Una cura per l'anima

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10:54 Yosai:
  [Ospedale da campo] Una delle strutture principali dell’accampamento dell’alleanza, oltre alle tende dei kage – centro nevralgico della burocrazia decisionale – e l’armeria, è l’ospedale da campo. È una grossa tensostruttura scura, immersa nella nebbia sembra quasi una magione, un castello. Al suo interno sono stati allestiti i vari reparti e il centro di smistamento all’interno. Certo, le stanze private hanno lasciato il posto a lunghi corridoi divisi tra loro da niente di più che un panneggio, ma non ci si lamenta mai, in questi casi. Il suo letto si trova in fondo ad una di queste corsie. Una sedia come guardaroba sul quale è appoggiata una borsa nera sul quale è stato ricamati il simbolo della sua famiglia, il clan Akimichi. eppure il suo letto è vuoto. Dove si trova? Lui diventa visibile avvicinandosi alla sua postazione. Si trova per terra, affianco al letto. Le leve inferiori sono coperte dall’ampio, nero pantalone d’un kimono, sporco e logorato in più punti, evidentemente lo stesso del giorno precedente. Le caviglie sono libere dalle rosse fasciature da combattimento che normalmente le avvolgono, i piedi sono nudi sul pavimento asettico della tenda. Il torso, spesso e grosso come quello di un albero, è completamente nudo, lasciando alla vista quel complicato assembramento di fasci muscolari che sporgono e spingono sotto la pelle tesa, come grossi serpenti di carne, creando sinuosi giochi di luce sulla pelle già disegnata per la totalità della schiena e delle braccia e il pettorale sinistro, da spessi tratti d’inchiostro nero-rossastri che vanno a dipingere un’aquila che si estende in volo sulla schiena, spalancando le ali sulle braccia e piegando il muso sul petto. Gran parte di tutto questo però è nascosto da un ampio bendaggio che copre praticamente tutta la schiena, le fasciature passano dai fianchi al petto creando una grossa X anche sul davanti, per rimanere ancorate nonostante i movimenti. Perché lui si muove. Steso li, dritto come un’asse, con i palmi e le punte dei piedi saldamente poggiate a terra, lui fa i piegamenti. Il collo taurino sostiene il volto che, insieme al petto, sfiora il suolo quando le leve superiori si piegano. Naso dritto, barbetta incolta dal giorno precedente, occhi del color dell’oceano ma morti. Ridotti a perle di vetro blu-grigiastre che fissano il suolo. Cicatrici che campeggiano ad incorniciarlo, una lungo l’occhio sinistro, l’altra sulla fronte. Folti capelli tra il nero e il rosso scuro lasciati sciolti, a coprire interamente il volto. La pelle è lucida di sudore, che sul viso forma, di tanto in tanto, qualche goccia che si raduna sulla punta del naso per cadere sul pavimento. I denti sono serrato dallo sforzo.

11:41 Azrael:
 gli Anbu sono fulcro. Principale di qwuesto spostamento a Kiri, sono a guardia dell'accampamento, al servizio dell'Hokage per ogni evenienza e al servizio di chi dovesse averne bisogno. A capo dello squadrone vi è il generale Yami, alter ego di Azrael. A lui è stato fatto rapporto riguardo una missione in particolare che ha visto Yosai come vittima di un attacco violento, attualmente si trova in un. Ospedale, per la precisione quello dell'accampamento proprio del Villaggio della nebbia. Non ci ha pensato due volte, ha lasciato ad un luogotenente il comando delle operazioni, si è allontanato per togliersi la maschera ed ha composto il sigillo della scimmia per avviare il processo di dislocazione. Ha comandato il proprio chakra affinché si spingesse verso tutti gli tsubo, aperti per lasciarlo uscire e ricoprirsi interamente. Successivamente immagina il luogo in cui dislocarsi,il tendone nero, edificato dall'aiuto sia di anbu stessi che di vari operai tra senjuu e allievi volenterosi.ne immagina il pavimento asettico, i lettini bianchi e le pareti candide ed illuminate alla meglio. Con la destinazione bene in mente rilascia la tecnica per ritrovarsi all'interno della struttura. Si ritrova dinanzi ad un signore in là con l'ertà che par quasi avere un coccolone nel momento in cui lo vede comparire lì all'improvviso. Qualche istante passato a tranquillizzare l'uomo e poi il Nara è libero di circolare nella struttura improvvisata. Indosso porta una camicia nera, un paio di pantaloni del medesimo colore ed un lungo mantello scuro, col cappuccio non indossato che pende fra le scapole. Il capo ruota intorno, fino ad incrociare la titanica figura del genin, verso cui si dirige a ampie falcate. Rapidamente ed ignorando qualunque altra figura ivi presente, si posiziona di fronte a lui, il volto particolarmente preoccupato, apprensivo, ma non per questo scomposto. Schiude le labbra, cercando di valutare silente i danni presi dal giovane, ricordando solo dopo che non è lui il medico della casa. < Yosai... > Dice, semplicemente, senza aggiungere altre parole o domande, con l'unico intento di saggiare come l'altro sta, senza agitarlo o affaticarlo in alcun modo. [ C on Dislocazione ]

12:01 Yosai:
  [Ospedale da campo] Continua a martellare i muscoli già in fiamme, piegando le braccia con gesti solidi e veloci. Non percepisce il dolore dei muscoli ustionati e della pelle carbonizzata sotto la fasciatura che coinvolge tutta l’ampia schiena? Oh si che lo percepisce. Semplicemente lo ignora. Il dolore ormai è suo compagno di viaggio da anni. Ha imparato a sopportarlo, a conviverci e soprattutto a fare in modo che questo non limiti la sua capacità d’azione. Potrà notarlo il Tessai, che si muove con estrema naturalezza. Sono le scarpe di ottima fattura a tradire il Nara, oltre ovviamente a quel richiamo che lo porta a fermare il movimento, inquadrando le calzature del Dio vivente. Solleva il capo, poggiando poi le ginocchia in terra ed issandosi, in ginocchio davanti all’altro. Pianta dunque in terra il piede mancino e su questo fa forza per issarsi del tutto in tutta la sua stazza. La pelle lucida dona strani giochi di luce ai muscoli che guizzano, mentre si volta per infilare la mano nel borsone marchiato con il logo del suo clan e ne estrae un asciugamano con il quale deterge il volto <Azrael-sama> mormora abbassando il panno per cercare con lo sguardo le iridi cerulee dell’altro. Fastidiose ciocche umide gli limitano la vista. E così ci infila dentro le dita della mancina, togliendole da davanti. Il pensiero corre immediatamente all’ultima volta che l’ha visto. A quella chiacchierata tanto sincera e spontanea da essere rimasta unica nel suo genere. Ma soprattutto pensa a quante cose siano successe da allora. Pensa al viaggio a Kiri, concordato col Tessai come un ottimo modo per mettersi alla prova come combattente, a quanto avrebbe voluto averlo vicino, nel momento della disperazione, quando l’inferno si è aperto sotto di lui per inghiottirlo. Pensa alla missione finita con lui ferito e il suo compagno quasi ammazzato. Potrà notarlo il Nara, lo sguardo oceanico che cercava costantemente il suo sguardo è morto. Tinto di grigio e privo di sfumature, di vita. Profondi segni neri incorniciano le iridi, segno del poco sonno accumulato. Eppure non si lamenta. È in un contesto pubblico e il Nara l’ultima volta è stato chiaro. Niente etichetta ne rispettosi appellativi quando si possono evitare. Eppure prova un profondo piacere nel vederlo li. Tremendamente rassicurante vederlo apparire. Vorrebbe essere di nuovo da solo con lui. Non è passata una settimana dal suo arrivo eppure sembra una vita fa l’ultima conversazione con lui. <è vero, dunque, venirvi a cercare è inutile> mormora piegando leggermente le labbra in un sorriso accennato. Un gesto quasi stanco, ma almeno ci prova a fare dell’umorismo. Tentativo che muore poco dopo <immagino abbiate sentito della missione…> è l’unica deduzione che può fare. Non immagina i profondi legami con il mondo sotterraneo degli Anbu che probabilmente l’hanno portato a conoscenza di molto del passato e del presente dell’Akimichi. Ma lo sguardo s’abbassa comunque, distoltosi da quello del Nara. Una torsione delle spalle e guadagnerebbe il letto alle sue spalle, per poi appoggiarcisi coi glutei. Frustrato, stringe le mani ampie e dure in pugni tanto forte da far scricchiolare la pelle. È una brandina piccola la sua. Sporge di tutti i piedi e le caviglie quando ci si stende. Ma non si lamenta <mi dispiace> mormora, irato con se stesso, come sempre.

12:05 Tenshi:
 Si trova all'ospedale da campo. Quella notte, ha dormito praticamente pochissimo, a causa dei molti feriti da curare. Il dio era comparso più volte, seminando, ancora, terrore. Aveva appena finito di curare un altro ninja, quando aveva saputo dell'arrivo di Yosai. Il cuore aveva perso un battito nell'apprendere quella notizia. L'avevano rassicurata, dicendole che le sue ferite non erano gravi, ma aveva comunque bisogno di cure. La notte prima aveva dovuto assistere Norita. Adesso Yosai. E' complicato essere un medico quando i pazienti sono i tuoi amici. La genin ha il cuore in gola, mentre si precipita verso il fondo della corsia, dove dovrebbe trovarsi l'Akimichi. Indossa un camice bianco e la mano destra regge una cartellina blu con i dati dei pazienti. Vedere quel nome e quel cognome stampati lì, la fa stare male. La fa sentire tesa. Le fa capire che quella è una guerra. E nessuno può evitarla. Possono solo combattere e cercare di andare avanti, come meglio possono. I lunghi capelli rosa, raccolti in una coda di cavallo alta con il bracciale rosso che Onosuke le ha regalato, si muovono da un lato all'altro, mentre i passi si dirigono verso la postazione del ragazzo. Sul capo tiene legato il proprio coprifronte nero, a mo' di fascia, sul quale vi è la placca metallica che riporta il simbolo di Konoha. Il camice bianco, aperto, copre parzialmente un top nero, corto, a maniche lunghe e dei jeans scuri a vita alta. Ai piedi porta delle scarpe di tela nere. Si ferma un attimo, prima di arrivare alla fine della corsia. Mette la cartellina sotto il proprio braccio, sorreggendola, per poi portare le mani al petto. Un medico non è tale senza chakra attivo. Le mani verrebbero congiunte, a formare il sigillo della Capra. Ovviamente, per svolgere il suo lavoro, ha bisogno del Chakra. A questo punto, immaginerebbe due sfere: una rossa, l'altra blu. La prima, quella rossa, in corrispondenza della fronte, rappresenterebbe la forza spirituale. La seconda, quella blu, nei pressi del ventre, simboleggerebbe la forza fisica. Comincerebbe a far ruotare le due sfere, dapprima sul loro stesso asse, per poi spingerle, l'una verso l'altra, nel petto. Qui proverebbe ad unire le due sfere, formandone una sola: quella del Chakra. Se il richiamo fosse andato a buon fine, sentirebbe una grande forza invadere ogni singola cellula del proprio corpo. Scioglierebbe, così, il sigillo, prendendo nuovamente, con la mano sinistra, la cartellina. Gli ultimi passi, per ritrovarsi nel luogo in cui sarebbe dovuto essere Yosai. Guardando il letto, si accorge che è vuoto. Il cuore perde di nuovo un battito. Dov'è? Si avvicina alla postazione e gli occhi veloci si spostano da un lato all'altro. Ed eccolo lì, ad allenarsi, come se nulla fosse, con la pelle ricoperta da ustioni. Poi il suo sguardo ceruleo si sposta su un'altra figura accanto a lui. Azrael-sensei?! < Y-yosai dovresti cercare di rilassarti in questo momento > balbetterebbe, anche se sa che lui non ascolterà quelle parole. < A-azrael-sensei, buongiorno > balbetterebbe ancora una volta, spostando lo sguardo sul Nara, per poi abbassare il capo. [Tentativo richiamo del chakra][Chakra 30/30]

12:35 Azrael:
 Le iridi d'onice scorrono sul corpo martoriato di Yosai, continua ad allenarsi, anche quando ferito, la scintilla di grinta che gli anima le iridi oceaniche è spenta. Sa che è successoqualcosa,manon ha voluto sapere tutto nel dettaglio,attendeva di poter parlare col ragazzo quando egli fosse stato pronto, ma non ha potuto non precipitarsi dalui quando ha saputo delle ferite. Aveva bisogno di vederlo vivo, ancorain salute, seppur ammaccato. < Fa parte del mio mestiere sapere le cose, ragazzone. Soprattutto se le cose riguardano te. > Gli dice, aprendo un sorriso mesto, nel tentativo di rassicurarlo. Lo segue con gli occhi quando egli si sistema su una brandida decisaqmente non. Abbastanza grande per lui. < Ti farò portare un altro letino, non pui essere steso solo per metà. > Non si azzarda ancora a far domande specifiche, ma il genin fa immediatamente riferimento alla missione appena passata, la motivazione per cui si ritrova così cnciato. < Ho sentito diverse cose, ma preferisco che sia tu a raccontarmi tutto per bene. > Non fa riferimento soltanto alla missione in sé, ma sottilmente intende anche l'interesse verso questioni più profonde, che l'altro certamente potrà intuire e di cui potrà parlargli, se nutre sufficiente fiducia in lui. Si avvicina al lettino, standogli al fianco e poggiandogli una mano sulla spalla, evitando accuratamente le porzioni di pelle offese dalle scottature. < Mi rendi fiero, sappilo. > Il tono di voce è basso, roco, ma estremamente sincero. Seppur ferito non sembra aver perso la voglia di combattere ed allenarsi, seppur turbato, non si sta lasciando scivolare nel baratro. Non può che essere felice di averlo scelto come allievo. E, parlando di allievi, ecco che fa il suo ingresso in scena Tenshi, l'altro lato del triangolo. Il Nara s volta, inclinando il capo leggermente come fa quando è interessato o curioso, vederla in uniforme da medico lo rende stranamente felice, come se stesse vedendo la sua piccola Shiori in quella veste. Per quanto non lo ammetterà mai, quei due ragazzi sono un po' come figli suoi. < Buongiorno dottoressa. Mi hanno rotto l'allievo. > La sua consueta ironia, ancora più evidente in situazioni di disagio, non manca mai. Si defila verso la parete della stanza, senza mai allontanarsi troppo da Yosai, ma lasciando spazio alla Senjuu in modo che poswsa liberamente operare. < Se posso dare una mano alle cure dimmelo. > Proferisce, in direzione della giovane, che resta ad osservare con il trasporto di un insegante fiero di vedere i suoi due allievi aiutarsi a vicenda. [ C on ]

12:54 Yosai:
  [Ospedale da campo] Osserva il Sadico muoversi, lo ascolta parlare. Inspiegabilmente, nonostante abbia avuto modo di vederlo in carne e ossa più volte, ha ancora la sensazione di avere davanti una presenza molto più imponente di lui. Di sentirsi piccolo. <lo immagino> risponde al suo primo dire <e vi ringrazio per avermi raggiunto> ammette, sincero. Per poi spostare lo sguardo sul suo letto <oh non vi preoccupate, la branda va benissimo. Sono stato in situazioni peggiori> ammette. Sta fin troppo comodo. Sono i medici a infastidirlo. <Ci sono tante cose che dovrei raccontarvi> ammette piano, con un’ombra sul volto. Probabilmente è meglio partire dalla missione. Si prende sorpreso quella pacca sulla spalla solida, anche se mai quanto la pelle del Nara, sorpreso. Torna a guardarlo. Gonfia istintivamente il petto che tira sulle fasciature quando il suo sensei si definisce fiero < Mi fa piacere sentirvelo dire, anche se penso non sia mai abbastanza, Azrael-sama> è estremamente esigente con se stesso, ma sta imparando a volersi bene. Uno dei primi insegnamenti del Sadico. È la in quel momento che la rosata fa il suo ingresso in quella stanza. Arriva da dietro, al punto da preoccuparsi per l’assenza sul suo letto, prima di intercettare il gigante sfregiato. Sgrana lo sguardo blu-grigiastro dalla sorpresa, leggermente, quel tanto che basta per conferire espressività al viso dai lineamenti affilati e definiti. Li conosce, quegli occhi spenti la Senjuu, li ha visti bene. <Tenshi-chan> piega le labbra in un sorriso. Gli viene meno faticoso sorridere e lo fa più spesso. È meno apatico. Si sta ricostruendo dall’interno, il gigante spezzato e probabilmente il processo di risalita dal baratro è cominciato proprio grazie alla Senjuu. Mantiene lo sguardo su di lei, controlla che stia bene, se ne rasserena <è un piacere sapere che sarai tu il mio medico e non uno degli idioti pieni di barba che hanno cercato di impedirmi gli esercizi mattutini> non si saltano gli esercizi mattutini. Mai. Se venisse meno anche la routine alla quale con tutta la forza s’aggrappa probabilmente finirebbe carcerato in un batter di ciglia. E non è il caso adesso che il Sadico ha posato lo sguardo su di lui. Per questo ha mandato a quel paese quei fastidiosi parrucconi che hanno promesso lamentele al primario dell’ospedale, che però non ha ancora fatto capolino. <dai un’occhiata> mormora afferrando il nodo di garza che gli è stato fatto sul petto a culmine dell’imbracatura che dovrebbe tener su la bendatura lenitiva sulla schiena. Tirerebbe fino a strappare la garza, incapace di districare i nodi in altra maniera. Lascerebbe quindi i due lembi lasciando cadere tutta l’imbracatura, come la placca d’una corazza una volta sciolti i lacci che la tengono su. Viene snudato completamente il torso, dalla classica forma a V data dalla vita più contenuta rispetto alle grosse spalle stondate. Sulla schiena, i tratti d’inchiostro del tatuaggio si perdono, gli ampi muscoli dorsali, il trapezio e i lombari, sono un massacro di pelle annerita, carne viva, escoriazioni e arrossamenti, <che ne pensi?> chiederebbe alla rosata, per poi rivolgersi al maestro <non credo sia molto estetico> ammette premendo le labbra una contro l’altra in un gesto di disapprovazione <era una missione di ricognizione> inizia a fare il suo rapporto <eravamo io e Katsu Seiun, Genin di Kusa, siamo stati spediti a raccogliere informazioni in un’area attaccata da qualcosa o qualcuno> questo era. Raccogliere informazioni. Comincia il racconto.

13:11 Tenshi:
 Cosa ci fa lì, all'ospedale Azrael-sensei? E perché conosce Yosai? Sembra parlargli normalmente, come se si conoscessero già da un po'. Il visino della genin si inclina verso sinistra, ascoltando i discorsi dei due. Allievo? Yosai è un allievo del Nara e lei non ne sapeva nulla? < C-credo di essermi persa qualcosa di importante >. Il capo ancora inclinato mentre lo sguardo ceruleo si sposta continuamente da Azrael all'Akimichi. Lo sguardo del tessai sembra fiero, mentre guarda i suoi due allievi. Come se quell'incontro lo avesse rallegrato. Poi la sua attenzione viene attirata dalla voce di Yosai e, voltandosi verso di lui, incrocia quegli occhi. Quegli che ormai conosce. Quegli occhi spenti, simili all'oceano in tempesta. L'espressione di lei si addolcisce, cercando di fargli capire che, anche oggi, lei è lì. Anche oggi è pronta a curare le sue ferite. Un sorriso tenue si distende sul volto di lei, mentre anche lui cerca di sorridere. Il Nara lascerebbe spazio alla rosata, che adesso si avvicina verso il genin. Egli inizia a strapparsi le fasciature, come se le ferite sotto di esse non gli facessero neanche male. E la genin si fermerebbe a qualche centimetro da lui, poggiando la cartellina sul lettino. Osserverebbe le ustioni del suo corpo: si tratta di ustioni di secondo grado che coprono gran parte della schiena del ragazzo. Cosa aveva fatto stavolta quell'essere? Perché deve sempre ridurre gli amici della Senjuu in quel modo? Il labbro inferiore verrebbe morso dagli incisivi superiori, in un'espressione tesa. Entrambe le mani verrebbero strette in due pugni. Chi la conosce, sa bene che tutti quei movimenti, tutti quei particolari, vengono fuori quando lei è arrabbiata. Ma, stavolta, non può lasciarsi sopraffare dall'ira. Non può lasciarsi sopraffare dalle emozioni. Perché ha un lavoro da svolgere e portare a termine. < Non è molto grave > direbbe mentre lo sguardo scivolerebbe lungo la schiena del ragazzo < ma hai comunque bisogno di cure. Ti farò ritornare come nuovo, promesso >. Un altro sorriso colorerebbe il volto della rosata, che adesso si prepara ad attivare il proprio chakra medico, mentre il discorso tra Yosai ed Azrael continua. La prima cosa da fare è cercare le due energie che compongono il Chakra ed estrapolare solamente l'energia fisica. Si concentrerebbe sulle proprie cellule, immaginandole come una connessione infinita di parti. In ognuna di esse scorrerebbe un grande flusso chiaro, il Chakra. Esso scorrerebbe velocemente, senza fermarsi mai, in ogni cellula, in ogni connessione, da ogni parte. La parte difficile viene adesso: deve cercare di distinguere le due forze precedentemente unite. Cercherebbe di delineare più chiaramente quel flusso chiaro. All'interno di esso, nonostante il chiarore emanato, noterebbe due colori, lievi: uno rosso, l'altro blu. Immaginerebbe di scavare più a fondo, di essere un tutt'uno con quel grande fiume: ecco che qui distinguerebbe chiaramente i due colori, più vividi adesso. Cercherebbe di tirare fuori parte del filamento di colore blu, ovvero quello che simboleggia la forza fisica. Rinvierebbe la parte della forza fisica prelevata verso i palmi delle proprie mani e, a questo punto, la spingerebbe oltre gli tsubo dei palmi. Se tutto ciò fosse andato a buon fine, vedrebbe le proprie mani avvolte da un alone verde e tiepido. Così, le avvicinerebbe verso la schiena di lui, a circa dieci centimetri di distanza. E comincerebbe a far fluire il proprio chakra medico dalle proprie mani verso la pelle dell'Akimichi. [Tentativo mani terapeutiche D (consumo 5+1)][Ps ristabiliti: punteggio d'attacco sul nin/3 -> 31/3 = 10 ps ristabiliti | ps Yosai 72 -> 82][Chakra 25/30]

15:08 Azrael:
 Con tutta quella storia del Dio, di Kiri, di Yosai che sceglie di imitare un bel taglio di carne alla brace, non è riuscito ad avvisare Tenshi delle ultime notizie. Prima ancora di qualunque altra cosa sente di dover rimediare a quell’errore, continua a stare accanto all’omaccione, ma la sua attenzione per un momento è totalmete rivolta alla Senjuu. < Colpa mia, non ho avuto l’occasione di avvisarti. Il genin troppo cresciuto qui presente ha commesso l’incauto gesto di chiedermi di fargli da maestro. È successo un giorno prima che venissimo tutti spostati su Kiri, mi spiace non averti raggiunta prima. > China il capo in un breve inchino, in cenno di scuse. Per quanto sia assolutamente evidente la disparità in gradi, sa di potersi concedere questi brevi gesti confidenziali con loro. Non si tratta semplicemente di suoi sottoposti, li considera molto più importanti. Proprio per questo motivo si volta praticamente di scatto nei riguardi di Yosai, un placido sorriso dipinto sulle labbra sottili. < Niente onorifici e dammi del tu o quelle ustioni saranno l’unica cosa che resterà di te in questa stanza d’ospedale. > La frase è, naturalmente, carica di ironia, sta scherzand nei toni, ma è estremamente serio nella richiesta. Esauriti i convenevoli, passa alle cose importanti, sebbene prima ascolti le parole non proprio gentilissime del genin nei riguardi dei medici. < Il primario di Konoha non è uno scorbutico omone barbuto, è mia moglie. > Lo rimbecca affettuosamente, lo sguardo sempre gentile, il volto rilassato e la postura profondamente disinvolta. È a suo agio, si vede, ma la stessa cosa non può essere detta per gli altri due. Yosai appare spento, mentre Tenshi si mostra capace di contenere la propria rabbia, ma non certo di annullarla del tutto. Il dettaglio di quel labbro catturato dai denti superiori non sfugge allo sguardo attento del Tessai, che non è di certo a digiuno di conoscenza nei riguardi della Senjuu. Con un solo passo si scosta per un istante dal paziente per dirigersi verso il medico, le lascia porre le proprie mani rivestite di chakra medico sulla schiena offesa dell’altro, ma le proprie mani vengono poggiate sulle spalle della rosata. Si ferma in piedi verso di lei, superandola in altezza in maniera tale da poter tenere sott’occhio entrambi, ma potendo mantenere un contatto fisico con la Senjuu. < Sono qui. Per entrambi. So perfettamente che non solo soltanto i feriti ad aver bisogno di attenzioni, ma anche chi non ha alcun taglio o ustione visibile. Ce la faremo ad abbattere questo nemico. È ancora in giro soltanto perché è in grado di scomparire ed apparire senza controllo. > La voce ferma e seria cercherebbe di trasmettere ad entrambi tutta la sicurezza di cui è capace, di cui è fin troppo pieno. Una volta detto ciò, resterebbe per qualche breve istante in silenzio, valutando le parole di Yosai. Sarebbe un insulto alla sua intelligenza non arrivare a capire cosa è successo o chi è la causa di quelle ferite, ma la meccanica gli è del tutto ignota, per questo gli occorre che l’altrok esponga quanti più dettagli possibili. < Poi cos’è successo? Chi ti ha ridotto così? > Domanda, pensieroso ed assorto nel cercare di trarre quanto più possibile anche dalle sventure. Prima che l’altro possa rigettarsi nel racconto, si lascia scappare un breve risolino a mezza bocca. < No, in effetti non è per nulla estetico, a dirla tutta fa davvero schifo. Per questo sia io che Tenshi siamo qui, lei sistemerà la tua pelle, io penserò all’inchiostro. Quando ti sarai ripreso provvederò personalmente a ricalcare i tatuaggi. > Una breve pausa, il capo si inclina nuovamente verso la spalla sinistra. < Mi correggo, non ti ricalcherò nulla, tatuerò qualcosa di nuovo e migliore. > [ C on ]

15:34 Yosai:
  [Ospedale da campo] Effettivamente neanche lui ha avuto modo di parlare con Tenshi del suo rapporto con il Sadico, si sono concentrati su altro. È il Nara a fare il resoconto e nel sentirlo, inarca il sopracciglio destro. Ricordava una proposta ricevuta, in realtà, ma non gli crea problemi. Quella disattenzione. Probabilmente glie lo avrebbe chiesto davvero se quella proposta non fosse arrivata, quindi si limita a piegare le labbra in un ghigno <è stato lui a prendermi a botte durante la prova di combattimento in accademia. Li ho capito che per quanto mi riguarda non c’è persona più valida, per gli insegnamenti su queste cose> aggiunge, rivolto alla rosata. <nemmeno io sapevo che anche tu fossi finita nella rete del sadico> pesciolina. Volta il capo fino a toccare la spalla con il mento, per poter gettare almeno un’occhiata con la coda dell’occhio alla rosata e sorriderle. Per poi prendersi quella ramanzina sulla formalità, che abbandona all’istante <non mi meraviglia però, ti sei scelto una Genin formidabile come allieva. Siamo già state in missione insieme due volte, sai?> certo che lo sa <e ce la caviamo piuttosto bene con le strategie> d’altronde una ninjutser che colpisce dalla distanza e.. Yosai… è difficile ideare una strategia capace di metterli in difficoltà. Il sorriso si sposta su azrael, nel sentire quel dire sui tatuaggi <mi farebbe piacere. Mi ha dato… *molto fastidio*> calca le due parole con il tono della voce <perdere quel tatuaggio e il simbolo della mia famiglia sul mio kimono> ammette <sarebbe significativo per me se ci pensassi tu. Ma voglio che sulla mia schiena ci sia la mia aquila> è troppo importante per modificarne il disegno <del resto avremo modo di parlare, non c’è stata solo la missione in questa mia permanenza qui> inizia ad avere il sospetto che il Tessai sappia già tutto. Avranno tempo di parlarne in ogni caso. Ora effettivamente deve continuare il discorso. <siamo stati fermati da quello che inizialmente ci è sembrato un vecchio sopravvissuto alla catastrofe, sembrava volerci dare una mano ma quando ho visto che si rifiutava di rispondere alle mie domande e di seguire i miei ordini io…> gonfia il petto nudo <l’ho accoppato…> il tono ha una vena di colpevolezza. Si è lasciato prendere la mano probabilmente <non li voglio i pesi morti in missione e se non l’avessi fatto avrei dovuto preoccuparmi anche della sua incolumità oltre che della mia e del mio compagno> ammette. Abbiamo deciso di continuare da solo, e Katsu ha deciso di separarci da me. Ci siamo trovato così separati e in un’imboscata. Il vecchio e un altro cadavere del posto si sono in realtà rivelate due copie di quel bastardo pallido che sbuca dal cielo. Questo lavoretto lo devo ad una carta bomba alla quale sono scampato.> ringhia <ho notato che rispetto a quando quel bastardo ha attaccato Tenshi-chan era molto più lento. Sono riuscito a colpirlo e a spaccargli un ginocchio. Quando si è reso conto che non c’era storia si è riunito con la copia che evidentemente stava combattendo contro Katsu> prosegue il racconto, sospirando. A questo punto è intervenuta una spadaccina dai capelli rossi. Una dei sette della Nebbia. Maneggiava la Shibuki. Il bastardo, una volta ricongiuntosi nelle due copie, ha mostrato di essere pieno di carte bomba, e molto più veloce. ha attaccato a grande velocità Katsu facendosi esplodere> è un monologo, si, ma ha bisogno fino in fondo di raccontare la storia per sapere che ne pensano i due. <ci sono stati dei dettagli che mi hanno incuriosito…> si umetta le labbra < dopo essersi ricongiunto, mi ha guardato e mi ha detto “aveva ragione sul tuo conto”… e poi mi ha stupito la facilità con cui si è fatto saltare in aria, mi dà l’idea che quelle rappresentazioni fisiche non significhino poi tanto per chiunque le muova… e infine è interessante notare come, se si dividono, la loro pericolosità diminuisca drasticamente> a loro l’ardua sentenza, uno sguardo interrogativo verso il Sadico, e un’occhiata con la coda dell’occhio alla rosata <tu che ne pensi? Avrai sicuramente sentito storie simili> chiede. Per poi socchiudere lo sguardo <mmmh> un mugugno di piacere nel sentire il fastidio della ferita alleviersi, e quel calore sulla pelle è piacevole.

15:46 Tenshi:
 Il Chakra medico scorre lento e caldo dalle proprie mani verso la pelle sfregiata del ragazzo. Non può sopportare di vedere i propri amici ridotti in quel modo. Quella notte era rimasta sveglia per curare le ferite di Norita. E adesso, solo dopo qualche ora, è lì per curare quelle di Yosai. E su quell'isola c'è arrivata solo pochi giorni fa. Chissà cosa dovranno vedere ancora quegli occhi cerulei. Quello è solo l'inizio. < Oh > esclamerebbe, semplicemente nell'apprendere quella notizia. E' sorprendete come i due si ritrovino sempre insieme. < Anche io ho fatto la prova di combattimento con lui, sai? > direbbe, ricambiando il sorriso del genin. Sorprendente come entrambi prendano scelte simili. Così opposti, ma così uguali. La fune che li tiene legati diventa ogni giorno più spessa. < Sono felice >. Lo è davvero, mentre per qualche secondo sembrerebbe dimenticarsi di ciò che li ha portati lì, in quell'ospedale. Di quelle ustioni. Di quell'essere. Difatti, la felicità dura solo qualche secondo, mentre lo sguardo si perde nel nulla. Quel dio ha seminato troppe vittime. Troppi feriti. Non può permettersi di perdere le persone che ama. Non in quel periodo particolare della sua vita, dove tutto sembra buio e solo gli altri riescono a riportarla a galla. Perché lei cerca sempre di sorridere, di apparire forte. Ma, in fondo, trema di paura, come una foglia. Ed il Nara questo lo intuisce. Intuisce come entrambi i suoi allievi nascondano qualcosa che li turba profondamente. Da parte dell'Akimichi, vi è la perdita di qualcuno. Da parte della Senjuu, vi è la paura per il futuro. Un futuro che ai suoi occhi appare grigio. Offuscato. Azrael ha ormai imparato a conoscerla. Per questo, si avvicina a lei e le poggia sulla spalle le mani. Un contatto confortevole. Un contatto che porta i muscoli della genin a rilassarsi. Un contatto che le fa capire che loro non sono mai stati soli. Nessuno lo è. < Mmm! > mormorerebbe, annuendo con il capo, mentre gli occhi si riempiono di lacrime. E le trattiene, quelle lacrime. Perché non ha tempo per lasciarsi andare in quel modo. Perché deve restare concentrata. Deve restare focalizzata sul proprio lavoro, altrimenti che ne sarebbe stato dei propri pazienti? Che ne sarebbe stato di tutte le persone che hanno bisogno del suo aiuto? Si concentrerebbe su quel flusso verde e tenue, rimandando indietro quelle lacrime che minacciavano di rigarle il volto. E, nel frattempo, ascolta il discorso dell'Akimichi. E' tornato. Sapeva che era stato lui a causargli quelle ferite. Ne era certa. Di nuovo, si morde le labbra. Non può sopportare che quell'essere si comporti in quel modo. Qualcuno deve fermarlo. E che farebbe lei se gli si parasse di nuovo davanti? Come reagirebbe? Avrebbe ancora quel coraggio di combattere, come quella volta al parco con Yosai? O sarebbe talmente spaventata da non muovere nemmeno un dito? < Una... spadaccina? > chiederebbe, con tono interrogativo, inclinando di nuovo il capo verso sinistra. Non sentiva parlare da un po' dei sette spadaccini della nebbia. O, forse, era stata lei a non sapere nulla. In ogni caso, è come ha detto Norita. Quel dio manda delle copie a combattere ed esse sono molto più deboli dell'originale. Queste informazioni sono molto preziose. Intanto, le ustioni continuerebbero a rimarginarsi e a ridursi ed il dolore sarebbe molto più lieve. [Tentativo mani terapeutiche][Ps Yosai 82 -> 92][Chakra 24/30]

16:25 Azrael:
 In effetti non aveva fatto caso alle somiglianze tra le storie che entrambi li lega al Nara. Non pensava di averli picchiati entrambi o almeno non lo ricordava. Un sorriso gli accarezza nuovamente le labbra. Yosai ha ragione, Tenshi è una genin molto interessante, addirittura formidabile, ma mai si perderebbe in elogi in questo momento e i due potrebbero intuirlo conoscendolo. < Non per nulla l’ho scelta. Non è lei ad essere formidabile, è il mio occhio e la mia lungimiranza. > Inutile dire che non è altro che un modo per sdrammatizzare. La situazione è molto tesa, non tanto da parte dell’Akimichi, ma da parte della Senjuu. La sente rilassarsi sotto le proprie mani, ma questo rilassamento indica un forte carico di tensione su quelle stesse spalle su cui poggia le mani. La volontà di rassicurarla è forte, preponderante quasi, ancor più che qualsiasi altra cosa. < Ehi, concentrati solo per un altro po’, poi prenditi una pausa. Hai bisogno di riposare. > Non sembra una vera e propria richiesta, più che altro è un comando portato con una certa gentilezza. Resa in religioso silenzio ad ascoltare il rapporto fatto da Yosai riguardo la missione. Non viene minimamente toccato dalla violenza perpetrata su quel povero vecchietto, apparentemente innocente. Se Azrael non avesse avuto la possibilità di dislocarlo il più lontano possibile da lì avrebbe fatto la stessa cosa, se non addirittura peggio. Non lo avrebbe naturalmente ucciso, ma non sarebbe stato particolarmente gentile. Il racconto porta con sé svariati dettagli su cui ragionare. Più di uno di quegli elementi, più deboli dell’originale, che sono poi capaci di riunirsi e di sviluppare una maggiore potenza. L’arma utilizzata non è un dettaglio ininfluente, inoltre. Le carte bomba sono oggetti fisici, che non possono essere parte di una proiezione o di una moltiplicazione usuale. Sembrerebbero dunque copie senzienti, che si armano da loro e che non hanno le medesime capacità dell’originale. Inoltre viene nominata una spadaccina, la detentrice della Shibuki, una delle sette spade leggendarie. < Lei ha detto qualcosa? Gli avversari si sono comportati con lei in una qualche maniera particolare? > Domanda, improvvisamente serio, lasciando che le mani scivolino giù dalle spalle della giovane. Assorto si accovaccia a terra con le punte dei piedi a far forza per sorreggere l’intero peso del corpo ed i talloni sollevati quasi a contatto con i glutei, la schiena leggermente ricurva in avanti e le mani giunte in quello che potrebbe sembrare un sigillo non ancora scoperto, ma che per chi conosce i Nara potrà riconoscere come la famosa posizione che Shikamaru adottava quando era intento a pensare o ad elaborare una strategia. Sembra una posizione scomodissima, sospeso così, senza essere realmente seduto, con le mani giunte soltanto tramite i polpastrelli, ma lui la trova estremamente funzionale, gli favorisce la concentrazione. < Credo siano veri e propri frammenti dell’originale. Non frutto di jutsu, credo sia una sua peculiarità. Potremmo indagare su questo, abbiamo diverse caratteristiche uniche su cui fare ricerche. > Non sa se altre persone ci hanno pensato, ma la somiglianza con la dea coniglio, questa nuova e scoperta capacità di dividersi in più porioni di sé tutte semi indipendenti, la capacità di modellare lo spazio tempo per spostarsi così rapidamente. < Non è da esludere che ogni copia distrutta e che non può assorbire indebolisca il corpo centrale, anche se potrei sbagliarmi, data la facilità con cui si fanno esplodere. > Termina la sua breve elucubrazione, alzando soltanto in quel momento il capo verso il lettino di Yosai < Come sta? > Domanda al ninja medico, per tenersi aggiornato sulle condizioni del suo allievo. [ C on ]

16:45 Yosai:
  [Ospedale da campo] Inarca un sopracciglio al dire della rosata voltandosi verso di lei e girando stavolta anche parte della schiena. Non dovrebbe, ma sembra dare più importanza al dialogo coi due rispetto alla propria stessa salute <è per questo che mi hai battuto in quel combattimento di allenamento in spieggia?> chiederebbe alla genin. Ricorda ancora bene quel combattimento, quella perdita d’equilibrio fatale, il colpo alla caviglia e la rabbia provata per non aver avuto successo, era allievo all’epoca ed è stata proprio la rosata a fargli capire l’importanza del legame con gli altri. Infila gli angoli delle labbra negli zigomi in un sorriso. È sul serio contento che ci sia lei, ed è alla rosata che rivolge quell’espressione, per poi tornare a voltarsi e concentrarsi sulle parole del Tessai, più serio, concentrato sulle supposizioni. Si vede che stà usando il pretesto di quel dio per cacciare dalla testa pensieri più oscuri, la rosata potrà immaginarlo <No, non ha detto niente di speciale, ma è stata lei a salvare la vita a Katsu, il mio compagno. Sarebbe morto se lei non fosse intervenuta colpendo il dio poco prima che raggiungesse il Genin di Kusa per spedirlo lontano quanto basta da non ammazzarlo> ha aiutato l’alleanza. Non è un dettaglio effettivamente. <Lei mi ha detto “non ci sono sopravvissuti qui, ma è pieno di quei cosi” rivolgendosi a qualsiasi cosa siano quegli esseri bianchi> solo questo ricorda. Ascolta poi le parole del Tessai. <non lo so, se io mi indebolissi perdendo dei pezzi di me starei molto più attento a come usarli, non li userei per farli saltare in aria insieme a genin e contadini qualunque, ma è indubbio che siano esseri senzianti. Molto probabilmente sono in grado anche di utilizzare dei genjutsu> ricorda Katsu impossibilitato a sentirlo e poi di nuovo presente al nemico. Lascia passare qualche istante di silenzio, sembra pensoso. Si dedica evidentemente con tutto se stesso a quei pensieri, sforzandosi di ignorarne altri. Sperando che il tempo sia in grado di sistemare le cose. Magari smetterà di far così male <continuano a rimbalzarmi in testa le parole che mi ha rivolto “aveva ragione sul tuo conto…” non saprei a cosa ricollegarle> scuote il capo, lasciando schioccare la lingua sul palato <tsk> prima di spingere fuori il ragionamento <ho incontrato quell’essere due volte, una con Tenshi e per poco non la facevo ammazzare, e una con Mekura-sama dove sono stato praticamente inutile> a cos’altro ricollegare quelle parole? <non mi sono successe altre cose apparte…> è un attimo. il pensiero di quanto successo al padre gli sfiora il cervello e un’ago di ghiaccio gli si conficca alla base del collo, un brivido scuote l’ampia schiena vanificando l’effetto benefico e curativo del tocco della Genin. È impossibile che quei due avvenimenti siano collegati. In che modo? No. Non può essere.

16:58 Tenshi:
 Il flusso di chakra è continuo, caldo e quasi confortante. Ormai manca poco alla completa guarigione di quelle ustioni. < Mmm, potrebbe essere... ma chissà stavolta chi vincerebbe >. Adesso sono entrambi genin. Adesso hanno entrambi lo stesso maestro. Un mezzo sorriso le dipingerebbe il volto, mentre Azrael elogia la sua stessa lungimiranza. Lui è così, non è il tipo di persona che si complimenta con gli altri. E' egocentrico e spesso menefreghista, ma vuole bene ai suoi allievi. E sa bene che farebbe di tutto per proteggerli. Perché, in fondo, ne ha le capacità. Per questo può sentirsi così sicuro di sé stesso. Al contrario della rosata, che invece è ancora una semplice genin con un futuro sconosciuto davanti a sé. E lei ci prova a migliorarsi, ci prova sempre. Ma è grazie all'aiuto del Nara che la Senjuu è diventata quel che è oggi. E' grazie al suo aiuto che adesso combatte, fino a stremarsi. Se non avesse avuto accanto delle persone così speciali come Azrael, Onosuke e Norita, probabilmente non avrebbe mai avuto il coraggio di spostarsi lì a Kiri. < Hai ragione, sensei >. E' stanca. Sia fisicamente che emotivamente. Quei pochi giorni trascorsi a Kiri erano stati pesanti. Il primo giorno aveva trovato Yosai immobile, tra la nebbia. Il secondo giorno si era ritrovata a dover curare Norita, con delle gravi contusioni, di notte. E adesso si trova di nuovo tra le corsie dell'ospedale a cercare di guarire le ferite di Yosai. Mentre là fuori si combatte una guerra, i medici la combattono da dentro un ospedale. E non è facile sopportare quella situazione. Non è facile guardare la gente soffrire. Ciò che la fa andare avanti sono i sorrisi. I sorrisi ed i ringraziamenti di chi ha ricevuto le sue cure. I volti felici di chi adesso sta meglio grazie a lei. Perché, in fondo, è sempre stato quello il suo obiettivo: aiutare gli altri, a tutti i costi. Quello è il suo posto nel mondo. Se potesse tornare indietro nel tempo, sceglierebbe, ancora una volta, di intraprendere quella strada, senza nessun rimpianto. Intanto, il discorso sulla missione svolta il giorno prima continua. Come se Yosai volesse evitarne uno più importante e che gli divora lo stomaco. La rosata sa bene che, forse, sta parlando della missione proprio per non parlare di ciò che gli è capitato qualche giorno prima. Ma lascia cadere questi pensieri, ascoltando le sue parole. Quindi, la spadaccina ha difeso i due genin. Sarà davvero dalla parte dell'Alleanza? Lei non sa quasi nulla sugli spadaccini, a dire il vero. Le supposizioni fatte dal Nara sembrerebbero interessanti. Se quell'essere, dividendo il proprio potere, venisse indebolito, di certo non sprecherebbe il proprio potere in quel modo. < Forse ha una così vasta quantità di chakra che gli permette di sprecarne qualche misera goccia... >. Sono i suoi pensieri quelli, ma non si rende conto che, effettivamente, li pronuncia ad alta voce. Non sa se sia una cosa stupida da pensare. D'altronde, una delle poche emozioni che padroneggia la sua mente è proprio la paura. < Le ferite sono quasi del tutto rimarginate adesso > risponderebbe ad Azrael con aria soddisfatta del proprio lavoro. Infatti, le ustioni sono quasi completamente scomparse dalla schiena del ragazzo. Schiena che, in quel momento, viene attraversata da un brivido. E lo sente lei. Può chiaramente capire cosa stia pensando l'Akimichi. [Tentativo mani terapeutiche][Ps Yosai 92 -> 100][Chakra 23/30]

17:29 Azrael:
 Le cnsiderazioni fatte da entrambi i suoi allievi sulla missione gli interessano molto pù del loro scontro. Non per incuria nei loro confronti, ma perché non ha intenzione di parteggiare per nessuno dei due. Sarà pronto, qualora ve ne fosse bisogno, a dare pochi e mirati consigli ad entrambi, a stringere la mano del vincitore e a consolare lo sconfitto, poi tornerebbe a farli allenare nuovamente. Il suo obiettivo, adesso, è capirci qualcosa riguardo la missione ed il pericolo di quello che Yosai ha oramai appellato in tutti i modi possibili e nessuno di questi è particolarmente ripetibile. < Ammesso che il ragionamento sia corretto, sacrificherebbe piccole parti del suo potere per indebolire piccole parti del nostro. I genin come voi non sarano di certo le punte di diamante, ma ne sono certamente le molecole di carbonio che lo compongono. Senza di voi, noi non possiamo combattere. > Spiega brevemente, in risposta ai dubbi sull’utilità di quello spreco di energie da parte del nemico. Si solleva, ora, dalla sua posizione rannicchiata, per tornare in piedi e nuovamente di fianco a quel lettino che reca il corpo del paziente. < Fino ad ora sono solo congetture. Dovreste fare qualche ricerca o informarvi meglio in giro, se nella storia ci sono stati altri individui del genere vuol dire che la soluzione a tutto questo è chiusa in qualche libro di storia. > Termina, restando apparentemente impassibile e silente a quel riferimento da parte di Yosai a quel suo avvenimento personale. E Tenshi lo sa. Eccome se lo sa. La ragazza è rimasta in silenzio, glissando sui fin troppo evidenti riferimenti dell’altro e la Senjuu non è assolutamente stupida o incapace di cogliere questo tipo di segnali, se lo sta facendo è perché è cosciente di cosa sta accadendo. Il Tessai si ritrova a scuotere debolmente il capo, alzando successivamente gli occhi al soffitto del tendone, lasciado andare un leggero sbuffo di esasperazione. Non è pronto ad affrontare questo discorso, tanto quanto non lo è Yosai. Ancora una volta non ne conosce i dettagli, ma sa per sommi capi cosa è successo. Un criminale già noto agli Anbu ha colpito di nuovo, non avrebbe potuto ignorare la cosa neanche se avesse voluto. Il fatto che questo avvenimento fosse collegato in maniera così stretta al genin lo ha particolarmente preoccupato, ma non è nel suo stile forzare gli altri a parlare di ciò che non vogliono, anzi. Quando gli è stata riservata una tale sconveniente premura, ricorda, si è arrabbiato molto e non vuole scatenare la medesima reazione nell’altro. Non può, però, far finta di non sentire e non vedere per altro tempo, perché non riguarda più il solo Akimichi, ma la minaccia che tutti assieme stanno cercando di combattere. < Avanti, voi due sapete qualcosa che io non so. Yosai… vedo che stai combattendo anche in questo momento, ma abbiamo già parlato di quanto non serva a nulla fuggire. Parlami, sono qui per te. > [ C on ]

17:53 Yosai:
  [Ospedale da campo] Annuisce al dire della rosata <Grazie Tenshi-chan, mi stai consentendo di andarmene prima del previsto. Non sopporto l’inattività alla quale sono costretto> inevitabile essere inattivi in un ospedale… ma lui sembra rifuggire quest’idea come la peste e la genin lo sta aiutando, c’è una vena di dolcezza nel tono della voce, che per quanto profonda possa essere, ne risulta addolcita. Non può guardarla, avendo le ferite sulla schiena, ma ci tiene a far trasparire quella gratitudine. Senza di lei e degli altri medici questa sarebbe una guerra persa in partenza. Storce il naso al dire del sensei, che arriva come un forte maleodore al suo cervello, ricerche? E che è un grosso topo di biblioteca? Non ne sarebbe capace <probabilmente si> si sforza di dar ragione al sensei, che infondo ne ha da vendere <magari la soluzione uscirà fuori… prima o poi> svicola. È ovvio che preferisca essere colui che, in prima linea, darà il massimo affinchè la strategia da altri ideata sia il più efficace possibile. Questo significa quando la sua bussola valoriale coincide con quella di un villaggio intero, di un’alleanza intera. Significa che lui si limiterebbe volentieri a fare la ruota di un ingranaggio, lasciando ad altri più capaci ciò che a lui non viene bene, per dare il meglio di se dove eccelle. <in ogni caso spero di poterlo rivedere> ammette, e un bagliore di pura forza di volontà incrina quel vetro blu grigiastro delle iridi, lasciando intendere che sotto un’antica, indomabile forza ruggisce ancora. Coglie immediatamente il silenzio di Tenshi come coglie ancor peggio le parole del sensei. Ma d’altronde ha sbagliato lui, si è esposto, non avrebbe dovuto. Espira tutto il fiato che ha in corpo, ingobbendosi un tantino sotto il peso d’un fardello tirato fuori con tanta irruenza dal Nara. Doveva aspettarselo, in fondo ha imparato a conoscerlo. <Azrael, la missione di ieri non è stata l’unico evento che mi è capitato a Kiri…> comincia piano, il tono è greve, e la pausa rappresenta un’incertezza che si spinge a superare <Appena arrivato mi è stata recapitata una missiva da parte di mio padre, c’era il simbolo degli Akimichi sopra e mio padre stava chiedendo un’incontro> espira piano, il volume della voce s’è ridotto a un sussurro e quando sente schegge di quei ricordi conficcarsi di nuovo negli occhi rabbrividisce. È probabilmente la presenza della rosata, alla quale rivolge una fugace occhiata d’aiuto, a rassicurarlo. Lei sa, non tutto, ma con lei ha condiviso tanto <Era l’occasione che aspettavo per mostrare a mio padre il coprifronte che mi sono guadagnato, testimonianza del fatto che non sono il dodicenne che ha cacciato di casa otto anni fa, che potevo essere riammesso nel Clan> Ne ha parlato col Tessai, della barbarie che ha subito, un’altra delle cose che li hanno legati. Era l’occasione per chiudere una frattura apertasi otto anni prima <e invece è andato tutto storto> serra i denti e ringhia, invece di parlare, mentre istintivamente le mani ampie e solide come palanche si chiudono in pugni. Si, sta combattendo, e probabilmente, come da lui preannunciato, dovrà combattere tutta la vita. Di nuovo, con lo sguardo cerca la rosata. Un contatto veloce.

18:05 Tenshi:
 Le ustioni, a quel punto, dovrebbero essere guarite del tutto ed il dolore scomparso. < Non ringraziarmi. Ho svolto solo il mio dovere >. Il tono di voce dolce di lui, la porta a distendere ancora una volta il sorriso, in quella giornata grigia. Sulla pelle della schiena nuda di Yosai, non rimane nulla, tranne quel tatuaggio sfregiato, che Azrael, da tatuatore, ha promesso di sistemare. E farebbe un respiro di sollievo, adesso, la genin. Il suo lavoro per oggi è finito e può concedersi qualche momento di calma. Così, allontanerebbe le proprie mani dalla schiena del ragazzo e cercherebbe di ritirare il proprio Chakra medico. Spingerebbe verso l'interno quell'alone verde che poco prima circondava le proprie mani. Andrebbe a ricongiungere la forza fisica che era stata espulsa, quel filamento blu, alla forza spirituale. Se ci fosse riuscita, il chakra medico scomparirebbe dalle sue mani. < Ecco fatto. Come stai adesso? > chiederebbe al ragazzo, mentre fa qualche passo all'indietro. Il discorso di Azrael, poi, richiama l'attenzione della rosata. Quelle sono le stesse parole che Onosuke le ha detto la sera prima della partenza per Kiri. A cosa servono i genin? A cosa servono dei ninja così deboli? Erano queste le domande che lei aveva rivolto al genin degli insetti. E lui glielo aveva spiegato con una metafora: i ninja costituiscono le fondamenta di un palazzo. Se anche uno di loro, se anche il più debole, venisse meno, il palazzo cadrebbe. Tutti, in quella guerra, sono indispensabili. I genin non possono fare nulla senza i ninja più potenti. Ma, allo stesso modo, i jonin, dainin e quant'altro, non potrebbero fare nulla senza di loro. E' un tenersi legati. E' un guardarsi le spalle a vicenda. E' uno stare uniti. Nessuno può permettersi di morire. E questo, probabilmente, quell'essere lo sa bene. Sta cercando di fare fuori le fasce più deboli, per il momento, così da indebolire i piani più alti di quel palazzo. Così da farlo crollare in poco tempo. Adesso, più che mai, il mondo ninja deve unirsi. I paesi devono tendersi le mani e stringerle con forza. Solo restando uniti, quella guerra, così terrificante per la rosata, potrà essere combattuta. Potrà essere vinta. < Magari una biblioteca potrebbe fare al caso nostro... >. Ancora una volta, pensa ad alta voce, con un tono basso, ma che comunque gli altri due possono sentire. Poi, qualche secondo di silenzio. E' difficile che ad Azrael sfugga qualche particolare e quella ne è la dimostrazione. Il silenzio di lei e la vaghezza di lui sono state colte dal loro sensei. E lei si limita a restare in silenzio, mentre un brivido le risale lungo la schiena, ripensando alle condizioni in cui aveva trovato l'Akimichi qualche giorno prima. E' lui il protagonista di quella storia, lei non ha il diritto di parlarne. Con la destrorsa riprenderebbe la propria cartellina blu che poco prima era stata poggiata sul letto, per poi focalizzare la propria attenzione su Yosai. Sicuramente, non sarà semplice raccontare di quell'accaduto. Perciò lei decide di non andare via e di restare ancora qualche minuto con loro. Non vuole che il ragazzo crolli di nuovo. Lei è lì per sostenerlo. E quando lui cerca lo sguardo di lei, la genin le rivolge un sorriso, come per dire 'Sono qui'. Il suo racconto continua, mentre, nuovamente, i suoi occhi color oceano cercano quelli cerulei della ragazza. Lei farebbe qualche passo verso di lui e, semplicemente, poggerebbe la propria mancina sulla spalla di lui, stringendola. [Chakra 23/30]

18:50 Azrael:
 Alla fine ha dovuto chiederglielo, non ha potuto in alcun modo fare altrimenti. Non tanto perché l’atro ha a che fare con un criminale conclamato, non vuole mancargli di rispetto dicendogli che non può imbarcarsi in questa cosa, tutto quello che può fare è guardarlo dall’alto, tentare di proteggerlo dalla distanza, anche senza che lui se ne accorga. Resta silente, in attesa della fine del racconto, volendo mostrare la giusta considerazione di quanto l’altro stia raccontando. Resta in piedi ad osservare l’altro, non gli fa mai mancare il proprio contatto visivo, ancor prima di quello fisico. Non sa esattamente cosa dire, è evidente che sta applicando violenza verso Yosai e sta provando a trattarlo nella maniera migliore possibile. Come dovrebbe fare? Fermarlo? Lasciarlo parlare senza intervenire? Dare le proprie considerazioni? Alla fine la risposta sembra unica e giusta. Aggira il letto a passo lento, mettendosi di fronte a Tenshi e troneggiando sulla figura dell’Akimichi, per quanto possibile data la sua enorme mole. Lo sguardo vaga dall’uno all’altra e non pare affatto quello di un Tessai, non pare affatto quello di un maestro, pare semplicemente quello di un uomo. Affranto per le perdite, distrutto per le morti, triste per i suoi amici, ancor prima che allievi. < Io non so bene cosa dire. > Ammette quella sua debolezza, chinando il capo come per chiedere scusa ai due. Una lunga pausa prima di riprendere a parlare, con la voce solida e decisa, ma estremamente bassa, quasi un sussurro. < Yosai, io ho bisogno che tu riponga piena fiducia in me. > Un discorso che gli sembra di aver già fatto anche a Tenshi e in cui lei potrà certamente rivedersi. < Ma non sta a me decidere il momento in cui lo farai. Dopo il nostro ultimo incontro e la nostra promessa, voglio che tu sappia che io ti sosterrò e ti proteggerò fino a che avrò vita, i miei insegnamenti e i miei metodi non ti andranno sempre bene, ma sappi che mai mi muoverò per il tuo male. E proprio per questo ora ti dico che posso far finta che tu non mi abbia mai detto queste ultime parole e non ne parleremo più, oppure puoi continuare a parlarmene e avrai tutto il mio sostegno. Scegli tu. > E’ il Nara ad essere uno strumento nelle mani di Yosai, specialmente in questo momento, non il contrario. Anche il Tessai, adesso, gli poggia una mano sulla spalla, permanendo in silenzio e col capo chino su di lui. Vorrebbe con tutto se stesso aiutarlo, ma al contempo il ragazzo deve assolutamente imparare quando è il momento di chiedere aiuto, mettendo da parte il dolore e l’orgoglio. [ C on ]

19:16 Yosai:
  [Ospedale da campo] Rimane seduto sul letto, mente Tenshi finisce il suo lavoro. L tentativo di non farsi ringraziare risulta non pervenuto alle sue orecchie. Si sente debitore, e questo non sta alla genin impedirlo, purtroppo. Appena sente la voce di lei e quel calore svenire istintivamente inarca la schiena, per poi avvicinare le scapole e strizzarle facendo guizzare i muscoli della schiena che si muovono come un’ammasso di serpi sotto la pelle <molto meglio, grazie Tenshi-chan> mormora, ma è l’ombra del Sadico a farsi largo davanti a lui, che è ancora seduto sul letto, lasciando agio al Nara di far valere non solo la sua statura come ninja, ma anche quella fisica, sull’altro. Lo lascia parlare e quelle parole penetrano come un balsamo nelle fibre della sua anima, a scioglierlo. Esiste esempio migliore di famiglia di quel quadretto che si è andato designando? Non lo trova. In questo momento non potrebbe sentirsi più al sicuro e protetto di così. Sono le parole del Tessai a sbloccarlo, ad infrangere quelle iridi grigio bluastro, facendo riemergere bagliori di un’oceano seppellito nel dolore. <Non devi dire niente> gli risponde <Hai la mia fiducia più completa. Non è questo a frenarmi> ammette per poi scuotere il capo <non c’è niente di cui far finta, Azrael. Sono diventato ninja anche con l’idea di porre rimedio agli sbagli fatti in passato e fuggire dal passato non è mai una buona idea> ne hanno parlato. L’ha capito. Gonfia il torace, gravi sono le successive parole, ma deve farlo, lo deve al suo sensei e a quella donna che considera una sorella che percepisce alle sue spalle. <Quando mi sono incontrato con mio padre lui, dopo avermi attaccato invano con l’idea di costringermi a restituirgli il coprifronte per rispedirmi nell’oblio dal quale sono riemerso, mi ha rivelato che in realtà…> è probabile che certi dettagli della storia siano rimasti celati anche a Tenshi, ma questa volta non si trattiene quando sente gli occhi gonfiarsi e la vista appannarsi <sono stato adottato> mormora. <mi ha rivelato che in realtà sono figlio di… un Mukenin cacciato da konoha e dalla corporazione delle quattro stelle…e…> non è un’informazione banale. I combattenti delle quattro stelle sono rinomati per la loro violenza. Essere cacciati da quel covo di matti non è cosa da poco. Ma non è per questi che si ferma. È perché la voce si incrina.. Si schiarisce la gola, e continua <è apparso subito dopo, Azrael. Era qui, a Kiri.> fisicamente impossibilitato a sostenere lo sguardo dell’altro lo abbassa sulle mani, strette in pugno, lasciando che due gocce calde scivolino via dagli occhi sulla pelle del viso e poi su quei pugni chiusi <si è presentato, ha massacrato quello che credevo fosse mio padre davanti ai miei occhi, e ha promesso lo stesso trattamento per mia madre.> scosso da un fremito, si costringe ad andare avanti nel ricordo <mi ha impedito di confidare a mio padre che non l’ho mai odiato, Azrael… era alto quasi mezzo metro più di me e non riuscivo a vederlo quando si muoveva, padroneggiava le porte come se niente fosse e…> no, non scenderà nei dettagli, non rivelerà la facilità con la quale ha squarciato il corpo del padre <Il Demone Rosso di Konoha…> ringhia in preda a un’impeto di rabbia, e con quell’impeto torna a guardare di scatto verso il Tessai <dimmi che questo nome ti dice qualcosa… Azrael> una rabbiosa supplica <dimmi che mi aiuterai a trovarlo e mi preparerai ad affrontarlo, perché io non ho intenzione di rimanere a guardare> quello è il modo migliore che conosce per chiedere aiuto, in realtà. Profondi respiri gli alzano e abbassano il torace potente, si calma, lentamente. <è stata Tenshi ad impedire che mi spezzassi quando ero sull’orlo del baratro> mormora spostando di nuovo lo sguardo verso di lei. <e sono sicuro che mi concederà tutti gli allenamenti che mi servono per migliorare… ma non so da dove partire per trovarlo…> ecco il racconto di quella che è stata la prima vittima di Konoha. Un membro del Clan Akimichi. Un padre inarrivabile, ucciso da un altro padre, mostruoso.

19:30 Tenshi:
 Sorride ancora ai ringraziamenti di Yosai. Poi la mancina fa pressione sulla spalla di lui, dandogli tutto il conforto possibile in quel momento. Il Nara ascolta con attenzione il discorso e, lentamente, si avvicina ai due. Il suo sguardo è diverso dal solito. Lo conosce lei quello sguardo. Perché è lo stesso sguardo che aveva rivolto alla rosata, quando lei gli aveva rivelato parte della propria storia. Non è lo sguardo violento è fulminante. Piuttosto, è caldo e rassicurante. Poi le parole che vengono rivolte all'Akimichi, le riportano alla mente vecchi ricordi. Ricordi che risalgono a quasi quattro anni fa ormai. Quel discorso lo ricorda bene. Erano seduti su quella panchina e lei era tesa per qualcosa. E le vennero rivolte quelle stesse parole. Quelle parole che adesso, a distanza di anni, sono come una conferma. La conferma di un patto silenzioso sigillato su quella panchina, tra allieva e maestro. La conferma del fatto che lei può ancora fidarsi ciecamente di Azrael. E, adesso, anche Yosai può fidarsi di lui. Perché loro costituiscono i tre lati dello stesso triangolo. Ed è a questo punto che il racconto di Yosai si fa più sentito. Sputa fuori tutto, persino piccoli dettagli che la genin non sapeva. E' incredibile come sia riuscito a sciogliersi. Quando lo ha incontrato sulla spiaggia non riusciva nemmeno a mostrare i propri sentimenti. Era come se fosse un involucro vuoto, in mezzo alla nebbia. Si stava lasciando morire, lì, di fronte al mare. Ed era arrivata lei, quasi per caso. Come se il destino le avesse suggerito che in quel momento sarebbe dovuta andare in spiaggia. Perché loro sono legati, sin dal momento in cui si sono conosciuti. Il rapporto che intercorre tra i due è qualcosa di inspiegabile. Qualcosa di forte, che non si può spezzare. E' come se fossero fratelli e si conoscessero da sempre. Come se si capissero e si leggessero nell'anima. Ed il racconto continua, carico di rabbia. Quella rabbia che finalmente l'Akimichi riesce a mostrare. Quella rabbia che era stata, per qualche giorno, velata dalla nebbia e dal rumore delle onde. Ma che adesso viene fuori, con prepotenza. E mostra anche tristezza. Tristezza di non essere stato abbastanza. Di non aver fatto abbastanza. Di non aver detto abbastanza. E le lacrime gli rigano il viso. La mancina della rosata scivolerebbe lentamente lungo il braccio di lui, stringendo, alla fine, il suo pugno. E lei non aggiungerebbe nulla a quel discorso. Starebbe solo ad ascoltare e a sostenerlo come meglio può in quel momento difficile della sua vita. Non lascerà che si spezzi di nuovo davanti ai propri occhi. [Chakra 23/30]

19:59 Azrael:
 La fiducia è un qualcosa che, anni prima, si era ripromesso di non riporre più in nessuno. Odiava dover essere ricettacolo delle speranze altrui ed odiava riporle in altri, che fin troppe volte lo avevano illuso. Genin di apparente buon cuore che si rivelavano essere mukenin, genitori che amava e che gli hanno dato soltanto dolore, sofferenza e solitudine, amori tramutati in tradimento nel tempo di un battito di ciglia. A guadarsi adesso quasi non si riconosce, quasi a supplicare affinché i suoi allievi ripongano in lui fiducia, ad affidar loro confidenze che non avrebbe mai esposto a nessuno, a casa la donna dei suoi sogni e della sua vita che lo attende, assieme ai figli, che ama più di quanto abbia mai pensato di amare se stesso e di odiare gli altri. Non si smette mai di crescere e di imparare, quanto è vero. I pochi momenti in cui può mostrarsi fragie li coglie con estrema riconoscenza verso il destino crudele, sempre memore del fatto che tornerà ben presto ad essere il Tessai che tutti ammirano ed in cui tutti credono, che non può mostrarsi debole, perché tutto il resto crollerebbe. Lo ascolta, condividendo con la Senjuu il silenzio, il timore reverenziale che quelle parole incutono. Yosai sembra una montagna, ma non lo è. È un essere umano, un ragazzo spezzato, colpito e maltrattato, che non ha mai avuto qualcuno pronto a guarirlo come Tenshi ha potuto fare adesso con quelle ustioni. Gli racconta dei suoi padri, del Demone Rosso, di come quel padre da cui era andato speranzoso di dimostrare quanto vale sia stato brutalmente ucciso. E dovrebbe rifletterci, il Nara, dovrebbe trarre delle conclusioni, magari lasciarsi in qualche osservazione filosofica, ma non riesce. Non sente neanche che sia particolarmente necessario. L’Akimichi gli domanda se ne sa qualcosa e il cuore gli si strugge nel non potergli dire quanto ne sa, nel non poterlo portare nel Quartier Generale degli Anbu per far leggere coi suoi stessi occhi le informazioni che potrebbero essere ivi celate, tuttavia è soltanto per la forma della risposta che deve trattenersi, non per il suo contenuto. Non può aiutarlo Azrael Nara, ma certamente Yai potrà farlo. < Non ne ho esperienza diretta, non mi occupo dei singoli criminali di solito e credo che sia diventato mukenin quando ero troppo giovane per ricordarlo, ma so a chi rivolgermi. Servirà pur a qualcosa essere allievo di un Tessai, no? > Cerca di tirarlo su con quella battuta, oltre che dargli speranza. Non gli ci vorrà molto per tirar fuori dall’archivio un paio di fascicoli, potrà addirittura farglieli leggere, ma non è questo il momento. Lo sguardo scende verso il pugno chiuso del ragazzo, cinto dalla mano di Tenshi ed è proprio nei suoi occhi azzurri che si dirigoo ora quelli d’onice del Nara. < Tenshi, più volte abbiamo parlato di quanto essere ninja vuol dire avere delle responsabilità e da quando sei entrata nel corpo dei medici te ne sarai sicuramente accorta ancor di più. Ma come ho già detto a Yosai, l’unico modo per sopperire a questo fardello è darsi sempre i giusti meriti. Guardalo e renditi conto dell’ottimo lavoro che hai fatto non solo nel curare le ferite sulla sua schiena, ma anche quelle della sua anima. > Un complimento sincero, accorato, seguito da un tiepido sorriso di incoraggiamento. Lo sguardo ora torna sulla figura di Yosai, a cui tende un fazzoletto bianco preso dalla tasca dei pantaloni, recante nell’angolo sinistro le iniziali ricamate in nero “A K”, per invitarlo silenziosamente ad asciugarsi le lacrime. < Mi spiace per quel che hai vissuto, so che il mio dispiacere non risolverà molto, ma per il momento posso offrirti solo questo, oltre alla promessa che quanto prima inizieremo le ricerche e arriveremo alla fine di questa questione. Poi, se vuoi, ti insegnerò un paio di trucchetti sul campo per dar sfogo al tuo lato creativo. > Pensa proprio che l’altro sappia cosa si cela dietro quelle parole. Lezioni di tortura e mutilazione, date dal Sadico. Un premio che poche persone possono dire di aver ricevuto, escluse quelle che sono morte proprio perché durante la lezione erano sue cavie, ovviamente. < Penso di aver finito qui, vi lascio un po’ da soli, io andrò a fare… qualunque cosa abbiano da fare i Tessai. > Si apre in un sorriso gioioso, addirittura in una risata allegra, aggirando nuovamente il letto per trovare una via di uscita da quell’ospedale, così da fare in modo che i due allievi possano rinsaldare ancor di più quel legame che li unisce, senza la sua ingombrante presenza. [ end ]

20:18 Yosai:
  [Ospedale da campo] Lo sente di nuovo quel calore, ma non sulla schiena stavolta, ma sul pugno. Un calore che interrompe immediatamente il pianto, lo sguardo che s’allarga, sorpreso. Le labbra che si piegano in un sorriso. Mentre la guarda, le iridi del color dell’oceano, ritrovato e vitale, rivelano solo in quello sguardo l’affetto di cui è capace un gigante di due metri e rotti. Sta forgiando il carattere di un guerriero su tante difficoltà ma forse per la prima volta sta cercando di farlo anche su tante splendide persone che ha trovato. Lo sguardo sale sul Nara appena inizia a parlare, mentre istintivamente appoggia l’altra manona solida e ispida su quella piccola della genin, muto ringraziamento. Si lascia sfuggire un sorriso, effettivamente divertito dal dire del Tessai. Maledetto Nara, ha capito come prenderlo. <lo spero> che sia utile essere allievo di un Tessai. Quando il Nara si rivolge alla genin anche lui sposta lo sguardo e le parole alla genin anche lui innonda lo sguardo cangiate della rosata con il suo, oceanico, triste ma rinato <a fanculo i doveri. I meriti ti devi prendere> ha decisamente meno classe del Tessai, ma ricalca efficacemente il concetto, mentre allunga la mano che teneva sopra a quella della genin per prendere il fazzoletto del Nara <Grazie Azrael. Non è detto che il tuo dispiacere non risolva molto. Dipende da te immagino> potrebbe risolvere tutto, ma annuisce, ricacciando indietro le lacrime e passandosi il fazzoletto sulla faccia come si fa con una pezza su un pensile. Annuisce vigorosamente <le accetterò volentieri.> le sue lezioncine. Lo osserva congedarsi <grazie Azrael…> gli lascia arrivare, prima di gonfiare di nuovo il petto. Un discorso chiuso, forse, che riaprirà solo quando sarà pronto per spezzare il Demone Rosso e chiudere questa storia. Ma non è il momento di pensarci. Si alza, in tutta la sua ingombrante statura, le braccia separate dal corpo dallo spessore dei muscoli dorsali <hai fatto davvero un ottimo lavoro Tenshi-chan> ammette, ma senza guardarla, mentre chiude il borsone marchiato Akimichi <ho caldo> mormorerebbe afferrando il borsone per poi rivolgersi, aggirando il letto, dalla rosata, sovrastandola con un gran sorriso <forza, accompagnami fuori a prendere una boccata d’aria. Voglio sapere come ti ha convinto a diventare sua allieva> snuda di nuovo le zanne perfette in un sorriso solare, mentre allunga la mano in cerca di quella di lei e, qualora dovesse trovarla, se la tirerebbe dietro, lontano da quei parrucconi dei colleghi, da quelle scocciature dei malati, lontano da tutto, a chiacchierare. Così si allontanerebbe, se lei glie lo permettesse a torso nudo, noncurante.

20:27 Tenshi:
 Immediatamente, non appena la genin poggia la propria mano su quella di Yosai, egli smette di piangere, guardandola. Ed il suo sorriso si allargherebbe, come se avesse ritrovato quella felicità che gli mancava da tempo. Qualche minuto di silenzio, prima che il Nara prenda parola. In quel momento Yosai ha bisogno di entrambi: sia della rosata, sia di Azrael. E' come se fossero una piccola famiglia. Tre persone legate da qualcosa di inspiegabile. Entrambi gli danno un po' di conforto. Entrambi gli fanno sentire che sono lì, accanto a lui, e che non lo lasceranno. E mentre il discorso continua, l'Akimichi poggia l'altra mano su quella di lei. Un contatto dolce, come per farle capire che anche lui è lì, per lei. Poi il Tessai si rivolge alla genin. Quelle parole la fanno sentire viva. Perché è proprio il suo sensei che gliele sta rivolgendo e sa bene che non si complimenta mai per caso. Se le sta rivolgendo quelle parole, c'è un motivo: lei è cresciuta e, nel corso del tempo, si è fatta carico di alcune responsabilità che adesso pesano sulla sua schiena. Ma grazie a quelle responsabilità, adesso può prendersi quei meriti. Adesso può dire di aver fatto un buon lavoro. Adesso può dire di essere stata utile. Anche Yosai sembra d'accordo con le parole del Nara, seppur con i suoi modi non proprio eleganti. < Grazie > è tutto ciò che riesce a rispondere Perché non ha nient'altro da dire. Non ha nient'altro da fare, se non custodire quelle parole nel proprio cuore e farne un tesoro. Un tesoro speciale, che la farà andare avanti anche nei prossimi giorni, fino alla fine della guerra. Un tesoro che sarà la sua forza in quei giorni dove tutto sembra grigio. E, con un cenno della mano ed un grande sorriso dipinto sul viso, saluterebbe il proprio sensei. A questo punto, il ragazzo si alzerebbe e le rivolgerebbe la parola. < Grazie > direbbe, ancora una volta. E lo guarderebbe muoversi per prendere il proprio borsone. < Volentieri > risponderebbe, sorridendo. Egli allungherebbe la mano verso quella di lei. A sua volta lei lascerebbe che Yosai le prenda la mancina, trascinandola con sé, fuori. Lontano da tutti. Lontano, per qualche momento, dalla guerra. [END]

Incontro in ospedale di Yosai, in qualità di paziente, Azrael, in qualità di sensei apprensivo e Tenshi, in qualità di medico curante, nonché di allieva del Nara. Le ferite sulla schiena di Yosai vengono completamente curate, ma non è quello il punto. Il ragazzo fa il resoconto della missione e della propria vita personale, dell'omicidio del padre e delle scoperte fatte, che lo hanno turbato. E' stato compito della parigrado e del sensei curare tali ferite ancor più che quelle che recava sul fisico.