Did you ever feel broken?

Free

0
0
con Itsuki, Ren

14:09 Itsuki:
  [Tenda Kurona] Buio, tutto è avvolto dall'oscurità lì dentro e quello stesso buio si riflette sul viso spento del Goryo, la tenda è priva di luce da oramai giorni, così come, di nuovo, sarebbe il viso del Chunin, da giorni, già illuminato poche volte, di rado, solo dalla di lei presenza, quella che oramai manca da troppo tempo, tra quelle mura di tessuto. Cosa rimane oramai di quell'incertezza che aveva? Nulla, era un dubbio, un presagio, qualcosa a cui avrebbe dovuto dar più retta di quanto effettivamente ne abbia data, anche se ci si è tormenato per giorni, aveva visto abbastanza bene, l'aveva osservata come nessun'altro, ma il solo voler continuare a guardarla per sempre, non sarebbe bastato a tenerla salda in quel crudele mondo. Sofferenza ad aggiungersi a quella già patita in passato, un'accumularsi di un qualcosa che aveva represso dei sentimenti, per poi restituirglieli, solo alla fine per fargli desiderare di non averli mai voluti riscoprire. Fà male, ma il dolore ormai è relativo, oramai è più una morsa, dopo le ore trascorse lì dentro, un qualcosa che gli stringe cuore e polmoni al punto giusto, per lasciarlo con il fiato mozzo, ma mai senza, un fargli ricordar di continuo che una parte di lui se ne è andata < ... > tace, ovviamente, mentre permane seduto sul letto in fondo alla tenda, nel mezzo, è lì da non si sa quanto tempo di preciso e contava di rimanerci sino a quando non sarebbe tornata, impassibile, logico e razionale, se non fosse che abbia inevitabilmente ceduto, probabilmente dopo quarantotto o settantadue ore in seguito alla missione, lì dove era tornato, si era cambiato e poi nulla. O meglio, ci avrebbe provato a non fare niente. In realtà, in quel cedere citato poc'anzi, si sarebbe alzato, una via di mezzo tra uno scatto e un voler ostentare calma, incominciando a metter mani in ogni mobiletto, cassettino, anfratto possibile della tenda, una volta, due, tre, poi perse il conto di quante volte era arrivato a mettere sottosopra il luogo. Un compulsivo voler trovare qualcosa di più, un bisogno di comprendere se gli avesse lasciato qualcosa, non poteva essersene andata così, senza dirgli nulla, non voleva crederci, ma seppur dentro di lui continuava a comparir il dubbio di essersi perso qualcosa, un qualsiasi indizio in più di quelli a sua disposizione, di quel poco e niente che era riuscito a comprendere nei giorni addietro. Poi, l'ultima volta che si sedette, non si alzò più. Ne cibo, ne acqua, la fame non la sentiva, la sete e la disidratazione poteva semplicemente far sì che svanissero grazie ad effusio e così ha fatto, senza mai idratarsi più del dovuto, lasciando che il corpo prosciughi il tutto quasi arrivando al limite, scordandosi a volte di rimaner in vita, fino a quando gli occhi non iniziavano ad appannarsi o chissà che altro, con il Kagurakaza da dentro che lo avvertiva per tempo, quasi per pietà, con brevi monosillabi. Niente cibo, le sostanze essenziali erano create dalla tecnica, un miracolo della genetica, loro ed il loro sangue, per quanto oggi non è di certo una giornata atta a decantare il Clan. E non era un saziarsi, la fame non esisteva era dover soddisfare un fabisogno per evitare di morire, per quanto ci si avvicinava. Le iridi rosse si smuovono ai lati, osservano ancora il tatami ed il caos che c'è in giro, lo sguardo va da destra e a sinistra, diverse volte < Forse.. Dovrei.. > la voce è un mormorio, un vago intento che lo vorrebbe spronare ad alzarsi e a cercare di nuovo, tra le spazzole, tra i suoi abiti, tra le lenzuola, tra i suoi trucchi, ovunque, pur di poter sapere qualcosa di più, ma sembra che lo stesso Eiji, per quanto rispettoso del dolore altrui, oramai pare esasperatoo dalla situazione <{ Devi fartene una ragione, se ne è andata, in un modo.. O nell'altro. }> e lui, che giace appena chino in avanti, con i gomiti puntati poco sotto le ginocchia e il viso posato sulle mani intrecciate tra di loro, ringhia quasi, si oppone nonostante le ore passate in quelle brevi conversazion ia senso unico, realista, Itsuki, ma incapace di perdere quell'ultimo, minimo e remoto, barlume di speranza < Stà zitto. Eiji. Zitto. > il tono è aspro, non lascia adito ad ulteriori parole e per quanto l'altro lo starebbe aiutando in quei piccoli tentativi d'urto di fargli accettare, lentamente, la cosa, lui attende in attesa di un qualcosa di più, perchè quel foglietto piegato tra le mani, quel pezzetto di carta che il biondino, spaventato dal buio là dentro, gli ha consegnato l'altro giorno, non bastano. Per quanto, no, non fanno di certo ben sperare. I capelli sono sciolti dietro di lui, fuori è notte e dentro lo è ancora di più, dire che la stanza è in disordine è un nulla, forse la rappresentazione stessa del suo stato interiore, ma ancora, neanche una lacrima, ancora sembra trattenersi, mentre non è lo stesso per il fu Jinchuuriki, che si abbandona a se stesso, lasciando lì per lì quell'altro all'esterno, da solo < Tsk, fai come diamine vuoi. > non scade nello scurrile, ma il tono è un ringhiare di rimando al suo dire di prima, graffiante e aspro allo stesso modo, restituendo lo stesso astio, in quell'oramai raro essere in disaccordo. Il Chakra è tornato, si è ripristinato al massimo e tra qualche ora sarà il momento di quel protrarre la propria vita, sino ai prossimi dolori, sino alle prossime sofferenze, all'alimentare del suo imminente odio. {Ck on}

14:13 Ren:
  [Davanti al letto] Una camicetta bianca, esattamente come poco fa' - incastrata nella parte davanti sotto l'asola di un pantalone dal taglio ritto, elegante, di quelli con la piega davanti che termina appena sopra la caviglia - lasciando spazio ad un paio di geta bassi, dal cordino intrecciato nero - e degli zori tipicamente bianchi. Una mise neutra, come probabilmente è la sua portatrice in questo momento. I capelli sfiorano i padiglioni, i lobi, rimangono ritti lungo la linea del collo fino a solleticare le spalle coperte da un haori color tabacco dalle maniche larghe, quanto basta per nascondere taschine al suo interno senza dare eccessivamente nell'occhio. Il mansueto intercedere dei passi la rende nota ancora prima che possa arrivare a varcare la soglia della tenda, un ovattato avvicinarsi che si trascina dietro la stanchezza di un viaggio che sembra non finire mai. E' una mano bendata di nero ad incastrare sotto le prime falangi il drappo della tenda, tirando fuori da quell'ombra una blanda linea di luce che divide quella momentanea abitazione in due precise metà. Ed al centro c'è lui, una coltre di ciocche nere oramai lasciate a se stesse - un anima abbandonata, l'ennesima sul suo cammine che fino a poco tempo fa' sembrava esser solitario, decorato di ombre. E che ora sembra presentare entità, visi, sentimenti. Non è capace di gestirsi ne gestirli - ma si ritrova obbligata i quei panni. Che siano stretti o larghi, di sicuro, non le si addicono. E da quel lembo di luce fioco, notturno, l'ombra esile di Ren appare; i passi che l'hanno preceduta erano sicuri, eppure, appare con un indissolubile patina d'incertezza addosso. Le mani basse sul ventre, appena sotto il panciotto della camicetta, si sollevano tangendo tra di loro solo i polpastrelli - avendo la cura d'agire come ha sempre fatto nei giorni addietro. Itsuki la guarderebbe con sdegno se sapesse? Probabilmente sì, e la convinzione nella testa della giovane Seimei diviene sempre più solida. Come potrebbe esser degna dell'immortalità di Icaro? Come potrebbe esser degna dell'immortalità dell'Okiya? Le palpebre nivee affogano l'iride color del ghiaccio in una nefasta sensazione di fastidio, o meglio, di inaguatezza. Probabilmente Itsuki avrebbe preferito Tsuki al comando, piuttosto che lei. Probabilmente, avrebbe preferito Kurona ancora in vita senza comprender del tutto il suo ultimo atto. Teatrale e votata alla beltà, alla grandezza. La comprensione non è per tutte le menti e senza dir falsità, Ren stessa ne comprende solo una minima goccia, in un oceano di verità distorte dal pensiero comune. Il collettivo, non è mai stato per Kurona. Le mani giunte hanno un fremito, allungandosi con solo la destra verso una lampada ad olio dalle pareti rossastre e lasciando cedere un minimo quantitativo di chakra di tipo katon sulla punta delle dita, infiammandone l'apice già oliato, probabilmente. Ed è il rosso riverso sulle pareti, quella luce calda - come il ventre di una donna - a darle un immondo fastidio. La pugnala tra le costole, una stilettata che punta al crollo emotivo - ma senza riuscirci. Trema solamente, in modo impercettibile, senza saper assorbire ne esternare questa sensazione fastidiosa. Imbarazzante. Improvvisamente non riesce nemmeno a guardarlo? Che tipo di reazione è questa? Però si muove, come un automa diretta ad adempire un compito. Un cenno basta al suo seguito per capire di aver bisogno di spazio, in un momento del genere. Ed allora Pomyu stringe le labbra, infastidito, rimanendo appena fuori quello spiraglio di luce lasciato morire proprio dopo le spalle della donna. Mani che si congiungono al centro delle cosce quando questa si genuflette davanti a lui, e sembra che il disastro non esista attorno. E' solo un circondario e sembra non esserci - come se l'unico protagonista rimasto di questa tragedia fosse proprio quel "Corvetto" dagli occhi rossi e stanchi. L'essersi consumato è palese e la pietà l'attanaglia, mordendole lo stomaco. < Itsuki... > Il tonfo sordo delle ginocchia sul tappeto sotto il letto diviene un entità inesistente, andando ad assumere una posa retta. Rigida. La posa di chi ha il tempo limitato e te lo sta dedicando con una minuziosa attenzione. Nonostante, a conti fatti, non riesca nemmeno a guardarlo in faccia. E' un viso pulito, quello di Ren. A differenza di Kurona, è impregnata di una bellezza acerba, che non ne vuol sapere di fiorire. Una bellezza atipica, probabilmente. Dai capelli color corallo e lentiggini come costellazioni, d'un color caffelatte, che solcano il setto e si sparpagliano tra gli zigomi e il mento in piccoli nei sbiaditi. Le labbra si aprono, ma ad uscire non sono parole, è solo fiato. Svuota la cassa toracica finendo per rinchiudersi nelle spalle minute, finendo per adagiare le mani sui lembi dell'haori che ora circondano la sua piccola figura, fino a coprirle i piedi rivolti con le punte verso l'interno. Le terga adagiate hanno di che assestarsi tra i talloni, finendo per lasciare che il fiume di parole da dire morisse lì, nell'antro della bocca. Cosa dovrebbe dire? Con quale cuore spegne l'ultima stanca fiamma che lo tiene legato con i piedi per terra? La sensazione di recidere un filo che già fragilmente lo teneva eretto si completa in uno scenario distopico, nella tenda sottosopra, nei molteplici kimono, haori e obi - che rimangono gonfi e disordinati. In tutto quel casino, l'unica cosa che manca per certo - è una delle giacche di Itsuki, che Kurona s'è portata dietro, incastrata perennemente in un fuuda nella tasca del suo kimono migliore. Quello decorato a mano, bianco e oro, che ha deciso di vestire nel giorno della sua morte. Lo sguardo di Ren si scosta, si posa debole sull'armadio sotto sopra, dando a quel circondario, solo la misera attenzione di chi sta vedendo crollare la realtà. Granello dopo granello. E chi, se non la nuova comandante delle Geiko, poteva incontrare Itsuki? < So' che non ti va' di ascoltarmi. > E' una consapevolezza insita, radicata. Dove per mero istinto di sopravvivenza si suppone, forse erroneamente, che Itsuki preferisca viver con un felice dubbio - invece che un amara verità. O forse Itsuki è il degno allievo di Kurona, e nelle torture subite - ha compreso l'essenza della Bianca abbracciando il dolore come elevazione assoluta dell'anima? Ad ogni modo, lo sguardo vitreo della Seimei, si lascia occultare dalle ciocche aranciate - come fili di seta traslucida - mentre riposa il capo alla volta della spalla cercando tra quei lembi, i ricordi della donna annidati nei meandri della propria guerra. Tra falsi ricordi e verità nascoste a se' stessa, c'è anche lei. Ora vive, se così possiamo metaforicamente dire, nelle gesta di Ren. Immortale una saggezza che non le appartiene, ma sembra volerle sussurrare all'orecchio quali direzioni prendere. E quali, invece, abbandonare. < Ma tu, sai chi è Kurona? > Nel silenzio che preferisce mantenere, una domanda si fa' grave. La conosci davvero, o sai solo di amarla? Non allude a niente, il tono piatto permane un filo di voce che non si fa' carico d'alcuna inclinazione di sorta. Anzi. Sembra esser il preludio di un tributo, un modo per spiegargli l'importanza che ha, quella donna, per lei. Una storia triste e simbolica, al tempo stesso. [ck on]

14:59 Itsuki:
  [Tenda Kurona] Il respiro, è la costante presente là dentro, l'unica cosa che assieme al dolore è praticamente tangibile, un silenzio immondo che riempie l'aria dopo quell'ultima espressione divergente nei confronti dell'altro, non un fiato in più del dovuto, lento vien scandito il tempo in quel voler attendere di più, in quel voler aspettare che la verità giunga da sè, senza allo stesso tempo cedere del tutto al peggio pronostico. Certo, è inutile oramai illudersi e cercar di essere estremamente positivisti, ci si può far più male del previsto, in quel modo, ma quell'uno percento dentro di lui, anche se flebile e oramai tremulo, come una fiamma accesa in alta montagna, priva della speranza ad alimentarla tanto da rischiar di spegnersi del tutto, ogni minuto che passa, ogni straziante secondo in più. La aspetta, attende la Seimei che gli ha scritto qualche da oramai qualche ora, senza più essere in grado di decifrare del tutto le sensazioni dentro di sè, un groviglio oramai insensato e sin troppo attorcigliato, distorto e contorto in quell'eccessivo rimuginare, in quell'ostentato sperare, qualcosa che oramai non può esser districato, un'ammasso nero come la pece che riflette perfettamente il suo stato d'animo, un buco nero scarabocchiato e dai contorni frastagliati, che assorbe tutto quello di positivo che poteva esserci, trasformandolo lentamente in odio, sofferenza e tutti gli oscuri annessi. Passi, sono dei passi lignei, qualche centimetro che quasi potrebbe scambiarli per dei tacchi un pò più alti, seppur è tutta una concezione, sensi affinati ed in allerta oramai da sin troppo tempo, ma abbastanza affinati nel tempo per distinguere che è una camminata un pò più femminile di quella de ragazzino biondo della missiva, ma non illuderti, la mente è crudele e se è il cuore a soffrire, lo diventa ancora di più, tanto che in quel notar un bagliore rossastro nascere lì fuori, attraverso qualche pertugio del lembo spiegazzato che funge da porta, lui si scompone un'attimo, sgrana gli occhi ed allo stesso tempo il viso si scosta dalle mani tra di loro intersecate, andando a schiudere appena le labbra. Una figura minuta, un'ombra che si staglia sulla tenda, entra poco alla volta lui trattiene il fiato e quasi gli pare di vedere Lei, seppur è inutile dire che sia tutto un miraggio, è finto quel bagliore di capelli bianchi, è fittizio uno dei suoi tanti kimono, non sono veri quegli occhi rossastri nella quale poteva perdercisi per minuti, tutta una falsa riproduzione della psiche che altro non farebbe che giocargli un brutto scherzo, una speranzosa allucinazione, chiamatela anche così, ma dopotutto è plausibile, visto che è quasi una settimana che permane, lì, così, abbandonato a sè stesso, o meglio, con Eiji. Ma non è attualmente il ruolo dell'altro che ci interessa, ritiratosi per tempo per lasciar Itsuki in preda al suo dolore, senza volersi accostare ulteriormente a quei sentimenti, non ora, non oggi, sembra lontano ed irraggiungibile per ora, messo da parte così come Pomyu lì fuori, lasciati da soli, lui e.. Beh, un'altra lei, ovviamente. Cosa ti aspettavi, Itsuki? Gli occhi si chiudono per qualche istante, l'immagine della candida Geisha se ne è andata, svanendo chiaramente al suo palesarsi del tutto all'interno del luogo, quasi un rispondere d'istinto, un meccanismo di difesa calare il sipario sulle rosse, seppur non è solo dalla figura della Seimei, che vuol rifugiarsi, bensì più dalla luce, che senza troppe pretese ha seguito chiaramente la ragazza, andando ad invadere di un rossore caloroso la tenda, risultando comunque fastidioso ai suoi occhi, abituati al buio di questi giorni Lascia andare la testa, lo sguardo si punta automaticamente verso terra ed il uso nome è una sillaba, pesa tantissimo e fà male pronunciarlo quasi come se ogni lettera fosse una stilettata dritta al cuore, un cedere di quella già futile speranza, uno sgretolarsi prevedibile ma al quale non voleva arrendersi < Ren. > è roco il suo dire, tristo ed arrendevole, l'ha già vista, sì, è una delle più fide maiko di Kurona, o forse sarebbe meglio dire era? Se lei è qui, qualcosa è successo e quell'amaro sorriso sul viso di lui, quel tentar di ridere in faccia all'evidenza, quel voler esser più forte, in preda a quei tanto odiati sentimenti, vien tradito miseramente al divenir lucido dei suoi occhi, si trattengono, tutt'ora, ma una patina lucida va adornando quel rosso, che improvvisamente non sembrerebbe più, nemmeno tanto violento. Lei si avvicina, la lascia fare, non risolleva lo sguardo, si piega davanti a lui mettendosi sulle punte e lui permane lì, avvolto dalle ciocche nere che gli ammantano i lati del viso, lo adornano andando a sottolineare l'ombra sofferente e dolorosa, la maschera di uno spettro < ... > non risponde, non si degna di dir nulla perchè lei stessa ha ragione, non vorrebbe sentirla, non vorrebbe ascoltarla e sentirla confermare quel che più teme, quel che oramai è già certo, con la sola presenza di lei, appunto, solitaria in quel palesarsi al cospetto del Goryo, sospira in maniera gravosa, in quell'essere comunque consapevole, razionale e logico, incominciando quell'inevitabile ed interminabile processo di accettazione, di quella morte ad un filo dall'essere palese < Io.. > dice soltanto, assestando la voce che inizialmente si era persa per strada, tremula in quel pronunciar quella sola sillaba, prendendosi una pausa prima di proseguire < Avrei dovuto conoscerla meglio.. Avrei dovuto stare al suo fianco.. > no, non la conosceva effettivamente, o meglio, sì, ma erano passati anni da quando si erano incontrati e sembra ironico, crudele come al solito, il fato che ha deciso di farli incontrare di nuovo, facendo sbocciare qualcos'altro, concedendogliela per poco più di un mese, per poi strappargliela un maniera cattiva e senza dirgli nulla, così, con la stessa rapidità con la quale è scattata quella scintilla di un'amore oramai spento, prossimo a diventare la sua netta contrapposizione. Puro odio. Sono sempre più lucidi, quei rossi, ma ancora non la guarda, ancora permane lì così con le braccia poggiate sulle ginocchia, le mani intrecciate tra di loro poco oltre le ginocchia, la voce è seria e triste, ma si contiene da quel lasciar che si rovini del tutt < E invece.. > così come si trattengono le lacrime, se piangerà, piangerà in silenzio, quasi fosse la derivazione diretta dell'aver processato in maniera infinita quel dolore in questi giorni, presente, ma privo del motivo per scaturire sin da subito in una dramma sentimentale. Certo, la cosa è però indubbiamente delicata, ma starà a Ren, in quel doversi muovere cauta, come sul filo del rasoio, comunicare quella notizia nella miglior maniera possibile. Per quanto... Può esserci una maniera migliore per comunicare la morte di chi si ama? Non penso. { ck on }

16:54 Ren:
 Ingiusto, triste. Il fato miete e dona amore adempiendo a scelte randomiche o accurate? Lei per prima non saprebbe veramente rispondersi, andando a cercare rifugio nel drappo setoso di un haori vermiglio che pende, esanime, dal bordo del baule di Kurona. Deve esser stato estenuante attendere, Itsuki. Ma credimi, lo è stata di più vederla sfilare su quel patibolo andando in cerca del punto alla sua storia. E solo per poi ambire a dei punti di sospensione, forse. Solo per poi mirare all'immortalità, nella sua parafrasi più romantica, attraverso occhi e bocca di qualcun'altro. E lei lo osserva, lo strascinarsi di parole che vogliono scandire concetti rilegati tristemente alla perdita più grande, solo la prima di molte nelle nostre fragili vite. La parte più severa di se' vorrebbe urlargli contro, dirgli che era stato avvisato, che ci aveva provato almeno - ad avvisarlo. E che forse, avrebbe dovuto tenerlo in conto, data la loro inclinazione verso il perire. E' la vita di un ninja. La vita del grande combattente. Le sopracciglia fini, aranciate, disegnano una pieghetta pigra mentre lo ascolta - il suo desiderio di averla conosciuta meglio, meglio di chiunque altro. Il desiderio di esser rimasto con lei fino alla fine. Che stupido, Itsuki, davvero l'avresti voluto? Avresti voluto vederla morire, quello spettacolo della natura che altro non è, che strappar alle mani di chi ama, l'ennesimo fiore delicato. < Io l'ho conosciuta. > Il sospiro rauco che le esce dalle labbra è quello di chi vive solo, cammina solo, mangia solo. Le parole di chi non parla tanto e se lo fa, è solo per rispondere ad eventuali domande. Le ciglia calano, mentre la destra tenterebbe di allungarsi con le nocche verso il suo mento. Supera quelle ciocche corvine, s'intrufola - delicata - così come si coglie un fiore dal suo antro d'insicurezza. Tenterebbe, con dita chiuse in direzione del palmo, d'osservarlo. Sopprimi quei ricordi, non ti appartengono. Non sono tue quelle emozioni. Forse è la coscienza di ciò a renderla invidiosa della geiko bianca - forse, se solo fosse lei, saprebbe esprimere a parole il dispiacere che prova per il giovane Itsuki. < La verità che nessuno comprende, è che era tremendamente sola. E pur essendo sola, e soffrendo per questo, aveva il t e r r o r e di esser amata. > Perchè l'amore ci fa' sanguinare, presto o tardi, inevitabilmente. Fosse riuscita a toccargli il mento, ad alzarglielo con un gesto amabile, pregno di una lentezza estenuante, lo lascerebbe andare di riflesso. Non riuscire a guardarlo in faccia in questo momento è pietoso e lei, non è così sciocca da non rendersene conto. Forse sarà la sua pecca. Forse, è meglio così. Mettere dei muri, invece che abbracciare quegli episodi che - scadenziati - le avviliscono la mente. E quindi la mano si ritira, lo abbandona suggerendogli con quel solo cenno, di non nascondersi da lei, che può comprendere il suo dolore. E l'esodo di Kurona è lì, sulla punta di labbra esangui che si muovono con la disarmante sensazione di voler cullare quell'anima iraconda, distrutta. Mi dispiace, Itsuki. Mi dispiace. Eppure non le esce dalle labbra, anzi - s'issa così come s'è seduta, finendo per muovere i passi sordi sul tappeto, fino al baule della fu Kokketsu; cosa ci può esser dentro, se non tutto quello che è? Che era. Che sarebbe potuta essere. < Sapevi che aveva un gemello? Si chiama Kiryuu. > Dal silenzio, mentre le mani sfilano docili a prender un vecchio kimono di Kurona ed alzandolo dal baule per poterlo distendere, senza pieghe, e ripiegarlo in modo da riavere l'ordine. Almeno lì. Almeno in quell'angolo. [ck on]

17:28 Itsuki:
  [Tenda Kurona] Freddo, caldo, ormai tutto è relativo e la certezza di quell'oscuro presagio è lì, presentatasi sotto forma di una ragazza anonima dai capelli rossi, nulla lo tange e quel torcersi dello stomaco al pensar di incrociare di nuovo la Seimei con lo sguardo, e non Lei, gli fa abbastanza male da tenerlo lì, a fissare un punto impreciso del tatami, a perdersi nella trama che appare offuscata agli che tutt'ora resistono, non cede e non ha intenzione di farlo, per quanto probabilmente succederà, un'instancabile combattente, ma non sempre un vincitore, non stavolta, almeno. Le mani si stringono tra di loro, quasi uno stritolare con le nocche che sbiancano, coperte però dai neri guanti che celano sì e no quell'essere in procinto di rompersi del tutto, di cedere alle crepe che in questi giorni hanno iniziato a far filtrare il buio anche in quel remoto angolo, quel piccolo ritaglio di pace che poteva avere solo con lei, spazzato via così, da un'insulsa malattia, una causa che ai suoi occhi pare solo uno scherzo del destino, una miseria talmente infame da non permettergli nemmeno di esser combattuta, un'insidia, un veleno ingiusto, una debolezza che lei non si meritava, ma alla quale alla fine ha ceduto. Ma la cosa che più gli fa male, probabilmente, è quel non averlo coinvolto. Avrebbe voluto far qualcosa, ci avrebbe provato, ma non aveva idea che quel suo misero sospettare, quel lasciarsi tormentare solo da un dubbio sfumato nei giorni, si sarebbe poi rivelato come truce realtà. Allora, con chi dovrebbe prendersela? Con Kurona? Forse. Con se stesso? Anche. Con nessuno? Sarebbe meglio, ma.. È impossibile. Forse è quel ragionare che non vuol esser sentito, quel rendersi conto ma allo stesso tempo non volersi capacitare del fatto che non aver di fondo nessuno da odiare di preciso, un qualcosa di concreto, che lo porterà lentamente a riversare quell'odio all'esterno, verso tutto e tutti, un qualcosa che dovrà controllare, un qualcosa dal quale è conscio di non doversi far sopraffare, ma è difficile, ora come ora, pensare di resistere ad un qualcosa di così invitante, seppur con le dovute attenzioni, seguendo i moniti dell'altro ritiratosi, tutto potrebbe trasformarsi in una nuova forza. La mano di lei inizialmente vine fermata di scatto dalla sua che andrebbe a contrapporsi in quello scatto di volerla tener da parte, di voler evitare il contatto, ma dopo qualche istante, quella sua stessa mano cade pigra e priva di forze, dopo che lei gli dice che l'ha conosciuta, sicuramente più di lui, lui che è stato privato dei giorni che avrebbero potuto trascorrere assieme, tutto sfumato in maniera così lentamente rapida, un controsenso, quasi come le piccole nubi di fumo della pipa di lei che svanivano in maniera unica, in quella tenda. La tenda, ah, sembra oramai solo un cimitero per quei ricordi, il disordine in giro attesta lo sfacelo, il voler seppellire tutto pur non riuscendoci, così come quella stessa verità che lei gli direbbe pochi istanti dopo aver incontrato lo sguardo di lui, che nel frattempo ha ceduto, lacrime silenti a rigargli il viso androgino, non un fiato, silente quello scorrere salato, non un sussulto, muto dolore che attesta il fatto che se ne è andata, ma nessuno dei due ha il coraggio di ammetterlo ad alta voce, un tacito accordo < Volevo solo più tempo.. Invece ora, per questa manciata di giorni, soffrirò per chissà quanto.. > una breve pausa, il tono è rotto e lugubre, macabro in quelle note che sono abbastanza, non la vede, non vede lei di preciso ed è come un parlare da solo, ridefinendo soltanto ora la figura della rossa, il viso e le lentiggini, non lo guarda i preciso, sembra che non vi riesca per quanto le sue parole suonino sagge ed autoritarie, facendo sì che un'accenno di fastidio, un cedere al nervosismo costringa lui a sollevare la mano destra, vorrebbe essere lui ora a posargli una mano in viso non nemmeno troppa delicatezza, le dita sulla guancia sinistra di lei ed il pollice sull'altra, stringe quanto basta per voler richiamare la sua attenzione, quasi un soffio felino tra i denti, adirato < Guardami negli occhi almeno, se sei venuta fin qui. > e lui non sà, non ha idea di quel lascito nella mente di lei, di quelle emozioni che risiedono nella Seimei, non ne ha idea, pretende solo che lei stessa si faccia carico del dolore che porta, una presa salda che quasi esprime quel rancore indiretto che vien posto nei confronti dell'ambasciatore di turno, che per quando non dovrebbe portar pena, l'instabilità di Itsuki và ben oltre a questo concetto. Le rosse infuocate, lo sguardo è serio e determinato ma ha un sottofondo di malinconico, le lacrime scenderanno ancora per un paio di secondi ma non un sibilo triste, niente di vocale nei confronti di quella tristezza, soffrendo in silenzio in quel suo detestare dei sentimenti, in quel volerli mettere da parte, rimuoverli, ostacoli privi di utilità alcuna, una maledizione forse per l'aver ucciso sua madre e tutta quella gente, colpevole più ai suoi occhi, che a quelli di altri. La lascerebbe, un lasciarle il viso con un che di sdegno, per poi ergersi e mettersi con la schiena dritta quando lei si alzerebbe, portando la dritta in viso a coprirsi il volto e lasciar che le dita guantate si infilino nel crine d'ebano, smuovendolo appena indietro, cercando di mantenere un contegno che non riesce a rimaner saldo, inspirando profondamente < Può darsi.. > è la risposta al fatto del gemello, non si ricorda, vuole ripercorre quei ricordi ma non riesce, non deve, non ancora se vuole iniziare a star meglio, è tutto così contrastante e complicato, così difficile da gestire per lui che è da poco che ha a che fare coi sentimenti, un contenitore ebbro, riempito troppo in fretta sino all'orlo, distrutto in un colpo solo, un colpo secco e deciso, letale per Lei quanto figurativamente per lui < Perchè.. Perchè ha mandato te.. Come è morta.. Dov'è adesso.. > dovrebbero essere domande, ma non suonano come tali in quel ritornare con le braccia sulle gambe, la schiena rimane ritta così come lo sguardo perso davanti a sè, mentre lei piega quel kimono < Voglio vederla. Un'ultuma volta. > sì, avrebbe voluto esserci anche quando quel fiore avrebbe cessato d'esistere, vorrebbe vederla un'ultima volta ma allo stesso tempo gli è dura pensare di veder quel candore spento, privo della sua fascinosa aura, scuote il capo appunto, la voce è rotta come quella di prima, un mormorio sommesso < No.. No.. Dimmi che non è vero.. Che è solo un'incubo.. > non ce la fà ancora, non vuole che sia vero, riabbassa la testa, torna cupo e continua appena scuotendola lievemente, non vuole soffrire, non così, è successo tutto troppo in fretta, sono Ninja, è vero, ma così è tutto troppo, per uno problematico come lui. {ck on}

18:42 Ren:
 Errare è umano, giusto? Eppure errare con tanta millimetrica precisione, toccando l'unico punto che non dovrebbe esser nemmeno pensato - su una persona che, realisticamente parlando, è tanto intangibile quanto l'etere sul lato emozionale... E' da maestri. Forse è la distrazione a permetter tanto ad Itsuki, mentre la mano a mezz'aria aveva tentato di carpirgli il mento in un mero tentativo di consolazione, l'aveva lasciato andare di buongrado, senza imporgli qualcosa che ora come ora sa bene potergli dar fastidio. E lui? La pugnala. Nel peggiore dei modi. E che abbia ragione nessuno l'ha mai voluto metter in dubbio, lei per prima veste i panni della pietosa - trovandosi pienamente a suo agio. E' conscia di sbagliare. Di non essere in grado. E la pelle tesa sotto i polpastrelli guantati dell'uomo finisce per curvarsi pigramente, lasciando che la bocca rimanga chiusa - distesa - priva quasi di colore. Frangenti in cui perde la capacità di respirare, di ragionare, di dirsi menzogne. Qualcuno dice che gli occhi sono lo specchio dell'anima, giusto? E se qualcuno scoprisse l'enorme beffa di Ren? E se qualcuno, per esempio, potesse guardarli tanto a lungo da scorger il profilo di quell'anima martoriata? S'è mentito così a lungo, in quel capo rossastro, da aver costruito un fragile castello di cartapesta sulle macerie di un ricordo volutamente sostituito. A tratti indelebile. A tratti sanguinante. E come la carne si stringe, gli occhi cedono il sipario disegnando ai lati tre gentili rughette. Quelle dei sorrisi, o del dispiacere. E' atroce il dolore che ne viene, le soffia sotto pelle come una ventata di calore che parte dal retro delle ginocchia ancora genuflesse contro il pavimento. Quasi può sentire l'eco della carne aprisi nelle articolazioni basse. E sentirla bollire. Sentirla bruciare. La gola trema, ma non è più quella ragazzina - nonostante senta dentro lo stimolo ad aprire le labbra e chiedere aiuto a chiunque passi lì vicino, di supplicare, di piangere - nonostante questo sia il riflesso - le mani si muovono abili e veloci in pochi, semplici, passaggi. Senza neanche accorgersene ha direzionato il chakra fuori dagli tsubo - lasciando andare un piccola onda d'urto, intangibile. Lascia andare, issa appena i capelli come se fossero carichi di elettricità statica mentre il raiton corre - fiumi agli argini - ricoprendola. Gallo, lepre, drago -- le mani sono furie che cercano una via di scampo dal contatto fisico, dall'obbligarsi. Ma prima di comporre il penultimo sigillo - il chakra che avanza lento verso l'esplosione s'arresta. Le mani hanno un fremito e il mento si sposta violentemente verso destra, cercando di aver un rifugio diverso dall'attacco. Cerca di evadere e ci riesce, senza dubbio, distogliendo il mento dalle sue mani immediatamente, prima che questo possa subire l'onda d'urto del Raiton. E infatti può percepire la tecnica decadere, pigramente. Distanza. Ecco di cosa ha bisogno. <Non farlo.> Mai più? Possibilmente. Ma soprattutto non ora, non ora che ancora non ha capito come elaborare i sentimenti e queste emozioni. Che ancora non ha capito cosa sono. Le scivola di dosso, capace di perdonare - ma non d'archiviare un ricordo emerso tra le menzogne. Le plumbee, corone capaci d'ingollare la pupilla ridotta ad una capocchia di spillo. Incapace. Una stupida incapace, ecco cos'è. Lascia che si distacchi e lei, di contro, gli da le spalle. Non gli risponde neanche e forse, ha deciso di prendersi degli attimi per calmarsi. Le mani tremano ancora - si rendono schiave di movimenti fatti come un guscio privo d'emozioni. Automatiche. Le fa' così come le ricorda e probabilmente, gli togliesse il kimono dalle mani continuerebbe a piegare il vuoto. Il segno delle dita, macchiette rosse sul viso, sbiadisce di li a poco. < Vedi. > ... <Kiryuu fu' il primo ad abbandonarla. Subito dopo la sua famiglia. Però - lui, era diverso. Immagina se una parte di te, divisa dal restante, ti mollasse da solo. E tu lo aspetti. Lo aspetti. Ma quello non arriva...> Cerca di fargli comprendere cosa s'annidava nel petto di Kurona, un petto difficile da dissuadere e sciogliere dall'odio - eppure, è successo. E' mutato. S'è evoluto. E come una farfalla, ha abbandonato la sua nera crisalide per divenire qualcosa di più. Di migliore. Il muoversi silenzioso di Ren, dove solo le cosce si sfiorano tra loro per lasciar spazio ad un fruscio di vestiti e mani, si rivela un impilare di kimono e haori continuo, minuzioso, dandogli volutamente le spalle. Forse spera che lui, nella sua intimità, la ascolti. Ascolti la sua storia e la lezione, l'ultima che potrebbe ricevere da quella che prima d'esser sua amante e sua compagna, fu' sua Madre e sensei. Le labbra atarassiche si toccano, badano di non incontrarlo nel campo visivo nemmeno. E le ciocche appena disordinate ricadono lungo il collo - carezzano le spalle basse, lasciando che lui possa fronteggiare solamente la sua schiena. Capo dopo capo. Obi dopo obi. < Penso quella sia stata la prima vera morte, di Hanabutsuji-sama. > Con la differenza che con lei, ha trascinato all'inferno una ventina di persone, tra ospiti e maiko. Ma non lo precisa. Non precisa che anche lei, diede fuoco all'Okiya esattamente come Istuki decise di fare della sua famiglia. O quel pallido riflesso d'essa. Le labbra che si chiudono, lasciando andare la stoffa - lasciando che la roba della sua signora possa rimanere in ordine anche ora che lei non c'è più. Il tremito alle mani rimane, impercettibile nervosismo che le attraversa la spina dorsale e la porta a tenere il capo alto. Fermo. Il collo che si torce piano verso il baule, andando a riporre all'interno le pile di vestiti e obi. < Suppongo non t'importi. > Giusto? Perchè lui chiede della salma, di vederla, di sapere dov'è, com'è successo. Andrebbe meglio saperlo? Lei per prima non vorrebbe pensarci, togliersi quel sassolino dalla scarpa ed andare via. Le labbra lasciano andare un sospiro, smuove solamente il petto mentre le mani spingono il baule a chiudersi con un tonfo secco e alto, lasciando che la chiusura sia quasi automatica. I pollici premono sulle asole, verso il basso, rinchiudendola lì dentro. Kurona e la sua anima. < Non possediamo noi, la sua salma. > E la voce s'inclina dal suo solito esser atona. Quasi come se ci fosse qualcosa, finalmente, in grado di darle fastidio. Forse, attimo dopo attimo, è proprio la presenza di lui. Il suo star male. Il suo tumulto, che vuole toccarla, soffocarla - e quasi, quasi, ci riesce. < Ha deciso lei così. Ha deciso lei il luogo e quando. A Oto. Ed era meravigliosa. > Vorrebbe consolarlo? No, sa che lui non capirebbe mai quelle parole. Sa quanto Itsuki sia fragile, soprattutto ora. E le mani posate sul baule rimangono immobile, lo osservano come se potesse parlare a lui. < Sarebbe dovuta venire Tsuki, da te. Ma Hanabutsuji-sama ha lasciato a me, la sua immortalità. Pensavo di dovertelo. > ... E invece, s'è rivelato esser ben oltre le sue capacità. [ck on]

19:44 Itsuki:
  [Tenda Kurona] Entrambi a disagio, incapaci di gestire i sentimenti seppur in maniera diversa, per motivi diversi, incapaci di metabolizzarli, distanti in quel non riuscir a trovarsi sulla stessa lunghezza d'onda, lei discorsiva e lui distrutto che non vuol sentir ragioni. Lo nota, nota che a quel contatto lei stessa si irrigidisce, nota il comporre dei sigilli così da tendersi di conseguenza, avrebbe appena sgranato gli occhi per poi notarla placarsi, senza curarsi minimamente di prendersi un qualsivoglia tecnica a quella distanza lui, ora vittima di quel desiderio di ricevere indietro quello sguardo, l'ha lasciata andare, ha notato dell'astio e quella stessa reazione meccanica di autodifesa, ha visto tutto, tranne lo sguardo grigiastro che ha richiesto, tranne l'incontro di quelle iridi spente che voleva si riflettessero nelle rosse. Risolleva la testa, un'affronto ai suoi occhi il suo non voler condividere la di lui sofferenza, è giunta con la responsabilità di farsi carico del male di Kurona, ma ha dunque misurato la sofferenza che avrebbe trovato dall'altro lato? Probabilmente no, non in maniera saggia o abbastanza accurata. Non farlo. Sembra quasi un'invito, per la sua indole ossessiva ed ostinata, per quanto ora permane immobile, la osserva, posa nuovamente il viso sulle mani intersecate tra di loro, i gomiti nuovamente puntati sulle gambe, non la guarda per intero ma fissa un punto a terra lì nei pressi di lei che piega gli indumenti orientali e nel frattempo, parla, con un tono sbiadito, un tono secco che non ha nulla di empatico, dovrebbe comprenderla visto che lui stesso era così sino ad un paio di mesi fà, ma non ci riesce, così come adesso andrebbe catalogando quelle parole riguardo il gemello di Lei, riguardo a quella sua prima morte, sono informazioni che custodirà per sempre ma adesso sono messe da parte, adesso è lo sconforto a regnare dentro di lui e quella sensazione di esser rotto, privato di un qualcosa, anzi, qualcuno, così da sentirsi irrimediabilmente vuoto, così come il suo tono ora < A me importa della morte che me l'ha portata via, nient'altro. > suonano amare quelle parole, trattiene il fiato ancora per evitar un singhiozzo, le viscere sono avviluppate su se stesse, il cuore brucia ma allo stesso tempo sembra così freddo da congelargli il petto. No, non gli importa, non ora, ci penserà più avanti quando sarà lucido ma ora di lucidità non se ne parla proprio, scuote appunto la testa in un cenno di diniego in quel ricevere di lì a poco delle risposte non propriamente azzeccate, per nulla piacevoli, la credeva una cosa avvenuta all'improvviso, credeva che era un'attendere l'inevitabile in preda all'ansia, che l'avrebbe rivista, anche se priva della scintilla della vita, invece no, sarebbe potuto esserci, avrebbe voluto, lo avrebbe preferito, l'onore piuttosto che il dolore, sarebbe stato tutto meno traumatico che quell'abbandono in preda ad un dubbio e poco più, poteva essere diversamente, ma sarebbe stato meglio? Gli occhi si sgranano di più a quella risposta, forse non avrà nemmeno modo di posar gli occhi sulla sua salma e dunque la mente andrebbe in fretta a ripercorrere, come se fosse stata costretta, seppur controvoglia, ripercorrendo una quantità spropositata di immagini di Lei, frammenti, ricordi, fotografie mentali, tutto un'insieme che partirebbe dall'inizio, una maestra, la prima a fargli provare del vero affetto materno e dunque una vera Madre, poi un'amante, la prima ed unica in quel cataclisma emozionale che stava avvenendo dentro di lui, tutto scorre in fretta davanti ai suoi occhi, quasi un vorticare in quel volgere la tenda intorno a sè in una visione distorta, in quel cedere totalmente della mente, arrendendosi al fatto di non poter manco posar gli occhi un'ultima volta su quel candido viso, sui lineamenti innevati, ritrovandosi così, sommerso nel bianco, lì in una riproduzione della sua mente, dove almeno potrebbe rivederla una volta, immaginandola. Ed è un venir colto di sorpresa, è un risollevar il viso dalla posa e un raddrizzare della schiena,lo sguardo è perso e distorto, lontano, non c'è più Ren davanti a lui ne le luci buie di prima, c'è un cielo che si estende a dismisura intono a lui, infiniti gigli bianchi intorno a lui che rimane seduto su quella che è una semplice sedia nera, mentre più in là, giace il corpo della Lei che mai più rivedrà. È adorna di un kimono bellissimo, non ha il coraggio di avvicinarsi ma la vede bene anche da lì, la sua espressione è rilassata e sembra abbia trovato la pace, il suo corpo è privo di cicatrici e tiene le mani in grembo, sembra un'angelo, ma se è stato un'angelo ad andarsene, allora ha lasciato un demone sulla terra < Mamma.. Mamma.. > tono è rotto, più di prima, più acuto, le lacrime hanno ripreso a scorrere e le rosse tremano, la vede meravigliosa così come Ren stessa ha detto, per quanto ora la Seimei sia distante dalla sua concezione, eppure è lì, ma non se ne cura. Il dire di lui inizia che pare dolce, contorto sì, ma di lì a poco diventerebbe altro < Perchè..? Perchè mi hai lasciato da solo.. > un lamento, un qualcosa che assieme alla sofferenza in sè, andrebbe trasformandosi lentamente in un che di più rabbioso < Mi sei mancata.. Odio rimaner da solo.. > in questi giorni, da morire, tanto da diventar così, tanto da tingersi di un dolore insanabile, mentre attorno a lui, i gigli candidi inizierebbero a smuoversi, a perdere i loro larghi petali che si scindono diventando più sottili e vermigli, rossi come il sangue come il suo sguardo che si abbassa da lei, la voce è puro dolore, quei gigli continuano al suo riprendere a parlare < Speravo.. Speravo che avresti scelto me.. > che lo avrebbe ritenuto degno per condividere quel dolore con lui, sperava che lei non lo abbandonasse così con più silenzio che altro tra le mani, un silenzio che non riesce a trattenere, in dire egoista e crudele che gli vien come strappato di bocca, l'incapacità di vivere senza l'amore provato, senza il -suo- amore e non quello di qualcuno a caso, quel sentimento che aveva una miriade di sfaccettature e lui ha non ha avuto tempo per coglierne manco metà, mentre tutto intorno è rosso, il bianco è svanito ed il cielo stesso si è tinto dei colori di uno scuro tramonto, mentre c'è del nero, del nero dilaga dalla figura di Kurona stessa, stesa più avanti, tingendo quei gigli ragno del nero pece del sangue di lei, quasi dimostrando in maniera visibile quel di lei rifiutarlo, quel di lei respingerlo per evitare di fargli cogliere il dolore appieno, detesta questa cosa e la rabbia dentro di lui è tanta, sarebbe stato all'altezza di sopportare, forse, ma ora non lo sapremo mai, ed esclama a pieni polmoni, alzando la voce in quel lasciar che le lacrime copiose scendano lungo gli zigomi, sino al mento, rovinata la disperazione che tende le corde vocali < Speravo che saresti vissuta PER ME !! > ed è forse la rottura definitiva, il rosso sparisce e vien inglobato dal nero, quel nero stesso che rappresenterà odio e sofferenza nei giorni a venire, sino a solo i Kami sapranno quando, mentre tutto svanisce e si perde nel buio, tornando alla luce rossastra della lanterna nella tenda, al viso di lui che vien gettato tra i palmi delle mani, mentre scuote nuovamente la testa, dopo aver perso quell'ultima parte di compostezza possibile, in quel misto tra detestarla e amarla in maniera compulsiva, un logorio straziante del suo animo < Tsuki, l'altra, te... Non mi interessa, voi non avete niente di lei.. > direbbe con un misto tra il tragico e il risultar veramente meno posato e vagamente più incline alla cattiveria, la quale era solo velata nei suoi gesti e modi, ma oramai sembra parte di quella rottura stessa, una crepa in più, irreparabile < Perchè devo sempre soffrire..? Perchè quando credevo di aver trovato qualcosa per il quale esser felice.. > è finito a soffrire più di prima? Non riesce a dirlo, non completa la frase, cerca di regolarizzare il respiro e riapre gli occhi in quel veder filtrare la realtà attraverso il nero tessuto che ammanta le dita. Ren? Al momento c'è e non c'è nella sua testa, Eiji? Tantomeno, osserva in diparte, ma tace. E quella dell'immortalità? Una cosa troppo distante e vaga nella sua mente per indagare a riguardo < Tu non mi devi.. Nulla.. Non sei nemmeno capace di farti carico della sofferenza che porti con uno sguardo.. > no, non l'ha dimenticato, se questo pensavate, ed è nuovamente un dire di astio, di disprezzo il suo, in quel voler fargli capire che anche se glielo deve, come lei crede, lui non accetterebbe probabilmente. Povera Ren, non ha nessuna colpa in sè, se non quella di esser problematica almeno quanto lui, e sommare problemi ad altri problemi, non è di certo la mossa più adatta. { ck on }

20:28 Ren:
  [Tenda] Simili, forse. E tutto quel dolore appartiene ad Itsuki come una perla preziosa e da custodire gelosamente. Ren dal suo canto bada bene a girarsi verso di lui, anzi. S'osserva le mani, a palpebre calate - pensando sempre, costantemente, alla stessa cosa. voglio tornare a casa. Non sono pronta. E chi, chi, ha detto a Kurona che lei sarebbe stata pronta per questo? E chi, ha detto ad Hanae che sarebbe stata abbastanza forte da sopportare quelle memorie? E chi, ha detto ad Ekazu che sarebbe stata una buona compagna? Le dita tremano, falangi affusolate che tiene allungate e parallele al baule mentre lascia che sia Itsuki ad aprire la valvola di sfogo, prendendo le sue debolezze e sgretolandole per un semplice, infantile, capriccio. La verità? La verità è che a Itsuki non interessano davvero delle risposte. Non vuole davvero vederla, non vuole baciare la sua fronte fredda e toccare mani immobili. Non vuole nemmeno sapere i dettagli della sua morte. Ne' tanto meno il fatto che sia stata lei l'artefice di tutto. Ne la verità sotto a tutte le sue scelte. E guardando i metacarpi fremere, tra terrore e impazienza, realizza di lui - il desiderio d'aggrapparsi a qualcosa per lasciarsi andare alla furia. Una furia che del resto, farebbe parte del lutto. Così l'egoismo. Così la tristezza. E lei, da anima pragmatica, issa ambo le mani cercando di cogliere tra i polpastrelli scivolosi l'ennesimo bottone della camicia. Cerca aria, perchè improvvisamente le manca? Le guance pigramente arrossate, dove la costellazione di efelidi si rende piano diffusa e meno marcata - va' man mano scemando mentre si approssima allo spiraglio nella tenda, cercando l'ossigeno che manca. Cosa succede? < ... > La man destra si appoggia allo stipite, arricciando un lembo della porta tra le dita - lo stringe tanto da farsi sbiancare le nocce da quel solito naturale rossore. < mi - dispiace - > Lo respira e lo sussurra, mentre cerca di calmar i nervi e muscoli attualmente impazziti. Un filo di voce appena udibile. Quasi impastato tra le labbra. Come un ragnetto e la tana infuocata, cerca i modi per fuggire in modo onorevole dalla situazione. Le basterebbe girarsi, donargli lo sguardo che vuole. Basterebbe poco. Almeno guardarlo in viso. Il profilo affilato, annegando tra le ciocchette lisce che le rigano la guancia - si scosta appena alla sua volta. E lui piange - un silenzioso ed iracondo urlar fuori dalle corde vocali delle imprecazioni alla volta di qualsiasi cosa abbia potuto mettersi tra lui e la sua amata. E' comprensibile. Teoricamente. Per il solo riflesso di quelle visioni che si susseguono in un moto violento quando solo tenta di guardarlo. Come se volesse ricordarle, la bianca signora, che le ha regalato tutto. Tutto quello che di più prezioso possedeva. < Ti sbagli. > [ck on]

21:21 Itsuki:
  [Tenda Kurona] Lo sfogo mentale è necessario, quella sorta di illusione venutasi a creare dai semplici sentimenti, quel qualcosa che ha visto e che custodirà gelosamente dentro di sè, probabilmente per sempre. Lei è ancora lì, non si è mai mossa e non se ne è mai andata, le manca l'aria e lui stesso, con il fiato tremulo ed il fiato spezzato da solo un paio di singhiozzi, accoglie quel suo dispiacersi, ma per quanto suoni sincero e sottolineato, a lui giunge distante, a lui non basta, sembra il tentativo di tappare una diga distrutta con un cerotto, al cospetto del suo animo dilaniato e straziato. Troppi sentimenti, troppe cose tutte in una volta, aveva appena iniziato a comprendere quell'amore, una sola virgola di quel'interezza, quando tutto gli è stato ingiustamente tolto, dal tristo destino che nessuno guarda in faccia < Non è vero. > è il suo tono che sembra essersi ricomposto, le lacrime si son placate e lui nel mentre si alza in piedi, è triste come ogni parola sembri sbagliata in situazioni simili, anche le più leggere e sincere, smuove giusto un paio di passi in avanti, ma si ferma sul posto, per terra c'è uno degli infiniti orpelli che utilizzava Lei per decorarsi i capelli, per trasformar la sua chioma nella meravigliosa cornice di un viso del quale dovrà privarsi per sempre. Lo prende dentro con la punta della scarpa, lo sguardo si abbassa e finisce lì su quel decoro, sul gingillo nel quale si perde, incapace di sfuggire a ricordi ed emozioni, sforzandosi con tutto se stesso in quel voler reprimere quegli inutili e fastidiosi sentimenti, mentre lei, lei invece sembra riuscirci sin troppo bene. Ed ancora non lo guarda, ancora evita di farlo del tutto, di puntare gli occhi in direzione dei suoi, di trovar un'incrocio di quelli non solo rossi nelle iridi, ma vagamente arrossati dallo sfogo, così come le corde vocali scaldate dall'alzar del tono, per quanto ora tutto sia ridotto di nuovo a delle note roche, poco più di un mormorio < Dimostramelo allora. > sono le sue parole che susseguono, si sgranano gli occhi in quell'accenno di follia, in quel sollevar la testa, adirato dal fatto che lei che pare così distaccata ed atona, così incapace di flettersi alle emozioni come lui, lui che vede come una forza il ritrovare quel che era nella Seimei, ed il tutto alimenterebbe ulteriore rancore, mentre nella testa non fanno altro che ripetersi infiniti perchè, il tutto fino a quando, in quel sollevare della mancina, senza bisogno di sigillo alcuno, andrebbe risuonando una sola ed unica domanda, un dire al quale lui stesso non riesce a resistere, lo sguardo infranto e perso in un nuovo accenno di una convinzione, di un bisogno, di un'ostentato voler mettere da parte la propria sofferenza, diventando ancora più dipendente da quella altrui di quanto già non lo era prima < Perchè non soffri? > e nel mentre che il chakra starebbe mischiandosi al sangue dentro di lui, ecco che verrebbe veicolato tramite la propria abilità proprio in direzione di quella mano pigramente sollevata, appena protesa in avanti, mentre quella bozza di ideale, quel meccanismo di difesa assoluto, prendeva una forma ben precisa: se lui non vorrà soffrire, saranno gli altri a soffrire al suo posto. Il Chakra misto a sangue permane lì sul posto, va a richiamarne dell'altro che invece viene indirizzato al centro della propria mente, irrora i recettori e così andrebbe attivando in pochi istanti la propria innata, un cambiamento drastico che conosciamo nel crine, gli occhi diventano violacei, l'energia avrebbe finito di accumularsi e mischiarsi nella mano, un prepararsi metodico che però andrebbe prima nei confronti della corretta attivazione dell'innata, poi ad attuare la tecnica in sè. Non dovrebbe trovarsi ne troppo distante ne troppo vicino da lei, un ritaglio di una membrana elastica dovrebbe scattare in direzione della Seimei, rapida nel tentativo di andare ad avvolgerla, e di stringerla impedendole i movimenti, lì dove si trova sul posto, con quel tendersi appena in più della mano, come a voler accompagnare quel crearsi della prigione Goryo, mentre Eiji vien forzatamente messo da parte, per quanto se ne sia chiaramente accorto del risvegliare l'hijutsu, un cenno risuona nella sua testa, vaga sorpresa da parte del Kagurakaza che vien tenuto al suo posto con un sibilo di silenzio nella propria testa <{ Itsuki, ambasciatore non porta pena. }> uno dei vecchi più detti del mondo, per quando parli la personalità di quello che non ci andava leggero, come quella da Ame, tempi passati che ora non contano, si alza la mano che avrebbe dovuto dar vita alla tecnica < Shhht.. > ora è ad alta voce il suo sibilare, vedendo poi di andare ad avvicinarsi ad una presunta Ren, costretta dalla tecnica, controllando per far sì che proprio gli occhi vengano lasciati scoperti, permettendole di vedere < Tranquilla, Ren.. Non ti farò del male.. > vorrebbe passare il dorso delle sue dita su di una guancia di lei, passarla su quella carnagione diafana in contrasto coi capelli, un tocco leggiadro e vagamente impreciso, il tono di voce che è uno dei peggiori, suadente ed invitante, un vago tentativo, atto solo a rendere più chiaro che forse, anzi, probabilmente è tutta una menzogna. Vuole vederla soffrire in preda alla verità, così come lui ora, che ha solo scorci della verità che gli interessa ma che allo stesso tempo si nega. Vuole che ricambi quello sguardo, un gioco, una sfida sfuggita di mano mai dichiarata ad alta voce. Ci prova, ma forse non riuscirebbe nemmeno in quel bloccarla e carezzarla, dopotutto le maiko di Kurona, non erano di certo le prime che passano per strada.{ Goryo II 2/4 - Claustrophobia 2/4 - Ck 46/50 PV 98/100 - Nin 125 - Velocità Jutsu 125 - Resistenza Jutsu 66 }

22:31 Ren:
  [Tenda] E lei i kami solo sanno quanto effettivamente sia vero; Itsuki sbaglia terribilmente nel pensare che lei non lo abbia scelto, che lei abbia preferito la morte. Allora, se non lo avesse scelto, perchè cercare di prepararlo? Perchè avere il desiderio di far l'amore - invece che parlare di sciocche nefandezze com'è la morte? Neanche Ren si capacita dei sentimenti della geiko, e neanche lei, come lui, può veramente comprenderla. Eppure, senza nome e senza forma, riesce a percepirlo chiaramente. Come un disegno astratto ma con bordi ben nitidi. Le palpabre scivolano ad occultar quegli anelli argentei, un denso color della luna che si rifà agli opali. Chiaro e pieno di ombre scure. Screziato da sfumature biancastre e d'un grigio blu. Ora ha bisogno di fuggire. Di lasciare le mura della tende, del villaggio, rinchiudersi al buio - in una grotta - e star per giorni a sospirare con la testa nascosta sotto il lenzuolo. Quando esattamente è diventata tanto adulta da sentire questo tumulto distruggerla? Le mani smettono finalmente di tremare, abbandonano il lembo di tenda bloccato tra i polpastrelli per riflettere a far altri movimenti automatizzati. L'haori che le coccola la figura ora ondeggia, mansueto, accompagnando le mani a stirare i vestiti in piccoli, nevrotici, scatti. Il rossore sul viso riveste l'affanno che dovrebbe avere una donna solo sotto le lenzuola - e le labbra che vanno schiudendosi, in piccoli mielosi respiri. E lui, ora, non è forse il suo riflesso? L'affanno lo consuma, con la gola in fiamme per le urla. Forse è anche solo vederla che lo irrita. Se è così, perchè allora continua a rimanere lì con lui? Quando è sul punto di comprendere di dover andare via lo vede muoversi, alzarsi dal fondo di quel letto - come l'ombra di se stesso si trascina di qualche passo e la pone sulla picca. Se solo fosse il boia, il nostro Itsuki - lei sarebbe consapevole d'aver già la testa scinta dal collo in breve tempo. E l'ambizione brucia, non è vero? Senza neanche saperlo ha creato l'ossessione. Il capro espiatorio dell'odio, di quei fiori bianchi che sbocciano con un cuore tinto di rosso, come il sangue della Seimei. E poi nero, come il sangue della Kokketsu. La mancina si solleva a spostar una ciocca dietro il padiglione auricolare, lasciando che siano i capelli ad oscillare con una dolcezza disarmante. Lo osserva, o meglio, ne osserva le mani tenendo quella coltre rossastra a nasconder metà dell'iride plumbea. Come un dono che non vuole esser ceduto, ma non per capriccio. Non riesce. Anche volendo renderlo contento. Dargli quello che vuole. Non riesce. Le dita si stendono nei primi attimi - dove l'aspetto Goryo muta, perde l'essenza di Itsuki mostrando quell'aspetto che Kurona, per pochi attimi, ha amato follemente. Il bianco latte dei capelli. Gli occhi viola. E quasi nel petto sente un tumulto tradotto irroneamente come una fitta di dolore. E la destra di riflesso lo stringe, cercando di fermarlo. Smettila. Smettila di battere. Un aritmia improvvisa, certo, ma dovuta a cosa? Un immagine disegnata nella testa, annebbiata da filamenti distorti che rimangono come un sottofondo alla visione delle sue mani che si spostano. Allora sono le leve a muoversi, una scintilla nella luce rossa della tenda - ed un colpo d'aria che si scansa, fatta a fette da una donna dai lineamenti affusolati. Mal distinti. Androgina, per certi versi, quanto basta da non regalarle nessun tipo d'attrattiva. Un soldato, ecco cos'è. Un ottimo soldato. Le gambe appena allargate finiscono per alternarsi, destra e sinistra, scaldando i muscoli ricoperti da una retina di chakra del tutto normale e non certo alimentato da uno stato d'allerta. Ben al di sotto delle sue capacità, più per tempistiche - che per altro. Prima ancora che possa Itsuki vederla muoversi, potrebbe avvertir il calore di quel petto sterile al centro della sua schiena. Il respiro non sa' di agrumi e zucchero, anzi. Ha il retrogusto del tabacco e delle note di gelsomino mieloso. Latte e miele. Un solo respiro e nella sua testa, nella testa della rossa, sembra fermarsi il tempo. Agisce. Non pensa. Agisce per sopravvivere e non certo per fargli del male, non davvero. E sposa l'ideale di non esser degna di /Lei/ - ma anzi, indegna d'averla servita. Indegna di vivere ora, che non ha più dei comandi a cui rispondere. La destra alza appena il gomito, sopperendo la differenza tra lei ed il corvino, issandosi appena oltre la spalla. L'avambraccio lo sfiorerebbe solo per qualche frazione di secondo, prima d'impugnar nel palmo la coda dei suoi capelli. Non una ciocca. Non disordinata. Li prenderebbe tutti - o meglio - ne prenderebbe la maggior parte stringendo l'intero crine all'interno di un palmo chiuso a pugno, facendoli scendere setosi oltre il cerchietto creato naturalmente tra indice e pollice. Lo tirerebbe di poco, senza eccessiva violenza. Punta a colpirlo... Alle spalle? Forse facendosi vanto d'una sorpresa. Di una vicinanza inaspettata. O forse solo della situazione, a trecentosessanta gradi. Lo tirerebbe quel che basta per aderire alla sua schiena. Non una fuga. Non uno spazio mancante. Le labbra, come velluto, scivolerebbero piano verso la spalla sinistra - la stessa. Un punto tra la spigolosa curvatura e la scapola. Lo assesterebbe con tutta la forza che possiede, a discapito di fargli sentire un minimo di dolore. Neanche volesse schiacciarlo. Sottometterlo. Fargli capire il perchè, il perchè non può assolutamente guardarlo in faccia e rimanerne indenne. Non è lui, il centro del mondo. E lei, non è Kurona. Lei non le conosce quelle sensazioni e attualmente, non si sente nemmeno in grado di comprenderle. Solo se fosse riuscita - e solo a quel punto, issando il mento da lui lascerebbe andar un lieve verso di sforzo. Il sussurro di un gemito che le nasce e muore tra le labbra. Un corollario di emozioni che non sanno riflettersi. E quì, cade l'ennesima menzogna d'Itsuki. Ren? E' capace di provare tutto quello che provi tu. Solamente, sul suo viso, non compare niente. Non una ruga. Non un sorriso. Non una lacrima. Come se il suo cervello fosse incapace di comunicare con la nervatura del suo viso. Ed il respiro affannato centellina, ora, artica. Il suo esser atona le gratta la gola in un sussurro flebile che rimane rivolto al lobo di Itsuki, appena più sotto. Qualcosa da condividere solo con lui. Un piccolo segreto. O forse qualcosa che non va' detto ad alta voce. < Non sono. Io. Il tuo nemico. > Bada bene, Itsuki, a chi rivolgi le tue furie. Ed ora che si sente al sicuro, alle sue spalle, abbassa appena lo sguardo sul lembo di pelle scoperto dallo scostarsi dei capelli. Prendendosi un attimo. Perdendosi, affogando, invidiosa di quei ricordi della Bianca. Sono attimi che non le lasciano nulla di suo, anzi, la rende ancora più ritrosa al volerle provare sulla propria pelle. O forse no? Lascerebbe andare piano i suoi capelli. Così come si scosterebbe dalla sua schiena. Lo priva di se, ma, piu di tutto. Nega totalmente lui, a se stessa. < Condoglianze, Itsuki. Ricorda che l'Okiya -- rimarrà per sempre casa tua. > Ad ogni modo. Anche dopo questo comportamento, Ren, è capace di perdonarlo come se fosse la più caritatevole delle donne. Si fa pregio del suo essere, utopia su gambe che si muove lenta - paradossalmente. Sarebbero i tabi a detronizzarla da lui, lasciandolo al gelo. Privo di ogni calore. Di ogni contatto, o almeno da parte di Ren. [ck on]

23:23 Itsuki:
  [Tenda Kurona] No, è vero, non può capire lui e nemmeno lei, non si comprendono nemmeno a vicenda, come potrebbero effettivamente comprendere Kurona? Sfugge, rapida in quel veder mutar l'aspetto di lui, un chiaro avvertimento di qualcosa che lei conosce, ad insaputa del Goryo, il quale la vedrebbe agir scattante per tempo, prima del crearsi del jutsu che avrebbe dovuto imprigionarla, sgusciando a quella membrana in maniera previdente. L'aria è densa, tesissima, lei si muove però scattante e quasi in preda ad un qualcosa che non si addice a quel corpicino piatto e lineare, l'haori danza dietro di lei al suo muoversi ed Itsuki nemmeno se ne cura < Ah, te ne sei accorta.. > direbbe semplicemente, con un che di deluso nel tono, affranto, mettendo da parte il dolore lasciando che i modi di fare più pacati di Eiji stesso vadano come ad ammansirlo, l'espressione ora è velata ma comunque profonda allo stesso tempo, un barlume di follia, la segue con le purpuree andando ad osservare quel suo portarsi dietro di lui, mentre non ha nemmeno intenzione di reagire, non la teme ora come ora e forse vuole vedere cosa è in grado di fare, forse semplicemente è stanco di soffrire moralmente e preferirebbe soffrire fisicamente, non gli importa, non fà più caso a nulla di particolare e nota quasi un baluginio nello sguardo grigiastro altrui un qualcosa che non comprende e nemmeno riconosce, lascia cader la mano quando lei si avvicina e lui è lì con il viso di lato, ad osservare proprio lì, verso sinistra, dove scende quel morso, un morso solo, preciso e sulla spala sinistra, un tumulto al cuore, sente lo stringere dei denti sulla pelle, capisce ma allo stesso tempo non comprende, confuso, come può lei sapere? Non è possibile. Lo sguardo è appunto sgranato, il fiato sospeso, le labbra appena dischiuse < Tu.. > ma non ha nulla di concreto in testa, è solo una coincidenza, deve essere così, ma lì per lì sembra in un qualche modo riuscir a placarlo, seppur momentaneamente, quel suo tentativo di attaccarla - per ora - svanisce, e osserverebbe la sua testa china sull'interno della sua spalla < Stai attenta ai tuoi gesti. > basta quello, non vuole e non può credere che sia intenzionale, dovuto a memorie di Lei delle quali si è fatta carico, secco il tono in quell'avvertirla che stà gettando benzina sul fuoco, ringraziando i Kami che lui non possa comprendere il vero motivo di quel gesto, pur ricollegandolo, senza volersi capacitare che non era casuale. Il tono si è fatto di nuovo aspro, quello di lei è un sussurro invece, ben scandito all'orecchio di lui che lascerebbe andare l'innata, tornando del tutto in sè stesso in quel sentir Eiji, che vorrebbe ammonirlo per l'impulsività, ma è convinto di poter far ben poco, mettendo da parte le proprie parole continuando semplicemente ad osservare, si limita a quello mentre Itsuki non la lascia togliersi di suo, si scosta da quel contatto, pudico o impudico che lo si voglia vedere, si sistema la cravatta, riporta lo sguardo dritto innanzi a sè, guarda verso l'esterno della tenda e sente le sue parole nel mentre che smuove dei passi, dentro di lui c'è odio, dolore, rabbia, qualcosa che probabilmente, in quell'insieme opprimente, l'ha raggiunta, soffocandola e facendogli percepire anche solo una parte di quella sofferenza. Ispira ed espira, il fiato è ancora irregolare, il cuore pulsa e le guance starrebbero iniziando ad asciugarsi soltanto ora, lo sguardo è cupo e quelli d'ebano lo adornano rendendo ancora più scuro e celato, due macchie rosse nel buio che vengono punta su di lei, lì mentre attende sulla soglia della tenda, quella stessa tenda nella quale non ha intenzione di rimanere ulteriormente, non ne ha più motivo < Io non ho più una casa dove tornare, non senza di Lei. > sottolinea chiaramente quell'ultima parola, la evidenzia chiaramente con il tono per quanto suoni distrutto, fissandola in quel voler trapassarla quasi con le proprie scarlatte, guardandola in tralice, lì illuminato dalla pallida luce lunare, quasi rilucenti le righe sul suo volto < Avrò quello sguardo. > è un sfida, oramai, una promessa in quell'essergli sfuggita, in quel non aver avuto modo di soppesare la di lei sofferenza, mentre lei ha visto la sua più grande di sempre, l'ha osservato in quel perdersi in se stesso, in quello sfogo egoista e rabbioso, l'ha sentito, e lei è quasi in debito, agli occhi di lui, per quanto riguarda i sentimenti, per quanto riguarda quel condividere una sofferenza per metà, in quel primo incontro che non avrebbe nulla di giusto, ma che allo stesso tempo sarebbe potuto andare molto peggio, probabilmente. Si volta e senza ulteriore indugio, andrebbe compiendo un paio di passi oltre la soglia, lì dove davanti potrebbe trovare un presunto orso o chissà cosa diamine sia, non lgi importa, lo trova sulla sua strada in quell'andarsene furente, dolorante e ricolmo d'odio, adirato e privo di quella parte di sè che aveva ritrovato, quella sua metà candida < Sparisci. > il tono è lugubre ed imperativo, un'ordine dall'alto del suo metro e ottanta, una mano passa sul volto nel mentre per scostare dei capelli all'indietro, aspettando che quella strana cosa che è Pomyu si scansi anche solo di un millimetro, prima di proseguire, fortunatamente, senza avere avuto a che fare anche con lui, o sarebbe stato decisamente un bel problema. Basta così, ha concesso a Ren di esser risparmiata, ha concesso a lei quella possibilità di non soffrire, stavolta, ma non dimentica quella costrizione della sua mano sul viso di lei, quel fastidio, quel sentirsi violata più che in altri punti, uno sfizio, un'impuntarsi, un bisogno di veder soffrire l'unica che l'abbia visto soffrire così tanto, oltre a Lei. Glielo deve, è questo che pensa allontanandosi e svanendo lungo l'orizzonte, diretto chissà dove, in preda a quell'essersi rotto irreversibile, irreparabile. { end }

23:59 Ren:
  [Tenda] Sembra che la realtà si sia ovattata attorno alle sue orecchie - e mentre lui si scansa, mentre le parla da una botte di vetro - la mancina s'issa a nascondere gli occhi pigramente arrossati da uno sforzo immane. Il controllo, la frustrazione. Se solo Itsuki l'avesse presa a pugni, sarebbe rimasta ferma ad incassare i colpi. Sarebbe uscita con ematomi, ammacchi, ma ne sarebbe uscita eretta come al solito. Lascia che sia lui ad aver l'ultima parola, non sarà lei di certo a strappargliela di bocca. E' probabile che quest'ossessione, la riversi - in futuro - in uno stato psicofisico precario. E già ora un fischio sembra attanagliarle la testa fino ad appannarle la vista. La man opposta istintivamente si tasta la manica dell'haori alla ricerca di un paio d'occhiali dalla montatura sottile e dorata. Il clangore delicato delle astine che si sciolgono dalla presa incrociata per poi esser posati sul setto, avanti agli occhi che si perdono vacui nel buio. L'ha lasciato andare senza dire una parola, di quella minaccia. Di quelle che ha voluto regalarle con tanto astio. Solo ora, a singhiozzi, sembra riprendere a respirare. Neanche Pomyu, nonostante il dubbio di volergli scroccare una sigaretta - anzi, quando Itsuki lo supera sembra prenderlo alla lettera. Pomyu sparisce perchè, per la prima volta, Ren ha l'impulso di voler rimanere finalmente sola. Totalmente. Non una voce. Non uno spiffero. Lo sgretolarsi dell'anima lascia una piccola pulsazione alla palpebra che inevitabilmente - cala nascondendo un iride su due. Che malinconia. Come mai mi sento gli occhi umidi? Come mai non capisco mai abbastanza? La mano libera prende dai capi impilati uno dei vecchi kimono di Kurona, cercando di estrapolarlo dalla massa. Un gonfiarsi in aria maestoso, nascondendosi al di sotto e lasciandosi crollare sul letto. E' immenso per una persona sola. <...> E nel silenzio, nascosta sotto al kimono, le lacrime scendono solitarie e senza lasciare tracce - se non sulle gote. Vorrebbe /Lui/ al suo fianco, proprio ora? Forse anche solo vederlo, la tranquillizzerebbe. Indegna. Pietosa. Sola. "Poi ti ci abitui, sai?" La voce di Ekazu le suona nella testa e, come una passata di spugna, cerca di cancellar il tumulto che sta infrangendo le regole dello specchio. Si vede spezzarsi. O meglio - sente la prima crepa rigarle l'anima puritana. E nella penombra della tenda, si lascia ingollare da questa sensazione. La sensazione di necessità. La sensazione di solitudine. Ed un vuoto incolmabile che la lascia stizzita, con le guance rigate. E lascia che il sonno la mieta, con i vestiti ancora indosso - e un vecchio drappo della Bianca a proteggerla da chiunque. {end}

Si, cioè.

Non commento più di tanto, mi si è rotto il pg, gg.

Pure Ren si è mezza rotta, daje.