Legami.

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15:51 Yosai:
  [Accampamento di Kusa] Pare essersi fatta più rada la nebbia quest’oggi, allentando di poco la stretta su quel buco infernale nel quale è arrivata l’alleanza. È arrivato il momento di fare il suo dovere di compagno di squadra. Tra allenamenti e missioni ha rimandato anche troppo a lungo la visita al genin che l’ha affiancato in missione. Ed è così che si staglia in tutta la sua mastodontica mole, di fronte all’ingresso dell’enorme tensostruttura al centro dell’accampamento di Kusa, atta a fungere da ospedale da campo. Si trova davanti ad un damerino alto forse fino al suo addome e largo non più di un terzo del gigante sfregiato. A coprire le leve inferiore il nero, ampio pantalone di un kimono si immerge in fasciature da combattimento che stringono la stoffa e i muscoli partendo da sotto il polpaccio scolpito, per infilarsi dei comodi calzari ninja. A coprire il torso spesso come quello di un albero, dalla caratteristica forma a V data dalla larghezza dei muscoli dorsali e delle spalle, c’è una canotta nera in tessuto tecnico aderente come una seconda pelle ai muscoli che guizzano sotto di essa ad ogni movimento. Le spalle stondate e le braccia definite sono lasciate libere, evidenziando i sinuosi tratti nero-rossastri che decorano la pelle tirata sui muscoli. Il collo taurino sostiene il volto dai lineamenti marcati e definiti, incorniciato dalla barbetta incolta che si è scordato di curare, decorato dalle due cicatrici, la prima scende dritta dalla fronte fino allo zigomo sottostante salvando l’occhio sinistro, l’altra percorre in orizzontale tutta la fronte. I folti capelli sono tenuti liberi fatta eccezione per le ciocche ribelli che rischiano di finire davanti agli occhi, che tiene legate in un codino di fortuna. Le profonde, scure, iridi oceaniche sono piantate sul damerino davanti a lui con e dipinte in un’espressione che in realtà è solo spazientita, ma che la sua mole tramuta in qualcosa di temibile <ti sto dicendo che l’ho portato qua forse una settimana fa. Era ridotto a un tizzone ardente. Si chiama Katsu. Per gli dei quanto sei cocciuto! Mi dice dove lo trovo o me lo devo cercare da solo?> non è un gran che piantar grane nell’accampamento altrui in effetti, è per questo che sono venti minuti che sopporta il chiacchiericcio sterile del tipo davanti a lui che non fa altro che ripetere che Katsu non è nell’elenco dei ricoverati.

16:05 Katsu:
  [Accampamento Kusa] Dopo la tempesta ci viene il sole. Ed infatti una nuova luce illumina Kiri, col sole che gioca a nascondino dietro le nuvole e talvolta compare e talvolta sparisce. E’ dalle parti del suo accampamento che si trova, immerso nella foresta di mangrovie, proprio dov’è la sua tenda, vale a dire vicino all’entrata. E’ il solito figuro alto un metro e ottanta per qualche chilo di peso che lo fa sembrare longilineo e che rende il suo fisico tonico. I capelli sono biondi platino e la carnagione è tornata nivea e virtualmente perfetta sul viso del ragazzo. Indossa dei semplici sandali da ninja di colore nero che fasciano i piedi. Neri sono anche i soliti pantaloni di fattura elastica che gli coprono gli arti inferiori e anche la t-shirt che nasconde tronco e spalle. Monocromatico. Un monocromo di colori che cozza terribilmente con il viso affilato, la carnagione bianca e i capelli platino e gli occhi azzurri, da albino qual è. Ha sempre con sé il portaoggetti legato al fianco destro, con relativo equipaggiamento e il portakunai con qualche kunai e shuriken dentro. Il coprifronte non è indossato, ma giace nel proprio portaoggetti, pronto ad essere sfoderato. Il chiacchiericcio lo può sentire ed è nei pressi dell’entrata all’accampamento. Ed è il motivo preciso per il quale cammina verso l’entrata e si avvicina quel tanto che basta per poter udire tutto ciò che il compagno di squadra dice e riconoscerne la voce prima ancora di vederne la figura, che diventa palese nel momento in cui muove ancora qualche passo. <Ero sul serio ridotto così male, amico?> va a proferire all’indirizzo di Yosai. <Tutto bene, è mio amico> snocciola all’indirizzo del genin, tranquillizzandolo. I tratti affilati del volto si tirano in su. Un sorriso affilato vien dedicato all’omone che gli si presenta davanti e verso il quale cammina, riducendo la distanza.

16:24 Yosai:
  [Accampamento di Kusa] È una voce conosciuta quella che gli risuona più o meno alle spalle. Si volta di scatto portando le iridi oceaniche ad inondare la figura dell’albino. Inarca un sopracciglio, assottigliando le labbra, sembra quasi accigliato, in realtà è semplicemente sorpreso di vederlo li, vivo e saltellante come un leprotto <per tutti i ravioli di carne> nuovi modi di imprecare. Serra la mascella lasciando guizzare i muscoli ai lati del viso <avrete pure dei burocrati di merda ma i medici ce li avete bravi!> si volta del tutto, distendendo le labbra in un sorriso che snuda le zanne, solleva l’avambraccio sinistro con l’intento, qualora lui lo permettesse, di assestargli una violenta pacca sulla spalla. Non ha intenzione di far male, anzi. <Yo! mi fa piacere vederti sano e pimpante> ammette senza far appassire il sorriso affilato e solare sul volto <Mi sarebbe dispiaciuto un sacco, perdere il compagno della prima missione non noiosa> ammette lasciando scivolare via la manona, ruvida e solida, dalla spalla di lui <eri ridotto anche peggio di così… cotto come una braciola di maiale dimenticata sulla brace> commenta per poi lasciarsi andare ad una risata più simile ad un profondo ringhio che ad altro. <allora? Come stai? Che ti ricordi?> chiederebbe <portami a mangiare qualcosa, ho fame> più un ordine il secondo, ma ha fame davvero. Si, effettivamente sarebbe stato giusto specificarlo prima, il coprifronte di konoha campeggia sotto l’ombelico, cucito su un’elegante drappo di stoffa rossa, a mo’ di cintura, e non ha oggetti addosso. 

16:45 Katsu:
  [Accampamento Kusa] Avanza verso Yosai fino a raggiungerlo e si gode l’espressione di sana sorpresa che questo mette su. Corrisponde con un sorriso che va ad illuminare e far vedere un paio di borse sotto gli occhi violacee da poco sonno, che lo fa, in effetti, sembrare piuttosto malaticcio. Non parla, ma gusta appieno, e con una certa soddisfazione, l’espressione di Yosai e ciò che dice appresso. Ma scuote la testa. <Era uno dei vostri, in realtà. La dottoressa Nana Aburame, si chiamava così> va a scandire per tutta risposta. Osserva quel sorriso quasi da squalo e si prende la generosa pacca sulla spalla, ma siccome la forza di Yosai non è indifferente, istintivamente va a piegarsi in avanti per incassare quel colpo poderoso che arriva in direzione della propria spalla. Il sorriso, comunque permane. <Anche a me fa piacere vedere che stai bene, amico mio> corrisponde ancora. Il tono si scioglie dalla sua connotazione neutrale e vira verso una componente più entusiasta, sentitagli raramente nella voce. Sente quindi l’informativa sulle proprie condizioni e il sorriso va a mutare, a bocca si serra nuovamente e gli occhi vanno a spalancarsi verso un’espressione del tutto sorpresa. <… Intendi carbonizzato?> va a chiedere conferma, quasi a non credergli. Eppure qualcosa saetta nel cervello. La mancina va ad alzare la maglia fin sopra il petto e mostra una vasta porzione di pelle nivea, sì, ma rimasta bruciata, lasciando una cicatrice. Una cicatrice che si estende lungo tutto l’addome fino ad arrivare al pettorale destro. <… In tal caso ora mi spiego questa…> e la guarda per qualche attimo, andando quindi a lasciar la maglia, per tutta risposta. Ma sente le lamentele di Yosai riguardo la fame. E’ proprio la testa albina che si esibisce in un gesto che chiama a sé il compagno e gli indica l’interno dell’accampamento. Non sa se la cosa di portare altri ninja nell’accampamento si possa fare, ma… se ne frega. Almeno al momento. <Nella tenda devo avere della frutta…> spiega, quindi, confermando con le parole l’invito. Cammina, muove passi verso l’interno, attendendo che l’altro lo segua. <Diciamo che sto bene. Ieri ho fatto un’altra missione…> lo sguardo si rivolge verso Yosai ed immediatamente si affila, diventa serio, mentre una luce famelica e sinistra gli si dipinge negli occhi. <… Altre copie del Dio. E ne ho affrontato uno. E mi sono preso la mia vendetta…> c’è soddisfazione, una soddisfazione sinistra che brucia nel petto. <… L’ho carbonizzato> spiega infine, la voce che si condisce di una sadica soddisfazione che è incapace di controllare. Digrigna i denti e si scioglie quindi in un sospiro. <… Per il resto ricordo solo io che mi avvicino al Dio. Ricordo che mi ha visto e si è avvicinato. Così ho pensato che fosse l’occasione utile per permetterti di colpirlo, attirandolo su di me… e…> ci si focalizza. <… Una donna dai capelli rossi, forse… poi ricordo… un’esplosione… e basta. Quando mi sono risvegliato avevo le gambe e le braccia rotte. E anche carbonizzate da ciò che mi dici e c’era la dottoressa che mi stava curando. Mai provato tanto dolore in vita mia> scrolla le spalle. <Tu, invece come stai?> chiede infine, decisamente interessato.

17:02 Yosai:
  [Accampamento di Kusa] <mmh> di nuovo piega il sopracciglio di lato, sorpreso dal dire dell’altro. Dovrà riconsiderare i medici di konoha, se ce n’è qualcuno in grado di risistemare un corpo tanto martoriato. <bah, sia come sia, stai bene, e questo conta> alla domanda di lui annuisce <sul serio, non so come tu abbia fatto a salvarti amico mio, devi essere più coriaceo di quanto mi aspettassi> ammette <sarà più divertente prendermi a legnate con te, è buon segno> oh si, non ha dimenticato, vuole assaggiare la forza dell’altro. E una scintilla di quel desiderio gli incendia il mare negli occhi, mentre osserva la cicatrice dell’altro <ah, te la sei cavata con poco tutto sommato. Dovresti ringraziare l’angelo che ti ha ricomposto> perché di questo si tratta, devono averlo riunito come si fa con i pezzi di un puzzle> Non lo segue subito in realtà, quando l’altro s’avvia. Non è convinto di quella proposta... frutta? Perché? Non c’è carne? Ma non fa domande. Tutto sommato è ospite, sarebbe scortese <mi fa piacere. Più ne facciamo fuori e meglio è> mormora convinto affiancandolo e regolando le ampie falcate in modo da non costringerlo a corrergli dietro <e poi dovremo pur mantenerci in allenamento> eh, che diavolo. All’ultima frase dell’albino semplicemente assottiglia le labbra <è stata dura, posso solo immaginarlo> ammette <ma ne sei uscito> stende di nuovo le labbra in un sorriso. Non è che gli importi di molto altro in effetti. L’ultima domanda del Seiun però uccide qualsiasi buonumore, ricordando al gigante che quella è solo una maschera atta a celare ferite e mutilazioni non viste <io sto bene> mormora con tono più freddo, distaccato, cercando di cambiare immediatamente argomento <come mai avete scelto di accamparvi in questo posto di merda?> chiederebbe poco dopo, sempre schietto, senza un minimo di educazione, irruento anche nella parola. Mentre cammina lascia ondeggiare le braccia scolpite che però non s'avvicinano mai al busto, per colpa della larghezza dei muscoli dorsali e delle spalle stondate, rimanendo ben distanti dal torso.

17:25 Katsu:
  [Accampamento Kusa] Il dire suò proprio stato lo sente e lo accoglie con un sorriso del tutto colloquiale, sotto quel volto affilato e naturalmente neutrale, non proprio portato all’espressività. <Io te l’ho detto la prima volta che ci siamo incontrati che le mie convinzioni sono ferree. E dopo tutto questo che stiamo passando, lo sono ancora di più> snocciola semplicemente, mentre si avvia verso la propria tenda, situata non distante da lì. <… Soltanto che… Ho capito delle cose nuove. E’ come se nell’accademia vivessimo in una sorta di mondo ovattato, non so se mi spiego. E poi, buttati sul campo, ci ritroviamo con tutta un’altra realtà di fronte. Una realtà che a me piace, nonostante tutto…> se lo guarda, come a chiedere conferma. Sorride ancora, un sorriso genuino. <… E’ per questo che sono sopravvissuto. E poi, oh, dai… morire alla prima missione?!> inarca un sopracciglio, sarcastico verso… sé stesso, più o meno. Scuote anche la testa, ma all’improvviso arresta il suo incedere. <… Yosai…> lo chiama e ne ricerca le iridi scure di lui. <… Grazie. Sappi che a parti invertite avrei fatto lo stesso e anche di più> e non dice per cosa, ma un cenno d’intesa vien mostrato. Un cenno d’intesa che si riduce ad un ennesimo sorriso verso quello che ormai considera come un amico a tutti gli effetti, uniti dal fuoco della battaglia. Ed eccola, quindi, quella scintilla che unisce i due ninja quando costui tira in ballo il loro scontro. Una scintilla univoca, la stessa, che brilla in due paia d’occhi. <… Non ho dimenticato. Ma ancora non ti ho visto all’opera, visto che ci siamo divisi nella missione. In cosa sei bravo? Come ti piace combattere?> chiede, dunque, tranquillo nel dire, sebbene quel fuoco negli occhi non svanisca affatto. Continua a camminare, udendo il dire di Yosai nei confronti dei cloni. <… No, non hai capito. L’ho battuto, era per terra, carbonizzato e morente quel… clone, Dio o quello che è…> fa una pausa, perentorio nel parlare, mentre fissa il proprio sguardo nel vuoto. <… Mi è piaciuto ucciderlo. Mi è piaciuto vendicarmi, vederlo inerme sotto i miei piedi. Una sensazione idescrivibile, di potenza. E’ stato… bellissimo> brucia ancora quel desiderio nei suoi occhi. Brucia di una fiamma corrotta e distorta, del desiderio di uccidere che lo permea come un demone. Continua a camminare, annuendo di tanto in tanto alle sue frasi e quando lui va a rispondergli quella freddezza la percepisce, sebbene non lo geli. Devia verso la propria tenda, arrivando all’entrata e si ferma. <… C’è qualcosa che non va? Puoi parlarmene se vuoi. Non ti renderebbe in ogni caso più debole, qualsiasi cosa sia> e sì, lo dice con cognizione di causa, come tentando di leggergli nel pensiero, virtualmente, come se i due si conoscessero da tutta una vita. All’ultima domanda, ad ogni modo, scrolla le spalle. <Ordini dell’Hasukage Yukio-Sama> snocciola semplicemente. Vi è neutralità nel dire che non tradisce alcun cenno di approvazione o disapprovazione.

17:48 Yosai:
  [Accampamento di Kusa] Annuisce al dire di lui. <è vero> il sorriso è morto sul viso, l’espressione dei lineamenti scolpiti e affilati è seria <l’accademia dovrebbe formare soldati, ma forma solo mocciosi pieni di belle speranze in grado di usare il chakra> scuote il capo, lasciando schioccare sonoramente la lingua sul palato <tsk> lo guarda, dall’alto, spostando il viso di tre quarti per non perdere di vista la direzione <è per questo che sono contento di essermi iscritto all’accademia più tardi.> ha sempre avuto una consapevolezza diversa rispetto agli altri allievi. Forse è stato proprio l’aver potuto farsi quelle cicatrici prima dell’accademia ad aver formato un guerriero migliore. <La verità, katsu, è che sono convinto che tanta gente qua dentro, come nell’accampamento di konoha, non sia capace di stare in battaglia, e per questo creperà prima che questa storia sia finita> è secco nel dire, spigoloso, diretto. Arriva come un cazzotto nello stomaco, ma non ha intenzione di trattenere quella che per lui è una verità. <mh?> morire alla prima missione? Di nuovo gli angoli delle labbra si infilano negli zigomi, esplodendo in una risata fragorosa che infastidisce diversi dei compagni di accampamento dell’albino. Una risata profonda e ringhiata <Grrrahahahaah, saresti stato lo zimbello di chiunque> commenta facendosi più serio e ascoltando le parole dell’altro <pfff > alza la mancina possente con il palmo verso l’altro per poi abbassarla di colpo, come a scacciarlo, muovendo l’aria verso l’altro <ma va!> sono compagni. Non c’è bisogno <certo che lo avresti fatto, altrimenti avresti sentito il mio tallone di spettro su per il tuo culo per un bel po' di tempo> ghigna tirando un’occhiata complice in basso verso l’altro, con le iridi oceaniche. La successiva domanda gli ammorbidisce un po' il sorriso, che rimane vago <dopo che ci siamo separati sono entrato nel tempio. All’ingresso c’era la nipote del vecchio, sgozzata. Sono entrato a prendere la scatola ma quel cadavere in realtà era una copia del Dio, e la scatoletta era una cartabomba> serra la mascella <l’ho evitata, non senza danni> nulla di visibile, se non sulla schiena il tatuaggio graffiato e lavato via, ma lo rifarà <per fortuna sopporto molto bene il dolore> ammette <gli ho dato un destro dritto sul naso. È stato bellissimo sentirlo rompersi sotto le nocche> ghigna, sadico e divertito <lui non l’ha gradito, ha provato a spararmi una palla di fuoco addosso, ma l’ho evitata e gli ho spaccato il ginocchio con un calcio. È li che il bastardo è scappato ad unirsi con la copia con cui stavi avendo a che fare> si capisce in cosa è specializzato? < Mi piace fare a pugni Kats> come se non fosse chiaro <lascio i giochini mentali e gli attacchi a distanza a chi vuole usare i trucchetti per evitare di confrontarsi davvero con qualcuno> una provocazione? Forse, o forse sta semplicemente esponendo ciò in cui crede. Annuisce al dire di lui, si, è bello fare il culo a strisce a quei cosi. Alla domanda di lui distoglie lo sguardo <Non è stato un periodo facile Kats… in questo buco di merda ho perso più di quanto mi aspettassi e… mi sto concentrando sulle missioni per non pensarci, ma non è facile> eh no che non lo è. Scrolla le spallone, come se quel fardello desse fastidio <sono stato nell’avanguardia di Konoha in questo posto maledetto e…> è complicato. Ringhia contro se stesso per non trovare le parole giuste.

18:16 Katsu:
  [Accampamento Kusa] Entra nella tenda e fa spazio all’omone. Una tenda che ospita quattro persone, ma al momento è vuota. Ci sono solo loro, quattro brande, un tavolino che reca un vassoio con della frutta e qualche pezzo di formaggio. <Serviti pure> lo invita senza troppi complimenti, mentre lui, per tutta risposta, va a sedere sul letto. Scioglie il poratoggetti dal fianco e il portakunai dalla coscia e li appoggia sul proprio letto. E nel frattempo sente ciò che dice Yosai. Ed ancora una volta annuisce. <Io ero uno di quelli, Yosai> confessa senza troppi problemi, ricercandone lo sguardo col proprio. <… Ma si cambia. Facciamo esperienze, anche dolorose e no, non parlo del fisico, che ci formano, che ci fanno capire quanto sia serio avere quel coprifronte. E non è peccato, credi? Non è peccato maturare, non è peccato capire…> ci pone l’accento su quell’ultima parola, il kusano. <… Ma hai ragione. Mi sento d’accordo. Già moriranno persone veramente pronte a quello che le aspetta. Figuriamoci chi non lo è veramente..> e sì, ne parla così perché dopo tutte le botte prese in pochi giorni, lui si sente pronto, si sente consapevole. E’ un’atmosfera seria ben destinata a finire quando Yosai schiude quella risata fragorosa e contagiosa a cui si unisce brevemente anche lui, non potendone fare a meno. Ma non risponde al konohano, se non con un sorriso decisamente più gioviale, che tuttavia inasprisce i tratti del suo volto, facendolo risultare sinistro. Ma poi rimane stupito dal notare che la stessa foga assassina che ha avuto lui, ha investito anche Yosai. Lo ascolta con estrema attenzione e quindi è il suo turno di andare a parlare. <Io invece ho affrontato il clone che si trovava giù alla magione. Ed era abile con i Genjutsu. Prima che questo potesse farsi gioco di me, però, l’ho ferito ad una spalla. E poi mi sono dovuto ferire io per uscirne. Il resto, beh… lo sai> conclude, scrollando le spalle. Ma quando lui parla delle sue propensioni e di ciò che pensa, è il suo turno di sciogliersi in una risata sonora e più cristallina. <… Allora se uno non è alto due metri e pesa centoventi chili non può diventare un ninja?> domanda di rimando, sorridendo, quindi, restituendo al mittente quella provocazione. <… Passino i giochetti mentali, stanno sul cazzo pure a me…> e sì, ha subito solo genjutsu, praticamente, da quando ha studiato all’accademia, incluso al suo esame, insomma. Comprensibile che li odi. <… Ma da persona brava nel ninjutsu, ti dico che esistono tanti modi per confrontarsi apertamente con l’avversario. E non è detto che il modo in cui combatti tu sia meno valido del modo in cui combatto io…> gli scocca un’occhiata malandrina ed eloquente, sotto un ghignetto affilato che riesce perfettamente sul suo volto. <… Per questo dobbiamo combattere io e te, Yosai. Non voglio batterti, non è il mio obiettivo, non mi importa chi vincerà. Voglio solo dimostrarti la mia abilità, Yosai e che posso essere un degno avversario> sincero nel dire, ora, il ghignetto che sparisce dal volto a favore di un’espressione che torna seria nel sentire ciò che dice il gigante di Konoha. Lo lascia sfogare e lui ascolta, neutro. Solo dopo andrà a ribattere. <… Forse devi solo parlarne, Yos. Forse, qualsiasi cosa tu abbia perso, ci vuole del tempo e delle persone che ti ascoltino. E questo non fa di te un debole, perché sarai grande e grosso, ma non sei invincibile, nessuno di noi lo è> ribatte. Il tono è dritto, schietto e comprensivo, ma non vi è nessuna traccia di compassione. No. Non sarebbe da lui, insomma. <… Hai perso la terra sotto i piedi? Senti il bisogno di mettere ordine in quello che provi, ma ti sembra di annegare nel tentativo?> va a fare quelle domande che sono secche e taglienti, ma non mancano di quella certa empatia e comprensione.

18:43 Yosai:
  [Accampamento di Kusa] Scuote il capo <non parlo di te, tu hai dimostrato, potevi crepare come un qualsiasi pivello alle prime armi e invece sei stato tanto testardo da non arrenderti e da mostrare al nemico la tua rivincita> scuote il capo <anche se probabilmente l’idea di andartene da solo alla magione non è stata proprio un gran che> ci avrà riflettuto anche l’altro, sugli errori commessi. Per entrare nella tenda è costretto a piegare completamente il capo e una parte del busto e delle spalle, e una volta dentro si siede senza tanti complimenti nell’angolo più vicino all’ingresso, lasciandosi cadere con un tonfo sordo, braccia conserte <Chi uscirà vivo da questo buco di paese avrà dimostrato di essere pronto> è sempre alla fine che si giudica, mai all’inizio. Ascolta il dire dell’altro appoggiando gli avambracci spessi e definiti sulle ginocchia, lascia di nuovo schioccare la lingua sul palato <tsk> scuotendo il capo <che schifo i genjutsu> pessima cosa caderci dentro. Il dire di lui lo incuriosisce, e lampi di bramosia gli lampeggiano negli occhi sorride, un ghigno che gli snuda le zanne, di nuovo <non hai niente da dimostrare a me, Kats> scuote il capo <a me hai già dimostrato tanto> non distoglie lo sguardo da quello di lui <io mi scontrerò con te perché ti ritengo un valido avversario..> si passa la lingua sulle labbra, quasi assaporando il momento <e perché so che con te potrò capire quali sono i miei limiti> non ci sono altri motivi. Migliorarsi. Migliorarsi e basta. Non aspetta altro che servirsi, arraffando un grosso pezzo di caciotta e due pere. Addenta immediatamente il formaggio, lasciando il segno dei canini sporgenti. Mentre quei bagliori lentamente muoiono nei suoi occhi <è complicato, Kats> gonfia il torace, per poi esalare un lunghissimo sospiro dal naso, come un grosso toro <Devi sapere che io faccio parte della famiglia degli Akimichi…una delle più importanti famiglie di konoha> deve cominciare da lontano <e devi sapere anche che non sono stato propriamente il figlio modello… anzi> beh, così grosso e con quel temperamento, te lo immagini da adolescente? Forse meglio non farlo <i miei comportamenti ingestibili hanno costretto la mia famiglia ad una particolare forma di educazione… *Tsuiho” si chiama, l’esilio> non lo guarda, portando lo sguardo a quel pezzo di formaggio mozzicato <funziona che vieni lasciato nel bosco, con una persona incaricata di intervenire solo qualora riscontri forza di volontà, dedizione e cambiamento> il velo dei ricordi s’estende davanti ai suoi occhi, nel ricordare lAquila Nera degli Akimichi, il suo mentore < Potrei stare ore a raccontarti di quel periodo, ma non lo farò. Sono stato lontano da casa per otto anni, quando sono tornato ho cominciato e concluso il percorso all’accademia con l’idea di portare il coprifronte a mio padre e fargli capire che ero pronto per essere riammesso in famiglia>, parla senza prender fiato, e quando finisce sembra un po' più curvo sulla schiena <quando sono giunto a Kiri con l’avanguardia di konoha ho ricevuto una missiva di mio padre e…> deve farla breve. Non può tediarlo più di tanto. Ma come riassumere in due parole un dolore tanto grande. Senza rendersene conto strizza la pera che ha in mano fino a ridurla in poltiglia tra le dita. Bel modo di ricambiare la gentilezza <Mio padre è stato fatto fuori davanti ai miei occhi, Katsu. Non ho fatto in tempo ne a salvarlo ne a chiedergli scusa per pessimo figlio che sono stato tutta la vita> l’ultima frase la strizza tra i denti che rimangono serrati. Ringhiandola fuori piena di rabbia e di dolore. È per questo che era così poco chiacchierone durante la missione.

19:07 Katsu:
  [Accampamento Kusa] Sente il primo dire di Yosai e va a ridurre il tutto in una semplice parola:<Touchè> che snocciola con aria di ammissione, per quanto si vede che ancora gli bruci un po’. <Un errore che ieri non ho ripetuto. Ed infatti ho accecato quel bastardo e l’ho mandato all’inferno> c’è soddisfazione nel dire. Estrema soddisfazione. Annuisce, quindi, a più riprese quando lui parla dei Genjutsu. E quindi corrisponde a quella risata sbilenca con una delle sue quando questo lo elogia. <E’ bello sentire tanto rispetto. Ed è reciproco, fratello> magari non di sangue, no, ma il legame che si sta creando in pochissimo tempo tra loro travalica ogni tipo di amicizia, in altre parole, almeno per lui. <Mi raccomando non risparmiarti, perché io non lo farò> va a proferire, facendo ancora silenzio. Ci pensa un pochino, quindi, andando ad alzarsi ancora e a piantonarsi vicino a lui. <Siamo un’ottima squadra comunque> va a proferire, soddisfatto, tutto sommato. Ma poi tace e accoglie quegli orrori. Orrori che risvegliano quella sensazione di amaro sulla bocca, quella sensazione che ha provato anche lui come propria, sebbene non lo sia: quella di perdere i propri cari. Non ha reazioni. Di nessun tipo, ma il volto si spegne ed evidenzia ancor di più le occhiaie. Non risponde, lascia che il silenzio si impadronisca di quei momenti. Registra e catalizza, ora con estrema calma, tutto ciò che l’Akimichi gli dice. <… In realtà puoi, Yos> snocciola, dopo un lungo attimo di silenzio. Un sospiro. <… I defunti ci ascoltano, parlano, gridano vendetta. E fidati, io lo so più di chiunque altro. Fallo, perché lui sicuramente ti starà ascoltando. Ti starà guardando e magari troverà il modo di farti capire che è fiero di te. Chiedigli scusa, ma io penso che le azioni che hai compiuto parlino da sole. Non lo conosco, ma mettiamola così: se mio figlio mi costringesse ad una soluzione così drastica come tu hai costretto la tua famiglia e poi si comportasse come fai tu, io sarei fiero di lui. Sarei fiero due volte> è serio nel dire. Maledettamente serio. <… E no, non ti sto raccontando delle storielle di quelle per i ragazzini. I defunti ci possono parlare Ci possono ascoltare. Con me l’hanno fatto> serio, perentorio nel dire.

19:23 Yosai:
  [Accampamento di Kusa] Ascolta il dire dell’altro. Lasciando cadere il dire sul futuro combattimento che li aspetta. Qualcosa di più grande e oscuro aleggia su di loro. Ascolta le parole del compagno tornando ad alzare piano quelle iridi, diventate scure come l’oceano in tempesta. Osserva l’altro. Sembra più stanco, annuisce vagamente, come trasportato dai ricordi il dire dell’altro rievoca dolori che sono ancora troppo giovani per essere archiviati <e come faccio Kats? In che modo chi è morto riesce a starti vicino, mh?> c’è una vena di rabbia nella voce. Rabbia che risplende nelle iridi, ma non verso l’altro. Verso se stesso <perché io sento solo un cazzo di enorme vuoto> ringhia di nuovo l’ultima frase lo coglie alla sprovvista, piega di lato il capo, curioso, come un cane. <con te l’hanno fatto?> si rende conto solo in quel momento che effettivamente non conosce niente dell’altro <in che senso? Di che parli> è un argomento delicato, e per questo lo lascia ai suoi tempi, pur essendo stato irruento nella domanda. Torna infatti con lo sguardo su quel pezzo di cacio, ma prima di addentarlo si ficca in bocca i resti della povera pera stritolata. Formaggio e pere, un’accoppiata da masterchef. Solo dopo aver masticato e deglutito tornerebbe a guardarlo. Dovrebbe essere una delle poche volte in cui può guardarlo dal basso, essendo effettivamente seduto per terra. Non è una cosa usuale, ma resterebbe in attesa di risposta. <hai avuto perdite anche tu?> mormorerebbe poco dopo

19:38 Katsu:
  [Accampamento Kusa] Percepisce l’irruenza dell’altro. Percepisce la rabbia di ciò che l’altro dice, percepisce in maniera chiara il suo dolore. Forse perché l’ha già fatto, prigioniero in un corpo non suo. Ma la rabbia e il dolore di Yosai è come se fossero propri mentre racconta, in un moto d’empatia che ha strascichi abbastanza lontani. Sente quelle domande e da accovacciato che è, vicino a lui, va proprio a sedersi per terra, vicino al compagno e no, senza attendere un permesso o una conferma. Lo fa e basta. Ma non risponde alle prime domande. Non subito, almeno. Si prende tempo. <Non posso ridarti tuo padre. Nessuno può. Ma posso dirti con certezza più che assoluta che lui ti vede e ti sente. Magari tu potrai non sentirlo, vederlo come perduto per sempre. Potrà risponderti, potrà non farlo. Potrai persino pensare che io ti stia dicendo una marea di cazzate. Ma non è così. Lui potrebbe anche essere qui, forse proprio in questo momento ti sta sorridendo, pensa a questo> completa quel primo monologo. Accoglie la domanda del primo e come tutta risposta va ad intrecciare le mani a formare il sigillo della capra. Va quindi a figurarsi nella mente le due sfere, la fisica all’altezza del ventre e la spirituale all’altezza della fronte, al centro. Con un moto ferreo della volontà va a tentar di metterle in moto entrambe, comandando loro di virare sul proprio asse con velocità sempre crescente. Una volta che le due sfere girano a massima velocità focalizza la propria volontà perché queste muovano lungo due percorsi. Alla sfera fisica sarebbe comandato di muovere verso l’alto, attraverso il proprio ventre e lungo lo sterno, fino a riversarsi al centro del petto. Alla spirituale sarebbe comandato un moto discendente lungo gli occhi e lungo il naso e la bocca, fino a riversarsi nella gola e nello sterno, lungo il quale vorrebbe scendere per incontrare la controparte fisica. A questo punto va a comandare alle sfere di virar con più vigore, di mescolarsi e dar vita a quella forza a cui è abituato, al proprio chakra. Ma sente quelle domande, malgrado non risponda che alla fine, serio. <Voglio mostrarti una cosa. Fammi attivare il chakra> scandisce per tutta risposta. [Tentativo attivazione chakra]

19:53 Yosai:
  [Accampamento di Kusa] Rimane silente ad ascoltare ma senza volerlo, lentamente, un’espressione accigliata gli si dipinge sul volto. La questione si sta facendo confusa e lui è la persona più lontana possibile da cose spiritiche e altre cose simili. Probabilmente per timore, ma è assolutamente respingente rispetto all’idea di percepire il mondo dei morti collegato con quello dei vivi. Eppure il rimorso che prova verso quello che è successo col padre gli ferma le parole in gola, parole che avrebbero potuto risultare offensive nei confronti di una persona che tutto sommato sta solo cercando di dargli conforto <mh> mormora semplicemente, è palesemente scettico. E s’irrigidisce appena quando l’altro chiede di poter impastare il chakra. È un’amico, e solo per quello glie lo lascia fare senza impastare di rimando il suo. È vulnerabile senza la sua energia, soprattutto al cospetto di una persona che invece la possiede già circolante nel corpo. Ma ha imparato a fidarsi dell’albino e quindi, pur guardandolo di sottecchi, lo lascia fare. Non tocca le sue energie, che restano quiete e imperiose, dormienti, separate tra di loro. <che cosa vuoi mostrarmi?> chiederebbe tra il curioso e lo scettico, tra la volontà di uscire da quella tenda e quella di rimanere. Se uso padre può ascoltarlo perché non si è fatto vivo quando per giorni non ha mangiato e bevuto fino a lasciarsi svenire? O quando ha sfogato la sua rabbia contro gli alberi, sfondandosi ripetutamente le nocche delle mani? Perché ad aiutarlo sono venuti solo i vivi, se lui avrebbe potuto farlo? Deve reprimere un altro brivido di rabbia, chiedendosi quanto stretto sia il legame con il Seiun per concedergli una simile intimità senza prenderlo a botte.

20:15 Katsu:
  [Accampamento Kusa] Percepisce il dolore di Yosai che lo inonda a frotte. Ed a tratti è… quasi soffocante. Quella rabbia che si diapana dal corpo dell’Akimichi la sente, quasi come sua. Per questo ha bisogno di un attimo per staccarsi da tutte quelle sensazioni e renderle a colui che ne è effettivamente oggetto, ossia Yosai stesso. Un profondo sospiro accoglie quella forza che va a permeargli l’organismo. Il chakra. Lo sente, forte e rovente dentro di lui, a grandi quantità. Lo osserva, comunque Yosai e ne vede il sospetto, ma non se ne cura. Neanche in minima parte. Sente la sua domanda e per tutta risposta va a puntare i piedi, così da riversare la sua posizione in una maggiormente più confortevole. Va a sedere su entrambe le ginocchia, dando il fronte al fianco dell’Akimichi, così che possa vederlo con chiarezza. Non risponde subito, va va a richiamare quel chakra risvegliato dentro al suo petto e va a guidarlo attraverso lo sterno in un modo ascendente che vorrebbe portarlo alla gola e quindi alla bocca. Dovrebbe andar su ancora, attraverso il naso, fino alla base della fronte e riversarsi negli occhi. Le chiama le ombre, chiede il loro aiuto, il loro sollievo, le accoglie nei propri occhi. Yosai potrà notare come gli occhi di Katsu, normalmente azzurri come il cielo terso, vadano a tingersi interamente di nero. Dapprima la pupilla e via via anche l’iride e la sclera, fino a che le ombre invadano tutto quanto. <Questo si chiama Kayosei. Ed è l’innata del clan di mia madre, i Seiun. Mi permette di vedere nelle ombre, al buio. Non sapevo niente di loro. Niente di niente, ma quando sono partito per Kiri dall’Isola di Chumoku, ho capito perché mia madre ha taciuto tutto questo tempo> esordisce nei confronti del ragazzo seduto di fronte. E’ serio nel parlare, diretto, ma mai brusco o spigoloso. <… Mi trovavo sulla nave ed eravamo quasi arrivati al Porto di Kiri. D’improvviso una tempesta ci ha colti ed è diventato tutto oscuro. Qualcuno è venuto in mio soccorso. Qualcuno che mi ha trasportato ad Ame. Nel corpo di mia madre, Yuki. Nella notte in cui tutti i membri del clan Seiun sono stati sterminati dai ninja di Oto> elenca al compagno. Ma se nel dire di Yosai c’è rabbia, lui la tiene dentro, il tono rimane neutro. Autocontrollo? Sì, per ora. <… Ero nel corpo di mia madre, ho visto ciò che ha visto lei. Mio nonno, alcune delle mie zie… fatte a pezzi con in grembo i loro figli. Gente che cadeva. Mia zia, ancora bambina, sgozzata di netto davanti agli occhi miei e di mia madre. L’ho visto, sentivo tutto come se fosse mio, le sensazioni di mia madre erano come se fossero le mie. Io… ero lei, prigioniero del suo corpo.…> fa una pausa, quindi, boccheggia. Il tono che va a condirsi di un po’ d’amaro. <… Quando finalmente mia madre scappava verso la salvezza fu afferrata da qualcosa o qualcuno. Una delle mie zie la salvò, interponendosi. Era chiaro che sarebbe morta…> altra pausa, cassa toracica che si gonfia e si sgonfia in un sospiro pesante. <… Si è rivolta a me. Mia madre non sentiva quelle parole. A me. Mia zia è morta. Sai cosa mi ha detto? Mi ha chiesto vendetta. E mi ha spiegato come attivare la mia innata. Mi ha spiegato cosa potevo fare col Kayosei. E mi ha detto che mi sarebbe stato utile ed avrei capito quando> elenca ancora. Si divide il discorso, a più riprese e riprende fiato di tanto in tanto, preso, il tono che cerca di mantenersi neutro. Un sospiro, ancora uno. <Quando i defunti mi hanno lasciato andare, mi sono ritrovato in una nave che si sarebbe schiantata contro le isole circostanti il porto, se non avessi salvato tutti, attivando il Kayosei> termina quel racconto, chiudendo quindi gli occhi, che tuttavia permea ancora di quell’innata, irradiando chakra. <I defunti sono sempre con noi. Non fisicamente, ma ci osservano. Come ha detto Sami-Sama, non ci è dato sapere come essi facciano a mettesi in contatto con noi e perché lo fanno o non lo fanno, Yos. Ma ciò che ti dico è: lo stai rendendo fiero. E scusami se ci ritorno. Prendimi pure a pugni, se vuoi, ma voglio aiutarti. Perché sei mio amico> e dopo quella condivisione d’esperienze, sì, appare ancor più palese. [Chakra ON][Kayosei Lvl 1 – Attivazione]

20:41 Yosai:
  [Accampamento di Kusa] Rimane in attesa, anche quando la risposta non arriva rimane in attesa e poi, lentamente, sul viso gli si dipinge un’espressione stupita, le labbra si schiudono e restano tali, mentre osserva quell’occhio annerirsi. Sbatte un paio di volte le palpebre, incredulo. L’unica trasformazione simile di un occhio l’ha vista al suo esame genin, con il Byakugan di Kaori Hyuuga, ma non è una trasformazione così d’impatto quel racconto lo colpisce come una serie di colpi al corpo e al volto e lui, al contrario del Seiun, non è capace a mantenersi neutro. Si contraggono i muscoli come serpenti di carne, spingendo le vene contro la pelle, <… è terribile> mormora alla fine del racconto, guardandolo con uno sguardo tanto fiero da gonfiare l’ampio torace, come un gallo <sei la dimostrazione che ciò che non ci uccide ci rende più forte.> ammette annuendo in segno di rispetto verso l’altro <non lo so se mio padre mi osserva, ma dedicherò a lui il momento in cui staccherò la testa del suo assassino e la pianterò su una picca> commenta in un altro impeto d’ira. <ti ringrazio delle tue parole comunque. Sei un’amico> forse anche qualcosa di più considera una sorella l’unica persona che sa di queste cose. Senza preavviso fa forza sulle poderose leve inferiore, salendo in piedi. La testa tocca quasi sul tetto della tenda, ma non gli importa <tu non dovrai mai scusarti con me> gli impone. Afferrando il cacio e l’unica pera rimanente con la mancina per porgergli la destra, stretta in un grosso pugno diretto verso di lui, fermo a mezz’aria <tu hai il mio rispetto> ammette. E resta li fermo finchè l’altro non accetterà di colpire il suo pugno con il reciproco. Pugni che si toccano, il saluto dei guerrieri, di chi si rispetta <Yo, Kats, sta per cominciare il mio turno di guardia e io sono lontano dall’accampamento> direbbe solo dopo aver ricevuto il pugno del Seiun contro il suo <ci vediamo presto> saluterebbe voltando le spalle ma rimane un attimo li, per poi voltarsi <fammi un favore.> si infila la mano tra le pieghe della cintura, estraendo un foglietto di carta piegato molte volte e porgendolo all’altro <La persona a me più cara è in questo accampamento. Si chiama Yuukino, ho bisogno che ti accerti che stia bene, e che tu le dia questo biglietto>. Tiene il braccio con la mano che stringe il foglietto dritto verso l’altro, finchè il Seiun non prende il foglietto <Non aprirlo> un ordine nel tono, a cui affianca un <per favore> mormorato <e stai attento a come la guardi, o non combatterò per allenarmi quando ci vedremo> una minaccia? Beh il legame con Yuukino ha a che fare con l’inconscio, potrebbe uccidere anche solo al pensiero che qualcosa con lei non vada. Solo una volta ricevuta risposta affermativa piegherebbe capo busto e spalle per uscire dalla tenda. S’è fatta ora di andare [END]

21:50 Katsu:
  [Accampamento Kusa] Nota quella tensione e quello stupore, ma non se ne bea e di certo non li sfrutta. Semplicemente li accoglie e ne prende atto. Come accoglie le parole di Yosai, almeno le prime. Non disattiva la propria innata, almeno così, d’impatto perché si va a dedicare a quello che Yosai ha da dire, così da vedere se quel modo tutto suo di spronarlo almeno ha sortito qualche effetto. Sente anche la seconda frase. <Non dire a nessuno ciò che ti ho detto, per favore. E’.. una questione che vorrei tenere per me> va a spiegare, sciogliendosi nell’ennesimo sospiro pesante che va a far da sciogliemento di tensione. <Sono contento che tu abbia capito questo, Yos. E’ una cosa che ti porterà avanti. Che ci porterà avanti entrambi> e lui deve ancora prenderne consapevolezza fino in fondo, ma ancora non se ne rende conto, ma intanto fa la predica all’amico. Sorride, quindi, quando l’Akimichi gli rivolge le seguenti parole. <E tu lo sei per me> conferma ancora, senza particolari tipi di problema. Quando lui va ad alzarsi, dunque, il Seiun va a far la stessa cosa, esercitando una piccola pressione su piedi e ginocchia che lo portano in piedi. <Se vorrai dirmi chi è l’assassino di tuo padre, sarò ben lieto di aiutarti ad ucciderlo> elenca, quindi, manifestando ancora un sostegno all’amico che è ricercato e veramente sentito, vivo. Porge il pugno al compagno senza problemi, in un sorriso che schiude le labbra dell’albino. Un gesto da guerriero a guerriero, che manifesta una fratellanza sul campo e da ora anche fuori. E poi va a prendere il biglietto che Yosai gli porge. Lo tiene nella mancina, ma non lo apre. Sente le raccomandazioni e ridacchia, quindi. <Non lo aprirò eh… Yosai…> lo chiama per nome e lo guarda, adesso. <… La ragazza dell’amico ha i baffi, per quanto mi riguarda. La troverò e glielo darò, stai tranquillo> Conferma all’amico. E sì, è un saluto, virtualmente. Lo osserva andar via e prendere congedo. Lui andrà ad inserire il biglietto nel portaoggetti sul letto, pronto ad essere consegnato alla legittima destinataria. [Chakra 28/30][Kayosei Lvl 1 – On][End]

Yosai va a cercare Katsu per sincerarsi delle sue condizioni dopo la loro missioni. Il resto sono feels, feels e ancora feels.