Bipolarità e condivisione dell'essere
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Giocata del 13/04/2020 dalle 14:08 alle 19:04 nella chat "Quartiere Povero"
[Q Povero] Anche quest'oggi, dedito a quel noioso dedicarsi ad una ronda, come si confà ad un Genin avvezzo nella quotidianità a quei semplici compiti, qual'ora non sia assegnato a nessuna missione in particolare. Per quanto il nemico non sembra essersi spinto sin troppo oltre le Mura della Nebbia, le precauzioni sembrano non essere mai abbastanza e dunque, così come ha incontrato i Cloni nei pressi dell'ospedale l'altro giorno, ritrovandosi costretto a combattere, allo stesso modo il pericolo potrebbe celarsi dietro ogni angolo, celato nell'ombra di qualche edificio, nascosto sul tetto di uno dei palazzi più alti, ad osservare, ad attendere un'altro passo falso da parte dell'Alleanza per gettare nuovamente panico tra le strade, per seminar scompiglio tra le fila dell'esercito, rendendo quel quartiere povero un'obbiettivo sin troppo appetibile ed interessante, sin troppo goloso agli occhi di qualcuno che voglia seminar rovina. Gli occhi color del sangue, unico tratto saliente del ragazzo capace di distaccarsi dal freddo gelo che lo anima, da quel nulla imperterrito che lo distingue, saettano a destra ed a sinistra alternando più di una volta quella visuale lì nel mentre che si ritrova all'ingresso di quello che sarebbe il quartiere povero, più rurale e malmesso di Kiri, ricevendo qualche vaga occhiata da parte della gente riversatasi sulle strade durante la giornata, mantenendo quell'espressione inesistente, quel non saper porre alcun sentimento su quei tratti androgini da confondere chiunque non lo conosca, ottenendo come risultato il semplice decader degli sguardi altrui, concedendosi dunque la possibilità di portar le iridi innanzi a sè, senza volersi più curare dei dintorni, almeno per ora, proseguendo lungo quella che sembrerebbe una delle vie principali di quel quartiere sventurato, senza notar niente di preoccupante o per la quale mettersi in guardia, camminando con quell'incedere fatiscente ed incessante, meccanico, preciso ed effimero quasi come una figura che esiste senza venir minimamente intaccata da ciò che avviene all'esterno <{ Mh, dopotutto, se non esistessero i poveri, allo stesso modo non esisterebbe la nobiltà.. È il ciclo della vita, non soffermarti su di un problema che non puoi risolvere... }> dice da dentro il Kagurakaza al vedere di quella breve scena che gli si parerebbe davanti, quel lento rimbalzare e rotolare di quella che pare una palla, lievemente sformata e composta da stracci di cuoio lisi rattoppati tra di loro in maniera disordinata ma comunque in grado di reggere omogeneamente quella forma più o meno sferica, finendo contro la caviglia destra del Goryo, il quale si soffermerebbe dunque osservando l'oggetto in questione, senza chinarsi o voler raggiungerla, rimanendo con le mani in tasca e gli occhi rossi puntati sopra, lasciando che il bambino proprietario di quello stesso malconcio passatempo si avvicini di corsa, ridacchiando e ringraziando Itsuki per avergli fermato la palla, spensierato ed emaciato, vestito con pochi stracci, rivolgendogli un largo sorriso ed etichettandolo come un signore, classico dei più piccoli. La scena avrebbe un chè di toccante, se non fosse che il Genin è incapace di provare un qualsiasi sentimento, di sentirsi effettivamente in grado di venir condizionato da un qualsiasi avvenimento esterno, ricordandosi già di aver minimamente ceduto ieri, di essersi concesso quella falla nel suo essere inamovibile, concedendosi soltanto un sommesso socchiudersi degli occhi, riprendendo la propria ronda con quella camminata imperturbabile, rispondendo a sua volta tramite il loro legame mentale al Kagurakaza <{ Sai che non sono un sentimentalista... }> tutt'altro, rovinato per quindici anni di seguito senza poter avere diritto d'esistere per come è nato, senza poter dir nulla più de dovuto, senza potersi permettere di vivere se non come una bambola in carne ed ossa, proseguendo appunto senza porsi più alcun problema nei confronti di dove sia e della gente che lo circonda, come al solito, senza però riuscir a dimenticare e metter da parte tanto semplicemente il sorriso di quel bambino, lui incapace ovviamente di sorridere, quasi affascinato dalla purezza e dalla gioia incondizionata di quel giovine. Dopotutto, non è il sorriso di chi ha meno, quello che brilla più forte di tutti? Nulla da dire da parte dell'entità al suo interno, lui si dedicava attivamente nei confronti di Oto e le sue ricchezze erano spesso devolute ad introiti ed affari inerenti al Villaggio, atti a supportarlo, ma quella è un'altra storia ed oggi più che di quella ronda, non vogliamo perderci più del dovuto nel passato, lasciando che lui prosegua lungo il lato della strada, costeggiando degli edifici chiaramente poveri e fatiscenti, con addosso quel poco che basta per difendersi da un'eventuale problema, chiaramente assieme al solito completo nero e camicia bianca, immancabili, così come i capelli legati in una coda medio alta, lunga come al solito sino alle ginocchia, posti in quel modo ondevitare impedimenti o impicci in eventuali manovre più complesse del semplice camminare. [Quartiere povero] Ne ha sentito parlare diverse volte e la curiosità del Genin in questi casi è inarrestabile. Parlo del Quartiere povero, infatti finora ancora non vi aveva fatto visita. Percorre una qualche via che dalle indicazioni ricevute dovrebbe portarlo in quel luogo. L’ambiente già sembra variare un minimo. Le case iniziano ad essere molto più ravvicinate e le strade stesse appaiono decisamente trasandate. Le leve inferiori si alternano permettendogli l’avanzare con un passo alquanto flebile ma ben cadenzato. I passi sono brevi, non ha fretta d’altronde. Lo sguardo si scosta da destra a sinistra, tramite una piccola rotazione del capo, scorgendo ogni dettaglio. Non molta la gente per strada, per ora. <mh> Silenzioso e attento a diversi dettagli, nebbia permettendo. I sandali affondano parzialmente nel terriccio formante la strada percorsa, neri come suo solito. Il vestiario ch’indossa invece è diverso dal solito. L’esile busto è coperto da una magliettina completamente bianca visibile sotto un giubbottino blu, smanicato ed aperto. Su di esso nessun dettaglio, nessun disegno, ma solo una tasca all’altezza del pettorale sinistro. Gli arti inferiori sono, invece, coperti da un pantalone bluastro, anche questo abbastanza aderente. Intorno al busto una cinta di colore marrone al quale si ancóra la tasca portaoggetti, posteriormente, mentre sul fianco destro vi è legato il coprifronte del villaggio della Foglia, penzolante. Entrambe le cosce danno aggancio, tramite un cinturino alle due tasche porta Kunai, shuriken che portano il più importante del suo equipaggiamento. Gli arti superiori sono pendenti al fianco delle anche, ove si alternano in un moto esattamente contrario all’appoggiarsi degl’arti superiori. Pura inerzia. Immancabili, nel posto più loro consono, vi sono gli occhiali da vista la cui montatura è parzialmente coperta dai capelli castani mediamente lunghi. Lo sguardo, tramite questi, continua la sua perlustrazione soprattutto ora che la piccola via che stava percorrendo sembra conclusa in un vialone perpendicolare ad essa. Sfocia in questa. Il genin si guarda in ambedue le parti, prima di decidere la direzione da prendere. Si avvede, presuppone, di quel quartiere malfamato. La prima cosa che lo colpisce è l’odore pungente < mh > gli occhi, invece si avvedono di quelle grandi palazzine trasandate e malridotte. L’udito, inoltre, viene tramortito da un gran vociare, una confusione dovuta all’ingente presenza e affollarsi di quella via. Principale, probabilmente. Bambini, scalzi che gli girano intorno correndo e giocando. Se ne sta lì, all’incrocio di quelle due strade, scrutandosi intorno e cercando di decidere la direzione da intraprendere ormai libero dall’impegno di ronda svolto in mattinata. [Equip. coscia sx: Shuriken (x2); Kunai (x2); Fuuda (x2) con tronchetto da sostituzione(x2) su ognuno incollate 2 carte bomba (x4) in due punti cardinali già attivate; Equip. coscia dx: Fumogeno (x2); Carta bomba(x4); Fuuda (x3) con sigillato (1| pennello e inchiostro) (2|Veleno Inibente)(3| Veleno composto speciale) (Chakra per liberarli: 0,5) Tasca portaoggetti: Filo di Nylon conduttore (x1) con attaccata carta bomba (x1); Tonico recupero Chakra (x1); Tonico curativo (x1); Tonico recupero Chakra speciale (x2); Fuuda libero (x1)] [Q Povero] E man mano che prosegue, nel mentre del suo continuo ed incessante proseguire, andrebbe sempre di più distaccandosi dal sottofondo dei bassifondi, alienandosi in quella sua personale sfera astratta, camminando su quella strada con le mani in tasca, noncurante di tutto e di tutti, per quanto i sensi rimangano in allerta in grado di captare ogni plausibile e palese cenno di pericolo. Inspira ed espira lasciando che un sospiro vada ad affievolire la pesantezza del suo essere silente ed imperscrutabile, concedendosi quindi uno di quei soliti vizi, lasciando che dalle mani in tasca ai pantaloni fuoriescano le gemelle con un pacchetto ed un'accendino, un pacchetto di sigarette per la precisione, seppur la cosa fosse facile da immaginare, sigarette che andrebbero a salutare una tra le tante di loro che le abbandona da quel pacchetto morbido per andar dunque a porsi meccanicamente tra le labbra del Goryo, che senza nemmeno concentrarsi più di tanto sul gesto mantiene le iridi innanzi a sè, dando fuoco a quel piccolo cerchio di tabacco per dunque inspirare e far sì che l'ossigeno faccia il proprio dovere, agendo da combustibile in quella reazione spontanea ed ovvia, circondandolo di un'assottigliato velo di fumo, nel mentre che ripone quel pacchetto e l'accendino stesso nelle tasche, continuando senza mai fermarsi, ritrovandosi ora a sua volta in quell'incrocio tra le strade, potendo notare un perplesso Rio, notando il coprifronte che lui non indossa mai, osservandolo rapidamente in tutta la sua figura per poi soffermarsi di lì a poco, a circa un metro di distanza da lui, ponendosi dunque con quel sottile suo tono, privo di qualsiasi inflessione, inespressivo, presumendo che sia la persona di ronda lì prima di lui, dato che i Ninja di certo non vivono nel quartiere povero, avendo per logica un lavor oche gli permette comunque di campare in maniera degna, nonostante il rischio < Suppongo tu sia quello del turno prima... Nulla da riferire? > no, non saluta e non è decisamente pratico di conversazioni sociali ne di modi di introdursi alle persone, non si presenta, a malapena saluta e questa sarebbe uan di quelle volte dove non lo fà, lascia perdere e con quel tono pretende semplicemente di essere ascoltato, continuando a fumare e dunque attendendo una risposta, spostando le rosse da lui al quale ha domandato, che è già tanto l'aver parlato per primo, per volgersi nello sfondo dietro di lui, di nuovo destra e sinistra, a controllare i dintorni, non si sa mai. [Quartiere povero] Se solo ripensa a quanto negli ultimi giorni la sua vita sia stata stravolta. Solo qualche settimana fa era in accademia, al riparo da ogni pericolo, protetto dai suoi sensei. Ora, invece, è nella mischia a dover combattere e soprattutto…. a perder tempo . Eh già, perché nella sua testa di questo si tratta. Ronde, missioni, combattimenti contro un semi-dio <tzk > Digrigna i denti, in un gesto di stizza, al solo pensiero. Lui ha ben altri obiettivi, piuttosto personali. D’altronde Katsu lo aveva avvisato, ma con il carattere che ha secondo voi lo è stato a sentire? Nah, impossibile. Maledetta guerra, questo è certo. Per alcuni è un danno immenso, per altri un’ansia continua, per lui…. tempo perso. Ora, però, torniamo alla sua posizione. Si trova all’incrocio, come già detto. Al suo sguardo sono visibili bambini che giocano, facce losche che lo guardano, gente che grida < mh > lui non vi si sofferma, continua in quella sua perlustrazione visiva, imperterrito. Quel suo vedere non lo scuote, minimamente. Niente di niente. Freddo, come sempre. D’altronde che cosa ne vuole sapere lui della fame? Della povertà? Cresciuto da genitori benestanti, seppur adottivi. Chiunque altro nell’avvedersi di quel luogo, probabilmente, penserebbe in maniera empatica immaginandosi cresciuto lì. Lui, no. Tempo perso pensare ai ‘se’, tempo perso qualsiasi cosa faccia che non abbia a che fare con le sue ricerche, insomma. Nel frattempo ambedue le mani si alzano parzialmente rifugiandosi all’interno delle tasche dei pantaloni. I gomiti, ora, sporgono indietro oltrepassando il busto e il dorso si arcua aumentando la normale curvatura del suo dorso < mh > mugugna all’udire una voce diretta verso di lui e alquanto vicina. Rapido, si volta e lo squadra. Un ragazzo dai capelli lunghi, legati e con completo nero spezzato da una camicia bianca < Scusa ? > replica. ‘Ma questo che cazzo vuole?’ Sicuramente pensa. Ma nel frattempo rielabora la domanda dell’altro e deduce che deve essere di ronda < Ho finito la ronda sta mattina e questa non è zona mia > bofonchia, volgendo ora tutto il corpo in direzione dell’altro < hai sbagliato persona, caro > conclude con un piccolo ghigno. Anche lui non si presente e tanto meno uno molto sociale. Rimane lì a fissarlo con quel sogghigno sul volto e la fronte leggermente aggrottata in una smorfia che dice esattamente ciò che ha pensato poco fa. [Equip: lo stesso] [Q Povero] La guerra, i conflitti le divergenze, dopotutto è inevitabile il susseguirsi di tutto ciò nel ciclo della vita, laddove la pace non potrebbe esistere se non ci fosse una guerra di fondo da vincere o perdere che sia, il concetto stesso della distinzione tra le due non esisterebbe nemmeno. Eppure, non è adesso il momento di perdersi in riflessioni personali non propriamente utili ed atte alla situazione, lasciando decadere ogni qualsivoglia pensiero in favore del nulla che permea costantemente la sua mente, elabora ma di fondo vi è una melodia che concede ad ogni pensiero di svanire in fretta, di lasciar spazio al Kagurakaza ed al Goryo di comunicare, lasciando che il primo vada quindi riferendosi al secondo, con il punto principale dell'argomento proprio quello stesso Rio <{ Ma guardalo, un Genin di Konoha che fa il duro, delizioso.. }> ed è il suo tono divertito, superbo come sempre e questa volta appena più distaccato del solito dallo starsi riferendo ad un'umano, dal concetto solito e che si presuppone di base, quasi come se davanti a quel doppio paio di occhi, per quanto quelli di Eiji siano introspettivi, risulterebbe come se fosse un'animale da compagnia, una creatura che si sforza tanto di essere qualcosa che non fà parte delle sue origini, ricordando l'astio e l'immane differenza tra il Suono e la Foglia, decretando ora come sempre il fatto che mai riuscirà ad andare d'accordo con quel Villaggio di base dedito alla pace. Eppure Itsuki non risponde, solleva leggermente lo sguardo verso l'alto in quel suo solito cercar di puntar le rosse sulla fronte, un compito pressochè impossibile, per quanto quel semplice gesto involontario, il più delle volte, gli da come la sensazione di poter scoccare un'occhiata silente ed immutata proprio nei confronti del fu Jinchuuriki stesso, come se potesse ammonirlo o fargli cenno di quella sua nobile scortesia che fa parte di lui, tanto forte da quasi contagiare il Genin, lentamente, piano piano, giorno dopo giorno < Mh, capisco, poco importa.. > direbbe lui senza curarsi minimamente ne di quello che ha detto prima, ne di quello che ha detto Rio, ne di quello che ha da dire ora, curandosi di quella conversazione quanto basta considerandola un convenevole, puntigliosa Kiri riguardo i rapporti e il presunto cambio di turno e burocrazie simili del quale a lui interessa ben poco, tantomeno ora che sono in guerra, dove le frivolezze sono all'ordine del giorno portando solo inutili complicazioni per lui incomprensibili in un sistema tanto articolato che quasi si sforza di rimaner tale nonostante lo scompiglio generale. Soltanto ora le rosse iridi tornerebbero dunque sul ragazzo dai capelli castani, guardandolo quel che basta senza mai voler risultare volontariamente invadente, per quanto quel suo sguardo morbosamente privo di qualsiasi intenzione, impossibile da smuoversi negli angoli espressivi che li contornano, potrebbe anche risultare in un certo senso fastidioso, in quello squadrarlo dall'alto verso il basso, equipaggiato quel che basta per fronteggiare una rivolta in quello stesso quartiere, a differenza di Itsuki che con sè porta il minimo indispensabile, senza manco curarsi del coprifronte stesso, menefreghista nei confronti di Kusa o di qualsiasi villaggio che poteva essere, dedito al suo desiderio di vendetta, utilizzando la via del Ninja come mezzo per raggiungere il proprio fine, senza mai curarsi riguardo al proprio effettivo dovere, così come nei tre anni nel quale si è dato per disperso raccogliendo informazioni lungo i campi di battaglia, rimanendo nell'ombra, in disparte, dietro le quinte < Una passeggiata? Non è certo la miglior delle viste.. > direbbe lui ritornando con gli occhi sul viso dell'altro, portando la mancina alle labbra per trarre la sigaretta dopo quel lieve sibilo tra i denti socchiusi, per aspirare il fumo dal sapore acre e dolciastro allo stesso tempo, dando un lieve tocco con l'indice per permettere a quella cene di cadere ed amalgamarsi al suolo perennemente umido, reso tale dalla nebbia stessa, un fastidio con il quale potrebbe star imparando a convivere il Moro, per quanto ci voglia ancora sin troppo tempo prima di rischiar di accettarlo, probabilmente anni. [Quartiere povero] Se ne stava lì, in solitaria a fare esattamente ciò che voleva fare, ossia camminare. Ma ecco il Genin di Kusa interromperlo ed entrare in una piccola conversazione tra due ragazzi alquanto maleducati. Sembrerebbe. L’altro parrebbe non voler replicare in primis. Rio permane fermo sul posto con le iridi castane che muovono nello squadrare la zona, ma non con lo stesso intento di Itsuki < mh > Un quartiere povero non può che trasparire povertà. Banale, sì, ma veritiero. E tutto quello non gli piace, lo percepisce sulla sua pelle. Non fa per lui, insomma < uhm? > Soltanto ora l’attenzione verrebbe richiamata dal vociare del Goryo < non ci ero ancora mai stato e volevo vederlo. > sibila rapido e coinciso. D’altronde non ha voglia di spiegare il suo passato. La sua recente promozione che ha sancito il passaggio dai tendoni dell’accademia alle ronde delle zone più recondite di Kiri. < e tu non hai un compagno? > Replica. Infatti è insolito che in un ronda ci si muovi da soli. Siamo in guerra d’altronde. La mandritta si estrarrebbe dalla tasca per portarsi sul nasello dell’occhiale ove, poggiandosi, lo spingerebbe leggermente indietro. Le iridi permangono fisse sul volto dell’altro squadrandolo in ogni fattezza, ma stando ben attento a non apparire petulante. Noterebbe, in maniera inevitabile, l’assenza del coprifronte. Non se ne cura, non si cura di niente Rio. Già detto. La conversazione continua, sì , ma con difficoltà a decollare, d’altronde i due non sembrano tipi alquanto loquaci. Le loro voci, sono tra l’altro, sopraffatte dalle urla dei bambini e delle persone lì presenti che comunicano a distanza. Che situazione bizzarra.[Equip: lo stesso] [Q Povero] Nessuno dei dure pare destreggiarsi più di tanto in un conversare non propriamente necessario, come se incespicassero e faticassero tutti e due a far sì che le sillabe si susseguano, lasciando quei momenti di mezzo far sì che vengano riempiti dal silenzio, un silenzio inesistente dato il vociare dei bambini e di chi permane sulle strade, a vivere la propria vita senza preoccuparsi più di tanto dei due Genin, i quali sono solo di contorno in quell'affresco povero e distaccato dalla normale società. La risposta da parte del Genin si pone in maniera onesta e senza mezzi termini, nessun fronzolo inutile dietro al quale volersi rifugiare, poichè ovviamente non vi sarebbe ragione alcuna, per nulla inquisitorio il tono del Goryo che lievemente porta le spalle in uno scrollar incurante del fatto in s'è per il quale lui sia lì, come se la domanda fosse stata un convenevole atto alle circostante, tornando sulla propria sigaretta con le iridi, fumano e lasciando quindi che nuovamente la cenere venga invitata a cadere da quel tocco < Insolito, voler vedere una zona della Nebbia che non ha nulla da offrire.. Per quanto il pensiero di base sia onesto nei propri confronti e verso la propria curiosità.. > lui stesso non ha esplorato il Villaggio in maniera consona, non conosce al meglio le strade e quant'altro perchè semplicemente non gli interessa conoscere al meglio un posto nel quale è costretto a stare, senza volontà propria a poter determinare la propria intenzione, lasciando semplicemente al caso quel suo scoprire Kiri, giorno dopo giorno, così come accade senza mai prefissarsi nulla di preciso, se non il percorso di ronda che gli tocca di giorno in giorno < Mh? > giunge la domanda da parte di lui, una domanda del tutto lecita che andrebbe a far socchiudere per qualche istante gli occhi di lui, cala il sipario sulle rosse nel mentre che l'altro da dentro risponderebbe con un ridacchiar mefistofelico, breve in sostanza ma lungo quanto basta per riecheggiare nella mente del'altro, lasciando che sia il Moro all'esterno a rispondere come meglio lo aggrada, per nulla preoccupati nel rivelare la loro identià, seppur il Goryo non sà poi molto riguardo a quell'altra entità e cerca sempre di porsi in maniera cauta nei confronti degli altri, non potendo ancora avere un controllo su quella volontà altrui, un controllo del quale probabilmente non potrà mai fregiarsi, ma lasciateglielo credere < Tecnicamente, ce l'ho, è che è complicato... > direbbe lui senza volersi sbilanciare più di tanto e riconoscendo il fatto che nemmeno lui avrebbe tutti i dati alla mano per poter fornire una spiegazione esatta, seppur un giorno scoprirà la verità, ma non oggi, oggi semplicemente si ritrova a conversare con quello della Foglia, circondati da quel marasma di voci e quant'altro, risate spensierate e sofferenze, lo sfondo di quel interloquire del quale a nessuno dei due interessa particolarmente. [Quartiere povero] I due non sono molto distanti. Un metro circa. E tra loro aleggia il fumo passivo espulso dal Goryo. Le narici dell’Akari lo percepiscono, nettamente, seppur sopraffatto da quell’altro odore di sottofondo percepibile in quel quartiere. Quel mal odore non propriamente definibile. Ambedue le mani si portano dietro la nuca ove si intrecciano tra le dita. I gomiti, ora, sporgerebbero inevitabilmente all’infuori < mmmh > insieme ad un mugugno prolungato la schiena verrebbe inarcata in avanti scostando nella medesima direzione il bacino. Una semplice stiracchiata, così da allungare tutta la catena muscolare posteriore. In tale movimento, la testa verrebbe alzata facendo seguito lo sguardo. Noterebbe solo ora l’immensità di quelle palazzine che si ergono ai lati della strada dove si trovano. Per alcune è persino impossibile notare gli ultimi piani tra quei banchi di nebbia. Si soffermerebbe per poco su tale dettaglio, d’altronde non gli interessa molto. Anzi. Riportando lo sguardo all’altezza del Goryo non attenderebbe oltre per riposizionare ambedue le mani all’interno delle tasche dei pantaloni. Come prima. < penso sia lecito avere curiosità > sibila ancora rapidamente. E vorrebbe aggiungere qualche parolaccia che si trattiene dal proferire. Però adesso voi vi chiederete come sia possibile che un menefreghista come Rio, sia anche a curioso. Lecito, chiederselo, data l’antitesi tra le due cose. Ma la risposta è semplice, semplicissima. Bipolarità. E’ esattamente ciò di cui soffre l’Akari. Oscilla tra due personalità, una più disponibile e una più menefreghista, una più combattiva e una più conversevole, una più attaccata al suo essere, l’altra no. Odioso, seppur Itsuki potrebbe capire benissimo questo concetto, probabilmente. < cos’è successo? E’ morto? > dice non curante della pesantezza di ciò che pronuncia. Il tatto, questo sconosciuto dal Genin. < oppure ti ha abbandonato? > continua, non curante. Che caratteraccio. Permane lì, fronteggiando l’altro e scostando lievemente l’appoggio dei piedi di qualche centimetro giusto per muovere un po’ le leve inferiori e non fissarle in un unico punto per troppo tempo. [Equip: lo stesso] [Q Povero] Quella sigaretta vien consumata con una calma inenarrabile, un palliativo atto a riempire i momenti di vuoto e a fungere da distrazione tra un meccanico movimento ed un'altro, permettendogli di mantenere vivido quel ciclo di tirare, aspirare, espirare e dunque ripetere. il gesto che vien di seguito posto da parte del Genin è abbastanza classico ed ordinario, se non fosse che lui è un silente ed invadente essere analitico, che pure in quel suo semplice distender delle membra, smuovere dei muscoli, verrebbe osservato da Itsuki stesso, meno morboso e probabilmente un pò più morbido in quell'osservare ogni secondo che passa, risultando un pò più sciolto nella conversazione, senza mai volersi sbilanciare troppo < Concordo, senza esser curiosi, si perde la volontà d'apprendere.. > e solleva a sua volta lo sguardo, seppur il suo è un voler osservare il fumo che vien soffiato da quel tiro verso l'altro, leggero si libra nell'aria mescolandosi con la nebbia lì più in alto, dove l'aria è vagamente più rarefatta, danzando invisibile verso le cime altissime di quei palazzi al limite dell'affollamento, ritornando verso la strada prima dell'altro, concedendosi nuovamente quel rosso saettare dello sguardo, denotando che non vi sarebbe nessun sospetto di pericolo evidente, permettendo all'altro di domandare con il suo sembra grezzo, irrispettoso agli occhi di altri, seppur nel mondo dei Ninja non vi sarebbe spazio per la cautela verbale, per il voler omettere eventi spiacevoli passati, lasciando che in tutta risposta il Goryo vada inclinando la testa di lato di qualche grado, curioso nel non saper rispondere a quella domanda in una precisa maniera, lasciando la mano che regge la sigaretta, oramai oltre la metà, lì sospesa davanti alle labbra. come a serrarle in attesa delle parole più sensate possibili, di una frase articolata al meglio, senza trovare una degna risposta da mettere insieme, sentendosi osservato da Eiji, pronto a soppesare le sue parole come un giudice instancabile < Considerando dove si trova, credo di sì, ma non conosco i dettagli.. > risposta degna del Nobile che fu, il quale da dentro andrebbe annuendo confronti di quella risposta plausibile e sensata, almeno dal punto di vista delle scarse informazioni che lui ha riguardo il Kagurakaza, conoscendo solo e soltanto a granndi linee quello che gli è successo, non risultando ancora degno della verità, lasciando che l'altro domandi anche riguardo il presunto abbandono, rigirando il coltello in una piaga per lui inesistente, ma che magari per altri Genin più fragili, potrebbe risultar un dire pesante < Non penso potrebbe nemmeno volendo, o l'avrebbe già fatto.. > e facendo nuovamente sì che le spalle si scrollino in quel cenno di noncuranza, o meglio di effettiva inconsapevolezza da parte propria, lascia che da dentro di lui l'altro faccia riecheggiare la propria voce, <{ Insomma, è tutto corretto quanto allo stesso tempo errato... Buffo.. }> e l'esasperazione di Itsuki nei confronti del voler scoprire qualcosa di più delle poche informazioni dategli con il contagocce da parte di Eiji, andrebbe a farlo tacere senza manco degnarlo di risposta, soltando un sospiro arrendevole e vagamente affranto, costretto sin da quando ha scoperto la propria innata convivere con quell'esistenza, socchiudendo gl occhi per qualche istante nel mentre che fuma di nuovo, rimangono giusto un paio di tiri e, in quel non voler risultare troppo enigmatico, cercherebbe di spiegare all'altro Genin, per quanto non abbia voglia di impastare il Chakra per una dimostrazione pratica < Vedi, è più vicino di quanto pensi.. > direbbe andando a sollevar la mano che regge la sigaretta, retta tra indice e medio, quelle stesse due dita che andrebbe a poggiarsi due volte, brevemente e con tocchi delicati, lì proprio sulla sua tempia, andando ad indicare il fatto che è lì, è dentro di lui seppur non sà nemmeno bene come, rischiando probabilmente di passare anche come un pazzo o uno fuori di testa, eppure, è la semplice verità. Ma come abbiamo già detto, convivere con un'altra entità non è una cosa all'ordiine del giorno, dunque, non si stupirebbe se l'altro lo etichettasse come più gli aggrada. [Quartiere povero] Non sa bene perché, ma qualcosa in Itsuki lo affascina. Probabilmente la loro similarità, seppur inconscia, ed è proprio per questo motivo che permane lì a ‘conversare’. L’altro sibila una sentenza riguardo la curiosità che viene recepita dall’Akari, ma non risponde. Si limita ad annuire, celere, dando un semplice segno di assenso. Poi, attratto suo fare non potrebbe esimersi dall’indirizzare lo sguardo intorno a loro. Itsuki lo fa semplicemente per dovere, Rio per riflesso nel vederlo e per occupare quei tanti spazi vuoti tra le poche parole proferite dai due. Ma ora l’attenzione viene richiamata dal tentativo di spiegazione del luogo ove è il suo compagno. Rio aggrotta la fronte, causando la comparsa di una ruga verticale nello spazio tra le due sopracciglia < mh > mugugna mentre lo ascolta e cerca di capire le sue risposte alquanto criptiche. Il capo ruoterebbe leggermente a destra portando l’orecchio sinistro ben rivolto verso l’altro, nel vano tentativo di recepire ancora meglio le parole proferite. Ma ecco che quel gesto, con indice e medio spiegherebbe alla perfezione ciò che intende dire. Un sorriso, più un ghigno, divertito da ciò che gli ha confessato < Aaah > esclama mantenendo quella smorfia < ora capisco > continua < beh, ti capisco più di quanto tu creda > sancisce. Infatti la sua bipolarità potrebbe essere similare alla situazione di Itsuki. Certamente sono due condizioni diverse, ma basterebbe a non farlo etichettare come si aspetterebbe l’altro. No, non è matto. No, non sono matti. Sono solo, particolari. < nessuno di noi è mai solo > sibila < Alcuni giorni io non mi riconosco sai> replica, esponendo il suo concetto di particolarità. [Equip: lo stesso] Già, risultano simili i due se li si vuole guardare da un punto di vista esterno, eppure sembra possano comprendersi in un certo senso. Non si cura del fatto di venir preso per pazzo, di passare per uno che immagina cose. La sua è una realtà che non si spiega e che non è in grado di decifrare, semplicemente la accolta così com'è come il Genin della foglia ha accolto a sua volta quel suo bipolarismo, incapace di gestirlo ma conscio della propria condizione. Giugono dunque quelle parole di comprensione da parte dell'altro, con il quale starebbe intrattenendo quella conversazione inattesa, inaspettata, mentre tutto attorno si muove e loro permangono fermi, immobili con solo l'aria a venir modulata dalla lingua stesa per andar a formare quelle parole, quel dire che par un cantico incomprensibile ai più, seppur l'altro pare rispecchiarvisi < Ne sono lieto, io stesso rimango perplesso dalla situazione.. > onesto nei propri confronti ed in quel non poter afferrare nel complesso la questione, accettando il fatto senza troppe domande, senza saper che un giorno sarà al corrente della verità, in futuro. Eppure le parole dell'altro risultano a loro volta fascinose, dettano il fatto di riconoscere quel proprio disturbo di acconsentire a quello stesso di traviare la sua mente, di dedicargli quella possibilità di esser sia il sole che la luna, sia caldo che freddo, ad occorrenza della situazione, degli eventi, di ciò che accade < È il volersi riconoscere che ci distoglie da quello che siamo realmente.. > implicando il fatto che accettare il proprio essere, bipolare o condiviso con qualcun'altro che sia, è il miglior modo per convivere con sè stessi, senza rinnegare quel che si è < Un giorno, forse.. Avrai modo di conoscerlo.. > dichiarando il fatto che prima o poi potrebero trovarsi in missione, sotto all'ordine dell'alleanza che no nguarda in faccia nessuno e che semplicemente seleziona chi di idoneo e disponibile, dedicandogli un'ordine da completare, da portare a terimine, ed il fatto che prima o poi potrebbero ritrovarsi fianco a fianco in quel destino tanto casuale quanto già scritto. Da dentro, Eiji, non andrebbe altro che porre un pigro dire nei confronti della situazione, di entrambi, di quello che riconoscono d'essere <{ Mh, siamo esseri infinitamente affascinante, noi umani.. }> ed è tutto un dire quel che vien pronunciato dalla melliflua voce di lui, un dire che si perde nella mente dell'altro lasciando che quindi tutto sfumi nel silenzio, permettendo a loro di continuare quell'insolita conversazione. [Quartiere povero] Chi l’avrebbe mai detto. La conversazione tra i due pare decollare. Da quelle poche parole pronunciate poco fa ora il discorso si fa più denso < mh > per i loro standard, ovviamente. Le voci nella zona sembrano ormai così fioche, quasi impercettibili, come filtrate da tutti quei recettori umani che sanciscono su cosa si voglia porre la propria attenzione. Ed ora Rio è ben attento al dire di Itsuki, e viceversa < si esatto > annuisce al dire dell’altro, trovandovisi d’accordo < ed aggiungerei .. > replica < che ci distoglie anche da ciò che dobbiamo fare >. Eh già, il suo tarlo fisso, la sua ossessione. D’altronde la sua bipolarità, il suo variare carattere a seconda della giornata in corsa, non lo ha mai distratto dal suo fine ultimo, dalle sue ricerche. < vedremo se lo conoscerò > continua, sorridendo ed andando ad afferrare con la mandritta l’asticella dell’occhiale tra indice e pollice e tramite loro riposizionare l’oggetto in una posizione più dritta < con tutto questo da fare che c’è per noi ninja non mi stupirei del contrario > sibila, sogghignando e aggrottando parzialmente la fronte. Sa bene che le probabilità sono tanto alte quanto basse che si trovino in missione insieme. Nel caos della guerra non se ne stupirebbe, come dice. La mano ora si scosterebbe dalla montatura ed agganciando la ciocca di capelli antistante l’orifizio uditivo la porterebbe dietro il padiglione. Qui, si scosterebbe riportandosi al fianco della medesima anca, penzolante. < ma aldilà del compagno che già hai, non è insolito che tu faccia ronda da solo? > domanda, lasciando uscire quell’altro lato di se. Quello curioso. [Equip: lo stesso] Estraneati dall'esistenza e da quel che accade intorno a loro continuano in quello scambio di battute astratto ed allo stesso tempo dannatamente reale, entrambi alle prese con un modo d'essere o la questione di vivere con noncuranza verso il prossimo, ponendo la maggior parte delle attenzioni su di se stessi. Riportano a galla quel suo unico sentimento e desiderio di vendetta nei confronti di dove nacque, andando a rendergli nuovamente presente quella volontà che mai ha seppellito, che mai ha smesso di muoverlo e di spingerlo a diventar più forte, seppur con i propri tempi ed una pigrizia che ha reso il diventare Genin infinitamente inapppetibile, volendo cercare di comprendere e di trovare un perchè oltre al proprio volersi vendicare, senza mai rivelargli una risposta riguardo a quel che farà dopo che avrà sterminato il proprio Villaggio natio, in nome di quei quindici anni di sofferenza dove nessuno, se non infine quello stesso Principe, gli avrebbe teso una mano in aiuto, sradicandolo da quel terreno malmesso, infertile, donandogli una nuova vita ed uno scopo che effettivamente fa parte di sè, così come Eiji stesso, senza che però lui sappia nulla, dato il sigillo che porta sulla nuca, invisibile dato l'infinito crine d'ebano e la posizione effettivamente scomoda per il proprio occhio < Il giorno per compiere il nostro destino arriverà, nonostante le avversità che alterano quel che altri concepiscono come un semplice vivere. > annuisce nel mentre di quel dire neutro, androgino come sempre nel tono e nell'apparenza, decretando il fatto che bisogna prima comprendere se stessi per poi andar dunque a ricercare il compiersi del proprio desiderio, del proprio volere, di quel qualcosa che tiene in vita un'individuo portandolo a perseguire il percorso verso il raggiungimento del proprio obiettivo < Suppongo di sì.. > risponde a quel suo rischiar di conoscerlo, visto che effettivamente gli basta attivare l'innata per permettere all'altro di prendere il sopravvento e sconvolgerlo nei toni, nelle espressioni, nei modi ed in tutto ciò che di diverso possa apprtenere a qualcun altro, distinguendolo in quella sorta di Ying e Yang che sono, non poi tanto diversi l'uno dall'altro, per quanto allo stesso tempo opposti. Plausibile è il suo dire che andrebbe a dar manforte a quello del Goryo, riguardo al fatto che non vi sarebbe motivazione alcuna di stupirsi nel caso si ritrovassero al fianco di sconosciuti che di punto in bianco devono venir considerati compagni, volenti o nolenti che si voglia essere nei confronti di quella novità, annuendo nuovamente per andar quindi a dire < In tempi di guerra, dopotutto, non si guarda in faccia nessuno.. > restituendo a sua volta quel sostenere delle parole altrui risultando vagamente distratto nel proprio dire, concedendosi un'altra occhiata ai dintorni in maniera preventiva, quasi possa sembrare paranoico, ma dopotutto stà semplicemente svolgendo il suo dovere, per quanto per metà, dato che la conversazione ha a vuoto la meglio sulla propria responsabilità come ninja dell'Alleanza, ritrovandosi poi d'accordo anche con quell'ultima curiosa domanda nei confronti della ronda in sè < Hai ragione ma gli ordini sono ordini, suppongo credano possa cavarmela anche da solo.. > ed effettivamente così sarebbe, forse a conoscenza del suo esser sopravvissuto come un'ombra sul campo di battaglia, di quella sua capacità di raccogliere informazioni che non è passata del tutto inosservata, lì, quando al ritorno nella società il governo ha avuto da inquisire sulla sua dipartita, ritrovando onestà nelle sue parole e comprensione nel fatto di non voler morire inutilmente in prima linea, classificando anche il suo raccolto informativo prezioso a sua volta, probabilmente indirizzandolo verso un'eventuale promozione, qualcosa che forse non tarderà ad arrivare, lui che oramai si trova lì in quel flebile confine tra l'essere un semplice Genin, ed il dover diventare un responsabile Chunin, senza mai preoccuparsi del grado in sè quanto piuttosto delle proprie abilità, sviluppatesi nel tempo, durante l'infuriar della guerra, concedendogli un'ultimo dire nel mentre che lascia cadere la sigaretta oramai consumata fino all'osso, lasciando che la punta della scarpa sinistra vada a smorzarla sino a soffocarla del tutto, lì su quel terreno umido, soffiando fuori quell'ultimo rivolo di fumo, senza sentir nulla di particolare da parte del Kagurakaza, che permane, silente ma attento, probabilmente perso nelle proprie idee e concezioni < Dopotutto, non mi dispiace passeggiare da solo.. > per quanto come già abbiamo detto, ne l'uno ne l'altro risultano effettivamente soli, mai. [Quartiere povero] Come sono strani. Indubbiamente. La loro conversazione ha intrapreso una piega imprevedibile. Uno è frutto di un’ossessione, l’altro non si sa bene di cosa. Ciò che li accomuna è l’egoismo, il loro mettere al centro dei loro pensieri i loro due ‘io’. E in un periodo di guerra e alleanze, dove il ‘noi’ è quasi un dovere, molti avrebbero da ridire. < il destino .. > replica soffermandosi su quella parola. Così intrisa di significato, ma ben poco definibile < questa guerra per un motivo o per un altro nessuno la vuole > analizza, rifacendosi ai mille pensieri nella sua testa < e quanto cazzo odio che il mio destino sia legato allo svolgimento di questa guerra > confessa, alzando prima lo sguardo al cielo per poi portarlo verso l’altro osservando eventuali reazioni al suo dire. D’altronde la confessione fatta non è una di quelle udibili tutti i giorni, però quella somiglianza tra i due deve aver portato Rio a non trattenere il suo pronunciare < cavarsela da solo è un gran pregio, ma non so se vorrei esser solo in una missione o in una ronda > dice. La verità però è l’invidia che lo pervade. Quanto vorrebbe essere solo più spesso anche l’Akari. Quanto lo capisce. Le lenti degli occhiali, or dunque, si riporterebbero verso il cielo a riflettere la luce del sole tramontante dietro la folta nebbia. La nuca, toccherebbe tramite i capelli castani la porzione più bassa del collo. Il mento alto e le labbra che si socchiudono lasciando danzare la lingua nella composizione di altre parole < siamo simili > sibila. Rimanendo a fissare il cielo, ma con la mandritta che si porta con indice e medio a fare lo stesso segno eseguito dall’altro poc’anzi. Battendo le due dita al centro della fronte. [Equip: lo stesso] [Q povero] Una piega insolita, esatto, non essendosi mai ritrovato a condividere, seppur in minima parte, le proprie sensazioni nei confronti di quel'esistenza duplice verso qualcun altro, rimane a sua volta inchiodato lì al terreno in quel discorrere tentando di comprendersi a vicenda, o forse di far sì che ognuno dei due comprenda meglio riguardo se stesso. Amare giungono le parole nei confronti della guerra, le quali però ritrovano un neutrale Itsuki, qualcuno che mai si è espresso nei confronti della quella in sè, senza disdegnarla ne adorarla, incapace di porre una propria ideologia nei confronti del conflitto supremo che li ha spinti a finir sotto l'ala di quell'Alleanza, tanto che è Eiji quello che da dentro ridacchia, con fare truculento e perfido, incapace oramai di sfuggire a quella sua natura oramai dedita al conflitto, ai tumulti, a quel meraviglioso affresco distopico ed astratto quale il Caos, capace di assumere le forme e le interpretazioni più disparate per ognuno che decide di accoglierlo, di renderlo parte di sè <{ Un mondo senza guerra? Non sia mai.. }> lui che brama le divergenze, le battaglie e la possiblità di dar sfogo al proprio potere, senza far sì che una forza costruttiva ne derivi, che eventi pacifici scaturiscano dal proprio operato <{ Se già è noioso così, figuriamoci senza... }> trovando in netto accordo Itsuki, il quale però concepisce tutto come noioso e distante dalll'emozionante, lui che di emozioni non ne prova e che lentamente starebbe finendo traviato inconsapevolmente dallo stesso Ex Capovillaggio del Suono, cresciuto in mezzo ai dolori ed alle responsabilità, al sangue ed alle battaglie, finendo per adorare quel mondo nel quale, da piccolo, credeva un Principe non sarebbe mai stato in grado di mescolarcisi. Giungono dunque le parole tangibili, udibili e dunque afferrabili da parte del Goryo nei confronti del Genin dell Foglia, laddove con un semplice cenno di diniego andrebbe rispondendogli < Ed allora volgi quei legami a tuo favore.. > come se fosse una cosa semplice, come se potesse avere una cartella con dentro tutto riguardo a Rio, risultando però semplicemente in grado di semplificare anche al cosa più semplie, senza mai porsi troppe preoccupazioni riguardo a nessun concetto in particolare, se non il cercare di comprendere meglio la propria posizione, la propria condizione, in quella tela vasta che è il mondo. soffermandosi poi sul dire altrui prima di concedersi una breve pausa per dunque rispondergli, sempre con lo stesso tono, mai che si renda più acuto o grave, inamovibile da quella sua soglia stabile < FInchè è una ronda, è fattibile, una missione, d'altrocanto, potrebbe risultare più ostica.. > comunque come al solito cosciente delle proprie abilità e del proprio potere, infimo rispetto a quello di altri Ninja leggendari e quello che fu il potere del Kagurakaza stesso, ma comunqeu abbastanza per permettergli di cavarsela da solo in quelle situazioni non troppo concitate, non troppo pericolose o esagerate che siano, rischiando dunque di sfuggirgli di mano. Di rimando, quasi come se fosse condizionato dal fare di lui, andrebbe a sua volta a sollevare lo sguardo,, la coda d'ebano che scende oltre le ginocchia in quel piegar il collo indietro quanto basta per permettere ai suoi rossastri di soffermarsi su un punto totalmente indefinito del cielo, perdendosi per qualche istante in quella volta annebbiata da quel fenomeno atmosferico sempre presente in quel lì di Kiri, quasi ricordandosi soltanto ora del fastidio dell'umidità in sè, ritornando con lo sguardo innanzi a sè,, andando a porre un lieve scuotersi della testa, un movimento secco e deciso che andrebbe a far ondeggiare quella lunga massa ordinata di capelli, portandola in quel colpo di frusta innanzi a sè, afferrandone una ciocca per soppesarne le condizioni al tatto, impedendogli di tornare dietro, al suo posto, risultando come al solito infastidito per la pesantezza e il senso di bagnato di quelle stesse numerose ciocche che assieme formano quella chioma tanto importante per lui, perdendosi in quello tentar si sfibrarli dalla massa con indice e pollice < In un certo senso, non posso che trovarmi d'accordo.. > lasciando dunque che i capelli tornino lì dov'erano poc'anzi, con un breve sospiro per le condizioni dei suddetti al quale cercherebbe di non pensare, riportando la mano in tasca lì dove risiede la gemella, in quella opposta, socchiudendo gli occhi per dunque annunciare il proprio congedo < Per quanto la conversazione si è rivelata inaspettatamente interessante, non posso tergiversare ulteriormente.. > riferendosi a quel suo dover proseguire nella ronda, ritrovandosi in ritardo di qualche minuto se non di più, noncurante chiaramente del fatto in sè, riconoscendo però quella sua parte di sè che se ha un dovere, lo spinge inesorabilmente a compierlo, incominciano a smuovere un passo solo dopo che lui avrà finito di parlare, lì oltre alla figura del Konohano, soffermandosi poi un'istante dopo, quasi dimenticandosi di degnare l'altro interlocutore perlomeno del proprio nome, rimandandolo ad un possibile incontrarsi di nuovo < Ah, Itsuki Goryo... > e niente, così come è arrivato, senza salutare ne annunciarsi in maniera alcuna, svanirebbe senza un particolar porre alcuna forma di saluto, lasciando che la sua figura androgina prosegua lentamente per il loco, con la coda dietro ad ondeggiare ritmicamente al suo passo incesasnte verso il compiersi di quella ronda. {end} [Quartiere povero] Conversare del tutto e del niente. Conversare con qualcuno che odia conversare tanto quanto l’Akari. Che strambo pomeriggio. Ed il tutto contornato da uno di quei luoghi che creano uno scenario perfetto. Quell’ergersi di case in così poco spazio, strade strette, sporche, affollate e nonostante ciò, la vita di quegl’abitanti prosegue inesorabile. Una cornice infangata, per due anime infangate. L’Akari è nuovo di questa vita da Ninja e si ritrova a dover combattere una guerra interiore, a cui tiene, insieme ad una esterna, a cui non tiene minimamente. Ma l’adempiere i compiti da Shinobi è necessario per poter poi raggiungere gli obiettivi più personali. Tutto ciò, tuttavia, contornato dalla sua bipolarità. Che tipo difficile. E poi oggi ha conosciuto il Goryo che, in un certo senso, non lo fa sentir solo nel suo modo di essere. Destino? Di nuovo quella parola. Lo sguardo dell’Akari rimane alto, mantenuto dalla muscolatura posteriore del collo contratta. Fissa il nulla. Le mani si infilano nelle rispettive tasche riportandole nel quel postazione che adorano particolarmente. L’attenzione, però, è ben posata su Itsuki e sul suo dire. D’altronde il discorso ora ha preso una piega che lo interessa alquanto < certo > confermerebbe il dire dell’altro insieme ad un movimento del capo all’in su. Sarebbe follia pura affrontare missioni in solitaria, di questi tempi. Noterebbe, solo ora l’altro che pone lo sguardo verso il cielo, proprio come l’Akari, quasi a voler sottolineare quella loro somiglianza anche negli atteggiamenti < mh ? > il sopriro del Goryo richiama l’attenzione dell’Akari, e poi il suo pronunciare < beh non posso negarlo > d’altronde il discorso è stato inaspettatamente interessante < ti capisco >. Il dovere, da ninja lo aspetta. Non saluta, non gli interessa, ma riporta lo sguardo verso quel cielo nebbioso e ben meno luminoso rispetto a prima. Fissa un punto indefinito, quando la voce di Itsuki gli perviene di nuovo, inaspettatamente < mh ? > si erano congedati, ma l’altro ci tiene a dirgli il suo nome. Neanche di aveva fatto caso l’Akari a questa mancanza. Formalità, solo inutili formalità < Rio Akari > sibila senza scostare le iridi marroni da quell’alone biancastro ed antistante il cielo. Rio rimarrebbe ancora lì, per un po’. In quell’incrocio a contemplare il suo essere insieme alla cornice, squallida di quel quartiere che tanto lo incuriosisce. [Equip: lo stesso] [end]