L'allievo e la Leggenda

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16:26 Yosai:
  [Gran Mercato] E se la mattina poteva essersi forse salvato dalla nebbia, ecco che di nuovo quel gelido, grigio sudario torna a rivestire ciò che lo circonda. Fortuna che quell’isola ormai è abituata alla nebbia, e riesce a mitigare l’aria spettrale che quella coltre per sua natura dona a ciò che avvolge. E così, dentro le spire del vapore, è tutto un muoversi di figure, un avvicendarsi di voci, un confondersi di odori, e in mezzo a questo, che in due parole è il gran mercato, emerge una figura che non si confonde, perché spicca tra gli alberi come un cipresso in mezzo ai cespugli. Cammina a passi lenti, il Deshi della foglia. Non ha bisogno di farsi largo più di tanto, chi si accorge di lui lo evita naturalmente, e a chi non si accorge basta una leggera toccatina sulla spalla. A coprire le gambe nerborute indossa i neri, ampi pantaloni d’un kimono che si immergono in una fasciatura rossa all’altezza del polpaccio squadrato, a loro volta infilate in comode calzature. Il busto è coperto da una canotta bianca, senza maniche e col collo alto fin sopra al pomo d’adamo del gigante sfregiato. Le spalle stondate e le braccia definite penzolano ai fianchi, decorate dai sinuosi giochi di luce creati dai muscoli quando si muove e da scuri, spessi tratti nero-rossastri d’inchiostro che s’inerpicano fin dentro la maglia. Il collo taurino sorregge un viso affilato, dai lineamenti squadrati, dal naso dritto e dalla barbetta in colta sulla mascella. Il viso è decorato da due cicatrici. Due tagli scuri e dritti, il primo parte dalla parte sinistra della fronte e scende fino allo zigomo, salvando l’occhio. Il secondo percorre la fronte in orizzontale, come il taglio sul coprifronte dei mukenin, ma sulla carne viva. A completare la figura i folti capelli scuri, lasciati liberi di incorniciargli il viso toccando le spalle. Anche gli avambraccio sono fasciati di rosso, fino alla prima falange. Fasce da combattimento, non mediche. La mancina tiene saldo un secchio con dentro qualcosa di fumante. Ogni tanto c’infila la destra, il deshi, estraendo un raviolo di carne e ficcandoselo in bocca, affamato. Gli zaffiri del color dell’oceano saettano tra la folla, tra visi, abiti, oggetti, dettagli che gli passano sotto il naso come l’acqua passa sul letto d’un fiume.

16:39 Kaori:
 Mentre organizza la riunione del clan al dojo, invitando tutti i vari membri Hyuga a prendervi parte, Kaori si aggira per l'isola Chumoku con fare cauto. Si guarda attorno cercando di captare qualsiasi tipo di anomalia, rumore o figura sospetta dato che più di una volta, apparentemente, quella strana figura dotata di Byakugan è apparsa per quelle strade. La nebbia è fastidiosa ma non abbastanza fitta da negarle la vista. Non può vedere alla distanza solita ma dubita che potrebbe non accorgersi della presenza di quel tale sedicente Dio solo per colpa di qualche metro di visuale in meno. Ha il chakra naturalmente impastato ma tiene l'arte oculare a riposo non desiderando destare preoccupazione in chi l'incontri né, tanto meno, sprecare energie preziose: tutto sembra essere tranquillo dopotutto, al di là del consueto brusio che anima luoghi come quello. Avanza pertanto con passo leggero, fluido, per il gran mercato dell'isola vestita di un semplice kimono corto, nero, straziato qua e là da una fantasia a fiori di un tenue viola pallido simile per lo più al lilla. I fiori paiono arrampicarsi lungo le maniche ampie della veste, lungo la piega che trasversale attraversa il petto e lungo i bordi inferiori della gonna a balze che copre candidamente le cosce toniche. Un obi viola le circonda la vita sottile inducendola a tenere la schiena ben dritta, il petto in fuori. Le gambe si mostrano scoperte, magre eppure evidentemente allenate con i polpacci finemente definiti e caviglie sottili attorno cui i lacci dei sandali ninja s'intrecciano. I lunghi capelli violacei sono stati raccolti in un'alta coda di cavallo mentre attorno alla gola è presente il coprifronte della Foglia legato dietro la nuca. Avanza con passo flemmatico, elegante, le mani tenute compostamente davanti a sé, abbandonate lungo il corpo ed unite verso il basso ventre. Par quasi una maiko nel portamento che possiede, delicata e femminile come solo le Hyuga sanno essere: o le ben più desiderabili Geishe. Non ha i figli con sé quest'oggi, ha preferito lasciarli a casa alle cure delle nonne, perciò si muove sola per le strade del luogo tenendo la testa alta, lo sguardo pacato e rilassato a scivolare padrone sulla scena così da potersi fare una idea di quella che, all'effettivo, par essere Chumoku. Ha sentito poi che da qualche parte hanno allestito un'Accademia per i giovani allievi in visita e quasi le solletica la mente l'idea di andare a farvi visita: chissà che da quelle parti la nebbia non sia meno fastidiosa? Si ritrova perciò ad arrestare il passo quando nota avanzare verso di lei una figura maestosa e imponente, un uomo nerboruto e muscoloso che non le pare d'aver mai incontrato prima. < Mi scusi. > chiosa candida, educata, non appena l'altro arriva sufficientemente vicino da permetterle di parlare senza dover alzare il tono. < Saprebbe dirmi dov'è l'Accademia? > domanda cortese, gentile con una voce tanto dolce da sembrar quasi miele. Non sa che l'altro è un compaesano, non nota alcun coprifronte sulla sua figura, e si riscopre sorpresa della cosa: a guardarlo parrebbe quasi ovvio pensare che sia un ninja come lei. E' quasi buffo il pensiero che fra i due, probabilmente, sia proprio lei la più pericolosa. [ Chakra:on ]

17:02 Yosai:
  [Gran Mercato] Continua la sua camminata tranquilla per i banchi e i negozi. È una cosa che presto dovrà perdere… camminare senza pensieri, senza attenzione, senza concentrazione. Ma per adesso se la gode, anche perché da dove viene è stato costretto a tenere alta la guardia sempre, e quando questo non accadeva un nuovo segno marchiava il suo corpo. Una voce attira la sua attenzione sono prima le iridi oceaniche ad inondare la figura. La guarda dall’alto. Non può essere diversamente. Ne osserva l’eleganza, la raffinatezza nel vestire, sale lo sguardo. Coprifronte. Istintivamente il corpo nerboluto s’irrigidisce, come fosse stato toccato dal ghiaccio, solo le iridi continuano a salire, occhi color delle perle, lunghi capelli violacei, un viso. Quel viso. La sorpresa avvampa sul volto di lui. La conosce. Certo che la conosce! Chi non la conosce? <ma… voi siete…> Inghiottisce, convinto di inghiottire solo saliva, ignorano il fatto di aver appena messo in bocca un raviolo sano. Allo sorpresa, sullo sguardo s’affaccia il terrore, mentre quel gigantesco bolo gli si ferma in gola. Ha bisogno d’aria. Istintivamente gonfia il torace possente, deve tossire, ma non può farlo davanti ad una leggenda vivente. Così si limita ad indietreggiare con il piede sinistro, appoggiandolo dietro il destro, con i talloni a contatto e la punta verso fuori, provocando la torsione delle anche e quindi anche della colonna, delle spalle, del volto, si volta insomma, dall’a parte opposta rispetto a lei mano davanti alla bocca e <chhough! chough!> spara due colpi di tosse che probabilmente se in gola avesse avuto una palla di cannone avrebbe distrutto l’edificio di fronte. Ma per fortuna tutto si ferma tra le fauci, pronto ad essere correttamente masticato e indirizzato nel modo giusto allo stomaco. Quando si volta verso di lei il blu dei suoi occhi è vivo come quello dell’acqua viva. Lucido. Commosso di vederla? O di non esser morto soffocato <Voi siete Kaory Hyuga!?> c’è una nota di domanda, esclama tornando eretto davanti a lei e guardandola dall’alto, non aspetta risposta, piegando la colonna vertebrale verso di lei, resta ad un metro di distanza almeno, formale, ma s’avvicina, piegandosi verso il basso, dando l’effetto di un bastione che si protende verso il suolo. <non siete cambiata di una virgola da quel giorno!> usa il voi, eccessivamente formale ma fa fatica a comportarsi con l’autorità, e quindi preferisce esagerare. Che poi è lo stesso principio con cui vive. Si raddrizza rendendosi conto d’esser molesto, fa un passo indietro, solo per piegare di nuovo la schiena, ma in un profondo inchino questa volta <è un onore conoscervi di persona> mormora piano mantenendo, nell’inchino, lo sguardo alla ricerca del suo. <Per favore, datemi del tu.> prosegue salendo col busto. Non si merita quel rispetto da lei, ed è una supplica solo perché ci sono quelle due parole all’inizio, perché il tono è fermo <certo che ve lo so dire, se dio vuole a breve non dovrò metterci più piede. Si trova…> volta di scatto il collo taurino da un lato, snudando la giugulare sotto la pelle, poi dall’altro. No, non si orienta <vi ci posso portare?> chiede mentre le gote gli si tingono del rosso della vergogna <con questa nebbia non mi oriento benissimo> male Yosai, male. Abbozza un sorriso, se pur a sorridere siano solo le labbra, lo sguardo è piantato in quello di lei, a prescindere da dove lei lo rivolga, come se da quei pozzi perlacei potesse trarrere qualcosa di interessante, vibranti baleni d’interesse tingono quel blu oceano che la guarda.

17:54 Kaori:
 Le rosee della fanciulla s'incurvano lievi verso l'alto, ai lati, in un sorriso cortese e appena accennato. Un gesto tanto minimo d'apparir quasi evanescente, ma è fermo, sicuro, stagliato come una ferita sanguigna sulla sua cute nivea. Abbassa candidamente le palpebre in un'espressione di timida consapevolezza quando l'uomo davanti a lei si sorprende nel vederla. Riconoscerla. Sa che ormai è divenuta una figura celebre oltre i confini della sua terra natia, ma ancora oggi capita che fatichi a realizzare l'impatto che la sua sola presenza possa avere sul prossimo. Personalmente si sente ancora, parzialmente, la giovane deshi che mangiava affamata da Ichiraku dopo un lungo allenamento alla vigilia del suo esame genin e le sembra quasi folle che qualcuno possa guardarla con tanto stupore. Vede l'altro arretrare, voltarsi con quanta compostezza la sua mole gli concede e quindi tossire un paio di volte: a giudicare dal suono che avverte risalirgli dal petto si direbbe abbia qualcosa incastrato in gola. < State bene? > chioserebbe d'istinto, delicata, sollevando le ciglia con eleganza. Tutti gli anni trascorsi in ospedale hanno affinato i suoi sensi e la consapevolezza che la stessa ha del corpo umano e di ogni segnale ch'esso è in grado d'inviare. L'uomo par comunque stare piuttosto bene al di là del tossire e della sorpresa di quell'incontro e per questo alcun cenno d'allarme pare mostrarsi sui lineamenti sottili del suo viso. Abbassa lieve il capo in un delicato cenno d'assenso quand'ode la voce altrui porre quella domanda; risolleva il volto con fare leggero, fluido, puntando lo sguardo perlaceo sul volto altrui dovendo reclinare persino il capo all'indietro per poterci riuscire. < Sì. > si limita a replicare non volendo peccare in alcun modo di superbia con qualunque altro tipo di risposta, la voce melliflua a trovar fiato quando smuove le labbra sottili, rosate. Lo vede dunque inchinarsi, istantaneo, al suo cospetto con un ossequio tale da riscoprirsi sorpresa della sua reazione: a maggior ragione sono le sue successive parole a confonderla portandola a schiudere le labbra in un'espressione di genuina confusione. < Quel giorno? > ripete con voce calma, bassa, inclinando di poco il viso verso la spalla sinistra, interrogativa. Le sopracciglia s'abbassano appena ed una piccola linea s'intromette fra loro straziando l'altresì uniformità della sua pelle. < Vi conosco già? > domanda, incerta, sbattendo lieve le ciglia scure, sorridendo dunque mesta quando l'altro la prega quasi di dargli del tu. < Oh, posso prima sapere qual è il vostro nome? > ribatterebbe gentile alla sua domanda ormai curiosa di capire chi ha davanti; una figura tanto imponente sarebbe stata difficile da ignorare e per questo cerca di forzare la memoria così da poter ricercare l'altrui figura nei propri ricordi. Una risatina leggera, delicata, sfugge cristallina dalle sue labbra: la spontaneità dell'uomo sembra così distante da quel suo aspetto minaccioso! < Se non è di troppo disturbo mi farebbe piacere. > replicherebbe, dopo pochi secondi, distendendo ora maggiormente le labbra in un sorriso appena più ampio dei precedenti: non più di mera cortesia ma sinceramente e genuinamente divertito. < Sì, la nebbia sa essere particolarmente fastidiosa. Ma non è nemmeno così fitta come a Kiri. > osserva la donna seguendo ora la guida dell'altro nel momento in cui avesse iniziato ad avviarsi. < Quindi... sei un deshi? > domanda, tranquilla, volgendo verso l'altro lo sguardo al proprio fianco, vagamente imbarazzata dalla differenza di statura fra i due. < A guardarci sembro io l'allieva fra i due. > ammette, divertita, scherzando pacatamente sulle proprie sembianze non molto minacciose. [Chakra:on]

18:19 Yosai:
  [Gran Mercato] Scuote il capo lasciando svolazzare la folta chioma scura <nessun disturbo, Kaori-sama, il piacere è mio > ci mancherebbe. Inizierebbe ad avviarsi tenendo sott’occhio, con la vista periferica, che la Hyuga lo stia seguendo, tante domande, come al solito è stato troppo irruento, non si è spiegato. La osserva tenendo il volto di tre quarti adesso, in modo da rivolgersi a lei con lo sguardo ma non perdere di vista la strada, passi lenti, cadenzati, proporzionati all’andatura della Hyuuga. Cominciamo con le cose importanti, la richiesta di presentazione, schiude le labbra <sono Yosai, deshi di Konoha> presentazione completa, cosi ci siamo tolti due domande con una risposta. <e no, voi non mi conoscete, non potreste> scuote il capo. Lo sguardo viene portato in avanti ad osservare il vuoto. Davanti a lui in realtà si staglia lo specchio del ricordo, invisibile a chiunque tranne che a lui, e su quella superfice scorge la finestra su un mondo passato <avevo quattordici anni… o quindici> comincia, attenuando il passo, in preda al ricordo <E vi ho vista combattere… era… era un torneo> quale torneo? Non può non ricordarlo! Sorride, eccolo riaffiorare, <Era il torneo dei villaggi. Voi partecipavate nella categoria di Special Jounin> un baleni d’invidia, d’orgoglio, di viva ammirazione, nelle pupille che non si staccano da quel ricordo <ne avete sconfitto uno dopo l’altro. Mi ricordo l’eleganza. Mi ricordo…> il sorriso si stende fino a snudare la dentatura <alla fine dell’ultimo incontro sono sicuro che mi abbiate guardato, Kaori-Sama> Si spegne quel ricordo sulla vittoria di lei, il resto non gli interessa. Sbatte due volte le palpebre per tornare a cercare le iridi perlacee di lei. Bagliori di quei terribili fendenti, di quell’eleganza maestosa, ancora davanti agli occhi <eravate micidiale> strano complimento, forse, ma non per lui <tornato appositamente per vedere i migliori combattenti, e dopo quello sguardo ho giurato che avrei fatto altrettanto> non ce le aveva ancora quelle cicatrici. Ma eccoli li, a distanza di quanti, sei anni? Sette? Lei è una leggenda vivente e lui… un grosso sfregiato. Distoglie lo sguardo puntandolo in avanti mentre senza accorgersene stritola la parte alta del suo secchio di ravioli cartaceo, piegandolo. Deve fare di più, si stà adagiando sugli allori, gli allenamenti lo attendono <direi di no, Kaori-sama> sorride con una punta d’amarezza <l’apparenza non conta nel mondo ninja, non devo certo insegnarlo a voi>. Ha l’impressione di star camminando a pochi centimetri da un gigante, o di essere lui tanto piccolo da faticare a tenere il passo di lei. <Ho conosciuto un vostro familiare qualche giorno fa… Mekura Hyuga.> in realtà ne ha conosciuto anche un altro, meno alto di lui ma molto più duro e molto più ostico. Ma non può sapere essere il marito.

18:52 Kaori:
 Con passo cadenzato, flemmatico, segue la direzione passivamente imposta dall'altro godendosi nel mentre di quella lenta camminata la visuale del paesaggio. Seppur scolorito da quel velo di nebbia umidiccia, il panorama è comunque stimolante. Non è un luogo particolarmente bello, non nel senso più profondo del termine; è però suggestivo. Per quei vicoli, per quei banchi, fra le persone che affollano quel posto è presente l'essenza stessa di Chumoku al suo stato più grezzo e primordiale. Nei passanti che si scansano al loro passaggio, nel ridere squillante di qualche ragazzino in fuga si nasconde la linfa vitale del posto. E' lì che si cela in piena vista la tradizione di quel luogo a lei ancora sconosciuto. Le piace vedere come la gente organizzi i propri banchetti lì, come si saluti, come si vesta persino. Non un paese così distante e differente da Konoha, ma a suo modo unico. < Piacere di conoscerti, Yosai. > chiosa la donna alla presentazione altrui, volgendo verso lui lo sguardo per mostrargli tutta la sua attenzione. La voce è gentile, leggera, l'espressione semplicemente--calma. Qualcuno potrebbe ricordare la Kaori di svariati anni prima: una ragazzina sempre sorridente e solare, forse un po' chiacchierona, con gli occhi grandi di meraviglia e felicità. Le esperienze che hanno reso quella ragazzina la Dainin della Foglia sono le stesse che hanno preso quel sorriso e l'hanno, di volta in volta, rimpicciolito fino a renderlo quel vago incurvar degli angoli della bocca che ad oggi mostra al prossimo. Sono gli stessi che hanno preso la luce nel suo sguardo e l'hanno modellata fino a deformarla, imprigionarla. Limitarla. La luce è ancora lì, brilla forte dentro di lei, ma è celata. Non più palese nel suo sguardo si rivela solo di rado nelle giuste condizioni. Un passo davanti all'altro ed eccola fiancheggiare l'omone lungo il tragitto che li avrebbe condotti all'Accademia del posto. Ascolta in silenzio le parole altrui quando questi va rispondendo alla sua curiosità; il racconto che le offre la porta a sentirsi profondamente toccata. Non ha mai pensato, realmente, a come i suoi incontri potessero aver influenzato qualcuno. Non ricorda con esagerato piacere quell'evento, in tutta verità: ricorda come fosse la sfavorita fra i suoi avversari, come tutti la dessero da principio sconfitta. Inoltre ricorda quel periodo come ricco di difficoltà. Aveva ucciso da poco Cappuccio Rosso e il dolore per la perdita del padre l'aveva resa--fredda. Distante. Vuota. Ma oggi, grazie a quel ragazzo, si ritrova a ripensare a quell'evento con il sorriso, con una nuova ondata di orgoglio e soddisfazione. Addolcisce lo sguardo nell'osservarlo, ora, quella luce apparentemente perduta fa ora capolino fra le palpebre candide illuminandole il viso. < Sei il primo che ha un così bel ricordo dei miei incontri in quel torneo, sai? > confessa la donna continuando ad avanzare. < Ho scoperto che ero data per perdente da--beh, praticamente la totalità dell'arena. > sbuffa una risata ripensando a come l'arena s'era incendiata al termine dell'ultimo incontro. Sotto sotto, dopotutto, la gente ha sempre avuto una strana passione per gli sfavoriti: forse perché era più soddisfacente vederli trionfare, alla fine. < E' stato particolarmente gratificante vincere con questa consapevolezza. > ammette peccando, forse, di superbia. < Sono davvero felice di averti ispirato. > riprende, dopo un lungo attimo di silenzio, tornando più seria. < Le tue parole significano molto per me. Ti ringrazio, Yosai. > chiosa con delicata serietà, arrestando il passo nel bel mezzo della via per chinare rispettosamente il capo all'indirizzo dell'altro. Un segno di riconoscenza, un segno di gratitudine. Di stima. Passano pochi istanti prima che torni ad ergersi in tutta la sua misera statura tornando ad avanzare per il mercato. Ascolta il dire altrui annuendo e ruotando il capo ne studia la fisionomia. < Sai? Sarebbe interessante se ora mi dicessi essere un asso nell'arte del ninjutsu. > ironizza sulla banale aspettativa generale di riscoprirlo ovviamente taijutser. < Immagino che non sia esattamente il tuo punto di forza però, eh? > ridacchia, piano, con leggerezza prima di mutare espressione all'udire il successivo discorso dell'altro. Quel nome risveglia sensazioni contrastanti in lei. La stranisce. Ma non la frena. < Ah sì? > domanda con semplicità stringendosi nelle spalle. < Io non la vedo da vari anni. Sapevo si fosse ritirata a vita privata. > rivela con educato distacco. Di punto in bianco aveva scoperto che l'altra aveva abbandonato la sua carica in Consiglio, il coprifronte e che aveva scelto la strada da conciatrice a quella da kunoichi. Era stata una sorpresa inaspettata, imprevista per lei. Avrebbe pensato che l'altra l'avrebbe almeno informata prima di sparire dalla circolazione a quel modo ma dopotutto i rapporti fra loro si erano raffreddati già da tempo a quel punto. < Che te ne è parso? > domanda casualmente, più per educazione che per reale interesse, non desiderando scoraggiare la conversazione fra loro. [Chakra:on]

19:11 Yosai:
  [Gran Mercato] Scuote il capo nel sentirla parlare e con sdegno infila la mandritta nel secchio tenuto dalla mancina e s’infila in bocca un altro raviolo. Mastica e inghiotte nel tempo che lei termina la frase, affamato com’è. Continua ad incedere ascoltandola e al suo dire scuote la testa. Quasi contrariato. Non è possibile che venisse data per sfavorita. Se lo gode di nuovo sporto di tre quarti con il volto verso di lei, quel sorriso, piacevole alla vista, ma soprattutto per il significato, ma quando lei si ferma e fa per inchinarsi sgrana lo sguardo. Istintivamente irrigidisce la braccia nerborute e pronte per scattare, andandola a prendere, ma non lo fa, ma le mani unte. Maledetto zozzone. <n…no!> istintivamente <cioè, vi ringrazio, ma state sicura che forse sono l’unico che ha avuto l’onore di potervelo dire, di certo non l’unico in assoluto> scuote il capo <Ricordo che tornai al villaggio esclusivamente per quell’evento, tornai a…> al tuo esilio, alla tua ferrea educazione lontano da tutti <a casa.. subito dopo> incerto, ma ormai solo così può definirla. <Non sapevo nemmeno cosa fosse una scommessa, Kaori-Sama ma sono sicuro…> annuisce convintamente <… portamento, equilibrio e precisione senza eguali in quella categoria, chiunque s’intenda un minimo di combattimenti avrebbe scommesso> cioè sono tutti degli incompetenti. Ottimo. Sempre drastico, come sempre, torna ad affiancarla <ci credo. Vincere da perdenti è sempre più bello> è per questo che le apparenze non contano, mai. Perché generano aspettativa, come quella che lei rivela poco dopo nei confronti del ragazzone. <e immaginate giusto> annuisce, tornando a guardare in avanti, le spalle stondate dritte, non ha paura di dirlo <mi piace sporcarmi le mani quando faccio le cose, non sono bravo con i trucchetti a distanza o i tranelli mentali, ne delle armi in generale… ci sono cose che fanno più male secondo me> ancora una volta netto come lui sa essere, inesorabile nel suo cammino. Non ha una buona impressione delle altre arti. Questo si nota e forse dovrebbe tacerlo davanti a lei, ma l’incapacità di essere mediatico gli è connaturata, e non è capace a far diversamente. <Stavo per allenarmici insieme> rivela <ma poi è apparso quel pagliaccio pallido dal suo buco nel cielo, ed è andato tutto in malora> assottiglia le labbra in un impeto d’ira. Solleva il braccio destro per prendere un altro raviolo e cacciarselo in bocca. Fluidi serpenti di carne si muovono sotto la pelle quando usa i soi muscoli. Spingendo le vene, autostrade di sangue, a contatto con la pelle.

19:34 Kaori:
 Il tenero imbarazzo dell'altro sembra quasi buffo se associato a quella muscolatura imponente, a quelle forme intagliate e ben definite del corpo. A prima vista parrebbe un uomo minaccioso ma è bastato poco più d'uno sguardo per scorgere in quella figura una persona piacevole ed educata. Kaori risolleva il capo, raddrizza la schiena, scrutando l'espressione altrui con divertita dolcezza. < Oh non preoccuparti Yosai, va bene così. > sorride lei con semplicità, aprendosi in un'espressione leggera, un po' meno composta di quelle sue solite, forse persino simile a quelle che un tempo soleva sfoggiare quand'era una ragazzina. Apprezza il tentativo dell'altro di rassicurarla quasi ma si ritrova a non fare in tempo a dir qualcosa in merito quand'ode la sua voce frenarsi improvvisa, il tono quasi ad adombrarsi quando riprende a parlarle. < Non sei di Konoha? > gli domanda ora incuriosita dopo aver udito quei suoi vari riferimenti al "tornare" al Villaggio che l'altro aveva snocciolato nel giro di quei pochi minuti di conversazione. Forse è per questo che non ricorda di averlo incrociato alla Foglia? Avrebbe sicuramente senso. Ma, d'altro canto, s'è anche presentato come deshi di Konoha e per questo la donna si ritrova confusa a non sapere bene cosa pensare. Preferisce pertanto chiedere direttamente a lui un chiarimento. < Beh non credo che non s'intendessero di combattimento. > riprende poi quando l'altro ritorna a parlare della performance della donna durante l'evento sopracitato. < Credo che avessero più fiducia negli altri perché erano più famosi ed esperti di me. > spiega il suo punto di vista inspirando a fondo l'aria densa del posto. < Mekura e Hiashi erano special jonin da molto più tempo di me quando organizzarono il torneo. Io lo ero da pochi giorni se non ricordo male, forse qualche settimana. > ritorna con la mente al passato, la promozione giunta a seguito dell'uccisione di Cappuccio Rosso, le eliminatorie giunte solo poco tempo dopo. < Capisco che non mi ritenessero pronta. > annuisce lieve, col capo, stringendosi nelle spalle. Alla fine, comunque, li ha fatti ricredere tutti in un modo o nell'altro. Continua ad avanzare al fianco dell'altro ritrovandosi a sorridere mesta, con la compostezza solita, al sentire il suo punto di vista circa lo stile di combattimento a lui più affine. < Non so se si possa definire, in assoluto, cosa faccia più male ma in fin dei conti ciò che importa davvero è che tu segua la strada che trovi più affine alle tue capacità. Certo, potersi destreggiare in più campi può essere utile ma solo in alcune situazioni. > dice la sua in qualità di insegnante, di ninja ormai esperta di combattimento. < La cosa fondamentale è trovare la propria unica vocazione è riuscire a padroneggiarla nella sua interezza. Solo dopo averlo fatto, volendo, si può pensare ad allenarsi in qualche altro campo. > prosegue pacatamente accanto al ragazzone. < Io, per esempio, ho imparato solo da poco a maneggiare un semplice kunai in maniera efficace e per questo devo ringraziare la pazienza di mio marito. > rivela senza alcun imbarazzo ben consapevole dei suoi limiti. < Ma meglio non dirlo ad Azrael oppure potrebbe finire col vantarsi come sempre di aver cresciuto i colleghi ninja attorno a sé. > ridacchia con palese candore e affetto nella voce, ripensando al modo in cui l'uomo è solito far leva sulla sua esperienza. Non che abbia torto, comunque: ha cresciuto in parte Kaori e per molti versi Furaya. E' cresciuto assieme ad Hitomu e sicuramente i due si sono insegnati qualcosa a vicenda nel tempo. Accantona questa riflessione, comunque, quando l'altro rivela di essersi quasi allenato con Mekura prima di imbattersi nel sedicente Dio. < Cos'è successo? > domanda ora seria, intensa, voltandosi a cercare il suo sguardo. Ha bisogno di tutte le informazioni possibili per poter pensare a come reagire alla sua minaccia ed è proprio una fortuna che, proprio oggi, sia incappata in qualcuno capace di aiutarla. L'incontro con Yosai si rivela, ad ogni passo, sempre più piacevole. [Chakra:on]

19:58 Yosai:
  [Gran Mercato] C’è poco da fare, riesce a destare tenerezza anche con quella stazza. Forse dovrebbe truccarsi da pagliaccio per far più paura. Ma in fondo va bene così, è quella parte umana che in lui guizza e si sprigiona da ogni poro e che in lei è rimasta ingabbiata dal ruolo, dal rango, dalle esperienze e dagli oneri. A quella domanda assottiglia lo sguardo, reprimendo di nuovo lo specchio dei ricordi davanti a lui <non vi tedierò con la mia storia, Kaori-sama, sono cose che viaggiano sotto la terra mentre voi siete tra le nuvole> commenta semplicemente <si, sono di Konoha ma sono stato…educato altrove. Devo ancora riunirmi con la mia famiglia e non lo farò senza un coprifronte> qualora le perlacee iridi di lei dovessero per sbaglio incontrare il mare sprigionato dalle sue, lo troverebbero in tempesta, carico di scuri pensieri. Che sbattendo le palpebre caccia indietro. Ascolta la lezione, che più che sulle arti ninja o sulla competenza nel giudicare, è sulla diplomazia. Una diplomazia che non gli appartiene. La parte finale del discorso però la condivide. Trovare la propria strada. Ci piace. E così ottiene un bel sorriso da parte del Deshi <giusto> e ci mancherebbe altro, l’ha detto lei! Ascolta quindi l’esempio pratico che segue e quando sente il nome del marito s’inchioda allargando lo sguardo dallo stupore. Sguardo che cerca quello di lei, per capire se stà scherzando o se sta mentendo, ma non può che trovarci la verità. Rimane li impalato in mezzo alla strada, questa volta si, tra i due si frappongono di nuovo i ricordi di lui. Quella carne dura come il cemento, quella spinta inesorabile, le sue cicatrici forzate a riaprirsi, il dolore, la promessa. Ha avuto per lungo tempo la sensazione di averla sognata, quella promessa, ma poi si è convinto che no, Azrael Nara, il sadico, gli ha promesso istruzione. <non…glie lo diremo> si limita a commentare cercando di riscuotersi dal suo pensiero. <Quindi, vostro marito è solito… avere allievi> forse per la prima volta non prende a testate e a colpi diretti la realtà che ha davanti ma cerca una via traversa. Una domanda un tantino più sinuosa del normale. Con pessimi risultati probabilmente. È lei, poco dopo, a fermarsi e a cercare il suo sguardo, che troverà senza problemi, parliamo del fantomatico Dio. <è successo che quell’essere è sbucato dal suo solito buco nel cielo. Mekura-sama ha iniziato a parlarci, e lui ha iniziato a risponderle, io ho approfittato per andare a chiamare rinforzi e quando sono tornato, Mekura-sama ha attaccato chiamando a se un’enorme serpente. Quel pagliaccio se n’è andato rientrando nel cielo da dove era venuto e minacciando, come al solito, il suo ritorno> scuote il capo, <tsk> lascia schioccare la lingua sul palato <è la seconda volta che fa così. La prima non c’era Mekura-sama a proteggere la mia amica> scuote il capo e di nuovo strizza quel povero secchio di cartone con la sinistra, i muscoli guizzano e torna con lo sguardo su di lei. Uno sguardo carico di baluginanti lampi d’ira, collera pura, ferrea, inesorabile volontà di agire. Si, due volte l’ha incontrato. La terza smetterà di sentirsi impotente, vuole smetterla di sentirsi così ed è per questo che supererà l’esame e andrà a cercare il Nara, ha bisogno di capire meglio un paio di cose.

10:47 Kaori:
 Il ragazzo sembra cercare di rispondere alle parole della Dainin aggirando gentilmente la domanda. Offre una spiegazione vuota, vaga, che lascia intendere alla donna quanto non abbia desiderio di parlare di sé o, per quel che poteva capire, delle sue origini. Immagina, la Hyuga, che la cosa potesse avere a che fare coi due profondi solchi che straziavano l’armonia del suo viso. < Qualunque cosa tu possa aver da dire sono sicura che non mi annoierà. > principia la ragazza con tono calmo, avanzando al fianco dell’omone avvolta dalla nebbia biancastra. < Ma comprendo che tu possa non volerne parlare. Non sei costretto, tranquillo. > lo rassicura con un mezzo sorriso rivolgendogli una occhiata d’intesa. Conversano tranquilli, mantenendo toni sereni mentre attorno a loro la gente si sofferma ad osservare questa o quella bancarella del mercato. Lo sguardo della Hyuga scivola sulla scena d’intorno andando ad inspirare l’aria salmastra che sembra essere presente praticamente ovunque su quell’isola. Nota una sorta di composto stupore nella voce di Yosai quando va nominando il nome di Azrael e si volta pertanto incuriosita a ricercare il suo sguardo. < Ti sembra strano? > domanda, divertita, e sinceramente interessata alla sua risposta. < Azrael si mostra spesso disinteressato e al di sopra di qualunque cosa, ma la verità, credo, è che cerchi qualcuno a cui affidare le sue conoscenze. > chiosa la donna confidando al ragazzo i propri pensieri. Una riflessione che, effettivamente, non ha mai trovato voce davanti allo stesso Tessai. < Non direi solito, no. > replica alla fine dopo essersi presa un lungo attimo per pensare alla sua risposta. < E’ capitato qualche volta. Ma non tutti ne reggono il peso, la responsabilità. > rivela proseguendo a passo lento, cadenzato, tenendo la testa alta e la posa elegante tipica della tradizione del suo clan. < Perché? > domanda ruotando solo allora il viso al suo indirizzo. < Vuoi provare a farti insegnare da lui? > sorride, mestamente, quasi con una punta di divertita malizia nell’espressione. Chiunque sognerebbe di essere addestrato da niente altri che Azrael Nara in persona, ne è consapevole, e per questo non le sembrerebbe affatto strano che l’altro annuisse a tale domanda. Anzi. Gli chiede quindi, dopo un po’, del suo incontro ravvicinato col sedicente Dio che sembra voler seminare il panico nelle terre ninja ascoltando con estremo interesse e viva attenzione qualsiasi cosa Yosai abbia da dirle; lui le racconta di essersi imbattuto in lui due volte ma che, la seconda volta, la presenza di Mekura gli abbia impedito di attaccare una sua amica. < La prima volta è stato più violento, quindi? > domanda la Hyuga cercando di assorbire ogni singolo fonema appena udito per elaborare un qualsiasi tipo di supposizione e teoria. < Mekura aveva il Byakugan attivo? > domanda osservandolo, seria, fermandosi ora per strada con le iridi perlacee animate da una fiamma nuova e bruciante. E’ quasi possibile vedere nella danza di quelle lingue infuocate il moto dei suoi neuroni, la determinazione nel voler arrestare quella pericolosa minaccia. < Ha detto qualcosa mentre eri lì? Ogni cosa che riesci a ricordare potrebbe essere importante per costruire un quadro più preciso su di lui. > chiede la donna animata di interesse e urgenza cercando tuttavia di mantenere, per quanto possibile, il tono calmo e autorevole che ci si aspetterebbe di sentire da lei. [Chakra:on]

11:24 Yosai:
 Ascolta il dire della Dainin, ne osserva con le iridi oceaniche, vive e lucenti, i gesti pacati, stende di nuovo le labbra in un sorriso tranquillo, rassicurato da quella comprensione. Non sono cose di cui parla volentieri, la cicatrice con la sua famiglia non è rimarginata e brucia sotto la pelle dell’anima. E il gigante sfregiato non è certo persona loquace in merito ai fardelli invisibili che appesantiscono le sue spalle stondate. Esser compreso in questo è rassicurante. <è una situazione un po' difficile da spiegare> mormora semplicemente, mantenendo il sorriso sul volto <ma sono sicuro che la prossima volta che converseremo, sarà un bel ricordo da raccontarvi, Kaori-sama> lascia volontariamente intendere che non è una situazione conclusa, ma non sembra curarsene più di tanto. Gli arriva, di seguito, la di lei percezione dello stupore del Deshi, e quella domanda arriva alle orecchie inarcandogli un sopracciglio. Inclina il testone leggermente di lato, curioso. Bestione. Schiude le labbra ma non parla, ascoltando lei. Quindi è questo, Azrael cerca un successore. La Dainin non esita a soddisfare le sue curiosità sul sadico. Il sorriso si tinge di una nota di consapevolezza al dire di lei, così gonfia il grande torace e, espirando, racconta <ho avuto modo di avvertire il peso degli insegnamenti del sadico. Ha sondato la mia capacità nel combattimento e…> un brivido lo scuote come il vento scuote una quercia <con la sua assistente, mi ha insegnato come uscire da un genjutsu> quanto dura è stata? Indicibile. Alle successive domande della Dainin tuttavia, di nuovo quel sorriso cambia sfumatura, tingendosi, nello sguardo, d’un bagliore di ambizione <in effetti, Kaori-sama, credo sia lui ad aver voglia di provare ad insegnarmi> spiega <Si è proposto> rivela infine. Istintivamente drizza la schiena nelle sue curve fisiologiche e apre il petto, orgoglioso, onorato di quella proposta, si vede. Orgoglio che ovviamente viene accantonato dalla mimica corporea quando l’argomento verte su quell’incontro di qualche settimana prima <La prima volta…> istintivamente, sulla mascella compaiono guizzanti i muscoli che stringono i denti, lo sguardo si fa duro, le mani si serrano in pugni <…ero da solo con Tenshi Senjuu, genin di Konoha e…> e non hai saputo cosa fare, dillo <lei mi ha ordinato di scappare e l’ha attaccato per distrarlo, io…> hai disobbedito. Distoglie lo sguardo alla Dainin piantandolo a terra, colpevole <non sono riuscito a muovermi dalla paura> confessa <lui l’ha attaccata, privandola di una parte del suo chakra> un brivido d’odio, mentre sente i denti scricchiolare dalla forza con cui stringe la mascella. Ecco da dove nasce quell’odio. Dalla rabbia verso se stesso per non aver saputo reagire. Risponde alle successive domande senza remore <Si, aveva il Byakugan attivo> la successiva domanda, appesantita dall’ovvia osservazione sull’utilità dei suoi ricordi, lo costringe ad assottigliare lo sguardo. Era concentrato ad andare a chiamare qualcuno, ma ha sentito qualcosa <Lui ha parlato del fatto che abbiamo rubato il chakra alla sua stirpe, che non meritiamo tale potere e che se lo riprenderà> si umetta le labbra con la lungua < Mekura-sama ha detto…> una cosa un po' strana a tutti gli effetti, inarca un sopracciglio al ricordo <credo qualcosa del tipo che avesse già avuto il piacere di aver avuto per… amante… un Dio> preoccupato, quasi convinto di star ricordando male <chiedo scusa, devo ricordar male> si decisamente <ha inoltre ipotizzato che il suo cognome fosse Otust..Ozuthus…Otsutusu…Otsutsu…ki?> la lingua s’intreccia e si streccia tante volte da fargli male alla fine… <non ho sentito la risposta del dio… ero troppo lontano a cercare rinforzi> dispiaciuto, tiene le pozze oceaniche che compongono lo sguardo in terra.

11:51 Kaori:
 Continuano a camminare nella nebbia costeggiando banchi di vario tipo, scostandosi per far passare questa o quella persona, procedendo placidi nella loro conversazione. Kaori ascolta pacata la voce di Yosai replicare alle sue parole e si ritrova a distendere leggermente le labbra in un sorriso comprensivo quando egli conclude il suo iniziale pensiero. < Quando vorrai parlarne avrò piacere di ascoltarti, Yosai. > assicura con tono misurato senza scomporsi in alcun modo né mostrare alcun cenno di compulsiva curiosità. Gli lascia il tempo di cui necessita per metabolizzare qualsiasi cosa gli stia girando per la mente, gli lascia il tempo che desidera per essere pronto ad affrontare l'argomento in questione. Lei meglio di altri sa quanto sia difficile parlare di qualcosa che scava con artigli affilati, ogni giorno, dentro il proprio petto. Ode quindi le sue parole circa il suo incontro con Azrael e aggrotta lievemente le sopracciglia quando questi cita una qual certa assistente. < Assistente? > domanda con un tono che vorrebbe essere casuale ma che, chiaramente, par intendere sottile minaccia. Basta però che il ragazzone racconti della sua arte illusoria perché il viso della donna si rilassi portandola ad annuire. < Aaaah. Anaka. > chiosa con fare visibilmente sollevato. < Mi dispiace allora. > ride mestamente, a mezza bocca, voltando verso lui lo sguardo. < Da quel che so quella donna non ci va mai leggera. > Non ha mai avuto modo di incontrarla personalmente ma Azrael le ha parlato di lei in varie occasioni stimandone il talento e, qualche volta, vantandosi di essere il suo chiodo fisso. Egocentrico. Quando la Hyuga sente quindi il successivo dire di Yosai si ritrova a sollevare le sopracciglia in una espressione sorpresa, colma di stima, sorridendo misurata al suo indirizzo quand'egli termina il suo discorso. < Ohh, bene. Vuol dire che sei molto più capace di quanto tu creda. > ne evince lei con tono sicuro. < Azrael non perde tempo con la gente qualunque. > Sa che l'altro è solito proporsi solamente in specifici casi e, soprattutto, con specifiche persone. Persone che considera specialmente portate o specialmente simili a sé. Chissà che il ragazzo al suo fianco non rientri in ambo le categorie, in qualche modo? Questa curiosità viene tuttavia messa in secondo piano quando Yosai prende a raccontare la sua esperienza con quel Dio. Durante la prima occasione rivela, con amarezza, di non essere riuscito nemmeno a scappare per la paura e Kaori può chiaramente percepire la frustrazione e la rabbia altrui per quella sorta di fallimento personale. < Non dirò che non hai sbagliato > principia con cortese franchezza, mantenendo il tono calmo e al tempo stesso fermo e serio. < Ma posso immaginare perché tu non sia riuscito a farlo. Gli allievi dell'accademia non dovrebbero trovarsi a fronteggiare minacce di questo tipo, né ci si aspetta che reagiscano come farebbe un ninja. Persino da un genin non ci si aspetta la perfezione. > verbia tranquilla inspirando a fondo, gonfiando il petto. < Ma sappi che diventare shinobi ti porterà molte altre volte in situazioni di questo tipo. E per allora dovrai imparare a dominare la tua paura. > lo avverte, ora, guardandolo dritto negli occhi. Lascia quindi ch'egli risponda alle sue domande e riflette attentamente sulle informazioni ricevute ritrovandosi poi a sollevare gli occhi al cielo quando il ragazzo riferisce quella specie di battuta pronunciata dalla Hyuga nei riguardi del Dio. < Sì, diciamo anche tre. > Per la prima volta non v'è calma o comprensione nella sua voce ma palese--stizza. Par quasi strano, per chi non la conosce, sentire la voce della Hyuga mostrare sentimenti così comuni eppure anche lei è una persona come tante che prova gelosia, rabbia, rancore e fastidio. < Ma vabbé. Lasciamo perdere. > sospira scuotendo il capo, piccata per non si sa bene quale ragione da quella frase. Forse perché una delle divinità che in qualche modo è riuscita a conquistare è il suo attuale marito? Probabile. < Comunque ti ringrazio, Yosai. > riprende dopo poco tornando seria, respirando piano l'aria salmastra che spira per quella strada. < Farò tesoro della tua testimonianza e la aggiungerò a quelle che ho già ascoltato. Magari riusciremo a ricavare qualcosa di utile dall'insieme finale. > espira poi, stancamente, riprendendo a camminare. < E non crucciarti. Non hai fatto niente di male o di sbagliato. Hai fatto tutto quello che un altro allievo nella tua condizione potesse fare. Intesi? > aggiunge, dopo poco, notando lo sguardo dispiaciuto dell'altro al termine del proprio racconto. [ Chakra: on ]

12:22 Yosai:
 S’irrigidisce in maniera inconscia quando la Hyuga nomina l’Uchiha. Non annuisce ma per la Dainin sarà chiaro che è lei, e che no, non ci và per il sottile. Non sembra dispiaciuto, l’allievo di questo, porta tuttavia il peso di quella volenza psicologica. Diventerà prima o poi anche quello un ricordo da raccontare. Lo sguardo scatta in alto ad immergere le perlacee della Dainin quando sente quel velato complimento e d’istinto risponde <starà a me fare di tutto per dimostrargli che non si sbaglia> eccola lì la tendenza naturale a caricarsi le spalle di responsabilità. In fondo le ha grosse per uno scopo. Il dire di lei, per quanto non sembri un rimprovero, arriva come una pizzicata fredda. Si è odiato per quelle gambe che non si muovevano. Ha giurato a se stesso che la paura non l’avrebbe mai più paralizzato. Annuisce tuttavia. Le giustificazioni che la Dainin giustamente attribuisce alla situazione gli scorrono addosso come l’acqua, non le vuole. Ha sbagliato e deve migliorare. Si è punito aumentando al limite la costanza e la severità degli allenamenti, per essere più padrone di se nelle situazioni di pericolo, per essere migliore giorno dopo giorno. Un’altra puncicata arriva quando percepisce quella stizza… non la comprende, non può, non sapendo il pregresso, e la sua iniziale convinzione di aver ascoltato male la conversazione fa il resto, convincendolo che la Hyuga sia stizzita per l’assurdità di quanto il gigante ha ricordato prima. Interpreta male i toni, ma non può saperlo <i…io> mormora avvilito, avrebbe dovuto stare più attento effettivamente, le conversazioni con un nemico sconosciuto sono importanti <mi dispiace, ascolterò meglio la prossima volta> ed effettivamente il cortese ringraziamento di lei cozza drasticamente con la convinzione acquisita che quel tono stizzito fosse per lui. Tant’è che inarca di nuovo il sopracciglio l’Akimichi. <Intesi> mormora piegando il capo di lato, confuso ma cercando di rispondere alla Hyuga al meglio. Ma il dire di lei gli provoca una curiosità <è davvero tanto temibile come nemico?> chiede incuriosito. Forse è stato troppo preso dalla voglia di spaccargli la faccia per chiederselo. Lascia spaziare una rapida occhiata delle oceaniche intorno a loro, prima di tornare alle perlacee della Dainin, più in basso. Si rende conto solo ora che sono arrivati <l’edificio dell’accademia è li da quella parte comunque> solleva il braccio mancino, scolpito e dipinto dall’inchiostro in lunghe piume nero-rossastre, indicando l’edificio nel quale da troppo tempo è ormai incastrato.

12:43 Kaori:
 Il sorriso s'allarga, seppur senza aprirsi, sulle labbra della Dainin quando sente il primo dire del ragazzo. Le piace la sua convinzione e determinazione. Le piace il fatto che anche Azrael sia rimasto colpito da lui e che, soprattutto, il ragazzo si senta pronto ad essere allenato e cresciuto da lui. < Vi terrò d'occhio da lontano. > gli dice pacata prima di liberare uno sbuffo di risata. < Non dovrò nemmeno allontanarmi da casa per farlo, effettivamente. > ridacchia facendo palese riferimento al potere antico e rinomato della sua innata oculare. La chiacchierata è leggera, piacevole e li porta man mano ad allontanarsi dal mercato fino ad un punto in cui persino la nebbia è più rada. Senza che se ne fosse accorta il kimono si è come incollato alla sua pelle a causa dell'eccessiva umidità portandola a cercare, elegantemente, si sistemare le pieghe della veste lì dove fosse più opportuno: sul petto e sulle cosce. Rispetta il silenzio altrui, immagina il suo rimuginare sulla propria incapacità immedesimandosi fin troppo bene in lui. Anche lei, conoscendosi, si sarebbe bacchettata duramente per una cosa simile al suo posto. Sa che nessuna parola può confortarlo ora ma che deve semplicemente dargli modo di accettare che il passato è passato e che tutto ciò che può fare al momento è imparare per la prossima volta. Quando poi lo sente mormorare dispiaciuto a seguito del suo resoconto sull'incontro con il Dio, Kaori non capisce subito cosa lo abbia tanto abbattuto. Lo guarda sbattendo rapidamente le ciglia una, due, tre volte cercando di scrollarsi di dosso il fastidio relativo alla battuta della conclannata. < Mh? > mugugna interrogativa. < No, hai sentito benissimo. Otsutsuki. > riprende ora più calma credendo che il giovane si stesse riferendo a quella parte della conversazione. < Ma credo sia improbabile per quanto non impossibile... Sono solo una leggenda e ci siamo assicurati che nessuno voglia anche solo tentare di ricrearne uno. > Un discorso all'apparenza folle, bizzarro, ma purtroppo per lei brutalmente accurato. < Comunque perdonami per poco fa. Non volevo essere scortese. Non dovrei mostrare i miei fastidi personali così, oltretutto per una storia passata. > riprende poco dopo guardando davanti a sé, leggermente imbarazzata, le gote a tingersi di un tenue color porpora che spicca brillante sulla cute nivea della donna. La domanda poi che Yosai le rivolge la porta a sospirare piano, silenziosamente, arrestando il passo. < Forse. > chiosa alla fine voltandosi a guardarlo, il capo reclinato all'indietro per via della differenza di statura fra i due. < Non ha chiaramente dato dimostrazione concreta del suo potere ma il fatto che abbia il Byakugan mi preoccupa. > ammette la donna stringendo le labbra con fare nervoso. < E' un traditore del mio clan di cui non mi sono accorta? E' qualcuno che ha preso quegli occhi con la forza? > domande a cui nessuno per ora può rispondere ma che gravano particolarmente pesanti sulle sue spalle. < Per un certo senso mi sento come se fossi responsabile della sua esistenza. Come se fosse colpa mia se lui adesso sta minacciando i Villaggi ninja. > confessa per la prima volta ad alta voce abbassando lo sguardo. < E' importante per me riuscire a fermarlo. Sento che è mio compito. Per questo sto cercando di raccogliere quante più informazioni possibili. Devo fermarlo. > stringe i pugni lungo i fianchi riempiendosi i polmoni d'aria fresca, nuova, rilasciandola solo dopo un lungo momento cercando di porre da parte i propri sentimenti per un secondo momento. < Oh, eccolo. > replica alla fine, all'indicazione dell'altro, puntando lo sguardo sulla palazzina poco distante. < Come ti sei trovato nelle tue lezioni? Felice di potertela lasciare finalmente alle spalle? > [ Chakra: on ]

13:12 Yosai:
 La ascolta, e di nuovo, inaspettatamente, un senso di sicurezza l’avvolge, emanato da quelle parole <non sarà così tanto da lontano, quindi…> se due più due fa quattro… Il gioco di incomprensioni tra i due non si interrompe e anzi, il discorso per il Deshi diventa letteralmente incomprensibile, al punto da scivolare fuori dal suo cervello senza esser compreso. Tante sono le domande che susciterebbe quell’affermazione. Si conosce, passerà il tempo a meditarci su, e poi, quando avrà avuto il tempo di farsi la sua bella lista mentale di domande, chiederà. Sgrana lo sguardo oceanico sull’altra, quando è lei a scusarsi <n..no!> esclama e istintivamente allunga un braccio tornito e dipinto, tentando di poggiare una mano sulla spalla di lei, sarebbe un tocco pesante, irruento, impacciato nella sua volontà di essere delicato, ma in nessun modo aggressivo e anzi, qualora riuscisse, sarebbe un tocco che dura il tempo necessario alla mente di riprendere il controllo sull’istinto. Ma che fai, tocchi?! Ritirerebbe la mano come se la superfice del kimono di lei scottasse. Due sottili linee rosse dipingono gli zigomi definiti, schiude le labbra, imbarazzato. Secondi di silenzio <quando vorrete parlarne, avrò piacere di ascoltarvi, Kaori-sama> ritrova le parole che lei stessa ha rivolto al gigante neanche troppo tempo prima. Solo dopo averle donato un sorriso solare torna ad ascoltarla, più serio. Ascolta quella confessione, quella lieve apertura. Responsabilità. Una brutta cosa, forse la peggiore delle cose. Sicuramente la più pesante. Annuisce con gravità al dire di lei <è quello che ci si aspetta da un capo famiglia> commenta piano. La conosce. No in realtà non la conosce, ma sa chi è, questo si. Sorride piano <Sono sicuro che la donna che ha vinto quel torneo è solo l’ombra pallida della Dainin che ho davanti> mormora mantenendo quelle labbra stese, e quelle pozze d’acqua su di lei. Non dice altro. È il fardello che ha. Nessuno può portarlo al posto suo. Può solo fare quello che sta facendo dall’inizio, camminare con lei con i sui fardelli. La domanda di lei lo incuriosisce di nuovo <ho appreso tanto dai sensei, ho fatto piangere un po' troppi colleghi, e ho conosciuto il Sadico> sorride <non poteva andare meglio> ammette mentre la dentatura di nuovo viene snudata in un sorriso solare <non so se potrò lasciarla. L’esame sarà domani al cortile, ma so che farò di tutto per non doverci rimanere un secondo più del necessario> è proprio il pensiero dell’esame a riportare alla mente dell’allievo la vera motivazione per cui si è recato ai mercato. L’equipaggiamento maledizione. Sgrana lo sguardo <Kaori-sama, vi chiedo scusa, io devo ritornare ai mercati, ho bisogno di sbrigare alcune faccende prima che sia troppo tardi> spiega, per poi curvare il torso e il capo in un inchino rispettoso <è stato per me un piacere conoscervi e… spero non sia l’ultima volta> le sorride, senza mai allontanare le oceaniche da quelle di lei < vi auguro Buon lavoro e buone ricerche!> esclamerebbe donandole un ultimo sorriso prima drizzarsi in tutta la sua altezza, voltarsi nella direzione dalla quale provengono e correre via senza curarsi troppo delle persone che urta.[END]

14:15 Kaori:
 I due non si rendono conto del malinteso in corso e procedono nella conversazione uno più stranito dell'altro. Due baccalà. Ma due baccalà molto teneri. Teneri al punto che quando Kaori si scusa per il suo atteggiamento Yosai si ritrova istintivamente a cercare di confortarla andando a poggiare una mano sulla sua spalla in uno slancio di incontrollata spontaneità. Il tocco arriva come una sorta di forte pacca che tuttavia non sbilancia la giovane portandola a sorridere intenerita del suo gesto, a maggior ragione quando egli la scosta rapidamente una volta realizzato il proprio gesto inconscio. < Ti ringrazio Yosai. > chioserebbe, delicatamente, ammorbidendo i tratti del viso in un'espressione cordiale, gentile. < E tranquillo, non ti mangio se mi sfiori. > ridacchia, dolcemente, volendo rassicurare il ragazzo circa quanto appena accaduto. Sa che voleva essere cortese e non ha trovato affatto fastidioso il suo gesto, né inopportuno; l'ha trovato quanto mai adorabile a dirla tutta. Buffo, persino, considerata la mole di lui che quasi lo farebbe passare per uno zotico violento. Mai quanto in questo caso potrebbe dire che le apparenze ingannano. A quel punto arriva il momento di Kaori di rabbuiarsi e confidare parte dei propri timori al giovane trovando in lui ascolto e conforto. Risolleva lo sguardo tanto da portare le perlacee a specchiarsi nei suoi zaffiri profondi mostrando un timido sorriso. < Spero di essere migliore di allora come mi vedi tu. Davvero. > un mormorio basso, quasi effimero prima di ritrovare il perduto controllo e passare quindi alla prossima domanda. Il ragazzo sembra essere particolarmente impaziente di lasciarsi l'accademia alle spalle ed il pensiero la porta indietro nel tempo alla vigilia del suo stesso esame genin. < Sai, il giorno prima del mio esame pratico mi sentivo come te. Impaziente e tesa. > ricorda lei con un sorriso gentile, lo sguardo posto sul viso altrui. < E fu allora che a confortarmi...e mettermi ancora più pressione > ride di quell'immediata aggiunta < arrivò Azrael. > rivela la Dainin con una punta di dolcezza nel nominarlo. < Mi diede il suo coprifronte come regalo anticipato di promozione dicendomi che sarebbe tornato a riprenderlo quando il mio nome l'avesse raggiunto, ovunque si fosse trovato in giro per il mondo. > .. < Perciò ti do anche io un incentivo. > dice la donna fieramente, guardandolo dritto negli occhi. < Diventa genin, migliora, allenati e un giorno affrontami. > sorride, fieramente, osservandolo. Un gran bel peso eh? Ma anche una opportunità, spera, per lui. Una spinta ulteriore a fare meglio, giorno dopo giorno. Un lungo attimo di silenzio prima che il ragazzo prenda congedo portando la donna a chinare il capo a sua volta, al suo indirizzo, in un cenno rispettoso di saluto. < Non lo sarà sicuramente Yosai. > gli garantisce pacata, risollevando il viso, tranquilla. < Buon esame per domani. E a presto. > termina, cordiale, vedendolo poi allontanarsi nella folla nascondendo fra le labbra una divertita risata. Ne avrà di lavoro da fare, con quel portamento! [END]

Yosai incontra, a pochi giorni dal suo esame genin, Kaori. Segue una chiacchierata amichevole, tra ricordi, scambi di informazioni e confessioni, che culmina con una promessa.