Infanzie difficili e futuri ancora da decidere
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Giocata del 05/02/2019 dalle 16:15 alle 18:49 nella chat "Accademia Ninja - Kusa (vecchia)"
Plic. Plic. Plic. Il rumore delle gocce s'infrange contro il telo cremisi dell'ombrello. E' un suono costante ma discontinuo. Segue un ritmo tutto suo, non rientra in un ordine predefinito delle cose. L'acqua precipita a intervalli disordinati, caotici, impossibili da prevedere. L'odore della pioggia si mescola a quello della terra bagnata, dei piatti caldi cucinati in qualche locale vicino e che riempie l'aria del suo aroma. Dalle sue spalle, dai suoi lati, il vento sferza gelido il suo volto graffiando, tagliando, ferendo. Ma davanti a lei non giunge alcun alito freddo. L'imponente Accademia le fa da scudo sul fronte proteggendo il suo viso dal freddo. C'è chi potrebbe definirla indifesa in questo momento: immobile, ad occhi chiusi, sul limitare della strada che volge sull'edificio scolastico. Ma come si può credere che solo perché ciechi si sia vulnerabili? Ci sono così tanti segnali, così tante informazioni che i soli altri sensi possono darle... Inspirando a fondo una ventata d'aria uggiosa, Hitori riapre gli occhi mostrando al mondo due iridi distanti, quasi indifferenti da qualunque cosa le sia attorno. L'una rossa come il sangue, la sinistra, l'altra bianca quasi apparentemente cieca, la destra. I suoi lunghi capelli neri scivolano lisci dietro le spalle, la pelle d'avorio è perfettamente asciutta e riparata dalla copertura offerta dall'ombrello retto dalla mancina. Indossa una camicia bianca che perfettamente nasconde il seno poco accentuato ed una cravatta cremisi che le stringe sotto il colletto pendendo lungo la linea dello sterno. Una giacca dal taglio classico nera le ricade addosso, aperta, abbinata a dei pantaloni semplici che scivolano lunghi fino alle caviglie. Scarpe di cuoio nero completano la sua figura rendendola nel complesso androgina. Veste come un uomo eppure il viso, i tratti delle dita lunghe e affusolate sono facilmente riconducibili all'idea d'una donna. Rimane immobile, silente, ad osservare l'Accademia nella più completa solitudine, scrutando il tetto alto, le gocce di pioggia che cadono continue tutt'attorno. Par quasi in attesa di qualcuno o di qualcosa, sul ciglio della strada. [C. on] [???->Accademia - Esterno] Le nuvole grigie che in precedenza macchiavano l'azzurro del cielo, ora si sono addensate, aderendo l'una all'altra creando una coltre di nubi da cui in modo intermittente inizierebbe a piovere. Il sole non è visibile ma è pienamente percettibile dalla luce - nonostante le grigie nubiane - si manifesta. Il moto del ragazzino è veloce. Odia la pioggia. Ma non è il motivo della sua fretta. Il capo è leggermente chinato in avanti, coperto da un cappuccio che deriva da una felpa di colore nero che gli cinge il busto. Lurida, bagnata ed emana un fetore abbastanza pungente. I pantaloni logori sono indossati, strappati alle ginocchia e poco più in su verso i quadricipiti. Viene legato alla vita da una cinghia in cuoio, leggermente morsicata, forse dalle bestie che condividono il suo letto o almeno il giaciglio che gli permette di dormire durante le ore di sonno, ormai non dettate più dal biologico orologio presente dal suo organismo, ma dalla assenza o presenza di cibo. Le mani si nascondono nelle tasche, anche se bucate, mentre lo sguardo è portato verso l'orizzonte, nel perlustrare la zona in modo attento, quasi maniacale. Sul viso si tinge la smorfia più infida, quasi come se fosse un cane rognoso. Il labbro superiore è leggermente alzato all'angolo destro mentre l'inferiore è leggermente stretto su se stesso. Da tale espressione del muso si inizia a manifestare una ruga espressiva al lato del naso, dove le narici permangono ancora aperte a sniffare l'aria e l'umidità portata dalla pioggia. Proprio gli odori percepite anche da qualcun altro in zona, vengono soprattutto inalati dal rosso. Gli occhi si chiudono per un attimo, si ferma l'incedere. Si blocca. Volge il capo in direzione dell'odore, quasi frenetico. Un'ennesima fiutata e subito parte la corsa. Le mani vengono portate al di fuori delle tasche mentre le braccia si alternerebbero in un oscillazione forse dettata dalla stessa corsa. L'incedere veloce delle leve inferiori lo porta dinanzi ad una bettola, un negozietto, un chioschetto per la precisione, con il bancone all'aperto riparato solo da una misera tettoia. Le mani si buttano in avanti prendono il primo cibo che riesce ad acchiappare. Il primo pasto della giornata. Una coscia di pollo. Ma la corsa non si ferma, non di certo dietro le urla e gli schiamazzi del proprietario che vedendo girare l'angolo da parte del rosso dovrebbe frenare la lingua ma non per resa ma perché il giovane si dirige stranamente verso l'accademia ninja. Giunge proprio nel loco in cui vi è la ragazza, HITORI. Gli occhi però sono puntati sulla preda guadagnatosi. <Finalmente, quel mezzo bastardo ha pure iniziato a gridare, porca puttana!> ed ecco che finito di parlare con il solito volgare andrebbe ad aprire le fauci, caratteristiche, seghettate. Addenta la coscia di pollo e ne lacera le carni con un movimento secco della testa. <Ma fa anche schifo!> annuncia a tutto il mondo, indegno del pasto, ma non lo sputa, lo ingurgita interamente dopo una sommaria masticazione. Lo sguardo ferino si imbatte nella figura della ragazza, ma nulla ferma la sua vorace ed insaziabile fame. Continua nell'ingurgitare. Talvolta le piace camminare senza meta alcuna per le strade del Villaggio. Muoversi per le strade ormai ben note di Kusa senza quasi osservare realmente ciò che vi è intorno. Forse è la mera sensazione di star facendo qualcosa, forse è il solo esercizio fisico portato avanti dal corpo a soddisfare quel bisogno senza nome che le pungola talvolta il cervello. Non si pone domande, semplicemente cammina e dunque alla fine si ferma. Osserva quanto ha davanti perdendosi per interminabili istanti in osservazioni silenziose fra sé e sé. Si abbandona al banale incedere del tempo prendendosi qualche attimo solo per sé. Inspira. Espira. Pensa. Ricorda. E poi se ne va. Proprio mentre si ritrova a rivangare vecchi ricordi, ferma davanti l'Accademia ninja, qualcosa disturba il suo quieto pensare. Voci, schiamazzi, grida. Lo sciaguattare di passi pesanti contro il terreno, contro le piccole pozze d'acqua formatesi sulla strada fra i vari ciottoli duri. Non si scompone però Hitori limitandosi a voltare il capo in direzione di quei passi. L'occhio attento scruta la presenza d'un ragazzo più alto di lei ma ben meno composto. Questi si ferma, i capelli rossi appiccicati ormai al viso e con la stessa foga d'un animale affamato, addenta, trangugia e consuma un pezzo di pollo ormai rovinato. Ne ode il dire rozzo, volgare, non mostrando però alcun cenno di disgusto o fastidio a tali parole. Il viso rimane una maschera di cera mentre osserva il suo fare, ode il suo ringhio. < Forse perché lo stai mangiando annacquato nella pioggia. > interviene con voce pacata, basa, come indifferente al suo linguaggio colorito o al suo aspetto logoro, all'odore sicuramente pungente. < Ma immagino che quando si ha fame, anche questo vada bene. > aggiunge poi senza alcun intento di voler offendere o schernire il ragazzo, quasi come se effettivamente stesse cercando di immaginare la condizione nella quale si trova l'altro. [ C. on ] [Accademia - Esterno] Continua l'azione del mangiare avidamente quell'ormai pezzo di pollo che anche alle più attente analisi forensi non verrebbe conosciuta la provenienza. La mano destra che ora impugna il pezzo di carcassa si fa avanti nell'etere portando nuovamente la carne alle fauci che una seconda volta si aprono, e si serrano senza pietà sulla carne strappandone un ennesimo pezzo. La mascella e la mandibola si incontrano più volte mentre la polpa carnosa viene frantumata e sfilacciata. Segue l'inghiottire del bolo che abbandona l'antro boccale in men che non si dica. La testa è partecipe di uno scatto che porterebbe proprio in questo momento a destare lo sguardo sulla ragazza con l'ombrello. Le iridi cremisi si posano su quella figura mentre lo scorrere del tempo ormai sembra non placarsi. Scuote ripetutamente la testa, per poi far passare tale fibrillazione al resto del corpo, come un cane bagnato che cerca di distogliere l'acqua dal proprio pelo. La felpa e il resto degli indumenti viene appesantito dal continuo incedere dell'acqua proveniente dalle nubi verso il terreno. La stessa smorfia disgustata che poco prima si palesava sul volto ora riprende forma alle parole della ragazza. <Ma cosa cazzo vuoi?> ritorna più composto sulla sua posizione mentre le leve superiori vengono abbandonate ad un rilassamento muscolare portate quindi ai lati dei fianchi. Le testa ora viene portata di lato con una leggera flessione da parte del collo. <Non immagini proprio nulla, tu!> dispregiativo in quelle parole che vengono promulgate verso l'Uchiha. <Anzi beccati questo!> annuncia andando a piantare il piede sinistro in avanti, genuflettendo la gamba appena avanzata in tale movimento. La destra invece si tende mentre il braccio che appartiene alla mano con cui sorregge l'ormai osso rimanente della coscia di pollo viene portato prima in alto e poi all'indietro flettendolo nell'articolazione del gomito. In questo movimento il braccio sinistro si pone dinanzi al petto e la mano del medesimo lato va a stringersi in un pugno. Ora non farebbe altro che far scattare in avanti il braccio che è stato caricato all'indietro con la torsione che porterebbe l'intero braccio a distendersi. Una volta fatto ciò la mano lascerebbe il femore avicolo provando in un lancio che lo porterebbe se non addosso la ragazza almeno nelle vicinanze di questa. <Tsk!> stringe i denti in modo istintivo per poi andare a commentare <Cretina!> sempre con la dentatura ben salda, facendo apparire tale offesa più come un digrigno della dentatura. L'atteggiamento mostrato dal ragazzo è esattamente come quello d'una fiera. Istintivo, poco razionale, rabbioso. A partire dal puzzo e finendo dalla fame vorace, tutto in lui lo avvicina più ad un animale che ad una persona. Ma Hitori non ne sembra toccata, non par rifuggire quella presenza, sebbene non sembri neppure intenzionata ad avvicinarcisi. Si limita a riconoscerne l'esistenza, ad osservarne i movimenti, gli atteggiamenti, quasi come se stesse assistendo allo scorrere del tempo da dietro una finestra. Le sue parole tuttavia vanno ad infrangere quello stato di passività nei riguardi della situazione e vanno come ad infrangere il vetro che la rendeva spettatrice silente della scena. Il suo dire scatena nel ragazzo una reazione piuttosto vivace; disprezzo, rabbia, quasi schifo trasudano dalla sua voce mentre i suoi gesti vanno palesando una profonda frustrazione. Il giovane andrebbe scagliandole contro i resti della fu coscia di pollo, portandola a reagire istantaneamente con una rapidità tale da risultare probabilmente invisibile agli occhi del ragazzo. Nel momento in cui realizza la mossa portata avanti dall'altro, infatti, Hitori va a a flettere di poco le gambe piegando le ginocchia così da riuscire a caricare il successivo scatto tramite una semplice pressione del corpo e dei piedi contro il terreno. Premendo le punte delle scarpe contro il suolo umido, andrebbe a riallungare gli arti inferiori scattando rapidissima in direzione dell'altro in una traiettoria a semicerchio che dovrebbe portarla sia ad evitare il percorso compiuto dall'osso spolpato, sia a comparire infine alle spalle del giovane. Una corsa breve date le distanze poco accentuate, rapida data la velocità raggiunta nel tempo dalla ragazza e invisibile allo sguardo di qualunque civile o ninja inesperto per via dei loro sensi poco sviluppati. Una volta 'ricomparsa' alle spalle di Jou, Hitori si limiterebbe a fissare la nuca altrui con sguardo distaccato mentre dentro di sé andrebbe a richiamare le energie del chakra per condurle fino al proprio capo. Andrebbe a radunare il flusso ceruleo di forza negli occhi dove vorrebbe riuscire a risvegliare il gene Uchiha presente e dar quindi nuova vita all'antico potere dello Sharingan. In pochi istanti le sue iridi dovrebbero divenire cremisi, le tomoe nere dovrebbero comparire rapide attorno alla pupilla e vorticare in orbita sempre più velocemente fino a fondersi e dar vita ad un disegno nuovo ed unico simile ad un fiore. < Tutta questa rabbia ti farà ammazzare un giorno se non imparerai a controllarla. > chiosa semplicemente, dalle spalle dell'altro, tenendo ancora levato l'ombrello per rimanere coperta e nascosta dalla pioggia, totalmente indifferente al fatto che l'altro sia ancora completamente esposto alle intemperie. < Io non ho alcun interesse nell'uccidere un barbone. Ma ci sono uomini, ninja, che per molto meno di una tua sola occhiata storta ti avrebbero già rotto l'osso del collo. > La sua voce permane ancora lineare, calma, per niente sconvolta o turbata né dalla situazione né tanto meno dall'argomento trattato. [ Mangekyou Sharingan ] [ C. - 4; Agilità: 100 ] [Accademia - Esterno] Le iridi color cremisi, intrise di quel primordiale sentimento rabbioso, vagano ancora verso la posizione iniziale della ragazza. Ma qualcosa di strano è accaduto in pochi attimi. Questa cosa viene percepita dall'animalesco ragazzino. Le sopracciglia che prima cozzavano l'una contro l'altra in quell'espressione rabbiosa ora si rilassano leggermente mentre le palpebre darebbero maggiore spazio alle pupille che vengono scoperte dai lembi di pelle e che permangono in quello stato in una espressione più allibita. <Hmpf!> da questo suono un fiotto di aria fuoriesce istintivo dalle narice che si allargano per permettere il movimento etereo. L'osso cade senza poter cogliere nessuna forma vivente affondando, o quasi, in una pozzanghera dopo un leggero scroscio d'acqua che ne segna lo slittamento sul liquido raccolto. La posizione eretta viene ben ripresa mentre le leve inferiori riprendono nuovamente la posizione iniziale. La lingua esce ad inumidire le labbra sottili, taglienti. Ritorna all'interno andando a tastare qualche rimasuglio di carne che è rimasto incastrato nella dentatura da carnivoro. Un lampo lo coglie in modo astratto fortunatamente. Un brivido percorre per primo la base del collo per poi attraversare tutta la schiena estinguendosi nella sezione finale delle vertebre. La voce della ragazza viene udita nuovamente, ma questa volta alle sue spalle. Viene effettuata una rotazione dell'intero corpo quando ode tali parole. Il piede sinistro si insinua bene sul terreno ponendo questi come perno, mentre il destro verrebbe portato a comporre un semi cerchio. Tale movimento viene accompagnato da uno spiegamento delle braccia che proverebbe a far mantenere lo stato di equilibrio. Giratosi e messosi difronte la figura della ragazza andrebbe a sbarrare gli occhi mentre le iridi si ristringono tremolanti come se avessero visto un fantasma. <M-ma che dannazione è mai questa!> per poi caricare in bocca una quantità di saliva che viene agglomerata proprio al centro della lingua e proprio questa, con la punta va ad insinuarsi in mezzo agli incisivi superiori nel mentre che le labbra si schiudono e lasciano che lo sputo venga gettato all'esterno in direzione di quarantacinque gradi sulla sua destra. Disprezzante anche difronte al pericolo o almeno alla sensazione di avere dinanzi un fantasma. <Ma cosa sei!?> si ferma, scrutando le fattezze della ragazza per poi soffermarsi sulle iridi scintillanti che si ritrova a fissarlo. Le sopracciglia giungono nuovamente l'una contro l'altra formando una V. <'Sti cazzi!> storcendo il muso, per poi manifestare la dentatura regolarmente a sega. <A quanto pare non ne ho ancora trovati, e se li trovassi gli romperei il culo!>. Guarda intensamente la figura femminile, <Dimmi! Sei un fantasma o qualcosa del genere!?> imperativo nonostante si trovi dinanzi qualcuno che potrebbe ucciderlo da un momento all'altro. <E poi hai detto che non ti importa di me, perchè non te ne vai un po' a farti fottere da un altra parte, eh!?> continua con l'insinuazione e le domande, ancora leggermente scosso dall'avvenimento appena consumato. Permane immobile, statuaria, fissando le iridi cremisi dell'altro da quei pochi centimetri di distanza che li separano da un punto di vista dell'altitudine. Il capo è solo di pochissimo reclinato all'indietro per concederle di guardarlo negli occhi, l'espressione assolutamente imperturbabile mentre un tuono romba furioso dalla distanza. La pioggia continua a battere contro il tessuto dell'ombrello, il vento soffia a tratti facendo arrivare qualche goccia persino sul suo viso d'alabastro. Non fa una piega alla reazione mostrata dall'altro: dal suo repentino girarsi a guardarla al suo sputo raddenso. Ode le sue domande, la sua sorpresa, limitandosi a sbattere le palpebre di quando in quando con serafica placidità, senza prendersi alcuna urgenza nel rispondere al suo dire, ben intuendo che l'altro ha ancora altro da chiedere e dimandare. Inspira l'aria fresca del tardo pomeriggio avvertendola scivolare fredda lungo il petto, fin dentro i polmoni. Osserva silente il suo interlocutore analizzando e conservando nei cassetti della propria memoria ogni suo dire, ogni suo atteggiamento schivo e rabbioso cercando di attribuire ad ognuno di questi un senso od una spiegazione. < Solamente un ninja. > replica alla fine, all'ennesima richiesta da parte dell'altro, di una spiegazione sulla sua identità. O, per meglio dire, sulla sua natura. < Un ninja che potrebbe facilmente fare questo. > Richiuderebbe le rosee rimanendo immobile ad osservar l'altro negli occhi. Regge ancora l'ombrello, non fa un singolo passo. Ma mentre tutto par immutato, in realtà la ragazza andrebbe a ricercare il controllo sulla cerulea energia che le scorre in corpo per andare a farla risalire nuovamente agli occhi. Questo nuovo flusso però non sarebbe destinato a nutrire le iridi, bensì ad uscire dalle pupille in un unico flusso azzurro -invisibile per chiunque non possieda poteri oculari specifici- diretto agli occhi altrui. Il chakra viaggerebbe impalpabile e impercepibile fino a filtrare negli occhi avversari risalendo fino al cervello ed irrorandolo secondo il volere della stessa Hitori. A questo punto, se solo Jou avesse provato a muoversi, si sarebbe riscoperto immobilizzato. Incapace di muoversi, di fare qualunque cosa che non sia semplicemente sbattere le palpebre o muovere le labbra. < Rompimi il culo, adesso. > un ordine verbiato con voce ferma, rigida, quasi una sfida perché si renda conto del pericolo corso, della veridicità del precedente dire stesso della ragazza. < Ho detto che non ho interesse nell'ucciderti. Ma la tua rabbia mi ha colpito. > chiosa successivamente la ragazza rimanendo immobile, continuando a mantenere bloccato l'altro dal proprio chakra. < Mi ricorda la mia, molto tempo fa ormai. > Qualcosa che potrebbe forse apparire bizzarro considerando la quasi inespressività totale della giovane. Un lungo istante di silenzio a protrarsi fra loro prima di schiudere le rosee e quindi riprendere. < Cosa ti turba fino a questo punto? > domanda lei continuando a mantenere intatto il contatto visivo con il ragazzo. < E sappi che potrei scoprirlo anche senza la tua collaborazione, ma lo troverei oltremodo scortese da parte mia. > aggiunge immediatamente dopo, con la stessa fastidiosa flemma. [ Mangekyou Sharingan; Potere Illusorio ] [ C. - 2 - 3: -9 ]
Giocata del 06/02/2019 dalle 10:40 alle 17:17 nella chat "Accademia Ninja - Kusa (vecchia)"
[Accademia - Esterno] Permane ancora in quella posizione con le braccia che vanno ad aprirsi leggermente, di qualche centimetro, rispetto al busto. Le mani si chiudono in un meccanismo di difesa/attacco portando le proprie dita ad avvolgersi su se stesse tranne per il pollice che poggerebbe la propria nocca sulla falangetta dell'indice e facendo continuare la propria forma su quella del medio. I pugni sono ben serrati. Il fastidio che gli cresce all'interno sembra pervaderlo sempre di più. Un calore che inizia ad ardere all'interno dello stomaco e pian piano si districa in mezzo ai vari organismi che si trovano all'interno del proprio corpo. Una rabbia quasi innata, qualcosa che pian piano inizia a destreggiarsi anche a livello cellulare. Quel vile sentimento che lo caratterizza da quando è nato e lo lascerà in pace solo quando morirà. La pelle lungo il setto nasale si raggrinzisce in rughe espressive culminando nel cozzare delle sopracciglia. Le narici si allargano mentre gli zigomi vengono portati verso gli occhi. In quegli occhi a mandorla che diventano taglienti, cremisi. Le rughe espressive ai lati della bocca sono ben marcati e il labbro superiore si innalza completamente lasciando intravedere la dentatura non proprio delle più belle. La trascuratezza igienica è la prima cosa che potrebbe avvedersi la ragazza, ma non è l'unica cosa. Quello più strabiliante è che nonostante ciò i denti compaiono intatti, anzi quasi ferrei. Il labbro inferiore è quasi portato all'estremo mentre la smorfia allargherebbe i lembi di pelle che compongono il viso. L'espressione si trasmette al collo inevitabilmente. Viene stirato mettendo in mostra la muscolatura che emerge tra il cumulo di pelle e ossa. Ma qualcosa accade in questo frangente. Nel suo ringhiare come il più feroce dei cani bastonati <Grrr...> il proprio sguardo, come ogni fiera che si rispetti, si posa su quello altrui come simbolo di sfida, come il voler entrare nell'animo altrui. Quasi intimidatorio. Ma tutto ciò ha uno svolgimento diverso rispetto alle altre volte che gli sono capitate. Alla provocazione della ragazza vorrebbe scattare il prima possibile. Ma qualcosa lo ferma, anzi lo inibisce in un modo stranissimo. I propri muscoli non corrispondono più ai segnali nervosi emanati dal proprio volere. <Hm!?> così distoglierebbe lo sguardo dalla ragazza puntandolo su ciò che gli appartiene, quelle quattro membra che per ora non riesce neanche a muovere. <Cosa mi hai fatto!? Razza di mostro!> sputacchiando mentre parla, preso dalla frenesia della rabbia dettata soprattutto da un pizzico di paura che mai farebbe del male in un organismo selvaggio. Soprattutto quando si trova dinanzi alla novità. Soprattutto quando riguarda se stesso. <C-cosa mi turba?> risponde alla domanda altrui con un ennesima ripetizione, permanendo sempre in quella posizione ormai statuario. <NULLA!> le corde vocali vibrano quasi allo stremo. La voce fuoriesce anche un po' rauca mentre a livello facciale l'espressione, se possibile, inizierebbe a cambiare. La smorfia animalesca rilascerebbe i muscoli facendoli mutare in qualcosa di molto più tetro. Tremolanti i muscoli si manifesterebbero in un sorriso, lungo e tagliente, che si farebbe avanti sull'angolo sinistro solcando il viso. <Hahahah!> se la ride <Veramente credevi che fossi arrabbiato per qualcosa, io...> respinge l'aria che fuoriesce dal corpo andandola a sparare fuori dalle narice e questa si formerebbe come semplice vapore acqueo. <Sono la rabbia fatta persona, non esiste ne bene ne male...> fraseggia con fare più motivato, esaltato ma sincero <Sono la rabbia di tutti i KAAAAMIIIII> urla a squarcia gola, forte della sincerità che lo padroneggia ora, mentre le labbra si allargano fino a serrarsi facendo battere i denti concludendo il suo discorso. Il ragazzo s'avvede immediatamente, alla provocazione di Hitori, della sua condizione di paralisi. Cerca di muoversi, probabilmente d'attaccarla a giudicare dall'atteggiamento mostrato fino a questo momento, ma rimane semplicemente immobile, prigioniero dell'illusione mentale proiettata dalla ragazza grazie al potere del suo Sharingan. L'osserva ancora apatica, distante, con fare serafico ascoltando per l'ennesima volta il modo in cui egli l'apostrofa: mostro. A pensarci bene è la prima volta che si sente chiamare a questo modo. E' stata cresciuta con la consapevolezza di essere una nobile di stirpe Uchiha, generata dal sangue di un esemplare speciale e particolare che tuttavia le ha voltato le spalle fin da subito. Persino gli anni trascorsi ad allenarsi al dojo assieme ai suoi compagni di clan l'hanno fatta sentire come se i suoi poteri fossero la normalità. Sorprendenti, impressionanti, ma mai anormali. Comprende però che per un civile qualsiasi e per giunta così poco istruito da quel che può immaginare ad occhio e croce osservando il ragazzo, i suoi poteri possano essere inquietanti e sinistri: non è dopotutto quello che desiderava fossero? Non voleva forse che le sue capacità illusorie fossero un tormento ed un incubo per chiunque avesse incrociato il suo cammino e fermato i suoi piani? Non vuole tuttavia torturare il ragazzo: non ne ha motivo. Desidera comprendere, capire. Magari persino aiutare come lei stessa è stata aiutata, anni prima, da quella che ora considera la sua famiglia. Ma aiutare qualcuno può risultare assai difficile se la persona stessa non desidera essere aiutata e lei non ha alcuna intenzione di insistere a perder tempo con qualcuno che anzi sembra semplicemente disprezzarla. Fintanto che non è un Uchiha non ha interesse alcuno nel seguire il suo futuro. Il ragazzo inizia a gridare, ridere, si mostra quasi spiritato nel modo in cui cambia improvvisamente espressione, crogiolandosi nell'euforia di definirsi "la rabbia di tutti i Kami". < Umile oltre ogni dire, direi. > commenta semplicemente, alla fine, inspirando a fondo l'aria frizzante di questo tardo pomeriggio uggioso. < A me sembri un ragazzino ribelle. > chiosa alla fine la giovane con il tono di chi sta semplicemente enunciando un dato di fatto. < Sei sporco, puzzi, hai i capelli spettinati, i vestiti logori e per mangiare hai dovuto rubare il cibo a qualcun altro. Direi che o sei un animale o non hai una casa tua dove lavarti e cucinare. > afferma Hitori quasi spietata mentre tiene ben saldo il collegamento mentale fra loro tramite un continuo afflusso di chakra che va da lei a lui. < Siccome mi sembri decisamente umano propenderei più per la seconda. E se non hai una casa tua probabilmente non hai nemmeno i genitori. Il che potrebbe spiegare tutta questa furia e questa smania di prendersela col prossimo. > Muove un solo passo avanti, lo fissa ancora negli occhi ben consapevole del fatto che l'altro non potrà toccarla né ferirla. Soprattutto sporcarla. < Essere soli fa schifo. Ma comportarsi come fai tu allontana chiunque potrebbe avere anche solo la più minima intenzione di rivolgerti una occhiata. > aggiunge fissandolo con il Mangekyou ancora attivo, ben visibile nei suoi grandi occhi cremisi. < Puoi essere nato solo e questo non è dipeso da te. Ma essere solo qui, adesso, è una tua sola scelta. Se ti piace rimanere solo allora dovresti piantarla di abbaiare al prossimo e dare fastidio. Se invece vuoi cambiare le cose dovresti comunque smettere di sbraitare e lasciare che la gente si avvicini. > termina, alla fine, immobile. A testa alta, ancora quasi irraggiungibile nel suo essere così flemmatica e pacata, distante da qualunque cosa, impossibile da toccare personalmente. [ Mangekyou Sharingan; Potere Illusorio ] [ C. - 2 - 2: -13 ] [Accademia - Esterno] Il sorriso quasi sadico permane sul volto del rosso. Ancora tagliente mentre è ancora convinto di essere in modo veritiero l'incarnazione dei Kami che per molto tempo hanno alimentato la sua rabbia, così vera ed innata. Ma qualcosa potrebbe cambiare da un momento all'altro. Soprattutto quando le parole dell'Uchiha arrivano come un pugno dritto nello stomaco. <C-cosa?> esclama sbraitando nuovamente in direzione della ragazza. <Non sono un ragazzino ribelle!> controbatte con molta infantilità. Lo sguardo si assottiglia nel seguire le parole altrui, dato che è ancora vincolato da quell'incantesimo. Infatti proverebbe invano a muovere un proprio muscolo cercando di spostarsi da quella posizione. Ma in questo momento la fiumana di parole che viene detta dalla ragazza riprende, e travolge il ragazzo, come un pezzo di legno buttato in un torrente, viene trasportato. L'espressione cambia. Il sorriso pian piano viene smussato, rendendolo ora una semplice linea dritta, inespressivo. Le rughe vengono rilasciate dovuto dal fatto che i muscoli facciali iniziano a sciogliersi, mantenendo ora una espressione diversa soprattutto da quelle che fino ad ora lo hanno fatto da padrone. Le iridi cremisi tornano nuovamente a squadrare le fattezze della ragazza. <Hmph!> mugugna disgustato da quelle parole che per lungo tempo ha cercato, trovando epilogo solo nella sua rabbia. Casa, genitori. <Esatto, fa schifo.> Con l'espressività animalesca che viene messa da parte in quel momento di confidenza, il tono di voce si fa più calmo, flebile, quasi docile. <Tutti coloro che mi rivolgono un occhiata lo fanno per disprezzo...> commenta le parole altrui, mandando ora le cremisi sfere verso il basso a puntare il cadere delle gocce che si infrangono sul terreno e anche sopra la propria figura. Si scuote psicologicamente, ma la fiammella rabbiosa non è ancora stata spenta. Quasi ritorna in se' nel ripensare a tutte le volte che ci ha provato, tutte quelle inutili volte che lo hanno riportato sempre sulla cara vecchia ed amata rabbia <Scommetto che tu non sai cosa significa essere soli, oppure essere il nulla!> accusando l'altra mentre le pupille si spalancano nuovamente portandole quasi all'estremo. Le vene all'interno degli occhi iniziano nuovamente a pulsare portando il proprio nutrimento alle zone periferiche. <Ti sei interessata alla mia rabbia solo perché un tempo provavi lo stesso, ma dimmi...> avanza quasi una richiesta <Come hai fatto a controllarla o ad usarla e soprattutto, perché proprio tu ti sei avvicinata a me!?> chiede ormai curioso, come se volesse trovarne una cura e si fosse lasciato andare alle parole più che alla rabbia che sempre alimenta il suo dire, ma sensibilizzato dalle parole della ragazza, quasi ammaliato, addestrato. Le parole dure che ella gli rivolge sono come uno schiaffo, se ne rende perfettamente conto. La cosa tuttavia non la frena dal dirle. Il timore di dire una verità troppo forte non può certo essere un deterrente per nascondere a qualcuno qualcosa d'importante, dopotutto. E questo ragazzo, per quello che Hitori può vedere, ha profondamente bisogno di essere scosso un po'. Negli anni trascorsi ad allenarsi e a recuperare il tempo perduto quand'era ancora sedata e addormentata, Hitori ha compreso come talvolta alcune persone mostrino lati rabbiosi e oscuri di sé proprio allo scopo di cercare l'attenzione di qualcuno, proprio perché feriti e bisognosi di essere accettati nonostante tutto. Questo ragazzo dall'aspetto miserabile le dà esattamente quest'impressione. Perso, solo, senza un obiettivo o una strada da percorrere. Lo tiene immobile più per un mero desiderio di mantenere una parvenza di calma e ordine fra loro più che per il gusto d'imporre la propria forza su un ragazzo privo di qualsivoglia allenamento serio e accademico, e ascolta alla fine quanto egli ammette dopo quel suo avergli sbattuto in faccia i propri pensieri. Lascia che lui confessi quell'iniziale sentimento prima di sentirsi rivolgere quella sorta di accusa che la porta a dare in un verso quasi divertito dalle sole narici. Uno sbuffo d'aria che esce come un risolino trattenuto nonostante le rosee non accennino a smuoversi. < Io non ho dei genitori. E non perché siano morti o mi abbiano abbandonata o qualunque altra cosa. Non sono nata da due persone. Sono stata trattata chimicamente, in laboratorio, per essere la copia di qualcun altro. Un clone. > principia la ragazza senza alcun tipo di inflessione particolare nella voce. < Sono stata tenuta sedata per anni, la prima volta che ho aperto gli occhi il mio corpo non era quello di una bambina. Ero già adolescente, nella mia mente ero una bambina appena nata. Ho imparato a parlare, camminare, leggere e scrivere perché così voleva il mio creatore, nascosta in una cella bianca senza finestre. > continua fissandolo negli occhi, ricordando però con sincero affetto quel periodo vissuto con Arima. Gli unici anni della sua vita in cui si sia mai sentita speciale, innocente. < Una persona mi ha tirato fuori di lì. Mi ha promesso di mostrarmi il mondo, di essere per me un padre. Mi ha presa e sbattuta per strada per la prima volta in tutta la mia vita ed è sparito. Ero totalmente sola. Non avevo più nessuno, alcun legame, alcuna famiglia, solo il nome che lui mi aveva dato. > si ferma mostrando solo ora un semplice guizzo della guancia, un bolo di saliva a venir deglutito a fatica. < Avrei potuto rimanere lì e piangere sul latte versato, arrabbiandomi con il mondo perché sono stata sfortunata. Oppure... > il flusso di chakra andrebbe a venir rilasciato e il corpo di Jou tornerebbe quindi alla piena e totale mobilità sotto il suo solo ed unico controllo. < ...farmi forza e crearmi una vita da zero. > Arresta il proprio dire continuando ad osservarlo negli occhi, lo Sharingan ancora attivo mentre la pioggia imperversa battente contro il tessuto dell'ombrello sulla propria testa. < Mi sono avvicinata a te perché ho capito che tu provavi la stessa rabbia. Non posso salvarti da questa, non posso offrirti una famiglia o un passato felice ma posso regalarti la mia esperienza. Un orecchio che per una volta ti avrebbe ascoltato seriamente. > chiosa poco dopo in risposta al suo dire per poi ruotare il capo e volgere lo sguardo in direzione dell'edificio che proprio fino a poco prima s'era persa ad osservare. < Sono diventata una kunoichi. Ho preso il titolo di genin, ho iniziato a lavorare come ninja e ho trovato uno scopo che ho perseguito duramente. > spiega Hitori tornando ora a guardare il ragazzo. < Potresti farlo anche tu. Diventare ninja, avere dei soldi tuoi, comprarti da mangiare, affittare una casa solo tua... > scrolla le spalle lasciando cadere il discorso, limitandosi ad osservare l'altro in silenzio prima di chiosare un ultimo dire. < La scelta- sta a te. > [ Mangekyou Sharingan ] [ C. - 2: -15 ] [Accademia - Esterno] Il senso dell'udito è prestato attentamente alle parole della Kunoichi che ha dinanzi, che per ora lo tiene in quella morsa psichica. Si è concentrato così tanto sul tono di voce altrui da poter estrapolare quel suono al di fuori del baccano delle mille mila gocce d'acqua che si infrangono sulle superfici terrestri. Cerca di ascoltare unicamente quella voce e soprattutto quelle parole che quasi rispecchiano la vita vissuta fino ad ora dal ragazzo. Gli occhi ora sembrano rilassarsi, le palpebre socchiudersi leggermente mentre il proprio contenuto, le iridi cremisi, si riversano verso il basso. I muscoli facciali si rilassano ancora una volta, quasi collassano, lasciandosi andare in quell'espressione di distacco. Alza nuovamente gli occhi in direzioni della ragazza quando ascolta la sua singolare storia, quasi abbandonata allo stupore la bocca si apre, sbigottita. Allora finalmente ha trovato qualcuno che potesse capire il suo stato d'animo, la sua continua sensazione di solitudine. Quasi come se si sentisse in dovere di poter comunicare la propria storia a tale persona andrebbe a muovere la lingua in modo tale da poter favellare in sua direzione <Io sono nato e sono stato subito gettato nell'immondizia, nel lerciume...> abbassa nuovamente lo sguardo perdendosi nei propri ricordi. La besti pare essere stata addomesticata o forse domata, almeno in qualche modo. <Una vecchia, Sobo-sama, mi ha accudito, ma io volevo cercare mia madre e mio padre...> Stringe nuovamente le mani capendo finalmente che la costrizione della ragazza sia terminata. Getta subito uno sguardo verso la mano destra che ora si stringe, con forza. Fa un mezzo passo in avanti con il sinistro, portandosi poi nuovamente indietro come se fino ad ora fosse stato trattenuto da una forza che non lo facesse avanzare. Riposizionatosi continua <Così sono scappato, ma sono finito nuovamente in mano alla feccia dove sono nato, per poi finire nuovamente solo, in mezzo la strada...> ma proprio ora qualcosa cambia nell'espressione. Proprio quando l'altra si offrirebbe di ascoltarlo. Il muso verrebbe portato verso l'altro creando una sorta di curva con gli apici che puntano verso il basso. Le narici si allargano facendo fuoriuscire dell'aria calda, mentre dagli occhi parrebbe intravedere del leggero brillio. Non piange, o almeno non vuole farlo, quello è per le pappa molla. Lui non lo fa, ma nello stesso tempo è commosso. Ma non vuole darlo a vedere <Hmph!> anzi mugugna quasi come se quel voler essere aiutato non gli appartenesse, ma se ne rende conto, questo non può più negarlo. Il capo viene portato di lato mentre il pugno destro viene leggermente alzato con una flessione al livello del gomito. <G-graz-zie...> Forse è la parola che non ha mai detto in tutta la sua vita, e che soprattutto pensava di poterlo mai dire. <Voglio diventarlo!> non specifica cosa, vorrebbe diventare tutto ciò che viene proposto dalla ragazza. Diventare ninja per avere soldi, pane, casa. Qualcosa. <UUUAAAAARGH!> qualcosa scatta nell'animo del ragazzo. Qualcosa di inaspettato. Prima dell'urlo le braccia si muovono nel medesimo modo. Si formano a croce prima dinanzi il viso, nel mentre i piedi vengono divaricati e le gambe piegate all'altezza delle ginocchia. La bocca si spalanca e le braccia si sciolgono venendo portate rapidamente ai lati, con le mani chiuse a pugno. Un urlo di guerra, un urlo liberatorio. La rabbia non passa per chi è nato con tale sentimento, per chi è l'unica salvezza. Rabbioso nuovamente, negli occhi si instaura un alone scintillante. La fronte è corrugata dalle rughe che si creano, lo stesso vale per il naso, la bocca aperta che lascerebbe intravedere persino le gengive oltre alla dentatura caratteristica. Una reazione dettata dall'istinto. Dalla sua anima. Sa che quella conversazione non cambierà una vita passata a logorarsi nel rancore e nella rabbia. Sa che tutta quell'ira che gli ha visto dentro non svanirà come per magia solo perché ha scoperto che non è il solo ad aver vissuto una infanzia disastrata. Non pretende che quella furia svanisca, niente affatto: solo che venga meglio controllata. Se non per chi il ragazzo ha attorno, per se stesso. Tuttavia intuisce, nelle espressioni che lentamente si succedono sul volto del giovane, che almeno qualcosa muta grazie al racconto della sua storia, di quella esperienza condivisa. L'altro si calma, appena un po', giusto il tempo di dedicarsi ad una conversazione degna d'esser definita tale. Si concede di ascoltare le parole di Hitori e persino le fa dono della propria storia. La ragazza ascolta muta, nel pieno rispetto del vissuto altrui, o forse perché naturalmente portata all'essere di poche parole; quel che conta è che ascolta in silenzio prima di ritrovarsi ad inspirare a fondo e gonfiare i polmoni della pungente aria della sera. L'osserva caricarsi di nuova forza, ringraziarla e liberare quell'urlo che racchiude in sé tanta furia cieca quanta determinazione e voglia di rivalsa. Per la prima volta, sulle rosee dell'Uchiha, affiora quello che potrebbe persino apparire un mezzo sorriso alla vista di quella scena. Un sorriso che dura una frazione di secondo prima di svanire e che porta la ragazza a disattivare il proprio Mangekyou per tornare a mostrare i propri occhi naturali, quell'assurda bicromia che l'ha sempre resa unicamente simile a *lui*. < Bene. Hai preso una scelta. Giusta o sbagliata che sia non importa. Almeno hai deciso di fare qualcosa di te stesso. E' un primo passo. > chiosa lei con sincera convinzione, andando quindi a portare la destrorsa nella propria tasca e quindi estrarne una manciata di denaro. Lancia uno sguardo distratto alle banconote e agli spicci tirati fuori, contando mentalmente la cifra raccolta. < Prendi una stanza in albergo. Comprati da mangiare e fatti una doccia. > gli dice tendendogli la mano coi soldi appena estratti dalla tasca del pantalone. < Se domani vuoi andare all'Accademia ti farà senz'altro comodo farlo rimesso a nuovo. > aggiunge poi incurvando appena verso l'alto l'angolo destro delle rosee. Attenderebbe quindi una qualsiasi reazione da parte dell'altro e- se questi avesse accettato il denaro offerto, avrebbe lasciato ricadere nuovamente la mano lungo il corpo, tornando a fissarlo con fare tranquillo. < Usa quella rabbia per fare della tua vita qualcosa di grandioso. Usala come carburante per riuscire nei tuoi obiettivi. E magari un giorno, se sarai divenuto abbastanza forte, potrai avere la tua occasione di- uh, come avevi detto? > assottiglia appena lo sguardo con fare pensoso per un istante, prima di ridistendere i lineamenti e quindi sogghignare a testa alta. < Ah, sì. Rompermi il culo. > E, detto questo, così come tutto era iniziato, Hitori si volterebbe per lasciarsi Jou alle spalle e avviarsi nuovamente verso casa. Non sa se quell'incontro avrà un qualche minimo effetto in lui, se gli lascerà mai qualcosa, ma sa per certo che presto o tardi, avrebbe sicuramente sentito parlare di lui. [ END ] [Accademia - Esterno] Dopo l'urlo liberatorio i muscoli vengono rilassati nuovamente. Le articolazioni quindi riportano gli arti ad una postura più consona donando nuovamente al tizio dai capelli rossi una forma più umana che animale. Le iridi si concentrano per un'altra volta sul viso altrui vedendo il cambio del colore degli occhi. Allarga le narici facendo affiorare all'interno aria pulita mista a qualche gocce che per ora passa sopra il proprio naso, crogiolandosi per un ultima volta. Gli occhi vengono chiusi, le palpebre aderiscono perfettamente e un certo tepore viene accolto sul viso che istintivamente viene portato verso l'alto, donato alla luce del sole che proprio ora rischiara le nubi come se il suo cambiamento venisse appreso anche dai fenomeni atmosferici. Una chiara e limpida coincidenza. Quel tepore quasi lo scioglie mentre l'aria prima inalata viene fatta traspirare all'esterno attraverso la bocca che si schiude lasciando un leggero contorno tondeggiante. Un soffio. Ora le palpebre si schiudono portando le iridi a mirare il cielo, sgombero dalle nuvole. Riporta l'attenzione verso la ragazza. La scruta, ogni suo movimento viene seguito. Si sofferma sui soldi che gli vengono donati, o almeno per ora gli vengono solo tesi dalla mano altrui. <HM!?> una sorpresa per il rosso che sgrana subito gli occhi allungando istintivamente la mano <Non stai facendo beneficenza, una volta che avrò dei soldi ti verranno ridati...> sbotta leggermente infastidito nell'afferrare quei pezzi che contano così tanto, per ora, per lui. <Stanne certa, romperò il culo a tutti, compresa te!> gagliardo, anzi prettamente orgoglioso nelle parole che vengono spese. <Come ti chiami?> domanda che però non viene contraccambiata con una risposta forse perchè fatta troppo tardi. La figura dell'altra si allontana mentre il ragazzo prenderebbe a voltarsi e a dirigersi verso un posto in cui potrà prendere una camera e perchè no finalmente lavarsi. [END]