Tradimento - sospesa

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16:05 Kaori:
 Rincasa, esausta, la Dainin della Foglia. Buio il cielo accompagna i suoi passi in quel silenzioso viale che taglia trasversale il Villaggio. La luna è pallida questa notte, riluce pallida Regina delle suddite stelle. Il vociare confuso di risa e schiamazzi giunge ovattato dalla via principale ove ancora, febbricitante, la vita va manifestandosi per mezzo di coppie a passeggio, fanciulli spensierati, ignari del pericolo che funesto incombe su di loro. Una spada di Damocle che dondola, invisibile, sopra le loro teste in tacita attesa. Kaori, per oggi, ha fatto il suo. Di ritorno dall'Ospedale mira alla propria abitazione dove, sa, suo marito ed i suoi figli stanno attendendo il suo ritorno. Il pensiero le strappa un sorriso. Quell'unica scena dipinta nella sua mente è il motore principale che spinge ogni sua minima azione. Ogni suo gesto, ogni fiato, ogni passo, tutto si libra da lei per giungere unicamente a quell'unico obiettivo onnipresente davanti alle sue palpebre calate. La sua famiglia. Veste d'uno yukata candido che copre niveo la sua pelle fino a circondarle le cosce toniche. Una striscia di tessuto viola abbraccia la vita stretta enfatizzando quei fianchi morbidi e appena più larghi. Le gambe, nude, si alternano in un lento avanzare senza sollevare un singolo sbuffo di polvere. I piedi, leggeri, appena sfiorano il terreno nel loro quieto sostare calzando un paio di semplicissimi sandali di poco rialzati all'altezza dei talloni. I capelli, lisci, son raccolti in uno stretto ed elegante chignon sulla sommità del capo lasciando nuda la nuca della donna ad eccezione unica del laccio che tien stretto attorno alla gola il coprifronte ninja. Con passo misurato, aggraziato, raggiunge infine l'abitazione andando a liberare un singolo sorriso radioso. Impaziente giunge dinnanzi la porta dell'enorme villa ove la sua famiglia risiede girando la chiave nella toppa. L'interno è ampio, luminoso, con un enorme spazio sulla sinistra a fungere da zona giorno, sala pranzo e più in fondo persino cucina. Le scale conducono al piano superiore ove si trovano le camere da letto ed un ampio balcone da cui rimirare la meravigliosa vista sulla splendida Konoha. < Sono a casa. > saluta lei con voce chiara, dolce, sfilandosi piano i calzari per lasciar liberi i piedi di muoversi, nudi, sul pavimento lucido. [Chakra on]

17:05 Azrael:
 Sera. Sera inoltrata oramai. Il Sole si è immerso nell’orizzonte da diverso tempo, scatenando un’esplosione di scintille aranciate che hanno investito Konoha, rendendolo uno spettacolo di luci di mille diversi colori, laddone i raggi si rifrangevano su questo o quell’edificio, sulle foglie, sul Monte dei Volti. Poi, il buio. Il manto scuro della notte ha preso il proprio posto sopra il Villaggio, come un velo blu scuro che solo nei numerosissimi fori lascia inravedere la meravigliosa e tenue luce che esso ricopre. Le stelle. La Luna. Uno spettacolo meraviglioso che non conosce età o abitudine. Uno spettacolo che, seppur visto ad ogni calar del tramonto, ha sempre il medesimo fascino. In sere limpide e placide come questa il Nara si è ritrovato a sostare sui tetti, sulle alture, tutto solo per potersi beare della vista di ciò che sovrastava, resa totalmente diversa dalla semplice luce lunare. La contrapposizione tra bianco e nero è un concetto che gli è sempre stato mollto caro. Il giorno è trascorso tra allenamenti, brevi pause, amministrazione delle sue truppe. E pensieri. Migliaia di pensieri. Rare volte nella sua vita gli è capitato di maledire la sua spiccata propensione alla riflessione. Tenere il proprio cerebro attivo, ancor più degli allenamenti stessi, lo ha fiaccato enormemente. È tornato a casa letteralmente esausto, quando ancora qualche raggio di Sole gli scaldava la pelle, per addentrarsi nella nuova abitazione che ora accoglie la famiglia che ha avuto la fortuna e l’onore di crearsi e quel che ha trovato non è certamente quel che si aspettava. Kaori, che non ha potuto vedere per tutto il giorno, non era ancora rincasata. I piccoli gemelli, Seto e Shiori, erano occupati a giocare con Ken, decisamente spazientito dalla vitalità che due bambini di soli tre anni sono in grado di esprimere. Ha notato lo sguardo di profonda gratitudine quando è rientrato ed i piccoli gli sono immediatamente corsi incontro, contenti di riavere a casa il loro papà. Papà. Non avrebbe mai pensato che sarebbe giunto quel momento. Il momento in cui rincasare avrebbe avuto un significato diverso, una compagna, una famiglia. È sempre stato un lupo solitario, quasi rifuggiva quell’idea. Eppure, adesso, è tutto ciò che conta. È la sua intera vita. dopo aver sospeso il giovane Ken dal suo incarico con i gemellini, lo ha sostituito, sperando che i due sarebbero andati a dormire presto, che sarebbero stati vinti dalla stanchezza, ma così non p stato per diverso tempo. il piccolo Seto, che con la madre condivide le iridi di perla, ha passato la serata intera a correre e schiamazzare per tutto il salone prijncipale, pretendendo dal Nara una qualche sorta di allenamento che prevedesse del combattimento. Shiori, invece, ha in comune col padre l’eleganza e la propensione per le attività che la impegnano più da un punto di vista mentale. È rimasta, infatti, a capo chino per tutto il tempo, mettendo a posto una serie di matite colorat che neanche usa, ma che ordinava per sfumatura di colore, salvo poi non essere soddisfatta e ritentare di ordinarle per lunghezza della mina. Ad ogni tentativo, comunque, ha chiesto consiglio all’uomo con cui condivide le iridi d’onice ed i canini leggermente affilati. Azrael ha compiuto missioni dalla portata a dir poco titanica, ma nulla di quanto abbia mai passato nella vita è mai stato tanto faticoso quanto assicurarsi che Seto, non riuscendo ancora a muoversi con la giusta coordinazione, capitolasse a terra o chiarire a Shiori che non è importante quale sia il criterio con cui ordina le sue matite colorate, purché esse non siano disordinate. Nessuno dei tre, comunque, pareva voler andare a dormire prima del rientro dell’ultimo membro della famiglia. Nessuno dei tre, però, è riuscito nell’intento di resistere al dolce ed ammaliante richiamo di Morfeo, nonostante i tentativi. Al rientro della Hyuga, infatti, il quadretto presente sul grosso divano presente al centro della sala principale della loro nuova villa vede il Tessai disteso solo per metà sui cuscini, come se si fosse appisolato mentre era seduto e la gravità ne avesse trascinato giù il torso, coperto unicamente dai bendaggi che è solito portare per celare all’altrui vista sia il tatuaggio che lo designa come membro del corpo speciale degli Anbu, sia il marchio maledetto che, nessuno sa se per benedizione divina o punizione infernale, gli decora il pettorale sinistro, in corrispondenza del cuore. La piccola Shiori è rannicchiata sul fianco del padre, aggrappata alla stoffa grigia dei pantaloni che egli indossa, serena e composta, totalmente abbandonata al sonno e protetta dal braccio del Tessai, che le cinge il piccolo busto quasi a voler fare da scudo contro chiunque avesse provato a sfiorarla. L’altro braccio, invece, è calato giù dalla seduta del divano, pendente verso il terreno, ove giace disteso il corpicino di Seto, con gli arti rivolti in ogni direzione ed il pollice del padre chiuso fra le labbra. Nessuno emette un singolo suono alle parole della Hyuga, troppo impegnati a rilassarsi dopo un’intensa serata, trascorsa ad attendere stoicamente il suo ritorno. [ C on ]

18:03 Kaori:
 Un tempo non avrebbe trovato strano il silenzio ch'ora ode riverberarsi per la propria abitazione. Un tempo -neppure troppo lontano, avrebbe trovato ordinaria la quiete che avrebbe seguito le sue parole. Sua madre in missione, Kouki a Kusa, Azrael alle prese con gli incarichi che la fama porta con sé. Adesso, però, quell'assordante pace par quasi minacciar pericolo nella sua mente spingendola ad affrettare il passo verso l'interno della casa. Abbandona l'ingresso spoglio per giungere nell'ampia zona giorno che caratterizza la quasi totalità del piano inferiore. Il pavimento è cosparso di giochi abbandonati e fogli chiazzati di colore, il banco della cucina ospita ancora ciotole vuote di una cena già consumata ed il divano accoglie, basso, la figura del Nara. E non solo. Muovendo un paio di passi Kaori studia, silente, la scena sotto i propri occhi. Azrael è caduto addormentato sui cuscini del sofà tenendo stretta, con dolcezza, la piccola Shiori al proprio fianco. Il corpicino della bambina è composto, piccolo, abbandonato contro quello del padre quasi come fungesse egli stesso da culla per il suo riposo. Sotto di loro, sul pavimento, mezzo nascosto dal bordo del divano giace assopito il piccolo Seto. Finalmente sedata la sua vivacità sta ora riposando, silente, in quella sua posa scomposta, disordinata, masticando nel sonno il pollice del padre. La scena paralizza la figura della donna per un interminabile istante. Kaori si ritrova ad osservare immobile quel piccolo quadretto, a studiare i lineamenti del Tessai incosciente sul divano. Scruta il modo in cui i ciuffi corvini della sua chioma lucida vanno a screziare il suo viso, il modo in cui le ciglia lunghe solleticano gli zigomi alti, affilati. Studia la linea del naso, delle labbra, la barba perfettamente curata che scurisce il mento in quel classico taglio triangolare che da anni lo contraddistingue. Ripercorre il profilo della gola, quel bozzo che lento s'abbassa quando nel sonno deglutisce, indice della sua virilità e scivola poi sulla forma delle clavicole sottili, del petto nascosto da quelle fasciature atte a coprire i suoi più pericolosi segreti. Si ritrova lì, silente, ad osservare la figura di suo marito chiedendosi a cosa mai potrebbe star pensando, chiedendosi se almeno ora, rinchiuso nel caldo abbraccio di Morfeo, sia libero del peso che giornalmente grava sul suo capo. Gli ultimi tempi sono stati difficili, per lui; l'uomo simile a Dio ha preso male la notizia della liberazione dei Demoni codati. Giorno dopo giorno ha lavorato instancabile alla protezione della sua gente, della sua prole, senza mai chiedere aiuto a nessuno. Una roccia sicura durante le tempeste, Azrael. Un Dio fra gli uomini, per molti. Eppure è egli stesso uomo e Kaori questo lo sa. Le piace osservarlo riposare. Le piace ritrovare nelle linee del suo volto quella pace che nella veglia par quasi straniera. Le piace pensare che persino l'uomo più potente possa essere così semplicemente vulnerabile. Accessibile. E lui, Azrael, accessibile non lo è stato mai. Sempre estroverso, sempre sfacciato, ma mai limpido. Nasconde dentro sé i più terribili tormenti, il male più profondo, abbraccia serafico il Demone che nella notte rivela la sua *oscurità*. Ci sono voluti anni di lotte e timori. Anni di rimorso, colpa e vergogna per riuscirci. Ma alla fine Azrael ha compreso. Ha accettato. E la sua anima è divenuta Una. Ricorda Kaori un tempo in cui sarebbe parso impossibile per lei immaginare una scena simile da condividere con lui. Un Azrael impreparato ad abbandonarsi così totalmente a qualcuno, non pronto ancora a prendersi cura di un'altra vita ad un livello tanto assoluto. Ed invece--eccolo qui. Padre. Marito. Uomo. Le rosee della Hyuga, come petali, si schiudono sottilmente a mostrare un sorriso candido, silenzioso, mentre i passi di lei la portano a raggiungere il divano. Si china, cauta, a raccoglier con le braccia il corpo della figlia sottraendola piano all'abbraccio del padre. Prendendola da sotto le braccia va a sollevarla fino a stringersela al petto, quel semplice contatto a causarle una scossa interiore che par quasi pronta a ridurla a brandelli. Il contatto con la sua bambina le dona quasi nuova vita portandola a sentirsi per una frazione d'istante--c o m p l e t a. < Sssh > soffierebbe all'orecchio di Shiori, melodiosa, carezzando lieve quella chioma violacea figlia della propria. Non vorrebbe interromperne il riposo, né disturbarlo. Vorrebbe solo liberare l'uomo del suo ingombro per concedergli maggior spazio. < Lasciamo riposare il tuo papà. > le sussurrerebbe all'orecchio, flebile, sfiorandole la tempia con le labbra color ciliegia. La sua voce parrebbe una carezza atta a cullarla, le sue braccia un solido sostegno per proteggerla dal resto del mondo.

20:22 Azrael:
 Pensieri confusi si sono accavallati nella mente del Nara in questi ultimi giorni. Pensieri che sanno di paura, di preoccupazione, di rabbia e di frustrazione. Pensieri di cui non ha fatto parola, pensieri che lo hanno portato a sopprimere il più possibile il legame empatico che lo lega alla donna che ama, l’unica persona con la quale saprebbe di potersi sfogare, ma anche l’unica alla quale non vuole far mancare nulla, alla quale non vuole far pesare insicurezze, ansie e timori. Le ultime notti sono trascorse quasi del tutto prive di riposo, notti in cui Azrael non è riuscito a lasciarsi andare, in cui non è riuscito a trovare il giusto ristoro, limitandosi alle poche ore necessarie per non suscitare preoccupazione negli altri, recuperando energie fisiche, ma senza allentare la morsa che sente opprimergli il cranio. Le notizie giunte alle di lui orecchie non sono buone, di certo, ma non è del loro contenuto che si preoccupa. In passato fu Kuugo, successivamente Ryota, dopo ancora Kenbosho, il culto della Luna e diversi altri pericoli che lo hanno riguardato sia sul piano privato, sia su scala mondiale. Questa volta sono i Bijuu. I demoni codati con cui ha già avuto a che fare, che ha imparato a conoscere anche attraverso Hitomu. Una difficoltà che, per quanto grande, è pur sempre solo una difficoltà. La definizione stessa di ostacolo implica che esso può essere superato, ragion per cui non è preoccupato o tediato dal soggetto della minaccia in sé, ma dalle circostanze in cui tale minaccia si è presentata. Hotsuma. L’Alleanza. La rabbia gli scorre nelle vene sin dal primo istante in cui la sfiducia gli si è insinuata sottopelle. L’inadempienza e l’inettitudine dell’uomo che ha comunicato con una tae leggerezza un messaggio che avrebbe senza ombra di dubbio sconvolto il Villaggio della Foglia in tutta la sua interezza lo hanno portato a riflettere molto, a non riuscire mai ad abbandonare quel pensiero. Ora, dopo giorni di fatica, è riuscito ad abbandonarsi alle braccia di Morfeo. Non propriamente una vittoria, comunque. Il volto ed il corpo appaiono rilassati, pare più giovane a guardarlo in questo stato, coi tratti del viso totalmente sciolti e privi di nervo alcuno. Eppure non è totalmente rilassato, la mente continua a correre, gli ingranaggi a girare, causando un attrito che non gli concede mai pace. Una sensazione simile lo porta indietro coi ricordi, al tempo in cui non v’era momento in cui non avvertisse l’influenza di Kenbosho premergli contro le pareti interne del cranio, pungolargli il retro della nuca con costante insistenza. Persino in questo momento di riposo le braccia si occupano involontariamente di proteggere i figli che condivide con la sua Kaori. Una Kaori che non avverte entrare e che gli sfila la piccola Shiori, accogliendola tra le braccia e cullandola dolcemente. Il braccio del Tessai ricade dapprima a peso morto lungo il proprio fianco, salvo poi tastare la zona che ora risulta vuota ed in quel momento realizzare la mancanza della piccola poggiata contro il proprio corpo. felino scatta, ritraendo la mano con cui Seto stava conciliando il proprio dolce dormire ed aprendo di scatto gli occhi. Ancora incosciente, agisce puramente di istinto, sollevandosi in piedi con la consueta rapidità, ma privo della solita grazia che lo contraddistingue. Un animale spaventato. Senza emettere un singolo fiato serra la mano a pugno, le unghie scavano nel palmo chiaro mentre un rozzo pugno viene caricato all’indietro e successivamente protratto in avanti, verso quella che altri non è, al momento, una semplice figura indistinta che ha osato sfiorare la sua bambina. Solo un istante prima che possa accadere l’irreparabile nelle iridi buie si riflette Kaori, intenta a tenere in braccio la piccola, portando il Nara a fermarsi di scatto, sgranando gli occhi in un’espressione di puro terrore. “Kaori. Mio Dio.” Pensa, senza avere la possibilità di controllare la propria mente ed il proprio corpo per qualche attimo. Non proferisce parola, non emette suono, si limita ad abbassare il braccio sinistro, rendendosi solo in quel momento conto del fiatone che gli scuote il petto, della reazione della propria pelle che si è raggelata per via della paura, del cuore che batte all’impazzata, rimbombando nella cassa toracica. Eppure, nella sua mente, il nulla. Ora che dinanzi ha la donna che ama, la madre dei suoi figli e sua moglie, il sistema nervoso perde la facoltà di tormentarlo come ha fatto negli ultimi giorni. È come se, per un attimo, stesse galleggiando in mare aperto. A pelo d’acqua, trasportato dalla marea, co le braccia volte verso l’esterno e le gambe larghe, il viso a fronteggiare il Sole, con le palpebre a protezione degli occhi. Ne percepisce il calore, la leggerezza, ogni cellula del corpo rilassata e rinvigorita da quella sensazione di assoluta stasi, ogni suono ovattato dallo sfiorar dell’acqua in prossimità delle orecchie. La pace. Una pace che prova soltanto guardandola, soltando carezzandole il volto con lo sguardo, percorrendone i lineamenti fini, eleganti, armoniosi. Lineamenti che tracciano i contorni e le sfumature di quella che è la sua Musa ispiratrice, la sua Donna, l’altra metà dello Yin Yang. Gli occhi di perla, la pelle d’avorio, le labbra piene e carnose, il collo sottile, il petto generoso ed il ventre piatto, le cosce nude. Così familiare e così diversa al tempo stesso. La sua Kaori. Le iridi buie, discese lungo tutto il di lei corpo per ammirarlo in ogni sua sfaccettatura, risalgono per incatenarne nuovamente lo sguardo al proprio. Incapace di mascherare, come farebbe con chiunque altro, il fuoco che ne anima il colore scuro, l’Abisso. Tenerezza, amore, eccitazione, timore. Un fuoco divampa dietro quelle lemme scure, riflettendone scintille di pura tenebra e di brillante luce al tempo stesso. Ed è quando il piccolo Seto mugugna, probabilmente notando solo ora l’assenza del padre e voltandosi su un fianco, pur continuando a dormire, che il Nara si ridesta. Non sa bene cosa potrebbe dire in quel momento, non ha voglia di disturbare ulteriorimente il sonno a quelle due creature che ama più della propria stessa vita. silente si volta, dando le spalle alla moglie per raccogliere il corpicino di Seto, cingendolo con le forti braccia. Solo un cenno del capo viene rivolto alla Hyuga, come tacito invito a portare i gemellini nella loro stanza. Sale le scale lentamente, assicurandosi di essere seguito, voltandosi di tanto in tanto, ma sforzandosi di non indugiare sugli occhi della donna. Non sa bene cosa ella potrebbe vedere e ne ha profondo timore. Lei più di chiunque altro èp in grado di leggergli dentro e non è certo di cosa sia inciso sul fronte della propria anima, sulla superficie del proprio cuore. Prosegue il cammino sino alla stanza dei bambini, aprendone la porta per far spazio e permettere ad entrambi di riporre il frutto stesso del loro amore all’interno della culla che il Nara ha appositamente costruito e decorato. Mantenendo sempre quello stato di religioso silenzio uscirebbe dalla camera, chiudendo la porta con la dovuta cura, per evitare qualunque rumore che possa disturbare il sonno ed andando solo in quel momento a dischiudere le rosee per proferir parola. < Mi—dispiace. > Rassegnata la voce del Nara esce flebile dalle sue labbra, raggiungendo l’orecchio della Hyuga, ma null’altro le viene detto a seguito di quelle sentite scuse. Gli spiace. Gli spiace dij aver minacciato di colpirla. Gli dispiace di risultare così nervoso. gli dispiace di non sentirsi abbastanza, non quando ha accanto colei che, con un semplice sorriso, è in grado di sovvertire gli equilibri di cielo e terra, di fare cose impossibili, molto più di quanto lei creda il Tessai possa fare.

10:41 Kaori:
 Sono giorni che le cose in casa sono tese. Non perché sia accaduto qualcosa all'interno della stessa, anzi; a Kaori par quasi di vivere un sogno, di varcare le soglie del Paradiso ogni qual volta si ritrova a muovere un singolo passo oltre i confini dell'affollata abitazione. Tutto par essere meraviglioso e felice, lì. Un luogo sicuro ove solo risate e giochi hanno il permesso di riempire la clessidra del Dio Tempo. Eppure la donna conosce fin troppo bene l'uomo che ormai da diverso tempo ha l'onore di poter chiamare m a r i t o. Conosce le ombre che sono solite bruciare nel suo animo, i Demoni che affollano la sua mente, il suo cuore e sa che ciò che in quegli ultimi giorni sta ardendo nelle sue iridi non è niente di quanto appartiene al suo passato. Sa anche che quella fiamma s'è accesa proprio il giorno della cerimonia di proclamazione del nuovo Hokage avvenuta la settimana precedente e sa che contrariamente a quanto chiunque altro possa pensare, quella fiamma non è preoccupazione, tutt'altro. Per quanto la notizia dell'avere ben otto demoni codati in libertà possa essere scioccante, non desterebbe in lui timore quanto più stimolerebbe il suo ego, la sua virilità, spingendolo a ricercare la competizione con questi per misurare finalmente la propria forza. In altre circostanze, in un differente contesto, probabilmente ne avrebbe riso e avrebbe mostrato alla sua gente di cosa può realmente essere capace un Dio carezzando lemme lemme la sua fidata lama. Kaori può perfettamente immaginare la figura di Azrael stagliarsi nella notte, le dita affusolate a scorrere per il filo della sua katana con la stessa delicata premura che avrebbe dedicato alla sua stessa schiena. L'avrebbe carezzata con la stessa misurata flemma che avrebbe riservato ad una preziosa amante ben sapendo quanto a conti fatti quella lama per lui non sia altro che questo. Compagna di mille battaglie, fidata estensione di se stesso. E nell'avvertire il contatto col freddo ed affilato acciaio avrebbe sentito il brivido dell'impazienza, il bruciante bisogno di incontrare uno di quelli e in esso riversare se stesso fino all'ultima goccia di chakra. Eppure Azrael non appare elettrizzato, non appare vitale o carico di eccitazione, tutt'altro; in quegli ultimi giorni si trascina teso, rigido, quasi alterato. Par pronto a scattare come farebbe la corda d'un violino appena pizzicata da dita sapienti. E la donna non comprende. Non appieno. Conosce, a v v e r t e, il fastidio che alberga in lui, lo sente divampare attorno alla sua figura come un'aura avvolgente anche senza aver bisogno del legame empatico che li lega tramite quel fuda sempre presente sul di lui corpo. Può vederlo spesso stizzito, affilato nel suo fare, controllato e domato quando in presenza dei suoi figli, ma non trova il coraggio di chiedere, Kaori. Forse ha voluto lasciargli del tempo a disposizione per poter rimuginare sui propri sentimenti ma ora, guardandolo così abbandonato al tocco caro di Morfeo, si chiede se non abbia sbagliato. Se non avesse dovuto stargli maggiormente accanto, se non avesse dovuto permettergli di liberarsi del peso che gli grava dolente sulle spalle. Quel peso che lei vede, invisibile, attorcigliarsi a lui come edera rampicante: falangi nodose, oscure, che scavano graffianti la sua cute sottile. Ma questo, pensa, è un pensiero per un altro momento. Ora è solo tempo di riposare, tempo di guarire. E decide di agevolare il suo riposo chinandosi cauta a raccoglier fra le braccia la piccola Shiori sfilandola lenta da sotto il braccio guardiano del padre. Se la porta al petto permettendole di adattarsi perfettamente al suo abbraccio, abbandonandosi al petto florido della madre con il viso tondo premuto contro la sua spalla. La sorregge con la mancina dietro le cosce piene, fornendole sostegno ed appoggio, e la destrorsa atta a carezzarle il capo con la premura che solo una madre è capace di riversare in quel gesto. Sente sotto le falangi il tocco setoso dei capelli della piccola, quella chioma così simile alla propria per consistenza e colore, ma non per forma. Ribelle, spettinata, come quella selvatica dell'uomo assopito davanti a loro. Le sfiora delicata la tempia con quei petali dischiusi in una serie di piccoli baci che vogliono andare a preservare il suo riposo, cullandola lenta, dolce, in quella stretta da cui nessuno avrebbe potuto mai far loro del male. Ed è mentre le sussurra delicatamente all'orecchio che i sensi della kunoichi si dilatano vigili, avvertendola. Con la coda dell'occhio nota quel semplice guizzo, quel lento movimento della mano del Nara atto a ricercare il corpo della figlia. Non ha il tempo di dir nulla che subito l'altro è già eretto, dritto, pronto a riprender ciò che è suo con le sue stesse mani. Kaori stringe la presa della mancina attorno al corpo della bambina e con un semplice moto fluido delle leve inferiori si distanzia, sinuosa, di un paio di metri appena. Felina indietreggia con l'eleganza tipica dello stile del proprio clan, lo sguardo affilato, attento, a seguire ogni singolo movimento del marito. Sente il cuore pompare forte scariche di adrenalina sottopelle, consapevole del fatto che l'altro stia agendo per puro istinto e non ancora totalmente cosciente, predo dell'atavica paura di aver perso di mano la sua bambina. Non di meno, però, deve star attenta ad ogni suo movimento: sa quanto distruttivo possa essere anche solo col tocco delle sue nude mani. < Azrael. > chiosa la donna con voce bassa ma perfettamente chiara, autorevolmente calma. < Calma, sono io. Va tutto bene. > melliflua la voce mentre l'altro realizza solo ora, svegliandosi del tutto, la situazione. Il suo braccio si irrigidisce, l'espressione si colma di terrore mentre mentalmente la sua voce giunge mortificata alla mente della donna. Kaori lo vede andare lentamente a calmarsi, il respiro dapprima affannato e corto regolarizzarsi mentre il suo sguardo poco a poco muta. Le sue iridi buie ripercorrono la figura di lei nella sua interezza, inarrestate, scivolando lungo le sue curve ed i suoi colori andando ad animarsi sempre più. L'espressione spenta che fino a poco prima aveva mostrato, assente, brucia adesso di quella fiamma nera che sembra ardere viva, nel silenzio di quella notte stellata. Una deflagrazione oscura che rifulge di un bagliore buio catturando ogni altra stilla di luce tutt'attorno. In silenzio i due s'osservano, immobili, fino a che un vagito basso non strazia la stasi perpetua di quell'attimo eterno. Seto si muove appena, assopito, richiamando a sé il genitore che, lento, si china a raccoglierlo con paterna cura. Un breve cenno, un complice messaggio a seguire quel gesto che porta i due shinobi a ricercar le scale per salire, calmi, al piano superiore. Qui raggiungono la camera dei piccoli, di mezzo a quella di Kouki e la propria, ed uno alla volta calano il rispettivo infante nella culla spaziosa. Quasi come ad avvertire la reciproca presenza, l'uno cerca la manina dell'altra e, continuando a dormire, s'uniscono in quel tocco che stringe forte il cuore della Hyuga. Permane ad osservarli per un solo istante, commossa, prima di rivolgere ad Azrael lo sguardo e quindi seguirlo fuori dalla camera con passo leggero e per nulla affrettato. Richiudono piano la porta alle loro spalle e solo allora, da soli, Azrael trova la forza di parlare. Kaori scorge nel suo sguardo la colpa, la preoccupazione, il disagio. Dischiude quei petali color del ciliegio, silente, ricercando successivamente la sua mano. Lenta afferra il suo palmo dirigendosi poi verso la loro camera indicandogli di seguirla. Vorrebbe portarlo all'interno ed invitarlo a sedersi sul bordo del talamo che da anni, ormai, insieme condividono. Richiudendo la porta andrebbe a posarsi anche lei, elegante, sulle lenzuola cremisi ma alle spalle di lui. Con esasperante lentezza, Signora, lascerebbe scorrere le sue dita lungo il suo petto a ricercare l'estremità di quel bendaggio di cui vorrebbe liberarlo. Silente, senza proferir singolo fonema, andrebbe a sciogliere quella stretta attorno al suo busto andando a circondare una, due, tre volte il suo torso con le braccia per permettere alla fasciatura d'allentarsi e ricadere infine inerme, inutile, sul suo grembo. Il busto sarebbe ora nudo, totalmente, privo di difese. Le falangi, sottili, scorrerebbero ora libere d'impedimento lungo la sua cute pallida risalendo il petto per soffermarsi chete, Padrone, sulle spalle rigide, tese, poste dinnanzi al volto della Dainin. < Cosa ti tormenta, amore mio? > Flebile esce il sussurro, dedicato ad egli soltanto ed al suo solo udito. Piano stringerebbe nella sua stretta la carne alla base del collo, i pollici a pressare la pelle fino all'altezza dell'epistrofeo, sotto quei ciuffi soffici di capelli corvini. Le labbra appena arrivano a contatto con la sua pelle, un tocco tanto leggero da risultare evanescente ed incerto, quasi fosse solo frutto dell'immaginazione altrui, la proiezione d'un bisogno impellente. < Sei teso. > aggiungerebbe, lenta, con lo stesso tono basso, mogio, quasi volesse essere una carezza in cui farlo rifugiare.

13:21 Azrael:
 Ciò che è appena accaduto è inaccettabile, assolutamente inaccettabile. Ha rischiato di ferire non solo la donna che ama, sua moglie, l’unica donna che rimane al suo fianco pur conoscendo i suoi limiti, le sue debolezze e i suoi vizi, ma ha addirittura rischiato di far del male al frutto del loro amore. La piccola Shiori che, inconsapevole del pericolo, avrà preso quel leggero smottamento come una carezza più decisa, un cullare più insistente, non abbastanza da disturbare la pesantezza del suo sonno. Non avrebbe sopportato, Azrael, di scorgere il suo riflesso nelle iridi spaventate della piccola, di vedersi pronto ad attaccare la sua stessa figlia, di notare il timore nel di lei sguardo. Questo pensiero lo disturba, lo tormenta, lo assilla. Viene mitigato unicamente dal sussurro basso ed amorevole di Kaori, decisa e comprensiva al tempo stesso. Non lo ha rimproverato, ma l’ovvio allarme che ha percepito nel vederlo reagire come un vero e proprio animale in difesa dei propri cuccioli le sporca leggermente il tono di una nota di severità. Cosa ha pensato che potesse accadere? Di cosa aveva paura? Non v’è minaccia al mondo che potrebbe ma metterlo in difficoltà, neanche dinanzi ad un demone codato vacillerebbe, specie se vi fosse in gioco la sicurezza dei suoi figli. Ciò che lo rende insicuro, teso e nervoso è la sfiducia, l’esser sempre stato convinto di qualcosa, in questo specifico caso nell'Alleanza, e scoprire poi di aver mal riposto le sue speranze. Se ha sbagliato persino ua cosa così semplice, una basilare valutazione delle capacità di un alleato, come può esser certo della propria capacità di difendere chi ama? Non tutto si basa sulla sua sola potenza fisica, sulle sue capacità da shinobi, nei cui riguardi non nutre il benché minimo dubbio, si tratta di altro. Fin troppe volte ha riposto fiducia e speranza in qualcuno che, per un motivo o per un altro, le ha gettate via, sputandoci sopra e calpestandole sino a ridurle in polvere. Quel che è accaduto solo poco tempo prima, giorni o settimane che siano, è l’ennesimo episodio che ricalca questo crudele assioma: non può fidarsi di nessuno. Fatta eccezione per i membri della propria famiglia, di cui la stessa Kaori fa parte, non sente di poter più riporre piena fiducia in alcuno. È una consapevolezza che lo tedia fortemente, che lo distrugge, che mette in contrapposizione i suoi sentimenti con la cruda realtà. Vi sono persone per le quali darebbe la vita, persone che considera molto più che amici, a cui affiderebbe i propri figli, se dovesse partire in missione e non avesse la possibilità di badare personalmente a loro. Furaya ed Hitomu, per esempio, lo accompagnano da tutta la vita, da sempre il loro supporto è necessario per il Nara e non vorrebbe che siano colpiti da questa sua consapevolezza, dalla sfiducia che, tossica, lo corrode dall'interno. Eppure, nelle diverse notti insonni trascorse a bearsi del silenzio della notte, è stato così. Si è domandato se Furaya fosse in grado di adempiere al suo ruolo, se Hitomu potesse mai decidere di voltare le spalle alla Konoha che ha guidato, amato e protetto con tutto se stesso. Pensieri che, emotivamente, sa essere assolutamente falsi e fuorvianti, ma che per pura e fredda logica acquisiscono un senso, una certa credibilità. Persino Mekura, a cui ha dato il suo amore, che ha cresciuto suo figlio, seppur senza alcun tipo di legittimazione da parte del Nara stesso, ha poi tradito ogni cosa in cui Azrael ha sempre creduto. Pian piano ha tagliato rapporti con ogi persona che le era attorno, ha perpetrato comportamenti ed atteggiamenti assolutamente irresponsabili, folli addirittura. Fino a rischiare di perdere la propria vita, aprendo le braccia innanzi ad un Chidori, tecnica nota e famosa a tutti per il suo essere quasi inarrestabile nel momento in cui il suo utilizzatore ne principia la corsa, puntando solo ed unicamente all'obiettivo, quasi perdendo il controllo del proprio corpo che aumenta la propria naturale velocità per essere assolutamente letale. Avrebbe inflitto un dolore inimmaginabile sia al Nara che al piccolo Ken che si sarebbe suo malgrado ritrovato privo di entrambe le figure genitoriali, costretto a piangere sulla tomba della madre e a ricevere notizie del padre unicamente dalle prigioni del Villaggio. Le spire di un serpente gli si avvolgono, lente ed inesorabili, attorno al corpo, straziandone la resistenza e la forza, entrando in lui ed intaccandone lo spirito e la psiche. È veleno, tutto ciò è veleno. Tossina che debilita n uomo che, pur essendo ad un passo dal proprio antidoto, non azzarda a muover la mano per raggiungerlo, raccoglierlo e berlo. Perché? Perché quella cura non si limita ad essere un liquido racchiuso in una provetta, bensì ha forma di donna, di madre, di moglie. Kaori. La sua Kaori. E proprio come una boccetta viene totalmente consumata nel momento in cui le labbra di colui il quale decide di suggerla, lasciando di sé unicamente l’involucro vitreo, così il Nara sceglie di non posare le proprie labbra su di lei, perché morrebbe piuttosto che correre il rischio di consumarla, di perderla. Se si abbandonasse a lei, se anche solo la sfiorasse, se in questo istante le loro labbra dovesse congiungersi, allora egli non saprebbe come fermarsi, come controllare il primordiale istinto di trarre da quel contatto la forza di cui si sente manco, la salvezza di cui necessita, come colui che è stato avvelenato rinuncerebbe ad ingollare l’antidoto per consentire a qualcuno che ama più di se stesso di poterne giovare. Ed è per questo che non proferisce verbo, che dalle di lui labbra non trova libertà un singolo suono, mentre si dirige assieme a lei verso la camera dei bambini, mentre entrambi li ripongono con una cura che soltanto un genitore può riservare al proprio figlio. La tenerezza con cui i gemelli si cercano l’un l’altro, forgiando un legame tanto delicato quanto indissolubile tra le loro piccole manine, porta immediatamente il Nara a percepire un leggero pizzicore agli angoli degli occhi, forzandolo a distogliere celermente lo sguardo onde evitare di abbandonarsi ad un pianto che risulterebbe assolutamente deleterio per il riposo dei suoi piccoli. Li ha già visti lasciarsi andare in dimostrazioni d’affetto, palesi anche nel momento in cui la discordia si insinua tra loro, magari nel momento in cui Seto vorrebbe giocare e Shiori riposarsi, ma in quel particolare momento, col senso di colpa e le preoccupazioni che gli montano dentro, prendendo dominio e possesso dell’essenza stessa dell’uomo, un gesto così semplice ed usuale è bastato per condurlo quasi all'orlo del tracollo, del precipizio. Le parole di rammarico risultano basse, strozzate dalla gola chiusa, serrata dalla mole di sensazioni che sta accumulando in sé, ma non trovano una risposta verbale. Kaori non gli risponde, si limita a guardarlo con una tale intensità da portare il Nara a sentirsi nudo, privo di protezioni, scoperto e totalmente alla mercé della donna che ha di fronte, della donna in grado di leggergli dentro come nessun'altra persona ha mai voluto o potuto fare. la mano del Tessai freme al contatto con quella di lei, le dita si serrano di scatto attorno al di lei dorso, imploranti di ricevere un sostegno, di assorbirne il calore e l’energia. La segue sino alla camera che molto ha in comune con quella che definiva ‘sua’, ma che ha il piacere di definire come ‘loro’ dal momento stesso in cui hanno deciso di erigere le mura di quella nuova casa. Il corpo di Azrael è teso, contratto in ogni suo muscolo, involontariamente sottoposto ad una pressione invisibile, che ne schiaccia ogni singolo centimetro. E Kaori lo sa, lo ha notato. Può leggerlo nei suoi occhi, amorevoli, ma apprensivi al tempo stesso. Nei suoi gesti, misurati e atti unicamente a non pizzicare i nervi scoperti del Nara, nella sua voce soffice, melliflua e calda, come un velo di seta che sfiora il volto dell’uomo che la sta ascoltando. In alcun modo, avesse deciso da solo, avrebbe preso posto seduto sul bordo del materasso, ma il tacito invito della Dainin lo porta ad accomodarsi sul talamo, seppur muovendosi in maniera meccanica, rigida, quasi rozza. Il materasso s’incurva, sprofonda sotto il peso del Nara e le lenzuola scarlatte ne seguono la linea, piegandosi per modellarsi attorno al fisico dell’uomo. Le mani vengono portate sulle stesse, di poco distanti dalle cosce, con le falangi strette attorno al tessuto ed i polpastrelli a scavarne al di sotto con la loro pressione. La schiena è dritta, rigida, il capo perfettamente allineato con la colonna vertebrale. Non è inconsueto vederlo adottare una posizione perfettamente diritta, col busto per nulla arcuato, ma è certamente strano notare fatica in questo semplice gesto, figlio di una vita trascorsa come militante tra le file degli Anbu, rinomati per il loro rigore. Quella che Kaori ha sempre potuto notare essere una sa posa naturale ed aggraziata, ora può distintamente notare come gli costi sforzo non abbandonarsi, contrarsi in una figura rigida ed innaturale. Non indugia su di lei con gli occhi neri, non la circonda con le proprie braccia per formare un nuovo organismo unico ed unito, formato dalla perfetta commistione di due frammenti dai bordi combacianti. Nulla di tutto ciò. E nel momento stesso in cui avverte le di lei mani sulla pelle, le labbra gli si schiudono e richiudono immediatamente. Trasale all'avvertire il tocco delle sue dita che gentili, liberano il suo petto e le braccia dalle bende. Giro dopo giro la pelle viene esposta all'altrui vista, le candide strisce gli si ritirano dal busto, accompagnate dalle agili falangi della Hyuga che, in poco tempo, le lascia molli ai piedi del loro letto. Il desiderio, la brama e la smania prendono possesso dell’animo tormentato di colui che domina le ombre, provocando in lui una sensazione del tutto simile al dolore fisico. Fa male trattenersi. Fa male non poter dare sfogo a quell'impeto che lo vedrebbe già troneggiare su una Kaori distesa, divertita, fremente. Vorrebbe intrappolarla su quel materasso col proprio peso, tra le braccia protese in avanti a marcare i confini del loro abbraccio. Pensieri sconnessi che vengono immediatamente frenati dal caldo respiro della donna che gli solletica la nuca, le di lei mani che pressano e massaggiano le spalle dure, il collo teso. Le palpebre del Nara si chiudono lente, le labbra – invece – si dischiudono in un basso gemito di malcelato piacere. Ove sente posarsi le dita di Kaori, là percepisce la tensione allentarsi, la nube oscura che occulta i suoi sensi diradarsi, lasciando spazio a scariche elettriche, scintille infuocate. ‘Cosa ti tormenta, amore mio?’. Una domanda che lo porta di un centimetro ancora più vicino all'antidoto, a quella boccetta cui si è tanto strenuamente tenuto lontano. Non vuole mentirle. Non può. Non è in alcun modo capace di dirle che va tutto bene, di sottovalutare l’intelligenza altrui in maniera così spudorata. Non riesce, tuttavia, a dirle la verità. Ed è proprio in virtù di questo stoico rifiuto che il Tessai si abbandona completamente all'istinto. Si volta, celere ed animalesco, per poterle afferrare le mani, stringendo le proprie dita attorno ai di lei polsi in una morsa certamente non atta a farle male, ma sufficiente per evitare di essere spezzata. S’allungherebbe su di lei, trascinandola verso il basso, forze della propria potenza fisica, per ritrovarsi su di lei. Perderebbe appena un istante per guardarla negli occhi, permettendole così di notare le sue iridi come due pozzi totalmente neri, infuocati, disperati. "Ho paura". Le mani di entrambi verrebbero portate sopra le loro teste, il respiro affannoso del Nara ricorderebbe vagamente quello di una belva ancor più che quello di un comune uomo. "Non riesco più a fidarmi". Le labbra, voraci ed autoritarie, viaggerebbero sconnesse tra quelle di lei, la linea della mandibola, il collo e la gola. "Non ho più controllo su nulla". I baci, via via più intensi ed appassionati, si tramutano talvolta in morsi, in macchie violacee che tingerebbero la nivea cute della donna, attestando in maniera incontrovertibile possesso e lussuria. "Non posso proteggervi se non me ne dando modo". È l’infida empatia a lasciar trapelare, seppur alla rinfusa, i suoi pensieri e le sue sensazioni. Passione e terrore, desiderio e ritrosia, preoccupazione e abbandono. È proprio di questo che aveva timore: che dopo aver sfiorato il bordo della boccetta, non avrebbe potuto far altro che far suo l’antidoto sino all'ultima goccia.

17:37 Kaori:
 Non necessita del legame empatico che li unisce, Kaori, per comprendere il tormento che sinistro s'agita nel cuore altrui. Non le serve neppure che siano le sue stesse parole a metterla al corrente del suo stato d'animo; le basta guardarlo per comprendere che qualcosa non va. Le basta una fugace occhiata per avvertire sulla pelle, la sensazione strisciante d'una corda spezzata. Qualcosa sporca quasi la loro felicità andando a rendere stonata la risata del Nara, inquieto il suo sonno. E Kaori l'avverte con disarmante chiarezza, quasi con violenza fin dentro il petto, fino alla bocca dello stomaco, quasi come un singulto che le rovescia le interiora strappandole un singhiozzo soffocato. Sosta immobile con la bambina stretta al petto, osservando la figura dell'uomo davanti a sé, tremante. Nota la sua mano tesa bloccarsi di colpo al semplice realizzare cosa stesse facendo, nota la disperazione profonda nel suo sguardo quando questi, ridestatosi del tutto, riconosce nei suoi lineamenti la sua famiglia. Kaori non fugge, non s'indigna, non ricerca neppure una spiegazione. Non serve. Conosce Azrael bene abbastanza da sapere che dentro di lui albergano ancora ombre tanto oscure da far venire gli incubi ai più impavidi di loro. Persino a lui stesso. Conosce gli orrori ch'egli reca con sé, i dolori affrontati e vissuti: quelli superati e quelli che ancora scavano con forza nella sua carne lasciando graffi sanguinolenti e infetti al loro continuo passaggio. Le pare di tornare indietro nel tempo, per un istante, a quei primi mesi trascorsi assieme a dormire nel letto di lui nella casa che lo aveva accolto ed ospitato per gran parte della sua vita. A quel tempo non era insolito, per Azrael, agitarsi durante il sonno e di soprassalto levarsi a sedere col viso sudato, i battiti accelerati al punto che quasi il suo cuore pareva d'esser sul punto di scoppiare. Allora Kaori si levava al suo fianco e cingendolo per le spalle lasciava ch'egli riprendesse aria e realizzasse d'esser infine al sicuro, con lei, nel letto che per anni non aveva veduto. Lasciava che fosse la sua silenziosa presenza a parlare per sé. Che fosse il suo solo essergli accanto a rendergli noto di non esser solo, senza aver bisogno di chiedergli alcun ché. E Azrael, allora, riprendendo lentamente fiato, s'abbandonava esausto fra le lenzuola madide del suo sudore, rannicchiandosi nel suo abbraccio quasi fosse stato un bambino spaurito alla ricerca d'un appiglio sicuro. A guardarlo adesso, Kaori, rivede nel suo sguardo quella stessa espressione, quel medesimo tormento ed esattamente come allora, tace. Immobile l'osserva, flemmatica, dischiudendo appena le rosee per liberare un respiro spezzato. Le braccia ancora cullano il corpo inerme della bambina andando piano a carezzare mogia la schiena ricurva. L'accompagna in quel sonno profondo da cui ora più che mai non vorrebbe sottrarla e, semplicemente, segue i movimenti del Nara verso la scalinata principale. Non desidera dire alcunché fintanto che i bambini sono con loro, consapevole sì del loro sonno, ma anche di come, in qualche modo, v'è sempre una parte vigile dell'essere pronta a catturare qualsiasi sprazzo di realtà circostante, persino durante le ore di riposo. E muovendosi lenta, cadenzata, avanza quindi silente lungo i gradini di quella salita che conduce, al suo termine, al piano superiore; le leve inferiori, nude, s'alternano in una camminata elegante, armoniosa, ove un passo precede l'altro in un cheto ancheggiare che sottolinea delicato la sua femminilità. Nella camera dei piccoli si fa vicina alla culla spaziosa andando a chinarsi oltre il rialzo in legno per deporre cautamente il corpo incosciente della figlia addormentata; sul cuscino pone il capo pesante, le dita a lasciar la presa attorno alla sua schiena con lenta premura così da non risultare brusca in nessuno dei suoi gesti. S'eleva nuovamente al di là delle pareti della culla osservando dall'alto della sua posizione i figli assopiti, il modo in cui incoscienti si ricercano perfettamente consapevoli della reciproca presenza. Fin dagli albori dell'dea stessa della loro esistenza si son sempre ricercati: due parti di un unico insieme. Kaori stringe appena le rosee in una linea sottile scrutando silente quella deliziosa immagine per poco meno d'un minuto. Conserva nella propria memoria quel momento preciso prima di voltarsi a donar loro le spalle e prender l'uscita. Si ritrova, alla fine, a fronteggiar il Tessai con controllata impassibilità. Nessuna reale emozione traspare dal suo sguardo mentre egli le offre le proprie scuse, ritrovandosi semplicemente ad agire per quello che altro non è se non istinto. Ricercata la sua mano ha guidato Azrael con sé verso il loro antro sicuro, quel piccolo angolo d'esistenza solo a loro riservato e, richiusa la porta, ha portato l'uomo a sedere aggirando poi la sua posizione per fermarsi alle di lui spalle, accovacciata sulle proprie gambe dietro la sua schiena dritta, innaturalmente rigida. Le sembra di poterlo leggere come fosse un libro di carta antichissima. Può vedere attraverso i suoi movimenti, i suoi gesti, i suoi sguardi, percependo distintamente il disagio, il turbamento, l'Abisso che risale a reclamare la sua anima con affilati tentacoli di tenebra. Può leggere a grandi linee ciò che si agita dentro di lui eppure, al pari di quella carta sottile impreziosita dal tempo, teme di fare una mossa avventata strappandolo senza volerlo. Può avvertire come fosse sulla sua stessa pelle la tensione che lo sta dominando: può sentire quanto delicato sia il momento dal modo in cui, persino stando solo con lei, Azrael non riesca a trovar pace o ristoro. Qualunque parola sbagliata, qualunque passo falso potrebbe portare ad un ennesimo graffio sanguinante e per questo, Kaori, si muove lenta, metodica, andando a ricreare per lui un nido accogliente ove poterlo spogliare di ogni timore e pensiero, lasciandolo libero di perdersi in lei e nel suo rassicurante abbraccio, libero di scrollarsi di dosso quel peso che proprio ora rende le sue spalle pesanti. Le sue dita, sapienti e leggere, sciolgono l'intreccio stretto di quel bendaggio che, candido, ricopre parte del suo corpo nascondendo ai più i marchi lasciati da quelle parti di sé che, con le unghie e con i denti, hanno trovato nel tempo accettazione e rifugio. L'uomo non si scompone, non glielo impedisce, andando solo a trasalire a quel primo tocco, quasi come avesse pizzicato improvvisa una corda sensibile, un nervo scoperto. Arrendevole le permette di far di lui quanto desidera fino a quando le labbra della donna non vanno ad innescare una reazione familiare e ben nota. Avverte il suo respiro venir come trattenuto, risucchiato fra i denti prima di liberare quel gemito roco, basso che spezza l'altresì stasi della camera. Sente i suoi muscoli sciogliersi come cera bollente laddove le sue dita vanno a ricercar contatto con la sua pelle, avverte la tensione allentarsi, la sua schiena quasi opporre resistenza a quel suo intervento. Vorrebbe rasserenarsi, sciogliersi, abbandonarsi a quel gesto, ma qualcosa si oppone a quel bisogno andando a contrarre, ancora, i muscoli del dorso, delle braccia, del torso. Kaori, però, non ha fretta. Delicata prosegue nel suo premuroso intento soffiando sulla sua pelle poche semplici parole. Abbraccia con la sua presenza la figura di lui lasciando quasi che la propria preoccupazione l'avvolga come un manto che scivoli lezioso sulle sue membra, cullandolo. Ed è allora che i delicati equilibri di quella notte vengono spezzati ed ogni cosa si ribalta in quella bolla che è solo loro; un istante fugace e la Dainin giace vulnerabile sulle lenzuola scarlatte sotto la troneggiante figura di un Dio. I suoi capelli s'aprono attorno alla propria figura in una raggiera di sottili filamenti color ametista a disegnare quasi una corona sacrale attorno alla sua testa. La sua pelle nivea contrasta candida con il rosso vivo delle coperte sottostanti mentre lo yukata si sgualcisce appena per l'irruenza di quel gesto da parte dell'uomo. Kaori non parla, non si smuove, non sorride. Permane serafica distesa sulle lenzuola con le mani dell'uomo incatenate ai suoi polsi sottili, le iridi perlacee a non scostarsi mai dal volto di lui sostenendo sicure la sua espressione ferale. Può vedere negli occhi di Azrael il nero di un cielo privo di stelle, una bruciante oscurità che par quasi anticipare una sorta di esplosione, una deflagrazione in grado di frantumare galassie e cosmi interi aprendo varchi capaci di risucchiare materia, tempo e spazio fino a lasciare solamente il Vuoto, il nulla attorno e dentro di sé. Kaori conosce bene quella fiamma, conosce bene gli istinti ed i desideri del suo uomo eppure—c'è una sfumatura gelida in quella oscurità che le risulta quasi straniera. Un lucore siderale che mostra, come dietro di un velo di un nero trasparente, il fremito della sua anima. Ed è in quel baluginio che Kaori cerca di perdersi, in quella ferita aperta che tenta di infiltrarsi senza mai scostare lo sguardo da quella feritoia nei suoi occhi. S'abbandona totalmente schiava ai suoi voleri, remissiva lascia ch'egli scosti i suoi polsi fino a distenderne le braccia fin sopra la testa in un gesto ripetuto già centinaia d'altre volte, mostrando come unica reazione un dischiudersi di quei petali color del ciliegio, un soffio spezzato a librarsi fra questi infrangendosi contro il volto vicino del Nara. Non può fare a meno di sentire il sangue bruciarle nelle vene, il cuore battere forte nel petto accorciando il suo respiro; Azrael avrebbe sempre scatenato queste reazioni in lei, avrebbe sempre appiccato quell'incendio capace di divorarla fino a farla divenire nient'altro che misera e sporca cenere. Nonostante gli anni, nonostante la sicurezza d'averlo suo e d'averlo per sempre, Kaori non può fare a meno di sentirsi fragile fra le sue mani come lo fu la prima volta, di sentirlo capace di modellarla come creta grezza per plasmarla a piacimento e darle nuova forma, nuova vita. E avverte le sue parole riverberarsi nella propria mente, consapevole del fatto ch'esse giungano confuse e probabilmente involontarie dalla superficie più esterna dei suoi pensieri, mentre le labbra di lui vanno ad assaggiare quasi con forza quelle già schiuse della donna. Kaori si perde in quel bacio abbandonandosi totalmente al controllo di lui lasciando che la sua lingua sfiori la propria, che le sue dita stringano la presa sui polsi fragili, che la schiena s'inarchi d'istinto a cercar maggior contatto col corpo dell'ANBU. Le cosce scivolano leziose ai lati del busto di Azrael, piegandosi di modo tale da andare a circondare i suoi fianchi aggrappandosi a lui come fosse la sua unica salvezza. I piedi piccoli, nudi, si poggiano lievi sui polpacci dell'uomo portando lo yukata a scostarsi appena sul suo corpo, scivolando sulla pelle a seguito di ogni movimento da lei effettuato fin quasi a scoprire la sua pelle candida in una immagine che non ha nulla di osceno o perverso. Sente le labbra di Azrael scivolare via dalle sue fino a soffermarsi sulla linea del suo volto, strappandole ansimi rotti, corti, respiri frammezzati da lievi singulti. < A-- > la voce le viene meno quando sente la sua lingua inumidirle la pelle, i suoi denti trattenerla piano per potersene quasi nutrire con quei baci così intensi. < Azrael... > Il suo nome viene fuori a formulare quasi una preghiera mentre l'aria fatica quasi a riempirle i polmoni, il suo corpo a rabbrividire quando la bocca dell'uomo prende a percorrere lento la sua strada lungo le forme della sua figura. Le sente sostare sul collo sensibile, sulla gola, baciando e mordendo quasi senza un reale ordine o scopo, quasi come se fosse confuso e disorientato e si ritrovasse ad agire facendo leva del solo istinto. < Azrael, aspetta > ansimerebbe ora cercando di riacquistare lucidità, di ignorare la scarica che dalle cosce risale fino al centro esatto del suo cervello. Tenterebbe di farsi largo fra i pensieri ovattati dal desiderio e dal bisogno, di rimanere pienamente consapevole di sé muovendo i polsi di modo tale da cercare di sfilarli dalla presa altrui. < Parlami. > La sua voce sarebbe spezzata, bassa, ma il suo sguardo—quello sarebbe deciso, sicuro nel modo in cui ricerca ostinato quello dell'altro. < Guardami. > E questo sì, suonerebbe come un ordine nonostante l'ironia di quella situazione. Il suo corpo esile, sottile, bianco sarebbe totalmente soggiogato dalla presenza di quello di lui, totalmente soverchiato e oppresso dal suo ingombro, eppure nonostante tutto la sua voce suona sicura e autoritaria, lo sguardo deciso a dispetto delle guance arrossate e del respiro corto le gonfia e sgonfia il petto ad un ritmo rapido e scostante. Sembra una creaturina in trappola, Kaori, una bambola piegata al solo volere e piacere del suo Dio, eppure la voce non esita, Regina, quando fissandolo gli impone di guardarla.

Azrael si sente tradito dall'atteggiamento di Hotsuma e Kaori cerca di consolarlo.
La role non è terminata ma l'abbiamo chiusa perché trascorso troppo tempo dal contesto in cui era stata avviata.