Il Suo Coprifronte

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10:50 Yuukino:
  [Faro ≈ Padiglione] Una mattinata tranquilla, un po’ più delle precedenti nelle quali la giovane Genin si è dovuta confrontare sia con il passaggio di grado che con alcune missioni, l’ultima il giorno prima il cui compito era di rimettere in sesto un muro dell’ospedale distrutto durante la missione precedente - l’occasione migliore affinché ella potesse rimediare al danno al quale, parzialmente, ha compartecipato. Ora si ritrova lì, al faro, ombrello appoggiato ad una colonna di quel che pare essere un padiglione, come altri lì, atto a proteggerla dalla tempesta che lì intorno pare voler inghiottire tutto con la propria acqua. Lampi e tuoni si susseguono a distanza di qualche secondo mentre un vento piuttosto corposo soffia portando con sé umidi gocce di acqua salmastra che si depositano lì a pochi passi da lei liberando l’umidità contenuta che a sua volta si appiccica alle vesti. Lei indossa un kimono viola scuro, per l’occasione, che ricopre interamente il proprio corpo - a far contrasto è sicuramente la fascia rosea che le cinge la vita andando a restringere i lembi della veste dopo essersi aperta sul seno prosperoso. Al collo una sciarpa che riprende il colore della fascia è avvolta due volte su sé stessa coprendo una delle parti più esposte a quel tipo di clima. Ai piedi un paio di stivali in pelle dalla suola in gomma per evitare di essere fradicia al rientro. I capelli, lunghi, sono raccolti in una treccia la quale, a sua volta, è issata sul capo grazie ad uno chignon piuttosto ampio che pare essere una corona corvina sul capo di una principessa. Le uniche due ciocche, ribelli, della propria frangia ricadono ai lati del viso incorniciandolo - bianco come il latte se non fosse per quei due zaffiri incastonati ad una distanza simmetrica dal naso piccolo e le labbra ricoperte di un lucido rosato che rispetta il colore naturale di quelle protuberanze chiamate labbra. Alle orecchie, un paio di orecchini a forma di serpente - d’oro - penzolano e si muovono in sincronia con le folate che di tanto in tanto la vestono. Lo sguardo è rivolto all’orizzonte, come quello di una moglie che aspetta il proprio sposo - marinaio - che rientri da una pescata mattutina o da una battaglia navale. Le braccia ne cingono il corpo, proprio sotto al seno, come a volersi abbracciare da sola o, semmai, ad evitare che ogni sferzata d’aria le raggeli troppo il sangue. L’unica differenza rispetto ad altre volte, in momenti di ‘pace’, è il chakra che scorre nelle sue vene, veloce e poderoso che le è stato d’aiuto per arrivare lì indenne ma che può sempre tornare utile - come si suol dire: non si sa mai! [Chakra ON]

11:07 Yosai:
  [Piazzale del faro.] Tempesta. Come quella nel tuo animo. Come quella nei tuoi occhi. Tutto di te è tempesta. O non saresti Yosai. Entri nella scena con fare tutto sommato lento. Perché sei lì? Per lo stesso motivo per cui qualunque persona uscirebbe dalla propria tenda con quel tempo. Riflettere. Le leve spesse e tornite sono nascoste dall’ampio, nero pantalone di un chimono con la stoffa che s’immerge nelle strette fasciature da combattimento che sempre caratterizzano il tuo vestiario, color rosso cremisi, ti fasciano l’articolazione delle caviglie dalla pianta del piede fino a sotto il polpaccio squadrato. Risultando coperte in parte dai calzari ninja. Alla vita, a mo’ di cintura, campeggia il coprifronte di Konoha, senza il quale non esci mai dall’accampamento, ma che tutto sommato lasci volentieri in tenda appena puoi. Il torso, più simile al tronco di un albero che a quello di un’umana persona. È avvolto in una canotta nera in tessuto tecnico che aderisce come una seconda pelle alle forme scolpite dei muscoli che ad ogni movimento guizzano e si contorcono sotto di essa. Le spalle stondate son lasciare libere insieme alle braccia scolpite, lasciando alla vista gli spessi tratti del tatuaggio che ti disegna quasi per intero gli arti superiori. L’avambraccio tuttavia è nascosto dalle stesse fasciature che porti ai piedi, che nascondono la pelle da sotto il gomito fino alla prima falange delle dita spesse e forti. Il collo taurino sostiene un volto sottile, dai lineamenti ben definiti, decorato dalle ormai note cicatrici, la prima sull’occhio sinistro in verticale, la seconda sulla fronte in orizzontale. Lo sguardo blu, prepotente, scruta tutto ciò che il campo visivo ha da offrire. I capelli sono tenuti legati per la parte superiore del capo, sciolti per quella inferiore. Tutta la figura è completamente zuppa. I capelli appiccicati al cranio. Rivoli d’acqua ti percorrono il viso unendosi e disgregandosi, la canotta ha un colore lucido e i pantaloni sono pesanti. Ma non ti importa. Perché? Perche hai caldo. Scotti. Come sempre. Ovviamente non esci mai dall’accampamento senza aver impastato il chakra. Avresti quindi portato la mano sinistra a comporre il sigillo della mezza capra davanti al petto, per poi concentrarti su te stesso, andando a scovare prima l’origine dei tuoi pensieri, sensazioni, emozioni, risiedente nell’energia psichica, e di seguito l’origine del contrarsi dei tuoi muscoli, del fluire del tuo sangue, del battere del tuo cuore, trovando l’energia fisica. Avresti quindi portato entrambe le energie al plesso solare, impastandole l’una nell’altra, potendo così usufruire del violento chakra che ti scorre dentro, nel suo apparato circolatorio. Percorri il vialone principale del porto fino allo spiazzo antistante il faro. Che ne sa Yuukino che quello è il tuo posto prediletto? Forse niente, o forse glie l’hai detto. Quello che tu di sicuro non sai è che li, a pochi metri da te, in alto, c’è l’unica persona che vorresti affianco in questo momento. E come potresti saperlo. Solo col pensiero puoi raggiungerla in questo momento. Quell’unico filo diretto che vi lega in questa situazione difficile in cui l’alleanza si trova.[tentativo di impasto del chakra][Chakra ON]

11:26 Yuukino:
  [Faro ≈ Padiglione] La kusana è lì, in piedi. Fissa il vuoto mentre le orecchie, tese, ascoltano il rumore dell’acqua. Sembra una cantilena che la trasporta verso orizzonti lontani, una cantilena che viene interrotta a tratti. Son forse passi? E’ qualcuno che si sta avvicinando? O è la paranoia della guerra a far da padrona a qualsiasi azione, a qualsiasi rumore, a qualsiasi possibile pericolo. Le mani si stringono ancor di più in vita, incrociate, sotto al seno. Abbassa leggermente il viso, sulla cui fronte ampia troneggia il proprio coprifronte caratterizzato da tre angoli acuti che puntano in alto, seguiti da altrettanti verso il basso in quella che dovrebbe essere la stilizzazione di un campo erboso. Torce di poco il busto per cercare di scorgere, con lo sguardo, il luogo da cui quel rumore arriva - più che rumore è l’interruzione della pioggia con il suolo. Una specie di buco dove quelle gocce non toccano terra bensì dei piedi schioccano sul terreno fangoso producendo dei colpi secchi ed intermittenti. Inspira lei mentre punta gli occhi in quella direzione. La pioggia non consente di certo una visione chiara della figura ma è indubbio si tratti di lui: non ci sono altre montagne in grado di camminare che possano trovarsi in quel posto, non che lei ne conosce. Una figura imponente, massiccia che non ha certo necessità di farsi notare. La sua presenza è uno spettacolo senza alcunché in più. Un sorriso beffardo si poggia sulle labbra della giovane kusana mentre lo osserva avvicinarsi mentre la schiena viene premuta alla colonna nel tentativo di celarsi quanto più a lungo possibile agli occhi d’egli. Gli manca la sua presenza ma alla memoria le torna l’immagine in cui si è ritrovata ricoperta d’acqua fin sopra la testa e niente: è in vena di scherzi. Nonostante la tempesta che porta con sé malinconia lei in essa ci vede semplicemente un aiuto del destino. Non è momento di sprechi, certo, ma che sarà mai un consumo così basso, no? E poi, pur di giocare un po’ è disposta anche a questo. La propria concentrazione si sposta quindi dall’ambiente esterno a quello interno, nel tentativo di sentir fluire dentro di sé quell’essenza utile ad ogni shinobi, il chakra; lo sente fluire e premere contro gli tsubo presenti in tutto il corpo come fori da cui questo può uscire e dare forma alle più disparate tecniche ma anche ad altro. Il tentativo della fanciulla è quello di sospingere il proprio chakra verso l’esterno, liberando gli tsubo. Da che prima si muoveva in senso circolari dentro di lei ora il suo tentativo è di lasciare che si riversi, proprio come fa la pioggia, verso l’uomo così che possa raggiungerlo e solo allora, tenterebbe utilizzare la propria energia per scombussolare quella del konohiano, partendo proprio dalla testa dove si trovano le terminazioni nervose e dove giungono i segnali dai cinque sensi. Laddove fosse riuscita quel che cercherebbe di fare è in prima istanza confondere alla vista dell’altro la propria immagine di modo che diventi invisibile, confondendo ogni lembo di pelle ed ogni angolo di kimono con quel palo, la pioggia, l’acqua. In secondo luogo cercherebbe di agire sull’udito dell’altro e, qualora non si fosse accorto e tutto fosse andato come da lei programmato, cercherebbe di fargli sentire la propria voce <Yosai> una eco che non sembra avere origine da un luogo definito. Forse dal cielo, o forse dalle spalle, tutto intorno. Una voce evanescente come di una dea che dall’alto cerca di parlargli <Yosai, dove sei?> andrebbe a rincarare la dose lasciando che il suono di quelle parole, dolci, rimbalzino sugli alberi, nell’acqua, nelle nuvole. [Tentativo di: Illusione di 2 sensi | Genjutsu: 50 | Se: Chakra 18/25]

11:43 Yosai:
  [Piazzale del faro.] Inizia la vita di coppia di chi sta con un genjutser, per te. Ma tu non lo sai. E d’altronde lei le tue doti fisiche le apprezza in altri momenti. Quindi devi starci. Non hai molta scelta. Soprattutto vista l’abilità che lei nel tempo e con gli allenamenti ha maturato. Della sua figura non ti curi. Nel senso che non la vedevi prima e men che meno la vedi quando il suo chakra t’ha abbracciato e sconvolto i sensi. È la voce a immobilizzarti. Sei li. Sul piazzale del faro, esattamente sotto di lei a quanto, una decina dimetri? Forse venti? Quanto potrà mai essere alto un faro. E niente. T’inchiodi. Lo sguardo s’allarga, chissà se è visibile così da lontano il tuo stupore. Di colpo ruoti il capo <Yuukino!> non urli, non subito, semplicemente perché hai la sensazione che la fonte stupenda di quella voce suadente sia dietro di te. E invece no. Ti volti di scatto, spargendo gocce tutt’intorno. Non c’è. I tuoi occhi ora la bramano. Ora che il tuo udito l’ha sentita la vuoi. Tremendamente. Al punto che stringi i denti serrando la mascella. Tutte movenze che lei, qualora anche solo un minimo ti conoscesse, sarebbe in grado di prevedere. E di riderne di nuovo quella voce, e di nuovo ti volti, questa volta ti sembra provenga dall’alto la voce. E pianti lo sguardo esattamente su di lei, inchiodandola con quelle due tempeste che porti sul volto al posto in cui si trova. Come se l’illusione della vista non avesse funzionato. Ma è solo un attimo, sciocchina, non ti preoccupare. L’hai soggiogato, come sempre. Come sin dall’inizio. Distogli lo sguardo, certo che lo fai, perche nell’ultima domanda la voce sembra spostarsi sugli alberi, o ad accarezzare le onde del mare <sono… qui(?)> domanda o meno, non sapresti specificarle meglio dove sei <e…tu?> ti sorge quasi spontanea come domanda. La cerchi, ti volti or da una parte, or dall’altra, bramoso di quella figura che quasi riesci a vedere li intorno, leggiadra. T’acceca il desiderio, e per questo non vedi. [chakra: on]

11:59 Yuukino:
  [Faro ≈ Padiglione] Il chakra di lei va a confluire con quello di lui. Dal canto suo è come se potesse toccarlo, come se la propria energia, a sconvolgere la sua, fosse un modo per ‘avvicinarlo’ a sé. Lei sospira. Ne osserva la reazione. Un ghigno si fa palese sul volto, quel volto nascosto dalle gocce di pioggia ed anche dall’illusione stessa. Non è sua intenzione usare quell’abilità, maturata con gli allenamenti, per infliggere chissà quali pene ma ogni tanto, un’entrata teatrale, concediamola a questa kusana, o no? Allo stesso tempo la giovane si accorge di quanto la mente dell’altro, l’energia che egli sprigiona, non sia così facile da ‘manipolare’ come le è accaduto in fase di allenamento e sebbene le distanze non siano enormi, siamo abbastanza al limitar delle proprie capacità. Lei si scosta da quella colonna, lasciando che le spalle siano di nuovo scoperte senza nulla che le regga. Lo osserva. Dall’alto, dal padiglione ai piedi del faro. L’istinto la spingerebbe a lanciarsi verso di lui, nel vuoto. Non importa il rischio. La prenderebbe - o forse no? Visto che non ti vede?. Nella stessa identica maniera come prima ecco che cercherebbe con il proprio chakra di andare nuovamente a toccare le terminazioni nervose di lui cercando di far apparire agli occhi dell’altro dapprima un contenitore, un termos, di quelli dove si mette il the. Una oggetto che ad occhi esterni potrebbe sembrare nulla - un oggetto come gli altri. Eppure lei cerca di dargli un’apparenza famigliare, come lei lo ricorda - forse più brillante. Forse visto con gli occhi della bramosia, ma pur sempre un contenitore. E’ lì, di fronte a lui, forse a un metro, forse poco più - due passi, due falcate del gigante per arrivarci <Seguimi> ancora lei, che con la propria energia cerca di lavorare l’udito dell’altro cercando di spingerlo a credere che la quell’oggetto abbia la voce della Genin. A questo punto probabilmente sarebbe palese l’arte utilizzata da lei: quando mai un oggetto appare all’improvviso ed ha la voce di una persona? E lui di certo non è così inesperto da non poter capire. Starà a lui scegliere se svincolarsi in maniera molto semplice oppure lasciare che il gioco perduri. Nel caso della seconda scelta, quel contenitore inizierebbe a saltellare muovendosi in direzione della kusana <Vieni> di nuovo la voce, calda e accogliente della donna, seguita da eco che si propagano nello spazio circostante rimbalzando nelle nuvole e nelle foglie appesantite da quelle gocce enormi. Quell’oggetto, laddove lui non avesse interrotto quella sceneggiata, lo porterebbe proprio fin da lei e qualora lo seguisse, solo davanti alla donna, sembrerebbe come esplodere - ma non in fuoco, in boati - in cordiandoli di luce, colorati che dovrebbero dipingere di fronte agli occhi dell’altro la giovane Genin completando quell’arte illusoria in un dipinto - the su tela (?). A quel punto finirebbe il tutto, e solo a quel punto lei sarebbe lì, sotto la tettoia, riparata dall’acqua. Con le labbra serrate, gli occhi vispi e luccicanti.

12:45 Yosai:
  [Piazzale del faro.] È così diverso il tempo anche solo dal giorno prima. Ma d’altronde madre natura è così. Odi et amo, sole e tempesta, luce e scuro. Opposti. E tu sei li, perso in quella tempesta con la voce della persona che ami a scombussolarti i sensi, agitando le acque mal contenute in quella ciotola ancora crepata e frastagliata che sei. La convinzione iniziale non può non essere quella d’un miraggio. Hai così tanto bisogno di parlarle che il tuo cervello te l’ha concesso. Ti ha concesso la sua voce. Non può essere diversamente. Questo è l’effetto della fragilità umana. Il costante tentativo di protezione, a qualsiasi costo, anche a costo di fingere. Di inventare. Ma oggi i Kami sono stati gentili con te, Yosai, e hanno fatto in modo che la tua ancora di salvezza nel mare in tempesta che porti negli occhi sia davvero lì a pochi metri da te. Tu ancora non lo sai, ma inizi a capirlo quando vedi quel termos li poco distante da te. Va bene udire la voce della kusana, ma hai così tanta voglia di thè verde? No. Certo che no, ma quell’oggetto è un simbolo. Rimanda a ricordi e immagini molto diverse da ciò che realmente è. E di nuovo sono ricordi di lei. Fare due più due per te adesso è semplice. Una donna che mai e poi mai svilupperebbe doti fisiche utili in combattimento. D’altronde è diva. Non si sporcherebbe mai le mani. E te l’ha dimostrato più volte. Questa è la base, condiamola con un luogo in tempesta quando lei odia la pioggia, aggiungiamo un riparo da questa pioggia. Dove mai potrà trovarsi lei? Quando ti avvicini e il termos inizia a zompettare verso il faro il cerchio si chiude. Ma la lasci fare, è giusto che sia così, anzi. Quel tentativo ti piega istintivamente le labbra. Anche senza palesarsi lei riesce a regalarti il primo sorriso del nuovo giorno. Gli allenamenti di Yuukino sono sempre stati a margine dei vostri discorsi, così come i tuoi, in parte, e il fatto che lei abbia spinto il suo chakra tanto lontano e in maniera (almeno inizialmente) decisamente convincente, ti testimonia che lei non è stata immobile a farsi trascinare dagli eventi. È cresciuta. È diventata abile in ciò che desiderava, sempre senza sporcarsi le mani e rimanendo diva. Anche con lei ti senti opposto. Stavolta proprio in tutto. Eppure è da quell’opposto che ti lasci guidare. È a quell’opposto che vuoi giungere. Perché ne hai bisogno. Senza conseguenze un corno. Resti con quel sorriso, rassicurato di non essere stato tu ad immaginarti tutto da solo <ti seguo, mio… termos adorato> a voce alta stavolta, in modo che possa arrivare li al faro, li da lei, e seguiresti a passo lento quel termos zompettante. Ti basterebbe un blando rilascio illusorio probabilmente. Ma, come detto, alla kusana spettano di diritto gli ingressi plateali. A lei e solo a lei è concesso. Stai già ghignando mentre segui quell’oggetto, e lei ptorà vederlo, ma quell’esplosione di colori ti sorprende. Ti fermi sgranando lo sguardo tempestoso nel vederla comparire. E poi? Poi magicamente ti sciogli in un sorriso solare. Colmo di tutta la dolcezza che nutri per lei. È lei. Certo che è lei, maledizione se non è lei. L’istinto ti porterebbe ad investirla con uno di quei tuoi abbracci. Sei ancora e sarai sempre un uomo irruento sì, ma proprio mentre fai per allargare le braccia scolpite e bruciare quella distanza, lo sguardo si posa sul volto di lei. Meraviglioso come sempre ma. Di nuovo lo sguardo ti si sgrana. Doppia sorpresa. E stavolta ridi. Una risata che come sempre, parte da un ringhio sommesso. Perché quando ti emozioni sei incapace di nascondere il tuo esser animale <grrahahah> questa volta si, ti indirizzi a lei, con più calma, flettendo le gambe in modo da poter passare le braccia sotto al seno di lei e avvolgerla come un boa. La tiri su, la stringi a te. Le mani affondano nella carne senza far danno. Non è quello che vuoi. Oggi, per quanto irruente, esse sono piuma. <con che bella notizia mi accogli, genin di Kusa> le chiedi cercandone da quella distanza lo sguardo ma soprattutto cercando ciò che è sopra il suo sguardo, sulla fronte, quella placca. Di nuovo snudi la dentatura perfetta cerchi i suoi occhi, cerchi lei, qualsiasi cosa <da quando…?...come?> non riesci a finire le frasi. Sei emozionato. Potrà notare, Yuukino, che quando l’abbracci sei bagnato, si, con la pelle lucida che disegna sinuosi giochi di luce con i muscoli scolpiti, ma non sei freddo. Hai la pelle calda, fin troppo.[chakra on]

13:08 Yuukino:
  [Piazzale del Faro ≈ Padiglione] Quel giochetto riesce, in maniera quasi impeccabile. Qualche errore qua e là ma era necessario che si facesse scoprire: quel termos doveva prendere vita per completare quella danza, quell’opera d’arte e così è stato. Conscia che stravolgere così tanto i sensi avrebbe portato di certo a smascherare il proprio controllo ma altrettanto felice da non riuscire a non chiudere in bellezza. I coriandoli di luce che si sciolgono dopo essere esplosi donando alla vista dell’altro la propria presenza. Lei è sempre stata lì e non vede tutto ciò, è solo quanto il proprio chakra sta facendo, nella mente dell’altro insinuandosi in mezzo a quei grovigli nel cervello dove sono presenti tutte le cellule nervose con i loro impulsi elettrici che possono essere stimolati da chi ha voglia, pazienza e tempo di impegnarsi in quel genere di allenamento. Lei lo vede avvicinarsi sebbene le appaia un’immagine più semplice di un uomo forgiato dagli allenamenti e dalla volontà del fuoco (?) che cammina in sua direzione. Quasi impossibile a immaginare che l’altro non la veda se non all’ultimo perché lei ha tutto il tempo per osservarne ogni fascio di muscolo, ogni rigonfiamento causato da quei movimenti cadenzati che tagliano sempre di più la distanza che li separa. Ad ogni passo dell’altro, il sorriso sulla bocca di Yuukino conquista un lembo in più delle proprie guance, allargandosi sempre di più fino a mostrare, lentamente, la dentatura bianca che quelle sporgenze spumose chiamate labbra celano. Ovviamente, come immaginato dal konohiano, lei si trova lì, al riparo dalla pioggia - sia mai che lei possa sporcarsi non solo le mani, ma i capelli, il kimono, qualsiasi cosa le appartenga in maniera diretta. E se ben ci riflettiamo, Yosai è l’unica persona che l’abbia mai toccata da quando quel viaggio nel mondo ninja è cominciato quindi figurarsi se la pioggia sia degna di tale concessione. Quando l’altro finalmente la vede, come lei si aspettava, le corre in contro, in un tentativo di abbracciarla e tirarla su. Non si oppone ma anzi: allunga le braccia verso il collo di lui così da liberare dello spazio di fianco al proprio seno ed agevolargli quella presa prima di affondare le proprie mani nei capelli dell’altro avvolgendone il collo, da dietro, con le proprie braccia che s’incrociano e sfiorano mentre il kimono scivola giù lasciandole nude <YOSAI> stavolta è lei a lasciarsi andare in un tono decisamente inusuale, pieno di gioia che le invide le membra, trasformandosi in una vibrazione, un sussulto che si muove velocemente fino al cuore che inizia, ora, a battere all’impazzata <Hai vistooooooo?> domanda retorica mentre affonda il proprio viso nel collo di lui ispirando quel profumo di pino selvatico dalle narici fino a che giunge lì, alla fronte, alla mente, ai ricordi. Innesca in lei tutta una reazione per cui le braccia stringono per un attimo ancora di più - una carezza per un uomo di quelle dimensioni. Passano alcuni secondi prima che lei allenti un po’ quella presa e distacci il viso dalla pelle del collo taurino di modo da piegarlo all’indietro fino a poter vedere il riflesso dei propri zaffiri in quelli gemelli di lui. <In realtà da pochi giorni sebbene mi sia allenata tantissimo per raggiungere questo traguardo> direbbe infine con una voce un po’ più tranquilla osservandolo con gli occhi di chi vorrebbe dirgli tante cose ma allo stesso tempo vuole apprezzare la vista di quei tratti, dritti ma belli. Quella cicatrice su cui scorre con lo sguardo. I capelli di cui ne sente la consistenza con gl’avambracci. <Sono pronta a morire… vabbè pronta a combattere per l’Alleanza> figurarsi se lei abbia un codice d’onore che implichi la propria morte.

13:54 Yosai:
  [Piazzale del faro.] Eccolo li. Il tuo pezzo di paradiso tra le braccia. Te la stringi quasi da quel tocco volessi far trasparire la mancanza. Ma d’altronde è ogni volta così. Probabilmente non sei abituato a fare diversamente con lei. È mai esistito un abbraccio o anche un semplice tocco che non sia stato volto a trasmettere a lei tutto te stesso? Mai probabilmente, sin da quando le hai preso la mano per portarla a fare “merenda” la prima volta che l’hai incontrata. Ti prendi quell’aroma di rosa che ti arriva fino al cervello, sgomberandolo da nubi e tempeste, da nebbie e doveri, da tutto e mettendo lei al centro. Come sempre. Persino il modo in cui urla contenta il tuo nome ti inebria. E come potrebbe essere diversamente. Ti posizioni esattamente all’opposto di lei. Infilando il viso nell’incavo tra collo e spalla. Bagnandole la pelle e scaldandola contemporaneamente. Gonfi il petto marmoreo stringendola a te <Ho visto!!> esclami in risposta a quella domanda lasciandola fare quando lei vuole distanziare il collo. Ovviamente la lasci fare, ti perderesti mai quel blu profondo uguale al tuo? Ovviamente no, ci anneghi volentieri, come ogni volta, e ti sciogli nei tratti del viso, che restano affilati, si, ma acquisiscono una morbidezza che solo lei può vedere. Percepisci su ogni muscolo tirato e solido sotto la pelle il contatto con lei. Percepisci il cuore di lei battere all’impazzata, in contrasto con il tuo, più profondo ma calmo. Due musiche opposte che compongono la vostra melodia. E sorridi con tutti i denti che hai. Sorridi perché la vita è meravigliosa adesso. <ho visto!> che si è allenata. Certo che l’hai visto <i tuoi allenamenti hanno dato dei frutti meravigliosi> e ovviamente non ti riferisci solo a quell’ingresso plateale che lei ha architettato, ma anche a quella placca. Compi una rotazione su te stesso di quel tanto che basta a fare in modo che dietro di lei ci sia la colonna. Non vuoi mica che si bagni d’altronde. Potresti morire genjutsato adesso. Lentamente fletti le gambe in modo da riportarla con i piedi per terra. Ma non perché tu voglia privarti del suo contatto, anzi. Semplicemente vuoi osservarla meglio, con quell’acconciatura da principessa, quel coprifronte da ninja, quel portamento da dea. Quante cose sei, Yukino. Le ultime parole di lei ti arrivano come una puncicata <che?> si corregge da sola <mh> annuisci, meglio. <tu non morirai.> perentorio nel dire. Con un vago sorriso tuttavia ad accompagnare <e non perché sai che il giorno in cui riceverai anche solo una carezza che non desideri non ci sarà freno per me che mi impedirà di punire chi ti ha toccata senza il tuo consenso> lo sguardo s’illumina d’un baleno di rabbia tanto oscuro e profondo che prima di vederne la fine è già sparito dallo sguardo. Nessuno vuole vederti arrabbiato. E questa è una sicurezza anche per lei <ma perché sarai tu ad impedire anche solo di essere avvicinata> e l’hai visto oggi. Le sarai affianco nella sua crescita come lei c’è stata per la tua. Di nuovo quel coprifronte. Alzi di nuovo gli avambracci fasciati per porre le grosse mani a disegnare una coppa nella quale accogliere il viso di lei. Qualora lo consentisse, ovviamente. Un brivido ti scende lungo la schiena mentre te la immagini già al tuo fianco in missione. Il solo pensiero ti scatena l’impulso di concludere nel giusto modo quell’iniziale saluto. Con cosa? Con un bacio, ovviamente. Che coppia sareste se no? È la fame delle labbra di lei, del suo sapore, a montarti dentro come una tempesta. Se lei te lo consentisse, le cercheresti, quelle labbra. Con una delicatezza iniziale che t’impiega uno sforzo che solo lei conosce. Lasciando trasparire il tuo desiderio solo dal sospiro spezzato prima del contatto che cerchi con le labbra di lei. Una delicatezza che lascerebbe ben presto posto alla più familiare irruenza che ti contraddistingue, cerchi quel sapore e quella morbidezza con tutto te stesso, al punto da costringerla, qualora lei abbia accettato, s’intende, ad arretrare, ma senza paura di bagnarsi, ha la colonna dietro di lei. Un bacio lungo e passionale, questo cerchi, che esprima con parole che non sarai mai in grado di trovare i tuoi sentimenti per lei, la tua contentezza di averla vicino e di vederla forte. Sempre più forte. Un mare di emozioni che lasci passare solo dalle labbra, per ora, mentre le mani dai lati del viso andrebbero a scorrere lungo quest’ultimo fino ad arrivare al collo. Non trai i capelli? Ovviamente no! Ha un’acconciatura così complicata, lei, che se glie la smontassi finiresti evirato in un attimo. La conosci ormai. Ma questo non ti impedisce di mostrargli la passione che si merita una donna così. Eccolo il tuo benvenuto per lei in quell’incontro.[Chakra ON]

14:19 Yuukino:
  [Piazzale del Faro ≈ Padiglione] Ogni volta che s’incontrano qualcosa di plateale, magistrale, epocale sembra stia capitando. Che siano passate poche ore, o giorni, sembra che i due non si siano visti per almeno due secoli. Ed ogni volta è un incontro in cui le parole soffocano in gola, si raggomitolano per poi ricadere giù, lungo la trachea e spegnersi lì, nel luogo dove sono state generate. Ed ogni parola che si scioglie rilascia una vibrazione, un lampo che si concretizza in un brivido saettante che scorre lungo la schiena, giunge alle membra e si libera dai polpastrelli, dalla punta del naso, dagli occhi simili a zaffiri incastonati in porcellana. Ed ogni volta lei si sente rinascere e abbandona completamente quella corazza che la contraddistingue, quel fare un po’ scontroso ma che racchiude semplicemente la propria volontà di essere quanto più di lontano ci sia dal mondo che la circonda. Non che si senta superiore - beh, oddio, parliamone perché a tratti, in presenza di certi elementi, anche questo - ma è consapevole di quanto e come lei voglia interagire con l’ambiente, con gli altri esseri. Yosai invece ha da subito mostrato un lato semplice senza sovrastrutture che diano una parvenza di sofisticatezza e boriosità nei confronti suoi - perlomeno. E di fronte a quella essenza pura che si mantiene comunque forte e presente nonostante le intemperie alle quali il Genin sia stato sottoposto nell’ultimo periodo, lei non riesce a far altro che abbandonarsi. Certo, rimane comunque Yuukino; quella che poco fa ha dovuto consumare parte del suo chakra solo per attirare l’attenzione dell’altro e condurlo a lei. Lei che ora accoglie quelle parole di Yosai <Finalmente posso stare al tuo fianco…> come se ne avesse sofferto - sotto sotto - di quella differenza che li contraddistingueva fino a poco prima. Ma non per una forma di invidia o gelosia quanto per l’ira nei propri confronti di non poter essere al suo fianco in luoghi o situazioni pericolose dove lei avrebbe potuto fare qualcosa; che fosse anche solo una cosa piccola e scontata. Al contrario suo, l’uomo non ha di certo bisogno di protezione ed è certamente in grado di badare a sé stesso ma a lei basterebbe vederlo in azione; avere una prova che quanto pensa sia vero. Non appena i propri piedi toccano terra lei scioglie quel nodo di braccia che aveva creato attorno a lui lasciando che le proprie mani scivolino delicatamente lungo i suoi pettorali prima di abbandonarsi al vuoto dell’aria attorno ai propri fianchi. Lo sguardo ricade prontamente sulla cinta d’egli <Certo il tuo simbolo è più grazioso> potevamo non dirla una cagata? E no che non potevamo! Lei sarà anche una Diva ma qualcuno deve averla cosparsa con un velo di pazzia e idiozia prima di nascere. L’altro sembra concederle il lusso di altre lusinghe e, se non fossero pronunciate da egli stesso, non ci crederebbe nemmeno fino in fondo <Ti adoro anche per questo! Per avermi concesso il lusso di non dovermi sottrarre ad un tocco, al tuo tocco> chiara. Non si perde in mille parole ma dritto al sodo. Enuncia senza alcuna pomposità il merito dell’altro per averle permesso di farsi avvicinare. <E no, non morirò. Questo mondo non merita di essere privato di qualcuno che ha ancora cura dell’estetica> frasi un po’ random? Anche. Lo pensa? E’ chiaro: non c’è nulla che lei non pensi e poi dica in presenza di Yosai. E se anche partorisse una scemenza, sa che con lui potrebbe farlo. L’altro fa il primo passo e lei assume un’espressione tipica di chi aspettava quel momento dal primo istante. Lascia che le sue mani accolgano il proprio viso mentre fissa i propri zaffiri nei gemelli. Di riflesso i talloni vengono alzati da terra così da accorciare quanto più possibile le distanze mentre il naso punta verso l’alto scoprendo il collo all’umidità, finalmente. Le mani si appoggiano, soffici, sugli avambracci dell’altro, toccando con i polpastrelli le fasciature che li avvolgono. Le labbra si gonfiano, in avanti, sospinte dalla propria forza e passione, si poggiano su quelle dell’altro ma non passano troppi istanti prima che lei si avvicini ancora di più, stringendo le proprie dita mentre la passione inizia a bruciare dentro, nella pancia - il cuore batte forte ma lei si è persa. Gli occhi si chiudono - non necessari ora perché sono le labbra le vere attrici spinte da ciò che dentro si porta e prova per quella montagna semplice ma complessa. Un concentrato di furia e potenza che conosce anche la tenerezza. [Chakra ON]

14:48 Yosai:
  [Piazzale del faro.] Quanto triste sarebbe il tuo mondo senza quella figura che ha tanta cura dell’estetica? Indefinibilmente triste. Ma a questo non pensi, sei un tutt’uno con lei e lei lo è con te, quel bacio è concesso, è voluto, e quell’espressione che ti regala quanto ti avvicini ti scioglie il cuore lasciandolo libero di provare il desiderio che provi. Ti bacia. La baci. Ti è difficile contenerti, lei lo sa e che vi sia da testimone quella colonna contro la quale la premi, ma senza farle male cercando quanta più vicinanza possibile con lei. Hai il capo completamente piegato e anche la parte superiore delle spalle, me per fortuna lei non è una donna minuta. Hai sempre amato questo suo modo di essere. È perfetta per te. Forse anche troppo. È per questo che ti godi quel lungo bacio trasportato dalla passione e dal sentimento, labbra roventi, le tue, labbra soffici e saporite, le sue. Frutti che non esiti a cogliere e a far tuoi con voracità. Una fame che solo lei ti suscita. Un incendio che è rapido nel nascere e che fosse per te lasceresti ardere fino a bruciare le vostre figure, quella colonna, il faro, il mondo intero. Ma che lentamente, e solo una volta inebriato del sapore di lei, torni a mitigare, con molta lentezza, con molta dolcezza, fino a farlo tornare un tocco delicato sulle labbra e, lentamente, mortalmente, separarti da lei. Raddrizzi piano le spalle allungandoti un’ultima volta. Tutto questo sempre qualora non sia lei a cacciare te, questa volta. Torneresti ad aprore gli occhi precedentemente chiusi, mentre le mani tornano sulle guance, passando il pollice fresco sulle labbra di lei. Le sorridi, di nuovo, dolce. <Tu puoi sempre stare al mio fianco> la guardi, non ti serve che un sussurro della tua voce profonda per arrivarle in fondo all’anima <TU puoi.> per principio. Per partito preso. Sei elitario tanto quanto lei. E se mai riuscirete a fare in modo che la passione non vi sommerga isolandovi dal mondo ogni volta che vi vedete, potreste capire, l’uno dell’altra, quanto fortunati dovreste sentirvi nell’aver ricevuto dall’altro la concessione del contatto. Del trasporto. È una cosa che capirete col tempo. La lasci libera di rispondere, facendo scendere le mani sul collo, poi sulle spalle, con le dita roventi sulla pelle candida di lei, lungo le braccia fino alle mani. Finché lei non si mostra in tutto il suo essere… Yuukino. Le regali un sorriso divertito, una risata musicale e sospirata, più pacata della precedente <vuoi fare cambio?> ci tieni così poco al tuo coprifronte? Forse si. Di fronte a quello che provi per lei di sicuro. Ancora un sorriso ilare, che però di nuovo si apre alla dolcezza alla successiva frase di lei. Ancora una volta parole strozzate in bocca, non dici nulla. Semplicemente dimostri. Agisci. Tenti di intrecciare le dita con quelle di lei, mentre le allunghi un bacio, ben più asciutto e affettuoso, sulla punta del nasino. E di nuovo la tua Yuukino si mostra. E di nuovo le sorridi divertito. <quanta verità. Immagino non proceda bene la vita in un accampamento circondata da buzzurri dalla scarsa igiene> qualcuno potrebbe anche farti notare che tu saresti tra quei buzzurri. Ma in realtà non è così. Da quando sei con lei hai iniziato a raderti la brabra con costanza, senza scordarti, e soprattutto a depilarti. Almeno su richiesta. <a proposito di estetica> c’è di cui parlare. Si <hai sentito del matrimonio di domani?> un bagliore di panico negli occhi <ecco io…> ti guardi. Canotta, pantaloni di chimono, fasciature ovunque, scuoti il capo. Sei un disastro <avrei bisogno di una mano… non voglio farti sfigurare e non so cosa mettermi> ti sei consegnato, lo sai? Sei nelle mani del demonio adesso. Dalla tua figura lo sguardo si arrampica su quella di lei. Uno sguardo che non ha più paura ne imbarazzo di perdersi in quella sublime eleganza e in quelle paradisiache forme su fino a salire la linea del collo e da li cercare gli zaffiri di lei. La tua ancora. <pareri?> [chakra on]

15:11 Yuukino:
  [Piazzale del Faro ≈ Padiglione] Quel bacio è intenso. E’ fuoco che arde e che nemmeno quella tempesta ha la capacità di spegnere. Potrebbe scendere ancora e ancora, a manciate, secchiate. I lampi, seguiti dal tuono, sono nulla in confronto alle scariche di adrenalina e passione che corrono lungo quel corpo slanciato ma definito a contatto con l’altro, possente e scolpito come un marmo da esibire nella propria dimora che farebbe impallidire anche il più esperto degli scultori. E loro lì, insieme creano delle danze che sigillano quelle labbra perse in un vortice di passione - calore e umidità che si fondono insieme. Pino e rosa che danno vita ad un nuovo profumo intenso, di gioventù - una voglia di vivere immane alla quale non importa della guerra, del Dio, del chakra e di nessun pericolo. Una passione che arde con tale veemenza tanto da essere una benedizione ed al contempo una condanna. Perché se sotto a quella tettoia essa si esprime in quel modo, difficilmente troverebbe quell’esternazione in contesti differenti. Eppure alcuna di queste paure potrebbe mai trafiggere i due, tantomeno la Genin. Lei, da subito, ha isolato al di fuori di sé il pericolo vuoi per una sorta di meccanismo di auto-difesa, vuoi per un carattere cocciuto e disinteressato. Vuoi perché, nonostante tutto, ci sono cose e persone per le quali valga la pena perdersi e le probabilità di perderci la vita diventano solo una scusa per indurre sé stessi a cedere ancor di più a quel frutto proibito. Affonda, lei, le unghie in quelle fascia come a volersi arrampicare lungo quelle braccia e sentirsi parte di esse, come a volerle lasciare inghiottirla tutta. Alle dichiarazioni del Genin un leggero sorriso si dipinge sul volto della kusana lasciando che le labbra, ora a contatto con l’aria ma ancora roventi per la passione che hanno dovuto canalizzare, in un sorriso un po’ sbieco. Una luce si accende in quei zaffiri blu come l’oceano ora più scuri - di riflesso alla tempesta - una luce che pare il preludio di una tempesta <Yosai…> pronuncia quel nome con la delicatezza con cui si parla ad una furia vivente nella speranza di non svegliarla. Parola che viene accompagnata da un sospiro, leggero e delicato, che si spegne subito nel vento freddo che giunge dalle spalle dell’uomo che ora la proteggono. Il viso, il kimono, ora sono umidi per via di quel contatto prolungato <Anche tu puoi… però…> ed il sorriso si apre, mostrando i denti - preludio di una smorzata che arriverà come una secchiata di cubetti di ghiaccio <… com’è possibile che ogni volta mi inzuppi?> domanda stupida. Scorre con lo sguardo il proprio vestimentario alzando un poco le braccia per mostrare anche a lui tutta l’umidità che ha intriso quella stoffa <E comunque> tornando a portare le braccia in direzione di lui, lasciando che egli le cinga la mano come se la volesse accompagnare in chissà quale viaggio sulle ali di una passione senza fine, <Mi terrò questo di coprifronte - dopo essermelo sudata così tanto> ma sappiamo bene tutti che lei, il sudore, non sa neanche cosa sia e diciamocelo: neanche all’esame Genin non è che ne abbia dovuto versare così tanto. Alle parole seguenti la mente vola al proprio accampamento. A quella puzza di muffa dettata dall’umidità che si mischia a odori di sudore, di piedi bagnati, di fango. Arriccia il naso come se potesse sentire quel fetore pure da quel luogo incontaminato prima di sbuffare e commentare come suo solito <A nulla è valso il mio tentativo di redarguire i miei compagni - sembra che a loro basti e avanzi l’acqua piovana che diciamocelo> e sposta solo per un attimo lo sguardo oltre le spalle di Yosai a guardare la pioggia <…per pulirsi fa veramente schifo>. Una sentenza diretta, dura, senza mezzi termini. Tipica di quella donna che sembra troppo cresciuta ma che mantiene ancora un modo di esprimersi tipici della fase adolescenziale. Sentenze. Ma la sua attenzione viene del tutto catturata da quella parola: matrimonio. Il viso non nasconde di certo la sorpresa così come le guance, ora raccolte negli zigomi come di chi ha appena ricevuto un onore ed onere di un certo peso <Direi che non puoi andare così> taglia secca, mentre indica con la mancina, che si libera dal volerlo cercare ed indicando i vestiti dell’altro disegnando, in aria, con l’indice, una Z. <La tua bellezza merita di certo un abito elegante, nero - non azzardiamo coi colori per favore. Una bella camicia bianca e possibilmente un dettaglio come un papillon o una cravatta non so, rossa o gialla che dia quel tocco di colore in più: d’altronde non è un funerale> ok. La macchinetta è partita. Un fiume di parole che si riversa riempiendo in men che non si dica l’aria che li separa, quella poca ancora rimasta e che non sia stata brucata dalla loro passione. <Dimmi che hai uno spacciatore di tutte queste vesti essenziali> chiosa infine guardandolo con l’aria disperata ma allo stesso tempo piena di speranza.

15:43 Yosai:
  [Piazzale del faro.] Quanto ti piace sentire il tuo nome uscire da quelle labbra? Come se cogliessero la tua vera essenza. Come se ogni volta che ti chiamassero altre labbra non fosse la stessa cosa. Come se splendessi a quel comando. Le sorridi. Un sorriso che muore ovviamente spezzato da lei. Ecco, hai fatto il danno. Così t’impari ad andare in giro senza ombrello. È una di quelle cose che lei dovrà modificare di te. D’istinto incassi il volto affilato dentro al collo taurino, alzando le spalle stondate e tatuate contemporaneamente. <scusa> mormori quasi senza fiato, mortificato. Certo che ti dispiace <se vuoi possiamo tornare al campo dell’erba, così ti cambi…> un sorrisetto. Da quando sei diventato così malizioso? Beh a stare con le serpi ci si abitua. Col cavolo che lasceresti che si cambi in pace. È lei stessa che spinge il tuo sguardo ad osservare il disastro che hai combinato e di conseguenza… a guardarla. Sciolto come ogni volta. Ascolti il suo dire e annuisce <mi sembra giusto> certo l’immagine di lei sudata… evoca in te immagini dell’interno di una tenda, più che di uno scontro. Ma sono altri dettagli. È apprezzabile la scelta di tenersi il coprifronte, tutto sommato. Ancora un ghigno divertito ti dipinge le labbra nel sentirla parlare <sono che lentamente metterai in riga tutti quanti> ti solletica l’idea di come diventerebbe quell’accampamento se solo ci fosse lei a guidarlo. Una sorta di albergo a cinque stelle su tenda, ti lasci andare ad un’altra musicale risata che la avvolge tutta a quel pensiero <sarà un tripudio di damigelle e paggetti prima o poi l’accampamento di Yukio> sorridi, al pensiero di come in realtà quell’accampamento sia l’esatta rappresentazione dell’hasukage. Vieni presto investito da un fiume di parole del quale a fatica comprendi il senso, relative al matrimonio. Intanto bocciato su tutta la linea. E poi si ricostruisce. Abito, camicia, pa…<papacosa?> riuscirai mai a pronunciarlo? Bah ti arrivano alla rinfusa quelle informazioni relative e a cose delle quali probabilmente non conosci nemmeno la forma o l’utilità. Confuso come se avessi preso una serie di colpi al viso, e poi quella domanda speranzosa e disperata insieme <s…si!> prima di tutto dare fiducia, sempre. Indipendentemente da quanto ardua sia la missione. La porterai a termine. Il primo che ti viene in mente in fatto di eleganza è il tuo sensei <Azrael- sama mi aiuterà con tutto, magari anche col papavero> col papavero? Ma non era papillon? Ma che ne sai tu <non ti farò sfigurare, prometto!> Eccola la tua mission impossible. Che accetti con onore. Riuscirai a incastrarti in quegli aggeggi da tortura? Per lei si, certo! Che domande! <magari domani prima di andare posso passare un attimo… per farti vedere…> si, adesso si dice per farti vedere…[chakra on]

16:00 Yuukino:
  [Piazzale del Faro ≈ Padiglione] Niente. E’ tutta zuppa ma di certo non è una novità, non quando nei paraggi ci sia Yosai. E non è sempre colpa sua ma ogni volta che s’incontrano lei deve avere contatti ravvicinati con l’acqua che tanto teme. Eppure passa giornate intere a lavarsi il viso, le mani. A fare bagni pieni di schiume, profumi ed oli essenziali ma quando si ritrova all’esterno è come se quell’elemento assumesse tutto d’un tratto delle sembianze diaboliche ed ovviamente lei ne è il magnete principale. Non c’è nulla che possa fare, né alcun piano da mettere in atto: ovunque vada, qualsiasi cosa faccia, l’acqua le salterà addosso come se fosse la sua preda preferita. <No tranquillo> mormora lei mentre abbassa un poco il tono della voce e con esso lo sguardo osservandosi <Non ho bisogno della scusa dell’acqua per tornare in accampamento e…> taglia la frase lì lanciando quell’allusione come se fosse una bomba pronta a scoppiare. Nello stesso istante alza lo sguardo ma non il capo, lanciando un’occhiata da cerbiatta indifesa cercando i zaffiri del konohiano, lì, da qualche parte. Le labbra si richiudono poco prima di abbozzarsi in un sorrisetto malefico, diabolico, malizioso. <Giuro che se un giorno potrò mai ricoprire un ruolo di controllo gli accampamenti dell’Erba saranno delle Regie con tanto di addetti alla pulizia, ventaglieri, truccatrici…> e lei è lì, che sogna mentre la mente sua vaga lontana immaginandosi gli sfarzi che l’hanno accompagnata per tutta la vita e dai quali dovrà staccarsi pian piano: sa bene che una kunoichi non avrà mai il tempo per tutto ciò ma sicuramente nulla le toglierà la voglia di un bagno negli oli essenziali né il massaggio con qualche latte nutriente per il corpo. A dimostrazione di ciò, qualsiasi lembo di pelle visibile della Genin è liscia, profumata. Sembra porcellana lucidata miliardi di volte - probabilmente al sole brilla nel di lui riflesso: chissà, non l’abbiamo mai vista in quelle condizioni, no? Ma ecco che s’illumina all’udire quel nome. Corruga la fronte mentre si avvicina a lui di un passo. E’ lì, accanto e lei lo saprebbe anche ad occhi chiusi vista l’invasione del proprio naso da parte di quel profumo boscoso, di pino. <Yukio?> domanda lei retorica con un misto di curiosità tipica di chi sta indagando a proposito di qualcosa o qualcuno <L’hai conosciuto?> domanda infine. Oh. Ma tu guarda! Ogni incontro per lei diventa una specie di missione. Tutto è collegato e mai avrebbe pensato di sentire quel nome nella bocca del Genin della Foglia. <Yosai> breve pausa mentre porta la mano libera alla fronte. La sbatte contro. Chiude gli occhi. Forse dovrebbe arrendersi o forse è quello che farebbe chiunque ma lei no, lei non può arrendersi <Papillon… non papavero.> apostrofa lei sottolineando e marcando bene la prima parola. <Il papavero è un fiore, tecnicamente… mentre il papillon è quel pezzo di stoffa che ricorda un fiocco che gli uomini eleganti indossano in occasioni molto speciali come, appunto, un matrimonio> spiegazione a regola d’arte? Con qualche dettaglio mancante qua e là ma lei non è ancora consapevole di quanto poco egli conosca di quel mondo <Domani prima del matrimonio ti voglio nella mia tenda… Azr…Azrael avrà il materiale ma ti controllerò io e poi…> breve pausa mentre porta i polpastrelli della sinistra a lambire il bordo del kimono mentre le unghie, dalla parte opposta accarezzano il seno gentilmente <…dopo il bagno sarò… fradicia!> giusto per ricollegarsi alla frase antecedente ed aggiungere sempre quel po’ di pepe che contraddistingue i loro incontri. [Chakra ON]

16:42 Yosai:
  [Piazzale del faro.] La ascolti in ossequioso, religioso silenzio, per cogliere ogni nota di quella splendida musica proveniente da quelle labbra morbide. Alzi ritmicamente il petto che s’allarga pregno di quel dolce profumo di rosa. Ma quello che ti suscitano quelle parole non è descrivibile. Se non infarcendo il testo di volgarità. Un brivido ti corre lungo la schiena mentre istintivamente le labbra si contraggono e quello inferiore s’infila tra i denti. Sbuffi dal naso come un toro. Hai imparato, col tempo, a non vergognarti di quel tuo lato animalesco che lei riesce a richiamare anche solo con un’allusione. Stringi forte quel labbro fino a farlo diventare bianco. Mascherando la voglia di assaporare lei, più che te stesso stringi appena le dita di lei tra le tue, contraendo i muscoli delle braccia che guizzano come serpi di carne sotto la pelle lucida e tirata in ogni dettaglio. Solo la visione di lei rivelata può deconcentrarti dalle tue carnali voglie, per strapparti di nuovo un sorriso. Ti controlla, e lo sa. <perennemente profumati e sempre perfetti> le sorridi <come chi li ha immaginati> spingi un altro complimento verso di lei. Se li merita? Non ne hai idea e non ti interessa. Ti viene da farglieli. La scopri curiosa. Ti piace destare la sua curiosità. Le sorridi <l’ho conosciuto> confermi semplicemente. Non sai cosa lei voglia sapere, quindi non dici di più, per ora, anche perché lo sguardo ti si allarga di nuovo. Stupito dal fare di lei, che testimonia che hai sbagliato. E adesso non ti piace più tanto quel nome detto da lei. No. Lo sguardo si fa immediatamente preoccupato <cos..?> cosa? eh, te lo spiega. Perché è gentile e non ti manda a quel paese <ah…> fai finta di aver capito e annuisci. È meglio. <perfetto> dovrai esserlo. Dovrai convincerla. E poi? E poi di nuovo è lei a farti esplodere quella sensazione di desiderio animale. E di nuovo ti infili il labbro tra i denti, senza perderti un’istante di quella mano e di quello che accarezza. Di colpo le sei addosso, di nuovo. Qualora lei te lo permetterà la sbilancerai indietro, infilando prontamente il braccio sinistro dietro al seno per sorreggerla, e aiutandoti col destro dietro alle ginocchia di lei per tirarla su <prendi quell’ombrello o giuro che arrivi alla tenda fradicia davvero> commenti trasudando la più ancestrale delle bramosie da ogni fibra muscolare che ti compone. Impossibilitato a resisterle ancora. Ma le dai il tempo di coprirsi, ovviamente. Sempre diva. Le stai anche risparmiando di sporcarsi le scarpe. [chakra ON]

17:00 Yuukino:
  [Piazzale del Faro ≈ Padiglione] Un accampamento disegnato da Yuukino è una roba che non si può vedere, né sentire. Solo Yosai può darle corda: ma da quando in guerra ci si trucca, ci si profuma? Eppure lei ne parla come se fosse la cosa più normale del mondo: è la sua normalità, quella in cui è cresciuta con una madre che prima di uscire per andare in missione non poteva non fermarsi e applicare il burro sul viso, un filo di polveri bianche per donarle un aspetto che ricordi la porcellana e poi piccoli dettagli come il contorno occhi rigorosamente dipinto facendo uso di coloranti piuttosto pesanti ma niente paura: ogni donna che si rispetti fa poi uso dell’Uguisu no fun - che in soldoni si tratta di feci di usignolo. Ma non scendiamo nei dettagli di quella che sia la skincare di una kunoichi perché potremmo distogliere l’attenzione dei due. Due usignoli, anche loro, intenti a cantarsela vicendevolmente. Lei accoglie con un sorriso sincero e disteso quel complimento <Se non fossi nato avrei dovuto creare un clone con le tue caratteristiche>. Le risate a questa frase sono ammesse e concesse: il destino è beffardo, si sa. Ma l’attenzione ricade sull’Husakage e continua imperterrita <Dovrei incontrarlo e sebbene sappia chi sia, lo abbia visto varie volte da lontano ecco…> breve pausa mentre fa spallucce <…non so che tipo sia! E ti dirò, un po’ temo questo incontro! Stiamo pur sempre parlando della figura più di spicco del nostro villaggio> ma taglia la frase lì mentre dondola il capo: oddio ci sarebbero alcuni dettagli che insomma, meglio non dispiegare - la fama lo precede ed è sufficiente quest’informazione. Ma non fa in tempo ad illustrare quelli che sono i suoi piani e le sue missioni che quello ecco afferrarla, la prende in braccio <OOOOH> si lascia sfuggire un verso da quella boccuccia rosea. La mano destra si andrebbe così ad alzare per poi allungarsi verso il collo di lui, superandolo e curvandosi attorno ad esso per rendere la presa più salda mentre la sinistra, d’istinto, si andrebbe ad appoggiare sulle labbra come a coprire quel verso imbarazzante - che eleganza. Manco avesse emesso chissà che suoni ben più spiacevoli. All’intimazione di lui, porta anche la sinistra sul petto dell’altro. Punta per qualche frangente lo spazio dietro alle enormi spalle che ora continuano a proteggerla in quel contatto ravvicinato <Non so se ti sei accorto> mormora lei avvicinando il viso all’orecchio di lui <Ma non piove più> nemmeno lei se n’era accorta e se non fosse per la posizione attuale che le consente di guardare oltre alla loro sfera privata, avrebbe continuato a rimanere ignora che le nuvole abbiano smesso di riversare la loro umidità su quelle terre. <E quell’ombrello, onestamente, non è il mio preferito> naso e bocca si contorcono come a dare enfasi a quella frase così da risultare riluttante alla sola idea di introdurre quell’affare nella propria tenda <E poi, anche piovesse… Avrei avuto una scusa in più per trattenerti… dovrò inventarmi altro, strada facendo> o forse no? Davvero c’è bisogno di inventarsi qualcosa quando il proprio petto è sormontato da due angurie al profumo di rosa?[Chakra ON]

17:22 Yosai:
  [Piazzale del faro.] Sorridi. Certo che la assecondi nei suoi sogni. Ci tieni a lei oltremodo. Come hai assecondato il suo genjutsu, assecondi lei. Sorridi a quel dire, che per ora non puoi non trovare simpatico, ringhi <dovrei inventarmi per spaccargli la faccia, allora> al tuo clone, ovvio. Lei non si tocca. Fine dei discorsi. Ti concentri sull’Hasukage. Annuisci <ah> non sei sorpreso. Chiunque ninja dovrebbe incontrare il proprio Kage <non hai nulla da temere. È un tipo un po' eccentrico, ma tiene al suo villaggio più di ogni altra cosa> ammetti. <e poi per certi versi siete simili> le sorridi rimanendo li impalato con lei in braccio, come se non pesasse. Una mano a stringere le ginocchia, l’altra a godersi il fianco del seno. Il viso a pochi centimetri dal tuo <certo, non ha affatto il tuo gusto estetico, ma, per dire, anche lui mi ha accolto con un genjutsu> sacrosanta verità <ed era molto meno carino del tuo… e non c’eri tu alla fine> piccoli dettagli che cambiano tutta la storia <e poi non ama affatto il contatto fisico. Come te> che infatti ti sta in braccio senza fare tante storie. Ma che tu sei un caso a parte nella sua vita l’hai capito. <ci devi parlare di qualcosa in particolare?> Le chiedi. Sei tu curioso questa volta. Quel mormorio che lei ti spinge nell’orecchio ti fa venire la pelle d’oca. Potrà vederlo lei sulla spalla, sul collo. Uno sguardo animale le doni. <bene allora> commenti avviandoti sotto il cielo nuvoloso. Che resti li l’ombrello, a imperitura memoria del vostro passaggio. Tu lei te la porti via. Non la lasci scendere anche se piove. Sarai il suo passaggio oggi. Sarai tu ad sporcarti le fasciature dei piedi e le scarpe. Ma soprattutto te la terrai li, addosso, ad ascoltarla, qualora volesse rispondere, guardando le sue labbra muoversi, i suoi zaffiri guardarti, il suo seno chiamarti. Sperando di non prendere in pieno qualche albero in quel processo.

17:49 Yuukino:
  [Piazzale del Faro ≈ Padiglione] Eccolo lì, in grado di minacciare pure il suo clone pur di avere l’esclusiva sulla Genin di Kusa: e chi l’avrebbe mai detto? Lei se la ride. Lascia che tale frase solletichi i propri muscoli addominali, aprendo la bocca in una sonora risata - bocca ovviamente coperta dalla mancina che torna ad aprirsi sopra quelle sporgenze carnose, non possiamo mica dire addio al bon-ton così, tutto d’un tratto. Ascolta ciò che ha da dire sul conto dell’Hasukage, memorizza ogni parola, ogni descrizione. Effettivamente sembra stia parlando di lei - che sia un parente? Probabilmente no, altrimenti possederebbe interi palazzi in ogni anfratto di quelle terre desolate. Uno per ogni capelli che scende dalla propria testa, corvino, liscio. <Posso immaginare il tipo di Genjutsu> mormora lei mentre si fa pensosa. Si sta creando un’immagine mentale di Yukio e al contempo non può che rimanere esterrefatta per quanto si somiglino e non solo nel nome, a quanto pare. <Beh non credere che avrei usato lo stesso tipo di illusione su qualche altro essere umano. Probabilmente sarebbe ancora lì a correre attorno al faro> esce così fuori anche un lato un po’, sadico? Ecco, sì. Non è certo solo rose e fiori o almeno, lo è solo in presenza di Yosai. Come se lui fosse un contenitore a chiusura ermetica che l’allontana dalla sua essenza più macabra e stizzita. Lei che il giorno prima, durante la missione, è arrivata a minacciare il capo-mastro di riempire ogni suo orifizio con lo stucco se non avesse smesso di deriderla. Ecco. In presenza di Yosai probabilmente avrebbe semplicemente ammesso che i fiori, in certi buchi, sono più belli da vedere che dello stucco. Ma torniamo a noi ed al Kage <Semplicemente gli devo portare una pergamena consegnatami da uno shinobi della foglia, un certo Rio…> dice lei rimembrando di averlo incontrato e di essersi fatta spiegare come orientarsi dentro al bosco di mangrovie. <Contatto fisico? Per carità> si abbandona in una sua sceneggiata portando il dorso della mano libera alla fronte e fingendo di svenire - se non fosse che le braccia dell’altro la sorreggono già concedendo a quella pantomima un punto in più alla credibilità. <Ora voglio solo arrivare alla tenda, cambiarmi e indossare qualcosa di asciutto ma prima…> e torna a guardarlo. Torna seria. Un sorriso malizioso si dipinge su quelle labbra, nuovamente roventi. Inspira un po’ di aria nei polmoni <…prima abbiamo un conto in sospeso da chiudere> e con questo porta il pugno sinistro dal quale dispiega unicamente l’indice che punta sul plesso solare dell’altro. <Io e te> chiude quell’allusione nemmeno poi così velata prima di lasciarsi cullare in quelle braccia - bisogna ricaricarsi, no? [END]

Yosai incontra Yuukino, che a seguito di un ingresso teatrale mostra al Taijutser il suo coprifronte, il livello di competenza raggiunto nel genjutsu e la sua abilità nel costruire outfit eleganti e il suo essere Diva.