Un velenoso patto.
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Giocata dal 12/04/2020 20:11 al 13/04/2020 02:23 nella chat "Centro di Kiri"
[Libreria > Centro] Se non fosse stato per il problema di fondo dell'aver terminato le letture a propria disposizione, no, non avrebbe minimamente messo piede fuori dalla propria tenda quest'oggi, visto che sostanzialmente oggi non avrebbe avuto nulla da fare, nessun particolare dovere da Ninja, nessun'altro effettivo modo di trascorrere la giornata, cercando di riempire inutilmente e con vani tentativi quel nulla che lo perseguita. Un breve cenno del capo, si assottiglia lo sguardo in quel voler ringraziare brevemente il negoziante della libreria in questione dove si sarebbe diretto qualche minuto fà con l'intenzione appunto di rifornire le proprie scorte personali, portandosi questa volta un'ombrello, per tentar di sopperire dunque al problema della pioggia, tanto odiata così come l'umidità stessa che permea perenne per tutto il Villaggio e dintorni, lasciando che quella coltre di Nebbia attanagli il paese, rendendo tutto ancora più fastidioso e noioso del solito, tanto che sarebbe un sospiro quello che esala il Goryo per poi voltarsi e smuovere un paio di placidi passi, composti e precisi, in direzione dell'uscita dal locale, lì dove, reggendo sul polso quel sacchetto con dentro quel paio di manoscritti, vedrebbe di coordinare mancina e dritta per andar ad aprire dunque quella nera copertura portatile, lasciando che la superficie idrofoba vada quindi ad accogliere quelle fastidiose gocce, per poi infilarsi sotto a quel perimetro semovente privato, smuovendo appena con un cenno del capo la coda medio alta dei lunghi capelli color dell'ebano, lunga più o meno sino alle ginocchia, come a volersi assicurare che fosse effettivamente coperta dallo strumento che regge nella mancina, portando lo sguardo rossastro indietro, facendo scivolare nel contempo gli acquisti verso la mano destra, sollevandola per fare un nodo alla busta, volendo evitare che quelle preziose pagine si macchino d'acqua, poggiando sulla spalla sinistra l'ombrello per facilitare quell'annodare dei lembi superiori, tornando poi con le mani impegnate come prima volgendo ora lo sguardo intorno a sè, prima a destra e poi a sinistra, lasciando che le rosse colgano quell'aria di guerra, che mesta si spande per il Villaggio ed oltre, senza curarsi minimamente di nessuna di quelle facce e dell'atmosfera in sè, umidità a parte < Che noia.. > il tono secco, piatto e privo di una qualsiasi assonanza riconducibile ad un'emozione, solito nel lamentarsi in quel non riuscire a provare nulla, a smuoversi per niente <{ Non so se era quasi meglio andare di ronda, data la pioggia.. }> direbbe da dentro il Kagurakaza tramite il loro legame mentale, lasciando cader quella frase come fosse un oggetto fastidioso, come se quel suo tono fosse una pigra zampata di un felino dispettoso che deve pur farsi sentire prima o poi, sennò non è contento, per quanto effettivamente le giornate di Itsuki non si svolgono in maniera tanto poi intrattenente, dal punto di vista di Eiji, che vive a differenza sua per la frenesia della battaglia e tutti gli annessi < Insomma, è pur sempre una giornata libera.. > direbbe mormorando l'altro, quello all'esterno, decretando che a lui và più che bene così, inspirando per armarsi di pazienza prima di andar quindi a smuovere quei primi passi lungo il ciglio della strada, stando relativamente vicino agli edifici, sperando che il suo solito completo nero pece, così come la cravatta e non la camicia, che è invece bianca, a differenza delle scarpe nere a loro volta, dal taglio vagamente elegante, incominciando a dirigersi in direzione dell'accampamento, volgendo lo sguardo in direzione dei dintorni, muovendosi meccanicamente come di suo solito, ma incapace tutt'ora d ricordare a memoria ogni possibile via o strada del posto, essendo lì da relativamente poco. Risulterebbe relativamente complesso, dato le mani occupate, il voler tirare fuori una sigaretta dal pacchetto che già con un certo incespicare vien tirato fuori dalla mancina proprio dalla tasca dei pantaloni, poggiando momentaneamente sulla spalla l'ombrello come poco fà, ritrovando però come già detto ostico il voler tirar fuori quel palliativo cilindro di tabacco, concentrandosi sul pacchetto e l'accendino che verrebbe estratto dallo stesso assieme ad una sigaretta, con la concentrazione del tutto rapita da quel suo fare, fattibile ma poco pratico dato anche il sacchetto coi libri. Potrebbe tranquillamente ritrovarsi contro un muro, un palo, o contro una persona, se non fosse che ha un'entità al suo interno che lo possa avvertire per tempo. Facile così eh? Bisogna sempre tenere in vita la speranza anche se la strada è diffile e i temporali ci costringono a fermarci. Dobbiamo procurarci un motivo forte per andare avanti e non perderci d'animo alle prime gocce di pioggia. Solo così il nostro limite sarà soltanto il cielo, ed è su di lui che viene infatti rivolto lo sguardo nel mentre, i piedi, persistono a smuoversi affinchè la via venga percorsa, sospiri sono quelli rilasciati dalla bocca, taciti come il soffio di una guerra imminente ma che ancora non si palesa in distruzione e sangue. Il vento porta la paura di una tragedia che accadrà, ed i pensieri a chi mai dovrebbero essere rivolti? Scivola l'attenzione sui volti dei passanti, quanti di loro ancora potranno salutarsi nel locale preferito, crogiolarsi tra le braccia degli amati e delle famiglie, quanti, invece, caleranno le palpebre per abbandonarsi al destino, ormai, segnato. Echeggiano le suole impattate sulla fanghiglia, si macchiano le vesti e la chioma di acqua piovana, incessante e con il compito di lavar via emozioni troppo pessimiste per affrontare il futuro alle porte <...> silenziosa come l'arrivo di una stagione ella cammina ancora, nessun ricordo adorna la sua mente se non quello di un uomo il cui spirito ricorda la Tigre <com'è che si chiamava...> sopracciglia ravvicinate affinchè si increspino al centro, espressione meditabonda seppur è a voce che si esprime, premurandosi però di mantenere un tono basso ed inudibile ad orecchie esterne. La memoria non l'accompagna, ma sarebbe dovuto essere un maestro per lei poichè pare che i propri occhi rappresentino una qualche casata, discorsi confusi però dai mesi passati nel vagabondaggio, nessuna meta è stata prestabilita data l'assenza totale di obbiettivi a far divampar il suo animo. Quanto può essere frustrante non possedere ambizioni, vivere perchè si è vivi, per una ciotola di Ramen al mattino ed alla sera, per la soddisfazione infinita di bisogni primari che non riescono ad elevare la qualità dei giorni nel quale ci si risveglia, ecco chi è Fumie, una Donna al quale è stato strappato il passato ed il futuro, un cane randagio privo di padrone ed incapace di navigare in solitudine su un mare burrascoso. Si presenta come una donna minuta dai lunghi capelli blu, l'epidermide è chiara, accentuata da un lieve rossore sulle gote e sulla punta del naso, ma ciò che risalta sono le labbra similari a boccioli di una rosa; Iridi bianche e prive di pupilla, simbolo indistinguibile del Clan Hyuga seppur sconosciuto per lei. Corpo sinuoso ed avvolto in abiti semplici, pantaloni aderenti e neri che mettono in risalto le sue curve, felpa chiara priva di maniche e dal quale, sotto, sbuca una t-shirt retinata; dei guanti coprono le mani lasciando però in bella mostra solo le dita, nient'altro. [Centro] Uno schiocco, due schiocchi dell'accendino che alla prima volta non ne ha voluto sapere, tra indice e medio della sinistra regge la sigaretta, nelle restanti dita il pacchetto e di conseguenza regge con la dritta il sacchetto dal nodo, utilizzando quella stessa mano per adoperare il suddetto oggetto tascabile, andando quindi ad illuminar il suo volto con quella flebile fiamma, permettendo alla punta di quel tabacco ben disposto tra la carta di accendersi, di illuminarsi e scaldarsi tanto da bruciare in un'istante per così illuminar la punta della stessa sigaretta, lasciando che un sottile filo di fumo si disperda verso il cielo valicando il limite imposto dall'ombrello, infiggendosi di lì a poco sotto alle gocce che scendono incessanti. Inspira per far sì che quella piccola e contenuta combustione vada a farsi forte dell'ossigeno che vien tratto dall'aria umida, intaccato chiaramente da quel sentore di tabacco inconfondibile, riempendone i polmoni per poi lasciar che una nuvoletta più corposa dei sottili fumi di poc'anzi venga soffiata autonomamente innanzi al suo viso, socchiudendo gli occhi per poi cercare di passarsi l'accendino nella mano con il pacchetto, reggendo momentaneamente la sigaretta tra le labbra, serrate con delicatezza per evitare danni, riponendo dunque con la mancina il tutto nella tasca, andando a sospingere con un lieve cenno della spalla l'asta di quello stesso ombrello scuro che verrebbe indirizzato con quel fare proprio verso la di lui mano ora libera da qualsiasi orpello o impedimento che sia, riafferrando la maniglia scura più sotto, dischiudendo nuovamente lo sguardo, tirando su il sipario da quelle color del sangue, quasi in concomitanza con l'avvertire di Eiji, appunto < Ohi. > un semplice e conciso monosillabo, stanco e quasi dovuto, come se non gli sarebbe interessato in realtà del suo eventuale rischio di finire contro qualcuno, come stava appunto per accadere, avvisandolo riguardo al fatto che c'è una ragazza davanti a lui, a pochi centimetri di distanza, probabilmente assorta nei propri pensieri, quanto lui nel proprio fare, facendo sì che quindi quel mezzo passo che stava smuovendo nel suo incessante incedere venga arrestato prima del dovuto, con un lievissimo fremere dei muscoli che si irrigidiscono come a volersi preparare istintivamente ad un impatto, un lieve strusciar delle suole sul terreno, la cravatta si smuove appena sollevandosi dal petto giusto in punta, la lunga coda color dell'ebano che dondola in avanti in preda all'inerzia, tornando poi al suo posto con un fare sinuoso e ben poco riconducibile a un qualcosa di effettivamente virile, sin troppo curati e ben tenuti nonostante l'umidità, quei capelli, retaggio di un passato del quale non dovrà e non potrà mai dimenticare, lasciando che il silenzio intercorra tra i due, sperando giusto che il suo arrestarsi lievemente brusco abbia destato lei dal proprio astrarsi nella mente quanto basta per evitare un'effettiva collisione, altrimenti, beh sarebbe preparato in quei brevi istanti al fievole impatto che potrebbe derivare dalla disattenzione di entrambi < ... > non ha quasi nulla da dire, o meglio, non li risulta facile a lui introdursi in una conversazione sociale classica che sai come i più, sta tentando di diventare sempre più avvezzo al conversare in un certo senso, ma seppur capace di provare fatica sin troppo facilmente nell'aver a che fare con le persone, trovandosi nel mezzo di un'equilibrio precario, trovando arduo l'iniziar di quel flebile tono in direzione di ella, dannatamente androgino all'apparenza quasi da risultare un mistero per chi non lo conosca, morbida la voce, pacata come al solito come un ghiacciaio, inamovibile ma capace di raffreddare l'aria in torno a sè con una naturalezza quasi senza senso < Io.. Ero distratto. > dice puntando quel suo sguardo sul viso di lei, senza una qualsiasi particolare espressione, senza che il viso si tinga di colore alcuno, rimanendo lì sotto quella tettoia abbastanza grande da permettere ai due di rimanere lì anche senza l'effettivo ausilio di un'ombrello, per quanto lui non se ne renderebbe conto ora come ora, cercando di sostenere quel breve accenno di socialità, raggiungendo in maniera indicibilmente lenta il concetto riguardo ad un presunto scusarsi, se non fosse che per lui non ce ne sarebbe bisogno alcuno, sentendo da dentro il Kagurakaza che con indifferenza chiosa <{ Mh, cìè mancato poco, diamine se sei distratto... ]> ottenendo in tutta risposta un rapido e vago rotear delle iridi vermiglie, come se volesse esprimere un nonsocchè di esasperazione, una sorta di cosa oramai abitudinaria per lui nel sentire il fu Jinhuuriki dentro di lui appuntargli le cose, cercare di correggerlo, di migliorarlo, come se ne andasse del proprio bene. Ed in un certo senso è così, ma tutto a suo tempo. La pioggia, insistente e sottile, avvolge la terra con le sue braccia silenziose, assopisce i colori, riempie il mondo di sottintesi e di piccole malinconie, stringe di più i nodi, tiene il senso della vita lassù in alto, indecifrabile, tra le nuvole. Odore acre è quello sprigionato dalla sigaretta, tanto da stuzzicar le narici, infastidendole <Uhm..!> viene destata dai propri pensieri eppure non par voler arrestare i propri passi affinchè l'impatto venga completamente evitato, bensì solleverebbe il braccio mancino in protenzione del petto costringendo il gomito a puntare all'esterno, cerca di aderire il tutto contro lo sterno altrui così che venga successivamente spinto a compiere un passo indietro <...e si vede...> scontroso il tono divenuto più duro, come l'espressione apatica che cancella per sempre dal viso candido la serenità mantenuta fino a quel momento. Iridi bianche lentamente scivolate sulla figura dell'uomo, un'occhiata in tralice servita solo per soppesarlo da capo a piedi coadiuviando il capo ripiegato per sopperire alla differenza d'altezza <ma potrei anche decidere di perdonarla> formalità da sempre imposte verso il sesso opposto, non conosce i reali motivi di tale astio provato negli uomini, eppure l'istinto detta la sopravvivenza per fari di che gli errori non vengano mai più ripetuti. Si intrecciano gli arti superiori gonfiando i seno già di per se prospero, e se Lui assume freddezza, dal canto proprio c'è solo il nulla, come una creatura senz'anima al quale hanno assopito le emozioni, non vi è neanche un sorriso a sollevar quei dolci boccioli rosati. Il destino opera silenziosamente alle nostre spalle, eppure fin ora ha incrociato cammini futili per la crescita personale, nessuna luce è capace d'eliminar le tenebre, e nessuna oscurità è pronta a inglobare la sua essenza, un'eterno grigiume similare al cielo sulle loro teste <spero quanto meno tu possa essermi utile in qualche modo> roteano le orbite nel notare il suo stesso gesto, smuove qualche passo in avanti, comprendosi sotto la tettoia delle palazzine ed affiancando Itsuki, permanendo ad una distanza di sicurezza <che succede ultimamente?> le voci girano, certo, ma le informazioni sono fin troppo generiche, futili e confusionarie, conoscere le motivazioni di una guerra o i nemici con il quale scontrarsi è sempre un vantaggio qualora si voglia salva la pelle. Le buone maniere? Le ha abbandonate, cosa mai potrebbe importare della propria identita ad uno sconosciuto, il Mondo è pronto a spremerti fino all'osso e, una volta divenuto inutile, ti getta via come una cartaccia, abbandonandoti sul ciglio della strada per sempre. [Centro] Curioso, per quanto nessuno dei due par sapere del lasciar trasparire il nulla da parte dell'altro, sembra che si siano in un certo senso trovati in preda alla coincidenza di metterli in un certo senso davanti ad uno specchio, per quanto la mancata felicità o spensieratezza sono chiaramente all'ordine del giorno in quel Villaggio adibito all'unione dell'Alleanza, postasi sotto un'unica ala per tentare di sconfiggere un misterioso male comune. Un tocco, o qualcosa di più, un'impatto seppur pacato e mai irruento, non si è smosso di un centimetro lui a quell'invadere dello spazio personale, se non fosse un'irrigidirsi lievemente più concreto in quell'istante dove sarebbe avvenuto l'avvicinamento oltre ai limiti prestabiliti, valicando quel confine immaginario che quasi bisogna far domanda scritta per permettersi di oltrepassarlo, sia che siate conoscenti o estranei, la cosa poco cambia per lui. Eppure, il suo comportarsi in quel modo è un derivato dal suo passato traviato, dalla sofferenza, dal mancato diritto di vivere che gli era stato proibito sin da quando era venuto al mondo da quella Madre degenere, di lei lui ovviamente non sà nulla ed allo stesso tempo non andrebbe nemmeno a sforzarsi più di tanto nel tentar di cogliere quel suo stesso atono modo di fre, permanendo ad una temperatura d'umore rasente lo zero, lasciandola in quel suo rimarcar la disattenzione di Itsuki, ponendo quel passo indietro con il braccio d'innanzi come a voler porre un'ostacolo tra di loro, seppur il Goryo non ha appunto la minima intenzione di muoversi verso di lei, anzi, concessosi quelle parole che potevano essere il massimo in termini di scuse da parte del sottoscritto, permane immobile, scostando soltanto lo sguardo rosso verso l'alto qualche istante dopo, rendendosi conto della tettoia abbondante quanto basta per impedirsi che la pioggia li infastidisca ulteriormente, permettendosi dunque la possibilità di andare a chiudere il nero strumento per riporlo lì a lato del muro, socchiudendo gli occhi nel mentre quasi avesse memorizzato perfettamente la distanza tra lui e quella superficie verticale, lasciando che il manico di legno poggi con un lieve suono secco, la punta a terra e le gocce che scivolano lungo il tessuto, la sigaretta che vien spostata dalle labbra con la mancina, mentre la dritta a sua volta poggia i propri acquisti sulla sporgenza del muro che sorregge quel negozio o abitazione che sia < ... > tootalmente noncurante tace riguardo alla questione del perdono, riportando gli ochi color del sangue su di lei sempre tenendoli mezzi aperti o mezzi chiusi, dipende come la si vuole vedere, dalla propria filosofia, mentre la sinistra si porta in tasca ai pantaloni, permettendole di continuare a lei, considerando il fatto di essersi fermato anche una possibilità concessa al clima di volgere in termini possibilmente più favorevoli. La guarda negli occhi, bianchi, vuoti, incominciando a dedurre questo e quello in pochi istanti dalle parole di lei, lui che non ha intenzione di fondo di essere utile a nessuno di particolare a meno che non vi sia un ritorno, un qualche guadagno, per quanto la domanda in sè non sembra qualcosa per il quale svenarsi, concedendosi semplicemente qualche istante per andare ad appoggiarsi a quello stesso muretto, le spalle su di una finestra lievemente umida ma priva di gocce alcune < Dato la domanda, suppongo tu sia un'Allieva, è normale che tu sappia poco e niente ma... Forse è meglio così.. > una pausa più o meno drammatica, mentre lo sguardo è puntato dritto davanti a sè sulla strada, qualche istante per concedersi la vista di quel tizzone che vien avvicinato appena al viso, inespressivo come al solito quel suo tono che par perdersi tra la nebbia, quasi rarefatta la sua voce ed intangibile, sfuggevole, così come il fumo che vien soffiato dopo quel tirar dalla sigaretta, volgendo ora appena il capo nella direzione di lei, posando le scarlatte sul suo volto < Non trovi sia meglio non curarsi di qualcosa che non si può risolvere con le proprie forze? > è la domanda che gli vien posta alla ragazza, lui che per quanto sia lì tra il Genin ed il Chunin è forte quanto basta per permettergli di sopravvivere, lui che è rimasto lontano dal mondo dei Ninja senza mostrarsi in maniera diretta bensì agendo indirettamente nelle ombre raccogliendo quante più informazioni utili sui campi di battaglia, per poi decider di tornare a sua volta in quello svolgersi degli eventi bellico, soffermandosi ora sugli occhi di lei, bianchi, vuoti, spenti, quasi ancor più capaci di mostrare quella vacua bellezza dii lei, della quale lui, come di tutto il resto, chiaramente non si cura, concedendogli però quel breve dire, riguardo alla missione dell'altro giorno < L'altro giorno ho avuto un breve.. Assaggio del nostro nemico, due cloni, uno aveva i tuoi stessi occhi.. > e lo dice tanto per, senza andar a sperare che lei possa andare a dargli un'informazione più precisa, qualche annesso, lo dice giusto per andar a saziar quella di lei con semplici parole che andrebbero a tentar di sostenere una conversazione come un ponte instabile, dalle fondamenta scarse e fragili, nel mentre che da dentro Eiji osserverebbe la ragazza dal crine <{ Ah.. Il Byakugan, ed è solo una giovane Deshi, che delizioso paio d'occhi sprecato.. }> come al solito superbo, capace di porsi al di sopra di chiunque pure in quella sua forma ineteressa il Principe, convinto di essere come sempre superiore a tutto e a tutti, pure davanti all'evidenza, forte dei suoi ideali e conscio della propria infinita ambizione, seppur tutt'ora Itsuki ne sia all'oscuro.. Ma anche qui, tutto a suo tempo, mentre il Goryo gli risponde mentalmente <{ Non tutti sono costretti ad intraprendere la via del Ninja e soffrire più di quanto già la vita non ci faccia soffrire di base.. }> ed è quello il suo dire, la sua convinzione di colui che ha rimandato un paio di volte il percorso accademico prima di convincersi a diventare Genin, senza riuscire a condiviidere la filosofia di base del Ninja ma senza nemmeno trovare una personale interpretazione adatta al suo modo di ragionare, non ancora, ricevendo in tutta risposta un menefreghista e scostante dire del saccente Kagurakaza < Tsk, e vivere la propria vita in balia degli eventi senza poter volgere gli ingranaggi del fato a proprio favore? No grazie... ]> direbbe quell'essere che si è rifiutato di abbandonare il mondo, di lasciar da parte la vita per accettare la morte, ricorrendo a quell'ancora vivente quale Itsuki, all'oscuro di quanto quel moro possa sapere. Eppure la conversazione è tra loro due li fuori, e per quanto vi sia stato uno scambio di battute nella mente di lui, gli occhi vermigli non si scostano dall'attenzione nei confronti di Fumie, ora come ora. Ed ancora lo scrosciare della pioggia echeggia per le vie ormai deserte, la volta celeste accoglie finalmente gli astri poichè il tempo del Sole è svanito per lasciar spazio alla Maestosa Luna, s'adagia al muro la giovane affinchè la schiena venga aderita al cemento insieme alla suola sinistra, le braccia permangono incrociate al petto e lo sguardo sfugge dai cremisi sanguigni dello sconosciuto, ma non per paura, bensì per mero disinteresse se non uditivo. Parole trasciante via dal vento, lo stesso che smuove la chioma blu come fossero onde del mare, esse danzano esaltando una bellezza probabilmente fuori dal comune, e se sia a causa dei occhi o meno, poco importa, per ora sulle labbra carnose un sorriso inizia a sbocciare, cosi leggero da sollevarne malapena gli angoli <allieva...non ho ancora conosciuto una persona degna dal quale poter imparare qualcosa> tutti troppo presi da se stessi, dal proprio ego ed esaltazione di virtù solo decantate ma di dubbia esistenza, una cassetta già sentita e forse anche stonata ai suoi timpani. Schiocca la lingua contro il palato e l'aria sgattaiolerebbe via dai denti perfetti in un sibilo <certamente, tuttavia quando vi è una guerra è impossibile ignorarne l'esistenza poichè i primi bersagli sono, appunto, i più deboli> a meno che non si abbia a che fare con nemici-gentiluomini, da quando i malvagi possiedono un codice morale? <la forza non è tutto, la furbizia è ciò che riesce a portare la vittoria alle proprie rive> solleva con sufficienza le spalle, calar la testa e caricare come un Toro al solo sventolare di una bandiera rossa è per ignoranti, bisogna somigliar di più alle serpi, esse strisciano silenziose per lo sterpame fin quando, la preda, sarà a debita distanza d'ingaggio, solo così il veleno potrà essere sparso nelle vene, corrosivo trascinerà alla Morte, la fine di ogni sofferenza. Una fanciulla dai lineamenti dolci, fini eppure, al contempo, un libro chiuso per chiunque posi l'attenzione sulle iridi biance, dov'è l'anima? Quella scintilla che accende la sclera rendendo, un quadro, perfetto, incompleta per la sua memoria mancante, un circuito assente all'interno di una macchina potenzialmente letale. Il ferro bisogna batterlo finchè è caldo, eppure, Norita ci aveva provato instaurando un legame di sangue ancora ignoto tanto quando il Clan d'appartenenza <oh...ma davvero?> solo ora il cranio si volta per incrociar i fiamminei coadiuviando il sopracciglio alzato, saccenza ed altezzosità emanata dalla posa imperiale donata dal busto drizzato <non sei il primo che me lo dice...eppure lei continua a girar attorno alla domanda porsa. Dato che si è scontrato con uno di loro saprà quanto meno la linea di condotta assunta> insomma, chi combatte senza minacce? Senza studiar l'altro minuziosamente per prevedere i prossimi passi. Fumo di sigarette libero in aria, lento risale dinanzi a le, ma non batte ciglio ne dimostra il fastidio recatole, semplicemente ricercherebbe la Luna senza mai distogliere l'attenzione uditiva dall'interlocutore, ella si che è una compagna fedele. Non va mai via. E' sempre di guardia, risoluta, ci conosce con il buio e con la luce, e come noi è in continua trasformazione. Ogni giorno è una versione diversa di se stessa, a volte tenue e pallida, altre intensa e luminosa. La Luna sa cosa significa essere umani. Insicuri, soli, butterati dalle imperfezioni. [Centro] Fa da sottofondo al loro mesto conversare quella pioggia che non s'accenna a fermarsi, facendo da contorno all'immagine di loro due poggiatisi su quel pezzo di cemento, illuminati dal pallore della luna che silente osserva dall'alto in ogni dove, imbianchendo la notte con quella su rotondità perfetta quasi da risultar fastidiosa, lontana, ammantata dalla nebbia, la stessa nebbia nella quale si perde il fumo di un annoiato Goryo. Oneste le parole da parte di ella, riflettendo brevemente sul fatto di non essere a sua volta mmai stato seguito da nessuno, di non avere un'ideale mentore verso il quale identificarsi, di non avere una meta figurativa di chi o cosa vorrà essere, rimanendo consapevole di avercela sempre fatta con le proprie forze, solitalla fine del proprio dire, solitario come un lupo che non disdegna il cupo e riservato leccarsi le ferite di un'ego soppresso dal peso e dagli anni che furono, tornando in fretta al presente per dunque confessare un pensiero personale, l'unico che può porre nei confronti dell'insegnamento o dell'essere allievi che sia < Ora che ci penso, quando sarò Chunin mi toccherà anche fare lezioni... Che noia.. > direbbe lui ribadendo quelle sue due parole tanto parte di se stesso, impossibili da estirpare da quella sua caratterizzazione pessimista ed incapace di emozionarsi nei confronti di niente e nessuno, spento, come una candela priva dell'ossigeno che necessita per continuare a bruciare, sino al bruciare di tutta la cera, lasciando spazio solo al buio oblio della morte. Sagge giungono in seguito le di lei parole, parole degne di nota per una mera allieva, priva di una qualsiasi dedizione verso il campo di battaglia ma comunque consapevole del fatto che rimaner cullati nella bambagia della debolezza non è cosa consona, seppur convinta di ovviare alle proprie mancanze con la furbizia, un ragionamento non del tutto errato, ma fallace qual'ora un nemico incontrastabile si pari sul proprio cammino, risultando un'ostacolo insormontabile, nemmeno con la diplomazia o col potere < Sono parole per nulla prive di senno, ma il mondo dei Ninja è pericoloso ed urge diventar forti e scaltri allo stesso tempo, se si vuole assicurarsi la propria sopravvivenza... > un consiglio, un monito che giunge come a voler metterla in guardia, seppur non ha nessun interesse diretto nel voler avvertire gli ignari, beati della loro stessa ignoranza dovuta dall'impossibilità di aver a che fare con forze superiori a loro, costringendoli ad affidarsi ai Ninja, quasi come se ai suoi occhi sarebbe capace di omettere chiunque non abbia intenzioni di spingersi sulla via cosparsa di dolore che è quella dello Shinobi. Inspira, portando con sè una dose appena più ingente del solito di fumo, veicolando verso i polmoni quell'assottigliato e velato piacere incorporei, per poi lasciar che quegli stessi organi rilascino il tutto in un soffiar sommesso, quasi automatico e mai forzato, mentre Eiji da dentro andrebbe a porti più interessato in questi discorsi considerabili filosofici, capace di far da giudice dall'alto della sua esperienza degli anni passati, senza però tutt'ora commentare, denotando semplicemente una consapevolezza maggiore nei Deshi dei tempi che corrono, seppur al Suono, o imparavi a vivere o venivi divorato dalla vita stessa. Lasciando da parte la questione inerente alla guerra in sè, come concetto, come idealizzazione che si possa avere nei confronti di quest'ultima, allora l'attenzione volge nei confronti di quel nemico, nel mentre che gli occhi rossastri di lui si distacchino dal viso di lei, scivolando con una languida lentezza nei confronti dell'astro bianco latte stagliato oramai alto nel cielo, soffermandosi a pensare al fatto che le informazioni e le voci corrono più veloci di qualsiasi essere vivente, lui che ben sà il potere di quelle sottigliezze, di quei dettagli capaci di sconvolgere i piani, di mettere in giudizio le proprie scelte, di far titubare prima della mossa decisiva, di portarti alla rovina così come possono allo stesso modo risultar una fonte di salvezza < È difficile far tacere il popolo, ma ti consiglio di stare attenta, la gente in preda al panico potrebbe etichettarti in fretta come un pericolo solo per il candore dei tuoi occhi... > ed anche qui tenterebbe di elargire un'altro monito, un volerla mettere in guarda sulla diffidenza e su quanto male possa fare il consenso del gregge, l'idea dei più, la concezione della massa, riportando lo sguardo su di lei mentre Eiji da dentro andrebbe a muovere dal suo osservar silente concedendosi soltanto un ridacchiar sommesso, un'arpeggio diabolico che nulla farebbe intendere al Goryo, che lentamente riuscirebbe sempre di più a schiudersi, seppur in minima parte ogni specifico ammontare di minuti che passa, diventando appena pi sciolto nel parlato, risultandogli meno faticoso e pesante parlare, sempre mantenendo per quell'inespressiva espressione, quella piattezza nel tono, quel nulla di sottofondo, osservandola ora in una singola ed unica occhiata, dal basso verso l'alto, soffermandosi sul suo viso < E tu? Vuoi diventare più forte? > curioso, raro nel domandare ma quasi sempre propenso a rispondere e mai sforzarsi ulteriormente per sostenere una conversazione, quasi effettivamente gli costasse uno sforzo fisico il dover interloquire con chicchessia dall'altro lato. Scivolano le iridi bianche sull'altrui figura, lo soppesa quasi volesse memorizzare ogni tratto del suo viso seppur non traspare alcun tipo di interesse nel comprendere i suoi atteggiamenti, ma la percepisce quella fatica nel continuare una conversazione fondamentalmente basilare, eppure, decide di ignorarlo poichè nulla lo costringe a restare al suo fianco <se per lei è una seccatura insegnare, mi chiedo allora cosa l'ha spinta ad incamminarsi per quella via> ognuno di noi possiede una scelta ed una volta intrapresa una strada si è perfettamente consapevoli dei risultati ottenuti da essa <ad ogni modo, buona fortuna> scioglie la mancina che viene frustata in aria, cogliendo l'occasione di scacciar via il fumo acre di sigaretta. Inspira alla fine tanto da riempire i polmoni, l'umidità si poggia sull'epidermide rendendola lucida, gote rosate ancor più marcate dal freddo ma nessun brivido ripercorre la schiena, roteano nuovamente le orbite per tornare a rimirar la volta celeste, sembra compiaciuta dalle nuvole che coprono quella stronza di una Luna Vanitosa, oggi, impossibilitata ad essere lodata dagli innamorati <il mondo è pericoloso e non solo la sfera legata ai Ninja. Ogni giorno si rischia di morire...ma mi chiedo..> tace per qualche istante utilizzato a ruotar il cranio in sua direzione, vorrebbe saettare lo sguardo in quei cremisi similari ai propri ma solo per l'assenza d'animo, una connessione profonda istaurata per pochi attimi <è meglio morire soli in un letto, in modo banale e privo di senso oppure combattendo?> basterebbe una caduta, una vena scoppiata, una malattia per decretare la fine della propria esistenza, ma se fosse qualcun'altro a strappar via l'ultimo respiro dopo aver lottato per la sopravvivenza riuscirebbe a smuovere l'infinto vuoto aleggiante dentro il cuore? Un accenno di dinniego viene espresso dal capo, ma non ne elargisce il motivo poichè, Lui non capirebbe, perciò si limita ad ampliare il sorriso svelando non solo l'arcata dentale perfetta ma anche una fossetta sulla guancia destra <I Lupi...> perchè è in questo che si riconosce <sono coraggiosi, inseguono i camosci sui versanti più scoscesi della montagna, dove l'uomo rischia a ogni passo di ammazzarsi, sono scaltri e quando non c'è più posto tra i fratelli abbracciano la vita solitaria e vanno in cerca di nuovi spazi> lascia intendere quanto, del gregge, le importi ben poco poichè le loro parole e presunzioni scivolano esattamente come l'acqua piovana dai tetti <se per loro rappresenterò un pericolo solo per questi..> polpastrelli delicati e pocciati sulla tempia, indicandosi quindi le chiare <non potrò che esserne lusingata> sfarfalla le ciglia, canzonatoria nel deridere tanta ignoranza <ma apprezzo i suoi avvertimenti...seppur non comprendo il motivo. Sono solo una passante, cosa le importa?> diretta, tagliente la lingua di una giovane probabilmente inesperta, ma mai così stupida da non trapelare l'ambiguità dell'individuo trovato dinanzi. Spiazzata però la renderebbe quella domanda al quale non dona immediata risposta, scivola una ciocca di capelli dinanzi al viso, una bambola di porcellana priva di espressione, bisognerebbe dubitare anche dell'esistenza di un cuore palpitante sotto la cassa toracica <diventare più forte...chi non lo desidera? Esattamente come bramare il potere...> si staglia improvvisamente l'attenzione sull'Astro che andrà a coprire con l'ausilio del pollice nel mentre, la palpebra sinistra, andrebbe a chiudersi per prendere la mira <un giorno, forse...riuscirò a spegnere anche Lei> ambiziosa, cattiveria nel simular il pestaggio di un'insetto, chi l'ha detto che dietro ad un angelo non si nascondano le corna? <Fumie Akemi> ed ora, le presentazioni [Centro] La formalità che ella pone nel tono è degna di lode, posata e garbata quasi fossero le sue origini ad imporlo, magari del ramo nobiliare, magari no, poco importa al Goryo che non potrebbe far altro che accettare quelle parole con un ceno d'assenso elegante, lasciando cader la cenere nel contempo con un tocco delicato dell'indice osservandola cadere ed infrangersi sul suolo umido, seppur non raggiunto direttamente dalla, mentre l'umidità va scivolando su di loro e tutt'intorno, velando di una sottile patina, un baluginio leggero, il viso di entrambi e dei passanti ancora in giro per le strade, grati di vivere un giorno di più in attesa dell'inevitabile, stretti in quella mora di panico < Apprezzo la tua formalità, ma dammi pure del tu.. > è il dire iniziale che le concede, inanellando poi la risposta in seguito a quel suo domandarsi il perchè abbia intrapreso quella strada, lasciandolo lì in preda ad uno dei suoi dubbi più grandi ,alla consapevolezza di aver intrapreso quella carriera solo per interesse personale, solo per avere un mezzo che giustifichi e lo aiuti ad arrivare al suo fine, uno scopo per andare avanti e un desiderio al quale aggrapparsi, al quale dedicare la propria esistenza con tutto se stesso < .. Dopotutto, sono solo un Ninja senza una meta, se non la mia personale vendetta... > e le vermiglie si posano sui fili di quel paio di tiri della sigaretta che rimangono, sottili danzano verso l'alto andando come a distaccarlo dalla realtà, lasciando che lo sguardo vada a perdersi visibilmente in un punto fisso del nulla oltre a quello stesso sottil fumare, svanir nel nulla, riportando alla mente quel suo obiettivo persistente, quell'unica sua ragione di vita, quella vendetta da compiere, e poi? Non c'è nessun poi, non ora, semplicemente il vuoto, un vuoto che verrà colmato e dipinto dai dei colori ancora ignoti. Brevemente sfiora le labbra la lingua che andrebbe a lambire quel sapor di tabacco dalle suddette per poi rifugiarsi nuovamente dietro la chiostra di denti bianca, destandolo da quel suo perdersi nel nulla della sua mente, socchiudendo nuovamente le labbra per concedersi dunque un'ultimo modesto tiro così da andar a far sibilar appena l'aria tra i denti in quell'aspirare. lasciando che si svolga con pigriza il gesto opposto, ammantandosi per pochi istanti di una diradata nuvola di fumo che li abbandona dopo pochi istanti, lasciandoli in preda alle prossime parole < Morendo in battaglia, vivrai almeno nella memoria del tuo nemico.. > e non è ne buffo ne insolito il suo non pensare a qualcuno che possa compiangerlo, non avendo nessuno dalla sua parte ed essendo solo lui con l'altra esistenza al fianco, solo loro due contro tutti e senza l'aiuto di nessuno, andando comunque ad appoggiare la presunta ambizione di lei, senza concedersi un qualsiasi pensiero positivista, nessun ottimismo, nulla se non il nulla stesso. Gli occhi tornano su di lei, scarlatte entrambe le gemelle andrebbero a sgranarsi lievemente in quel suo sorridere spontaneo, in netta contrapposizione con il fare spento sino a poco fà, lui che sà solo teoricamente cosa voglia dire sorridere, cogliendo quella sottile sensazione di impreparazione nei confronti di un'espressione così neutra e spontanea, quasi fosse in grado di volgere quel risultar anomali e atarassici di entrambi, riuscendo a volgere a suo favore quel dato modo di essere, ottenendo un maggiore riscontro ed effetto quando un sorriso tanto innocente verrebbe posto senza avvisar nessuno, così, con semplicità e spensieratezza, due cose veramente distanti dal Genin < Animali affascinanti, non vi è dubbio, ma la solitudine, corrode l'animo, se non ci si impara a convivere... > e se fosse più sentimentalista, se fosse più estroverso e capace di raccontare il proprio passato senza rischiare traumi indesiderati o ricordi più che spiacevoli, allora avrebe agginto che lui ne sa qualcosa, magari addolcendo di più la voce mischiando quella mancata dolcezza ad un'amarezza allo stesso tempo non presente, facendo risultare quelle parole piatte e senza via d'uscita alcuna per qualsivoglia emozione esistente. Dopodichè, ecco che giunge il dire riguardo al farsi temere, al voler porre una lusinga nei confronti dell'idea che potrebbero farsi gli abitanti della Nebbia nei suoi confronti ad ostentare il proprio essere anche nei confronti di quella possibile ostilità, finendo poi per andare a far notare ad Itsuki quel suo passivo curarsi di qualcuno, quel suo consiglio spassionato al quale non vi ha posto attenzione, fraintendibile il suo intento di volersi semplicemente esprimere nei confrotni di lei che ha domandato poc'anzi, visto che lei è effettivamente e a lui non importa nulla, non è mai importato nulla effettivamente di niente e di nessuno, se non di se stesso, lasciando spazio ad un'istante d'interdizione, mantenendo il rosso sguardo su di lei < Io non... > vacilla un'attimo, si sofferma, probabilmente incapace di comprendere che, seppur con una lentezza indicibile ed inenarrabile, starebbe forse diventando umano, capace di provare in maniera soltanto passiva ed indiretta un qualcosa di vagamente riconducibile alle emozioni, riuscendo in un qualche modo a dare quello che sarebbe un consiglio effettivamente seppur il suo voleva risultare solo come un monito atto a protrarre quella conversazione, giusto il tempo della sigaretta e nell'attesa che spiova, cosa che di lì a poco sembrerebbe inizar ad accadere, seppur lui permane ancora immobile, nel tono e nelle movenze, pochi istanti che sembrano però interminabili < Tsk, sei tu che hai domandato riguardo agli eventi recenti, a me non importa di nulla. > direbbe socchiudendo lo sguardo, calando il sipario su quelle color del sangue per poi scuotere brevemente la testa, andando a scacciare dalla propria, andando a levarsi dalla testa quel suo rischair di diventare più morbido col tempo, al suo poter cedere un giorno ad ostacoli ed impedimenti quali le sensazioni e le emozioni, orpelli inutili dei quali un Ninja non se ne fà nulla, ne tantomeno lui, capace di convivere con sè stesso e con Eiji, quello stesso che ora si farebbe sentire forte e chiaro, seppur enigmatico, avendo potuto percepire a sua volta quel brevissimo impercettibile soffermmarsi di Itsuki più del dovuto, quell'accenno di provare un qualcosa, interesse verso qualcuno, seppur chiaramente in maniera talmente effimera e sminuente da non risultar per nulla una debolezza non sradicabile dallo stesso Moro <{ Oh, allora anche il più duro degli animi, rischia di incrinarsi... }> ed il suo è un dire divertito, un dire consapevole di qualcuno che ha sperimentato a sua volta sulla propria pelle, dedito al Caos ed alla rovina a cui aveva dato inizio a tal punto da rimanerne inghiottito, trovando il dolce abbraccio della morte come premio per tutti gli sforzi, seppur quell'abbraccio è stato disdegnato, rifugiandosi dentro quel ventunenne atipico ed androgino. braccia conserte, permane in uqella posizione per un paio di istanti come se volesse verificare quel suo mancar d'attenzione, quel suo abbassar la guardia, quel suo rischiar di provar qualcosa, schioccando la lingua sul palato in un secco suono di rifiuto verso l'idea, lasciando perdere per pi dunque volgere lo sguardo verso la luna quella stessa luna che metaforicamente verrbbe oppressa e coperta dal di lei pollice, almeno dal suo punto di vista, andando a concedere un mesto cenno d'assenso da parte del Goryo, che andrebbe a dar manforte a quel suo ambire oltre le stelle < L'unico limite è quello che ci si impone da soli.. Un giorno, chissà.. > E si stringerebbe appena nelle spalle scrollandole appena a loro volta, osservando quel visino pallido mai più del dovuto, dai lineamenti morbidi e gentili, forse reso apparentemente pallido dai suoi due occhi candidi ricolmi di un potere a lei ancora sconosciuto, incuriosendosi appena nel non sentir pronunciare il consueto cognome che si sarebbe aspettato, sollevando vagamente il ciglio destro in un fare impercettibile, decidendo di tralasciare ora come ora, tirando fuori la mancina dalla tasca per andar dunque a posare le punte delle dita e poco più sulla bianca camicia, all'altezza del petto, scostandosi dalla una a lei < Goryo.. Itsuki Goryo.. > e poi nulla, per quanto riguarda il Kagurakaza, non gli ha risposto prima per non dargli adito e di certo non andrà a rivelarne ora l'esistennza, non che la cosa sia segreta o riservata, ma la conversazione è già abbastanza ardua da sostenere per lui così com'è e risulta abbastanza interessante per Eiji stesso, che silente continua ad osservare in disparte i due. Dopotutto, convivere con un'altra esistenza appartenente al passato, non è cosa da tutti i giorni. Un disco già sentito quello proferito dalle labbra altrui, tanto da farle permanere il sorriso che si trasforma però in una risata sommessa, parzialmente coperta dal dorso mancino <e chi se ne frega della memoria, è semplicemente più figo di una caduta dalle scale o di un infarto> contraddittorio l'atteggiamento assunto, oscilla tra l'apatia e la spontaneità, come un voler lasciare la porta schiusa ma senza mai donar la possibilità di varcare la soglia. Ancora le iridi bianche ricercano i cremisi con insistenza, instaurare un legame momentaneo o profondo affinchè possa comprendere effettivamente il suo pensiero <Corrono come se avessero il fuoco sotto il sedere in cerca di qualcosa che non si trova. Si tratta della paura di affrontare se stessi, si tratta della paura di essere soli...> ed ecco che smuove un'unico passo per avvicinarsi maggiormente all'uomo, dopo aver distaccato il piede dal muro alle sue spalle <invece a me fa paura la folla> s'abbassa il tono, più confidenziale nel mentre lo sguardo scivola verso la gente intenta a tornar alle proprie abitazioni. Loro sono il male, basta un giudizio di massa per mandare al patibolo qualsiasi individuo, giusto o sbagliato che sia, odiose pecore al quale basta raccontare una menzogna per farli ricadere in un eco rindondante e stridulo, chi sono per decretare la vera essenza sita nelle persone? Se esiste una scuola dove insegnano la sapienza divina, che gliela indichino almeno <sa qual'è il problema?> si, persiste nelle formalità nonostante l'invito altrui <a volte è come se mancasse quella parte dell'anima che si incastra nel puzzle del mondo. Si aprono migliaia di scatole, si trovano pezzi bellissimi e colorati, ma è dentro di se che manca il pezzo con cui completare l'incastro> mai affidarsi ad agenti esterni poichè il vuoto incolmabile non dipende dall'amore ricevuto da terzi, ma dalla consapevolezza di esistere e meritare di più. Sospira, l'aria sgattaiola via tramite i boccioli schiusi e, dato il calore corporeo, esso diviene una nuvoletta scomparsa di li a poco <la vendetta non si cerca...il male ricevuto torna sempre indietro, per questo va gustata fredda> sprecare del tempo, affrontare sforzi per un pugno di mosche, quanta tristezza. Ed ecco che torna l'apatia, il nulla rispecchiato in occhi rappresentatti un Clan sconosciuto <Infatti, ho chiesto eventi recenti, non consigli> rimbecca sottolineando quel punto debole mostratole nonostante il distacco, susseguito da un silenzio interrotto solo dal vento <ad ogni modo, Goryo, la ringrazio per le poche elargite> torna in posizione eretta nell'esatto momento in cui, l'ultima goccia di piogga, s'infrange al suolo <gli unici limiti, sono le ambizioni...e lei se nè imposto uno> farebbe notare quanto, per chissà chi o cosa, si è legato le mani in una via evidentemente ritenuta solo un'enorme seccatura <deve iniziare ad esprimere i suoi desideri o finirà per morire insoddisfatto, quello è un dilemma> e non l'assenza di parenti o amici a piangere sulla tomba. Ruota il corpo per privargli di guardarle nuovamente il viso, una camminata lenta è quella usata per abbandonare il luogo <Buona continuazione...> un saluto semplice. Chissà il destino... [end] [Centro] Boriosa andrebbe a tingersi l'aria di un brio prima non appartenente a lei, come se d'improvviso il suo umore muta andando a renderla più frivola quanto basta per concederle quella sommessa risata, li dove lui andrebbe inclinando appena la testa di lato, perplesso e confuso da quel suo repentino seppur brevissimo divertirsi, rimanendo più attonito dalle parole menefreghiste ed allo stesso tempo rigide di lei, velate di un sarcasmo palese e non indiretto, traendo in tutta risposta un'onesto e conciso < Non c'è dubbio... > e le di lei bianche andrebbero ritrovando le sue, di quel colore tanto violento ed irruento ma incapace di porre alcuna avversità particolare o benevolenza che sia, risultando a tratti incapace di sostenere uno sguardo così bianco, vuoto anche se non volesse esserlo lei stessa, finendo per concedersi qualche breve istante per fissare il terreno in un punto decisamente imprecisato ed indefinito, lasciando il di lei discorrere e proseguire, sino ad arrivare al timore della folla, sollevando dunque nuovamente lo sguardo per dedicar la propria attenzione nei confronti di quelli rimasti nelle strade, diretti verso casa o chissà verso dove, con le proprie vite ed i loro doveri, le loro preoccupazioni, gente del quale lui non si è mai curato etichettandoli tutti come inutili esistenze che nulla potrebbero portare al suo desiderio di diventare più forte e compiere quella strage premeditata da tempo, da anni, un desiderio, una pulsione dalla quale resiste oramai in maniera del tutto passiva, quasi come se dentro di lui vi fosse la consapevolezza del quando e del come, senza doversi preoccupare ora della questione, potendola da mettere da parte come ha fatto tutto questo tempo. Metaforicamente giunge quel suo dire che lo andrebbe a far riflettere, pochi istanti di ragionamenti introspettivi che si susseguono rapidamente nel mentre del proprio silenzio, lasciando finire lei per mormorare tra sè e sè, chiaramente udibile < Un'anima eh.. > e sembra che la sua autonomia nel conversare stia svanendo, così come pare che allo stesso tempo si starebbe parlando di concetti sin troppo astratti in termini pratici e personali dall'ideologia di Itsuki, il quale conosce molte cose tantissimi vocaboli e quant'altro, ma mai ha avuto modo di sperimentare dal vivo le proprie conoscenze, risultando teoricamente pronto a tutto, ma praticamente non abile quanto desidera nell'applicare quel sapere personale, mentre nuovamente gli occhi si perdono nel nulla fissandola lei, o forse lo sfondo dietro con fare imprecisato, sentendo le parole del Kagurakaza che lo riportano alla realtà, come al solito richiamato da qualcun altro in quel suo alienarsi <{Siamo due in un unico corpo, c'è solo un'incastro per noi in questo mosaico.. }> e lascerebbe decadere lì la propria fare se non fosse per lo stesso GOryo che andrebbe rispondendo sollevando appena le iridi rosse come di suo solito in direzione della sua mente, quasi a voler come al solito osservare il Kagurakaza da llì dove si trova, riflesso nella sua mente <{ E quale sarebbe? ]> ma la risposta giungerebbe dopo un paio di suoni scostanti di diniego da parte sua, e prima di un truculento ridacchiare <{ Ogni cosa a suo tempo, mio caro.. > ed oramai quasi riesce a non risultare più infastidito da quel continuo enigmatico dire degli ultimi tre anni di quello che fu un Jinchuuriki, ancora sin troppo confuso nei suoi confronti, ancora in possesso di sin troppe poche informazioni per decreatre le sue intenzioni, per poter comprendere il perchè di quella convivenza, volendo lasciar cade lì a sua volta il discorso, ignaro di quello che gli aspetta e del vero motivo per il quale quel fatidico giorno lo stesso Eiji l'ha lasciato fuggire, trovandosi pronto a rispondere < Credo che in sei anni, sarà ormai gelida.. > e basta ed avanza quel dire per esprimere la sua intenzione di non voler più rimandare quel compiersi del suo scopo, per quanto la certezza di non aver nulla a cui aggrapparsi, per cui continuar a vivere, permane forte dentro di lui, lui che permane in silenzio senza porre parola alcuna nei confronti di ella quando andrebbe a sottolineare quel sottile vacillare di prima, ardita nelle parole e nel proprio dire senza voler abbandonare quella formalità che quasi risulta porre una sorta di distacco non distacco ancora più marcato tra i due, mentre lui si crogiola nel suo silenzio, concedendogli un punto a favore questa volta, alla mora < ... > vedendo poi dunque di sospingersi con un lieve colpo di reni per rimettersi in piedi, concedersi un breve sospiro e dunque rispondere nel mentre che smuove un braccio in direzione dell'ombrello < Di nulla, e non preoccuparti, sarà il compiersi della mia vendetta a donarmi un nuovo scopo, presto o tardi che sarà. > più o meno convinto del fatto che qualcosa succederà, il suo animo cambierà e così la sua percezione di tutto, ritrovandosi quindi a sollevare anche il sacchetto con i libri, mantenendo l'ombrello chiuso lungo il fianco per volgere nuovamenre le iridi in direzione di lei, osservandola in quell'andarsene e sentendola porre quel breve saluto < Altrettanto.. > il suo semplice e secco dire rivolto alla ragazza, che osserva per qualche istante senza volersi capacitare di quel aver ceduto minimamente, scuotendo la testa con appena più fervore di prima per poi dirigersi verso la propria tenda, dedito a riparare quella falla nell'animo ed a svegliarsi l'indomani nuovamente privo di tutto, ricco di nulla, freddo come sempre. {end}
Giocata del 14/04/2020 dalle 13:38 alle 19:37 nella chat "Luogo Sconosciuto"
[Sentiero] [Sentiero] Potrebbe inizalmente apparir come un giullare di corte, come uno scherzoso fautore del destino che però non ha alcuna intenzione di essere, così come scarsamente potrebbe essere ricondotto ad un giullare, se si fosse al corrente di quell'inchino esemplare, compiuto a metà di quanto si confà di solito, ma comunquee ripetuto infinite volte in quella nobile vita prima del degenro, del declino, del collasso, prima che decise di usare Alba per il proprio scopo personale di rovina, oramai consumato dall'odio del mondo dal quale aveva deciso di esiliarsi. Il fatto è che nessuno lo riconosce, nessuno effettivamente sà di chi vi è dietro a quella maschera immobile che vien messa da parte con Itsuki stesso, nessuno dei suoi ha avuto modo di incntrarlo e riconoscerlo anche solo dai modi, dai gesti, dal tono di voce mellifluo e danzante, quasi par un'arpeggiar diabolico che fa oramai parte della sua natura, una natura che forse in pochi potrebbero riconoscere, finchè non avrà iintenzione di rivelarsi s'intende. Ma non ora, non oggi, non è il giorno adatto e tantomeno gli pare di aver un qualsiasi vivo ricordo dell'imamgine severa che gli si pone davanti, fredda come il ghiaccio come uno dei suoi due occhi, ardente nel dire e nel tono così come l'altro, lo osserva mentre lui si erge nuovamente ed andrebbe a far donddolar appena la mano che regge la sigaretta, descrivendo una forma confusa ed effettivamente infrome con la dita che reggono la suddetta, il fumo che traccia linee scomposte così come prima l'ha seguito in quell'inchino, un semplice gesto vago che conclude poi come il voler scacciar un'insetto, un voler metter da parte un'inizio non propriamente dei migliori, ritrovandosi in fretta preda della nostalgia e dei tempi che furono, dei ricordi passati < E dunque tu, hai il coraggio di chiamar questi... > si sofferma un'attimo puntando lo sguarod lì sulla tenda più vicino, in cerca di un'aggettivo esatto da conferire a quelle misere e povere militari allocazioni < Fazzoletti idrofobi casa? > il tono è scostante e si pone in maniera altisonante, come a voler rincarare la dose di quella povertà e di quella miseria, di quel doversi arrangiare e farsi bastare quel che c'è, visto che l'Alleanza ha deciso saggiamente di chiamare a gran voce i Ninja di ogni Villaggio per confrontarsi contro un nemico non ancora del tutto palesatosi, sprecando spazio e cibo inultilmente, almeno secondo il fare strategico di lui che però apparteneva ad Oto, ed a Oto le cose si svolgevano ben diversamente. Piega il capo di lato ossevandola dunque meglio senza però andar nel dettagllio della sua figura, senza cogliere ora come ora l'anello verso il quale potrebbe indirizzare la conversazione, no, è una rapida occhiata la sua che mai vorrebbe essere invasiva, incominciando a camminare ed a volgere dunque brevi passi, sempre con quel suo fare scenico, in direzione del sentiero, parallelo a quest'ultimo, senza volersi allontanare ma semplicemente sperando che lei lo segua, un pò come si farebbe con qualcuno che si vuole uccidere, ma da quale si risulta vagamente incuriositi < Oh, casa mia è ben lontana da qui e non ha eguali con questo agglomerato di povertà... Mi chiedo ancora quanto vuota possa essere senza il sottoscritto... > diirebbe lui inizialmente allargando le braccia nel mentre che volge la schiena verso di lei, in quel cenno di non poterci far nulla se non pensare alla sua casa lontana, quella casa che mai più rivedette con i propri occhi dopo esser tornato al Suono per portare via Lei, e mai piu rimettervi piede, lasciandosi travolgere da un breve sconforto priam di quella sua frase dopo la sottile pausa, lasciando cader le braccia per volger lo sguardo violaceo verso la luna piena, sconfortato ed incapace di accettare il passato a tratti ripianto, senza mai disdegnar quello che è diventato prima della caduta, senza mai rinnegare il suo voler portar scompiglio per le terre Ninja, riconoscendo soltanto di essere stato corrotto e divorato dal suo stesso odio. Lui di certo non sa che sia una Doku ne tantomento una Goryo, non sà nulla di lei e non avrebbe uuna precisa idea di chi potrebbe essere, etichettandola semplicemente come una possibile compagna di quella passeggiata, qualcuno con cui trascorrere una boriosa serata, qualcuno che potrebbe anche ucciderlo seduta stante, visto il suo non esser manco lontanamente forte come una volta, eppure, non la teme, volge il capo di la permanendo in quella posizione, smuovendo soltanto il piede sinistro per concedergli un'accenno del proprio profilo, senza mettersi del tutto perpendicolare a lei, volendola semplicemente invitare in quel camminar spensierato, che poi tanto spensierato non sarebbe, dato che dopo quel cenno le ametiste vanno sgranandosi, l'espressione si fà più acuta e tagliente, estasiato e meravigliato in minima parte, per nulla conscio di chi ora come ora indossa i mantelli dalle rosse nuvole, potendo immaginare solo pochi risvolti dopo il tradimento di Akendo, senza riuscir a trattenere un sogghignar nostalgio < Il mignolo destro eh.. Ai miei tempi quello era ancora un posto vacante.. > ma non si esprime oltre, non si sporge ulteriormente in quel proprio dire senza voler far riaffiorare ricordi dolori ai quali comunque oramai sottostà in silenzio, senza provare più dolore del dovuto, non fino a quando nella sua mente rimarra offuscato il ricordo del volto di Ella, riprendendo in quel mesto camminare mai troppo rapido, mai atto a distanziarli sin troppo, sperando in un certo senso di aver stuzzicato quando basta la possibile curiosità di lei in quel desiderar un'interlocutore per la serata, a differenza di Itsuki, lui sin troppo avvezzo al dialogo ed alla diplomazia, lasciando il Moro che da dentro osserva, perplesso dal dire di Eiji stesso, non potendo comprendere appieno appunto le sue frasi, a parte il fatto dell'abitazione che ha lasciato al Suono lungo il suo cammino. { c 18/20} Creatura in preda a dubbi esistenziali ed arrabbiata quella che si è posta davanti allo sconosciuto che comunque par non temerla, continuare con quel suo discordo e ricordarle, per l’ennesima volta, che qualcosa è andato dannatamente storto. Lascia che l’umidità le accarezzi la pelle candida mentre il veleno in lei si mischia alla bile, non c’è parte del suo corpo che non sia, per un motivo o l’altro, avvelenata e tossica. Ne osserva le movenze seguendolo con gli occhi, ne ascolta le irritanti parole, almeno inizialmente. La mano destra sale verso la frangia, più tempo passa lì fuori più essa si appiattisce facendole pentire persino il momento in cui ha deciso di tagliarsi i capelli, perché mai farlo vista quella fastidiosa sensazione simile al disagio che sta provando <immagino che a casa tua invece tu possa mancare> replica quasi esasperata, figurarsi se aveva voglia o tempo da perdere così. No non vorrebbe nemmeno seguirlo in quella passeggiata, fosse per lei lo abbandonerebbe in quell’istante proseguendo sola nella notte con le sua profonde riflessioni eppure c’è una frase, un modo di chiamarla che riesce a far breccia in quel muro di rabbia che la ricopre al moment. Mignolo destro, non aveva nemmeno fatto caso allo sguardo di lui cadere sull’anello ma sentire che l’ha riconosciuto è un motivo per farla voltare in sua direzione. La gamba destra si ferma, aveva già iniziato quel passo che l’avrebbe poi dovuta portare a proseguire sola eppure si blocca. <ai tuoi tempi eh? > replica semplicemente decidendo di fare dietrofront. Non una mossa complicata per lei: si limita a lasciare che il tallone del piede sinistro s’alzi, lasciando che l’unico appoggio al terreno sia la punta dello stesso piede. Il ginocchio destro andrebbe a flettersi ci circa quarantacinque gradi mentre con il busto andrebbe a muoversi di scatto, spalla destra che vien buttata in avanti. Facendo tutti questi movimenti contemporaneamente riesce a guadagnare la forza di rotazione necessaria per voltarsi verso Itsuki e poter quindi camminare in sua direzione, non per evitarlo quindi ma per accompagnarlo <non farti inseguire, oggi non sono in vena di scherzare> quando mai lo è comunque? Ma senza soffermarci sui dettagli possiamo notarla adesso muoversi lenta e silenziosa lungo quel luogo, le mani lasciate lungo i suoi fianchi, nude certo ma abbastanza lontane dal corpo altrui per non rappresentare ancora un vero e proprio pericolo. Ancora una volta i suoi respiri vengono portati solo grazie all’utilizzo del diaframma, cosa che le permette di ridurre al minimo i movimenti del suo corpo e di conseguenza farla apparire più simile ad un morto che cammina tra i vivi che ad altro [chk om][arte del veleno liv 3] [Sentiero] La sigaretta permane nella dritta andando a seguirlo i quelle movenze sgargianti, in quel che sembra un'effimero modo di porsi verso tutto e tutti, in quel suo volersi considerare al di sopra di tutto e di tutti, nonostante quel corpo nel quale risiedere ancora è sin troppo fragile ed inesperto per potersi fregiare senza eventuali risvolti di un'atteggiamento simile. Eppure, non riesce a fare a meno di essere se stesso, soffermandosi lì sul posto per continuar a fumare quella sigaretta, lasciando che le purpuree si spostino verso l'alto, diagonali rispetto alle orbite che le contengono, come a voler riflettere riguardo a casa sua in maniera effettivamente più precisa di prima, laddove era solo un dire il suo, non troppo di circostanza ma mai tanto preso sul serio in quel rimembrare della Magione smisurata nella quale viveva, un posto talmente grande che incontrare i genitori risultava un'evento casuale tanto quanto vagamente raro < Mh, suppongo che a Valkenhayn non dispiaccia aver meno lavoro da fare.. > sarcastico andrebbe sdrammatizzando, con lo stesso indice che regge la sigaretta che ha posto un paio di brevi tocchi proprio sotto al labbro in quel malinconico e scherzoso dire, assottigliando lo sguardo per poi concedersi un'altro tiro, lasciando che il fumo si disperda in quella nebbia onnipresente. In seguito, sembra che, per quanto lei sia restia al sociale ed all'aver a che fare con chiunque possa esser lasciato fuori dalla sua velenosa sfera personale, riesce in maniera discreta in quel voler stuzzicare una nota di curiosità nei proprio confronti, in quella Doku che di lì a poco arresterebbe il passo per soffermarsi, ridomandar vagamente confusa, e dunque poi concedergli l'onore di voltarsi ed avvicinarsi a lui, che non si smuove minimamente e la attende in quel suo avvicinarsi, mentre la dritta rimane lassù poco distante dal viso, il braccio piegato in un'angolo abbastanza stretto, gli occhi socchiusi per evitar un danzar fastidioso del fumo verso le ametiste, un lieve ghigno dipinto sul volto, privo dei canini felini che un tempo lo distinguevano, risultando però sempre bardato in viso di quell'espressione languida, maliziosa e propensa a quel pizzico di malvagità che traspare passivamente, affilando quasi più del solito quei lineamenti androgini, probabilmente aiutato da quei candidi capelli e dagli stessi occhi viola particolari < Mh.. Non eravamo al completo e forse... È stato meglio così, avrei solo avuto più traditori contro.. > e lascia che un sospiro cancelli via quelle parole, lui, che nel tempo che ha avuto per riflettere in quel limbo inesistente tra la vita e la morte, ha accettato il fatto di non aver saputo gestire quell'ammontare indicibile di Odio e Caos che l'han pervaso, corrodendolo sino alla follia, così come in fondo ha accettato quel tradimento, mettendo da parte l'astio considerandolo come l'antidoto ad un male cresciuto rapidamente in maniera esponenziale < E dimmi... Come sta Akendo? Deve averne fatta di strada... > il suo tono permane nel suo rifletter languido la propria espressione, tenendo lo sguardo assottigliato e quelle violacee su di ella, senza andare ad immaginare i dettagli del rapporto tra lei e quello che fu un suo allievo ai tempi dei Samurai, presumendo semplicemente il fatto che lui sia ancora lì, a gestir quel che gli ha strappato con la forza, trovando ai tempi un remissivo Eiji che si era privato del suo Demone, lasciandolo fuggire libero ondevitare spiacevoli utilizzi del suddetto, risultando un'avversario di sicuro degno di nota per quei ribelli, finendo comunque per perire, consapevole del proprio destino ancora prima che qualsiasi Jutsu venisse lanciato, che le spade risuonarono metalliche sancendo lo scoccare della sua ora. Attenderebbe il di lei avvicinarsi, continuando a fumar da quella sigaretta quasi a voler seppellire gli amari ricordi sotto quella lieve coltre di fumo che aleggia dal tizzone ardente, mentre il braccio sinistro permane lì, con la mano poggiata nell'incavo dell'altro, piegato in quei si e no novanta gradi nell'appendersi al gemello, una posa statuaria e been precisa, incapace di lasciar da parte il retaggio di quella nobiltà, scuotendo brevemente il capo in un cenno di diniego, breve, socchiudendo del tutto lo sguardo < Oggi come poche altre volte, presumo, dato l'invito a morir di poco fà.. Delizioso, ad ogni modo.. > e no, non è un perculare il suo, non è un voler effettivamente andar a canzonare lei che già ne ha passate abbastanza in questi giorni, a sua chiara insaputa, è un pò come un rivedere quel carattere che veniva formato al Suono, quel villaggio che ti cambiava nell'essere, che ti costringeva ad imparare a mangiare o ti riduceva a venir mangiato, andando a rivelarsi probabilmente il posto più elitario e spietato di tutti, qualcosa che mai smetterà di amare e che per sempre rimarrà un prezioso ricordo nel cuore del Kagurakaza, che dopo il di lei avvicinarsi, vorrebbe voltarsi per tornare in direzione di quella passeggiata intrapresa poco fà, con pochi brevi passi, cercando un qualche cenno di consenso, o segno che sia, da parte di Kimi per così proseguire, senza sciogliere la posa delle braccia, mantenendo quel passo silenzioso ma allo stesso tempo in un certo senso altisonante. Mentre l'altro, Itsuki, da dentro andrebbe come ad appuntarsi mentalmente i dire di un'Eiji incapace di trattenersi in quel rimembrare, in quel lasciarsi trascinare dalla corrente di nostalgia, non curandosi di quel suo scoprire le carte in tavola, rivelando dettagli sempre più preziosi a lui che poco lo conosce, mettendo tutto assieme lentamente come i pezzi di un mosaico distrutto tempo fà. {c 17/20} La sua richiesta viene accolta, sì forse non una richiesta intesa nel senso comunque ma nemmeno un ordine quello pronunciato da lei, si sente quindi libera di raggiungere il ragazzo senza poi altro da aggiungere, passeggerà con lui, la questione viene archiviata mentre i piedi si alzano appena dal terreno, il movimento portato con il piegare delle ginocchia mentre però anche e colonna rimarrebbero quanto più ferme possibili, un modo d’incedere lontano nel tempo e che ora le sta tornando quasi automatico, a volerla osservare da lontano potrebbero dare l’impressione di essere un fantasma fluttuante, non ondeggiante, come se non camminasse davvero ma si limitasse a sfiorare il terreno, una tecnica per tener lontane le persone, una specie di dolce dono verso gli sconosciuti, come se bastasse apparire strana ed inquietante per essere lasciata sola, in pace e per evitare che la sua mannaia cali sulle teste altrui <vaneggiamenti di un pazzo o antiche verità?> domanda quindi in sua direzione, lasciando che possa godere anche dei suoi occhi che ora andrebbero a puntarsi su di lui, attirata al punto stesso di donare attenzione completa a lui, non lo segue per noia o mentre cerca di decidere se ammazzarlo o meno, no cammina lenta con lui solo per puro interesse, le parole usate. Non sa chi ha davanti, all’epoca dei fatti di cui parla lui si ritrovava probabilmente segregata in qualche angolo di qualche caso o addirittura abbandonata a sé stessa per il villaggio, insomma non aveva tempo durante la sua infanzia per fare cose come capire che succede nel mondo <Akendo?> una domanda che la porta a sorridere, divertita nel profondo <lo nomini perché lo conosci o perché credi che esista?> non importa se lo ha salvato, non importa che abbia ricevuto della pergamene da lui, non ha mai avuto occasione di parlarci davvero ed è ancora convinta sia tutta una montatura, persino dopo tutti questi anni <comunque se mai è esistito credo sia morto da parecchio> alza le spalle, no l’Akendo di cui parla lei non è altro che un burattino, qualcuno messo lì apposta, ne è sicura e convinta, nessun dubbio in merito. Il discorso però continua, le mani ancora abbandonate inermi lungo i fianchi, non presta troppa attenzione ad evitare il contatto è vero ma nemmeno lo sta volutamente mettendo in pericolo, diciamo solo che affida la questione al caso. Non replica ulteriormente lei, catturata da quel singolo discorso, un sorriso sul volto mentre pensa a quella strana entità che si dice sia il Rikkudo, fidarsi? Non lo ha mai fatto di nessuno e negli ultimi tempi inizia a dubitare persino di chi era riuscito ad avvicinarsi a lei, insomma compatitela l’ultima volta che si è affidata alla fiducia è quasi morta [chk on][arte del veleno liv 3 tossico] [Sentiero] Entrambi hanno i loro dolori e le divergenze personali che arrecano conflitto nell'animo, seppur entrambi condividono poco, o forse è più un volutamente incauto Eiji ad abbandonarsi alla semplicità del ricordar quel che fù, un pò come succede quando magari si è troppo brilli, o quando semplicemente non si vive da tanto e si è costretti a condividere la propria esistenza con qualcuno al quale si è deciso di rubar il corpo senza chiedere nulla, senza domandare, imponendo il suo volere con quel sigillo quando fu, trasformando il Moro in quella sua assicurazione sulla vita ambulante. La sua prima domanda andrebbe ad ottener in risposta un truculento saliscendi di note cupe, una risata che per quanto possa suona argentina e squillante allo stesso tempo ha un che di roco, greve, velata e coperta dal dolore che forse imparerà ad accettare ogni giorno di più, lentamente < Chissà, ti lascio il beneficio del dubbio... > e chiudendo gli occhi in quel camminare più sciolto di quello dell'altro, meno meccanico seppur sempre diligente, solleva le spalle tenendole lì ferme per un paio di istanti, piegando di qualche grado il capo verso destra per poi tornar ritto come prima, impostato per quanto allo stesso morbido in quel semplice muoversi al fianco della Doku lungo quel sentiero, senza una precisa meta per entrambi, illuminati dal pallore del candido astro pieno nel cielo. Potrebbe anche rivelarsi su due piedi, potrebbe anche dire nome e cognome, chi era e cosa ha fatto, ma dopotutto in quel caso, dove sarebbe il divertimento? No, dopotutto poco senso avrebbe rivelarsi nei confronti di lei che ancora era piccola ai tempi, probabilmente, senza voler immaginare su quale libro o pergamena inerente alla storia sia finito, soddisfando il suo fine primario, il lasciar una traccia di sè negli eventi accaduti, senza però poter porta a termine quel voler seminare il Caos. Perplessa si pone appena la sua espressione, lasciando che la fronte si aggrotti minimamente increspando appena la pelle nel mezzo delle due violacee, costringendolo a voltar verso di lei l'attenzione e quindi chiaramente un ruotar della testa in direzione della Mora, concedendosi un'istante di onesta inconsapevolezza riguardo una risposta assennata < Mi sono perso qualcosa? Io ero lì, quando mezza Tetsu no Kuni gli cadde in testa e per quel che ricordo è uscito dalle macerie tutto intero quindi... > a rigor di logica, seppur non finisce la frase, per quel che ricorda e per quella ultima battaglia che ha sostenuto prima della sua dipartita, dovrebbe essere ancora vivo l'altro che nomina, per quanto sì, ne ha fatta di strada e lui non può di certo immaginarlo in maniera dettagliata e precisa, portando appena la mancina a scostarsi dall'incavo del braccio destro flesso, sollevandosi sino a posarsi per un paio di istanti sotto al proprio mento, gli occhi che di nuovo si alzano verso un cielo che sarebbe anche stellato, se non fosse per quella dannata nebbia, senza esitar nel tono ma lasciando che forse lei stessa possa completare la sua frase, dandogli delucidazioni. Anche perchè il suo successivo dire lo lascerebbe di nuovo perplesso, torna la mancina in direzione di quel punto dove stava prima, riappoggiandosi dall'altro lato del gomito tra avambraccio e braccio, mentre la sigaretta di nuovo vine portata alle labbra, aspirando un'altro tiro che si perderebbe nell'umidità senza troppi convenevoli, oramai in un certo senso avvezzo quel fumare così poco nobile di Itsuki, seppur meglio di niente < Ah, dopotutto giunge la fine per ogni storia, prima o poi... > ma sarà effettivamente così o la percezione del Rikudo è diversa in ogni essere ed in ognuno che ha avuto a che fare con lui? Chi lo sà, lui di cerco ricorda l'esistenza di quel ragazzo armato di quelle due Katana dai colori contrastanti, così come il solito completo del Goryo, ricorda degli insegnamenti impartiti al giovine quando lui era l'araldo di quei che furono nobili spadaccini ai suoi tempi, ricorda tutto sin troppo bene ed allo stesso modo si rende conto che ricordare non è mai un bene, visto che tra un parola e l'altra potrebbe anche rischiare, così come ha risollevato l'argomento dell'oramai Sennin, ritrovarsi alle strette, costretto a dover parlare di Lei, a doverla ricordare con immenso dolore e dispiacere, non ancora pronto ad accettare il come l'ha abbandonata dopo averla strappata dalla vita del Suono, per quanto di certo non fosse felice nemmeno quell'ultima, la si poteva almeno definire normale. Lo sguardo si alterna tra la sua interlocutrice e quel cerchio biancastro offuscato dalla coltre intramontabile di Kiri, alternandosi anche nei confronti della sigaretta stessa, che oramai volge verso la metà lentamente, lasciando dietro di loro sottili fili di fumo a designar il loro percorso dritto e continuo. { ck on - Innata On } I discorsi continuano a susseguirsi, frase dopo frase così come loro camminano, i vestiti che vanno appena appena a bagnarsi a causa dell’umidità, alza appena il mento mentre incede per andare a puntare i suoi occhi verso il pallido bagliore che passa attraverso la solita coltre di nebbia, una coltre in grado di farla sentire più potente, più forte e senza alcun dubbio più sicura di sé, quelli sono i momenti in cui prospera <mi chiedo con chi io stia parlando> replica ad alta voce mentre o sguardo appare appena distratto. Si permette di perdersi in un lungo filo di pensieri, il suo muoversi nell’oscurità le ricorda Suna, il suo lungo lavoro come cacciatrice di taglie, quella prima sparizione voluta solo per permettersi di apprendere di più su sé stessa, per provare a guarire un cuore spezzato, istintivamente la destra andrebbe a sollevarsi per poi poggiarsi delicatamente sopra al seno dello stesso lato, proprio lì aveva inciso un semplice codice, una scarnificazione voluta, un simbolo cancellato con il sangue Goryo, il passato la sommerge per questi istanti mentre il presente continua a sussurrarle all’orecchio <se hai visto Akendo sei sicuramente un passo avanti a me> replica con non poca malinconia, anche quel fatto con gli anni ha iniziato a pesarle, la consapevolezza maturata di non essere mai stata presa sul serio in parte deriva da quell’atteggiamento, il non averla mai incontrata, non aver mai pensato che anche lei necessitasse dei suoi insegnamenti, come se fosse uno spreco di tempo. Se si fosse ritrovata come membro dell’Alba per il solo legame con Katsumi? Se fosse finita dentro quella sfida per semplice fortuna? Rimette tutto in gioco, persino il suo rapporto con Yukio, unica figura vista come paterna e familiare che ora assume dei contorni più nebulosi. Eppure è lì che parla con uno sconosciuto cammina insieme a lui durante una passeggiata notturna. Il mento torna ad abbassarsi così da guardare davanti a lei, tornata nel mondo di ora. I capelli ondeggiano a quel movimento, sinuosi e leggeri si animano lungo la sua schiena, c’è stato un tempo in cui anche lei era diversa, forse c’è stato un tempo in cui anche per lei esisteva la speranza <sai molto più di quel che mi dici vero?> domanda ancora, lo incalza incuriosita, il tono resta però sempre distaccato e freddo, una creatura di morte che vuole mostrarsi incapace di provare sentimenti o che forse, più semplicemente, vuol dimostrare a sé stessa di non provarne, solo con l’assenza di essi si può evitare il dolore. Tutto viene rimesso in gioco, i passi fatti in questi anni, la vita vissuta fin ora viene analizzata anche attraverso le parole di uno strano sconosciuto, di qualcuno che pare provenire da un passato persino più remoto del suo, tempi in cui le sue massime preoccupazioni erano riuscire a scavalcare per tornare in camere e rubare del cibo per non morire, certo finché non ha deciso che era più conveniente non mangiare e aspettare che la morte venisse a prenderla. Tutto questo comunque prima di realizzare d’essere lei stessa il demone mietitore [chk on][arte del veleno 3-tossico] [Sentiero] Lentamente dunque, secondo dopo secondo, istante dopo istante, le carte in tavola vengon scoperte l'una dopo l'altra come se fossero sparse senza un criterio, andando a cercare quell'ordine esatto nel quale, messe infila in maniera specifica, possano raccontare una storia di Nobiltà, responsabilità non volute, odio, dolore, tradimento e rammarico. E di certo la ragazza con la quale starebbe sfilando per quel sentiero, come se fossero su di una sfarzosa passerella dedicata soltanto a loro due e nessun'altro, non è così spensierata o priva di un'arguzia tale da permettergli di andar a domandarsi a sua volta chi fosse effettivamente quel qualcuno con il quale si è imbattuta questa sera, lasciando che un sorriso si tiri sul volto altrui, un sorriso inesistente se fosse per l'altro Goryo, quello che il più delle volte osserva dall'interno in silenzio quando è l'altro al comando, cercando di goder delle informazioni che scivolano ogni tanto dalle labbra altrui in presa al rimembrar del passato nostalgico, concedendogli la possibilità di aggiungere elementi ad un'affresco ancora astratto, ancora troppo confuso, quale la vita del fu Jinchuuriki, il quale ora andrebbe a lasciar sfumare quell'oscuro sorriso che nulla aveva di effettivamente divertente da dimostrare, se non il diletto per se stesso, in quel suo voler lasciar cadere le briciole di una vita passata, come se fosse un gioco, senza timor di essere ricordato o scoperto, se così si vuol dire < Sono solo qualcuno che si è creato una seconda possibilità.. > e solleva le mani volgendo i palmi verso il cielo mentre la sigaretta rimane serrata tra le due dita solite, sollevando le spalle per poi scuotere appena il capo con un fare scostante ma allo stesso tempo teatrale, un pò come a voler dire che non avrebbe potuto far altrimenti, troppo attaccato a quel mondo di conflitti e disordini, impossibilitato a lasciarlo senza godere del Caos sino all'ultima stilla possibile. Torna in seguito in quella stessa posizione di prima, schiudendo gli occhi per dunque puntarli su di ella, lei che andrebbe a rivelargli quel qualcosa in più riguardo al Sennin, non potendo comprendere la maggioranza di quel suo dire essendo che le informazioni sull'esistenza del sovracitato paiono confuse e prive di effettivi fondamenti, voci di corridoio quelle che ha potuto udir nei tre anni in cui ha fatto da personale ricercatore, da raccoglitore di informazioni per sè e per nessun'altro, scostando la mancina dal suo comodo giacere nella piega del destro, andando ad appuntare un'indice in direzione di lei, il resto della mano non dischiuso come quel singolo dito, come a volergli far cenno di porre attenzione, di dover correggere le parole dell'altra che lentamente pare avvicinarsi verso una verità che mai lui avrebbe voluto celar volontariamente < Non passi, mia cara, ma anni.. > e sogghigna nuovamente andando a sollevare lo sguardo verso il cielo offuscato ponendo un'espressione pensierosa sul proprio viso per andar a far sì che l'indice ora venga seguito in maniera sequenziale dalle altre dita, come a voler contare gli anni effettivamente passati dalla sua morte, gli anni trascorsi tra i vari eventi, senza però volersi soffermare più di tanto su quel calcolo non propriamente semplice, avendo quel numero approssimativo nella sua testa che basta e avanza, lasciando poi che un secco e breve sbuffo annoiato accompagni quel decader del polso, polso che si flette un paio di volte lasciando che il dorso della mano salga e scenda rivolto verso l'esterno, in un chiaro cenno di scostante noncuranza, concedendosi qualche altro tiro della sigaretta in quel placido passeggiare, mai di corsa, ne troppo lento, un misto del itmo dei due che par trovarsi su di una lunghezza d'onda non troppo dissimile, lei statuaria dalla vita in sù, inquietante, lui impettito e galante pur non volendolo, in maniera innata, concedendo a sua volta il tempo alla Doku di perdersi nei propri ricordi, nelle proprie memorie ed in ciò che la affligge, nei suoi conflitti, senza mai volersi dimostrar invasivo in quel personale riflettere, mantenendo lo sguardo ancora per qualche istante verso il cerchio pallido nel cielo scuro, tornando poi dritto davanti a sè per qualche lungo istante, prima che lei vada a porre quella retorica domanda < Dipende da quanto tu voglia sapere, giovane... > e con le violacee su di ella, andrebbe ad etichettarla in quel modo per quanto sembra che in termini di età sia l'altra più grande del corpo nel quale lui alberga, corpo appartenente a quell'Itsuki che sino ad ora ha taciuto, ritrovandosi però costretto a dire, tramite il loro legame mentale <{ Stasera siamo come dei libri aperti eh... }> e l'altro ridacchiando, noncurante del più ma senza mai aver intenzione di rivelare i dettagli più profondi al Moro, risponderebbe dopo le note secche di una risata spinosa <{ Tu prendi appunti allora, non si sà mai.. }> e poi nulla, il vuoto, di nuovo il silenzio che fa da sottofondo a loro due che continuano quell'insolita passeggiata, tranquilla quanto pregna di particolarità, senza curarsi del brusio che a volte spezza quello stesso silenzio tra un dire e l'altro degli Shinobi che vivono come loro nella Tendopoli. { ck on - Innata On } Si prosegue lungo quella via non solo fisicamente ma anche in maniera metaforica, sempre più distante appaiono le due storie eppure pur inconsapevolmente hanno lo stesso punto di arrivo, quell’Alba che pare aver tolto tutto ad uno è la stessa che ora l’altra vorrebbe prendersi, seppur senza la forza per usare la maniera più brutale, senza la sicurezza ancora e la convinzione, incerti i passi verso l’appropriazione di sé stessa, qualcosa che invece l’altro pare avere, forse è davvero questione di anni. Lo lascia parlare, ascoltandolo mentre distrattamente la destra va a giocare con l’anello che porta al collo, le dita si posano sul metallo saggiandone la fattura, i polpastrelli si muovono attenti su di esso, lo tiene tra pollice e medio mentre con l’indice pare accarezzalo. Lascia che la sua pelle velenosa scivoli sul freddo di quell’oggetto, ne studia la fattura e gli elementi, persino eventuali graffi accumulati negli anni di utilizzo, non ha mai prestato troppo caso ai dettagli quando lo indossava, ma non può esimersi dal farlo ora che si ritrova ad un bivio <a maggior ragione allora> replica a quelle prime parole <chi sei?> non smette di muovere l’indice sull’anello del mignolo, non smette di studiarlo per quanto non sembri che quel movimento la stia però distraendo troppo dalla conversazione. Le informazioni che le vengono date a spizzichi e bocconi finiscono per essere messe in fila nella sua testa mentre ancora, incuriosita, cerca di costruire un filo del discorso, darsi un’immagine di quel che sta accadendo <una seconda possibilità se fosse vero immagino sarebbe mio compito riportarti tra le anime dei morti> ammette seriamente lasciando andare solo ora l’anello, la mano resta però in alto, davanti al suo petto mentre si volta per andare a fissare il ragazzo. Gli occhi si puntano su di lui, freddi e senza apparante empatia in essi, non prova nulla è solo il suo lavoro, il motivo per cui cammina tra i vivi <ma al momento non mi va> aggiunge poco dopo scuotendo le spalle <forse un giorno ma per ora voglio solo conoscere, quindi rivelami> una richiesta, gentile visto che si tratta di lei e di solito utilizza metodi decisamente più bruti, differenti. La mano esita ancora sulla collanina, pur senza giocarci sta a qualche millimetro da essa, come ad essersela semplicemente dimenticata. [chk on][arte del veleno 3-tossico] [Sentiero] Già, l'Alba par prendere qualcosa da tutti coloro che decidono di appartenervi, senza mai più restituirlo, per quanto lui aveva deciso di fregiarsi del nome della stessa Akatsuki per cercar di rovesciar l'ideale che la compone, che gli ha dato origine. Non son poi troppi gli anni di differenza tra i due, o meglio, non sarebbero poi troppi se si volesse far affidamento al solo dato risaputo alla morte di Eiji stesso, che ne aveva sui ventisei, seppur non è certo di aver festeggiato il suo compleanno da quando è diventato un'entità sospesa tra la vita e la morte, rifugiandosi poi nel corpo dell'androgino ragazzo tormentato dal passato a sua volta, coetanei in un certo senso, ma distanti a livello dello scorrere degli eventi, non di troppo, ma neanche di poco. Inconsapevole del suo patto con gli esseri dell'Ade, per nulla conscio del suo porsi nei panni del tristo mietitore, lui che quelle stesse Farfalle le ben conosce visto che appartenevano anni orsono al suo Sensei, finendo per scontrarvisi più volte, per poi odiarle così come la figura dii quello che lo abbandonò per tornare alla pioggia, addossandogli il peso di una Oto priva di un caposaldo sul quale fare affidamento, ritrovandosi costretto a far da Capovillaggio, senza mai volersi attribuire il titolo di Kage per l'immane numero di responsabilità in grado di derivare da quel semplice onorifico, libero e dedito al proprio volere proprio come un vero felino, indipendente ed incapace di legarsi al dovere con tanta semplicità, ribelle. Un'altro tiro, il penultimo di quella sigaretta che lentamente volge verso il termine, mentre lei di nuovo domanda e lui permane in quella posizione con le braccia perpendicolari le di loro, soffiando di lato quel sottile rivolo di fumo, non verso di lei ma verso l'esterno libero, ritrovandosi dunque a far schioccar la lingua in quel di lei domandar di nuovo, più conciso, assaporando l'acre sentore del fumo per poi permaner con le labbra schiuse, lasciando che la punta della lingua passi rapidamente sul superiore, concedendosi quel paio di istanti riflessivi, riportano poi l'espressione alla mefistofelica normalità, andando con quel suo fare annoiato, pigro come un gatto, ad osservarla in quegli occhi tanto diversi, bicromi, in grado di farlo sentire in un certo senso in soggezione, se decidesse di perdervisi più del dovuto < Sembra oramai non abbia via di scampo.. > e ridacchia nuovamente con quell'arpeggiar velato di nero, sarcastico in quel far finta di volersi celare pur esprimendo chiaramente il suo totale disinteresse nel mantenere una qualsiasi copertura, malcelato quel suo Ego che nonostante tutto permane nel suo essere ritrovando un nobile incapace di metter da parte quel vizio come tanti altri, ricevendo prima della dovuta rivelazione, quelle parole appunto delle quali si fregia, attestandosi, senza andar direttamente a puntare a quelle dell'Ade, ritrovando però una freddezza ed una certezza in quel dire di ella che non sottovaluterebbe, ma vedrebbe di girarci attorno con qualche sinuoso districarsi felino, espresso dalle sue stesse parole < Mmmh, un'invito a danzare, un giorno accetterò, ma non oggi.. > no, per quanto non sia un sensitivo ne niente, riesce a percepire la disparità tra di loro, la differenza di effettivo potenziale che li separa, il tutto dovuto all'esperienza ed ai propri trascorsi, senza voler dunque mai sottovalutare la sua interlocutrice, che potrebbe anche avvelenarlo con un semplice tocco, sfiorandolo appena, facendogli passare giorni bui in preda alla tossina Doku, una tra le più micidiali, conosciuta, ma mai sperimentata fortunatamente sulla propria pelle, ritrovando a sua volta una mancata voglia da parte di lei di riportarlo lì dove dovrebbe essere, avendo scampato il tutto con quel sigillo, utilizzando il sinonimo della danza per uno scontro che magari un giorno avranno il piacere di consumare, in amicizia o come nemici, questo non lo si può ancora sapere. Proseguono quindi così come prosegue il discorso, il sommarsi delle parole che li ha portati sino a quello specifico punto del loro argomentare, quel giocare ad una sorta di vedo non vedo nei confronti della stessa personalità che alberga quel corpo, ritrovandosi al centro dell'attenzione di una, dapprima indisposta Kimi, ora velatamente più interessata al suo dire, quasi vorrebbe fargli notare che dopotutto non è così male aver accettato di passeggiare, ma magari lo farà semplicemente più tardi, ritrovandosi ora costretto, messo figurativamente alle strette ma allo stesso tempo ritenendo lei degna di quel domandare, di quel sapere la verità rivelata probabilmente a nessuno di preciso sino ad ora, per il semplice fatto di non aver nessuno appartenente al passato nel quale voler far breccia, per il semplice fatto di non aver bisogno di decantare il suo nome, seppur in un certo senso lo si potrebbe definir un premio per quel trascorrere della serata insieme, in quella placida quanto profonda maniera. Dunque, un breve sospiro, come se oramai volente o nolente debba venire allo scoperto, più teatrale che altro, ultimo tiro della sigaretta che gli riempie i polmoni, e poi quel filtro che vien posto sull'unghia del medio, lasciando che solo il pollice tenga fermo il cilindretto di cotone lì dov'è, con il fumo che esala tra le sue parole, il tono serio e quasi altezzoso, solenne, incapace di non poter attribuire comunque a se stesso un che di leggendario, nel ben o nel male che sia < Jinchuuriki del Nibi, Capovillaggio di Oto e figlio del Daimyo più ricco del Suono, messaggero del Caos e precedente Capo di Alba: Eiji Kagurakaza. > ed in quell'ultimo dire del cognome andrebbe impartendo un singolo cenno di forza nei confronti di quel filtro, uno schiocco che lo porterebbe a volare un metro o due più avanti, lì dove fumerebbe ancora per qualche istante lasciando che il silenzio riempia quegli attimi del suo rivelarsi, attendendo l'inesorabile passo di lui che lo spegnerà di lì a poco, mentre lo sguardo che era rimasto lungo l'orizzonte d quel sentiero, durante il proprio dire, si volgerebbe ora su di lei, cercando nuovamente di puntarsi in quelle iridi tanto differenti < E tu, invece? Qual'è il tuo nome? > chiede curioso a sua volta con quel tono che si ammorbidisce appena e si fa lievemente più acuto per voler interrogatorio, senza voler risultare invadente, semplicemente come a voler domandar in cambio lo stesso prezzo che lui ha dovuto pagar qualche istante fà. Per Itsuki, vi sarebbero pochi scorci di novità, ma tutto sommato sapeva a grandi linee tutto ciò e dunque, nulla di nuovo effettivamente. {ck on - Innata Goryo } Quel passare del tempo insieme al ragazzo permette lei di distrarsi allontanarsi dai pensieri più cupi, dai dubbi più profondi che senza troppi preamboli la stavano assalendo, tormentando il suo già stanco essere. Il tempo sembra scorrere velocemente eppure non scorre mai, quanti i metri percorsi fin ora? Non molti, così come le parole scambiate tra i due, sono poche ma comunque importanti. Tace lei durante tutto il discorso, si è già palesata come la morte, ha già parlato di quella spada di Damocle che sente penderle sulla testa motivo per cui non aggiunge altro nel merito della questione, forse è stato proprio quello l’errore, nell’allontanarsi dalla strada che altri avevano già decretato per lei, nello smettere di credere di dover uccidere, del dover essere un demone portatore di morte e disperazione, forse nel momento stesso in cui ha provato a cambiare tutto andato a distruggersi, punita per aver cercato una libertà che non le appartiene davvero <e dopo tutto questo cosa ci fai qui?> Eiji l’ha sentito, era piccola e non ricorda molto del periodo, aveva problemi per lei maggiori del seguire i ninja, una bambina odiata, mai voluta e detestata per tutta l’infanzia non poteva certo preoccuparsi di cose più grandi di lei <io sono Kimi, un tu ed un nessuno> si presenta semplicemente, iniziando proprio dal nome da Oto e dal quel luogo che l’ha voluta privare persino di un’identità <conosciuta poi come Yuurei o Medusa Doku> conclude infine quella presentazione decidendo di arrestare il passo. La bocca che si apre appena, stupita come se avesse realizzato qualcosa di importante. E SE. Già e se? E se decidesse di allearsi a lui e alla sua forza potrebbe aver ragione di Akendo dovessero mettersi male le cose? E se per una volta invece che vivere passivamente decidesse di compiere un passo? Lontano dal controllo di Yukio, di Katsumi e persino dallo sguardo privatore di Nemurimasen, ora c’è solo lei e ciò che in fin dei conti è sempre stata: impulsiva. Tutti, chi prima chi dopo, han certo sempre di porre rimedio a quella parte del suo carattere, le sue incombenze percepite come così limitanti però non sono mai state affrontate, in un istante elaborando ciò che ha appreso fin ora solo un pensiero accarezza la sua mente, lei che è sempre stata schiacciata al suolo ed imprigionata, lei che hanno sempre cercato di tenere sotto controllo. Mentre la mente realizza e ricollega a modo sui i vari pezzi del puzzle la mano destra veloce si rialza, scatta verso quell’anello al collo e lo stringe ora, in un pugno mentre riflette <e se> si blocca appena, siamo tornati a quel dubbio a quel: e se <ti offrissi la possibilità di portare il tuo nome ad incutere lo stesso timore di un tempo? Se ti chiedessi di tornare ad essere ciò che le menti di tutti hanno ormai dimenticato?> semplice quanto banale il suo ragionamento, da sola potrà non aver mai ragione di Akendo o di un’Akatsuki che la vede solo come la debole, manipolabile bambina, ma se riuscisse a trovare una specie di alleato, qualcuno che come lei volesse portare solo distruzione e morte, non avrebbe mai immaginato di trovare qualcuno di simile ma chiunque sia davanti a lei invece lo è. Non importa che sia davvero Eiji o solo qualcuno convinto di esserlo, non chiederà prove, l’ideale che condividono, o che spera di condividere, è ciò che le interessa alla fine [chk on][arte del veleno 3-tossico] [Sentiero] Un'incontro fortuito, un'intrecciarsi di quel filo rosso del destino che con i suoi nodi decide di portar gioia o dolore nelle vite di chi decide di seguirlo, di lasciarsi guidare dagli eventi del fato verso il quale ci si pone in maniera autoritaria, come a volersi porre sopra allo stesso viver descritto da chissà qual divina mano, ribellandosi anche a quello che da non si sa chi sarebbe gia prestabilito, immutabile. Lei, tormentata a sua volta dal passato come lui che non è riuscito a portar a termine il suo compito, che in preda a quell'Odio per il mondo intero ed al suo desiderio di sfacelo, non ha retto, lasciandosi consumare sino a perir per mano dei suoi stessi seguaci. La disfatta di un Re egoista che ha seminato solo tempesta, comprendendo soltanto poco prima di quel raccogliere quel nero voler i propri peccati, mai rinnegati ma comunque insiti nella coscienza e nellla saggezza sviluppata nel tempo, una saggezza che permetterebbe di rispondere dopo un'attimo di riflessione, di voler scegliere con cura le parole del perchè ha deciso di rimanere in quel mondo che tanto detesta, quel mondo che lo ha ferito a tal punto da diventare un mostro, una fase che sembra non voler lasciar scampo a nessuno in quel crescere come Shinobi, una diretta conseguenza della propria sofferenza esternata in maniera violenta, anche neii confronti di chi gli stesse affianco, così come lei velenosa ha corroso se stessa ed il proprio cammino disseminandolo di una tossicità sia metaforica che palpabile data la sua innata rivelata con quel suo apparentemente semplice ma allo stesso tempo profondo dire, che giungerà solo dopo l'iniziar rispondere sul proprio intento < Non scenderò nei dettagli, ma rimpiango il mio fallimento nel voler portar scompiglio e disordine in questo mondo marcio.. > e non può effettivamente andar a rivelar più del dovuto poichè lo stesso Itsuki, reso veicolo della sua esistenza in maniera preventiva dallo stesso Principe, non è ancora pronto per saper effettivamente lo scopo di quel suo essere un recipiente, una cornice per un'animo tormentato che non prova astio per il tradimento in sè, ma allo stesso tempo si aggrappa a quel desiderio distruttivo di voler portar dolore e sofferenza per le terre Ninja. Il tono ora potrebbe andar ad malcelare un fascino nel dir di lei in quel suo presentarsi inizialmente enigmatico, non potendo conoscerla per le sue gesta dato il suo non essere presente per anni nella realtà, perso in quel buio che si frapponeva tra l'oblio della morte e la sofferenza della vita stessa, ritrovando uno scorcio del proprio passato, della sua amata Oto in quel Clan ben conosciuto < Oh, una Doku, ho sempre trovato le vostre abilità affascinanti.. Che nostalgia.. > direbbe lui con un tono lievemente affranto, ponendo quel piccolo cenno di ammirazione nei confronti di lei, che verrebbe puntata dao sguardo d'ametista di lui, che ora la guarderebbe con maggior riguardo di prima, consapevole del fatto che se lo volesse, anche un singolo tocco da parte sua potrebbe risultar potenzialmente fatale, senza le giuste precauzioni, permettendole di alienarsi in quei suoi se ed i suoi ma, di perdersi nella propria mente per riordinare i tasselli di una vita costellata di dolore, aggiungendo ora quelli forniti dal Kagurakaza stesso, che mai mentirebbe sul suo essere, per quanto la stessa Kimi non pare voler prove a riguardo, decidendo di fidarsi di quell'entità che allo stesso tempo concede una fiducia non ancora del tutto espressa nei confronti di Medusa. Quella stessa Medusa che per quanto mostruosa fosse, era impossibile resistere alla tentazione di guardarla negli occhi, così come farebbe ora, arrestando il proprio passo per sgranar lo sguardo, fermandosi di punto in bianco al suo dire per lasciar che lentamente un ghigno vada dipingendosi sul suo volto, un ghigno che non ha nulla di positivo e che sembra quasi la risposta di un felino ad uno stimolo, drizza il manto ed un brivido d'eccitazione gli percorre la schiena, una metaforica coda si pone curiosa in modo interrogativo ed ora la sua concentrazione è del tutto nelle mani della Mora, quella Mora che starebbe offrendogli il trampolino di lancio per rimettere in moto gli oscuri ingranaggi del mondo, suggerendogli un'alleanza teorica con quelle parole, con quella possibilità che non soppesa nemmeno per un'istante, esprimendo la propria volontà di tuffarcisi con quel brusco soffermarsi, con quel venir colto impreparato da un'offerta del genere, portando entrambe le mani dietro la schiena, la sinistra che regge il polso della destra, con la coda candida verso la neve che dondola nel suo volgersi del tutto verso di lei < Allora iin quel caso avresti la mia completa attenzione e dedizione alla causa, è un'invito che non posso assolutamente rifiutare, forse quello che aspettavo da quando son tornato ad esistere in questo putrido mondo.. > estasiata è la sua espressione, lei che è andata a pizzicar le giuste corde di un piano che non vien suonato da tempo, incitandolo verso un voler accorciar i tempi in direzione di un'obbiettivo che non avrbbe mai abbandonato, quel desiderio tanto forte da tenerlo ancorato in quel mondo così come quel sigillo, noncurante del fatto di chi o cosa dovrà fronteggiare per seminar scompiglio, forte di un'alleata che sembra aver tanto da dimostrare in termini di abilità ed intenzioni <{ Dunque, è il Caos che brami? }> domanda ora Itsuki da dentro, non potendo far a meno di comprendere maggiormente quella persona che con lui convive, senza risultar affranto ne dispiaciuto, ma anzi vagamente ammaliato ed interessato da quel dire, da quella conversazione che ha preso una via precipitosa, ricevendo in tutta risponsa da parte dell'altro poche semplici parole, concise e trasudanti di una determinazione indomabile, impossibile da smorzare <{ Quello e nient'altro. }> senza riferirsi al desiderio di volersi riappropriare del suo più fido alleato, di quel voler ricercar Matatabi e volerlo render di nuovo il suo fido alleato omettendo temporaneamente quel particolare per lasciar spazio ai concetti più chiari e semplici, senza dinoccolarsi in minuzie tutt'ora non raggiungibili. {ck on - Innata Goryo } Tutto è iniziato, due compagni di missione irrispettosi, due esseri che sottovalutandola la prendono in giro, la denigrano davanti a colui che per lei rappresentava metà mondo, una semplice lavata di testa poi, un’azione comune, normale e anche prevedibile che però in lei hanno innescato qualcosa, solo la sera prima si era presentata nella tenda sicura e decisa ed ora sta rimettendo in gioco tutto. Non può più essere semplicemente colei che va difesa, colei da controllare per evitare che esageri e crei problemi, lei i problemi li crea come pagamento della vita sulla terra, è stata rapita e torturata, abbandonata in fin di vita eppure la sua vendetta è calata, ma ora tutto ciò sembra essere stato dimenticato così come dimentico è ciò che riguarda Eiji e la sua vita. Arruolata in un’Alba dagli scopi a lei pochi chiari, ha seguito il flusso senza domandarsi molto e senza ricevere alcuna attenzione, si è ritrovata a scegliere una sola parte di Katsumi per la stessa motivazione ma forse a Nemurimasen ora deve guardare in modo diverso, un fine ed uno scopo lui pare averli e lei fino a ieri invece no, li aveva persi completamente, svaniti insieme alla vendetta per la perdita di una figlia, che mai più potrà riavere, una madre che mai più potrà essere. Tutto questo non era che un vorticante rompicapo nella sua mente da poco ricostruita ma sempre così dannatamente fragile da non permetterle di capire, fino a quella conversazione, a quell’incontro fortuito e casuale che le ha permesso di vedere oltre, di capire sé stessa meglio di come abbia mai fatto. Un tempo decisa portatrice di morte per volere di altri, successivamente senza cuore e spietata ma ancora sottomessa a quel destino da cui continua a volersi divincolare ed ora invece, come una fenice dalle proprie ceneri, si erge e rinasce come morte sì ma per suo unico desiderio. Non può cambiare il mostro che è, non può sottrarsi dai suoi doveri infernali ma può goderne e trarre vantaggio. Sorride appena ricambiando lo sguardo, puntandolo negli occhi dell’altro con fredda intensità, la convinzione che può trasparire circondata dalla certezza che in lei si trova una totale assenza di empatia o comprensione verso l’altro, unico giudice imparziale è la morte a lei non sta che condurre le anime fino a quel processo <vuoi forse percorrere il viale dei ricordi Doku?> domanda semplicemente andando a liberare la mano destra dalla presa sull’anello del mignolo, la porgerebbe a palmo riverso verso l’alto verso il suo interlocutore, sarà lui a decidere se affrontarlo o meno, lui a scegliere il veleno se dovesse avvenire un contatto, forse non lo saprà mai Eiji ma con quel semplice gesto sta concedendo molto più di quanto abbia mai concesso fin ora, la semplice libertà di scelta, qualcosa che in sua presenza non si può mai dare per scontato <lascia solo che finisca di archiviare le ultime questione e saprò dirti se sarà sotto questi o altri colori che torneremo a far tremare l’oscurità> un patto che non va a suggellare con una stretta di mano, ovviamente. Resta solo lì, con il palmo tra i loro due volti, verso l’alto e aperto, in attesa di capire cosa vorrà fare, gli occhi di due colori opposti ma ugualmente gelidi puntati in quello di lui, è tremendamente seria e non pensa di dover specificare che rompere un simile patto significherebbe morire [chk on][arte del veleno 3-tossico] [Sentiero > Tenda] Entrambi possono concedersi un ripercorrere del proprio passato, in ridescrivere nella memoria quel loro cammino, in quei lunghi momenti di silenzio che intercorrono tra di loro, non lunghi quanto effettivamente possiate immaginare, ma dilazionati dal personale ricordarsi di quel che si è stato, volgendosi verso quel che si vuol essere, senza poter fuggire dal passato ma solo fregiandosi della forza di diventar qualcuno in futuro, quel qualcuno che si vuole essere, senza imposizioni altrui e senza volontà esterne a contenere l'animo distruttivo di ognuno dei due Nato nobile e ricco da far schifo, il patto offertogli da Shin per il Nibi, la convivenza con quel Demone inizialmente restia, un Sensei che lo ha abbandonato dopo i suoi duri insegnamenti, il doversi addossare la responsabilità mai voluta di un'intero Villaggio, l'uccidere quel suo stesso mentore per poi iniziare quel declino verso la rovina, diventando un monarca spietato senza alcuna remora, cinico, sino a riconoscer il marcio di quel mondo e decidere di esiliarsi, sigillandosi, ritrovando poi nuova forza nel voler portar scompiglio e rovina, appropriandosi di Alba, poi il tradimento e l'ultimo ricordo del volto di quella Uchiha che tanto ha amato, ferendola in quel lasciarsi alle spalle solo buio e sconforto, ossessionato dal proprio voler compiere di un'oscuro destino creato con le proprie mani, imposto da se stesso e da nessun'altro, senza però riuscir a portar a termine il proprio compito. Sospira appena, nuovamente travolto dai ricordi del passato, dall'aver fallito nel voler essere un'onesto mentore del Seiun, ricordando tutto a grandi linee, l'amicizia con Kyuzo, il suo team con Ekazu, quel sentimento sfrenato verso Hanabi, tutto, sentendo quasi una tangibile fitta al proprio cuore, come se una ferita non ancora rimarginatasi andrebbe riaprendosi lasciando colare un liquido denso e nerastro simbolo della sofferenza sviluppata negli anni perso nel limbo a riflettere, una ferita che potrà soltanto risanare bendandola con l'odio, senza rinnegare quello che fù prima del voler portar il Caos, immergendosi nel proprio desiderio, accogliendolo a braccia aperte e dunque rendendolo la nuova forza che lo muove, il nuovo scopo, un nuovo cammino da perseguire. È la mano della Doku poi che lo riporta alla realtà, si smuove lo sguardo nel mentre che un domandar di lei va a scuotergli l'attenzione < Mh? > un brevissimo mugolio che andrebbe poi a lasciar spazio a quel gesto di lei, titubante, conscio soltanto delle teorie comprovate e dei dati avuti alla mano, delle storie su quell'innata distruttiva e pericolosa, lasciando che il canino sinistro vada infastitendo il labbro inferiore, stringendolo in una breve morsa di dubbio misto a tentazione, continuando ad osservare il palmo di lei, apparentemente innocuo ma indubbiamente dannoso < Sarebbe un'onore, per quanto gradirei rimaner in questo mondo ancora per un pò.. > è un lieve sogghignare il suo, forse il voler sdrammatizzare di quella situazione tanto importante, il suo dimostrarsi sarcastico quanto basta per render ogni situazione vagamente giocosa, un pò come gli stessi felini in grado di interessarsi a tutto e di render tutto un gioco, seppur lì starebbe giocando col fuoco, o più precisamente con uno dei veleni più pericolosi al mondo, titubando per un'istante in quel portar la mano propria sopra la sua, la mancina, portandola a si e no un centimetro dal palmo di lei, senza toccarla, ancora, osservando le di lei dita per poi portar nuovamente le ametiste nelle sue bicrome, inspirando quasi a voler trattenere per un'istante il fiato, spezzandolo lì quando deciderebbe di azzerare quella minima distanza, posando il palmo suo su quello di lei, inconsapevole di quello che possa succedergli, decretando quel gesto come un suggellare di un patto, un voler rappresentar uno scambio di fiducia, attenendo un qualsiasi dire riguardo quel gesto da parte di lei consapevole del fatto che la sofferenza sarà indubbia stanotte, il tempo che il veleno entrerà del tutto in circolo, seppur lui non sarebbe in grado di tirarsi indietro nemmeno davanti al più grande dei pericoli, accettando di soffrire e di passar una notte in bianco assieme ad Itsuki, che per quanto il corpo sia effettivamente del Moro, non sembra risultar contrario, intenzionato a resistere al tutto, sempre più affascinato da quel patto di loro due. Il suo è un pò un non volersi tirar indietro davanti a nulla, un voler far sperimentare allo stesso modo quello che sarebbe il dolore che può arrecare il mondo Ninja, con un piccolo assaggio di quel veleno. Sembrano sempre istanti lunghi quelli che intercorrono dal quel contatto alle sue parole che giungono dopo, lasciando che quindi quella vicinanza si sciolga, accogliendo le di lei parole per poi tornar con le proprie dietro la schiena, annuendo in un cenno solenne e di somma comprensione < Non importa di quali colori ci fregieremo, purchè avremo modo di tingere questo ammasso d'immondizia col Caos. > e un ghigno gli si dipinge sul volto, il tono preciso, altezzoso ma allo stesso tempo come a voler far riconoscere in lei quella dignità della fiducia del Kagurakaza, il quale dopo tutto questo, vedrebbe di porre un mezzo inchino portando il braccio davanti al petto come si confà in quel nobile e ben preciso gesto < Allora, a presto, oh mia tentatrice alleata, spero che d'oggi in poi potremo prosperar forti nell'ombra.. Vado a godermi la mia avvelenata notte insonne.. > e si ridirigerebbe di nuovo in direzione della propria tenda, lasciando che lei saluti e si allontani a sua volta, consapevole di quel contatto avvenuto, intento a dimostrarsi quanto più pronto possibile nei confronti di quel volersi imporre del dolore, quasi come se fosse una punizione per i suoi mali, per la sua disfatta, quasi a voler risentire quella sensazione di dolore inferta da qualcun'altro che, a parte questo particolar caso di voler sugellar un patto facendosi del male, solo in battaglia può esser sperimentato, soffrendo per poi diventar più forti, preparandosi a passare una notte in preda a tremori, sofferenza e bruciore, il tutto alternato tra le risate folli di lui, che stringerà i denti e terrà sveglio chi nei dintorni della sua stessa tenda, quasi come se quello stesso dolore fosse l'invito ad affacciarsi di nuovo in prima linea in quel mondo di dolore e sofferenza, quasi come se quel soffrire sarà il sancire del ritorno del Principe del Suono. { End per entrambi }