Cibo, cibo, ed altro cibo!
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Giocata dal 22/08/2019 20:50 al 23/08/2019 01:07 nella chat "Centro di Konoha Saccheggiato"
[Chioschetto di Yakisoba] Oramai quella tortura di uno stomaco gorgogliante è arrivato a un buon termine per lei, visto che si è letteralmente parcheggiata in uno di quei chioschetti dove grigliano carne e pietanze varie per strada, intrattenendo una breve clientela, ovvero solo ed esclusivamente Kanako in quel momento, anche se il motivo di aver un sol cliente è presto spiegato: nessuno osa avvicinarsi a quella ragazzina, più per quell’odore di sudore che ella emana dalla pelle, un fastidio che non le leva a lei l’appetito. Infatti, mentre le mani sporche di terra sono occupate da un paio di bacchette e da quei spaghetti con bocconcini di pollo e verdure varie, il resto del suo esile e magro corpicino è coperto da stracci, partendo da una canotta estiva grigio topo strappata prevalentemente su più punti alla schiena, jeans corti fino a metà coscia, anche questi scoloriti e strappati sui orli inferiori, e scarponi da lavoro ai piedi con uno spesso strato di terra sulla suola. Non un bel vedere, ed anche non qualcosa di piacevole da odorare quando le si passa a fianco, per quanto, braccia e gambe sono segnate da innumerevoli tracce di graffi e taglietti più o meno freschi, assieme ad altre macchiette di terra, resina e linfe di piante. La mocciosetta cammina per il centro di Konoha senza una vera meta precisa in balia di un brontolio costante che non può soddisfare in alcun modo perché non solo non ha un soldo, ma non c’è nemmeno nulla di commestibile in casa, e poi non ci vuole rimanere a casa in tutta sincerità. Come al solito è trasandata, i vestiti sporchi e consumati che consistono in una canotta nera a collo alto senza maniche e un paio di pantaloncini di jeans, questo vestiario lascia in bella vista le numerose cicatrici che le segnano gli avambracci e le cosce, ma nascondono invece le cicatrici presenti sul collo e il resto del corpo. Una cicatrice inoltre le attraversa l’occhio destro e un’altra la guancia destra, i capelli sono spettinati e probabilmente è da un po’ che non li lava, eppure mantengono quel loro colore blu scuro tendente al nero. Sono corti e i ciuffi solleticano il visetto infantile che racchiudono quel paio di occhi bianchi caratteristica del suo clan, piccola e secca, profondamente magra e da’ proprio l’idea di essere lasciata a se stessa, oppure che non ci tenga particolarmente a profumare ed essere in ordine. I piedi nudi solcano il terreno e lei si guarda intorno con fare annoiato, arrabbiato e diffidente verso chiunque la circondi. <Kana.> pronuncia di colpo quando lo sguardo si posa sulla ragazza conosciuta qualche giorno prima, colei che le ha dato quella boccetta di unguento miracoloso che lei si porta sempre dietro ormai, anche se quasi finita. Le fa piacere rivederla perché con lei si è trovata davvero bene, ma è combattuta col quel suo senso di diffidenza che la mantiene distante dagli altri e relativamente al sicuro. <Ciao.> alla fine si decide a salutare anche se in maniera fredda e distaccata, facendo qualche altro passo verso di lei ma fermandosi al suo lato rimanendo in piedi, a lei non importa della puzza, si è assuefatta ormai. [Chioschetto di Yakisoba] Nonostante sia sopraggiunta la sera e una pallida luna risplenda nel cielo stellato, buio e oscuro come la pece, non è inusuale poter scorgere la giovane figura della Nara vagare senza una meta apparente, con le iridi nocciola che non mancano di guizzare in modo repentino da una parte all'altra della via che si trova a percorrere, ritrovandosi così a muoversi silenziosamente per il centro della cittadina. La sera, con la sua venuta, ha portato un debole venticello fresco capace di freddare anche gli animi più focosi, tra cui lo stesso della ragazza, nota per non essere una grande amante delle elevate temperatura, dato che preferisce indubbiamente il fresco e l'ombra donatale dalle fronde di imponenti alberi. Mancata la cena e immancabile è quel buon profumo proveniente da uno de tanti chioschetti, con passo rapido e silenzioso proverebbe ad avanzare verso uno dei tanti, soffermandosi poi con particolare attenzione ad osservarne uno. La mancina viene tesa e, adagiata contro la tendina non troppo corta, proverebbe a scansarla, in modo tale da avanzare rapidamente e rientrare nell'aria dedicata al Chiosco, ritrovandosi, così, ad essere completamente sola, fatta eccezione per la figura di una ragazza mai vista prima d'ora. Non prestando, però, molte attenzioni su di lei, proverebbe in ogni caso a prendere posto sulla sua destra, andando a scaricare il peso sulle punte per sollevarsi e sedersi dunque su uno degli alti sgabelli. L'abbigliamento è prettamente estivo, infatti sfoggia senza alcun remore una semplice maglietta bianco panna nascosta parzialmente da una salopette di jeans azzurra che abbraccia per bene la sua figura, rigorosamente corta per via dei pantaloncini, lascia visibili le gambe nivee, facendo così che il tutto sia concluso dallo sfoggio da vecchie scarpe da ginnastica. Solamente ora, con la coda dell'occhio, si sofferma ad osservare l'altra, sorridendole delicatamente per pura gentilezza, <Non fanno male quei tagli?> è così che annuncia la sua presenza, mostrandosi con espressione pacata e rivolgendosi a Kanako. Al sopraggiungere di Kizuko, poi tace, non le rivolge parola, non ne avrebbe motivo, piuttosto l'osserva con viva curiosità, portando su di lei le iridi nocciola. Fatta la sua ordinazione, andrebbe a scostare dalla spalla quella treccia biondo grano rapidamente. [Chioschetto di Yakisoba] Quei spaghetti scottano letteralmente, ma almeno è una cena dignitosa dopo innumerevoli cene a base di pane, acqua e sale. Almeno qualcosa sotto i denti se lo sta pagando letteralmente per quanto si tratta di una cena da quattro soldi, lasciando semplicemente che quel fragoroso rumore di risucchio la salvi un poco dalla scottatura delle labbra, suggendo enormi quantità si spaghetti di grano saraceno in maniera vorace, indifferente se la massa di gente si possa schifare del suo modo rozzo di mangiare, ma ella ha fame, e parecchio. E non saranno gli commenti di schifo a fermarla, no signore, ma sarà qualcuno che oserà chiamarla per nome, o meglio, per soprannome, finendo per mollare le bacchette su quel piattino di polistirolo, suggendo l’ultimo boccone e deglutendo il tutto, ignorando per un attimo chi è alle sue spalle, o a fianco a se, solo per il tempo di concedersi un sorso d’acqua, perché le birre sono proibite alla sua età ed i succhi costano, e solo allora, sciacquatasi la bocca che si volterà verso quella piccina a fianco a se, quasi non riconoscendola inizialmente, tanto è neutrale e scontrosa la sua espressione, prima di sospirare, annuendo appena in un brevissimo saluto. < Ciao anche a te. > saluterà, dovendo quasi sforzare di correggere i toni di voce, da graffianti a qualcosa di vagamente più amicante. Ci metterà un poco a metabolizzare la situazione, finendo poi per spostare lo sguardo verso il proprietario del chioschetto. < Hoy palla di lardo, vedi di preparare un’abbondante porzione questa volta… o ti conficco queste bacchette là dove non batte il sole! > E senza nemmeno domandarsi se l’altra abbia fame, effettivamente si metterà ad ordinare anche per l’altra, estraendo di propria tasca qualche banconota malconcia ma comunque valida, ed abbandonandola sul tavolo. < Te siediti in sto sgabello e mangia qualcosa… sto giro i contadini mi hanno pagata qualcosa… > insomma, vuole offrire e festeggiare il suo stipendio, per quanto in maniera esigua. Ma poi al giungere di una seconda figura femminile, manco dovesse provocarsi un torcicollo, si volterà in direzione dell’altra interlocutrice, osservandola da capo a piedi con fare truce, prima si sbuffare malamente dalle narici. < Una domanda inutile tettona… E’ ovvio che fanno male quei tagli… mica possono fare bene. Sarebbe come se ti tirassi un pugno in faccia e ti chiedessi se stai bene. > Cinica, maleducata, grezza, sporca, tutto quello che si può, compattato in un corpicino che si e no ha almeno un paio di anni in meno della ragazza al suo fianco, ma più grande della ragazza dal crine zaffirino. Come una statua, come se non fosse realmente lì ma fosse solo l’emanazione di qualche ombra che ha deciso di prendere le sue sembianze, non fa nulla e attende che Kana replichi al suo saluto, oppure no, non le importa. L’espressione torva e graffiante della ragazza non la turba ma la sente molto vicina al suo stato d’animo, quindi non si fa problemi se la ragazza vuole essere se stessa oppure no. <Non sforzarti di essere più gentile con me, o ti si sgretolerà la faccia.> parla di quell’espressione sforzata per ammorbidire il suo sguardo e fa spallucce. <A me sta bene se vuoi essere come ti pare.> sbotta e sbuffa, poi si siede sullo sgabello accanto a lei accettando l’invito. <Questa volta cosa vuoi in cambio di questa cena?> nessuno le toglierà dalla testa che qualcuno vuole sempre qualcosa in cambio, l’ultima volta se l’è cavata bene ma ora dipende da quello che passa per la testa di Kana. Nota solo ora la sconosciuta e se la ragazza bionda non le rivolge la parola buon per la mocciosa che preferisce essere ignorata piuttosto che ricevere attenzioni indesiderate, certa di ottenere da chiunque a questo mondo anche se fino ad ora solamente due persone sembrano non averle fatto del male ovvero Kana e Norita, ma hanno un peso diverso sulla sua valutazione del rischio ora come ora. Perciò se la bionda non le rivolge la parola, lei è ben più che felice di fare altrettanto, bocca cucita e solo qualche sguardo diffidente e di ghiaccio ogni tanto, come un piccolo animaletto sperduto e sempre sulla difensiva. Ovviamente non può evitare di ghignare divertita per la replica che Kana da’ alla ragazza bionda non potendo smentire la logica che c’è dietro a quelle parole, Kana le piace sempre di più. [Chioschetto di Yakisoba] Che sia per la voracità mostrata nel mangiare o semplicemente per via della modalità con cui si è rivolta al proprietario, intimandolo di aumentare la porzione previa pessime conseguenze, la Nara si trova impossibilitata a non posare sulla minuta figura di Kanako le proprie iridi nocciola, seppur sarebbe preferibile evitare soffermarsi con lo sguardo su chi si conosce poco o affatto, data la poca educazione dietro un gesto simile. Il busto, poi, viene debolmente inarcato in avanti e il collo disteso, quando basta per poterle far adagiare entrambi gli avambracci sulla superficie di legno scuro del bancone. Puntato il gomito sinistro, poi andrebbe a piegare il corpo verso quella direzione, in modo tale da sedersi obliquamente e poter adagiare sul dorso della mano, piegata ovviamente in un piccolo pugno, parte della mandibola, il tutto con movenze lente e pacate, tanto da sembrare essere del tutto silenziose e calcolate affinché non venga emesso nemmeno un semplice scricchiolio dallo sgabello o da intorno a lei. Si trova a socchiudere le palpebre e sorridere debolmente a quel nomignolo che a quanto pare, per doti naturali, le viene affibbiato, non mancando di arrossire appena per via della sorpresa e dell'imbarazzo, eppure non manca di piegare le labbra in un sorriso cordiale, probabilmente immotivato data la risposta brusca, ma logica, ricevuta. <Hai ragione, domanda sbagliata...> non manca di usare, come al solito, un tono della voce delicato, anche abbastanza amichevole nei confronti di due ragazzine che non ha mai visto o conosciuto in vita sua, <Perdonami.> e qui, nonostante anche fin troppo formale, tenterebbe di eseguire un rapido inchino, un chiaro segno di scuse formali. <Volevo dire... Per caso hai bisogno di cure?> lo sguardo dunque, anche se repentinamente, torna a soffermarsi con particolare attenzione su quei tagli che costellano e decorano le gambe di Kanako, <So che non sono affari miei, ne sono consapevole.> aggiunge rapidamente infine. Ora le sue attenzioni si concentrano su Kizuko, sorridendole con maggior delicatezza e apprensione, quasi si fosse accorta solamente ora della sua effettiva presenza lì, <Hai davvero dei begli occhi, sai?>. Non manca di sporgersi appena più avanti con il busto, quanto basta per poter osservare senza problema alcuno la figura ancora più minuta della Hyuga. <Potrei sapere i vostri nomi?> proverebbe dunque a domandare, non mancando di sorridere con dolcezza. [Chioschetto di Yakisoba] Kizuko alla fine ha la sua reazione circa alla sua proposta di farla mangiare, cosa che non la turba minimamente, come non le disturba nemmeno la risposta che le arriva alle sue orecchie, osservando quella nanerottola dall’alto di quella bassa propria altezza, differendo da lei di circa una ventina di centimetri, quanto basta per assumere un aspetto decisamente più maturo, per quanto irrisorio, non essendo nemmeno lontanamente maggiorenne, e più bassa ed immatura della Nara. < Come se potesse fregare a qualcuno… > e farà semplicemente spallucce circa a quell’affermazione di lei, indifferente alle sue affermazioni, cercando di ricomporsi in una qualche maniera. < Comunque mi levi quella mia forza d’abitudine… non è che mi debba sforzare, ma parto sempre dal presupposto che chi apre bocca sta per sparare una stronzata oscena…> ed ecco la spiegazione del perché di quei continui e repentini cambiamenti d’umore, scuotendo il capo, finendo per sbittare in una breve e beffarda risata alla sua domanda. < Ancora con questa cazzata di pretese? Vedi di non farmi sentire il tuo stomaco gorgogliare e mangia in santa pace…il vecchio contadino mi ha spacciato qualche soldo ed avevo voglia di cucinato, questo include che mangerai anche te. > insomma, sta semplicemente festeggiando a suo modo, per quanto nella maniera più solitaria e grezza possibile, ma questi sono dettagli, lasciando semplicemente il tutto alle chiacchere, alternando una raccolta di bacchette, ad uno sguardo nei dintorni, o meglio, seguendo ora Himawari a parlare, corrugando la fronte, mandando giù repentinamente il boccone di spaghettini, in modo da poter riprendere a respirare, oltre che parlare. < Curioso che la gente, quando si fa i cazzi degl’altri, poi se ne esce con quella frase… “so che non sono affari miei…” comunque, vedo almeno che non ti metti a frignare come una ragazzina… quindi ti risparmio il secondo insulto della serata… Comunque no… per ora non ho bisogno di cure… nel caso s’infettino vedrò che fare ma per ora vanno bene così. > E qui eccola dove ella finisce con il suo metro di riguardi nei propri confronti, ovvero zero, almeno finche la situazione è stabile, e le ferite rapprese. < Comunque… Kochiya Kanako… e vedi di memorizzarlo per bene tettona, oppure ti sgonfio quei palloncini con le mie stesse mani. > E per quanto l'abbia messa in imbarazzo prima, questo non la frena a darci dentro ancora con parole poco delicate, essendo oramai la sua abitudine. Fa spallucce non ha voglia ne una risposta da dare all’affermazione di Kana, se a lei non importa perché dovrebbe importare alla bambina, quindi dopo quell’alzata di spalle si volta verso il bancone proprio quando quella porzione ordinata da Kana le viene messa davanti. <Libera di fare quello che ti pare ovviamente.> trancia così di netto il discorso e rimane ad osservare gli spaghetti non ancora intenzionata a prendere tra le mani le bacchette. Quegli spaghetti sono strani e invitanti, lo sguardo viene rapito dal fumo che sale e crea una sorta di condensa profumata che le riempie le narici fino ad inondarle il cervello. <Tu hai le tue cazzate, io ho le mie.> si sa che nemmeno la bimba si fa problemi ad utilizzare un linguaggio scurrile e poco adatto a una mocciosa. Si fa andare bene la spiegazione di Kana in ogni caso perché stasera non ha molta voglia di replicare e parlare, quindi allunga la mano destra e afferra le bacchette, le fissa e le rigira tra le mani cercando di capire come queste debbano essere usate. Incapace di utilizzarle come lo sono i bambini molto più piccoli di lei, dando l’impressione che la mocciosa non abbia mai avuto modo per far molta pratica. Non si impiccia negli affari di Kana e l’altra ragazza lasciando le due nel loro botta e risposta nel quale la bambina non c’entra niente. <A quanto pare è pieno di gente che si vuole impicciare negli affari degli altri.> sbotta borbottando tra se e se mentre ancora osserva quegli spaghetti e le bacchette aspettando che per magia riesca a divenire più pratica nel maneggiarle. <I miei occhi… Quale? Quello sano o quello sfregiato ti piace di più?> domanda seccamente abbandonando le bacchette sul bancone e infilando le dita nella ciotola per poi afferrare gli spaghetti, ci soffia sopra e poi inizia a mangiare con le mani come una selvaggia. <Prima di chiedere i nomi altrui dovresti presentarti tu. Io mi presento quando ne ho voglia comunque, non quando qualcuno lo pretende da me. Il proprio nome è importante, molto spesso è l’unica cosa che si ha.> replica per poi tacere e continuare a mangiare a modo suo. Non osa interrompere affatto quello scambio di battute che avviene tra Kanako e Kizuko, piuttosto mantiene la bocca serrata, con le labbra inarcate e piegate in una delicata curva all'insù, capace di assumere le veci di un vessillo di buon umore, nonostante le parole che le sono state rivolte in una modalità del tutto inaspettata, cosa che sicuramente terrà a mente, che sia per muoversi al meglio intorno alla ragazza senza scontrarsi direttamente con lei o semplicemente per evitare che qualche suo comportamene possa farla alterare, in ogni caso sarebbe indubbiamente preferibile evitare uno scontro, fisico o verbale, se mai dovesse essercene uno. Lo sguardo passa dalla figura della giovane contadina, soffermandosi ad osservare con particolare attenzioni alcuni dettagli che sembrano essere inevitabilmente interessanti, per poi spostarsi su quella più minuta a delicata, in apparenza, della Hyuga, la quale si troverà ed essere guardata in volto con vivo interesse, probabilmente a causa di quelle iridi color perla che sfoggia. Annuisce alla rapida spiegazione che riceve da Kanako in merito a quelle ferite e oltre non si spinge, considerando quanto sembri essere suscettibile, eppure ognuno ha un carattere, chi più vivace e chi, semplicemente, molto più paziente e calmo, <Non sarebbe meglio prevenire piuttosto che curare?> non manca comunque di inarcare debolmente un sopracciglio verso l'altra, il tutto senza far sparire dal volo quel sorrisetto delicato e di mutare quell'espressone affabile. <Non sono quel tipo di persona che dimentica facilmente, Kanako-san.> ribadisce lei con tono più calmo, non mancando dunque di sottolineare che né il suo nome e né la sua persona errano facilmente dimenticate, <Non c'è bisogno di preoccuparsi.> e dunque tace. Sgrana debolmente gli occhi quando la Hyuga sembra rivolgerle quelle parole, ma non si perde d'animo e né quel sorriso pare turbarsi, <Ho parlato al plurale, quindi intendo entrambi.> anche qui estremamente gentile e cordiale nei modi e nella voce. Serafica, non manca di sorridere nuovamente, <Hai ragione, perdonami... Sono Himawari, è un piacere conoscervi.> conclude, aggiungendo anche un velato e rapido inchino formale. <E non ho preteso, signorina...> non conoscendo il suo nome, <Ho posto una domanda, che può avere sa una risposta positiva che negativa... Oppure nessuna, dipende.> [Chioschetto di Yakisoba] Non aggiungerà altro ella per quanto riguarda le parole della piccola Hyuga, semplicemente la sua premura nei suoi confronti si manifesterà in tutta la sua spontaneità grezza come il carbone appena estratto dalle miniere, per quanto il tutto non finirà inosservato, almeno per una come lei, che per quanto possa apparire burbera e sgraziata, qualche cosa di meno marcio dentro di se, vedendola mangiare con le mani la piccola, al posto delle bacchette che di solito vengono di base servite sulla tavola di chiunque, eccetto per gli stranieri e per i bambini decisamente piccoli. Ma al posto di dimostrarsi furente verso quello stato altrui, lo sguardo volgerà minatoriamente verso il proprietario di quella baracca, alzandosi in piedi e recuperando una forchetta in legno, senza chiedere il permesso, per poi farla affondare sul piatto di Kizuko, almeno per darle una posata facile da usare. < Ma ti pare il caso di darle delle bacchette coglione? Ha fame! > e la colpa la da pure tutta a quella persona ignara di tutto, non dando la colpa prima di tutto a se stessa, o comunque mantenendo un certo contegno alle incapacità della zaffirina, passando poi all’attenzione della bionda, sospirando appena, cercando i mettere a freno quei muscoletti in tensione che non aspettano altro di scaricarsi alla prima scusa. < Ad averceli i soldi lo farei, ma sai, per ora mi posso permettere una stalla come casa… la fai facile te per essere una con le tette. > Lei mangia anche di gusto con le mani e a dirla tutta sta anche mangiando con molta foga come se non mettesse qualcosa di nutriente sotto i denti da un bel pezzo, e avendo una casa e non essendo sola ci si sarebbe da chiedere chi è quello scellerato genitore che fa andare in giro la propria figlia in quel modo. Non importa, non frega niente alla mocciosetta e non frega niente a nessun altro, tutti vivono bene nella loro beata ignoranza e lei non pretende niente da nessuno a differenza di altri. Risucchia rumorosamente gli spaghetti dalle dita, sbrodolandosi senza ritegno esprimendo tutta la grazia che dovrebbe contraddistinguere gli Hyuga, nobili, raffinati, tranne lei a quanto pare. Si ritrova una forchetta di legno nel piatto e manco se ne accorge quasi. <Mmh.> borbotta a bocca piena con una guancia rigonfia per via del boccone, si pulisce la mano sui vestiti e afferra la forchetta senza nemmeno ringraziare, non solleva lo sguardo dalla ciotola e riprende a mangiare in maniera più umana. <Comunque sono abituata a mangiare con le mani, non preoccuparti.> commenta sempre a bocca piena ma nonostante l’espressione rimanga fredda e il tono scocciato, le gambette iniziano a sgambettare tradendo una certa sopita gioia. <Entrambi.> replica sui suoi occhi guardando Himawari, studiandola per un po’ mentre rumina quegli spaghetti. <Hima.> non dirà mai il nome completo. <Quando lo riterrò opportuno mi presenterò.> e detto questo torna a mangiare convinta di aver messo le cose in chiaro in maniera civile e diplomatica salvo poi intervenire all’ultima frase di Kana. <Vero!> si volta ancora verso le ragazze indicando con la forchetta il seno prosperoso di Himawari e schizzando così col brodo degli spaghetti le due. <Scommetto che tiri su un sacco di soldi con quelle tette!> è perfetto ora la mocciosa parla anche di vendersi, e riprende subito a mangiare come se nulla fosse. Non si mostra affatto intenzionata nell'intervenire e dunque tentar di correggere la modalità di linguaggio utilizzata da Kanako, non solo perché non è quello il suo compito, ma anche perché preferirebbe di gran lunga evitare l'insorgere di qualche litigo che possa sfociare, disgraziatamente, in qualcosa di ancora peggio, qualcosa di non ineluttabile e dunque facilmente evitabile. Inclina di poco il capo verso sinistra, non mancando dunque di adagiare nuovamente il mento sul dorso della mano in un unica movenza delicata, <Posso aiutarti io, gratuitamente... Per nessun secondo fine, se è questo ciò che potrebbe renderti diffidente.> aggiunge poi, lasciando che il tono utilizzato sia comunque morbido e delicato, quasi fraterno. Sgrana debolmente gli occhi poi all'insinuazione che giunge in seguito, tanto che si drizza con solenne lentezza con il busto e, non distogliendo le iridi nocciola dal volto della ragazzina, l'osserva silenziosamente, <Come, scusa?> non manca poi di schiarirsi la voce con un piccolo colpo di tosse, rapido anch'esso, <Posso sapere che centrano?> in riferimento al seno abbondante, a quanto apre mira di entrambe. tornando poi con lo sguardo su quell'ordine che finalmente le viene consegnato e ringraziato il proprietario con un inchino formale, senza dire alcunché in merito, gli abbozza un sorriso delicato, <Cresceranno anche a te, un giorno.> non manca di ribadire, annuendo appena alle sue parole per conferire a loro maggiore significato, se mai ce ne fosse il bisogno. Si concentra sulla Hyuga, poi, che si becca un'occhiatina confusa e lievemente perplessa, ma, tornando ancora una volta con espressione serafica a ridacchiare, abbassa lo sguardo sulla propria pietanza, incominciando a mangiarla senza alcun remore, <Se avessi davvero fatto molti soldi, non sarei qui, ma sarei nella mia villa, circondata da gente che lavora per me.> o almeno è questa un eventuale supposizione, che poi Himawari non sia il tipo è tutt'altra. [Chioschetto di Yakisoba] I borbotti della piccola Hyuga non passano inosservati, vedendo come ella semplicemente lamenta a suo modo quel suo modo di agire, di lei, che per quanto l’altra esteriormente si presenti come indifferente al tutto, lei invece non manca invece di dimostrare senza remore che, per quanto nella peggiore delle maniere possibili, peccando di femminilità, lei di quella nanerottola si preoccupa eccome, ma nella sua maniera, senza troppe parole dolci o quant’alto, quasi non ne fosse nemmeno capace. < Almeno finche puoi, mangia come si deve… per quanto ti trattino da schifo almeno qua con me ti evito di farti mangiare come un animale. > Parole quasi ringhiate le sue, quanto basta per restarsene in quel limite di non sbottare letteralmente dalla rabbia che pervade quel esile, o così all’apparenza corpicino. La mandritta freme in un pugno, ma si contiene di non andare oltre a quella, finendo per cacciare quella stessa mano, se acconsentito dall’altra, a ricercare quel crine zaffirino della Hyuga, in una breve coccola, vedendola sgambettare felice, ma solo per un breve, evitando troppe smancerie che non si adattano alla sua indole grezza. < Lascia perdere me… se vuoi farmi un favore senza doppi fini, quando vedrai lei che ad occhio ti sembrerà aver bisogno seriamente di qualcosa… allora dalle una mano… me la sono cavata da sola e da sola andrò avanti… non ho bisogno della pietà degli altri, anche se fatto senza cattive intenzioni. Soprattutto se si tratta di ferite da lavoro…> e qui ella eclisserà semplicemente il discorso in maniera decisamente egoista non volendo proseguire oltre, se non a quel discorso che sembra prendere riguardo al seno dell’altra, inclinando il capo malamente < Se mi incominciano a crescere… poi incominceranno per strada a chiedermi quando costo… e sinceramente sono solo scomode quelle masse di grasso. Ma visto che sei molto curiosa… cosa cavolo fai te nella vita? > Mangia, mangia e mangia, senza fermarsi nemmeno per prendere fiato con la paura in corpo che qualcuno possa rubarle il cibo da sotto il naso, arrivando persino ad emettere una sottospecie di ringhio non appena nota lo sguardo del lavapiatti, che magari attende solo che ella finisca la ciotola per prenderla e lavarla. La replica di Kana però la colpisce, perché anche se a modo suo quella ragazza le fa sentire quanto ci tiene a lei, la cosa la spaventa e la rende dubbiosa non comprendendone il motivo, ma dato che la fa stare bene ed è una femmina, non un maschio, accetta. <Bah, come vuoi.> spezza così quel discorso sul mangiare bene, orgogliosa per non dare soddisfazioni a Kana di aver accettato quella sua preoccupazione per lei, eppure a quel contatto lei si irrigidisce: Kana posa la mano velocemente e delicatamente sui suoi capelli e la bambina di colpo incassa la testa tra le spalle e si chiude a riccio, esattamente come era successo quando Norita l’aveva afferrata di colpo. Il contatto la spaventa se non se lo aspetta ed è cosa ben diversa da quando si era fatta spalmare l’unguento perché lì le era stato chiesto. Si blocca come un animale ferito e aspetta che la ragazza tolga quel contatto prima di ricominciare a mangiare senza dire una sola parola in merito e lascia piuttosto parlare le due ragazze tra loro, mettendosi solamente a ridacchiare ad un certo punto. <Oh, credimi, ti chiedono quanto costi anche se non hai le tette.> sbotta e finisce di mangiare pulendosi con un tovagliolo per fortuna e non con la canotta, dopo di che si alza dallo sgabello, ma non si allontana ancora da loro. <Siete proprio buffe.> La mano destra si muove per afferrare le bacchette e, suddivise finalmente per via di un unica movenza che l'ha portata in precedenza ad afferrarne l'estremità, ne andrebbe ad afferrare una, per ternarle ferma tra la parte intera del pollice e l'anulare, mentre l'altra verrebbe mossa principalmente grazie al polpastrello dello stesso pollice e dell'indice, andandosi così a facilitare nell'afferrare quasi con fin troppa grazia ed educazione quegli spaghetti di riso ed accostarli alle labbra, mangiandoli senza creare alcun rumore nel farlo. Ascolta le parole che Kanako le rivolge, senza nascondere quel sorrisetto allegro, anche quando mangia, <Farò come vuoi tu, non preoccuparti.> e dunque, ribadendo quanto pensa che l'altra voglia sentirsi dire, andrebbe a prendere l'ennesimo boccone, per poi masticarlo ed ingoiarlo. Un sopracciglio viene inarcato nei momenti successivi, nominata infatti la pietà, non manca di scuotere lentamente il capo da una parte all'altra, <Non lo faccio per pietà.> ci tiene a precisare lei, inarcando debolmente un sopracciglio in merito, senza smettere di palesare quell'espressione gentile, <Lo sto facendo per compassione... Vedi, la compassione è molto più profonda e nobile della pietà. La pietà ha le sue radici nella paura e porta in sé un senso di arroganza e condiscendenza, alle volte anche una compiaciuta sensazione di quanto sia fortunato che quella cosa non sia successa a me. Praticare la compassione significa essere consapevoli che tutti gli esseri sono uguali e soffrono nello stesso modo, onorare tutti coloro che soffrono e sapere che non siamo né separati da alcuno, né superiori ad alcuno. > e detto ciò, tace definitivamente, riprendendo a mangiare come se nulla fosse. <Per il momento studio... Non ho molto da fare durante l'estate.> fa spallucce alla domanda posta, il tutto con un ampio sorriso che le curva le labbra con gioia. Sorvolando il discorso che viene insinuato, preferendo di gran lunga ignorare una cosa del genere, non manca di sorridere verso la Hyuga e soffermarsi su di lei con lo sguardo, <E come mai?> sull'essere buffo, Non c'è cattiveria nella domanda, solo viva curiosità. [Chioschetto di Yakisoba] Lei il suo piatto lo ha finito da un pezzo, e di certo non ha voglia di proseguire ancora con quella cena, che si è dilungata anche fin troppo, e l’alba è oramai alle porte, finendo semplicemente per sospirare, senza reagire troppo marcatamente a quell’irrigidimento della piccolina tra le sue mani, come se oramai, qualche cosa incominciasse a balenarle tranquillamente nella mente, tasselli su tasselli che incominciano a comporre una idea decisamente più completa da accettare per quella piccola testolina bacata di una contadina. < Molto bene… e tranquilla, non ho bisogno nemmeno della compassione di qualcuno… l’hanno spacciata più volte in quella maniera… e diciamo che mi si rivolta lo stomaco al pensiero… perché dopo devo sentirmi in debito con qualcuno, per quanto non abbia preteso nulla… e non voglio avere debiti morali… sono solo una scocciatura. > e qui ella finirebbe semplicemente per sbuffare un poco, sentendo poi la risposta dell’altra, che di tutto punto, a quella ultima domanda di lei, avrà una risposta sgraziata. < Incomincia a lavorare… e capirai perché una contadina si ritrova una marea di ferite… e magari avrai un qualche soldo in più. > insomma, ha un particolare fastidio per i perdigiorno a quanto pare, incominciando a scivolare e scendere dallo sgabello, spostando finalmente la sua attenzione verso la Hyuga. < Te invece… ripassa una di queste sere al Monte… almeno non ti toccherà sopportare qualche cena del cavolo in quel buco dove ti trovi…> e sembra quasi imperativo il suo, per quanto, è solo un modo come un altro per ricercare la compagnia altrui, nulla di più e nulla di meno, avvicinandosi ad ella lentamente con il viso, dandole il tempo di metabolizzare le sue intenzioni, ovvero un semplice appoggiare delle proprie labbra sulla fronte altrui, prima di incamminarsi sempre con il solito fare, senza saluti, mescolandosi con le ombre della notte // END Guarda Hima sollevando un sopracciglio rimanendo in piedi accanto a Kana in modo da osservare entrambe. <Sei troppo accondiscendente.> sembra che voglia a tutti i costi evitare le discussioni ma in questo modo non lascia trapelare quelli che sono i suoi pensieri a riguardo, pare senza carattere, senza niente, solo un continuo adeguarsi agli altri. Fa una smorfia e incrocia le braccia segnate dalle cicatrici al petto senza forme ancora, l’età è troppo giovane. <Perché sorridi sempre? Cosa ci trovi da essere allegra?> anche quello le da’ profondamente fastidio e carica di stizza glie lo fa notare senza preoccupare di risultare maleducata, antipatica o spigolosa, tuttavia finalmente riesce a cogliere parte dei pensieri della ragazza bionda quando lei spiega la differenza tra pietà e compassione, una profonda e dettagliata differenziazione che per una bambina è complicato da seguire a quest’ora della notte. <Oddio, pure tu sei una persona che parla tanto. Mi è bastato quel Norita.> sbotta alla fine esasperata cogliendo solo quanto capisce da tutto quel discorso. <Ad alcuni può dar fastidio anche essere compatiti, sai?> ci tiene a precisare nel caso passi l’errato messaggio che ogni persona è uguale e ha bisogno di attenzioni e aiuto, l’orgoglio è già di per sé una brutta bestia e a confermare tale pensiero della bambina c’è anche la risposta di Kana a tutto quel discorso al quale la mocciosa annuisce e basta. Inizia a dispiacersi invece quando la ragazza accenna ad andare via, lei si alza dallo sgabello e si avvicina a lei dandole un chiaro invito a rivedersi sul monte e la bambina finalmente si lascia andare ad un sorriso che è tra i più sinceri e genuini mai avuti fino ad adesso. <Si.> conserva ancora la boccetta che le ha dato e questa volta dato che si avvicina lentamente e la può vedere chiaramente, non si irrigidisce a quel bacio sulla fronte, che non è lo stesso bacio che invece la bambina aveva dato a Kana sul monte, sulle labbra. E’ un modo diverso che alla piccola Hyuga sembra quasi nuovo, saluta quindi con una mano Kana che se ne va, fra le ombre, per rigenerare le proprie membra in una stalla. Rimane sola con Hima e si ritrova a fissarla come un cucciolo spaurito osserverebbe un predatore. <Buffa… bhe… perché parli di compassione come una cosa nobile e per ironia della sorte sembri proprio arrogante mentre lo fai, non so spiegarmelo, è più una sensazione.> spiega e inizia a compiere qualche passo indietro. <Me ne vado, è tardi e sono stata via anche troppo.> senza un saluto e un gesto anche la piccola toglie il disturbo correndo a piedi scalzi velocemente verso casa. [end] Non impiega molto tempo nel finire il proprio piatto, anche perché non era molto quello che aveva ordinato, giusto qualcosa per evitare di tornare a casa senza aver messo nulla sotto i denti. Dato quei lenti movimento compiuti con la schiena, la treccia bionda non manca di scivolarle, in via definitiva, dietro la schiena, lasciando solamente che qualche ciocca grano possa incorniciarle il volto pallido senza alcun remore. Ancora una volta tace, osservando così silenziosamente lo scambio di interazioni che avviene tra le due, tanto da trovarlo quasi fraterno, quella preoccupazione gelosamente velata affinché nessuno la veda e quel timore di essere toccata per chissà quali motivo, eppure è uno scenario a lei familiare, essendo lei stessa sorelle di molti e molte. Sospira infine, <Come preferisci, Kanako-san.> e non aggiunge altro in seguito, non è di certo giunta lì per mettersi a filosofare sulle scelte di vita altrui, per quanto poco le possa condividere, infatti non manca poi di prendere il denaro necessario dalla tasca e pagare l'uomo che l'ha servita, eseguendo anche un rapido inchino in sua direzione. Non parla, annuisce semplicemente, il tutto in contemporanea allo sguardo che giace sull'altrui figura, sempre quella della contadina. <A volte è meglio evitare uno scontro diretto, signorina.> e qui lo sguardo si assottiglia debolmente, rimanendo con attenzione ad osservare la Hyuga, che non manca di porre domande che la sorprendono, considerando quanto questa possa sembrare giovane, <Perché non ho motivo di essere triste o arrabbiata, dunque sorride, perché è la miglior forma di ringraziamento che posso mostrare ai Kami.> religiosa quasi nel suo dire, quasi lo facesse apposta, tornerebbe ancora una volta a palesare un sorrisetto divertito. <Ne sono pienamente consapevole, ma finché non mi verrà detto, continuerò per la mia strada e con i miei modi di fare.>facendo poi forza sulle gambe, puntato il piede sulla tecca dello sgabello, ecco che andrebbe ad alzarsi, tornando finalmente in piedi senza alcun problema. Si sistema la salopette con un gesto rapido di entrambe le mani, battendo sulla zona dei pantaloncini. Scrolla le spalle, rimasta una volta con la Hyuga, <Mi spiace, allora, non era mia intenzione.> ma ancora una volta viene lasciata sola dal duo che così come è apparso, è scomparso. Con un sospiro emesso rapidamente, esegue un ultimo inchino e sorriso verso l'uomo, quasi a scusarsi con il comportamento delle due, per poi tornare a casa a passo svelto. || exit ||