Flashback. Ricordi sconnessi

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23:48 Komosinar:
  [Rianimazione. Stanza] dopo aver passato il pomeriggio a dormire in seguito all'abbondante lettura delle riviste messe a sua disposizione, Komosinar inizia ad agitarsi nel sonno. < nnnn... nooo... oo...> dice con le labbra che a mala pena si schiudono per lasciare uscire i suoni. La testa viene mossa con violenza a destra e sinistra mentre le mani tendono verso il soffitto. Le dita spalancate, il più possibile tese. Le lenzuola si muovono anche sopra la parte bassa del suo corpo, segno che le gambe sotto di esse tentano dei movimenti poco armonici e scattosi. < asp... iutam..> borbotta ancora, incapace di svegliarsi completamente. Ad un certo punto pace... le gambe si rilassano, le braccia ricadono sul materasso rilassandosi completamente ma, sotto le palpebre, la questione è tutta un'altra. Le pupille si muovono all'impazzata coprendo qualsiasi posizione possibile all'interno di quelle orbite scavate. La luce della luna sembra farsi più intensa in quella stanza, forse dovuto al fatto che una nuvola si è levata di mezzo permettendo all'altro di manifestare tutta la sua lucentezza. Dopo qualche secondo anche gli occhi sembrano trovare pace

23:57 Komosinar:
  [Rianimazione. Stanza] La pace dura solo un secondo, forse meno. Gli occhi si spalancano guardando il soffitto. Il terrore si palesa in quello sguardo leggermente venato di rosso. Le mani premono per un istante contro il materasso mentre la mascella serra la sua morsa gonfiando i masseteri. Il respiro si arresta. Il respiro riprende. Affannato ed imperlato di sudore, Komosinar cerca di regolare la propria frequenza respiratoria. Si guarda attorno e sembra tranquillizzarsi. Lentamente porta le proprie mani davanti al volto, mantenendole a circa mezzo metro di distanza. Le osserva per qualche secondo e, quindi, di nuovo le posa. <son caduto in un crepaccio...> dice a se stesso guardandosi ancora attorno come se cercasse qualche cosa di preciso nell'ambiente circostante ma senza osare muovere la testa. <son caduto e... non sapevo dove appigliarmi ma...> il respiro ora regolare viene leggermente forzato per tentare di ottenere più ossigeno. <che stavo facendo? perché non ricordo?!> domanda ancora una volta a se stesso, chiudendo ancora una volta gli occhi, strizzandoli forte e squotendo leggermente la testa. Alcune lacrime vengono strizzate fuori dagli angoli esterni degli occhi. Goccioline piccolissime, probabilmente dovute all'apertura eccessiva di qualche secondo prima

00:06 Komosinar:
  [Rianimazione. Stanza] il movimento della testa si arresta con il volto rivolto verso la finestra. Rivolto nuovamente verso quella luna che anche il giorno precedente sembrava chiamarlo dal cielo terso. Lo sguardo si perde in quel cielo oltre il cristallo che lo separa dall'ambiente esterno. Passano i secondi e le palpebre sembrano farsi più pesanti. Si chiudono a mezz'asta fino ad oscurare metà della pupilla. Gli occhi si rovesciano indietro. Passano i secondi e, quindi... <...ccomi... no 'ui> dice biascicando qualche parola <aiu...>. Gli occhi si aprono di nuovo. Il respiro viene nuovamente sospeso per un secondo o due mentre lo sguardo torna a fissare la finestra e la luna oltre di essa. <mi han cercato. Conoscevano...> inizia a dire mentre l'espressione si fa quasi sorpresa <conoscevano il mio nome.> commenta di nuovo mentre lo sguardo riprende a muoversi in cerca di qualche cosa ma senza fissarsi su nulla. <Komooo...> sussurra a se stesso <mi conoscevano per nome... mi conoscevano bene> dice a se stesso, quasi volesse memorizzare ciò che vedono i suoi occhi in quel momento <ma chi erano quelle persone? Chi... perché?> si domanda continuando a rimanere inebetito con un espressione ora neutrale, quasi non fosse più in quel corpo <perché son caduto? Dai memoria! DAI!> conclude alzando appena la voce e provando, come prima, a strizzare gli occhi portandovi anche le mani, ancora avvolte dalle bende per supportare le articolazioni.

00:17 Komosinar:
  [Rianimazione. Stanza] I palmi delle mani premono leggermente sugli occhi compiendo dei leggeri movimenti rotatori di un grado a destra ed uno a sinistra. Le dita di entrambe le mani si immergono nella loro parte distale nei capelli accarezzandoli appena. Si fermano per qualche secondo, poi ripartono e quindi si fermano di nuovo scivolando quindi per immergersi completamente nella chioma albina e tastandola come se, anche lì, cercassero qualche cosa. <Una criniera...> afferma prendendo poi un lento respiro, non troppo profondo. <Ero a cavallo... si!> inizia a raccontarsi continuando ad accarezzarsi i capelli mentre gli occhi celesti si guardano ancora attorno, come se stesse ispezionando una scena proprio di fronte a se, stampata su quel soffitto che ora si trova a fargli da schermo per i ricordi. <Ero seduto su un cavallo. Un cavallo da sella. Un esemplare bruno, si...>. Le dita si serrano acchiappando qualche ciuffo e, poi, ecco che sembrano stringere un po' più del dovuto. La cute si tende. <non era il mio cavallo però...>. Annuisce appena, molto lentamente, con molta cautela. <non era il mio... ma, di chi allora?> si domanda liberando i propri capelli da quelle morse e guardandosi ancora una volta le mani.

00:24 Komosinar:
  [Rianimazione. Stanza] Un profondo respiro e, quindi, un esalazione quasi di sollievo. La bocca si schiude come se volesse dire qualche cosa ma non fa altro che rimanere leggermente aperta. Le braccia si abbassano portandosi ai lati del corpo. I gomiti spingono sul materasso aiutando in quel modo il busto a sollevarsi. L'espressione del viso si fa per qualche secondo contrita nello sforzo di assumere quella posizione seduta. Si guarda attorno. Si volge per qualche secondo alla porta d'ingresso nella propria stanza e, poi, si volge alla finestra iniziando nuovamente a guardare oltre il vetro, ammirando la luce lunare candida come la pelle di Komosinar. <ero su un cavallo... di qualcuno... e son... son caduto> riassume annuendo lentamente con il capo, muovendolo appena. L'espressione del suo volto è concentrata ed assorta <mi hanni spinto? O... son caduto da me?> inizia a chiedersi mentre istintivamente le mani si aggrappano alle lenzuola, sollevandole leggermente come se fossero le briglie di quel cavallo su cui ora si sta ricordando di essere stato. Sposta lo sguardo avanti a se. Tiene ancora sollevate quelle ipotetiche briglie ed annuisce di nuovo, lentamente.

00:30 Komosinar:
  [Rianimazione. Stanza] <stavo cavalcando e... eee?> si esorta l'albino cercando di forzare i propri ricordi, di approfittare di quei momenti in cui il suo cervello sembra voler collaborare con la sua ricerca di identità. Si immobilizza aprendo nuovamente gli occhi un po' più del normale. Le braccia si sollevano portando con se le lenzuola che ancora sono strette nella morsa delle sue dita. <Il cavallo si è spaventato!... Si è spaventato per qualche cosa sul sentiero> afferma ora continuando a tirare quelle lenzuola. <oooh! Calmati! oooh!> afferma nuovamente come se stesse recitando, ora, una parte già studiata in passato. <non c'è stato verso però... non c'è stato... verso!> afferma un po' sconsolato. Le lenzuola vengono lasciate cadere mentre le mani restano a mezz'aria. Il busto stesso di komosinar si lascia lentamente cadere indietro fino a che la testa non è completamente appoggiata sul cuscino e la schiena dritta sul materasso. <quel dannato cavallo non mi ha dato retta e mi ha disarcionato...> dice riprendendo a guardare i propri ricordi sullo schermo rappresentato da quel soffitto candido. <mi son fatto buttare giù come un pivello...> aggiunge chiudendo poi appena appena gli occhi e stringendo appena i pugni.

00:40 Komosinar:
  [Rianimazione. Stanza] <ma chi erano quelle persone che mi cercavano?> si domanda ora, rimanendo ad occhi chiusi. <perché ero in viaggio con loro? Chi erano?> si domanda sussurrando quelle frasi mentre le sue mani nuovamente tornano a coprirgli il volto. Le parole seguenti, l'albino le pronuncia direttamente nei palmi delle proprie mani mentre questa volta sono le dita ad accarezzargli gli occhi, leggermente. < Chi erano loro e chi sono io?> la voce continua ad essere un sussurro che riecheggia nelle sue mani distorcendosi appena nell'incavo dei palmi appoggiati sulla bocca e sul naso. <Komosinar... Komosinar! Chi era Kmosinar?> dice dapprima lento e poi accelerando sempre di più il proprio verbo < Chi è adesso Komosinar, perché ricordo solamente il mio nome? Chi erano quelle persone e perché non si sono ancora fatte vive?> si domanda cambiando ora il tono e la cadenza della propria voce tanto da sembrare più disperato che non adirato. Le mani, lentamente, vengono riportare verso le gambe distese dell'uomo e, da lì, scivolano lentamente verso il materasso trovandovi, nel lato destro, una delle riviste che nel pomeriggio egli aveva letto e sfogliato, probabilmente rimaste lì quando si addormentò.

00:47 Komosinar:
  [Rianimazione. Stanza] Un leggero fruscio viene prodotto al passaggio di quella mano sulle pagine patinate. La mano destra quindi, da sola, inizia a muoversi a destra e sinistra, di pochi centimetri, continuando a far frusciare quelle pagine e spostando leggermente la rivista stessa. <Questo rumore...> inizia a dire arrestandosi nel verbo ed iniziando a muovere un o po' più rapidamente la destra. <Sembra come... un battito d'ali...> dice tra se e se, continuando a mantenere gli occhi serrati. Sotto le palpebre gli occhi si muovono rapidi come se stessero cercando una via d'uscita da quell'oscurità. <un battito d'ali...> dice nuovamente fino a che, muovendo muovendo, la rivista non scivola a terra impattando dopo un paio di secondi sul pavimento. <andata.... eeehhh> esala quindi rassegnato. Qualche secondo di silenzio assoluto segue quell'esalazione fino a che, una dichiarazione improvvisa non torna a farsi presente nella mente e sulle labbra del paziente albino. <piccioni... piccioni e... pipistrelli...> dice apparendo ora un po' confuso. <piccioni e pipistrelli...> ripete nuovamente. Squote la testa leggermente, come a voler cancellare quella visione <non ha senso...> conclude.

01:02 Komosinar:
  [Rianimazione. Stanza] <piccioni e pipistrelli... cavalli e crepacci...> dice riepilogando le cose che in questi ultimi travagliati minuti gli sono venute in mente <e conoscenti che mi cercano ma che non si fan vedere...> aggiunge con una nota di amarezza nella voce. Le mani riprendono lentamente ad accarezzare le lenzuola quasi le volessero stirare. Il fruscio ora è completamente diverso da quello che produceva la rivista di poco prima e nessun altro ricordo sembra venir evocato. <come si collegano questi elementi?> domanda di nuovo in un sussurro mentre gli occhi sotto le palpebre sembrano quietarsi un poco. <forse i piccioni han spaventato il cavallo?> suppone sempre parlando con un filo di voce <su che razza di cavallo mi sono andato a mettere? E... i pipistrelli?> domanda ancora voltando poi la testa verso la finestra che da all'esterno e che dall'esterno gli illumina la stanza <pipistrelli e piccioni non dovrebbero convivere ma io... che ne so io di uccelli e di cavalli?> si domanda continuando a guardare fuori mentre, ancora una volta, la pesantezza cala sulle sue palpebre.

01:10 Komosinar:
  [Rianimazione. Stanza] < che ci facevo su quel cavallo?> dice a voce sempre più bassa, quasi che neppure lui riesce a sentirsi. Gli occhi sempre chiusi, le membra rilassate su quel materasso, sopra le lenzuola e le coperte <che ci facevo io su...> dice iniziando a sprofondare ancora nel sonno, come se tutto quel pensare lo avesse affaticato <... sui piccioni?> conclude la frase precedente in una domanda che, di per se stessa, non sembra avere senso. Il respiro ormai normalizzato si fa quindi più profondo e lento mentre le spalle e le membra sembrano sprofondare sempre di più nel cuscino e nelle lenuola che avvolgono quell'esile corpo albino, bianco almeno quanto loro. La luce della luna continua ad accarezzare e quasi riflettersi sul volto di lui che, in un modo o nell'altro, sta cercando di mettere fine ai propri tormenti. Tutto torna al silenzio, interrotto solo dal regolare e sottilissimo suono del respiro di Komosinar. Un'ombra passa poi per la stanza. Una falena, di fronte alla finestra, proietta la propria immagine su pareti e strutture prima di andarsene volando in contrasto con la Luna per pochi secondi lasciando poi quel contrasto cercando più flebile ma più vicina luce su cui posarsi.

Svegliatosi nel cuore della notte in seguito ad un incubo, l'albino ha qualche frammentario ricordo legato all'incidente che, alla fine, lo ha condotto in quella stanza di ospedale. Una rovinosa caduta da cavallo, gente che chiamava il suo nome e qualche altro ricordo che, per ora, sembra non aver nulla a che fare con l'accaduto.
Un passo avanti verso il passato.