Combatterò.

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Stanza Creata: Tendopoli di Konoha .

12:01 Furaya:
 Nuovo dì in quel di Kiri, dove l'accampamento di Konoha è ancor stanziato nonostante l'ultimo comunicato. Alcuni hanno preferito -ne è consapevole- sicuramente andarsene, tuttavia non pregherà loro di restare. Ha lasciato libero arbitrio ai Konohani, qualora vogliano affrontare questa guerra oppure tornare al loro villaggio per difenderlo. Una delle ultime missioni è anche andata piuttosto bene, per cui aspetterà di ricevere delle novità od informazioni per assicurarsi che tutti abbiano scelto la via più giusta per loro stessi. Quest'oggi, però, ha dovuto -obbligatoriamente- convocare nuovamente Yosai Akimichi alla sua tenda. Ha bisogno di parlare direttamente col ragazzo per via delle ultime vicende e della sua richiesta di tornare a Konoha, per quanto momentaneo fosse lo spostamento, affinché potesse aiutare la propria famiglia. E come glielo dici, adesso? Si interroga, si pone quesiti ai quali non ha saputo rispondere in questi giorni in cui è stata, come sempre, sommersa dalla mole di lavoro che l'accompagna come una fedele amica. Tuttavia, in quanto mero essere umano, ha bisogno anche lei di uscire a prendere aria o fare qualche passo per sgranchirsi le gambe. L'aria fresca dovrebbe schiarirle anche i pensieri, forse. Indossa uno yukata corto di color nero, avente il simbolo del Clan posto dietro la schiena, in grigio, ben visibile. Sul pettorale sinistro, vi è in piccolo il simbolo cremisi della Foglia. È stretto in vita da una fascia grigiastra, la quale sostiene e stringe l'abito per evitare che si apra. Le maniche sono larghe, punterellate da petali rosei che emulano quelli dei ciliegi in fiore. Dabbasso, vi è un paio di sandali Ninja scuri collegati a degli schinieri metallici che giungono sin sotto le rispettive ginocchia. Non ha null'altro con sé, comprese le Katane che sono riposte assieme alle altre armi. Il collo è circondato da una fascia rossa ed una collana con il ciondolo del clan Uchiha. Tutto nella norma. Coprifronte tra i capelli chiari, i quali sciolti le adornano il pallido viso e si poggiano delicatamente sulle spalle. Ha un sottile filo di trucco, da brava donnina qual è diventata e le varie cicatrici non sono visibili, se non una piccola ed infima sulla coscia. Allo stesso modo, anche eventuali tatuaggi sono nascosti dalle larghe maniche e dal resto del tessuto che ne copre l'esile ma mediamente muscoloso corpicino. Si troverebbe or all'imbocco dell'ingresso, pronta per sbucare all'esterno e vedere com'è il mondo. Se non c'è nebbia, ovvio. [Chakra On]

12:14 Yosai:
 Solito accampamento, solito tempo infame, solita missiva di convocazione, solito gigante che si aggira quasi di corsa tra le tende. Cosa c’è di nuovo, dunque? C’è di nuovo che hai letto la missiva generale dell’Hokage. Per sbaglio, è vero, notando l’agglomerato di persone preoccupate davanti a una delle tante bacheche della tendopoli, ma l’hai letto. E semplicemente non ci hai voluto credere. Mai avresti pensato di leggere scritto il nome di tuo padre su un messaggio ufficiale dell’Hokage, ma soprattutto mai avresti immaginato di vedere il nome del Demone Rosso legato a quello del fantomatico del Mizukage. Il tutto poi legato ad un attacco a Konoha. Impossibile. Troppe cose impossibili tutte insieme. Per fortuna è passata a mala pena una notte (completamente insonne) prima di ricevere la convocazione dall’Hokage, che diciamo la verità, non ti sarebbe scappata comunque. Le avresti fatto visita in ogni caso. E così ti dirigi, con il tuo solito fare per nulla delicato, per nulla leggiadro e soprattutto per nulla interessato al prossimo, verso la tenda alla quale sei stato convocato. L’abbigliamento è sempre il solito: ampio pantalone d’un chimono a coprire le gambe, stretto nelle fasciature da combattimento cremisi dal polpaccio in giù, calzari ai piedi. Coprifronte cucito su un drappo rosso in vita, canotta nera a fare da seconda pelle al torso e ai muscoli che scoppiano sotto di essa. Braccia nude e scolpite, ben separate dal corpo dalla larghezza dei dorsali. Fasce da combattimento a coprire anche gli avambracci, da sotto al gomito fino alle dita. Nascondendo l’enorme tatuaggio che hai sulle braccia e sulla larga schiena. Collo taurino a sostenere il viso affilato, cicatrici sempre uguali. Occhi del colore del mare profondo incastonati nella roccia del viso, contornati da un alone scuro. No che non hai dormito, che domande. Capelli legati in una coda alta. Nient’altro. Non una parola, non un rumore oltre quello dei passi. Solo il battito accelerato e una tempesta di pensieri in testa. E non è un bene quando sei così agitato. L’Hokage smentirà tutto sicuramente, ma per esserne certo devi sentirglielo dire. Non ci pensi a come ti ha visto lei l’ultima volta vero? A come ti ha visto tutta l’alleanza l’ultima volta… pensieri lontani e felici ormai. Pensieri da rimpiangere. Stringi la convocazione nel pugno sinistro, stropicciandola tutta. Pronto ad affrontare l’odioso damerino all’ingresso, ma. Inchiodi. Ti ritrovi a pochi metri dall’Hokage <Fu..raya-sama> sorpreso, allarghi lo sguardo. Quell’unico momento ti coglie alla sprovvista e rivela, qualora lei fosse pronta a coglierlo il totale e completo abbandono alla preoccupazione nel quale ti trovi. Ma è un attimo. Perché sei capace di esprimerla solo in un modo quella preoccupazione. Con un’espressione decisamente poco amichevole. Serrando la mascella e facendo di tutto per non cedere all’ira anche nelle parole. Perché è la reazione più facile, quella più comoda, ma sta iniziando a capire che non sempre è la migliore <Che diavolo è successo?> Una domanda secca. Senza delicatezza. Tipica di te.

12:39 Furaya:
 Sbuca con la testolina rosea fuori dalla tenda, tra i due Anbu all'ingresso e il povero damerino di Jushan. Tanto damerino non è, però rispetto all'altezza di Yosai anche i due Anbu sembrano sfigurare. Questi ultimi già si frappongono, con Jushan che si pone nei di lui confronti e chiede che vengano lasciate le armi. <Tranquilli.> Esordisce per bloccare fin da subito gli animi che potrebbero scaldarsi nel giro di ben poco tempo. Sbuca or totalmente all'esterno, bassina, tra coloro i quali è sicuramente ben più alto e muscoloso di lei. Per guardare l'Akimichi negli occhi, tra l'altro, è costretta ad alzare un bel po' il capo. <È tutto a posto, ci facciamo un giro qui fuori, vero Yosai?> Ne chiede la conferma, anche se dal tono e dall'espressione della donna si direbbe essere più un ordine che lui non può permettersi di rifiutare. Quindi, qualora sia riuscita a mettere piede fuori dalla tenda, scostandosi una ciocca di capelli dalla fronte, lancia delle rapide occhiate nei dintorni. Qualora il ragazzo non si sia opposto con qualche motivazione, ella cerca di afferrare il suo braccio. Infila il proprio ad altezza del gomito altrui, così da serrarvisi attorno e permetterle di tenerselo vicino oltre che convincerlo maggiormente che seguirla altrove è la scelta migliore. La notizia che deve dargli è piuttosto importante, non osa immaginare come possa prenderla e non sa neppure se riuscirà a gestirla lei stessa. Purtroppo, è anche questo che vuol dire fare l'Hokage. Non ricopre una sedia e la riscalda per piacere, bensì è costretta dall'onore e dagli oneri. <Hai avuto modo di leggere il mio comunicato?> Spera vivamente che lo abbia fatto, poiché di vitale importanza per ciascuno di loro. Vorrebbe allontanarsi dalla tenda principale, posta al centro dell'accampamento, per circa una decina di metri inizialmente. Ha necessità di parlarci da sola, vuole che siano a tu per tu e all'aria aperta. <Ricordi quando ti dissi che avrei accolto la tua richiesta soltanto in un secondo momento? Avevo ricevuto un comunicato che attestava d'un attacco ai danni di Konoha. Mandarti nel bel mezzo della faida non era contemplato, anche perché fino alla fine era soltanto un dubbio che ci aveva instillato il Mizukage, rivelatosi veritiero.> Inizia così il suo discorso, apparentemente calma e flemmatica, se non fosse per il cuore in tumulto e le sensazioni di nervosismo e ansia che avverte come crampi allo stomaco e al petto. Non è una bella situazione quella in cui si trovano entrambi, ma ha l'obbligo morale di parlargli. [Chakra On]

13:16 Yosai:
 La osservi, e osservi quelli che potrebbero farti sparire in un attimo, se solo lo volessero. Aspetti fermo a più o meno un paio di metri da lei e da loro. E ci pensa lei a impedire che una situazione complicata si faccia infine complicatissima. Annuisci a quella richiesta, che domande. Aspetti che sia lei a scegliere la direzione e la segui. Hai lo sguardo inchiodato su di lei. e non le stai proprio accanto, sei un po' separato da lei, ancora, la guardi come un animale selvatico, con quel misto di timore e volontà di carpire le intenzioni di chi hai davanti. È un mondo complicato quello della preoccupazione e tu, gigante sfregiato, non sai gestirla. <Si> rispondi secco. L’hai letto e non ci hai creduto inizialmente. Ascolti quindi il suo successivo discorso. La scena in cui hanno fatto quella conversazione te la ricordi e come. Ricordi la volontà di partire, di iniziare quel percorso che ti avrebbe portato sulle tracce di chi cerchi. Ricordi la volontà di mordere il freno e la riluttanza con cui hai accettato quel temporaneo divieto. Stringi i pugni, spostando lo sguardo sul terreno davanti a te e stringendo i denti tanto da sentirli scricchiolare sotto le labbra chiuse e premute tra loro <Raccontami. Che cosa è successo?> schiudi le labbra e a mala pena i denti, parlando in un sibilo. Riformuli la domanda già compiuta. Hai bisogno di sapere i dettagli di quel che è successo a Konoha <tu eri li? L’hai visto? Come sta la mia famiglia?> Non puoi saperlo, ma sei dannatamente pressante. È una situazione che ti sta a cuore, è più che evidente e nonostante la rabbia dietro la quale mascheri tutto e che usi come unico grimaldello per esprimerti, si intravede anche altro. Interessante che per “la mia famiglia” tu intenda gli Akimichi. Ma d’altronde hai specificato più volte (non a lei forse) il profondo odio che ti lega al Demone Rosso.

13:34 Furaya:
 Egli accoglie lo spostarsi dalla tenda e camminare, permettendo così ai due di parlare tranquillamente. Non tanto tranquillo è però Yosai. Come biasimarlo? Lei stessa, seppur non lo dia a vedere, non è affatto felice di trovarsi nella posizione attuale. Vorrebbe essere decisamente altrove. Vorrebbe non dover esser lei a dargli la notizia che, per il momento, è ancora conservata nella mente della donna. Abbassa per un attimo lo sguardo, or fermatasi anch'essa a non poca distanza dal ragazzone. <Abbiamo trovato una base Anbu esterna al villaggio che, in base alle mie informazioni, non sarebbe dovuta affatto esistere.> Spiega in breve, non nascondendo alcunché di quel che è accaduto. Non ha segreti. <Hotsuma Oboro mi stava aspettando assieme ad un gruppo numeroso di Ninja che aveva fatto travestire da Anbu.> Nella missione del giorno prima, tra l'altro, l'Akimichi ha scoperto dei dettagli fondamentali proprio in merito alla faccenda che la ragazza gli ha appena elargito. Il di lei tono è pacato, sta raccontando una storia che, fino ad ora, ha sempre sperato non fosse stata vera. <Il Nono ed io abbiamo affrontato sia il Mizukage che una copia piuttosto potente del Falso Dio.> Ammette, incrociando le braccia sul petto. <L'Hasukage mi aveva instillato il dubbio che potesse essere una trappola per lasciar sguarnito l'accampamento. Avevo preso tutte le precauzioni del caso, tranne l'unica davvero utile.> Sospira pesantemente, chiudendo per un istante le palpebre cosicché possa ritrovare la propria calma interiore e preoccuparsi di ciò che ancora deve pronunciare. La parte più difficile. Il sangue le ribolle nelle vene, lo Yoton è però perfettamente sopito e controllato al momento. <Hanno attaccato dall'altro fronte rispetto a dove eravamo io ed il Nono. Due chilometri dalla nostra posizione. Vi abbiamo mandato delle copie ed il mio lupo, cosicché potessero difendere l'ingresso assieme agli Anbu, finché non fossimo arrivati noi.> Si morde il labbro inferiore con forza, furia appare negli occhi della donna. Si è lasciata fregare, ma non le si può neanche attribuire una colpa. Cosa poteva saperne? <Hotsuma ed la copia del Dio ci hanno fatto perdere tempo, ma entrambi sono caduti.> Rialza gli occhi in sua direzione, infilzandosi il braccio con le unghie della mano su di esso poggiata. La schiena permane diritta, la posizione statuaria. Suda freddo, la situazione è molto particolare e, nei confronti altrui, anche delicata. <Dall'altro fronte, c'era il Demone Rosso.> Informazione che lui dovrebbe ben conoscere, dato pure il comunicato di lei. <È riuscito a penetrare nel villaggio, recandosi al quartiere Akimichi.> Tasta il terreno, ben conscia però che la situazione, dichiarata dapprima già delicata, potrebbe già sfuggirle dalle mani. Ha bisogno della sua collaborazione, senza la quale la notizia sarà persino difficile da dare. <Ascolta, respira.> Così potrebbe soltanto causargli altra agitazione, ma non sa davvero come pronunciare quel che seguirà. Anche lei, persino l'Hokage deve trovare il coraggio. [Chakra On]

13:59 Yosai:
 Le tue domande sembrano cadere in un baratro, eppure un effetto si manifesta, e l’Hokage comincia a raccontare. Sin dalle prime frasi qualcosa non ti torna. Ma è per ciò che hai vissuto poco prima. Svolgendo quello che è il tuo dovere per la foglia. Inarchi un sopracciglio al dire di lei. ti fermi. Espressione arcigna, dura in volto. Tu non riesci a mascherarle troppo le tue emozioni. Non in quel momento ti fermi e la interrompi <Li ha costretti…> sussurri <da tempo. Ieri ho riportato una famiglia di quei poveracci all’accampamento… scappano dal loro stesso Kage> che cosa terribile deve essere vedere il proprio Kage venir meno e scatenarsi contro la sua gente. Non puoi immaginarlo nemmeno nei tuoi peggiori incubi, anche se tu, con il tuo Kage stai per passarci un brutto quarto d’ora. La ascolti. E purtroppo per lei non sei stupido. Troppe cose stanno iniziando a coincidere. Ha voluto parlare con TE. C’era il Demone Rosso, e lei ha commesso un errore e te l’ha rivelato. Inchiodi di scatto, fermandoti li. Improvvisamente tutto l’intorno scompare eccetto te e lei. la osservi sgranando leggermente lo sguardo tempestoso. Fa che non lo dica. Fa che non lo dica! E invece il resto del discorso è tutto in discesa. Una discesa verso l’abisso. Quando quel nome esce dalle labbra delicate del tuo kage rabbrividisci. E il tuo cuore manca un battito, e il tuo sguardo s’allarga ancora <cos..?> Fa che non lo dica! E invece sei costretto a schiudere le labbra, perché lei l’ha capito. Non riesci più a respirare. E neanche cosi l’aria giunge ad un cuore fermo. Il Demone Rosso nel quartiere Akimichi. non può essere. È qui che chiudi il cervello. E ti chiudi nella pia illusione mentre senti il cuore creparsi e scricchiolare come un vetro premuto sul pavimento da un piede infame <p...parla chiaro.> un sibilo, nulla di più. Lo sguardo si porta su di lei, ma già fatica a vederla. Le iridi blu sono brillanti, scintillanti, acquose. Ma non una lacrima cade. Non la vedi anche perché davanti a te inizia a snodarsi lo specchio dei ricordi in quel quartiere, con quelle persone. Non esiteresti ad allungare una mano verso il petto di lei. non certo il seno. Cerchi un pezzo di indumento sotto le clavicole, per afferrarlo, in un impeto di rabbia. Non hai il chakra impastato, questo lei potrà sentirlo. Ma anche così hai comunque una forza doppia rispetto a quella di un uomo normale <dimmi che cazzo è successo. Dimmelo in faccia!> “ti prego” non ti esce. Non lo dici. Non riesci più nemmeno a separare i denti nel parlare, e ti esce solo un ringhio sommesso diviso in quelle parole. Una bestia ferita, ferisce o attacca, puoi solo sperare che lei decida di non punire questa tua insubordinazione. Prima o poi ti renderai conto della fortuna che hai nel trovarti in questo villaggio. Come è successo ieri, guardando quei disperati negli occhi.

14:26 Furaya:
 Annuisce brevemente, inghiottendo un grumo amaro di saliva. L'espressione si è fatta seria, mentre gli occhi azzurri or non si schiodano da quelli altrui. <Hotsuma si è alleato con il falso Dio, ottenendo così potere. E ha costretto buona parte della sua popolazione a seguirlo, che fossero meri civili o Ninja.> Aggiunge con un fil di rabbia mal celata. La Nara e l'Akimichi hanno in comune più di quanto ci si possa aspettare. Ribolle di rabbia, quella nuda rabbia che vorrebbe soltanto espellere all'esterno per far sì che possa sfogarla. Ma ha un ruolo, una posizione e del rigore da dover rispettare prima di ogni altra cosa. Non può valicarli soltanto per un motivo del genere, per quanto necessario sia, in quanto essere umano. Il discorso nel quale adesso si sta avviando, lo sa bene, è talmente difficile che trovare le persone diventa una missione di vitale importanza. Nel rispetto dei suoi confronti, non abbassa lo sguardo e cerca di tenerlo fermo, fisso su di lui. Nonostante questo, è costretta a fulminarlo con le stesse iridi di ghiaccio quando, allungando la mano, l'afferra dall'abito con ben poca grazia. Le guardie potrebbero già notarlo, essendosi sì allontanati ma non tanto da star fuori dalle loro lunghe occhiate. Lei alza la dritta, palmo aperto e dita diritte, ben vicine tra di loro. Emula un tacito stop. Non devono intervenire per nessuna ragione. L'altra mano si poggerebbe sul di lui avambraccio, stringendo forte la presa. Yosai ha il Chakra disattivato, ma una notevole forza rispetto all'essere umano comune. Lei, col Chakra invece attivo e una forza di poco superiore a quella altrui, farebbe in modo che il braccio del ragazzo vada abbassandosi. <Non mi piace quando qualcuno mi mette le mani addosso in questo modo. Lo faceva Ryota Nara.> E l'Akimichi dovrebbe capirne il motivo, dovrebbe riuscire ad empatizzare se sol riuscisse a far breccia dapprima la donna nel suo cuore. Entrambi sono figli di famosi traditori nella storia di Konoha, ambedue ne sono dirette vittime. Già pronunciare il nome del padre è un bel passo in avanti per la Kage, che mira a farlo sparire, assieme a Kuugo, persino dai libri di storia e dalla mente delle persone. <Quindi, per favore, abbassa il braccio e molla la presa senza opporre resistenza.> Diplomatica e gentile, il tono muterebbe per assecondare i sentimenti di Yosai. Tocca a lei empatizzare adesso, venendo meno al tono gentile e facendosi autoritaria solo per questione traumatica. Non ama affatto quel genere di prese di posizione, per quanto siano involontarie e non per forza minacciose. <Dal rapporto che mi è giunto, il Demone Rosso ha cercato subito tua madre.> Schiude le labbra e si addolcisce anche nell'espressione rimasta finora indurita e seria per via dell'atto compiuto da questi. Non gliene fa una colpa, per questo gli chiede gentilmente di abbassarlo ed evitare simili scatti. Lo comprende. <Non è sopravvissuta.> Le ha detto di parlarci chiaro e lei lo fa. Glielo espone, glielo mette per iscritto, non se lo tiene per sé. È inutile tergiversare, deve saperlo e deve conoscerlo dalla di lei voce: non da quella di qualcun altro. <Ho già organizzato una squadra che dovrà intercettare i movimenti del Demone Rosso. Sei autorizzato a tornare a Konoha, qualora tu lo voglia.> Una frase che, per certi versi, sembra quasi una presa in giro. <Altrimenti, aiutami a capire come ragiona. Il suo pensiero, il suo modus operandi, il suo carattere. Dimmi come possiamo fermarlo. È tuo padre, sei l'unico che lo conosce davvero. Va fermato, ora più che mai.> Ringhia l'ultima parola fuori dalle labbra, incontrollata. Le sfugge dalle mani la situazione attuale, ma cerca di tenere duro fino alla fine. Non le resta che aspettare la reazione di Yosai. Non osa neppure immaginare quale possa essere ma, dato l'atto appena compiuto, inizia già a farsi qualche idea. [Chakra ON]

Le parole risuonano, crudeli, nella tua mente, riesumando la sera in cui tuo padre perse la vita. Le ultime parole del Demone Rosso, la promessa che ti è stata fatta prima di lasciarti con quel cadavere sulle spalle: "La prossima volta, sarà tua madre."

15:35 Yosai:
 Eccolo lì il limite. Lo hai toccato. Fin troppo gentile è stata nel fartelo notare. Non senza opporre resistenza. Non senza farle pesare anche fisicamente ogni millimetro in meno che le concedi. Occhi filo in meno del tessuto che stringi, fino a lasciarla andare. Che vada avanti per l’amor del cielo. Che finisca questa morte lenta. La lasci andare. Ti importa zero del pregresso di lei, e la lasci andare solo perché ti obbliga, altrimenti non lo faresti. E non per altro, solo perché nella tua mente non c’è autorità davanti al dolore. Nessuna. Come sei fortunato, Yosai, ad avere un Kage così comprensivo sopra di te. Le successive parole ti lacerano come le zanne d’un animale fanno con una carcassa facendo brandelli della tua anima. Frantumi del tuo cuore, dovresti ancora avere il polso che fa forza sulla sua mano. Come a volerla tenere li anche senza metterle le mani addosso quando di colpo, lei potrà sentirlo. La forza ti viene meno, e non solo sulle braccia. Di schianto, come spezzati da uno dei colpi alle articolazioni che tanto ami infliggere, entrambe le ginocchia cedono. Picchiando con tutta la forza dovuta alla gravità e al peso che sostengono. Crolli sulle ginocchia. Sei alto meno di lei adesso, ma non tanto quanto si potrebbe pensare. Eppure a venir meno non è stata certo la carne o l’osso. Guardi difronte a te il corpo della giovane kage. Eppure non la vedi. Flash passano davanti ai tuoi occhi. Numerosi e fulminei, illuminandoli di perversi bagliori. Ed eccoti al burrone osservare quel fulmine rosso infierire su tuo padre. Percepisci anche il peso e la durezza del corpo sulla tua schiena mentre ti pronuncia le sue ultime parole, prima di ricevere un colpo da dietro, da codardo. Un colpo che uccide anche te. Osservi poi gli occhi del demone rosso, la sua voce ti graffia i timpani mentre ti ricorda chi sarà la prossima. Una sentenza. La bocca aperta, lo sguardo vuoto lascia cadere, inerte, due lacrime dritte al suolo. Le successive parole di lei hanno la forma di un fastidiosissimo ronzio che fa da sottofondo a quegli strazianti ricordi, mentre rivivi l’illusione che ti ha trasformato da preda a cacciatore. Guardati cacciatore. Sei di nuovo preda. Lo sarai sempre. “la prossima, sarà tua madre” per ‘ennesima volta, ma più chiaro, come se fosse esattamente davanti a te, come se fosse dentro il tuo cervello. Serri i denti con uno schiocco profondo mentre un’esplosione di adrenalina ti invade il corpo, mentre cedi completamente il passo all’istinto, tacitando la ragione. Perché non c’è ragione che tenga. E con tutta la rabbia che hai in corpo sollevi gli avambracci coperti dal tessuto delle fasce da combattimento e li schianti a terra, crollando definitivamente, un colpo dato con tutto quello che hai dentro. Che senza il chakra impastato non è abbastanza da creare voragini forze. Ma è abbastanza per far del male a te stesso. A te che non sei stato all’altezza. A te che sei così debole. Resti li, piantato sulle ginocchia e con un avambraccio interamente poggiato al suolo. Il destro, con la mano stratta in pugno sulla terra, mentre con il sinistro inizi a picchiare il suolo con tutto te stesso. Perdendo ben presto la sensibilità a pugno e polso, e tingendo quelle bende di un colore invisibile nel cremisi. Ogni colpo è un flash di tua madre preoccupata che ti rammenda le ferite che ti sei procurato nelle risse, da giovane. Ogni flash è lei che si avvicina per sederti sul tuo letto mentre la scalci via come un animale. L’animale che sei. Ogni colpo è un suo sorriso. Tutti questi ricordi si macchiano con l’idea di quel fulmine rosso che percorre affamato le vie del tuo quartiere. Cercandola e facendo scempio di lei. Non l’hai mai più vista da quando sei tornato dal tuo esilio. Non hai mai avuto modo di farle vedere quanto sei cambiato. Lei è morta immaginandoti come la bestia che sei. Nemmeno le parole in punto di morte come fu con tuo padre possono scaldarti. Niente ti solleva. Questo hai. Sangue, lacrime e rabbia. Questo sei. Questo ti muove. Colpi sordi sul terreno, come una campana che suona a morto.

16:14 Furaya:
 D'un azzurro cielo son gli occhi della Kage, or punti sul vivo dalla rabbia. Aggrotta la fronte ed arriccia il naso. <Dovevo lasciarti andare quando me l'hai chiesto.> Eppure... Eppure non poteva sapere, non poteva immaginare che il prossimo passo del Demone Rosso sarebbe stato proprio quello d'andare a cercare la madre di Yosai. E come poteva saperlo, del resto, se la minaccia è stata volta esclusivamente all'altro? Nonostante questo, s'attribuisce -come sempre- la colpa delle proprie azioni, così come quelle nemiche. E' l'Hokage. E' colei che governa il Villaggio e che deve avere a cuore tutti i suoi abitanti, tutti i suoi Ninja che le hanno giurato fedeltà. Uno di questi è proprio Yosai che, disperato, distrutto dal dolore, le cade letteralmente in ginocchio di fronte a sé. Non fa in tempo a fermarlo, non riesce a trattenerlo dalla caduta e persino la di lei mano, dapprima appoggiata sull'avambraccio dell'ormai uomo, cede e le ricade di fianco. Lenta, inerme, priva della forza che la contraddistingue sempre. Si riprende dopo poco, stringendo ben salde le dita e serrando le nocche che sbiancano. China il capo, serra per un attimo le palpebre con forza e snuda i canini. Le labbra vengono sollevate in un ringhio silenzioso. Konoha è costretta a piangere un'altra vita, un altro Ninja. Non è solo Yosai che ha perso una persona cara, è la stessa Konoha che continua a restare in piedi nonostante tutto e tutti, ma che perde ancora dei membri. Per quanto siano solo Deshi, solo Genin o anche solo cittadini normalissimi e privi di forza per contrastare i nemici, sono pur sempre anime che Konoha, eterna signora, piange con rispetto. E rabbia. La rabbia è incanalata nella figura che ora sosta in piedi, immobile, di fronte all'Akimichi. Lei che dovrebbe mantenere la calma, lei che dovrebbe essere la Tiranna della Pace -come disse Hotsuma- non può farsi prendere dalla furia. Ed è per questo che, facendo appello alla pura e semplice forza di volontà, rilassa i muscoli facciali e inghiotte tutto ciò che la situazione e la notizia hanno creato. Riaprirebbe gli occhi sol quando tutto sarà finito, lasciando in viso un'unica espressione: il gelo più totale. Le labbra sono una striscia piatta sotto al piccolo naso della giovane Nara. Lascia che si sfoghi perché può comprenderlo. Gli permette di distruggersi la mano senza fermarlo perché lei fece la stessa cosa. Condividono -ancora una volta- un passato tragico che per il ragazzo è nient'altro che il presente. Ryota Nara uccise Kaneko Uzumaki per i suoi loschi scopi, lasciando dunque la fanciulla orfana all'età di neanche dieci anni, fingendosi poi morto a sua volta. Anni dopo, adolescente ma matura, lo sconfigge assieme al Nono e mette fine alla miserabile vita d'un Mukenin. Ciò che vede in Yosai adesso, quel che riesce ad assorbire come una spugna, è nient'altro il dolore. Quell'oscuro demone che ti si posa sul cuore e sulla bocca dello stomaco e non va via. Lo ha provato per così tanto tempo da farselo amico; così tanto da portarselo sulle spalle come un fardello. Un fardello che, col passare degli anni, s'è ingigantito per assicurarsi anche quello degli altri. Non versa lacrima alcuna per quanto il corpo la spingerebbe a fare proprio questo. A vedere le sue lacrime, ci ha pensato già Ryuka e non ne lascerà uscir delle altre. Lo guarda dall'alto, lui lì chinato a prendere a pugni il terreno. <...> La lieve brezza ne smuove i ciuffi e le vesti. Sposta il pié manco indietro, inchinandosi per poter raggiungere la sua stessa altezza per quanto egli appaia comunque il doppio della Nara. La mano, che dapprima ne aveva serrato l'avambraccio, scende a contatto con quella che sbatte ripetutamente e con forza contro il terreno. Cerca di cingerne il dorso ed il polso, mettendovi or vera forza [Forza: 60] per fermare la sua offensiva ai danni di se stesso, onde evitare che si massacri più del dovuto. Deve sfogarsi, certo, ma non su se stesso. <Massacrarti non la riporterà indietro.> Gli sussurra, flebile. Il busto sarebbe lievemente chinato, senza intervenire eccessivamente nel suo spazio vitale se non fosse per quella mano che gli andrebbe a stringere il polso, ammesso egli non la scacci via. Non sarebbe neanche fuori luogo. <Urla.> Aggiunge col medesimo tono. <Dà un pugno alla sottoscritta, se necessario.> Eccola, la solita stupida Furaya che cerca di accollarsi su di sé il dolore degli altri pur di non sentire il proprio. <Non osare tenerti tutto dentro.> Appare quasi un ordine nei di lui confronti. Il problema è che lei stessa non sa come affrontare questa incresciosa situazione, pur essendovisi trovata in mezzo anni prima. Quali sarebbero le giuste parole da usare? Quali, invece, andrebbero evitate? Non lo sa. Non riesce a capire. Empatica, certo. Non abbastanza. Ignora or le guardie, gli Anbu, qualsiasi persona circoli loro attorno nell'accampamento. Esistono soltanto Furaya, Yosai ed il dolore. [Chakra ON]

16:42 Yosai:
 Sangue e lacrime e dolore. Dicevamo. E la situazione non cambia. Ancora una volta accecato dal sordo furore non senti la sua colpevolezza. La sua ammissione. Non ancora almeno. Concentrato su quelle immagini. Che voce ha tua madre? Te lo ricordi? Perché non riesci a rievocarla? Quanto ardentemente la vorresti sentire di nuovo, un’ultima volta? Non c’è cosa che vorresti di più al mondo, probabilmente. Se non continuare a farti male. Te lo diceva proprio lei, da ragazzino “se ti fa male mentre ti strappo il cerotto datti un pizzico da un’altra parte, così non ci pensi” forza allora. Spezzati tutte le dita della mano, e poi il polso e poi continua. Forse allora non ci penserai più. Forse allora avrai sofferto abbastanza. Eppure d’un tratto qualcosa di inamovibile t’arresta. Non sei in grado di contrapporre una forza sufficiente. Non senza il chakra. E forse neanche con quello. Apri gli occhi chiusi. Hai la faccia sporca di terra, lacrime e polvere. Eccoti. L’animale che sei. Resti li con la fronte per terra e il braccio bloccato, lo sguardo sgranato dalla sorpresa. Poi capisci. Quel ronzio che senti non è un ronzio. È una voce. La ascolti, e un’altra esplosione di adrenalina ti coglie. E ancora una volta la ragione non c’è. È lontana. È assente. Sei follia ora, e come un folle reagisci <non osare> un sibilo. Non un urlo. Non uno sfogo. Mentre di colpo ti raddrizzi. Non sulle ginocchia. Quelle sono troppo deboli. Drizzi la colonna vertebrale inarcandola all’indietro e tirando letteralmente via la spalla con tutto il braccio. Schifato da quel tocco <a te dovrei dare un pugno?> sibili ancora spingendo le parole a lacerarsi fra i denti, con la voce spezzata dai singulti del pianto. La osservi. Con la faccia sporcata dalla polvere che tu stesso hai alzato, rigata dalle lacrime che ad essa s’impastano. La osservi con tutto l’odio che hai dentro. Resti in ginocchio con i glutei sui talloni, gli avambracci inerti sulle cosce, uno dei due, il destro, trema vistosamente < a te che non ti sei fatta nemmeno prendere per il bavero MENTRE MI DICEVI CHE HAI PERMESSO CHE MIA MADRE VENISSE SCANNATA?> oh quanto poco sei in grado di gestire le tue emozioni? Rugisci ora, senza provare il minimo senso di liberazione. Per poi far saettare verso l’alto di nuovo il bracco destro chiuso in pugno con l’indice alzato. L’indice ridotto ad una pallida imitazione cremisi di ciò che era <tu lo sapevi> ancora un sibilo. Mentre reprimi, sfigurando il tuo viso in un’espressione di rabbia oscena, il bisogno di scaraventarti su di lei con tutta la rabbia che hai < Appena giunti su quest’isola di merda ho portato in spalla nel tuo accampamento il corpo di mio padre> trema la voce, trema ogni oncia del tuo essere, pronto a crollare, ancora. < poco dopo ti ho chiesto dove poter trovare informazioni sul Demone Rosso> nell’incontro in cui l’hai conosciuta, e le hai chiesto dell’armatura <la settimana scorsa ero nel retro della tua tenta, e ti ho detto che volevo tornare a casa perché avevo bisogno di parlare con la mia famiglia. “IL DEMONE ROSSO, PRIMA DI SPARIRE, HA MESSO NEL MIRINO MIA MADRE”. QUESTO TI HO RIVELATO”> le urli contro, travolto dalla disperazione di quel ricordo. Ripercorrendo in generale le tappe del tuo calvario da quando sei venuto a conoscenza di quelle infauste origini. Avresti potuto avvertirla. Portarli via. Fare qualcosa. Difenderli o comunque morire ed evitare di sopravvivere a questo strazio. Non sei stato abbastanza convincente. Avresti dovuto convincerla. Convincerla o disertare. E invece ti sei attenuto alle regole, e questo è il risultato. La conclusione alla quale puoi giungere, caro Yosai, è solo una. Le regole saranno sempre un limite per quelli come te. Lentamente i lineamenti distorti del tuo volto, sembrano cercare una quiete. Fremi e piangi, piangi e fremi, ma nient’altro. Questo vuol dire non sfogare le emozioni. Spegnere la luce e perdere il controllo.

17:22 Furaya:
 Rabbia e orgoglio vanno di pari passo. La Nara rimuove la prima, ma permane il secondo. Esso, però, è quasi costretto a vacillare quando Yosai si sottrae alla sua stretta in malo modo. Ne ha tutte le ragioni. Per la prima volta dopo tanto tempo, non sa cosa fare. Errore di calcolo che è costata la vita ad una persona. Non sapeva che il Demone Rosso si fosse alleato col finto Dio e con Hotsuma Oboro, tanto meno sapeva che quest'ultimo cospirasse fin quando non l'ha affrontato direttamente. Cosa ne poteva sapere lei? Poteva immaginarlo? Certo. Fino all'ultimo, però, si ipotizzava che la trappola vertesse sull'accampamento e non direttamente sul Villaggio. S'era anche supposto che la minaccia che pendeva su Konoha fosse esclusivamente un piano fasullo, che le parole dell'Oboro fossero soltanto un metodo per tenerli impegnati e far pendere l'ago della bilancia -segnante la decisione finale- sia dal lato giusto che da quello sbagliato. Gli occhi non si spostano dal corpo dell'Akimichi, dalla propria mano che è rimasta a mezz'aria con le dita lievemente divaricate tra di loro. Accolgono l'aria, le richiude con rinnovata forza e riporta la mano stessa a contatto con il fianco. Si rimette in piedi, compiendo un paio di passi all'indietro per ovviare all'evidente problematica attuale. E' arrabbiato. E' giusto. E' normale. Lo comprende, ma a volte l'empatia e la comprensione non sono affatto ciò che la gente vorrebbe. Sicuramente, in situazioni analoghe, lei stessa avrebbe desiderato riavere indietro il corpo del genitore defunto e non la notizia della sua morte. Si sobbarca, di nuovo, di tutte le colpe possibili che le possono venire attribuite. Tutte. Glielo ha chiesto proprio la Nara e lo accetta come se fosse una pena di morte. <A me, esatto. Proprio perché l'errore è stato il mio.> Non ha potuto prevedere in nessun modo che ci fosse un duplice attacco. La Dislocazione appresa grazie a Yukio non è bastata per scongiurare il peggio. Aveva bisogno di ben altro, più forza e più reattività. Agire da sola per non mettere in pericolo il Villaggio ed i suoi Ninja, ahimè, ha appena portato a galla una falla nel sistema di Furaya: Konoha non è formata soltanto dall'Hokage, ma dai Ninja. Ogni Ninja ha un ruolo fondamentale e, per quanto lei volesse solo difenderli per evitare che non si gettassero a capofitto in una guerra, la stessa guerra che lei a tutti i costi ha cercato di evitare e arginare, ciò ha comportato la perdita d'un nuovo numero di gente. Dannato orgoglio. Forse, farsi prendere dal bavero avrebbe risolto tutto. L'orgoglio, messosi di mezzo, le ha sussurrato di non lasciarselo far fare. <Qualora avessi raggiunto il Villaggio e ti fossi scontrato col Demone Rosso in persona, un ricercato d'alto rango al momento attuale, saresti riuscito a difendere tutti quelli che lui minacciava? Saresti riuscito a difendere te stesso?> Non è uno dei Genin o dei Chunin che si può trovare davanti in missione. E' un uomo d'elevate capacità che rischiava di mettere fine anche alla vita di Yosai stesso, il quale aveva però valide motivazioni per tornare al Villaggio. La missione, tuttavia, non prevedeva la presenza di nessun altro poiché difficile e con un alto tasso di possibili scelte sbagliate. Lo senti il macigno, Furaya? Quel macigno che hai giurato di portare sulle tue spalle finché la morte non ti separi dal Villaggio? Senti -adesso- il suo dannatissimo peso che sarebbe dovuto essere equilibrato sui Ninja e non soltanto sulla tua dannatissima schiena? Gli errori portano conseguenze. <Pensi che non ci fossero validi Ninja anche nel Quartiere degli Akimichi? Pensi che all'ingresso di Konoha gli Anbu non abbiano combattuto? Pensi che soltanto -tua madre- sia caduta in battaglia?> Una vena le compare sulla fronte, ma trattiene ogni possibile sfogo e moto di rabbia che potrebbe uscirne. Piega solo un sopracciglio, restando a fissarlo. Il tono è piatto, ma al termine le sfugge una nota incrinata e la rigetta indietro con un fastidioso mordersi del labbro inferiore, dall'interno. <Credi davvero che io abbia voluto fermarti, giorni addietro, soltanto per attingere dal mio potere di Hokage e bloccare sul nascere le tue buone intenzioni? Credi sia stato compiuto soltanto per farti rispettare delle regole?> Glielo chiede direttamente ora, mantenendo un tono sì basso, ma abbastanza per essere udito dall'Akimichi che gli stanzia di fronte. Lei è perfettamente ferma, pronta a farsi prendere a cazzotti s'è questo ciò che lui vuole. Perché non dovrebbe farlo? S'è addossata la colpa, è bene che paghi, è giusto che si fustighi sin alla fine dei tempi come le frustate che s'è beccata sulla schiena anni fa. <Volevo tenerti al sicuro da lui.> Le sue emozioni lo avrebbero danneggiato e la sua stessa forza non è sufficiente per abbattere un essere che ha osato tanto. Sul Ponte, dove gli uccise il padre, anche Yosai dovrebbe averlo capito. Però... Però, cosa gli si può dire? Che ha torto? Ovviamente, no. Tutto quel che sciorina fuori dalla propria bocca le infliggono una coltellata: stomaco, polmone, cuore. Una dietro l'altra. Ha imparato ad incassarli, quei colpi. Ci si lascia colpire come se fossero davvero i pugni del ragazzo che la colpiscono in pieno. L'ultima frase -consapevole- potrebbe farlo scattare davvero, eppure non si sposta. Non lo fa per cattiveria, questo va sottolineato. Mette sempre davanti i Ninja. Questa volta, questa dannatissima volta, non l'ha fatto abbastanza. E non se lo perdonerà mai. Come potrebbe? E' una cicatrice che s'aggiunge a quelle che già ha nell'animo, quelle che s'erano appena rinsaldate e richiuse. <Mi dispiace.> Sussurra, la voce or rotta dal pianto che trattiene, dalla rabbia che lo sovrasta. Un sussurro che non significa niente e che può significare tutto. Non è facile neanche per lei. Deve apparire come il baluardo di Konoha, ma non può permettersi nessun errore. E' questo il paradosso. Lei è l'unica, lì in mezzo, che non può permettersi fallimenti di nessun tipo. Inspira profondamente e si prepara ad accettarne le conseguenze. [Chakra ON]

18:06 Yosai:
 La osservi mentre si allontana da te e ti parla. Devi darti un contegno. Devi sforzarti. Fai una gran fatica a quelle prime parole a distinguere a tacitare il ronzio perenne che ti porti dentro. Non la vuoi quella voce. Non per capriccio, ma perché te lo chiede il cuore. Sai che starla a sentire ti porterà altro dolore. Eppure riconoscile almeno, prima di darle colpe, il valore che si merita chi ha deciso di venirti a parlare di persona. Lei s’è abbassata a tanto. Riconosciglielo. Ed è così che tiri su col naso e. senza impedire che le lacrime scendono. Pianti le punte dei piedi a terra e indietreggi finchè non ti trovi issato su di esse, per poi far forza sulle ginocchia e issarti in tutta la tua altezza. Tremano le ginocchia, ma non solo. Non ti accorgi delle gocce di sangue che cadono a terra. Sei travolto da impeti d’ira e di disperazione che scuotono ogniuno di quei muscoli rocciosi che ti compone. Mentre dentro torni a percepire il vuoto che ti completa ormai da tempo. Ti sforzi di comprenderla e di guardarla negli occhi. Riuscirai a parlarle senza urlare ancora? Non ti serve. Non ti da alcuna soddisfazione. Non ti libera. Non ti sfoga. Tanto vale evitare. Solo lacrime silenziose che senza un fremito dell’occhio vengono riversate ad infangarsi con la polvere che hai in faccia e a cadere, scure e sporche, a terra. Ti arrivano quelle domande. Domande che nella tua testa devastata servono a discolparla. E tu non fai altro che stringere entrambi i pugni. Compreso quello martoriato, sentendone il calore del dolore espandersi su tutto il corpo <non importa quello che penso io, Furaya.> gelido come una serpe, o almeno così pensi, non la avverti la voce tremolante d’ira e di pianto isterico <importa che ti avevo avvisato. Importa che alla fine quel bastardo si è sentito libero di darmi delle informazioni perché tanto sapeva che non sarebbero servite a niente> un sorriso amaro, che si scioglie presto nell’espressione del pianto. Istintivamente ti volti. Volti le spalle possenti dandole l’ampia schiena da guardare. Come fai a vergognarti dopo lo spettacolo che hai dato? Perché non è la rabbia adesso. Quella ti logorerà o ti darà la forza finchè non avrai dato a tuo padre ciò che merita. Adesso c’è la disperazione. E la disperazione è qualcosa di intimo. Non lo puoi mostrare ad un tuo superiore come lei si sta sforzando di non farlo con te. E allora andate avanti, granitiche colonne di convinzioni sbriciolate ma tenute in piedi da chissà cosa. andate avanti con l’orgoglio. Solo qualora avessi ripreso il controllo ti volti di nuovo <non mi importa degli altri, Furaya. Non mi importa di un villaggio che non ho mai sentito mio quando ci vivevo e dal quale sono uscito per sostanzialmente mai farci ritorno> ancora adesso, sei li su quest’isola. <Degli altri è compito tuo. Del villaggio è compito tuo. Io so solo che…> no. Non dirlo. MALEDIZIONE non essere così cattivo. Ti volti. Trovi il coraggio e le mostri tutta la disperazione di cui sei capace. Non quella d’un combattente incazzato. Quella di un figlio disperato perché gli è crollato il mondo addosso. E se ne fotte del resto, perché è un figlio. Quel “mi dispiace” ti arriva come l’ultima pugnalata che sei disposto a sopportare. <NON ERA ME!> sbotti. <non era me che dovevi tenere al sicuro, Furaya. Tu sapevi che lui era qui, perché ti ho portato un cadavere, e tu sapevi qual era il suo obbiettivo> ringhi avvicinandoti. Non puoi essere minaccioso in nessun modo, è la rabbia che non riuscirai mai a contenere del tutto <è PER QUESTO che non sono io quello da proteggere, Furaya> ti danno fastidio quegli occhi bagnati, così alzi la destra per asciugarti la guancia, ma te la strisci di sangue <è PER QUESTO che non lo prenderete mai! Perché nonostante lui abbia fatto arrivare a voi i suoi obbiettivi, questo è stato il risultato> solo adesso, preda della collera e dell’istinto. Ti appare chiaro il disegno, come chiaro lo avevi la sera in cui è morto tuo padre <sarà sempre un passo avanti> commenti asciugando e insanguinando anche l’altro occhio. Ce l’hai la soluzione? Oh certo che ce l’hai balugina nei tuoi occhi risucchiando indietro le lacrime. E la fiamma scusa e fredda s’accende.

18:53 Furaya:
 Non importa. Ma cos'è importante e cosa no allo stato attuale delle cose? E' importante il fatto che Yosai sia ferito, abbattuto, rassegnato. Non è importante ciò che attanaglia la Nara, le sue emozioni e i suoi sensi di colpa. Ricaccia indietro ogni singola parte d'essi, volendo che sparisca e venga sotterrata da cumuli di frantumi e macerie. Il suo stesso corpo che cade a pezzi, vacillando. Non si scosta, non oserà cadere e non davanti a lui che già la vede di pessimo occhio, adesso. Stringe ancor il pugno, rasente alla coscia. Lo sguardo è glaciale, vitreo, volendo a tutti i costi nascondere la tristezza che ti attanaglia le viscere e che risale, lenta come un male incurabile, sin al cuore. Esso l'accoglie, ci si lascia abbracciare e, lentamente, scompare sotto la mole creatasi e dettata esclusivamente dal dolore. In un momento del genere, avrebbe preferito piangere. Di fronte a chi ha già versato lacrime e sangue, però, non basterebbe e non gli donerebbe il giusto rispetto che merita. La colpa, purtroppo, non è soltanto del Demone Rosso. E' da attribuire anche alla donna che, per quanto di nobili gesti si stia parlando, ha optato per la salvaguardia del Villaggio e non del singolo. Eppure... voialtri, Yosai stesso nella sua posizione, cosa avreste fatto? V'è anche da aggiungere che il confronto è stato incrociato e che -nessuno- nessuno poteva sapere che pur il Demone Rosso avrebbe attaccato con egual foga del Mizukage e nello stesso momento. Si dà la colpa per non averlo immaginato, per non aver unito i puntini e per non essersene resa conto in tempo. E' costretta a chinare di nuovo lo sguardo quando lui le volta la schiena, incapace di guardarla ora negli occhi. Come biasimarlo, ancora una volta? <A me importa del mio Villaggio tanto quanto mi importa di te.> Prendendo lui come punta di riferimento, ma potendo occupare quell'equazione anche altri Ninja e cittadini della Foglia. Quando ha sentito di Konoha che rischiava d'essere sott'attacco, ci s'è fiondata senza batter ciglio: perché è questo che fa un Hokage, secondo il suo pensiero, secondo il suo modo di pensare. Non poteva starsene con le mani in mano, eppure non poteva neanche pianificare il salvataggio da due fronti quando si presumeva che il problema fosse soltanto Hotsuma. L'alleanza creatasi col Dio l'ha scoperta soltanto quand'è stato troppo tardi, compresa la presenza del Demone Rosso dall'altro lato. <Proprio perché del Villaggio è compito mio, mi sto addossando le colpe che merito.> Irrigidisce di nuovo la muscolatura facciale, piegando le braccia che vengono portate ad altezza dello stomaco. Le incrocia, si stringe da sé in un abbraccio confortante che possa darle la forza di continuare ad affrontare una discussione tanto spinosa e fastidiosa. <Te lo giuro.> Sussurra, guardandogli le larghe spalle e la muscolosa schiena. Probabilmente, deve soltanto aspettare che tutto questo passi, che la rabbia cessi e che possa iniziare a pensare nuovamente con la mente sgombra da simili pensieri. Forse... gli serve soltanto del tempo per metabolizzare. Serve a tutti quando si ricevono notizie del genere. Lo spera davvero tanto, non vuol certo che lui parta allo sbaraglio per vendicarsi. Era ciò che voleva evitasse di fare fin da subito, si trattava d'uno dei motivi che l'hanno convinta a non fargli raggiungere Konoha prima che avesse scongiurato il pericolo. <Ti giuro che ti porterò il suo corpo, qui. E se non vuoi credere alle mie parole, crederai ai fatti.> La rabbia che le monta dentro, che cresce e la inonda. Le ricorda quando combatté contro suo padre, la battaglia precedente era quella di pensare a come fermarlo, come riuscire a fare in modo che lui non fosse mai più un passo davanti al loro. Rammenta ogni singola giornata precedente alla battaglia finale, quelle giornate talmente lunghe d'averla logorata dall'interno, quei periodi bui in cui non sapeva più dove sbattere la testa per fermarlo ed evitare che distruggesse altre persone od il Villaggio stesso. Ricordi nefasti d'un passato oscuro. <Riprenderò la fiducia che ho perso nei tuoi confronti.> Glielo premette, seppur a quegli non gliene interessi più un fico secco. Glielo promette perché glielo deve. Lei non pensa a se stessa. Se lui si sfogasse ancora sulle emozioni della Nara, lei non lo incolperebbe ed anzi lo lascerebbe fare. Lo reputa giusto così com'è altrettanto giusto che si prenda le colpe e le assorba. Non devono soffrire loro, può tollerare tutto ciò che le finisce addosso se ciò vien fatto per il bene del Villaggio e di chiunque altro lo includa. <Sii libero di fare le tue scelte.> Alludendo tra le righe alle scelte che ha lasciato libere ai membri di Konoha che attualmente si trovano a Kiri per aiutare l'Alleanza e il Villaggio che ha chiesto loro aiuto. Conclude così perché, al momento, non ha altre parole da poter esporre in sua direzione. Scruta la granitica schiena come se essa possa darle le risposte che cerca, quando in realtà or vorrebbe soltanto sparire e sotterrarsi, ma non l'è concesso neppur questo. [Chakra ON]

19:28 Yosai:
 Quanto è bello sentirsi dalla parte della ragione. Mh? Quanto è bello sparare sentenze ragionando sul senno di poi. Bravi tutto così. A questo punto ti sei spinto. A questo livello di bassezze ti sei spinto nei confronti d’una donna dal così alto livello da responsabilità da stare ancora a sentire le tue castronerie. Tutto questo non puoi saperlo. Puoi solo notare quella donna davanti a se fare leva su tutto ciò di cui dispone per esserti affianco. E questo lo rispetti. Non puoi far altro. Eppure qualcosa s’è rotto in te, come ogni volta che soffri a tal punto. Quando senti il primo “te lo giuro” sgrani lo sguardo e quasi abbozzi un passo indietro. Quasi spaventato, perché? tenteresti, al “ti porterò” della seconda frase, di spingerti in avanti sia con il corpo che con il braccio destro. Che tenterebbe di salire fino a esser portato al viso di lei, tentando di poggiare. In una maniera forse sgraziata e irruente, ma non violenta, le dita sulle sue labbra <no.> tenti di fermare quel giuramento con tutto quello che hai adesso. Fai quasi per finirle addosso, ma ti ricordi che hai delle gambe, e ne pianti una davanti a te, a pochi centimetri dai suoi piedi. Piegando il capo. Sei stanco anche di vivere, figurarsi fere gesti di questo tipo <non lo fare> eccola la supplica. Un sussurro spinto verso la donna che hai a pochi centimetri da te. Non c’è nulla se non disperazione e supplica nei tuoi occhi. Nelle tue parole <non mi portare via la vendetta… Non potrei odiarmi più di quanto mi odio adesso> eccolo il vero destinatario del suo odio. Colui che quando lei finirà di dedicarti il suo tempo, quando tutti quanti ti lasceranno solo, nella tua tenda. Tu segretamente distruggerai con il tuo odio. Te stesso. <Se è vero quello che mi hai detto su tuo padre, sai bene come deve finire.> eccoli finalmente. Con quelle dita insanguinate che adesso, qualora il gesto sarebbe riuscito, s’abbasserebbero lasciando il gigante riverso su se stesso con lei poco distante, più in basso, con quelle dita s’è ristabilito il contatto dell’odio <Tu lo sai che è me che vuole. Tu lo hai capito.> un impeto. <Sei una Nara. Sono sicuro che hai colto i suoi piani> tu li hai ben chiari in testa. Tu hai capito. E se non fosse così, ti porterai quella convinzione nella tomba <Mi sta togliendo i legami, Furaya, mi sta togliendo tutto ciò che ho perché sa che i miei legami sono ciò che mi rendono diverso da lui> lasci che due lacrime cadano ancora <è per questo che nessuno ha mai capito come pensa. È per questo che non devi temere la mia incolumità.> Nessuno tranne te, perché tu sei come lui. Lo sei stato. Per otto anni, e anche in quel periodo è riuscito a toglierti il tuo unico legame. Il tuo sensei. Quale il verdetto alla fine? <Perché è una bestia che vuole un’altra bestia al suo fianco> Nessun legame, nessun risentimento. Solo distruzione <L’unico modo che ho per porre fine a questo gioco al massacro è privarmene da solo.> due lacrime ancora. Un cuore spezzato, tanta rabbia. <Perché quello che a lui sfugge è che solo una bestia può stanarne un’altra> ecco il legame che ti lega con lui. Il tuo destino. È così che ragionate, tu e lui. Degno figlio di tuo padre. Complimenti. Ti casca il capo, quasi a sfiorare la fronte di lei se non fi fosse allontanata. Ti casca sul tuo coprifronte. Osservi quel simbolo. Cosa significa per te? La mano sinistra, sana. Lenta s’avvia dietro la schiena a slegare la fascia. La destra, altrettanto lentamente, lo afferra impedendo che caschi. Lo osservi <io devo..> devi fare qualcosa. Ma cosa? perché hai così pochi strumenti? <devo…> dillo? Lacrime e sangue ora imbrattano il simbolo di Konoha tra le tue mani, insinuandosi nella spirale in un perfido gioco di significati.. piangi e basta. Non ce la fai ad andare avanti. Ma lei ti ha chiesto una scelta. Che farai?

20:15 Furaya:
 Non è facile né la parte della ragione né quella di chi è in errore. Perché, per quanto si sia nel giusto, il dolore che si prova è una magagna inimmaginabile che non ti lascia andare. Ed è questo ciò che Yosai prova, lei lo può immaginare così bene. Come quando si trovava lei nel giusto e suo padre nel torto, quando nonostante questo il dolore l'ha condotta in una spirale infinita dalla quale è uscita con molta fatica e solo dopo molti anni. Lo vede arrivare, alzarsi da terra, allungare il braccio. Immagina soltanto ciò che potrebbe volerle fare, ma sbaglia. Si ritrova a bloccare il proprio dire, con le labbra socchiuse che lasciano sol fluire all'esterno caldo respiro. <...> Sgrana appena gli occhi, abbassando proprio questi ultimi all'indirizzo delle di lui dita che vengono poggiate con poca grazia, ma con delicatezza. <Non ho mai detto che ti porterò via la vendetta.> Può sembrare che l'abbia fatto, ma non è così. Non ha concluso il di lei dire e occorre che possa venir fatto in questo momento. Distanzierebbe appena il capo all'indietro, di pochi millimetri, cosicché le labbra si stacchino dalle sue dita sporche di sangue e terra. Non effettua alcun passo, però, per allontanarsi eccessivamente. Non ha paura di lui e, seppur ne avesse, sarebbe rimasta comunque lì imperterrita ad affrontare il proprio destino. Le iridi risalgono al viso deturpato dell'uomo, sulle cui guance ancor scendono silenziose le lacrime per la scoperta d'aver perso una persona a lui tanto cara. Le rispetta abbastanza da sapere che starsene zitta non servirà a niente. Le rispetta tanto da esser costretta a prendere di nuovo la parola. <Ciò che intendo dire è che ti porterò il corpo "vivo". Lo catturerò e lo lascerò in vita. Solo per portarlo da te e fare in modo che tu possa vendicarti. E' la vendetta che cerchi Yosai, te l'ho negata ma è ingiusto.> In un modo tutto malato di vedere le cose, la Nara intende andar a combattere -ancora una volta- pur di non mandarci -di nuovo- l'Akimichi che ha davanti, aggirando la questione con una promessa spinosa che, però, l'altro è libero d'accettare o meno. Qualsiasi sia la risposta, or che la donna se l'è messo in testa, non cambierà le intenzioni altrui. <Con mio padre, finì esattamente così. Il Nono ed io combattemmo, ma ero troppo debole per affrontarlo all'epoca. Mi lasciò libera scelta alla fine: consegnarlo al carcere od ucciderlo.> Lo sguardo appare nuovamente vitreo, raccontando quanto successe molti anni addietro con il Traditore della Foglia che venne, appunto, ucciso. Non ha bisogno di risposte una domanda del genere poiché il carcere non lo ha mai visto, se non quando sciolse una parete per far evadere l'Ottavo Hokage di Konoha, Kuugo Gaito. Le dita, dopo qualche altro attimo a sostare sulle labbra della donna, cadono dabbasso e la lasciano libera, in un certo senso. Libertà che s'è presa comunque, a prescindere dalla posizione di quelle. <Tuo padre sta agendo come il mio.> Un piccolo sorrisetto, amaro, appare sul di lei viso. <E ho quasi il timore che si siano persino conosciuti in passato.> Trova delle analogie tra i due metodi di pensiero ed i modi di fare che sono molto simili al pazzo Nara che visse anni or sono. Due mentalità simili per quanto differenti fossero. Così simili. In Yosai, rivede se stessa e non può far a meno che cercare d'aiutarlo. Quando accade la guerra contro Ryota, lei stessa aveva soltanto bisogno d'aiuto e questo è il momento sbagliato -il più sbagliato in assoluto- per lasciare solo qualcuno che sta provando un immane dolore. Gli sfiora piano la fronte, avvicinandosi lentamente e chiudendo gli occhi, riposando la rabbia che ribolle in essi e che tenta di tenere nascosto. Gli sta offrendo l'aiuto che è mancato, probabilmente ora ch'è troppo tardi, ma pretende di stargli affianco perché non intende abbandonare nessuno. Tuttavia, gli viene comunque lasciata la libertà di scelta: restare oppure tornare al Villaggio, ammesso non abbia in mente tutt'altro, sia chiaro. <Posso essere bestia anch'io. Mi sono sporcata le mani di sangue in passato ed era ciò che mai più intendevo fare da quando la pace è stata instaurata. Se c'è una cosa che ho capito -davvero, adesso- è che le mie mani torneranno a sporcarsi se non staniamo il Demone Rosso.> Plurale. Esatto. Non lo abbandonerà. Per quanto lui voglia magari esser lasciato solo, per quanto lui non si fida più della massima figura di Konoha, lei non cede. Non si farà togliere le sue ideologie e ciò che con esse è cresciuto dentro di sé. <Dillo, Yosai.> Gli sussurra ancora a quella distanza effimera. Non lo tocca, neppur la fronte sarebbe agiata su quella dell'altro, bensì la sfiora. Un tacito consenso? Un silenzioso aiuto? Tanto zitta non pare. <Non posso decidere per te, ma posso scegliere di combattere per *te*.> E torna, sol adesso, a porsi in silenzio e a permettergli di decidere. Non s'intromette più, vuole soltanto che lui riesca a ragionare con la propria testa e prenda una decisione, anche in virtù di ciò che finora gli ha osato dire. [Chakra ON]

21:04 Yosai:
 Storie su storie, ricorsi su ricorsi mentre osservi quel coprifronte, tra le tue mani. Di colpo allarghi lo sguardo. un tocco sulla tua fronte rovente e sfregiata. Ascolti la sua storia. È la tua. Non puoi negarlo. Eppure senti urlare dentro di te il bisogno di viverla da solo. Che ti venga lasciato almeno quel diritto. Dall’altra parte la voce di chi ti dice che qualcuno che ti porge la mano non si trova tanto spesso. Non in quel modo. Non in maniera completamente disinteressata, solo per spirito… di cosa? di sacrificio? Del dovere? Masochismo forse? Non hai modo di saperlo e in questo momento non ti interessa. Quel tocco ha un effetto anche su di te. Dandoti la forza di ridare alla spina dorsale le sue curve anatomiche. Raddrizzando le spalle e il capo, che resta comunque rivolto verso il basso, per guardarla. Come se ti avesse dato, in aggiunta a tutto questo, parte della sua forza. Ascolti quelle parole che ti rivelano quanto ti fossi sbagliato sulla proposta che stava per farti. La ascolti fino alla fine, finchè non ti ha spronato a parlare, finchè non ha pronunciato quella seconda persona singolare spingendo lo sguardo nel suo. Quanta forza deve volerci. Eppure tu non parli. Non subito. Stringi il coprifronte con tutta la forza e il dolore che la mano destra possono darti. Quel plurale ti ha scosso. <Se pensi di esserne in grado hai il dovere di sporcarti le mani, Furaya> triste forse. Ma son pensieri espressi a parole <Per tutto il dolore che ha causato è tuo dovere fermarlo> non c’è rabbia, non c’è sarcasmo, non c’è ironia. Solo gelo <Non è una battaglia che devi combattere solo per me, lo sappiamo entrambi> certo che lo sapete <e se ti dovesse riuscire mi troverai alle porte del villaggio ad attenderti> oh e come. Stai accettando, quindi? <Ma fino a quel momento, se la libertà che mi hai promesso è vera. Mi lascerai seguire la mia strada> abbassi ambo le mani. La destra col coprifronte stretto in pugno <Io non mi sento un ninja di Konoha, Furaya> ecco. L’hai detto <Ho mai provato niente per questo villaggio e questo villaggio non ha mai provato niente per me, eccetto quei legami che ora sono stati recisi> eccola la voce che s’incrina di nuovo. Maledizione datti un contegno <Non ti sarei utile in alcun modo. Non ho intenzione di continuare a fare missioni con un chiodo fisso che sicuramente finirebbe per creare problemi, e magari altre vittime> inspiri, gonfiando il torace <Inoltre te l’ho detto. Sono convinto che lui voglia me e non esiterà a tranciare tutto quello che trova sul suo passaggio. E ne tu come Hokage, ne io come uomo, abbiamo intenzione di permettere che succede. Il modo migliore è che io mi allontani. Almeno finchè uno dei due non abbia compiuto il proprio destino> L’unico legame, resterà saranno le parole che ti stai scambiando con colei che, più di tutti vuole il tuo bene e quello del villaggio <Concluderò le missioni che ho acconsentito a svolgere, poi discuteremo> di nuovo gonfi l’enorme cassa toracica che ti ritrovi, < Non ho risentimento nei confronti tuoi ne del villaggio ma…> parli con una lucidità e una freddezza che non ti appartengono, ma se non altro questo ti è utile a riconoscere che non la odi. Che in fondo. Alla fine dell’immenso baratro di dolore che t’affligge, le riconosci che non è colpa sua. < Ma non sono un muratore e non ce la faccio a stare qui a svolgere missioni che mi distraggono e basta> Quale via scegliere, quindi, se nessuna delle due va bene? Semplice, andare fuori strada <Ti renderò il coprifronte se lo vorrai, o lo terrò, se preferirai, ma ho bisogno di potermi muovere senza altre cose a cui pensare, senza ordini e soprattutto senza legami...> fa male. E tanto <che non siano con te, qualora tu abbia una buona notizia da darmi> l’unica della quale ti importi. L’unica che potrebbe permetterti di rifarti una vita <Devo potermi concentrare ciò che mi muove. O morirò di distrazione> mormori alla fine. Tornando a posare lo sguardo su di lei. E non te ne vai? Niente uscite di scena? No. Certo che no. Vuoi sentirglielo dire. Perché tu alla fine ce l’hai fatta ad esprimere la tua volontà. La tua fiamma. Ora sta a lei decidere se la libertà che chiedi è quella che lei vuole concederti o è troppa. <Non ce la faccio a vivere in un mondo pieno di legami e di obblighi imposti da altri. Non ne sono capace. Non adesso> lo mormori con la stanchezza nel cuore. Parlando da uomo prima ancora che da Ninja o da qualsiasi cosa tu sia. Hai represso troppo a lungo la tua natura, nata e cresciuta nei boschi. Chi sarà capace di ritrovarti, se perderai il contatto con te stesso, con il vero te? La tua bussola morale chiama. Ha sempre governato quella e stare al gioco delle bussole altrui non ha aiutato. Attenti. Non distogli lo guardo.

21:46 Furaya:
 Masochismo. Sì, potrebbe trattarsi di questo. La necessità di infliggersi e farsi infliggere sempre più dolore. Sentire come esso penetri a fondo e vi resti attaccato, probabilmente per un periodo lungo ed indefinito. Lascia uscire dalle rosee carni socchiuse un lento e pesante sospiro, come se si stesse svuotando, come se si stesse liberando e al pari d'un peso che dalle spalle ti viene tolto all'improvviso, facendoti di nuovo respirare. Non le sta più urlando addosso e non versa altre lacrime. Anzi, recuperata la forza e l'orgoglio necessario a farlo, si rialza e le sosta frontale. A sua volta, per rispetto nei di lui confronti, raddrizza la colonna e solleva il capo, data la differenza d'altezza che tra i due vige. Vorrebbe abbassar lo sguardo, veder le proprie mani che -sicuramente- or vedrebbe soltanto tinte del cremisi liquido che vige in ogni essere vivente. Si trattiene e lascia che scrutino soltanto l'Akimichi, suo unico interesse in un intero accampamento, al momento. Non può opporsi alle sue parole, non intenderebbe neppur farlo. E quando avrà raccolto ben bene le idee per replicarvi, permette nuovamente alla lingua di muoversi e alle corde vocali di vibrare. <L'ho imparato a mie spese.> Se sei in grado di sporcarti le mani. Eccome se Furaya n'è in grado. Quante volte l'ha fatto? Quante volte è stata costretta a scegliere prima per gli altri e soltanto poi per se stessa? E' cresciuta così, e chi muore tondo non può certo desiderare o sperare di morire quadrato. Come detto poc'anzi, nel discorso precedente, lei non intende semplicemente più farlo s'è possibile evitarlo; che poi ne sia in grado è un dato di fatto, altrimenti non sarebbe a capo del Villaggio in questo momento. Annuisce soltanto, un breve movimento del capo, quando entrambi comprendono che quella battaglia non è esclusivamente per Yosai, non è esclusiva neppure della Nara. Che altro potrebbe dire, adesso? Lui ha perfettamente ragione e hanno trovato un punto d'incontro in questa brutta faida che li accomuna. <Lo avrai alle porte del Villaggio quanto prima.> Glielo promette, inspirando profondamente e irrigidendo ancor una volta la muscolatura facciale, stringendo i denti tra loro. Infuria la tempesta negli occhi e nel cuore della giovane, sentendosi vittima al contempo quanto Yosai d'un mostro che non merita pena alcuna se non la morte. Come Ryota. Come Kuugo. Come altri prima di lui. Come Hotsuma stesso. La morte è l'unica vera degna fine che possono avere e alla quale possono ambire Ninja di quel calibro, siano essi buoni o cattivi. La stessa Nara, qualora dovesse scegliere come morire, deciderà sempre di farlo sul campo di battaglia per difendere Konoha o i Konohani. Non sceglierà MAI altra morte, altra disgrazia. Il miscuglio d'emozioni che sente l'avvisa, stranamente, che qualcosa d'umano ce l'ha ancora anche lei, che non è soltanto una macchina da guerra che deve fermare chiunque osi opporsi a Konoha o voglia anche sol buttarla giù in qualche modo. Come le disse Ryuka, il Villaggio della Foglia è il baluardo della Pace che non verrà mai abbattuto. <La tua scelta, dunque, è questa.> Non c'è risentimento né rabbia nella propria voce, soltanto una consapevolezza che ha già maturato nell'arco di tutta la discussione che li ha visti partecipi, vicini e lontani, amici e nemici. Allontanarsi dal Villaggio per perseguire una propria vendetta, lasciandole però anche il compito d'affrontarlo e fermarlo qualora voglia anch'essa farlo. Lecito, non può negarlo. L'avrebbe fatto comunque perché adesso è una questione che riguarda anche lei, non soltanto più Yosai, non soltanto più gli Akimichi. Ha attaccato Konoha prima d'ogni altra cosa e non può perdonarglielo. Ha lasciato il libero arbitrio ai Ninja presenti sul territorio kiriano e non si rimangerà certo la parola data. L'onore e l'orgoglio scorrono e avanzano a pari passo nella donna. <Hai la tua libertà.> Gliela concede, anzi non può proprio tirarsi indietro. Sillaba e scandisce per bene le poche frasi che le resta da dirgli. Il tono è piatto, ma potrebbe accendersi lei la fiammella della speranza, una nuova. <Restiamo in contatto e conta sul mio aiuto ogni volta che vorrai. Non ti senti un Ninja di Konoha, ma da quando hai conferito quel coprifronte...> Che lui ancora stringe con forza tra le mani fin quasi a farsi male. <...per me lo sei diventato.> E' ciò che sancisce il passo da mero civile o allievo ad un livello avanzato, quel livello che permette a colui che lo possiede di avanzare nella carriera militare. Stende l'arto destrorso, rivolgendo il palmo aperto nei di lui confronti. Lo sguardo, poc'anzi abbassatosi per scrutare finalmente quelle mani e il coprifronte altrui, viene riportato a fissar le iridi dell'ormai divenuto uomo a tutti gli effetti. <Lascia il coprifronte a me.> L'unico legame che davvero li lega adesso. <Tornerai a riprendertelo quando vorrai, quando finalmente ti sentirai parte del Villaggio.> Vuole lasciare tra sé e lui un singolo filo che li possa tenere ancora uniti, nonostante tutto. Per lei così legata ai ricordi, alla gente che le passa di fianco e che in lei lascia un segno, questo è il metodo migliore per tenere sospesa anche una possibile promessa di ritorno da parte dell'Akimichi. <Il mio unico vincolo.> Sancisce, concludendo or questa giornata così lunga e pregna d'emozioni, tante da contarle ed è difficile, troppo, tenerle a bada. Aspetterà che il ragazzo le renda quella placca metallica, cosicché possa stringerci la mano attorno e avvertirne il calore che lui vi ha impresso finora, stringendolo. <Sii forte.> Lo saluta con quest'ultima frase, aspettando che sia Yosai ad allontanarsi per primo, scrutandolo andar via fin quando non sarà sparito alla sua vista. Sol allora, stringerebbe forte il pugno e s'avventurerebbe altrove, chiusa nella propria tenda o nel folto della Foresta. Gridare. Ecco ciò che le comunica di fare il cervello e ogni goccia d'adrenalina presente nel proprio corpo. E lo farà dove nessuno potrà sentirla. Non è un addio questo, Yosai, ma segui la tua strada. [END]

22:52 Yosai:
 Che ninja fortunato sei ad avere un Kage del genere. In poche, significative, pesantissime parole esprime la sua consapevolezza, quindi il suo giuramento, quindi la tua libertà. Eccolo lì, forse, il tuo primo, vero, nuovo legame con la foglia. O almeno, un primo filo tessuto. Ripensi a Tenshi e Onosuke. Probabilmente è bene anche per loro che tu vada. Chi ti sta intorno muore. Muore perché dietro di te c’è una bestia che ti vuole sciolto, senza legami, pronto ad essere quel che sei nato per essere. Mostro. E tu sarai mostro, sarai mostro peggiore di lui, lo divorerai e tornerai nuovo. Fa bene a tutta Konoha che tu stia lontano. Lo sapete entrambi. Finchè quella bestia sarà in grado di lanciare i suoi attacchi è bene che, se deve colpire, colpisca lontano da Konoha. Non lo fai per questo, no. A te di Konoha non importa. Ma forse a qualche suo abitante iniziavi a tenere. <Grazie> mormori piano guardandola negli occhi. Comprendendo il suo dolore come lei comprende il tuo. L’avambraccio destro, fasciato e insanguinato, si alza piano, abbassi il capo e osservi quella placca, con il drappo rosso che accarezza piano la brezza di kiri. Osservi quella placca sporca di terra, di lacrime e di sangue. osservi il simbolo della foglia, scavato nel metallo e riempito col tuo dolore al punto di essere una spirale cremisi su sfondo metallico. Per un attimo titubi. E se il Demone scoprisse anche questo legame? Avresti sulla coscienza un Kage. Sei così sicuro che lei non si farà ammazzare? No, non lo sei, ma puoi solo fidarti di lei. così le cedi il coprifronte, con un gesto lento. Come mai ci tieni tanto, adesso? Perché adesso significa qualcosa <io ho fiducia in te.> le mormori <so che non ti farai ammazzare> oh beh, bel complimento… ma forse, a comprenderne il ragionamento, le stai dicendo che può resistere a quella forza della natura. Alla quale si sono proposti entrambi di dare la caccia. Non ti interessa che per lei tu sia un ninja della foglia. È un fardello che dovrà portare lei sola. A te, adesso, interessa solo di quel legame. Sancito da quella placca. La osservi, la ascolti. Annuisci. <lo farò> rispondi annuendo <non morire…> di rimando, mentre un’ultima lacrima ti solca il viso sotto la luce ormai argentata della luna. Ti volti. Non hai finito di concederti al dolore. Hai appena cominciato a soffrire. Il tempo di una chiacchierata ha solo aperto la ferita, che deve ancora bruciare sul serio. Ma non ti lascerai andare davanti a lei <…almeno tu> passo dopo passo, lentamente ma con la maestosità della bestia ferita, t’allontani. Senza un altro fiato, senza un altro gesto, ma soprattutto… senza coprifronte.[END ç.ç]

L'Hokage è portatore anche di brutte notizie. Convoca Yosai per annunciargli della prematura morte della madre per mano del Demone Rosso. Com'è giusto sia, viene colto da un impeto di rabbia che culmina con un patto.

OFF: Io devo -davvero- ringraziare Yosai. DAVVERO. E' una delle role che ultimamente mi ha presa così tanto da farmi quasi commuovere per tutto ciò che ha portato con sé. GRAZIE davvero ç_ç ♥