Stanza Creata: Laboratorio distrutto.
Quanto tempo è passato? Che sia un giorno, due o svariati mesi, la routine di Harumi è riasta pressoché identica a quella dei giorni precedenti e, per quanto ne può sapere, anche di quelli successivi. La luce del Sole filtra fioca da quei pochi spiragli che la stanzetta le rende disponibile. Costretta da manette antichakra la piccola è ancora reclusa dal culto della Luna, non ha idea che, poco distante, colei che la Genin ha iniziato a considerare come madre ed il suo compagno stanno muovendosi per salvarla il prima possibile. Per ora, è sola. La colazione non arriva puntuale come al solito, l’umidità data dalla locazione del laboratorio, sotterraneo e semi distrutto, penetra le ossa quasi più che nei giorni trascorsi precedentemente. Ogni tanto uno scricchiolio lascia intendere che quell’antro nascosto sotto terra si stia reggendo per miracolo. Se la piccola Hyuga ha il dono della memoria che l’aiuta a ricordare sprazzi di quel che fu il suo luogo di prigionia che ha vissuto nei suoi primissimi anni di vita, quel posto le sembrerà dannatamente familiare. Una stanzetta completamente vuota, fatta eccezione per un piccolo angolo bagno ed una brandina su cui riposare. Pareti bianche, pochissima luce filtrante dalla grossa e spessa porta in metallo, chissà se di torce o luce solare. Istanti lunghi passano, prima che la porta, stranamente in buone condizioni rispetto al resto della struttura, cigoli e strepiti per aprirsi leggermente, lasciando che una persona, il cui volto è coperto dalla solida maschera a forma di mezzaluna, si affacci all’interno della cameretta, per assicurarsi delle condizioni della loro giovanissima prigioniera. [ Ambient per Harumi ]
L’uomo mascherato posa i propri occhi sulla stoica figura della Principesa della luna, notando come ella stia tutto sommato bene e non stia esternando segni di alncun tipo di emozione negativa. A questa consapevolezza la porta si apre del tutto, rivelando alla Genin varie ffigure dietro essa. Una sedia, come quelle che ha potuto notare nella sala torture degli Anbu, pesantemente trascinata da due altri adepti, tutti uguali tra di loro. Dinanzi a loro la figura di Frollo si staglia, allungando nella stanza la propria ombra nera. Il grosso cappello sembra eclissare qualunque luce proveniente dall’esterno che, ora la piccola può notare, è formata da varie fiaccole appese alle pareti del lungo corridoio dismesso e lugubre. Dietro di lui, ancora più imponente, vi è un macchinario dalla fisionomia piuttosto strana. Alto, imponente e largo, reca vari fili collegati a quello che è palesemente un generatore di corrente elettrica dall’alto voltaggio. Al centro del macchinario vi è un’urna di metallo lucido e dorato, le cui incisioni formano una piccola corona di mezzelune sulla sommità. Ad esso sono collegati i morsetti che solitamente si utilizzano per caricare un oggetto coduttore di energia elettrica. Altri tre adepti lo trasportano e uno di loro regge un caschetto dalla forma di una cupola in metallo, sulla cui sommità sono sistemati gli alloggi per gli elettrodi. Frollo avanza e tutto il plotone lo segue, trascinando la strumentazione con degli acuti stridii sul pavimento roccioso e freddo. < Buongiorno, mia Principessa. > La voce dell’uomo si schianta nella mente della genin, risvegliandole ricordi legati ai sogni che ha fatto, le visioni sul suo passato, facendo combaciare amaramente la voce che ha sempre sentito con quella dell’uomo che ha di fronte in questo momento. < Sei scappata. > Le dice, come se dovesse quasi informarla del fatto che lui sa cosa lei ha fatto e pensato nel tempo che hanno passato separati. < Le brave bambine non dovrebbero scappare, lo sai? Le brave bambine dovrebbero restare al loro dannato posto e dovrebbero permettere al loro Padre di compiere il destino del mondo. > La voce di Frollo si incrina, palesando una rabbia ed un fastidio decisamente accentuati. < Poteva esserti fatto del male. Il tuo cuore avrebbe potuto non reggere, dannazione. > Digrigna i denti, muovendo un altro passo verso di lei, troneggiando in tutta la sua altezza di quasi un metro e novanta, sulla figura ancora accovacciata della piccola < Tu sei fondamentale. Ho bisogno di te per riportare la Sacerdotessa sulla Terra. E tu *vuoi* che questo accada, no? > Il modo in cui la sua voce si acuisce ed in cui marca quella parola lasciano intendere una minaccia per nulla velata, oltre che una sorta di impazienza e nervosismo. Le mani ossute ed ornate da anelli di pietre preziose e colorate si congiungono dinanzi al suio ventre, intrecciando le dita magre che si tengdono nell’atto di sringersi le une alle altre, come se le stesse impegnando quasi a non muoversi, a non mostrare col linguaggio del corpo i segni del proprio stato emotivo attuale < Mi stai costringendo a tentare una soluzione che non ho ben studiato e che non sono certo avrà successo, ma non posso rischiare che scappi ancora. > Termina, mentre gli altri adepti riempiono la stanza con la loro presenza e coi macchinari, chiudendo la pesante porta metallica alle loro spalle. [ Ambient per Harumi ]
Le parole della bambina, in altre circostanze, sarebbero funzionali – forse – a calmare un aguzzino, ma l’uomo che ha davanti non è un aguzzino qualunque. Gli occhi gli scintillano di fervore nei confronti delle cose in cui crede e follia pura. < Ti avevo progettato perché tu stessi zitta. > La osserva, gli occhi quasi fuori dalle prbite a causa della conformazione scarna del suo viso truce ed invecchiato dai numerosi anni di reclusione in laboratori e covi sotterranei < E invece… devo aver sbagliato qualcosa. Hai una coscienza, delle emozioni, una psiche. Potrei dire di aver creato con successo una vita, se la cosa non mi fosse solo d’intralcio. > Le labbra sottili e rugose si estendono in un sorriso che rivela i denti candidi ed aguzzi, come se fossero stati affilati e limati con cura. < Non possiamo stare qui a lungo. Non so se la tua amata Kaori ti sta cercando, considerando che potrebbe essere in lacrime, affranta per le sorti di sua madre, ma non so se qualcun altro ha a cuore la tua vita e ti sta cercando. > Conclude, più per se stesso che per la Hyuga, come se sentisse il bisogno di ripetere il porprio piano in tutti i suoi punti per evitare che gli sfugga qualcosa. < Tu ora ti siederai su quella sedia, volente o nolente. > La minaccia, aspettando di notare che sia lei a fare la prima mossa e ad obbedirgli, ma – in caso contrario – si limiterebbe ad un cenno del capo per fare in modo che i cinque adepti le vadano attorno, circondandola e sollevandola da terra così comehanno fatto in precedenza a casa della stessa Kaori, per porta sulla sedia ed assicurarla a due agganci da collegare alle manette e due anelli per bloccare le caviglie ai piedi della sedia, onde evitare che possa muoversi in alcun modo. Frollo, quale che sia il risultato della cosa, si le starebbe sempre di fronte, fisso a guardarla con una pesante nota di delusione e rammarico nello sguardo. Non sembra dispiaciuto per Harumi, affatto, non è lo stesso sguardo che la piccola ha potuto notare in Tomoko, sembra più deluso dal fallimento del proprio lavoro, di un proprio esperimento. < Dimmi, Principessa. Oltre alle emozioni hai iniziato a provare dolore? Parlami di come è successo, hai fatto amicizia, legato con qualcuno? A qualcuno hai parlato di quello che sei o pensi di essere? > Le domanda, infine, l’uomo, come per appuntarsi nuove nozioni per un futuro tentativo di esperimento, probabilmente. [ Ambient per Harumi ]
L’uomo resta interdetto dalle parole della piccola < Ucciderti? > Domanda, ripetendo il concetto che la genin ha espresso < Non oseresti. > Parole ferme e sicure, che risuonano più come una minaccia che come una speranza vera e propria. < Ho impedito che tu avessi armi di qualunque genere o chakra apposta per evitare questa eventualità. Ho pensato a tutto. A usare la madre della Consigliera e capoclan degli Hyuga per rallentare le ricerche sia da parte del consiglio, sia da parte del clan, ho usato uno dei vecchi nascondigli di quel pazzo di Cappuccio Rosso per non doverci allontanare troppo da Konoha e lasciare meno tracce possibili. Abbiamo poco tempo e poca attrezzatura, ma queto basterà. Questa volta neanche lui potrà fermarci. > Conclude, senza specificare chi sia questo fantomatico “lui” cui si sta riferendo col proprio dire, ma palesando un evidente disprezzo nei confronti della figura misteriosa che, sembra, abbia rovinato i piani del culto altre volte. < Per questo non lascerò che tu ti uccida, anche medici e scienziati si nascondono dietro alcune delle maschere che vedi. > Sogghigna ancra, dando al proprio viso un’aria ancor più arcigna e malevola. Si avvicina, dunque, alla bambina, prendendo un panno umido e l’elmetto metallico che uno degli adepti reggeva, posizionandoii entrambi sul capo di Harumi, con una rapidità ed una forza che, se anche la Hyuga potesse usufruire del proprio chakra, non sarebbe stata in grado di contrastare. < La somma Sacerdotessa potrebbe non apprezzare il tuo corpo già così com’è, ma è necessario che lei torni in vita così da potermi guidare alla ricerca di un corpo ancora più perfetto, se lo desidera. > Gli occhi di Frollo si sollevano verso il soffitto, come se stesse effettivamente parlando con un’entità superiore da cui ricerca l’approvazione. Si allontana di qualche passo, dopo aver agganciao due morsetti al casco che decosa il capo della Principessa, per giungere in prossimità dell’enorme generatore di corrente elettrica collegato all’urna < Se non vuoi dirmi chi ti sta rendendo umana non importa, spazzerò via tutta Konoha con gli infedeli che la abitano e la cosa non avrà più importanza. > La mano va su una leva, mentre l’uomo chiude gli occhi e comincia una preghiera mormorata a mezza voce, sussurrata in tono così basso da non permettere di distinguere alcuna parola che non sia Tsukuyomi, Luna o un nome in particolare, il nome della Sacerdotessa che completa quella sorta di litania rituale, per il quale Frollo alza leggermente il tono di voce, aprendo di nuovo gli occhi < Per te, somma Sacerdotessa della Luna. Per te che sei la reincarnazione della Dea, per te che porterai il mondo alla rovina e lo farai rinascere dalle sue ceneri. Per te, Madre Kuricha. > Quelle parole precedono l’abbassarsi della leva che con un suono pesante e metallico lasciano che la corrente elettrica fluisca all’interno del caschetto. Spasmi, calore e reazioni incontrollate e spontanee sono il risultato sul corpo della bimba scosso da un voltaggio sufficiente a farle perdere totalmente il controllo di sé. La sicurezza di non provare dolore l’ha accompagnata per tutta la sua vita, aiutandola a sopportare i primi istanti di quel processo, finché il corpo non inizia a bruciare dall’interno, finché tutti i nervi non si destano da un sonno che li ha visti sopiti per anni, da che Harumi ha memoria. Una sensazione nuova, spiacevole ed incontrollabile che, a differenza delle emozioni, non si manifesta gradualmente, ma che la colpisce in pieno, invadendo tutti il suo corpicino nell’istante esatto in cui la scarica elettrica coinvolge totalmente il sistema nervoso, portandolo a rispondere ad uno stimolo che mai aveva conosciuto prima d’ora: il dolore. [ Ambient per Harumi ]
L’uomo resta interdetto dalle parole della piccola < Ucciderti? > Domanda, ripetendo il concetto che la genin ha espresso < Non oseresti. > Parole ferme e sicure, che risuonano più come una minaccia che come una speranza vera e propria. < Ho impedito che tu avessi armi di qualunque genere o chakra apposta per evitare questa eventualità. Ho pensato a tutto. A usare la madre della Consigliera e capoclan degli Hyuga per rallentare le ricerche sia da parte del consiglio, sia da parte del clan, ho usato uno dei vecchi nascondigli di quel pazzo di Cappuccio Rosso per non doverci allontanare troppo da Konoha e lasciare meno tracce possibili. Abbiamo poco tempo e poca attrezzatura, ma queto basterà. Questa volta neanche lui potrà fermarci. > Conclude, senza specificare chi sia questo fantomatico “lui” cui si sta riferendo col proprio dire, ma palesando un evidente disprezzo nei confronti della figura misteriosa che, sembra, abbia rovinato i piani del culto altre volte. < Per questo non lascerò che tu ti uccida, anche medici e scienziati si nascondono dietro alcune delle maschere che vedi. > Sogghigna ancra, dando al proprio viso un’aria ancor più arcigna e malevola. Si avvicina, dunque, alla bambina, prendendo un panno umido e l’elmetto metallico che uno degli adepti reggeva, posizionandoii entrambi sul capo di Harumi, con una rapidità ed una forza che, se anche la Hyuga potesse usufruire del proprio chakra, non sarebbe stata in grado di contrastare. < La somma Sacerdotessa potrebbe non apprezzare il tuo corpo già così com’è, ma è necessario che lei torni in vita così da potermi guidare alla ricerca di un corpo ancora più perfetto, se lo desidera. > Gli occhi di Frollo si sollevano verso il soffitto, come se stesse effettivamente parlando con un’entità superiore da cui ricerca l’approvazione. Si allontana di qualche passo, dopo aver agganciao due morsetti al casco che decosa il capo della Principessa, per giungere in prossimità dell’enorme generatore di corrente elettrica collegato all’urna < Se non vuoi dirmi chi ti sta rendendo umana non importa, spazzerò via tutta Konoha con gli infedeli che la abitano e la cosa non avrà più importanza. > La mano va su una leva, mentre l’uomo chiude gli occhi e comincia una preghiera mormorata a mezza voce, sussurrata in tono così basso da non permettere di distinguere alcuna parola che non sia Tsukuyomi, Luna o un nome in particolare, il nome della Sacerdotessa che completa quella sorta di litania rituale, per il quale Frollo alza leggermente il tono di voce, aprendo di nuovo gli occhi < Per te, somma Sacerdotessa della Luna. Per te che sei la reincarnazione della Dea, per te che porterai il mondo alla rovina e lo farai rinascere dalle sue ceneri. Per te, Madre Kuricha. > Quelle parole precedono l’abbassarsi della leva che con un suono pesante e metallico lasciano che la corrente elettrica fluisca all’interno del caschetto. Spasmi, calore e reazioni incontrollate e spontanee sono il risultato sul corpo della bimba scosso da un voltaggio sufficiente a farle perdere totalmente il controllo di sé. La sicurezza di non provare dolore l’ha accompagnata per tutta la sua vita, aiutandola a sopportare i primi istanti di quel processo, finché il corpo non inizia a bruciare dall’interno, finché tutti i nervi non si destano da un sonno che li ha visti sopiti per anni, da che Harumi ha memoria. Una sensazione nuova, spiacevole ed incontrollabile che, a differenza delle emozioni, non si manifesta gradualmente, ma che la colpisce in pieno, invadendo tutti il suo corpicino nell’istante esatto in cui la scarica elettrica coinvolge totalmente il sistema nervoso, portandolo a rispondere ad uno stimolo che mai aveva conosciuto prima d’ora: il dolore. [ Ambient per Harumi ]
La scarica continua ad attraversare il corpo della bambina che, per la prima volta, sperimenta il dolore fisico. Il voltaggio è ben studiato, non abbastanza forte da uccidere un uomo, abbastanza per – secondo i calcoli di Frollo – causare una sorta di collegamento tra l’urna dorata presente nel macchinario ed il corpo della bambina. Passa qualche secondo in cui l’uomo, speranzoso, continua a guardare il frutto del suo operato, finché l’apparecchio non inizia a sfarfallare. Una serie di rumori intermittenti ne viene fuori, l’elmetto sopra il capo della Hyuga inizia a tremare, lo sguardo di Frollo si sgrana mentre, in una serie di frame che gli passano davanti agli occhi come rallentati e velocissimi al tempo stesso, ordina agli adepti di proteggere Harumi con un urlo che non sandisce una vera e propria serie di parole, ma che – per fortuna – gli adepti comprendono e a cui obbediscono, gettandosi tra il macchinario e la Principessa della Luna mentre la batteria che scaricava corrente elettrica costante, esplode in una miriade di scintille che fanno risuonare un rombo in tutto il circondario. Le scariche cssano, il corpo della bambina, ancora mosso da leggeri spasmi, brucia ancora di quel dolore mai provato prima, segno del fatto che è ancora viva. In un lampo tutto è cambiato. Il letto è divelto e schiacciato contro una parete, il piccolo bagno è stato sradicato dal pavimento, il soffitto sembra stare per cedere, pur mantenendo ancora la propria integrità. Gli adepti che hanno tentato di proteggerla hanno gli occhi vitrei e rivolti all’indietro, quattro di loro sono morti, mentre uno respira affannosamente, riverso a terra accanto al corpicino della bambina. La sedia è stata distrutta, solo le manette antichakra e gli anelli che le intrappolavano le caviglie le fasciano ancora la pelle, rendendola comunque libera di camminare, essendo privi di un cardine a cui attaccarsi. Sbalzati contro la parete laterale, la piccola Harumi, l’unico adepto superstite – anche se pare in condizioni talmente gravi da essere quasi peggiori della morte – ed i quattro cadaveri sono gli unici ad essere rimasti nella stanza. Di Frollo si sente unicamente la voce, proveniente dall’esterno della porta, richiusa con un tonfo secco ed incredibilmente forte, il cui riverbero risuona ancora nella stanza. < Dannazione! Dobbiamo andare via di qui! In un paio di giorni tornerò a prendervi, recuperate tutti i macchinari e fate in modo che la Principessa stia bene. > Urla e sbraita a chissà quante persone presenti nella struttura, rendendosi conto che l’esplosione potrebbe essere stata udita da qualcuno, rendendo vani i suoi piani < SUBITO! > Termina, scomparendo tra i chiaroscuri del corridoio, illuminato solo dalle torce che, al suo passaggio, vengono immediatamente spente. [ End, se vuoi fai la tua ]