Le ore si sono susseguite nella degenza di Mekura all’interno dell’ospedale di Konoha. Non è stata rinchiusa o bloccata in qualche modo, ma non aveva comunque il permesso di uscire o muioversi liberamente. Le pareti sono bianche, la staza piuttosto piccola e, in questo momento, totalmente a soqquadro dato il bisogno della donna di cercare un riparo dal mondo esterno che così tanto la spaventa. Infermieri si sono susseguiti per assicurarsi che tutto fosse al proprio posto, ma nessuna traccia di questo famoso psichiatra che era stato promesso alla Jonin. Nel silenzio della piccola cameretta a lei assegnata risuona il rumore della serratura della porta che scatta per lasciar entrare qualcuno. Dal proprio fortino di mobili e cuscini la Hyuga potrà vedere un uomo in avanti con gli anni, orientativamente sulla sessantina, con la schiena ricurva in avanti data la vistosa goba. Il camice bianco ricopre interamente la sua figura, ma non v’è alcun cartellino che possa identificarlo. Il capo è totalmente privo di capelli, risultando liscio e lucente sotto la luce candida dei neon dell’ospedale. Due lunghi baffi bianchi scendono da sotto il naso ricurvo per giungere quasi fino all’altezza dei fianchi dell’uomo. Tiene le braccia incrociate dietro la schiena, avanzando qualche passo in avanti nella stanza, pur senza toccare nessuna delle protezioni che la Hyuga ha frapposto tra sé ed il mondo esterno. < Signora Hyuga? > Domanda con la voce arrochita dalla vecchiaia, come per chiedere la conferma che la dona sia effettivamente lì e pronta a rispondere, attendendo una di lei conferma osservando di tanto in tanto alle proprie spalle, attraverso la porta semitrasparente come se stesse aspettando qualcosa o qualcuno. [ Ambient per Mekura ]
[stanza] Qualcuno entra all'interno della stanza, forse uno dei soliti infermieri. Appena sente questo chiamarla, la donna sospira, si gira e da sotto le coperture scava con le dita in modo da creare uno spioncino al di sopra del materasso, scansando la coperta in modo da mostrare al di là del fortino solo fino a metà naso, con gli occhi grandi che osservano l'uomo in questione. <signorina> afferma la donna seriamente <e senza Hyuga...> seppure Kaori l'abbia fatta reintegrare all'interno del clan dandole la possibilità di tornare alla magione, lei non se la sente. Hiashi non è stato vendicato, lei non ha ancora dimostrato di essere degna di quel cognome.Rimane così a fissarlo come se fosse un bestia selvatica e dopo una decina di secondi, che la portano a seguire lo sguardo dell'uomo verso la porta semi trasparente per controllare cosa cercasse e poi scendere di nuovo, rigirandosi in modo da dare le spalle al materasso e tornare al di sotto della tenda che ha creato, lasciando lo spioncino per un possibile futuro, curvando la schiena in avanti, tornando a piegare la carta non badando più al signore che è appena entrato. Forse è il medico? possibile...da l'idea di essere un vecchio dedicato più allo studio della psiche umana nei libri che ad altro, magari la gobba è proprio dovuta alla lettura. [ch off]L’anziano signore, data la risposta della Jonin, non replica ulteriormente ma semplicemente si sporge al di fuori della porta di vetro per assicurarsi dell’arrivo di qualcuno. < Sì Dottore, è lei > Pronuncia l’uomo, con voce piuttosto stranita da quato presente nella stanza, lasciando poi il posto ad un’altra figura. il ragazzo avanza nella stanza, chiudendo la porta alle proprie spalle e chinando la testa verso una spalla al vedere la situazione attuale della camera d’ospedale. Un camice bianco aperto sul davanti copre una camicia di lino rosso fuoco ed un paio di jeans scuri, decisamente troppo informali per un lavorante dell’ospedale. I capelli sono neri, ritti sulla testa contro ogni legge di gravità. Ha la pelle candida, chiarissima, in netto contrasto col colore del crine, ma ancor di più con i suoi occhi. Due enormi gemme verdi brillanti di divertimento. Le labbra, carnose e rosee, si allargano in un sorriso, rivelando i denti smaglianti e curatissimi, al notare come la Consigliera si stia nascondendo in quell’ingombro di materassi, cuscini e mobilio. La targhetta appuntata sul camice, sul lato sinistro, riporta il suo nome ed il suo ruolo all’interno della struttura: “Magnus Bane – Psichiatra”. Non mostra più di trent’anni sul viso decisamente giovanile ed allegro, forte anche di un fisico snello, ma compatto e visivamente allenato. Decisamente fuori luogo per essere il medico che è. La mano sinistra corre alla nuca, grattando teatralmente l’attaccatura dei capelli, mentre il sorriso permane largo e smagliante sul suo viso < Posso entrare? > La voce è profonda, ma non per questo cavernosa o rude. Soffice come una carezza di seta cerca di avere una risposta dalla donna < Oppure potremmo andare in giardino. L’Ospedale è triste e puzza di… beh, di Ospedale. > Commenta, asciando ricadere il braccio lungo il fianco, avanzando verso il fortino per chinarsi e guardane nello spioncino, da cui la Hyuga potrà notare unicamente quella gemma di smeraldo che la cerca oltre quel materasso. [ Ambient per Mekura ]
[stanza] Corruga la fronte sentendo l'affermazione successiva, rigirandosi e corrugando la fronte perplessa senza ancora osservare dallo spioncino. Non dice nulla, mugugna appena riportando l'attenzione sugli origami cercando di estraniarsi come prima, ma è la voce che l'attira e rigirandosi per curiosare, anche quel singolo occhio verde. Rimane a fissarlo a lungo come se stesse sorgendo un ricordo da quel singolo elemento. Un occhio verde, come quelli di Akendo prima di diventare un Dio sceso in terra. Curioso il destino, che sia il segno di qualcosa? <...> trema, guardando quell'occhio mentre medita che cosa fare, indecisa. <no...no sto bene qui> afferma confusa e dubbiosa: non le piace stare li, ma non vuole rischiare che qualsiasi tentazione possa portarla a non rivedere i suoi figli: sta facendo tutto questo per vederli il prima possibile, ma ha un dubbio: se lo segue ci sono possibilità migliori per velocizzare i tempi? sta affrontando male questa cura e sta sbagliando il senso della cura: non deve concentrarsi su questo, dovrebbe concentrarsi invece sullo stare bene lei. <io sto bene...> mente, mente spudoratamente a se stessa ed a tutti, come al solito. <e poi devo fare altre gru di carta...avrei bisogno di più carta però....e di farle meglio> sospira abbassando la voce mentre ne afferra una <non credo che accetteranno 100 gru fatte male> afferma, divagando e preoccupata di quello che sembra solo uno sfogo, un hobby nel senso sano del termine, cosa che evidentemente, non è questo il caso. [ch off]Al rifiuto della ragazza di uscire fuori da quel postaccio il medico non si scompone particolarmente, si limita semplicemente a premere il pulsante che sta accanto al lettino per chiamare un infermiere che accorre immediatamente nella stanza con sguardo piuttosto interrogativo. < Sì, mi occorrono delle lenzuola, una ventina di cuscini belli grossi e… della carta. > Dice, seguito dall’infermiere che si allontana per soddisfare le sue strane richieste. Si siede a gambe incrociate sul pavimento, continuando ad osservare la donna attraverso lo spioncino del materasso. < Io sono Magnus. > Esordisce, per nulla preoccupato da quanto la donna gli ha detto fino ad ora < I miei genitori erano archeologi ed erano fissati con le lingue antiche. > Aggiunge, come per giustificare il suo nome così peculiare < Per prima cosa voglio sfatare un po’ di miti riguardanti me e la mia professione. > Allunga una mano per allargare lo spioncino e poter avere una migliore visione dell’interno del fortino. In quel momento giungono una serie di infermieri che gli dispongono innumerevoli cuscini attorno, gli porgono delle lenzuola ed un plico di fogli, andando via dalla stanza senza aggiungere molto altro. < Oh. Ok, esci da lì dentro e aiutami ad allargare il fortino, così possiamo starci entrambi e avrai tutta la carta che vuoi. > Le dice, senza un vero e proprio intento interrogativo, ma dando per scontato che la Hyuga avrebbe fatto quanto richiesto. Nell’atto di sistemare i cuscini in piccole torrette in grado di reggere il lenzuolo, continua a parlarle < Non siamo qui perché tu sei pazza. Gli psichiatri non servono a questo. > Chiarisce il primo punto, quello per cui molte persone rinnegano l’ordine dei medici < Non sono qui per i soldi. Sono lo psichiatra più famoso delle terre ninja e quanto mi pagano per queste sedute è totalmente ininfluente. > Prosegue, rivolgendole un altro radioso sorriso < Sono qui per ascoltarti, per capire cosa si può fare per aiutarti. Non è neanche detto che ci riuscirò eh. > Le strizza l’occhio in un occhiolino forse troppo confidenziale, ma che risulta comunque estremamente naturale < Per chi sono queste gru? Che, comunque, non sono così male. Tu le vedi brutte? Io neanche li so fare gli origami. > Dice, sperando di potersi sedere accanto a lei nel loro nuovo fortino allargato. [ Ambient per Mekura ]
Il medico resta silente. I tratti del volto rilassati mentre ascolta le parole della Jonin e mentre ne osserva le reazioni. Quando questa sembra spezzarsi una volta ancora, rivolgendosi furiosamente verso Magnus, egli si limita a sollevare e mani, come per testimoniare un certo senso di inoffensività. Non le risponde da subito, prendendo mentalmente appunti di tutto quel che la ragazza ha da dirgli. Solo dopo qualche attimo, dopo aver annuito con attenzione e senza lasciar intendere neanche un accenno di disinteresse nei di lei confronti, solo dopo essersi spostato per lasciarle lo spazio di uscire, ecco che riprende a parlare. < Volevi sapere perché ti ho detto una cosa così orribile… > Pronuncia quasi distrattamente quelle parole, raccogliendo un foglio di carta tra le proprie mani per rigirarlo nel vano tentativo di comprendere come farlo diventare una gru < Beh, perché è la verità. Perché al mondo, in ogni cosa che si pensa di fare, c’è sempre la possibilità di un fallimento. Tuttavia è come percorrere una strada… giuti ad un bivio c’è sempre possibilità di sbagliare uscita, ma quella possibilità sbagliata ne apre altre ed altre ancora, finché, alla fine, non si arriva a qualcosa. Può essere sia la destinazione che speravi, oppure può esserne un’altra, ma il suo raggiungimento può darti ugualmente soddisfazione. > Spiega brevemente, non con l’aria di chi ha voglia di dare lezioni di vita, ma più come un amico intento a racontare un aneddoto particolarmente interessante. Gli occhi verdi si spostano dal foglio al volto della donna, cercandolo con una confidenza strana per il ruolo che l’uomo ricopre, ma che non supera i limiti della zona di sicurezza della Jonin, limitandosi soltanto a trasmettere quanto più possibile serenità e volontà di ascoltare. < Anche nella tradizione delle gru c’è lo stesso concetto. Ogni foglio può risultare giusto o sbagliato, piega dopo piega puoi sempre incorrere in un errore, ma quella dopo uscirà meglio e quella dopo meglio ancora. È la sempreverde metafora del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. > Prosegue lui, abbandonando il foglietto assieme agli altri, avvicinandosi in ginocchio a due cuscini, lanciandone uno in direzione di Mekura con una precisione, una rapidità ed una forza che tradiscono il suo essere ninja. < Un cuscino per volta. > Le sorride nuovamente, mostrandole ancora le iridi smeraldine scintillanti di divertimento, prima di posizionare il proprio cuscino come prolungamento del fortino precedentemente costruito dalla donna < C’è qualcosa in particolare di cui desideri parlarmi? Oppure parlo io, ho un sacco di cose interessanti da raccontare e nessuno che mi ascolta oppure possiamo stare in silenzio e costruire qualcosa… tanto alla fine mi pagano lo stesso! > Esclama, prima di permanere in silenzio, lasciando risuonare solo un risolino a mezza voce. [ Ambient per Mekura ]
Chi lo ha detto che quella era la strada che volevi? chi lo ha detto che una strada differente può portare soddisfazione? per ogni bivio che ha avuto, per ogni strada che ha fatto, per tutti quei traguardi che non ha raggiunto, cosa l'ha portata se non a questo? <che...soddisfazione ho nel essere ridotta così?> domanda la donna sibilando sarcasticamente <non posso vedere i miei figli, non ho più nessuna dignità e la cosa assurda è che è tutta colpa mia, io ho raggiunto questo punto> sospira <ma è davvero colpa mia? ho cercato davvero di chiedere poco, di trovare la felicità e cosa hanno portato il mio percorrere la strada? morte, sofferenza, solitudine, colpe, colpe costanti e io ho piegato sempre la testa per il bene altrui .Dovevo combattere ed ho combattuto, sacrifica, scegli, sconfiggi, paga...l'ho fatto, cosa dovevo fare di più?> sospira <cosa volete tutti voi da me?> chiede la donna scuotendo il capo cercando una risposta in quello sconosciuto. <quanto dovrò aspettare per vederli di nuovo? mesi? anni? li vedrò crescere e non ci sarò allora dimmi Magnus: che soddisfazione può mai portarmi una strada senza i miei bambini?> Guarda il foglio che ha in mano, osservando la fatica nel piegare la carta. Caccia via altre lacrime e afferra uno dei fogli di carta mettendosi di fronte a questo <...sbagli tutto, devi prima fare così> metterebbe in mostra i vari passaggi, facendoli con calma mentre lo ascolta parlare e lanciare il cuscino. lascerebbe la carta per andare ad afferrare con entrambe le mani il cuscino in questione che le arriverebbe addosso, soffocando un <uff> mentre lo afferrerebbe stringendolo al petto. Solleva lo sguardo e si ritrova a sorridere, accennato magari ma è un sorriso. <...tu, non sei come mi aspettavo che fossi> glielo dice, cambiando di nuovo l'espressione, tornando seria e piuttosto fredda. <tu sei, molto più giovane di quello che pensassi, molto meno orso> [ch off]L’espressione non muta neanche quando quel fiume di domande e dubbi parte dalla Jonin, investendolo totalmente. Il sorriso, da che radioso e largo diventa più piccolo, incurvandogli semplicemente le labbra piene e rosee. < Perché la domanda dovrebbe essere cosa vogliono gli altri da te? > Risponde, seppur ponendo un altro interrogativo < Vedi, se avessi voluto sapere cosa volevano gli altri… sarei andato a parlare con gli altri. Voglio sapere cosa vuoi tu, da te. > Il tono resta calmo e pacato mentre sistema un altro cuscino sopra quello precedentemente posato < I tuoi bambini? Li rivedrai appena finiremo di fare questa chiacchierata. Nessuno ha intenzione di tenerti lontana da loro, men che meno io. E se anche qualcuno avesse intenzione di farlo… sono io che devo emettere il permesso, quindi non importa. > Sorride nuovamente, tornando a porre l’attenzione sui fogli, che inizia a piegare nel modo in cui la Hyuga gli espone, creando goffamente una cosa che solo lontanamente ricorda un volatile, forse anche una gru. < Oh, ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta, vero? > La osserva, posa gli occhi sul volto della Consigliera, mostrandosi come un bambino desideroso dell’approvazione di un genitore. Torna, subito dopo, a parlarle di quanto hanno entrambi da condividere in quella stanza < Anche io pensavo saresti stata diversa. Più… pazza. > Scherza, si lascia persino andare in una risata composta, ma profondamente allegra < Intendiamoci, non voglio offenderti, ma… ho avuto a che fare con serial killer, pazzi stupratori, cannibali… tu sei—triste. > Esplica con semplicità, pur non dando l’idea di sminuire Mekura o quel che prova < Credo che il tuo problema sia il semplice non riuscire ad apprezzare le cose positive, anche piccolissime. Non per colpa tua. Molte persone hanno questo problema, ma è una cosa che puoi vincere, ma non da sola. Con me, coi tuoi bambini, coi tuoi amici, vecchi e nuovi. Devi chiederti scusa e perdonarti, devi farlo con le altre persone e le altre persone devono farlo con te. > Prosegue, portandosi vicino al fortino che la donna aveva costruito, poggiando solo una mano a palmo aperto, chiedeondole una sorta di consenso per quel che sta per fare < Distruggere tutto… > Spinge con la mano, facendo cadere gran parte del complesso di materassi e lenzuola < …per ricostruire. E sforzarti di apprezzare mattone dopo mattone quel che ricostruisci. > E dopo aver fatto e detto ciò, si limita a dare qualche piccola informazione anagrafica su se stesso, dato che la Jonin si è dimostrata interessata < Ho ventisei anni, esercito da poco, ma sono il più richiesto sulla piazza. Ho il mio piccolo spazio, anche se non ho molto altro. > [ Ambient per Mekura ]
Cosa vuole lei? è questo quello che è importante? non quello che vogliono gli altri. <io cosa voglio?> si domanda lei stessa cosa vuole, eppure lo sa <io...non voglio che qualcuno si osi mai più a toccarmi, a minacciare me, la mia famiglia e chi conosco> abbassa lo sguardo dopo essersi lasciata andare a quelle parole. <voglio non avere più paura> ecco la sintesi di tutto quello che vorrebbe, non vuole più avere paura <non voglio più avere paura di chi mi è più vicino, non voglio aver paura di essere io, non voglio più avere paura del mio giudizio, non voglio più avere paura di non essere all'altezza di tutto e tutti, non voglio più aver paura che anche se ci provo, tutto mi porta ad un fallimento> si aggrappa al cuscino stringendoselo al petto come se fosse un fagottino mentre osserva i risultati del primo origami di Magnus. Non eccezionali, ma è la prima volta. <si...sei stato bravo> sorride in modo amorevole scuotendo poi la testa, sorridendo. <più pazza...> assottiglia le labbra <è ancora presto, posso soddisfare le tue aspettative> scuote il capo ancora una volta ironizzando sulla questione, rimanendo a parlare con questo <nessuna offesa...non ci trovo nulla di fantastico nell'essere una pazza> sospira pesantemente. <anzi...sapere che mi sono quasi suicidata due volte perché sono troppo triste è quasi consolatorio> si mette a ridacchiare. <si non sono così interessante come la categoria alla quale sei abituato, ma non ti posso biasimare> allarga il sorriso ripensando ai criminali che ha affrontato. <magari uno te ne porto vivo...forse> il sorriso si trasforma ad uno più ferale. Intanto si tratta di apprezzare le piccole cose, di apprezzare i piccoli piaceri della vita, piccoli, piccoli piaceri. La donna sospira, pensando a cosa le piace....cosa le piace? la cosa le sfugge...le piacciono i suoi figli, le piacciono gli origami, le piacciono i profumi ed i vestiti, le piace indossarli <...non indosso un vestito da molto tempo...> le sfugge dalle labbra questo dettaglio <non mostro le mie gambe da molto tempo..> continua ripensando a questo <mi piacevano le mie gambe, da quando si erano ustionate, anche se non ci sono più neppure le cicatrici io....non ho più fatto vedere le mie gambe, anche i vestiti che portavo erano troppo lunghi> si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio sospirando mentre osserva il medico appoggiare la mano sul fortino chiedendole quasi il consenso per continuare. <...> si solleva in piedi e osserva il fortino cadere...non da molta soddisfazione, la descrizione successiva la lascia sbigottita <cos..> sbatte gli occhi, scuote il capo e lo osserva meglio da capo a piedi, arrossendo leggermente. Abbassa lo sguardo, incrocia le braccia e sorride prima di dargli la schiena verso la finestra. <Kaori ti ha in considerazione dato che ti ha chiamato subito> sospira avvicinandosi alla finestra per aprirla, guardandolo di nuovo prima di fare una cosa del genere, per ora ha solo le mani appoggiate a questa. <dovresti impegnarti: uomini carini con i capelli neri e gli occhi verdi sono sempre presi di mira, prima lo fai prima ti lasceranno in pace> con amarezza il tono della voce cambia diventando più stanco <ma dovresti impegnarti facendolo seriamente, o non lo fare affatto, ne so qualcosa...è una grave violazione dell'ospedale e della sua sicurezza se butto il materasso dalla finestra?> [ch off]Il giovane continua ad ascoltare, seguendo il movimento delle labbra dell’altra, puntando lo sguardo smeraldino sulle sue gambe quando questa le nomina, asserendo che da tempo non mette in mostra una parte di lei che le piace molto < Si può cominciare da qui. Se senti di avere qualcosa di bello è tuo diritto mostrarlo al mondo. > Le sorride, puntando di nuovo educatamente gli occhi sul volto della Jonin, invece che sul suo corpo. < O magari te ne porto io qualcuno vivo, magari di quelli brutti e cattivi condannati a morte e li giustizi tu, non lo so, qualcosa del genere. > Si mette a ridere anche lui, rialzandosi in piedi ed aggiustando le pieghe del proprio camice e della camicia rosso fuoco. Dopo una rapida passata delle mani tra i capelli, per assicurarsi che siano ancora tutti dritti sulla testa in maniera assolutamente innaturale riprende a parlare con la giovane < Con le conoscenze che i medici hanno attualmente a disposizione un’ustione non lascia tracce già dopo qualche giorno. E se la senti ancora addosso è proprio per il problema di cui ti stavo parlando, è perché tu le sentirai sempre addosso, se non… insomma, se non fai una specie di mani terapeutiche sulla tua mente, oltre che sul tuo corpo, ecco. > Conclude con quella metafora un po’ bizzarra, ma decisamente calzante. Per quanto riguarda l’accenno a Kaori, il giovane Magnus si illumina in un sorriso gentile ed affettuoso < Oh, la signorina Kaori ha un grande rispetto per il mio lavoro, non ci conosciamo bene a livello personale, ma mi ha chiamato immediatamente e io sono stato portato qui in maniera… un po’ coercitiva, ecco. > Ridacchia, pensando a chissà quale disavventura abbia avuto per essere portato a Konoha < Ad ogni modo nella lettera che mi ha scritto Kaori ha espresso molta considerazione di te e del tuo stato di salute. Se siete amiche, quello potrebbe essere un altro ottimo punto di partenza. > Si avvicina alla finestra dove poggia Mekura, mettendosi nella medesima posizione. < Il mio lavoro è tutto quello che ho e… sto lavorando a lungo per essere il migliore, anche usando qualche piccolo trucchetto. > Si volta verso di lei, sorridente come sempre, ma mostrando un’accezione diversa nel proprio sguardo. Il verde si macchia di rosso per qualche istante. Lo smeraldo si tramuta in rubio in cui venature nere formano uno strano disegno per un istante, salvo poi scomparire nel momento in cui il giovane richiude gli occhi e le rivolge un altro occhiolino complice. < Il materasso? Fa pure, dirò che sono stato io. > Si scosta dalla finestra, lasciandole spazio. < Ascolta… se non hai altro da dirmi io credo di aver finito qui, puoi tornare a trovarmi quando te la senti. Non credo tu sia pericolosa, né per te né per gli altri. Mostri pensieri suicidi, ma mostri un grande attaccaento verso cose e persone che non sembri assolutamente voler abbandonare, quindi penso che sia tutta questione di sforzarsi di apprezzare il bello delle cose ed iniziare ad ascoltare prima la tua voce, poi quella degli altri. Sempre a patto che òa tua voce ti dica cose felici e non di buttarti giù da un ponte. > Termina in quella che sembra una breve diagnosi, prima di prendere un cuscino e lanciarlo – se Mekura avesse fatto lo stesso col materasso – fuori dalla finestra, scoppiando in una fragorosa risata < Puoi tornare dai tuoi bambini, ma vorrei rivederti ogni tanto, per assicurarmi che tu stia facendo progressi. > Si ferma sulla porta, rivolgendole un galante inchino ed un altro dei suoi smaglianti e gioviali sorrisi < I miei ossequi, signorina Mekura. > [ per me questa dovrebbe essere end, se vuoi farla anche tu è ben accetta, altrimenti chiudiamo. ]
<non lo so...una madre non dovrebbe mostrare le gambe> sospira portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Stringe le braccia tra loro, leccandosi le labbra mentre ci pensa. <giustizio solo quelli con la quale ho un rapporto personale> afferma la donna con calma scuotendo il capo <in effetti neanche loro alcune volte> Ritorna verso il letto dopo aver aperto la finestra, va a prendere il materasso facendolo strisciare per terra con un mezzo sorriso soddisfatto sul volto. <credo di comprendere...> ci sono tante ferite che si sente addosso e che se ne deve liberare. Corruga la fronte e solleva un sopracciglio entrando velocemente nel suo modus operandi quando deve indagare su qualcuno, fissandolo direttamente negli occhi <non sei di Konoha?> chiede la donna confusa. ma il discorso cambia radicalmente verso Kaori, la quale sembra avere una grande opinione di lei per...chissà cosa, ultimamente ed in generale non ha mai dimostrato un gran lato di se stessa alla Hyuga più giovane. <...non so se me le merito queste considerazioni> mugugna, scuotendo il capo con forza, continuando a fissarlo mentre osserva il trucchetto. Rimane spiazzata ad osservarlo, di nuovo <o miei Kami...> si lascia scappare <la mia psiche salvata da un Uchiha...questa è crudele ironia> si lascia scappare uno stanco sospiro a quella battuta, prima di stringere la presa sul materasso e sollevarlo con forza portandolo verso la finestra e spingendolo al di fuori, osservandolo volare. Non è la soddisfazione che sperava le desse, ma è comunque qualcosa. <...va bene, quando ti posso rivedere?> vuole fare di tutto adesso, non solo per qualcun'altro ma per se stessa. <si...arrivederci Magnus> si rigira guardando la finestra con un sorriso smagliante <posso tornare a casa bambini> [end]