L’isola dei morti
Free
Giocata di Corporazione
Giocata dal 09/05/2020 19:33 al 10/05/2020 02:00 nella chat "Bosco della Morte"
[Radura] Inesorabile nera signora, ha osato posarle la mano sulla spalla e fermarne la corsa contro il tempo. Ha sempre decantato controllo, prima ancora della prestanza stessa - ed ora, come una barzelletta di cattivo gusto, è proprio questo a mancarle più di tutto. Più di sicuro, che la forza stessa. Come la fiera orgogliosa, s'è trascinata lontana da tutto e da tutti - lasciando al perimetro di tutta la zona le sue Maiko a tener lontano chiunque non sia ben accetto in un momento d'assoluta fragilità. Orgoglio. Le riempie il petto, anche ora che la pioggia centellina attimo per attimo mentre i piedi nudi sfilano - martire senza giustizia - al centro perfetto di un viale sterrato. E le ombre, tra nubi plumbee e nicchie nere, disegnano dita terrificanti che le si riversano addosso, avide di aver almeno un pezzo - almeno uno - di quell'anima in necrosi. Forse all'inizio di tutta questa storia, s'era permessa di sperare in più tempo, in più spazio, per poter far rivalere quel lato di se' stessa che dopo la nascita dei suoi figli aveva deciso di sopprimere. Ed il nulla ora la abbraccia, come parte di un insieme. E vorrebbe avere quella camminata fiera, vorrebbe avere quel collo affusolato - perennemente teso ad innalzar il mento sopra quello degli altri. Figlia d'arte e sangue - quale tetro quadro per gli occhi di un umanità non propriamente pronta ad accettarne ne la figura, ne tanto meno il verbo. I capelli legati in una treccia a spiga, di quelle che lasciano qualche ciocca in libertà sul mento - hanno uno scossone. Infame malattia. Prende piede dalle meningi e si dilaga sotto forma di tremori costanti, violenti e non violenti - e con un fischio simile ad acufene che le parte da dentro, fino a stordirla. Fino a farle perdere l'equilibrio. Una scena misera e gravida di una pietà mancata da parte di quel Dio che se esiste, credetemi, ha voluto chiuder gli occhi e non agire. Mentre i passi atoni accompagnano la pioggia, quel pallido fiore - intento a scappar dalla sua stessa ombra - si ritrova riverso a terra prima ancora di poter capire esattamente cosa sia succedendo. Un tonfo secco, privo di lamenti, che la vede cadere dai suoi stessi piedi. Non più propietaria delle sue gambe. Che destino infame. E noi che agognamo alla bilancia, possiamo ricrederci solo adesso. Non c'è nessuna bilancia, tesoro. A volte, quelli che abbiamo sempre creduto esser i nostri nemici, i cattivi, sono persone che ambivano a meglio -- e che si sono trovate a cadere rovinosamente in basso. E dov'è la giustizia, in questo mondo? Ciocche color latte che si allargano pigramente, s'adagiano come neve sulla via sterrata dove il tremore dei muscoli oramai - è solo il riflesso di un respiro accelerato che non riesce a nascondere. Sente sprazzi. E questi sprazzi assomigliano ad una cascata che vuole portarla sul fondo - maledetta. < ... > Le labbra si schiudono piano, carpiscono ossigeno, mentre prova a tirarsi sulle ginocchia. Ha il suo miglior kimono addosso, fatto di seta pregiata con inserti d'oro che decorano l'haori e le maniche. Molto simile allo Shiromuku. L'arte, anche oggi, se la trascina addosso come il miglior orpello. Le labbra pitturate di rosso. La pelle adornata dal pallore naturale. Una distesa innevata. E non c'è dolore in queste membra - non c'è più niente se non un ritorcersi di carne che la porta a distorcere improvvisamente i tratti del viso. La terribile agonia riflessa sulle rughe d'espressività la spinge, come la più malvagia delle voci. Prendi il wakizashi. Onora il bushido, geiko samurai. Almeno ora. E quella, cerimoniale, se ne sta nel fodero al suo fianco e solo ora - solamente adesso - porta la destra a cingerne la guardia, tanto da far brillar la base della lama estretta sotto la pioggia. <AAAAAAAAH!> Un urlo che le esce dalla bocca, straziante, lascia che corvi e cornacchie s'issino dagli alberi e si buttino in volo, verso altri lidi. Non è bellissima? L'abito migliore. La spada più elaborata. Il trucco sulle labbra. Non sembra nemmeno Icaro, ora. Non sembra nemmeno quella donna, di tanto tempo fa, che galleggiava tra i cadaveri della baia di Oto. [ck off][wakizashi - testamento - tutte le maiko png presenti nell'area] [> Radura] Eccoci, nel circondario della città Morta. Del villaggio che s'è paralizzato ed è caduto nelle crepe del tempo che scorre per poter risanare ferite troppo grandi. Nel silenzio di quella foresta non v'è alcuno cinguettio, un ossimoro considerando l'appartenenza al Suono. Ma alla fine, è la foresta della Morte, non è nulla di strano per chi la conosce. Camminando sul sentiero i sandali in legno battono sulla roccia che delinea uno dei tanti sentieri presenti. In ciascuna parte son presenti immensi alberi che danno al luogo un'atmosfera tetra e cupa, labirintica. Se solo si cercasse nei luoghi giusti, potrebbero essere trovati più e più cadaveri, segni di battaglie, alberi incisi....L'ennesima serie di testimonianze di qualcosa d'andato, testimonianze che unite ai segnali del presente danno al luogo un aspetto immobile e sepolcrale. Oto, per chi realmente ne respira l'aria, è interamente templio di una religione muta e senza seguaci. Forse una delle ultime testimoni di ciò che era il mondo ninja prima di schiantarsi con il potere supremo di chi ha portato la pace. E' tutto immensamente triste, in certe ore. La sera cala lasciando alla luce ultimi respiri e contemporaneamente la pioggia rende ogni cosa più densa, persino l'aria. Il promontorio che circonda il paese può esser intravisto da qualsiasi alto piano, a tratti possono esser intraviste alte rocce che caratterizzano il perimetro del luogo. D'un tratto, nel proprio cammino, un suono si leva all'improvviso e tanto improvvisamente sparisce; segue immediatamente l'alzarsi d'una colonna di polvere trasportata dal vento, che segue L'Insonne con lo stesso silenzio d'un fantasma. Quel suono lo porta ad affrettare il passo, con uno sbigottimento istintivo, realizzando la potenza di quanto ha appena potuto udire. Ancora non s'avvede di lei, ma questo è tanto basta per avere un brivido sul corpo. Non si tratta soltanto di dolore fisico. E' un frantumo dell'anima, la rottura d'una tazza che appartiene a chi non sarebbe potuto essere nuovamente rotto. La Lumaca dal profondo dello spirito si desta, curiosa delle intenzioni dell'Immortale, producendo un suono che risuona affine soltanto alla propria mente "Perché qua, umano?" Contemporaneamente al richiamo di quell'entità primordiale, l'Insonne s'avvale e riconosce la presenza tra le ombre di diverse geishe. Prima ancora di poter essere approcciato o di dar modo che parole vengano pronunciate la mano sinistra s'abbassa ad una sacca legata sopra l'obi per mostrare di sbieco l'anello della Tigre bianca dell'Akatsuki. Qualsiasi uomo nelle cinque terre riconoscerebbe quel simbolo, figuriamoci chi ha avuto occasione diretta d'investigare al riguardo. Dovrebbe passare senza difficoltà, e in un impulso goliardico decide di metter l'anello non nella sacca ma al medio destro, come se volesse rendersi riconoscibile agli occhi di una vecchia conoscenza. Prima di raggiungere una posizione dalla quale sarà notabile la propria presenza, alza nuovamente la mano, questa volta ad Hanako. E' un ordine silenzioso: non seguirmi oltre questo punto. Certi spettacoli son troppo belli e brutali per essere mostrati ad un'anima ancora soggetta a mutamente convulsi. Kurona ha raggiunto un livello d'evoluzione tale che la sua metamorfosi sarebbe incomprensibile, come il suo dolore. E far assistere terzi a questo evento sarebbe come condividere il più raffinato sakè con un astemio. Sarebbe un insulto alla bellezza di questo istante, di un'immemorabilità non mai provata. "Nulla ci rende più vulnerabili della solitudine, Rokubi." Pronuncia quelle parole in un flebile sussurro, che anche da informe potrebbe giungere come un mucchio di parole insensate all'udito della Kokketsu. Il mondo ha creato un'opera d'arte magnifica, una tela abusata ancora ed ancora fino al renderla quasi completamente irriconoscibile, uno spettacolo macabro ed impressionista: questa è Kurona. Lasciarla andare in frantumi da sola sarebbe la cosa più crudele che mai potrebbe fare, e l'Insonne...sarà un po' un ossimoro, ma non è tanto crudele. Le mani scendono sui fianchi, con i dorsi ben coperti dallo yukata viola indossato, gli occhi color oro finalmente potrebbero scrutare uno scenario che per il mondo sarebbe ispiratore di pietà, ma per lui d'arte. Lei è uno dei prodotti più raffinati del mondo ninja, alla fine. "Fossi tu nata ora, io ti chiamerei Chi." è un riferimento infinitamente sottile, tanto dal non aspettarsi d'esser riconosciuto. Eppure, lo pensa davvero. Lei è sangue. Che tiene in vita l'estetica di questo mondo. E' essenziale, nella vita e nella morte. { chakra on } {hanako lasciato indietro} { 1 coltello/tonici/fuuda vari} [Sentiero] Proprio mentre le ginocchia si levano e lei riesce a rimanere genuflessa - che una fitta risale lo stomaco, lo spacca in un rivolo bollente che le sporca la parte interna delle labbra di un nero pece, solo un ombra che rimane lì - che non si palesa ancora se non con un espressione afflitta. Aveva così tanto da fare. Aveva così tanti progetti da portare a termine e ricostruire - ma no, con il rimpianto non si arriva da nessuna parte. Anzi, con lo spetto di un sorriso sulle labbra finalmente è in grado di realizzare che in ogni caso, non arriverebbe da nessuna parte. E allora fanculo, che si crogioli nel rancore degli insuccessi. Nella azioni che prima di essere niente, l'hanno spinta ad essere Icaro. Suo padre. L'Okiya. Suo fratello, quella metà perduta che ora non è niente più che un vuoto cosmico all'altezza del petto. E Yukio che ha lasciato andare. I suoi figli che abbandona. Per ogni suo ideale mai mutato, neanche di una virgola, da quella ragazzina che era un tempo. Le violenze. Ed il male puramente gratuito che il mondo le ha impartito e che la ha sussurrato all'orecchio fino ad ora. Le ciocche pallide, appiattite al volto, finiscono per cadere oltre il mento quando la visuale degli occhi della geiko bianca si riduce ad una banda orizzontale e sfuocata. Solo un ombra si muove nel buio, silenziosa, eppure nessuno ferma l'intercedere dell'insonne. Come camminare sul patibolo, hai presente? Mille occhi addosso, ma non c'è nessuno. E tutte sono lí, con il pianto che appesantisce le palpebre - e non una lacrima che cade. Che nessuno pianga. È stato l'ordine lucido della donna che ora, dalla sua fessura - inquadra macchie sporche. Non una vibrazione rilascia il suo corpo - quello che un tempo il fu Katsumi poteva percepire come una vibrante imposizione al terzo occhio, ora ha uno scorrere lento, spento e stanco, tanto da risultare disattivo il chakra. Una donna, debole e inerme. Eppure la stessa donna che tempo fa, era esattamente l'opposto di ora. Mai piegata, mai spezzata - dicevano. E invece no, l'hanno spezzata - più e più volte. Fino a ridurla in brandelli. Fino a farne delle memorie, un arazzo finalmente tessuto a mano con aghetti d'oro. E la sua comparsa è solo una macchia nera nell'evanescente silenzio del bosco, l'inesorabile vociare delle battaglie passate rimangono qui, incastrate tra i rami. Il palmo sulla wakizashi trema lievemente- e si ferma, come l'effige dell'alba rimette ad ogni suo dubbio un punto. Una risposta. Le labbra si schiudono - a farsi beffe della malattia e richiamare la sua sanità. L'assoluto intuito. E come non averlo, con lui? Come può non riconoscere il suo stesso riflesso? Le ginocchia a terra hanno un fremito dolce, così bella - ora almeno - da esser uno spreco sotto questa pioggia. Ed al tempo stesso, fu Yukio stesso a dire che Kurona si trascina dietro il temporale. Il sorriso sulle labbra fiorisce come un loto in mezzo al fango, mostrando lo sporco del sangue che le coccola l'angolo delle labbra. Sorride, e forse è solo lui a sapere perché lo sta facendo proprio ora - proprio ora che qualcosa la sta facendo a pezzi da dentro. E non qualcosa che si può combattere. < Finalmente...> Ha aspettato troppo tempo per darle un nome - ed alla fine, è un nome tanto importante da farle chiedere fondamentalmente perché. Perché non si son stati più vicini, ed in modo differente? Troppo presi da loro e il loro odio. Troppo presi o troppo sciocchi? Il capo umido si scuote, mentre serra la mandibola fino a far scattare la mascella in una contrazione singola e secca. E la mano destra s'infila in tasca, tirando fuori un oggetto gemello a quello vestito da lui. E come l'insonne ha fatto, lo infila nel mignolo sinistro. L'anello di Enma. Ha sempre posseduto lei, fino ad oggi, quell'anello - senza per questo appartenere o sposare l'organizzazione. < È un nome importante ma -- non terrò fede al suo significato. Non è terribilmente sprecato su di me? > E chi è ora? Non pronuncia il suo nome nemmeno, non è sicura di cosa lui sia diventato - eppure... Eppure qualsiasi cosa sia lo sente così affine. Come lo era allora, ora. Una evoluzione singolare e per assurdo, la stessa evoluzione - seppur differente- che l'ha portata fino a qui. La mancina s'abbassa sulla gola - la stringe appena a bloccar l'ennesimo conato. Ed il capo si smuove, ha un flebile tremito - come se volesse togliersi di dosso una sensazione che oramai s'è arpionata lí. Ai suoi vestiti. Alle sue labbra. < Ed io?> ... < Io ora, come ti devo chiamare?> Ne esce un filo di voce, il minimo indispensabile per dare vita a parole. Il fiato scosso, le spalle smosse sotto il kimono bianco - come se una bestia dal suo corpo volesse venire fuori, dilaniarla.
[ck off][wakizashi - testamento - tutte le maiko png presenti nell'area] L'impatto con la realtà è sempre più duro di quel che ci si aspetta. La preparazione è inutile di fronte al turbine violento delle emozioni, qualsiasi tipo di fredda razionalità e convinzione cade a pezzi sotto l'opprimente potere del Mondo. Niente si oppone a tal flusso, se non poche ed essenziali forze che necessitano d'esistere, elementi che se non fossero immutabili avrebbero già causato la completa rovina del creato. Fortunatamente, Kurona non è una di queste. Forse l'Insonne è capace d'indovinare in qualche modo la causa del tuo urlo, quella massima espressione dell'anima, e può affliggersene. Crede di andarle incontro, di vederla per coglierla nella sua reale natura. Con fittizio silenzio il suo sguardo cerca ciò che può smuovere la superficie della sua anima, espressioni e parole capaci di trasmettere un messaggio profondo senza tuttavia penetrarla ed agitarla a fondo. Si sforza all'immobilità facendo abbassare gli occhi molto lentamente su quella figura che soltanto adesso può davvero essere onesta con sè stessa. Di fronte alla morte. Gli occhi s'illuminano di vita alla coscienziosa realizzazione che i propri pensieri non son stati vani, che la propria idea per cui la morte dev'essere uno dei cardini della vita s'applichi persino sugli animi più antichi. Vederla in quello stato è una prova della propria filosofia, una gioia ed una disgrazia che non può far altro che osservare, con lo stesso sguardo assente di chi non può distrarre gli occhi da una morte brutale ed aspettata. Si rafforza degli immensi tesori della vita di fronte a lui, di quell'eterea essenza che lo potenzia ed eleva ancora più in alto. Chi, come lui, potrebbe mai avere la grande concessione d'osservare qualcosa di così bello sbocciare e sfiorire contemporaneamente? E chi come lui potrebbe apprezzarlo? L'onda della poesia abbonda in quella scena ed in ogni loro parola. Ricordi, l'odio che provavano i vostri spiriti acerbi? Il prurito di cui tanto avete parlato, la somiglianza ed il riflesso che credevate identico. Ora, non ha più senso. Di fronte alla morte ci si riscopre in qualche modo, e Kurona è uno di quegli spiriti eletti capaci di raggiungere con la spinta più leggera lo stato supremo. Farla morire pietosamente in quel fango sarebbe stato qualcosa che avrebbe favorito, in condizioni diverse. Ma sente di doverle qualcosa. Un regalo; forse, darle un'idea della maestosità del vero divenire che potrà raggiungere. Qualcosa d'oscuro balena alla propria mente, e subito la Lumaca dal profondo dell'animo si desta impetuosa. La sua voce non può essere udita, ma evidenzia le sue intenzioni, domandandogli se un'azione potenzialmente disumana possa davvero aiutare. La vede sorridere, sentendone le prime parole "..." le palpebre superiori calano lente e le labbra si distendono in un sorriso affettuoso. Si sente stringere il petto, pensando che è stato necessario tanto per avvicinarsi a lei e darle ciò che più semplicemente ha sempre cercato. Si sente per un momento colpevole, e può comprendere cos'ha provato il rikudo sannin quando ha privato Katsumi d'ogni cosa. Eppure la colpa è breve, perché l'animo si sente gioioso. E' gioioso ed elevato perché si sente vicino all'anima altrui come un mendicante presso una porta. Questo è il momento di massima onestà, dove lei offre ogni pezzo di sè e delle proprie carni al mondo, maledicendolo o riscoprendosi sua amante. Lo sguardo dell'Insonne la fissa e ripete evidentemente che non ha nulla di più caro adesso, se non quell'istante. "Non dire così. Il Mondo ti ha dato uno scopo, non solo creare l'arte, ma farne parte." Le sue parole che superficialmente sembrano consolare sono in realtà il richiamo di una frase che sicuramente lei, abituata a cogliere le cose più rare, potrà comprendere: è ora che tu muoia, Kurona. Osserva l'anello e lentamente scuote la testa, ridotta ormai dalle precedenti parole la distanza che li separava. Vede la vita caderle dalle mani, come un uomo che tenta di tener stretto al pugno un mucchio di sabbia. E ben vede quella lama ornamentale, riconoscendone il ruolo. Lo sguardo si fissa su quell'oggetto e contemporaneamente estrae dalla larga manica dello yukata un fuuda, il chakra scorre rapidamente per farne fuoriuscire un ombrello in carta di riso rossa che viene sorretto sopra entrambe le loro teste. La mano rimane protesa in avanti con l'oggetto in mano. Così debole e fragile, fissa gli occhi di lei: occhi consapevoli che vedono la morte. Entrambi sono immobili e ciechi, a meno che non esista un secondo che possa vederli. "Nemurimasen." Pronuncia rapido, come se non trovasse importante presentarsi, troppo impegnato a mettere quella scena in primo piano per valutare i propri sentimenti. "Il clan Seimei ha una storia popolare. Parla della Morte che, prima d'uccidere un uomo, riceve da lui un favore. Ed in cambio gli offre un desiderio, che può esser ogni cosa ma non la salvezza. " Esordisce con quella storia, piegando le ginocchia fino al poggiarle sul fango per trovarsi allo stesso livello, un'azione carica di significato. "Io devo ancora ringraziarti per la tua amicizia, cosa posso darti?" Esprimi un desiderio, Kurona. Che non sia la salvezza. E' crudele, eppure...bellissimo. Arte. Neanche un kami potrebbe intervenire, Samurai, perché la bellezza è molto più importante della sofferenza. { chakra on } { > Ombrello di carta } La dualità tra amore e odio è qualcosa di sorprendentemente collegato a questa storia. Non può fare a meno di ascoltare quello che nella visione ristretta del campo giusto un attimo fa' era Hanae. Il piccolo azuki. Ed ora la mente di Kurona rimodella a suo completo piacimento; un uomo oramai, non più un ragazzino. I capelli bianchi gli baciano i tratti spigolosi e gli occhi fiammeggianti, riflesso nefasto dei suoi - ed ora, quella brace, sembra volersi spegnere a tutti i costi. Non importa quanta benzina ci butti sopra, non importa quanto soffi alla base del legno per farla vivere. Lo scroscio della pioggia che le cade addosso, rendendolo un paesaggio in bianco e nero. Tra l'umido della pioggia che le bagna la fronte - ed il sudore che imperla la pelle rendendola una visione straziante. Trema. E le labbra blu cantano d'ossigeno che arriva a stento al cervello. Forse è questo che muta inevitabilmente Hanae in Katsumi nella sua testa? E come issa, lentamente, il mento verso di lui - nei suoi occhi si riflette l'Uchiha. "Sembri proprio te, ma sei qualcun'altro ora." Il pensiero che si formula, incredibilmente palpabile - gli occhi vitrei che guardano oltre la spalla minuta di Hanae, come se ci fosse qualcun'altro a parlarle in questo momento. Eppure sta zitta - lascia che sia lui a parlare, lascia che sia il silenzio a cantarle la marcia funebre. Piega solamente il capo - ad occhi spenti, lasciando che la mano sulla fodera s'abbassi appena sicchè da emetter un clangore significativo. Il wakizashi posizionato davanti alle ginocchia, orizzontale, vuol dire solamente una cosa. Bellezza, di questo parliamo? E' la lingua d'Icaro che gli sorride ebbra d'amore - scellerato e incondizionato le sporca le labbra persino ora che si stanno preparando ad emettere l'ultimo respiro. E l'addome istintivamente si contae nel freddo che le penetra le ossa, la massacra l'idea di quel viso. L'idea che lui sappia già, senza dirlo, qualsiasi cosa lei abbia in mente. E all'emissione delle sue parole sembra sospirare - sembra sia contenta, che sia lui a dirlo. Ad averlo capito. Aveva deciso di morire da sola, per ricordarsi che tutto quello che l'ha circondata è stato effimero. L'amore. L'agonia. Il dolore. Eppure è sbocciata - sì, è vero. In modo macabro e distorto è divenuta qualcosa che nessuno aveva realmente capito, fino a questo momento. "Un desiderio." Le parole che le arrivano all'orecchio risuonano lontane chilometri eppure, con lo sforzo necessario, le comprende. Non risponde nell'immediato, anzi, si cura di posizionare lì, a qualche centimetro dalle ginocchia, la lama puntata verso l'interno. Le mani pallide si sollevano, umettate di pioggia, cercandone il viso. E Hanae è solo un riflesso, o invece lo è Katsumi? O questa persona nuova, l'insonne? Rilega e collega, cercando un nesso che non riesce veramente a comprendere con facilità. Eppure tenterebbe di cingergli le guance tra i palmi ruvidi di cicatrici. Un tocco freddo, non certo il tocco caldo dell'amore. Eppure c'è affetto, in qualche modo. Come se ci fosse stato per tutto questo tempo qualcosa di non detto? Un rispetto. L'ambizione. L'odio per se stessi riversato uno dentro l'altro. E amandosi, forse, è l'accettazione totale di quel che si è divenuti? Fosse riuscita poserebbe solamente l'apice della fronte contro la sua. Lo bagna appena, ma lo ripara anche. O forse è lui a ripararla sotto quell'ombrello? Il respiro affannato cerca ristoro dalla pioggia e piano - sfila parole. < Ero pronta. > Quello che riesce a dire, in tutto questo, sono parole. Poche. Forse comprensibili solo a lui - solo a quel frammento di Nemurimasen che la tiene ancora come prigioniera. Ero pronta, sai? Ero pronta ad accettarti. A seguirti. A condividere i tuoi valori, le tue battaglie. Ero pronta ad esser l'amica di cui hai bisogno. le ciglia bianche si abbassano, rinfrescano occhi che non riescono a vederlo realmente. Ed una riga nera, sangue denso, le lascia la narice sinistra fino a morire sulle labbra. Respira piano, a fatica, ma respira ancora. < Non sei arrabbiato con me, vero? > E' troppo tardi per esser pronti - e forse, forse, avevamo bisogno di quest'amicizia molto prima. Eppure lei lo comprende - e dal suo desiderio di dargli un ultima parola da mantenere, sorride piano a labbra serrate. Fosse riuscita si discosterebbe appena, lasciandolo andare - lasciando che il bianco ed il nero. Il viola ed il pallore dorato del suo kimono, si discostino uno dall'altro per divenire due realtà differenti ma così complementari. Dalla tasca dell'haori lascia uscire una lettera portante l'effige del suo clan e le sue iniziali. < Sei parte di me. > Un sussurro, piegando la lettera sulle cosce e aggiungendo due righe alla fine - due righe necessarie. Due righe che vuole fortemente. E poi consegnargliela. < E io sarò parte di te. Così la mia tela, rendila immortale. > Un addio, solo un addio. Non rendere immortale la carne, non m'interessa. E neanche me, lasciami morire. Lascia che mi liberi. E da quegli occhi ciechi esce il bagliore di una lacrima - solca il setto, muore nell'incavo delle labbra. Eppure non s'inclina, eppure non si dispera. E' il momento e lei ne è consapevole. Però le labbra cantano le ultime note a fatica mentre coglie la guardia del wakizashi, allungando la destra tremante verso l'esterno e poi, verso la bocca dello stomaco con solo la punta. < Non voglio un tuo regalo. Le mie donne saranno i tuoi occhi, digli solo il tuo nome. Il nome di chi eri un tempo. Loro sapranno già---. > Le labbra schiuse lasciano andare un rantolo mentre il braccio spinge. Spinge fino in fondo. Gli occhi hanno un sussulto e l'iride trema flebilmente, in uno spasmo involontario. Passa il torace minuto da parte a parte, utilizzando gli ultimi sprazzi di forza. Le nocche pallide stringono la guardia mentre il sangue - quel nero catrame che l'ha distinta nel tempo - prende a scivolarle fuori dal labbro inferiore. < Rendimi immortale... > Prendi tutto ciò che è mio. Prendi tutto ciò che è mio e donalo, o fanne tesoro, rendi i miei ricordi un monito per te. Continua a ricordarmi, o lascia che mi ricordi qualcuno. Le labbra tremano, lasciano che esca un solo - misero - rantolo. E la destra che stringe il tanto si solleva appena, o meglio, solleva la punta della lama a sfiorare il cuore, senza riuscire ad andare fino in fondo. E lo guarda, guarda quella mano che la pugnala. La sua stessa, chi altro-- chi altro se non /Lui/ può aver l'onore di uccidere tanta beltà. < f i n i --sci - mi. > Ti prego. [ck off][testamento - wakizashi - all png] C'è qualcosa nel quale entrambi sono concordi e nel quale si specchiano, adesso più che mai: l'inevitabilità della realtà. L'impatto solido a cui non si stanno arrendendo nè contrastano, ma abbracciano. E' un'aria onirica, la loro, possiedono un animo non soltanto raro ma irraggiungibile. Un'aura sottile che gli permette di vedere con sguardo rinnovato la bellezza in ogni cosa. Lei era pronta. Pronta ad ogni abbandono. Pronta a morire, a seguirlo-- era pronta a tutto, ma non a rifiutare ancora il destino. Il fato non è stato crudele ma assente, ecco la conclusione che possono entrambi aver raggiunto. Le preghiere vengono realmente ascoltate, ma non c'è nessuno che desideri rispondere. La natura umana è caducea, e varcare la soglia della carne e dello spirito è un'arte che facilmente può diventare taboo. Ah, come lei ama il crepuscolo. Come lei ama la vita. Ha udito un giorno le loro anime intrecciarsi e tentar di distruggersi. Ricorda al lago nero quell'entità scolpita come marmo dolce, una figura delicata quanto impetuosa che dava il desiderio del vlo. Ricorda la piccola testa della rinnovata Samurai piegarsi confusa quando le chiese se avesse anch'ella perso la vita di casa. E' patetico per lui, ripensare al passato. Non s'identifica in alcuna di quelle azioni ed effettivamente è vero che l'Insonne oggi presente non è la somma di ciò che era prima ma bensì una risultante ben diversa. Come potrebbe odiare qualcosa, adesso? Come potrebbe negare ad ogni entità dotata di vita il naturale diritto d'essere. La morte, per lui, è necessaria, ma non può più semplicemente goderne. Non solo perché il Rokubi sarebbe più che sdegnata se adesso lui si dedicasse ad attività proibite, ma bensì perché come la Kokketsu, s'è immolato per un ideale che richiede il proprio sacrificio. Si sforza di scuotere l'indifferenza che è al fondo del suo sguardo, trasformandola in dolcezza; quell'indifferenza tanto caratteristica che l'ha reso nel tempo estraneo ed inerte ad ogni agitazione. Prendendo a piene mani ogni propria virtù sembra quasi intendere rintracciare qualche viva somiglianza tra il proprio esser immortale e lo sfiorire di lei, paragonando quelle nature per trovare un compromesso che possa dare a quel trapasso un che di superiore. Non può riportar in vita l'ebbrietà del loro primo incontro al lago nero, sarebbe nient'altro che una simulazione di un tempo in cui soltanto una parte di sè era presente. Sulla terra e sull'acqua che va raggruppandosi entrambi gettano un'ombra tragica. Tanto potente è quel momento che le loro parole potrebbero consacrare le forme vegetali attorno. I loro ideali si avvolgono ai tronchi e fioriscono tra i rami. E osservarla morire. Oh. E' questo il regalo che vuoi dargli? Come può sfuggire al fascino della vita, che porta ogni cosa creata a trasfigurarsi in segno ed emblema di qualcos'altro? La sua ombra s'alza sopra quel corpo da fanciullo e si rende conto di come la Kokketsu già la stia osservando. Se viene guardato, come può non ricambiare quello sguardo? Tanto prossima alla morte, ogni sua scelta e movimento è adesso onesta oltre ogni limite. Si lascia toccare, ovviamente. "No, ovviamente." Gli occhi s'abbassano sulla lama altrui, mentre quietamente pone una gentile richiesta al demone. Senza dire alcuna parola entra a contatto con quell'entità nel proprio subconscio e gentilmente allunga entrambe le mani verso di lei con i palmi congiunti, come un povero che cerca acqua per soddisfare un'arsura superiore. Ecco, ciò che vuole mostrare al Demone. La necessità della morte. Come avrebbe potuto lasciarla morire da sola, come un tronco che cade in una foresta priva di vita? Nessuno avrebbe davvero sentito la bellezza di questo momento. Tutti avrebbero semplicemente pianto. La presenza dell'Immortale lì è ciò che permetterà, infrangendo un gran taboo, di donare a quello spirito ciò che più desidera: Raggiungere la massima espressione dell'essere. Un'aura rossa va uscendo da ogni poro della pelle sua, piccole bolle che vanno unendosi per manifestare il chakra di un demone codato. Ecco, Kurona. E' abbastanza per rassicurarti? Per farti sapere che la tua immagine rimarrà sempre nella grande opera dei Kami? Ed ora le parole dell'Immortale suoneranno di nuovo nella sua coscienza > Gli atti estremi di crudeltà richiedono un elevato grado di empatia. Immenso, in questo caso. Adesso, davanti alla morte, i loro occhi si congiungono, inevitabilmente. Il tuo occhio vedrà il riflesso di un Dio. E lui vedrà te, realizzando il tuo desiderio. Loro conoscono l'irreale sensazione di togliere una vita. Comprendere che le persone muoiono è importante; ed in quei momenti si raggiunge la massima realizzazione, la comprensione che anche l'animo più nero è composto di aria, luce e colori. Kurona sboccia nel momento in cui la lama affonda sulla carne fredda, sboccia come un giglio rosso, andando ad aprirsi completamente per rivelare la sua parte più profonda e preziosa: l'anima. La mano sinistra s'allunga sulla destra altrui, la stringe e si porta appena avanti per rafforzare la presa sulla wakizashi. Con la mano destra la tiene per la nuca, spingendo improvvisamente la lama più a fondo, completando quell'omicidio e dandole ciò che più desidera. E' la congiunzione maggiore che può offrirle: non senti le sue labbra sulla tua anima? Non la priva di dolore con alcun genjutsu, le fa affrontare e affronta con lei ogni attimo di quel trapasso. "Ora tu mi conosci." Raggiunge il cuore, percepisce la resistenza delle carni diminuire al toccare il fragile organo. E smettendo di guardar alla ferita, fissa lei, Icaro. Eppure il sole non ha semplicemente bruciato le tue ali. T'ha riportata in terra, perché tu diventassi immortale, divenendo parte di lui. > Titolo < {Chakra on - Possessione parziale del sei code } Quale candido ossimoro chiedere l'immortalità mentre si penetra la carne? Gli occhi di Kurona, riflessi in quelli d'oro di quel ragazzino che porta le fattezze illusorie di Katsumi, nel riflesso della mente di Kurona - e improvvisamente non sa' con esattezza se sta guardando lui o se stessa. Ed il dolore, il macigno che si portava sulle spalle, scompare divenendo niente più che un puntino effimero. Lontano. E nonostante il lancinante squarciarsi della carne, piegata addosso alla lama, sulle labbra le fiorisce un sorriso fiero. "L'hai trovato." Il demone, quello che voleva, quello per cui ha camminato attraverso carne e menti - arrivando ad una magnifica opera finale che no. Non è il risultato di quelle precedenti. Il punto, in tutto questo, è che tutti guardando al crepuscolo come un momento di tremenda tensione; il momento in cui il sole cala, non è propriamente un momento che si rifà alla morte. Ma all'attesa, il necessario anelar della luce - del giorno successivo. E senza questo desiderio, non saremmo forse inutile polvere? Il sorriso sporco di sangue sulle labbra di Kurona dice tutta la verità. Grazie. Sono pronta. Ed al tempo stesso spera, sotto-sotto, che la sua morte lo spinga ad andar oltre al suo stesso essere, sebbene si pensi già trasceso, oltre alla carne che altro non è che uno stupido involucro. Siamo tutti, egualmente, effimeri. Ed è il nostro passaggio a lasciar qualcosa - o lasciare fondamentalmente niente. Il mezzo sguardo, a palpebre calate a metà dell'occhio, si spegne in poco tempo. Con un semplice, elegante, sospiro. < hn -> Nemurimasen, vai avanti - e vai oltre a ciò che è superficiale. La bellezza, la grande ed immensa maestra d'arti, è nascosta nei minimi successi. Sii grande. Sii il dio che vuoi essere. E se Dio si fosse mai palesato realmente agli occhi di Kurona, questa si sarebbe girata dall'altro lato. Esistono grandi uomini, non Dei. Esistono uomini capaci di far risalire la loro voce su quella di tutti gli altri, non Dei. Dio è solo il riflesso miseramente screditato dell'Io - e lei ne è consapevole. Però, in quel riflesso rosso, ha visto Katsumi. Nemurimasen. Hanae. L'entità - questo nuceo iridescente che l'ha inseguita e poi cacciata, l'ha odiata, distrutta, ricostruita. L'entità che avrebbe voluto seguire e a cui ha lasciato tutto - tutto quello che faceva di un misero fantoccio: Kurona. Le labbra immobili. Il petto fermo e arido di battiti. La mano che lo aveva accarezzato si stringe alla sua, minuta - abbandonandolo immediatamente. La solitudine com'è, ora, misteriosa Entità? L'altra parte del riflesso non ti risponde, l'ultimo - stupido - spicchio che ti legava all'Uchiha è andato via - dissolto tra le braccia. E quando Kurona riversa il capo tra le spalle, donando l'ultimo sguardo vitreo al cielo - dalle ombre sorgono sagome. E da quelle sagome sorgono dei visi. Ogni albero porta una maiko - un'esercito d'occhi. Perchè la conoscenza superava la potenza, per Kurona. E quelle sagome, indistinte tra loro nei loro kimono rossi, formano quattro file attorno al piccolo Hanae. Passi diligenti e silenziosi. Ed in qualche attimo - queste s'inginocchiano a riportar un saluto alla Madre - e poi, al nuovo padrone. Rimarranno immobili, con il capo chinato in sua direzione, fino a nuovo ordine. Le prime tra loro solamente, hanno il viso rigato dalle lacrime e dal rossore della battaglia. Tsuki, Ren e Mirai. [---dead] Troppo crudele, essere distruttore e creatore contemporaneamente. E' un pasto cui sapore sa di così tante cose dal risultare in un gioco a somma zero. Nel momento in cui separa l'anima dal corpo si riscopre carnefice e l'anima cade in un tumultuoso silenzio. Per un momento non fissa Kurona, bensì il sei code. Fissa Rokubi con uno sguardo privo della sua solita passione ma colmo d'una tristezza immensa. Non è triste per Kurona. Sarebbe da stupidi esserlo, da infanti e fanciulli. Ma quel suo sguardo proietta il proprio virtuoso martirio. Puoi capire, Rokubi, perché mi servi? Puoi capire che la passione è un velo per nascondere la necessità di aiutare il mondo? Come può definire la propria anima scura, di fronte a questo suo immenso sacrificio? Farsi carico di ogni cosa sulle proprie spalle, sarebbe l'equivalente d'un medico che al posto di usare il chakra per curare il prossimo trasla le ferite altrui su di sè. Non è un desiderio vago, quello d'aiutare il mondo; ma una profonda e fervida aspirazione di tutta l'anima, che lo angoscia al punto dal far sussultare e agitare tutti gli elementi della propria sostanza. Nel momento in cui fa qualcosa che sfiora la vita altrui sente di trovarsi di fronte al segreto dell'infelicità e della debolezza. Lui è un ascetico che non ha nessun Kami al quale rivolgere il proprio sguardo. Quando il mento s'alza al cielo tutto ciò che vede sono le nuvole e l'immensa coltre grigia. Pensa, semplicemente riflette sul perché abbia deciso di vivere e non di abbandonarsi alla pace come fece Katsumi. Sentendo l'acutezza della propria pena, che valica la resistenza estrema di quel corpo, apre nuovamente gli occhi. Fissa il corpo della defunta trattenendolo tra le braccia, con occhi immarcescibili. AI propri superiori sensi percepisce il battito di lei decadere fino a diventar nulla. Assiste alla completa sfioritura di Kurona e abbassa il mento sullo sguardo vacuo altrui, poi sulla wakizashi al petto ed una volta ancora sugli occhi. Non c'è niente, nella sua espressione. Tutto deve scorrere. Alla fine è di questo che si tratta, lasciar scorrere ogni cosa. Lentamente flette il busto fino al far poggiare il corpo della Kokketsu sul terreno. Rimane immobile, sedendo sul terreno bagnato e fissandola per qualche istante. Si estranea completamente da ogni segnale, non s'accorge di nessuna delle sagome appena giunte mentre gli occhi viaggiano in luoghi indicibili fissando la morte nello sguardo altrui. Per quanto sia disposto a fare, prova una sensazione simile a quando uccise Arima Uchiha. E' stato un apice fantastico, tutto ha composto l'arte maggiore, ma alla fine è comunque sfiorito. Accetta quell'evento in silenzio, allungando improvvisamente il palmo sinistro sopra il petto di lei ed attirando a sè una piccola fiamma nera che è emersa dal corpo di lei. Per la prima volta sposta gli occhi altrove, fissa le Maiko, gli sguardi d'ognuna. Lascia andare completamente l'ombrello e silenziosamente porta alle labbra il frutto proibito, inghiottendo l'effige dell'anima. E tutto affluisce in lui istantaneamente, ogni ricordo ed emozione provata, dall'inizio alla fine in un batter di ciglia. Qualsiasi spirito sarebbe stato profondamente scosso, ma l'Uchiha già ha provato innumerevoli volte il piacere d'esser rotto. Ora non può più permetterselo. Come non può permettere che nulla vada sprecato. Si lascia cadere a terra, spinge appena con le gambe e corica silenziosamente di fianco a quel cadavere, spostando lo sguardo sugli occhi vitrei altrui e poi tornando a guardare il cielo. Si sta sporcando, e per altro la pioggia è divenuta tempesta, ma che importa. Nei minuti successivi ripercorre ogni cosa acquisita, silenzio e contemplazione dalla quale non può esser separato. A cosa serve avere un corpo, se l'Anima è capace di trasmigrare? Non potrebbe semplicemente esistere ogni cosa su un altro piano? Qual'è il grande progetto che ha portato la ruota del Samsara ad esistere? Fissa quel corpo esanime e veramente non trova una risposta. Continua a pensare e cercare d'interrompere ogni flusso potenzialmente dannoso inserendoci la propria grande virtù, uno schermo d'ego e proiezione per il futuro. Tutto sta andando per il meglio, ogni progetto e ogni scelta. Kurona ha perso la vita e lui è stato testimone di questo evento. Ha nuovi alleati, non tutti potenti ma certamente capaci di svolgere operazioni utili. Ogni sua scelta recentemente l'ha condotto ad una vittoria. Ma ogni vittoria con la gioia che ne consegue è dedicata al mondo, all'unico vero amore per il quale non potrà mai ricevere alcun ricambio. La mano destra s'alza e impatta dolcemente sul terreno bagnato, carezzandolo. Chiude gli occhi e li riapre, in un attimo il tempo si distorce e sono passati interi minuti. Nessuno osa interrompere quella contemplazione, non solo per l'immenso pericolo che potrebbe derivarne ma specialmente perché non sarebbe la volontà della defunta. La pioggia cade su entrambi i volti, ed entrambi ne rimangono completamente inerti, non c'è alcuna reazione evidente. Comprende ora, in un momento di lucidità, quanto sia grande il proprio ideale. Quanto sia complessa l'armonia che deve mantenere perché nulla vada per il verso sbagliato. Basterebbe un attimo, ed ogni ambizione e desiderio per il mondo sfumerebbe nel completo chaos e nel confermarsi della stagnosità cercata. Per un momento pensa d'abbandonarsi alla mediocrità di un ruolo. Ma vede quei ricordi. E comprende che acquisendoli ha reso l'essenza di Kurona la propria essenza. L'ideale ascetico discende dal suo corpo e il proprio chakra demoniaco vibra, se solo la Lumaca fosse un demone più irruento questo sarebbe stato il momento migliore per tentar di liberarsi. Ma alla fine sono entrambi lì per scelta. Attende che la scintilla repentina giunga, quella percossa improvvisa capace di destarlo dal profondo sonno dei sentimenti. I tuoni vicini e quelli lontani non bastano. Soltanto guardando quei ricordi e sentendo gli stessi sentimenti da lei provati comprende che non era sommariamente così falso dire che tutt'ora s'assomigliavano. Ma la carne di lei era destinata a marcire, ed il suo spirito è stato bloccato da ogni possibile trasmigrazione. Col passare del tempo realizza di non esser diventato davvero molto più saggio. Ma ha imparato a coltivare o ad evitare una certa dose di sentimenti, tra cui la malvagità. "Rokubi." le labbra si schiudono mentre pronuncia senza tono quel nome, concentrando il chakra della lumaca come se avesse bisogno di liberarsi di qualcosa, ma immobilizzandosi subito dopo. L'energia cremisi del demone vien richiamata all'interno del corpo ed è infine riassorbita. Il demone è attento, dopo esser stato richiamato, ma le parole tardano qualche secondo ad arrivare. "Pensavo che fosse Katsumi il più grande errore del Mondo; mi chiedo se invece non sia lei. " Lentamente alza il busto e poco dopo le gambe. E' in piedi, sgocciolante e completamente fradicio. Sposta gli occhi sulle geishe ed a coloro che più mostran dolore fa un cenno, permettendo d'avvicinarsi alla loro padrona. Si piega un'ultima volta, per raccogliere il testamento di lei, infilandolo dolcemente sotto la manica del largo yukata. "Nel tuo inizio scorgo la mia fine; addio, Kurona Kokketsu. " Un'amica, la cosa più vicina al concetto. Finalmente la supera, senza proferir parola. Non sta andando via, ma lasciando spazio alle altre figure perché anch'esse possano contemplare l'evento. { possessione parziale off} Aspirando a qualcosa di superiore, commette colpe azioni terribili e decide coscienziosamente di non farne un peso. Le abbraccia e le accetta. Non si dannerà per la caduta, è gioioso di poter esser stato lì per assistere alla morte. E' grato che abbia avuto l'occasione prima che lama penetrasse solitaria nelle carni della Kokketsu. Si occuperà personalmente si sigillare il corpo e valuterà di conseguenza quale sia la cosa migliore da fare. Vorrà un funerale buddhista, ma probabilmente neanche le importa tanto di quale sia il destino del corpo. Dopotutto, nulla ha più significato. Nessun simbolo religioso permetterà alla sua anima d'andare in qualsiasi luogo che non sia la propria coscienza. Divorata e gustata per abbracciare uno dei sapori più aspri mai sentiti. Un'anima pesante, difficile da digerire, più d'ogni pasto fin'ora avuto. Muovendosi in quello spazio, alla ricerca di un po' di solitudine, appaiono le ombre del promontorio delle serpi, che risiede vigile sull'intero lago nero; tutto attorno a lui appare come una rovina. Il suolo attorno è ingombro d'alberi o macerie, con frammenti di pietra scolpita ammucchiati di tanto in tanto nelle piccole radure presenti; da tutte le fenditure un tempo appartenenti a strutture umane pendono erbe selvagge. Son rare le costruzioni recenti. E incamminandosi e girando in cerchio attorno al punto dove si trova il cadavere di Kurona si confronta con la propria compagna di pellegrinaggio. Le ombre del suono danno al paesaggio una tetra apparenza. Finalmente, uno dei due parla, il Demone. "Provi rimorso?" Domanda, in un impeto di curiosa e analisi che permette a quelle due anime di non comprendere soltanto le esperienze reciproche ma anche i sentimenti. L'Insonne continua a muoversi, poggiandosi infine con la schiena sul tronco d'un albero e tenendo lo sguardo sul terreno. "Una vita senza rimorsi non sarebbe vita." Nella sua schiettezza esprime in poche parole quell'importante concetto. Prova tutto ciò che proverebbe una persona normale, ma il suo processo di lutto oltre che individuale richiede un assimilare gli eventi in maniera differente. Vive il suo ideale e non se ne pente. "Sento di averla salvata da una morte vacua. " Pronuncia quelle parole eppure il tono non suona tanto vittorioso. Ma non serve più pronunciare parola. Tornerà adesso da Hanako e dalle Maiko per recuperare il corpo e decidere come comportarsi. Ma prima, infila la mano destra nella manica sinistra, afferrando il testamento ed iniziando a leggerlo.. { end }