successivamente ricomporsi alle sue spalle <l’hai incontrata> replica lei, se fosse effettivamente riuscita, limitandosi da osservarla in attesa di vederla voltarsi <ma immagino che il tuo sollievo vada pagato con la vita stessa> non agirà, per quanto si sia appena proclamata Morte stessa con le sue parole sta quasi abbassando la falce, non minaccia si limita ad esporre una semplice quanto lampante verità: non la ucciderà oggi. Forse nemmeno domani ma non è una cosa su cui potrebbe giurare [chk on][scomposizione dello shinigami] [Estemp.] Come il tempo corre veloce, e tutto si scompone lasciando che quei frammenti che prima erano il centro focale della sua attenzione, ora divengono semplicemente un contorno fittizio a tutto quello che le riempie lo sguardo. Un figurino tetro. La jonin e la sua battaglia personale. Tra le ciglia color rame l'osserva, l'ascolta, come se non ci fosse null'altro che lei. E più essa parla, più si sottolinea il fondo non detto della verità. Chi ambisce alla morte? Chi è spaventato dalla vita, perchè dopo tutto, la morte è solo il grande atto finale - l'atto dove il cigno risulta esser finalmente il protagonista e nel suo canto, nella sua danza straziante, lascia gli altri con il fiato trattenuto. La grande bellezza. Il momento di gloria che non ha eguali. Ed invece la vita è un continuo passo falso. Un continuo sperare inutile che le cose andranno come tu ti sei prefissato. Il vago ed ipocrita sperare in qualcosa che forse accadrà, come forse no. I tratti scolpiti nella pietra che volgono verso Kimi, rimangono tali anche alle sue parole. E' un lasciar cadere della sigaretta nell'acqua, ad affogare, mentre i pensieri si ricorrono abili quanto astratti. Una persona dotata di raziocinio non crede a tutto quello che sente, ma alla documentazione estratta da uno schedario certificato. < ... > Allora sei venuta meno ad un patto, mia amata morte. Ed ora, che mi hai incontrata, cosa hai intenzione di donarmi. Che sia una benedizione o una maledizione, quella dei Seimei, d'istinto lo sguardo si porta su Pomyuu che sta infastidendo una vecchietta. Probabilmente ha tutta l'intenzione di di rubarle il porta monete? Può essere. Tuttavia lascia che lui faccia il dovere sporco del dinamico duo - ambendo a questa scena teatrale. Lo scomporsi di quella donna in macchie nere dotate d'ali, uno sfarfallìo che la rapisce, le fa' issare lo sguardo verso l'espandersi, e lo sparire, della sua figura. Non si muove, sebbene possa percepirne nitidamente la presenza alle spalle. Anzi, come fece lei poco prima, alzerebbe la mano destra - ora nuda d'impicci - scostando la matita nera ch'era incastrata dietro l'orecchio, abbassandola e facendola cadere nel pantalone. Un passo. Un passo. Un altro. < E il tuo? > Di sollievo. E' probabile che anche lei sappia d'esser un guscio vuoto, mosso dalla stilla di vita che la porta ad andare avanti, rispondere ai comandi, mangiare, bere, svolgere le missioni. Neanche la minima percentuale di tutto quello che prova Kimi, o che ha provato, sembra averla mai sfiorata. Il suo è un convenire razionale di non avere niente da dare all'altra, a quella sagoma pallida e terribile. Ha roteato su se stessa per poterla fronteggiare, e nonostante il grave dislivello, sembra esser pronta ad incassar con il capo chino qualsiasi colpo, da qualsiasi lato. Va bene così, se morirò, andrà bene così. I passi portano il rumore di legno, come un pendolo che rintocca. < Io non ho ne' sollievo, ne afflizione. Ma tu, tu sei in grado di dirmi la stessa cosa? > Finalmente delineata la voce, una voce femminile - pacata. Quasi addormentata, perennemente. La palpebra si muove ad incorniciar il viso di Medusa nella memoria, cercar il nome e delinearlo accanto ad un aggettivo. Quale? Finalmente è lei a muoversi alla sua volta, alza la destra tentando di sfiorarle la guancia. Un movimento che non le vuole imporre, ma che fa' semplicemente per il desiderio di farlo. Scanserebbe le ciocche nere nei pressi della guancia, lì verso la tempia, per poi abbandonarle dietro l'orecchio. Solo se fosse riuscita abbasserebbe subito dopo quelle falangi affusolate. < Immagino che diversamente da me, tu abbia molti motivi che ti tengano in vita. E allora, perchè ti costringi fino a non respirare? Perchè vesti i panni della grande fine? > [ck on]
Giocata del 12/06/2020 dalle 16:25 alle 19:19 nella chat "Luogo Sconosciuto"
Dimostrarsi come sorella delle farfalle non pare essere bastato, anzi la ragazza continua, non si scompone minimamente mostrandosi invece come indifferente quasi. Le domande si susseguono raggiungendo le sue orecchie. Non è più colei che sente di dover dimostrare la morte stessa, tutto quello che l’ha portata fino a quel momento le hanno permesso di diventare la morte stessa, non ha bisogno di fornire dimostrazioni specie su una nave, specie in quel momento. Osserva la sconosciuta quindi, restando nel punto in cui ha ripreso la sua forma <perchè mai dovrei risponderti?> replica solo lei alla fine di quella discussione, di quell’incalzare come alla ricerca di una giustificazione da parte sua o anche semplicemente un suo mostrarsi. Il vento continua a passare tra i capelli, continua ad accarezzarle il volto senza che nulla vada a destabilizzarla, pare quasi darlo per scontato, che quell’elemento si pieghi a lei, che il mondo intero si inginocchi davanti alla sua essenza e quello che è sempre stata, seppur abbia a lungo provato a limitarsi. Non ci sono barriere a tenerla, nulla che le impedisca di provare ad uccidere quella ragazza ma ancora non si muove. Il momento è questo che ha imparato ad apprezzare ed è per questo che oltre a quella semplice dimostrazione del contratto non ha davvero provato a lederle: vuole godersi quell’istante e quella semplice conoscenza e solo dopo determinare un’eventuale rimozione della sua anima da questo mondo, almeno per quel che le compete e che conosce ovviamente. Socchiude appena lo sguardo mentre il chakra andrebbe a venir concentrato verso la mano destra, il pollice semplicemente andrebbe ora verso le labbra, lì dove la piccola crosticina resta perenne, proprio in quel punto i denti vanno a graffiare così da far fuoriuscire una piccola goccia di sangue mentre ora le dita delle due mani vanno a legarsi così da comporre i sigilli necessari di cane, capra, drago e serpente. Mani che si muovono con immensa abilità, una sequenza che è abituata ad effettuare, una sequenza che non le impedisce di fissare direttamente Ren, senza mai staccare da lei lo sguardo. Fatto questo ora vorrebbe andare semplicemente ad allungare la mano destra verso il corrimano, il bordo di quella stessa nave. Poggerebbe quindi la pelle candida andando a rilasciare chakra e sangue così da tentare quella chiamata nell’aldilà <Umiko> mormora lieve, la bambina dell’Ade nonché ormai sua bambina, incapace di considerare quella creatura diversamente. Una farfalla dalle ali blu, più chiare verso il corpo e man mano sempre più scure fino alla profonda notte, dovrebbe manifestarsi fuoribordo, ali aperte e che sbattono quel poco che le serve per reggersi in volo, asseconda la corrente stessa della nave, quel moto ascensionale creato dall’imbarcazione che solca il mare. Appare con il volto da bambina e le dimensioni non indifferenti, fissa Ren proprio come la sua evocatrice <se vuoi una risposta però potresti provare a seguirla> continua quindi con quel discorso. Pochi gli attimi prima che lo sguardo vada a direzionarsi verso la farfalla, occhi che subito si riempiono di affetto, amore quasi nei confronti di na figura che ho sostituito colei che le è stata rubata dal ventre <mi sei mancata> un sussurro in direzione dell’evocazione. Una risata come risposta, squillante ed infantile <ora possiamo giocare> una risposta innocente e tipica dei bambini quanto tremendamente sbagliata, lei la torturatrice dell’ade, lei la farfalla più sadica tra tutte [chk on][umiko] L'animarsi della camicia, in balia del vento, sembra esser la sua unica stilla di vita in petto. Il lino che prende a sbatter in moti violenti a ridosso della schiena; rumore di tessuto, come lenzuola stese al vento - mentre i piedi fingono quel mezzo passo in direzione dell'altra sagoma. A dire il vero i quesiti, si sprecano. Al di là dell'indelicatezza ironicamente chiamata in causa, rimane permea d'un perché; perché crede di esser la morte? Perché mette le vesti dello Shinigami, così strette - così larghe - così infami? Le labbra esangui si stringono piano in una linea taciturna, ripercorrendo le gambe oltre la gonna scura, percorrendone il ventre con un tocco gentile, non accusatorio. E i capelli come fiamme lungo il viso, trovano pace dopo aver ferito guance di ceramica che non sanno incrinarsi verso nessuna delle emozioni che tutti, bene o male, conosciamo già. Se non c'è stupore ad animarla, è dovuto all'ignoranza - la più pura e semplici delle essenze. E nonostante il piombo la insegua, insegua drappi neri muoversi nel vento e il suo corpo divenire coltre d'ali - sembra non aver nessuna flessione d'animo. La mano armata di sigaretta si approssima alle labbra, lascia che un bagliore rossastro fenda la notte decorandole i lineamenti di rosso incandescente, bianco latte e piombo fuso. Sembra voler percorrere i passi di un discorso che ha divagato, s'è perso nell'oblio, poi ha trovato una strada differente che la solletica. Per quanto sia possibile farlo. Il viso si scansa dall'esser rigido della postura, sembra ammorbidirsi verso i suoi gesti - verso le sue parole, osservando le mani richiamar dei sigilli con una curiosità peculiare. Quella che avrebbe chiunque che vede qualcosa di assolutamente nuovo ai suoi occhi. <...> Perchè dovrebbe rispondere? Oh, ha ragione. Per un istante le labbra si premono come chi si è accorto di star premendo un po' troppo sull'aceleratore, andando oltre dei limiti che sarebbero altrimenti personali. < Perdonami. > Sono le uniche parole che escono, come uno spiffero di vento portato dal fendere repentino dell'area attorno alla nave. Lo sguardo portato ad Umiko, al suo richiamo dall'ade, alla sua essenza raccapricciante. Ma più di tutto, è Kimi. E' il suo sguardo. Il suo fare drasticamente cambiato. Le ciglia di rame si sollevano da quella palpebrina perennemente assonnata, come se assorbisse ogni tracciato d'empatia con un che d'avido. Come un ingorda davanti al miglior piatto del mondo. Oh come vorrebbe chiedere. Come vorrebbe infilar il coltello nelle piaghe di Kimi capire chi, realmente, essa sia. < Io gioco con te. > Ha accettato? Avrebbe potuto scrollare le spalle, semplicemente, ed andare nel lato opposto della nave dove Pomyu ancora si lamenta del mal di mare. Ma ha accettato. Non sembra propriamente la persona da giochi che ci si aspetta. Ne tanto meno il tipo di ragazza fuori dalle righe, che ama perdere tempo in futili incontri eppure, eppure - ci sono degli spiragli altalenanti, nella velenosa salamandra, che l'attirano come farebbe un astro oramai entrato in orbita. Ma, ad una condizione. < Se tu, mi pari, di cose che non hai mai detto a nessuno. > Un patto pericolante ma che per certi versi, la stimola a voler giocare, a buttarsi tra le fiamme se è per lambire qualcosa di più. E gli occhi passerebbero pigri su Umiko, la sadica, abbassando piano le spalle e issando la punta del naso. Un vecchio patto, è un vecchio patto, no? E se Umiko è morta, lei è un giudice. [ck on] Osserva quella farfalla, ai suoi occhi semplicemente perfetta e bellissima, per quanto sia una creatura fondamentalmente errata che mai avrebbe dovuto vedere il suo primo giorno, una creatura anche in questo così simile a lei. Entrambe segnate da una nascita che nessuno desiderava, sole fino al momento in cui non si sono incontrate, simili nell’infanzia e nel desiderio, quella profonda pulsione, di ferire. Le sorride appena andando a piegare le labbra verso l’alto, un’espressione che non spesso si vede su quella faccia e che quelle poche volte in cui si è mostrata aveva dei tratti decisamente più sadici di ora <sei tu che hai chiesto> replica quindi verso Ren a quella proposta, la sua mano destra invece adesso è impegnata ad alzarsi, verso il volto di quella farfalla, il veleno sopito in lei. Un gesto inconsueto e che porta con sé una sorta di triste rammarico, così poco spesso si permette di toccarle, quasi accarezzarle. Umiko comunque si concede, fidandosi semplicemente dei gesti di Kimi che ormai ha imparato a riconoscere come profondamente leale e innamorata, perché alla fine è questo che è: un’amante rapito giorno dopo giorno dalla bellezza del proprio desiderio. Il mondo per lei ha i filtri di quelle ali, attraverso le farfalle si approccia a ciò che la circonda. Dovrebbe quindi sfiorare la sua evocazione con il dito indice, in un allungarsi verso l’esterno della nave, in un tendersi così simile al suo continuo voler inseguire e raggiungere Nemurimasen. Uno sfiorarsi tra loro che è energia pura per lei “dovresti giocare con me non con lei” è la farfalla che risponde adesso “ed io ci sto. Ma qui si parla di me non di lei” La voce è infantile, una bambina strappata alla vita troppo presto o forse che mai l’ha conosciuta: anima immortale e torturatrice. La Shinobi invece ora può tornare a dedicarsi a Ren, appena. L’attenzione viene quindi distolta nello stesso istante in cui il contatto giunge al suo termine, si volta mentre il braccio torno ad abbassarsi verso il suo stesso fianco <hai fatto una domanda ben precisa> replica ancora, continua seguendo parallelamente il discorso di Umiko <dovrai seguire lei se vorrai la risposta, il mio non è che un gesto di gentilezza per colmare la tua superbia> anche se forse dal modo di agire non si potrebbe definire proprio con quel termine eppure il suo modo di parlare l’ha in qualche modo portata ad interpretare sotto quella chiave i suoi gesti <non esiste alcun patto o alcuno scambio tra noi> non ha intenzione di rivelare proprio nulla del suo passato, l’ha ucciso e seppellito, le ceneri sono state lanciate proprio in quelle acque e non andrà a rivangare i suoi traumi proprio ora che in qualche modo sembra essere riuscita a ristabilire un equilibrio[chk on][umiko] Se solo la vedesse ora, invece che allora - avremmo potuto asserire una presunzione tra le righe, l'ambizione di arrivare oltre - eppure, adesso, Ren rimane tacita ad osservar quelle movenze dolciastre nei confronti di quel mostruoso essere. Ma chi siamo per giudicare la bellezza? E' oramai appurato essere soggettiva e non obbiettiva. Il passo si rivolge a loro, allora, muovendo la mano verso l'esterno della nave per gettar quel che ne è rimasto della sigaretta che, in uno scoppio di scintille, finisce a perire pigramente in mare. Allora che sia, se per aver una risposta le basterebbe seguire quella che ha chiamato /Umiko/ perchè non farlo? Le dita ripassano il colletto della camicia di lino, lascia che si rizzi in un maniacale controllo della figura - come se alla fine cambiasse qualcosa. < Capisco. > Recide una proposta che, sicuramente, l'avrebbe divertita. Per quanto notar scorci di divertimento sia un utopia instabile, ora come ora. Passi lignei sulla barca, prima che un tonfo secco apra lo sportello vitreo proiettando Pomyu - nel suo esser semitrasparente per gli occhi della Doku, a barcollare verso la pensilina con una cera - beh - può mai essere peggio di così. "Oh porca puttana che schifo - R-Ren, penso di aver sboccato addosso ad una signora." La voce annacquata da chi ha appena vomitato, nauseabonda, distogliendo appena l'attenzione da Umiko per proiettarsi sull'essere alle sue spalle. Kimono nero. Testa d'orso metà bianca e metà nera. Il corpo, tutto, coperto da bende nere - apparentemente carbonizzate. O forse è solo un effetto estetico. Il muso di Ren si flette, un broncio infantile, stringendosi appena nelle spalle. Lo ignora, semplicemente, allungando il passo in direzione della Doku. <Devo sembrare invadente, mi dispiace se sono sembrata superba. Non era mia intenzione.> La man dritta si piega alla volta dello sterno posandocisi sopra, abbassandosi d'un paio di gradi appena per mimare un inchino, o come si suol dire, un gesto di mera cortesia nipponica. Ed il passo barcollante di Pomyu alle sue spalle la raggiunge, inquadra dalla dorata la farfalla, Kimi - emettendo solo un filo di versi dalle labbra. < Pomyu... Gioca con lei. > Lo sguardo atarassico passa dalla sagoma infilzata di sbieco, alla farfalla carezzata dalla jonin; si sofferma su gesti d'amore, li cattura, li fa propria teoria di una narrazione totalmente laterale. Inveritiera. < Ti va', Umiko? > [ck on][>65 ck Pomyu in trasparenza] Quella nave si fa decisamente popolata ora, tra anime sboccanti e farfalle. Lo sguardo dai due colori differenti si sofferma su quella presenza quel poco che le serve per portare alla sua memoria Hanako, dettaglio a cui aveva già fatto caso certo ma che ora va a ricollegarsi con più prepotenza. Annuisce appena verso Umiko davanti alla proposta della ragazza, che sia lei a decidere. Il gesto può ricordare quello di una madre con una figlia ma il significato cambia, se dall’esterno può apparire che lei le abbia semplicemente dato il permesso la realtà è che invece le sta comunicando di non aver bisogno del suo aiuto in questo momento, deciderà quindi lei se allontanarsi e distrarsi e soprattutto in che misura {seguimi} questa la risposta della bambina dopo aver compreso la profondità di quel semplice chinare il capo. Non deve proteggerla e difenderla, non devono combattere insieme, almeno per ora. La risposta della farfalla giunga insieme ad un rallentamento delle sue ali che le permette quindi di distanziarsi maggiormente dal bordo della nave, osserva quella figura semi trasparente in attesa. Per raggiungerla sarà necessario un tuffo e forse è proprio questo che vuole. Le donne invece restano a bordo, per ora, una accanto all’altra <ti scusi con te stessa per aver sbagliato o credendo che questo possa incidere sul mio umore?> domanda lei, il tono nuovamente freddo e gelido, pare nuovamente distaccata dal mondo intero, solo gli occhi mantengono parte di quella luce mostrata al richiamo, una luce che sembra acquisire potenza ogni volta che si rivolge con essi verso Umiko, la farfalla bambina. Il vento resta imperturbabilmente a scontrarsi con il suo corpo e lei continua a sforzarsi d’ignorarlo, fedele alleato anche lui ma mai come ora spina nel fianco <Conosci> cerca di concentrarsi, come a ricordare un nome, non vuole sbagliare alla fine il nome che lei usa per chiamarlo è quello dell’anima al suo interno, mai del corpo. Questo il motivo per cui ci mette qualche istante più del previso, va a scavare nella sua memoria fino a quel primo incontro dopo la liberazione da Katsumi <Hanae ed Hanako?> nomina anche lo spirito, non perché lo prenda in considerazione davvero ma solo perché non riesce a distringere e ricordare chi si chiama in che modo. Certo che anche Nemurimasen poteva renderle le cose più semplici no?[chk on][umiko] Sembra che tutto alla fine, vada per volgersi in una direzione - c'è un inciampare, un danzare tra le parole e tra le movenze; s'assicura che Pomyu annuisca di rimando, rimendo la stessa figura moscia di sempre. Con mani ricurve e schiena pigramente abbassata. Il testone sulle spalle di tanto in tanto ciondola tirando i filamenti che oramai, hanno saldato quella testa di mascotte sul collo - come punizione divina per chissà cosa. Le ramate lo inseguono mentre la farfalla vola alla volta del mare e lui che la osserva, decide di praticar un semplice rilascio finale. Una patina di chakra che ricopre il corpo disegnando filamenti lungo i plantari che, con un balzo, si fermano sullo scorrimano a bordo della nave. "Umikoo-" La chiama, rauco, differenziandosi dallo scenario dove le due donne, sarebbero rimaste sole. "Non è divertente questo gioco." Buttarsi in acqua? Per cosa? Raggiungerebbe i metri di distanza dalla Seimei in troppo tempo, probabilmente ed infatti, rimarrebbe schiacciato platealmente in bilico tra l'area e la nave in movimento. Cammina sul bordo della nave, tocchignandosi i pantaloni. "E poi mi sono appena lavato tre settimane fa', io dico, ma la tua mamma... E' single? Quanti anni hai?" O avevi? Beh tiriamo un velo pietoso, infatti - rivolgiamoci alla zona dove la special, e la jonin, stanno ancora conversando. La domanda rimane un pendente sopra al capo, in cui issa la mancina ad occultar per qualche istante le labbra. Le sfiora con i polpastrelli, esangui e schiuse a carpir ossigeno. Perchè ti scusi? < Educazione. > E' la prima cosa che può venir in mente a chiunque, non chiederebbe mai scusa per se' stessa, o per l'umore di qualcun'altro - o forse, è proprio così che funziona? Le palpebre calano, le rivolge una mezza luna che mai - mai oserebbe incontrare lo sguardo di Kimi. Rimane metaforicamente schiacciata, dall'essere che ha di fronte. Senza una mera necessità di mostrarsi. Di alzare la testa. Di sopraffare. Di giurar di esser abbastanza forte da sopravvivere alla morte. Se deve arrivare, che arrivi. Non ha niente da perdere. Non è questo, a renderla un soldato perfetto? < Mi scuso, per aver riconosciuto d'esser stata invadente. E di averti dato fastidio. Però - > Decade la frase, realizzandone l'importanza con un secondo di pausa in cui la voce screma. < Però non sono solita alla curiosità. > O forse non lo era, fino a poco tempo fa'? E tutto cambia. Cambia e cambierà ancora, come la stessa Medusa ha fatto con il tempo. Anche questo soldato di terracotta, inizierà a marciare. E alla fine quel nome, il nome d'un involucro che ora - non saprebbe nemmeno se definire morto o semplicemente svuotato della sua essenza. Annullata quella fiamma. Le sopracciglia aranciate s'abbassano, mentre le lentiggini vanno in contro alla figura della donna. La osserva. Ne osserva le movenze. Cerca un filo conduttore per capire cosa dire, e cosa no. < Sono dei membri della casa Seimei. > La leggerezza. L'atarassia. Come non si flette. Ed al tempo stesso, c'è il pericolo che Kimi sia più una nemica - che un amica. Se solo avesse quel dono, ora, saprebbe quel che la bianca - prima di lei - conosceva. Ed a proposito di lei, le ciglia si levano di scatto a cercar una fune da tirare per dare a Kimi un posto ben preciso. < Mi sono distanziata da loro, molto tempo fa'. Ero al servizio di Kurona Kokketsu. > Come decorar un terreno con delle mine, per vedere la reazione dell'altra - ad una, o l'altra frase. Ed il chakra, come torrenti, scorre pigro virando il percorso solito alla volta delle spalle, le braccia, le mani - intaccando pigramente l'elemento del raiton, il fulmine. Ancora non visibile. < Sto andando a trovarlo. Hanae. Ma tu -- tu come lo conosci? > [ck on][pomyu con umiko] La questione sta diventando estremamente divertente, non c’è che dire l’anima che ora si è ritrovata a tallonare la farfalla ha un che di comico per la stessa che quindi scoppia a ridere, il suono tipico dei bambini, gli infanti <certo che non è divertente se non affoghi> replica lei, l’innocenza della voce unita alle macabre parole non fanno che renderla sempre più una figura surreale, profondamente sbagliata in quel suo semplice esistere <vuoi conoscere mia mamma?> replica ancora, ridacchiando di tanto intanto palesando un’innocenza che non le appartiene da tempo e che forse non ha mai avuto. Tornando invece alle due in carne ed ossa la situazione è differente. Ode quel nome e la riconosce eppure non palesa alcuna reazione, Kurona una donna di cui ha più sentito parlare che visto, la loro vita è transitata molto vicina eppure mai si sono davvero toccate, se non quel singolo incontro ormai sepolto nella sua memoria e che non ha intenzione di ricercare <sei fuggita da lì?> domanda di conseguenza al passato utilizzato dalla stessa, non sa né del ritorno della Kokketsu né tantomeno della sua morte, è stata lontana per così tanto tempo che non ha avuto e ormai non ha più la voglia d’informarsi davvero. Ma eccola quindi l’ultima domanda della rossa, arancione insomma Ren. Una risposta che non è facile trovare, scosta per questo lo sguardo verso l’acqua e verso Umiko stessa ancora intenta a giocare, a suo modo, con Pomyu, li osserva come farebbe una donna innamorata con il frutto dei suoi desideri che mostra il meglio di sé, li guarda come una madre profondamente orgogliosa che osserva la crescita del suo bambino, amore e dedizione ciò che nuovamente riempie i suoi occhi, amore profondo che riesce, si spera a mascherare la presenza del sentimento che prova per Nemurimasen, preferisce esternare i sentimenti e lasciarli palesi seppur nascondendoli dietro lo specchietto per le allodole che è per Ren il suo rapporto con le farfalle <per caso> mente. Il caso non ha proprio nulla a che fare con il loro incontro <ci siamo riscoperti anime affini> resta vaga, lontana il più possibile dalla verità della loro relazioni ma comunque abbastanza vicina da non doversi inventare tutto di sana pianta <in realtà sto andando anche io da loro> parla al plurale per non confondersi, per non svelarsi ed usare il nome errato <che bizzarro il nostro incontro> apprende solo così dell’esistenza di un clan intero dotato di figure semi trasparenti che li seguono, solo così trova risposta a domande mai davvero poste al suo amante, domande a cui non ha mai dato voce perché poco importanti se paragonate a tutto il resto [chk on][umiko] E dal canto suo Pomyu potrebbe mai dire di no? Se la ghigna, sedendosi sul bordo metallico e lasciando che i piedi oscillino nudi, ma bendati il garze nere; gli occhi puntati verso le ali pittoresche di Umiko, verso una natura arcana che neanche lui, nei suoi trent'anni belli andanti, non ha mai potuto veramente vedere. Alla fine si presuppone che la vendita di un anima non sia poi così comune, no? Il testone che si piega di lato, scremando la risata a quel suo 'certo che non è divertente se non affoghi' come si farebbe con una bambina piccola e capricciosa. "Senti, piccola Umiko..." In canna, mentre la guarda svolazzare - le gambe cercano il bordo, come poco prima, abbozzando una camminata verso la prua della nave che dovrebbe esser non troppo distante. Ma abbastanza da avere un barlume di intimità con la creatura. "Non è quella ragazza la tua mamma? Sai, il suo sguardo -" E' caldo? Probabilmente lì dove Ren non arriva a toccare, Pomyu arriva saggiamente. E' un uomo adulto, alla fine, e in qualche modo - coglie i riflessi che un arida Seimei non saprebbe mai cogliere. O non saprebbe proprio elaborare. Ed è lei che lascia che il raiton le scivoli via dalle dita, sotto la forma d'etere rilasciato per dar uno sfogo ad un jutsu mai attivato e mai concluso. Le gambe nei pantaloni dal taglio elegante, s'avvicinano a Kimi quel tanto per chiudersi, assieme, dal resto del mondo. Fuggire? Perchè avrebbe dovuto? La confusione che danza in viso, mentre abbassa la schiena a posar gli avambracci sul bordo di ferro, esattamente com'era prima. Le dona il profilo e Kiri, la viziosa Kiri, è niente più che un ricordo lontano. Sembrano esser passate infinite notti in pochi istanti ed invece, saranno solo un paio d'ore che stanno parlando. < Oh, no. La mia signora ha dato la sua dipartita. Mi ha affidato dei compiti. Ora servo qualcun'altro. O forse, qualcos'altro. > Una persona, o una causa? Ci pensa lei, per prima, lasciando che dalla scollatura si veda il collo tendersi appena. I nervi divenire corde da suonare, da far cantare. E' divertente? Trova anche lei, che ci sia qualcosa di assurdo in tutto ciò. Un incontro particolare. La dimostrazione, che a volte, le storie s'accavallano e iniziano a scorrere, per brevi tratti, nello stesso verso. Il profilo si scansa, affilato, passando le corone ferree ad accarezzare l'area attorno al viso di lei, delle sue reazioni amorevoli. C'è qualcosa, in lei, che non comprende. Che invidia? Oh no, forse non è invidia. E' più simile al timore. < Deve esser difficile. > Lo è, Kimi, non è vero? E' improbabile che una donna, ed un ragazzino, abbiano qualcosa da spartirsi. Però, allo stesso tempo, rimarca quelle anime affini deducendo di parlare dello stesso Hanae, non più - quel guscio vuoto. Ma di quello che, all'interno, ci si è oramai annidato. Deve esser difficile, esser affini ad un uomo come lui. Come quello che era. O come quello che è divenuto. Ed inseguire il cambiamento, trovando nuovi motivi - per esserci affine. Ed annuisce, con lo spettro di un sorriso composto. Delicato. < Sarebbe curioso, un giorno, scoprirci sullo stesso fronte. > Le labbra si schiudono, esalano fiato verso il mare, distogliendo lo sguardo. < E magari, diventare amiche. > E magari, imparare da lei qualcosa che, Ren, sicuramente non sa. [ck on] [stessi tag]