Allenamenti in spiaggia

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09:49 Harai:
  [spiaggia] non è niente altro che una sagoma soffusa e legger, lì avanti sulla spiaggia; la nebbia sottile sfuma nei tratti del pastello i colori e le forme, sicché anche il giovanotto risulta banalmente come una macchia più scura rispetto il chiarore lattiginoso che permea l'ambiente. Nel silenzio importante di quell'ambiente che è veicolato esclusivamente allo schiaffeggiare leggero dell'onda sulla riva e dal gracchiare starnazzante di qualche gabbiano, quella forma scura agita quel palcoscenico dal sapore malinconico: si muove, infatti, seppur con lentezza, e senza discostarsi troppo dalla posizione iniziale, quasi stesse tenendo un centro ipotetico attorno a cui limitare i propri movimenti. Non ha un senso specifico, prima scivola in una direzione, poi verso l'altra; alle volte si avvicina al centro, altre volte rientra sui propri passi. Così, su due piedi, potrebbe dare l'idea di stare danzando o, magari, di eseguire alcune sequenze dettate da una linea di pensiero precisa e fondata su radici profonde; magari invece è solo pazzia, la sua, come di qualcuno che – in preda agli effluvi di qualche serata mondana – barcolla ma non cede alla sbronza. Un contrasto questo, che solo avvicinandosi si potrà risolvere.

09:56 Hotaka:
  [Spiaggia] Un nuovo giorno è iniziato all'isola di Chumoku. Purtroppo per tutti è tornato quel caro e vecchio velo di nebbia che ama spesso posarsi sul loco. La visuale quindi non è delle migliori, i raggi solari sono in parte deviati o rifratti, la luce è scarsa. Una leggera brezza mattutina soffia beata e incontrastata da barriere architettoniche sulla spiaggia dell'isola. Il giovane Deshi si trova sul manto erboso che precede la finissima sabbia caratteristica, e sta svolgendo quello che sembra proprio essere un risveglio muscolare mattutino. Sta facendo le comunissime flessioni, note ai più. Si trova a pancia in giù tenendo le scapole in adduzione e i gomiti abdotti di 45° gradi, le mani all'altezza del petto e ad un'ampiezza leggermente superiore a quella delle spalle. Durante il piegamento stesso il bacino permane il più possibile fermo, mentre cerca di contrarre il core addominale e i glutei. Le gambe sono tenute ovviamente distese.
< Anf..Anf... > Annaspa mentre sta per terminare il cinquantesimo piegamento della seconda serie, sente già la fatica quindi chiaramente. Indossa questa mattina una divisa da allenamento: pantaloni stretti neri, maglietta aderente in tessuto simil sintetico del medesimo colore, maniche lunghe. Porta ai piedi classici sandali, colorati grigio scuro. I capelli nero pece sono legati in una cosa che finisce dietro la schiena, al'altezza delle scapole. Le iridi scure fissano il manto erboso, e lo vedono ritmicamente avvicinarsi e poi allontanarsi, mentre qualche goccia di sudore scende dalla sua fronte schiantandosi al suolo.

10:05 Harai:
  [spiaggia] non dista molto da Hotaka, anche se ancora non si disegna pienamente per quello che è: un ragazzino piuttosto giovane, con i capelli scuri e la pelle chiara, che si muove senza fretta sulla sabbia della battigia, accompagnato dallo sciabordio delle onde e dal rado gracchiare degli uccelli marini. Se mai l'allievo della Foglia che va flettendo le braccia in sequenza dovesse alzare il volto e spingere il proprio sguardo in direzione dell'acqua, lo troverebbe subito, laggiù in fondo, a fluire leggero come se trasportato da brezza immaginaria. Il giovanotto sta infatti allenandosi come il collega, ma il suo addestramento è tutto differente e diametralmente opposto: se da un lato il cuore pompa il sangue nei muscoli gonfi di fatica, dall'altro è il respiro che guida e detta i tempi dei movimenti. Se da un lato abbiamo una sequenza monotona composta da pochi gesti, dall'altro abbiamo una successione come una composizione musicale dove ogni gesto e ogni movimento, concorrono a rendere fluido la complessa azione messa in atto. Se da un lato abbiamo una posa statica, dall'altro abbiamo una continua mutazione, come di un'evoluzione lineare ma costante. Silenzio dunque, da un lato e dall'altro, perlomeno sino a quando, lì sulla spiaggia, una nota cristallina si accende improvvisa: <hai!> è la voce del giovanotto, limpida come l'acqua di fonte, fresca come quella stessa mattina. Una nota acuta che s'improvvisa nel ruolo d'assolo, sovrastando per un istante il sottofondo di cui già abbiamo parlato: Hotaka la udirà sicuramente, non c'è dubbio.

10:16 Hotaka:
  [Spiaggia] Il tempo sta scorrendo inesorabile, le lezioni stanno per terminare e presto sarà tempo dell'esame Genin. Un obbiettivo dichiarato del Deshi, non ha intenzione di fallire e per non venire meno a tale proposito è disposto a sudare sette camicie. I palmi delle sue mani ormai sentono bene lo sfregamento e la pressione datogli dai continui piegamenti. Sta contando mentalmente, emettendo un leggero grugnito ad ogni flessione effettuata. 40, 41, 42... La serie sta per finire e il ragazzino è allo stremo. Guardandolo esteriormente sembra uno scricciolo: fisico longilineo, gambe lunghe e sottili, spalle non certo larghe. Non pare esattamente un sollevatore di pesi professionista insomma, se poi ci mettiamo la giovane età le cose peggiorano ultieriormente. Però come si suol dire è meglio non giudicare un libro solo dalla copertina. 48, 49, 50... < Fiuuuuu.... > Forte sospiro compiuto all'ultimo piegamento, dopo il quale andrebbe a rialzarsi in piedi, per sciolgliere i muscoli pettoriali e tricipiti, piuttosto coinvolti in quello specifico esercizio. La mano destra intanto va a spostare un ciuffo ribelle dei suoi capelli che aveva oscurato parzialmente la sua visuale. Proprio in quella fase di stasi sentirebbe chiaramente una voce, limpida e isolata. Non ci sono barriere di alcun tipo, per cui il giovane Deshi non dovrebbe faticare a capirne la provenienza. Un ragazzino, forse il più simile a lui sino ad ora incontrato, sta anche lui allenandosi. Si trova molto più vicino all'acqua rispetto alla sua direzione. Ha finito la serie quindi può concedersi un momento di riposo. Indi compie qualche passo verso il parigrado, alzando il braccio destro e muovendone la mano in segno di saluto, come per professare le sue buone intenzioni. < Buongiorno! > Proclama infine mentre le labbra sottili compiono un leggero sorriso.

10:20 Harai:
  [spiaggia] si è fermato. Quell'esordio così ardimentoso della propria voce, un vocino limpido che ha scosso la quiete del luogo perlomeno lì nei paraggi, è stato anche il freno a tutto quel pacato movimento, come se con quel grido avesse gettato fuori anche fatica, tensione, emozioni e pensieri e fosse stato inserito in quel momento proprio perché adatto a chiudere la sequenza, quasi a voltare pagina. Ora la sua forma leggera è placidamente immobile come se volesse fondersi con il panorama circostante: Hotaka potrà facilmente intuire la sua presenza, potrà banalmente immaginare di avere a che fare con una persona, ma da quella distanza e, soprattutto, a causa del tiepido velo di nebbia, faticherà un poco a raccogliere quei particolari che potrebbero identificare il giovanotto. Sì, lo abbiamo detto, dalla sua posizione potrà percepire i capelli scuri scuri e la pelle chiara per via del netto contrasto fra il colore di quest'ultima e la nota torva dei primi, ma anche perché indossa un qualche tipo di indumento – una maglia probabilmente – dalle maniche corte che mettono in risalto quegli spilli che sono le sue braccia. Rimane così, dunque, a lungo, come se stesse cercando di guadagnare fiato, o forse un pensiero, o magari una rilassatezza muscolare, ma finalmente si raddrizza, lasciando andare le braccia lungo i fianchi e stendendo a pieno le ginocchia; non è altissimo, ora che Hotaka si avvicina potrebbe dedurre un metro e cinquanta se siamo fortunati e non sembra nemmeno essere foriero di una possanza degna di nota anzi, quel corpicino è sottile di una magrezza nervosa, come di giovane giunco che, gettati i primi germogli, si affaccia alla vita con l'arrivo della primavera. La sua voce, evidentemente, ne attira le attenzioni: il giovane Hyuga ruota il volto verso manca per poter spingere lo sguardo nella direzione da cui proviene il Kimura, precedendo così una torsione leggera del busto che, in senso antiorario, ruota per accomodare il collo e la testa. Ci impiega qualche attimo, il piccolo Harai, ma poi lo trova, il collega: <buongiorno!> esclama a sua volta, con un tono di voce nettamente più basso ora, adatto alla discussione con un interlocutore insomma. E quella voce, gentilissima, si chiude con la chiusura completa della torsione: si volta dunque in via definitiva verso chi arriva, offrendo a lui la pienezza della sua figura.

10:36 Hotaka:
  [Spiaggia] Avvicinadosi gli occhi piuttosto grandi del Deshi si fanno largo pian piano attraverso la nebbia, le iridi scure e penentranti mettono a fuoco il figuro innanzi a lui. Sembra molto giovane, di un età probabilmente molto vicina alla sua, tuttavia è più basso e conserva un aspetto piuttosto innocente. Qualche altro rivolo di sudore scende della sua fronte, e a contatto con l'aria mattutina provocano un'immediata sensazione di freschezza su di essa. Lesto con le maniche dell'abito della mancina va ad asciugarlo, non vuole certo prendersi un accidente in questo periodo. Non ha un carattere troppo espansivo, ma con il passare del tempo sta acquisendo sempre più sicurezza, inoltre in questo caso trovarsi di fronte uno pseudo coetaneo sicuramente aiuta. Trovatosi quindi anche lui ad una distanza che permetta una conversazione piegherebbe leggermente la schiena, le mani si poggiano sulle ginocchia, mentre il Deshi riprende ossigeno velocemente per tornare ad una respirazione normale e non più affannosa. Così piegato la sua testa sarebbe bene o male in linea con quella del parigrado. < Ciao, mi chiamo Hotaka! > Aggiunge compiendo nel mentre un lieve cenno con il volto, una sorta di inchino in miniatura. < Ti stavi allenando anche tu? > Aggiunge, non troppo sicuro di cosa stesse facendo il ragazzo, purtroppo il velo nebbioso ha reso difficile un individuazione certa delle sue precedenti movenze.

10:39 Harai:
  [spiaggia] è un giovanotto di dodici, forse tredici anni, non di più. Ora che Hotaka è più vicino, nonostante qualche filamento di nebbia ancora si stenda a disturbare la vista di entrambi con le sue fragili propaggini lattiginose, non può non immaginarlo. È una deduzione, certo, ma la pelle chiara del giovanotto che gli sta di fronte non reca ancora il segno di alcun insuccesso o di alcuna fatica emotiva; i lineamenti del viso sono morbidi e ingentiliti dalla giovane età, devono ancora venire scolpiti dall'adolescenza e dall'esperienza; la voce stessa già lo preannunciava, così chiara e frizzante, carica di emozioni ed emotività come solo un bimbo può avere nel suo colorito timbro vocale. Ma il primo, primissimo particolare che probabilmente egli potrebbe raccogliere su di lui ora che è vicino, sono certamente gli occhi: hanno un colore chiarissimo, come di latte fresco appena munto e una nota di fredda malinconia che si trasmette all'intero sguardo, forse per via della fusione fra iride e sclera che paiono un solo e pallido riflesso del tepore lunare, quando l'astro notturno è pieno e splende in un cielo limpido traforato di stelle. Sono occhi famosi in tutto il mondo Ninja, quelli del pargoletto, occhi su cui si narrano leggende antiche e storie moderne ben meno felici. Hyuga. Annuisce, quindi, in prima battuta come replica alle parole altrui: <ciao Hotaka, io sono Harai del Clan Hyuga. Piacere.> aggiunge poi. E mentre parla, congiunge le piccole manine arrossate dalla temperatura fresca avanti al basso ventre, la destra sulla sinistra e muove un piccolo, piccolissimo inchino con il busto in avanti a disegnare un saluto elegantemente sbarazzino. Una volta tornato diritto, mentre le mani ristagnano ancora in quella posizione, il giovanotto si guarda un attimo attorno, prima a destra e poi a sinistra, tornando sul collega poi. <si, ti ho disturbato? Non volevo, scusa!>

10:50 Hotaka:
  [Spiaggia] Il rumore dell'acqua fa da contorno all'incontro odierno fra i due. Le onde aiutate dal vento si infrangono fragorose sulla spiaggia, emettendo quella schiuma bianca che si arrampica sul maggior terreno sabbioso possibile, per poi rientrare e lasciare quel periodo di stallo fino al giungere della successiva. Il vento in questa posizione chiaramente viene percepito maggiormente, sebbene possa risultare fastidioso sicuramente permette al Deshi di riprendere fiato in fretta. Dopotutto si sa, l'aria di mare o di oceano che sia porta sempre e volentieri più benefici che rischi. Osserva bene l'astante, ne ascolta la presentazione e non può fare a meno di rimanere colpito dal clan dal quale proviene. < Hyuga ho capito bene? > Proferisce tranquillo, tornando in posizione completamente eretta. Ora per forza di cose lo guarda dall'alto in basso, sempre con un leggero sorriso amichevole. < Anch'io vengo da Konoha! > Aggiunge poi, in effetti i due sono pure compaesani. Le informazioni dategli sul clan di appartenenza, unite agli occhi bianchi caratteristici del parigrado non possono che identificare bene il villaggio di origine di Harai. < Nessun disturbo tranquillo > Esclama poi, dopotutto aveva appena terminato la serie < Il tuo clan è tra i più rispettati di Konoha, e in ogni lezione accademica ci viene sempre ricordato come i possessori del Byakugan o dello Sharingan godano di vantaggi molto importanti su ogni tecnica che impariamo > Dice sempre sorridendo, sospirando poi leggermente. < Devo dedurre diventerai un osso duro eh? > Termina, tono conciliante e per nulla canzonatorio. Presuppone vista l'età e l'assenza di effigi che non sia ancora uno shinobi, ma potrebbe anche sbagliarsi.

10:56 Harai:
  [spiaggia] è a piedi scalzi, la sabbia fine e chiara che si infila fra le sua piccole dita e aderisce scomposta alla pelle. Hotaka potrebbe facilmente accorgersi dei sandali lasciati incustoditi a circa cinque o sei metri alla sua destra, la sinistra del giovanotto con cui va chiacchierando. Sono calzature comunissime che, fra l'altro, Egli sicuramente ha già visto in giro: in pelle e gomma, scure, sono piccoli sandaletti come quelli che sono soliti indossare i guerrieri Ninja e potrebbero quindi denunciare senza troppa fatica la propensione del giovanotto verso la carriera militare. Per il resto, lo Hyuga indossa degli indumenti piuttosto semplici e senza alcun fronzolo di genere: brache a pinocchietto in tessuto di un grigio scuro scuro e quella maglia di cui già abbiamo accennato, figlia della stessa mano sartoriale dei pantaloni, a maniche lunghe. Queste ultime sono però ora alzate malamente sulle braccia, la destra oltre il gomito mentre la mancina è scivolata più giù, a metà avambraccio, forse per via dei movimenti che hanno preceduto questo momento di stasi. Non sembra avere armi addosso di alcun genere, così come non vi sono soprabiti o zaini che possano nascondere chissà quali equipaggiamenti. Lì di fronte a lui, il giovanotto annuisce un paio di volte, piano, spendendosi per un sorriso lieve come una carezza, timido; è questa la risposta muta che offre alla prima affermazione dell'interlocutore, lasciandogli poi il tempo di continuare senza interromperlo. Le parole successive, quelle riferite alle lezioni dell'accademia e dei vantaggi possibili per chi possiede le arti oculari più famose della foglia, sembrano agitare un attimo il ragazzino: sgrana appena gli occhi, spegne l'accenno di sorriso e dischiude le labbra di poco, ma sufficienti per dipingere un moto perplesso su quel visetto più tondo che altro. <eh, chi lo sa. Lo spero!> replica poi, arrossendo appena e sorridendo d'imbarazzo. Muove anche le mani, in quei frangenti: se l'arto destro scivola lungo il fianco a riposo, la mano mancina si spinge in alto verso la nuca, le dita artigliate mollemente per grattare il cuoio capelluto in quell'area; si, il piccolo non è a suo agio con tutto quell'onore che gli viene attribuito e lo dice così, alla maniera dei bimbi, con simpatica sincerità.

11:03 Hotaka:
  [Spiaggia] Ogni tanto il giovane Deshi si stiracchia la schiena, compiendo movimenti cicolari con il bacino tenendo le mani sui fianchi. Altro esercizio importante che compie ciclicamente è quello di roteare le braccia in avanti e poi indietro, per sciogliere i muscoli pettorali particolarmente coinvolti nell'esercitazione svolta in precedenza. Tutto questo mentre ascolta interessato le parole di Harai, altra nuova conoscenza da aggiungere a quelle fatte nei giorni precedenti. Forse fra tutti lo Hyuga è quello che più gli assomiglia, se escludiamo l'altezza, come età e corporatura. Una volta trovato un equilibrio fisico soddisfacente, il Deshi permarrebbe immobile con le braccia distese lungo i fianchi. Sembra che dalla riposta ricevuta le affermazioni del ragazzo abbiano messo leggermente in difficoltà il parigrado, che poi tenta giustamente di sdrammattizzare. < Beh abbiamo tempo entrambi! > Incalza, ridendo a sua volta. < Dopotutto ogni tecnica ha un punto debole no? > Sorride nuovamente, ripetendo a memoria la frase che il padre spesso gli ripeteva quando gli parlava di jutsu o innate incredibilli di cui il ragazzino sentiva parlare. < Se ti va potremmo anche allenarci insieme in futuro! > Aggiunge, non fermando il sorriso. Fino ad ora tutti gli studenti che ha incontrato erano più grandi di lui, forse per questo si apre maggiormente davanti al giovane compaesano.

11:07 Harai:
  [spiaggia] si trova sulla spiaggia, lo abbiamo detto, ma è al centro di qualcosa di particolare; Hotaka potrebbe accorgersene ora che, da un poco, staziona lì vicino e può quindi concentrarsi su particolari che, magari, in prima battuta potevano essere ritenuti minori e passare quindi in secondo piano. Mentre la sabbia lì vicino è levigata in una tavola morbida ed umida dalle onde, quella attorno allo Hyuga è decisamente mossa e, nonostante l'acqua si sia già mangiata buona parte di quei segni, se ne possono ancora intuire le forme con facilità. Esse tratteggiano dei cerchi concentrici, almeno tre, con alcuni raggi che ne tagliano le traiettorie in maniera netta, apparentemente disposti casualmente; non sono segni precisi, è palese che siano stati scolpiti con il passaggio ripetuto dei piedini del giovanotto, come se si fosse mosso più e più volte sulle stesse traiettorie, passo dopo passo, azione dopo azione. Forse dunque, anche lui stava ripetendo delle sequenze prestabilite, magari qualche kata o chissà che altro. Lo ascolta e, di nuovo, annuisce con quel visetto lieve: <dici bene, sì.> una pausa, per dare il tempo all'altro di parlare ancora e ipotizzare un futuro allenamento fra i due. Sgrana appena gli occhi, il viso plasmato da una leggera spinta di sorpresa, poi la replica, tutta entusiasmo: <sarebbe bello, davvero.>. Inizia quindi a muoversi, in direzione di quelli che, evidentemente, sono i suoi sandali. Li raggiunge, si piega appena, li afferra con la mano destra. <io devo rientrare ora, rimani?>

11:20 Hotaka:
  [Spiaggia] La sabbia finissima - praticamente bianca - dell'isola fa da teatro all'incontro fra i due giovani ragazzi della foglia. Uno Hyuga da una parte, dall'altra il giovane Deshi del clan Kimura, ignoto ai più. Certo in quanto ad alberi genealogici non c'è paragone: i genitori del Deshi sono entrambi Chunin, niente male ma sicuramente neanche lontanamente paragonabili alla dinastia del clan Hyuga. Ma questo è un mondo dove certe cose non fanno differenza, almeno nella mente tutto sommato abbastanza sviluppata del ragazzino non c'è posto per invidia, perchè sa in cuor suo che chiunque può diventare qualcuno: la costanza è quello che fa la differenza a suo parere. Può effettivamente visualizzare i cerchi concentrici attorno al giovane compaesano, che proprio come il Deshi pensava si stava allenando anch'esso, in una maniera pare molto differente da quella di Hotaka. Costanza no? Sembra proprio che anche il parigrado su certe cose la pensi in modo simile a lui. < Ottimo! > Proferisce con un sorriso, un altro eventuale futuro compagno di allenamenti quindi, ormai sono tre. Osserva con lo sguardo poi la figura del parigrado muoversi verso i sandali, sembra che il suo tempo stia per terminare. Ruota quindi leggermente il busto in sua direzione, pensieroso < Dovrei fare qualche altro esercizio, si penso rimarrò ancora qualche minuto.. > Aggiunge pensante, volgendo lo sguardo verso il cielo pennellato dalla nebbia bianca. < Harai-kun > Mugugna poi, osservando nuovamente i segni lasciati dello Hyuga nella posizione in cui trovava in precedenza, scalzo. Usa un suffisso amichevole, sperando di non essere esageratamente confidente. < Se posso, che stavi facendo lì? > Parla mentre indica proprio quel luogo, curioso.

11:23 Harai:
  [spiaggia] sistema i sandali nella presa della manina: indice e medio artigliano le cinghie degli stessi già mentre il ragazzino si raddrizza e fa per voltarsi, tornando a dare le spalle al mare e la fronte all'interno dell'isola. Solo allora inizia a camminare, piano, puntando la zona subito appresso il fianco destro di Hokata, con il palese intento di sfilargli accanto e superarlo, qualora lui non decidesse di seguirlo. Ha i capelli neri non troppo lunghi, sciolti a ricadergli sulle spalle; hanno il colore della piuma del corvo, scurissima e lucidissima, o quello agitato della pece bollente, quando ribolle borbottando nel calderone. E cammina affondando di poco i piedini nella sabbia, d'altronde non è per nulla pesante e, in quei frangenti, non sembra voler calcare con forza i propri passi anzi; s'incammina e senza fretta, lascia che l'altro si accomodi al suo fianco. Lo guarda sottecchi un istante quando gli passa accanto, in diagonale, poi torna a piantare il proprio sguardo sul terreno, come a cercare di capire dove mettere i piedi su quella sabbia finissima che si fa movimentata prima di indurirsi e divenire terreno fertile per l'erba – quella stessa erba che Hotaka aveva utilizzato poco prima come fondo per il proprio allenamento. Si ferma però, visto che l'altro non lo segue: <uhm, dove?> domanda perplesso. Solo quando segue la traiettoria dello sguardo altrui, il giovanotto sembra intuire il significato reale della domanda di Hokata. <ah beh .. mi stavo allenando.> indica quell'area segnata con il braccio libero, il sinistro, l'indice steso. <La nostra arte si fonda su movimenti ben precisi e li stavo ripassando, ecco..>

11:31 Hotaka:
  [Spiaggia] I due ragazzi allievi stanno conoscendo sempre più cose l'uno dell'altro, vista la simile età non è da escludere che possano rivedersi molte altre volte durante la loro ipotetica carriera da shinobi. Osserva le sue movenze, facendo qualche passo verso di lui che intanto si era allontanato. Forse se ne stava andando, forse con questa domanda il Deshi lo ha costretto a fermarsi più del dovuto. In effetti per quanto sia ancora giovane certo non può dire di avere mai visto cerchi del genere durante un allenamento, ma decide di non interrogare troppo il giovane studente. < Capisco, ripeto Harai-kun sarei molto curioso di battermi con te un giorno.. > Esprime, sempre sorridendo e senza nessun accenno a conti da saldare o ad invidia di clan. E' un arte di cui sa poco o nulla infatti, che deve ammettere lo incuriosisce molto. Decide poi di non indugiare oltre, non vuole trattenere per altro tempo il parigrado che pare proprio in
procinto di dover andarsene. < Ti lascio andare adesso, sono sicuro ci rivedremo! > Sorride, agitando la mancina e dirigendosi puntando il manto eboso prima di essa dove prima era locato. Purtroppo per lui sono in programma altre due serie di potenziamento muscolare, del quale in effetti guardandolo ha molto bisogno. Anche se si sa, in questo caso la crescita fisiologica con l'età potrebbe conferirgli ancora un discreto aiuto.

11:33 Harai:
  [spiaggia] <te l'ho detto, sarebbe bello.> Replica con quel timbro che è tutto un pizzicare di note alte, seppur gentile nelle cadenze. Ha una buona dizione per essere un bimbetto di nemmeno quindici anni, ma nonostante tutto gli accenti sono quelli tipici del paese del fuoco, cari forse ad Hotaka stesso in quel paese che non è i loro d'origine. Decide, infine di incamminarsi. Lo fa ruotando il corpo in direzione dell'interno dell'isola per capirsi, iniziando a muovere i primi passi in avanti senza fretta alcuna, i sandali al suo seguito sempre sostenuti nella mano destra. <a presto Hotaka!> esclama quando è già distante qualche manciata di metri. Il braccio mancino, steso parzialmente verso l'alto, permette al mano di porsi all'altezza della sua testa, in mostra aperta: è un saluto, ovviamente, sbarazzino come lo è quel ragazzino. Via.

Hotaka e Harai stanno entrambi svolgendo esercizi singolarmente sulla spiaggia dell'Isola. Colgono poi l'occasione per presentarsi, conoscersi e per programmare un futuro allenamento fra i due.