Particolari richieste

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11:38 Yosai:
  [Tenda dell'Hokage] Ad ogni passo che muove ha la netta sensazione che un altro velo di quel gelido, grigio sudario di nebbia che avvolge qualsiasi cosa, gli si appiccichi addosso, rendendo più difficile il movimento. Ma non se ne cura. Percorre con passo cadenzato gli ampi viali tra le tende, dal margine sud dell’accampamento verso la tenda centrale, la più grande. Oltrepassa le ordinate file di tende che scompaiono nel grigio dando la netta impressione che quell’accampamento sia infinito. Intorno a lui presenze prendono forma e concretezza dalla nebbia per poi scomparire dietro di lui. Oggi è un giorno importante. Per questo ha deciso di darsi una ripulita, fasciare le ferite, mangiare e bere qualcosa. Nonostante questo è ancora l’ombra di se stesso. Svetta su tutti, la figura alta, imponente nella forma. I solidi muscoli sono avvolti nella stoffa di un’elegante kimononero. Le ampie maniche arrivano fino a metà dell’avambraccio definito, la cui pelle però è invisibile, stretta nella fasciatura atta a medicare e coprire le escoriazioni di sfoghi troppo violenti per non danneggiarlo. Le falde del chimono giungono fin poco sotto al ginocchio, lasciando intravedere pantaloni del medesimo colore che s’immergono nei calzari ninja. A stringere il chimono, alla vita, il coprifronte, cucito in un drappo di stoffa rossa. Il simbolo degli Akimichi è ricamato dietro la schiena mentre sul pettorale sinistro, all’altezza del cuore, è stato cucita una toppa di sfotta grigia e logora, raffigurante la stilizzazione di un pugno. Il simbolo della confraternita alla quale appartiene. Il collo taurino emerge dallo scollo del chimono, sostenendo un viso affilato, dai lineamenti marcati. Perfettamente rasato, decorato dalle due cicatrici che campeggiano in bella vista, una comincia sulla parte sinistra della fronte e scende dritta fino allo zigomo, salvando l’occhio, e l’altra percorre in orizzontale la fronte. Incastonati dentro due grigi aloni che testimoniano la mancanza di sonno, due occhi che una volta erano del color dell’oceano, vivi e vispi, adesso son piatti pezzi di vetro d’un colore tra il blu e il grigio. Permane qualche screpolatura sulle labbra, ma l’incarnato è meno cadaverico del giorno precedente, almeno. Le braccia son lasciate morbide lungo i fianchi, distanziate dal corpo dall’ampiezza dei muscoli dorsali. La mancina stringe un grosso borsone. Gli scuri capelli sono ben ordinati in una coda alta. Così si presenta alla soglia della tenda dell’Hokage <volevo sapere se è possibile parlare con l’Hokage> chiederebbe con la voce roca, stropicciata, senza particolare inflessione nel tono. In realtà ci ha già provato nei giorni precedenti, ma non si è lamentato di non trovarla. L’Hokage è l’Hokage in fondo.

11:40 Furaya:
 In una delle occupazioni del luogo, la Kage cerca a suo modo di lavorare ed anche di pensare al possibile risoluzione dei loro problemi. Alcuni Senjuu stanno aiutando la popolazione di ninja richiamata lì tramite la costruzione di piccole casupole in legno. Altri hanno preferito soggiornare in una tenda, cosicché non ci fossero altri problemi di spazio o preoccupazioni generali. In una di queste, la donna sta ancora pensando alle parole di Norita e al suo possibile tatuaggio. Invero, sposta i propri pensieri da un argomento all'altro, non volendosi fossilizzare soltanto su d'uno. Non vorrebbe fermarsi su nessuno, ma non è così facile come si potrebbe pensare. I suoi abiti sono formati da un kimono cremisi disseminato di fiori di varia tintura su ogni centimetro di esso. Il simbolo della sua terra è posto tra le scapole in bella vista, mentre quello del suo Clan prende posto sul pettorale sinistro. L'abito citato è ben chiuso in vita da una fascia altrettanto rossastra, che permette ad esso di restare chiuso. Si apre, però, ad altezza delle ginocchia, dove sbucano le di lei gambe e un paio di sandali ninja neri. Uniti ai gambali metallici, questi ultimi giungono sin sotto il ginocchio. Tra i rosei ciuffi, spicca il coprifronte della Foglia: un traguardo raggiunto talmente tanto tempo fa da non saper più nemmeno quando. È sottile il filo di trucco che ha sul volto e i capelli stessi sono raccolti in uno chignon alla base della nuca, dal quale però sfuggono alcuni ciuffetti fastidiosi. Attorno alla coscia manca, ha agganciato una tasca porta Kunai e Shuriken per prevenzione, mentre son ben nascosti alcuni fuda potenzianti sparsi per il busto. Infine, al collo, ha una fascia scarlatta che ne copre la cicatrice causatale da Raido e un ciondolo recante il simbolo del Clan Uchiha che lei porta sempre con sé da ormai tanti lunghi anni. Anche le Katane non sono state dimenticate, le quali poggiano accanto alla propria sedia ed è pronta ad afferrarle qualora vi sia una necessità estrema. Attende l'arrivo di qualcuno, probabile, ma nel frattempo ragiona bene su quanto c'è da fare. Sente delle voci ed uno dei suoi assistenti subentra nella tenda per avvisarla proprio di questo. "C'è un ragazzo qui fuori che vorrebbe parlare con lei". Dopo un breve inchino, anche gli occhi della Kage lo fissano. < Fallo entrare, digli di lasciare le armi fiori se ne ha. > La Koshirae non acconsentì, le motivazioni le conobbe successivamente. [ Chk On]

11:57 Yosai:
  [Tenda dell'Hokage] Attende immobile davanti all’ingresso della tenda, il tessuto non offre la stessa privacy delle solide mura, purtroppo per tutti, e così percepisce in maniera autonoma, anche se confusa e attutita, la domanda e la risposta scambiati all’interno. Non si muove, tuttavia finchè l’ometto non esce con la sua risposta. Lo guarda dall’alto, per poi, senza parlare, chinare il capo in un gesto di rispetto. Entrerebbe così nell’atrio in stoffa, piegando il capo e parte del busto per entrare. Qui lascerebbe cadere in un angolo il pesante borsone, con un tonfo e un gran clangore, per poi spostare la doppia falda del tendaggio ed entrare nell’effettivo, ampio studio del Kage, approntato in men che non si dica per renderla operativa. Di nuovo è costretto a piegare il busto e il capo per passare, è decisamente troppo alto, ma all’interno per fortuna l’ambiente è più ampio. Le iridi morte si guardano intorno. Un’occhiata veloce che culmina sulla figura dell’Hokage, Sui suoi capelli rosati, sul suo kimono fiorito, sui simboli che porta con fierezza, sulle sue armi ma si ferma, lo sguardo negli occhi di lei. S’irrigidisce un poco, avvicinando le braccia ai fianchi ed esibendosi in un profondo, rispettoso inchino che tuttavia viene eseguito senza distogliere lo sguardo. <Grazie per avermi ricevuto, Furaya-sama> spinge fuori quasi con stanchezza la voce stropicciata, un tono completamente antitetico rispetto alle proporzioni del gigante sfregiato. <Sono Yosai… Akimichi> ci mette un po' a pronunciare quel cognome e farlo gli provoca una fitta di dolore che non riesce a tenere del tutto celata, serrando la mascella. Lascerebbe passare lunghi secondi di silenzio, prima di proferire di nuovo parola. Secondi nei quali ne approfitta per raddrizzarsi in tutta la sua altezza, da quell’inchino. Si è ripromesso che non si sarebbe lasciato andare in un contesto così formale, ed è decisamente il caso di rimanere saldi <… Ho un paio di domande da farvi, se posso> riprenderebbe non prima di un’iniziale incertezza nella voce roca, che poi si dissipa. Rimane lì, in piedi, in attesa.

12:23 Furaya:
 Lascia andare tutto ciò che stava facendo dato l'ingresso del ragazzo. La tenda non offre chissà quale riparo, non è una valida alleata contro gli attacchi nemici. Tuttavia, la presenza di ninja di alto rango e degli anbu dovrebbe essere sufficiente a tranquillizzare gli altri ninja, che comunque son lì per via di un ordine dell'Alleanza. Una volta scelto di essere Ninja, si sa bene a cosa si va incontro senza se e senza ma. Dunque, conoscono altrettanto bene i rischi del loro mestiere. Yosai, lasciato entrare dal tipo all'esterno, lascia il suo borsone con un frastuono metallico. Raddrizza la postura e rivolge le iridi azzurre alla volta dell'ingresso. Lo nota subito dopo, un ragazzo che sicuramente ha passato l'età della fanciullezza da un po'. Come lei. Fa scendere lo sguardo, cercando di riconoscerlo qualora lo abbia già visto. Riceve una risposta negativa dal proprio cerebro, prendendo però a parlare in sua direzione con tono mellifluo. < Prego, siediti pure. > Innanzi a quel tavolo di fortuna, se tale possa definirsi, c'è una sedia di altrettanta fortuna che dovrebbe bastare per chi ci si siede. Insomma, in tempi di battaglie, poiché di guerre non si può ancora parlare, ci si accontenta con quel che si ha e si sprona i Ninja a far la stessa cosa. D'altronde, nelle trincee, sarebbe davvero molto peggio di così. Pur di non pensarci, cerca di mostrare un piccolo sorriso sul pallido ovale, i cui occhi sono lievemente contornati da occhiaie. < Piacere di conoscerti, Yosai. > Non può però fare a meno di intuire quel malessere nel pronunciare il suo cognome. Anche per lei non è stato sempre facile. Non vuole però rigirare il coltello nella piaga, se vuole sarà lui a parlarne. D'altronde, non ha detto di essere lì per porle delle domande? < Dimmi pure, sono qui apposta. > Intreccia le dita tra di loro, poggiandole poi sotto al mento e sorreggendo così il capo. Attende che questi possa quindi rivolgerle i suoi quesiti, tranquilla e attenta alle parole altrui. [ Chk On]

12:40 Yosai:
  [Tenda dell'Hokage] All’invito del capo villaggio poggia lo sguardo annichilito sulla sedia da lei proposta, annuisce allungando le leve inferiori, scolpite e nascoste dai pantaloni, verso la seduta, che cigola terribilmente dovendo sostenere più di novanta chili distribuiti sui suoi oltre due metri d’altezza. Deglutisce come se stesse mandando giù un pezzo di calcestruzzo, abbozzando un sorriso con le sottili labbra screpolare al dire della rosata. Non gli riesce bene sorridere. Lascia quindi passare qualche lungo istante di silenzio, di nuovo, cercando di raccogliere e mettere in fila i pensieri, allontanandoli dal costante suono del silenzio annichilito che sente in testa da giorni. La Kage non ha accennato al lutto che ha colpito la sua famiglia, probabilmente per rispetto, sta a lui farsi avanti, è lì per questo <io… sono il figlio di Chokatsu Akimichi…> Schiude le labbra per gonfiare il torace possente, per trarre un lungo, sofferto sospiro. < Volevo…> un tremolio incrina la voce. Sgrana lo sguardo il genin fermando la voce e riprendendo il discorso sol una volta sicuro di poter procedere senza incertezze <Dopo aver riportato qui in accampamento la sua salma…> lo sguardo è diretto alla kage ma non la vede. Davanti a lui lo specchio dei ricordi gli mostra quella camminata col padre sulle spalle. Non ha nemmeno la forza di piangere ormai. Sta parlando della prima vittima di Konoha nel territorio del paese della nebbia. La seconda vittima siede adesso davanti al kage, col cuore spezzato. <…mi hanno assicurato che sarebbe tornata a Konoha per i funerali in patria. Volevo sapere se fosse possibile ricevere un avviso quando questo dovesse succedere.> Ci prova con tutta la fierezza che possiede a mantenere un contegno di fronte al proprio capo villaggio. È un ninja, il coprifronte è visibile a stringergli la vita, non può permettersi certe scenate. Effettivamente nonostante il viso rasato, la stanchezza, l’insonnia e la sofferenza hanno inciso la sua pelle dandogli un aspetto più vecchio di quello che in realtà è, ma indubbiamente non è un giovinetto.

17:28 Furaya:
 Inspira profondamente, lasciando al ragazzo il tempo necessario per parlarle dei motivi per i quali è giunto lì. Lascia che trovi le parole giuste, deduce non sia affatto un bel momento per lui. Ha sentito di quanto successo ad un Akimichi non molto distante dal punto in cui si trovano adesso, nel territorio kiriano. Non sa ciò che lo ha spinto al suo temporaneo ufficio, ma preferisce sempre che sia l'interlocutore a spiegarle e che non sia lei a tirargli fuori le richieste, le domande od i dubbi. Non ha accennato al lutto soltanto per evitare che fosse indelicata, permettendogli dapprima di accennarle quel che lo turba e, subito dopo, intervenire. < Con calma... > Lo invita ad aprire bocca, certo, ma senza fretta. Il suo stesso tono è mellifluo, tranquillo e piuttosto basso seppur quanto basti per farsi sentire. < ...so bene che la situazione è molto grave e mi dispiace davvero per quant'è accaduto. > Si china lievemente sulla scrivania, cercando di far penetrare le sue chiarissime iridi in quelle altrui, nonostante egli guardi altrove. < Vuoi un po' d'acqua? > Aggrotta le sopracciglia; l'intento è andargli incontro, conscia di quanto male faccia la morte di un genitore o di qualcuno molto caro a noi stessi. Alla sua ultima richiesta, evitando quindi di ammorbarlo e ritreandosi sulla sedia dove poggia il corpo, socchiude per un attimo le palpebre. < La salma sta venendo spostata dopo degli ultimi accertamenti. In questi casi, come credo tu abbia potuto sentire, bisogna muoversi accorti e accertarsi di tutte le prove. > E' pur sempre un caso di omicidio, seppur si conosca il colpevole che è, al momento, latitante. < Con questo, non intendo venire meno al tuo dolore e alla tua rabbia... > Che, senza dubbio, vorrebbe nascondere assieme al primo. < ...e, comunque, verrai avvisato immediatamente e mi assicurerò che non ci siano ulteriori perdite di tempo. Se necessiti di recarti a Konoha per prendere parte ai funerali, sentiti libero di farlo. > Il tono è greve, abbassando per un attimo lo sguardo sulle proprie mani. I lineamenti del viso si fanno un poco più duri, irrigidendo la mascella e serrando i denti pur senza sollevare le labbra per mostrarli. Resta silente, il cuore in tumulto per quella pace che tanto vuole difendere e che, giorno dopo giorno, si rende conto essere sempre più sottile. [ Chk On ]

17:28 Yosai:
  [Tenda dell'Hokage] Gonfia di nuovo il grande torace, ispirando piano, dapprima tremolante, poi sempre più fermo, ritrovando il contegno, è riuscito a non scomporsi, a non piangere. Può contarla come una vittoria, di questi tempi. Annuisce piano quando la Kage lo invita alla calma, quando lei gli porge dell’acqua lui si costringe a stendere le labbra pallide e screpolate in un sorriso che, pur non essendo forzato, è faticoso. <siete molto gentile, ma no, grazie> mormora accettando lo sguardo di lei e ricambiandolo <scusatemi> una sola parola, accompagnata da uno sguardo. È passato troppo poco tempo per essere il freddo e marziale ninja che ci si aspetta lui sia. Si ferma su quello sguardo così chiaro. Due pozze d’acqua cristallina, vivaci e fluide. Ascolta il dire di lei con le sue, d’un blu-grigio decisamente più spento. Alza la mano <Non dovete scusarvi, Furaya-Sama> commenta, spingendo di nuovo fuori le parole con tutta la dignità di cui è in possesso per apparire non troppo scosso. <Sono stato informato della prassi> risponde formale, è tristemente vero. Aveva gli indumenti tanto intrisi del sangue del padre che avrebbe potuto strizzarli, mentre glie la spiegavano. E scuote la testa anche alla proposta di lei <Vi ringrazio per la cortesia, Furaya-Sama, è molto apprezzata ma no> scuote piano il capo senza smettere di guardarla. La voce è più sicura. Ma non meno accartocciata, come se avesse logorato le corde vocali <Ritengo che il mio posto sia qui> spiega sostenendo lo sguardo di lei, ma schiude le labbra poco dopo <e poi, vedete, sono stato lontano da casa per molti anni, e quando venni cacciato non ero in buoni rapporti con la mia famiglia…> eccola di nuovo, quella pesantezza a sfondargli il torace, togliendogli il respiro <… è proprio per mostrare a mio padre il coprifronte appena guadagnato e per chiedere la mia… riammissione, che l’ho...incontrato> cerca di sbrigarsi a concludere la frase, percependo un altro singulto. Serra di nuovo la mascella, irrigidendosi. Percepisce le palpebre vibrare appena e le chiude, celando al mondo le iridi. Non deve piangere, e di nuovo non ci riesce < Un’altra cosa che volevo sapere, Furaya-sama, è se per caso…> il solo pensiero della successiva domanda muta drasticamente l’umore. Una scarica d’ira incrina il vetro grigio bluastro degli occhi. <accetterei volentieri quell’acqua> commenta di nuovo schiarendosi la voce prima che questa s’incrini in un singulto. Appena in tempo. Si sporgerebbe verso il tavolo, dove dovrebbe essere presente una caraffa d’acqua e un paio di bicchieri, ne avvicinerebbe uno alla Kage, alla quale lascerebbe il compito di versare il bicchiere d’acqua, e non riprenderebbe prima di averlo svuotato del tutto <volevo sapere se per caso sa dirmi con chi posso documentarmi su…> come dirlo? Di nuovo gonfia il petto <sull’omicida, sul Demone Rosso> vomita fuori quelle parole come se avessero il sapore peggiore dell’universo, <se c’è qualcuno che si è già messo a lavoro sulle informazioni che ho fornito quando sono stato interrogato, insomma> cerca informazioni. Ed è perfettamente cosciente che mostrare al proprio capo villaggio questa curiosità potrebbe far pensare alla classica persona che vuole farsi giustizia da sola, ma non è più un bambino, è sicuramente più consapevole dei suoi limiti, ed è per questo che quella notte non è rimasto li a farsi ammazzare come un cane anche lui. Tenterebbe di drizzare la schiena, tirando due profondi respiri. Avrà bisogno di raddoppiare la dose di allenamento alla fine di quella chiacchierata, ma mantiene una compostezza e una dignità invidiabili, andando oltre i normali segni del dolore appena provato.

17:58 Furaya:
 Ne ascolta la voce, prendendo in esame tutto quello che le viene detto e le domande che subito dopo vengono poste. Lascia che parli, che si tranquillizzi e che si prenda il tempo necessario per farlo. Di fianco a sé, sulla sinistra, ha un piccolo tavolino su cui è poggiata una brocca d'acqua e dei bicchiere in plastica. Ne versa una cospicua quantità, per poi porgergli direttamente il contenitore. Dapprima l'ha rifiutata, ma non si tira indietro quando decide di chiedergliela. Dunque, gliela porge con cautela, annuendo col capo un paio di volte. < Yosai, non c'è bisogno di nascondere il dolore che provi o la rabbia, persino la frustrazione. Tutti abbiamo perso un genitore o una persona cara... > Tralasciando il modo in cui vengono persi, se teniamo conto del fatto che la Nara ha dovuto dare un colpo di grazia al padre, poiché impossibile da tenere dietro le spalle e assicurarsi giustizia. < ...quindi, davvero... > Lascia la frase in sospeso, sperando che lui stesso possa capire e ne possa trarre un aiuto concreto. Gli occhi della Nara, per un attimo, tornano al passato. Alla sofferenza che l'ha attanagliata per così tanto tempo durante la malattia della madre. Una malattia che era voluta, un dolore incommensurabile e una rabbia cieca nei confronti di chi gliel'aveva causata. Stringe le dita, fa sbiancare le nocche, deglutendo un groppo amaro e cercando di riequilibrare le emozioni. E' sempre stato un lavoro duro per lei, specialmente dopo quanto accaduto, tuttavia ha da sempre vissuto coi drammi adolescenziali e i problemi di famiglia, essendo di solito anche al centro. < Come preferisci. > Non gli nega la decisione né gli vieta di restare qualora volesse. E' libero di far quel che vuole e, se intende restare a Kirigakure, non gli dirà di no. < Se posso fare qualcosa per te, qualsiasi cosa, non hai che da chiedere. Cercherò di fare il possibile. > Aiuta sempre chiunque bussi alla sua porta, purché non sia un nemico della pace e, senza dubbio, l'Akimichi non rientra in questo. < Credo che gli Anbu stiano già lavorando al caso, trattandosi d'un nemico - perdonami, ma credo che non sia possibile definirlo diversamente - reo d'un omicidio. > Spiega alla di lui volta, tentando sempre di tenere un tono di voce pacato e assicurarsi che non rigiri il coltello nella piaga. < Puoi seguire le tue tracce, i tuoi indizi, ma non sappiamo neanche noi molto a tal proposito. Finora, non s'era macchiato d'alcunché o, comunque, non risulta da quello che abbiamo. Puoi chiedere alle forze dell'ordine se necessitano di collaborazione, però... > Si morde per un attimo il labbro inferiore, non sapendo bene come dirglielo senza ferirlo. Trae un profondo sospiro, prima di buttar fuori le parole che sussegguono: < ...promettimi che non cercherai vendetta da solo. > Solo questo. [ Chk On ]

18:35 Yosai:
  [Tenda dell'Hokage] Lascia che lunghi silenzi intercorrano tra le parole del kage e le sue risposte, come se le cercasse in mezzo a un mare in tempesta. Alla prima fase di lei, lentamente stende le labbra in un sorriso che sembra più sincero e disteso <Vi ringrazio Furaya-sama, è piacevole sentire la vicinanza di una simile autorità> le risponde schiarendosi la voce, <credo sia mio il problema> ammette <l’educazione ricevuta mi impone di tenere le emozioni da sfogare per gli allenamenti e per gli amici, e la serietà e la disciplina per i superiori> ci vorrà del tempo per scardinare convinzioni radicate così a fondo. Mantiene quel sorriso <Tuttavia alleggerisce l’animo sapervi così attenta alla vita di un semplice genin>Probabilmente c’è riuscita ad alleviare un po'quella pesantezza. Ovviamente il sorriso muore all’istante non appena si torna sull’argomento da lui stesso sollevato <non c’è nulla da perdonare. È un mio nemico. Un nemico della mia famiglia. Un nemico del villaggio> La voce torna più ferma, risoluta, emana la forza d’una volontà incrollabile. Quella forza di volontà che da sola muove un corpo dalla mente distrutta e dal cuore spezzato. È ancora una pallida ombra di ciò che è davvero il gigante sfregiato, ma qualcosa va ricostruendosi in lui. A quella promessa richiesta istintivamente stringe i pugni facendo stridere le fasciature mediche che avvolgono interamente le dita, la mano, il polso e s’infilano su per l’avambraccio nel chimono. Un dolore che ignora in questo momento <Ho visto il Demone Rosso uccidere mio padre…> l’inizio di quel discorso carico d’odio e dolore pare andar contro quella richiesta <ho visto il suo potenziale… >continua <se cercassi vendetta adesso morirei, rendendo vano il sacrificio di mio padre> eccoli li, screzi di luce liquida sembrano rendere più vivi quegli occhi, ora pieni di lacrime che tuttavia non scendono <non cercherò vendetta da solo prima di esserne pronto per un simile nemico, questo vi prometto> davanti agli occhi osserva il demone rosso sparire in un lampo e riapparire. Decisamente troppo veloce per lui. Non è il momento. Di nuovo lunghi momenti di pausa prima di schiudere di nuovo le labbra, con tono più pacato <una cosa effettivamente ci sarebbe, un… favore più personale> ammette cercando lo sguardo azzurro di lei <Ho sentito canzoni che cantano dell’Hokage e della sua maestria con il ferro… sono vere?> chiederebbe. Ecco la tipica domanda che rivela che effettivamente otto anni lontano dal villaggio son tanti. Conosce solo storie e voci su quello che è il capovillaggio che ha davanti.

18:59 Furaya:
 A sua volta, spicca un piccolo sorriso a fior di labbra per via del ringraziamento altrui. < Sono una persona esattamente come voi, prima di essere una autorità. > Lo ricorda sempre, poiché non intende far sì che si perda la bontà d'animo e la generosità delle persone. Vuole quanto più che tutto funzioni correttamente, evitando in maniera opportuna qualsiasi presa di posizione o rimostranza alle forze dell'ordine stesse. Anche il suo modo di nascondere e sedare le sensazioni e le emozioni, non può far altro che ricordarle quanto male suo padre le abbia fatto in passato. Con l'addestramento e gli anni di servizio negli Anbu, poi, imparare a nascondere la vera se stessa sotto una maschera lo faceva davvero molto bene. Gekido era la spietata macchina che voleva a tutti i costi fermare e sbattere in cella i criminali, passando per le torture con Yami. Furaya, invece, è sempre la solita testa vuota, gentile con tutti e che si fa in quattro per il proprio Villaggio... a volte, persino letteralmente. < Voglio fare in modo che qualunque ingiustizia venga punita e che non si sviluppi mai un presupposto per far iniziare una nuova guerra. Ne abbiamo avute così tante in passato... > Lei stessa ha partecipato persino a quella contro Sunagakure. < ...che non voglio più riviverle. > Nessuno vorrebbe farlo, cara, ma purtroppo la gente non la pensa così quando vuole ottenere qualcosa e sacrifica tutto e tutti. Ascolta la sua promessa, muovendo il capo in un lento annuire, come se si facesse dapprima rigirare quelle frasi nella sua mente. Dopodiché, lascia che vengano assimilate, immagazzinate... ed espira. < Posso accettarlo, sì. > Una promessa del genere non le toglierà il sonno e non dovrà preoccuparsi di possibili battaglie venutasi a creare per mera vendetta. Lascia che aggiunga altro, se vuole, o se ha terminato che possa andarsene. Tuttavia, l'ultima domanda la spiazza non poco, sbattendo rapidamente le palpebre. < Oh... Beh... > Si stringe nelle spalle. < ...non ho fatto molti lavori, in realtà. Mi sono occupata di sistemare una Katana un po' di tempo fa... > Scrutando quella che ha sul fianco. < ...ma poi mi sono limitata a poche cose per mancanza di tempo. > Beh, è difficile seguire tutto. < Hai bisogno di un fabbro? > Domanda ingenuamente, per quanto sia piuttosto ovvio. [ Chk On ]

19:15 Yosai:
 La ascolta, limitandosi ad annuire. <è comprensibile> ammette, nessuno vuole trovarsi in guerra, e la situazione attuale lo dimostra. Il leggero tono di distacco e di circostanza non è dovuto al fatto che non condivida le parole di lei, quanto al fatto che lui una guerra non l’ha mai vissuta. Certo le cicatrici che campeggiano a decorare il volto parlano di difficoltà vissute, ma non è una gara, e in una guerra tra stati effettivamente non c’è mai stato. Annuisce di rimando anche quando lei accetta quel patto. È una proposta matura, di chi ha perso tempo fa l’avventatezza del bambino, ma non ha perso la voglia di migliorarsi <ne sono felice> mormora piano, per poi assottigliare le labbra, per il leggero disappunto d’aver sbagliato la sua previsione. Però qualcosa sembra saperla relativamente ai fabbri. Sente la speranza riaccendersi, mentre quella domanda lo riporta alla realtà. Sbatte un paio di volte le labbra, come appena risvegliatosi. Schiude piano le labbra <ecco…> alza un avambraccio, il mancino, con la mano chiusa in pugno, eccezion fatta per il pollice che indica alle sue spalle, chiaro riferimento al borsone <Vede, furaya-sama…> un sorriso gli nasce sul volto, diverso dagli altri, dolce, tenero, in assoluto contrasto con la corporatura del gigante. <mio padre mi ha lasciato la sua corazza Akimichi…> ammette, come se le stesse confidando un prezioso segreto <io… avrei in mente qualche modifica e vorrei progettare, migliorandola, un’armatura che io possa indossare> è almeno trenta centimetri più alto del padre che, da buon akimichi, non ha propriamente il torso a forma di V che sfoggia il genin in quella tenda, con la vita stretta e le spalle larghe. <mi chiedevo se per caso conoscesse un fabbro adeguato a questo compito. Non voglio andare dal primo maniscalco che trovo… non so se mi spiego…> esita <…ci tengo> Mormora infine

19:36 Furaya:
 L'argomento principale che li ha tenuti fissi su quella sedia volge al termine. La Kage si limita ad annuire un paio di volte con la testolina rosata, lasciando che prosegua nel proprio dire. Si rilassa leggermente dato che il peggio sembra essere passato, nonostante tutto, e il peso di quella conversazione è giunto al termine. La cassa toracica s'alza e s'abbassa con un buon ritmo, persino i battiti cardiaci ora si calmano e si sente molto più rilassata. Parlare d'un lutto, per di più un assassinio, non è mai cosa facile e rincuorare le persone, assicurando loro la giustizia, è il minimo che possa fare al momento. Scruta oltre la spalla del ragazzo per poter adocchiare il borsone che, appena entrato, ha lasciato al suolo. < Un'armatura? > Chiede, ripetendo perlopiù le parole altrui. < Posso vederla? > Per farsi un'idea, ecco. Se non vorrà, non farà assolutamente nulla. < Vorrei prima vedere l'armatura... > Ribadisce, gesticolando appena con la dritta. < ...per capire come io possa muovermi qualora accetti l'incarico. Caso contrario, ti indirizzerò verso uno dei fabbri migliori. > Senz'alcun dubbio e come sempre è stato ribadito, la donna non fa altro che cercare di farsi in quattro per aiutare gli altri. Non ne ricava né denaro né gloria: è semplicemente qualcosa che le piace fare e che non smetterà mai di portare avanti. Ci sono sicuramente dei lavori da fare se vuole fare in modo che sia adatta alla sua corporatura. Non conoscendone però la forma, ma potendola vagamente immaginare dalla grandezza del borsone, attende soltanto d'averla sotto al naso per poter acconsentire o, in caso negativo, rifiutare. [ Chk On ]

20:00 Yosai:
 Ascolta la risposta e immediatamente, anche prima che la Kage finisca la frase, s’alza in piedi con una rapidità che fin’ora è rimasta sopita. Un gesto che sprigiona forza, vitalità, farebbe per darle le spalle prima di accorgersi che l’altra non ha ancora finito di parlare. S’arresta quindi, attendendo educatamente la frine della frase, per poi annuire con un profondo gesto del capo <Certamente> conferma sorridendole un po' più vispo. Si girerebbe dunque aprendo con una manata il lembo di tenda che chiude la porta. Potrà sentire solo il metallico clangore delle piastre l’una contro l’altra strette nel borsone, la kage. Rientrerebbe un attimo dopo con il borsone affianco e, senza fare troppi complimenti – com’era suo solito fare, prima di sprofondare all’inferno, sposterebbe la seduta quel tanto che basta per creare sul pavimento un po' di spazio. Quel discorso lo prende, che sia lei ad acconsentire o che le sappia consigliare qualcuno, probabilmente il genin è appeso al progetto di quell’armatura come fosse un modo per riportare in vita il caro scomparso. Poggiata la pesante borsa davanti all’ingresso, la aprirebbe dunque, e, pezzo dopo pezzo, la monterebbe li, sul pavimento, la lacca centrale, divisa in due fasce circolari che vanno ad avvolgere completamente il torso, gli spallacci, le protezioni che dai lati del busto scendono lungo l’esterno delle cosce fino al ginocchio, i vambraci, i parastinchi. Andrebbe a comporre una figura stesa sul pavimento in miniatura. Potrà immaginarsela montata, la kage. <vambraci e parastinchi sono troppo corti, i paraspalle invece sono troppo lunghi per il mio modo di combattere, farei volentieri a meno delle protezioni sulle coscie in favore di un’aggiunta inguinale> sono priorità, <aggiungerei una terza placca, piu piccola per avere più protezioni sul petto> ha le idee chiare e soprattutto s’intende di armature. Ma d’altronde, è Akimichi. <mi rendo conto, il lavoro è tanto, anche per questo sono sicuro che non è un lavoro che possa fare chiunque> ammette. Per poi osservarla, silente.[ https://cdna.artstation.com/p/assets/images/images/018/997/782/large/philip-morton-senju-battle-armor-3.jpg?1561566174]

20:27 Furaya:
 Sbatte rapidamente le palpebre nel vederlo raggiungere velocemente il suo borsone, senza aspettare neppure la fine della frase. Le sfugge un sorrisetto divertito, aspettando che ritorni e che le mostri l'armatura. S'alza in piedi per poter visionare meglio la struttura, notando i vari pezzi ed annuendo un paio di volte. Sta facendo dei lenti calcoli, uniti al pensiero cupo di non poterlo aiutare. < Senti... > Ci ragiona un po' su, ticchettando con le unghie sul mento e il labbro inferiore. < ...mi servirebbe prendere le tue misure. Non dico ora nell'immediato, anche perché non ho un metro di misura per farlo. > Ammette, stringendosi nelle spalle. < Per le modifiche, posso provare a farti uno schizzo per evidenziare ciò che va tolto e ciò che va aggiunto. > Aggira la scrivania per potersi portare non molto distante dall'armatura stesa al suolo, ragionando bene su come sistemare le varie placche. Si china lievemente per scrutarle con attenzione e precisione, volendo trovare delle possibili imperfezioni. Lancia un'occhiata anche a Yosai per intero, senza malizia alcuna. < Sei davvero molto alto ed hai una stazza completamente differente. > Su questo non c'è alcun dubbio. < Se vuoi, posso provare a fare qualcosa... > Non gli sta garantendo la riuscita al cento per cento, questo è chiaro. Non potrebbe riuscirci affatto e non vuole cedergli false speranze. < ...e torni domani da me, così prendo le giuste misure. > Ne richiede l'approvazione, piegando appena il capo di lato ed unendo le mani tra di loro, l'una nell'altra, ancora in piedi e con una differenza d'altezza notevole tra i due. [ Chk On ]

21:17 Yosai:
  [Tenda dell'Hokage] La ascolta, la osserva, ascolta quella titubanza e lascia passare qualche secondo prima di rispondere, infilando di nuovo le mani nel borsone. Ne estrae un foglietto e tornato dritto nella sua statura a guardarla, si esibirebbe in un nuovo, rispettoso inchino <Vi ringrazio, Furaya-sama, tornerò domani a farmi misurare e vi ringrazio in anticipo per il tentativo che farete.> commenta rimanendo con il capo abbassato prima di rialzarlo e cercarla di nuovo con lo sguardo <comprendo e apprezzo questa risposta, sapendo che siete l’Hokage e che non è facile trovare tempo per queste cose> ammette, quasi colpevole <e comprendo anche che non sia facile maneggiare oggetti tanto significativi per chi vi chiede aiuto> probabilmente è questo l’aspetto più delicato. < Comprendo anche che io e mio padre avevamo due fisici completamente diversi. Se fosse per voi più semplice per me va bene anche fondere completamente l’armatura e ricominciare…> una piccola pausa <purchè sia fatta con questo metallo>Mi piacerebbe tuttavia se provassimo eventualmente a vedere se è fattibile questo progetto…> compirebbe un passo verso di lei porgendole ciò che ha estratto dal borsone. Un foglio di carta piegato più volte <…per trovare il giusto compromesso> sgrana leggermente lo sguardo, come se si fosse scordato qualcosa <e vi prego, Kuraya-sama, di accettare un compenso per questo incarico> lo sguardo resta a cercare le iridi azzurre del capovillaggio <comprendo che non ce ne sia bisogno e che, conoscendo la persona che siete, lo fareste comunque, ma non sono disposto a non pagare il compenso che merita questo lavoro…> serra le labbra, appiattendole l’una sull’altra <è una questione di principio> sono brutte bestie le questioni di principio, si. Attenderebbe quindi la risposta di lei e nel frattempo, lentamente e delicatamente, inizierebbe a riporre di nuovo l’armatura nel borsone.

21:43 Furaya:
 < Ti prego... > Gli si rivolge placida le sue parole. < ...basta inchini. > Agita la dritta come a voler porre un fermo a qualsiasi cosa sia paragonabile ad esagerata educazione. < Va bene, ti aspetterò domani. > Hanno siglato un accordo per il giorno successivo e la donna non manca mai ad un appuntamento. < Cercherò di fare il possibile per non rovinarla in nessun modo e fare in modo che rispecchi i criteri da te richiesti. Qualora non riuscissi ad adempiere al lavoro, prima di causare problemi o rovinarla, lascerò immediatamente a chi sa farlo meglio di me. > Lei lo ha ammesso che non è proprio bravissima, però ha comunque studiato molto per sistemare la propria spada e renderla una katana di nome e di fatto, poiché lasciata alle intemperie per anni. Sa bene che l'armatura non è propriamente la stessa cosa, tuttavia è anche una sfida verso se stessa più che altro. < Vorrei evitare di arrivare a questo punto, poiché si tratterebbe di ricrearla completamente da zero... anche se forse è uno dei metodi anche più veloci. > Ci rimugina ancora sopra, deve soltanto prendervi dimestichezza. La fornace la procura lei stessa con la lava che riesce a generare dal proprio corpo, per cui non dovrebbe essere poi molto difficile dare qualche colpetto lì e un'aggiustatina qui. Meglio non si pronunci con un dialogo poco forbito come farebbe adesso. < Sai bene che non accetterò un compenso... > Insomma, conoscendola è piuttosto palese che non lo accetterà. < ...ed anche la mia è una questione di principio. > Ridacchia, lasciando decadere il discorso. Ne parleranno sicuramente più avanti quando e se l'armatura sarà terminata. < Se è tutto okay, direi che possiamo vederci domani. > Infine, qualora effettivamente non ci sia altro da fare, lascerà che il ragazzo prenda le sue cose e possa lasciare la tenda dell'Hokage. Lei, in primis, inizierà a lavorare al disegno per avere una stesura dalla quale partire. Ma... questa è un'altra storia. [ END per entrambi ]

Yosai giunge dall'Hokage per parlarle del suo defunto padre, ucciso dal Demone Rosso, finendo poi ad una richiesta: sistemare l'armatura che il genitore gli ha regalato.