Primo incontro: Harumi e Sanjuro

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con Jin, Harumi

22:35 Harumi:
 La sera è scesa ormai da un po’ su questo villaggio denominato Konoha e le strade sono trafficate solo da quelle persone insonni o che vivono questa parte della giornata anziché quella soleggiata. Notte limpida dove nel cielo blu e nero stanzia la luna pallida ed alta, perenne presenza della vita della nostra piccola bambina che di essa crede di esserne la principessa. Bambina che presenta ridotte sembianze più precisamente un’altezza di 136 cm per un peso di 31 kg, avvolta da un crine albino dai riflessi argentei, ereditati dalla luna e dalla stirpe dalla quale crede di provenire solo perché una voce glie lo ha confidato. Il bianco è il suo colore e basta guardarla per comprenderne il motivo: occhi bianchi e perlati, dai leggeri riflessi lilla, non è cieca ma sono particolari iridi che a quanto pare la rendono appartenente ad un preciso clan che non conosce, come non conosce l’intero villaggio. Bianco è anche il colore del vestitino che indossa lindo e pulito, sporcato da una sola macchia di colore che è il rosso del piccolo e morbido fiocco posto sul petto. Bianchi anche i sandali, questo rende la sua figura evanescente come quella di uno spettro e potrebbe forse capitare di vederne uno dopo tutto. Vistosa e difficile da non notare è la cicatrice che si intravede al centro del petto, parte dall’inizio dello sterno e lo percorre totalmente nella sua lunghezza sparendo poi al di sotto del vestito. Molte emozioni corrompono l’animo di questa piccola sperduta ma nessuna di esse viene mostrata sul suo volto perennemente apatico ed estraneo a ciò che la circonda, costretta ad un blocco emotivo quando è perfettamente in grado di comprendere e riconoscere sentimenti, ma non di esternarli. Una maledizione per la piccola principessa dotata dell’insolita fortuna di poter vedere i colori dei suoni e delle persone danzarle davanti agli occhi, intrecciarsi in un ballo proibito per poi disperdersi per tutto l’ambiente che la circonda. Lei avvolta in un bozzolo grigio e attende solo di schiuderlo per poter tramutarsi in farfalla e mostrare le sue ali, una volta che avrà capito come vivere. Piccola creatura sola ed estranea quella che ora siede a gambe incrociate e schiena dritta sul terreno del Monte dei Volti, a ridosso del bordo sotto al quale è presente la seconda testa scolpita senza che lei ne sappia affibbiare il nome. Il vento le smuove dolcemente la chioma argenta e lo sguardo è fisso sui colori che emergono dall’intero villaggio che da lì è possibile abbracciare con gli occhi. Le braccia comodamente adagiate sul proprio grembo e le mani poste sopra le cosce, riflette e medita sulla danza dei colori che danno spettacolo fino al cielo.

23:11 Jin:
 È una notte umida quella che il biondo deshi sta affrontando e, complice anche la velata ansia per l'imminente esame genin, non è pronto ad essere accolto tra le braccia di Morfeo. Si reca flemmatico verso la porta d'uscita dell'abitazione nella quale vive solo da un po', ormai. L'unica cosa che fa prima di abbandonarla, è sganciare un soprabito - nero e lungo fino a fine glutei, in lino -dall'attaccapanni in legno posto proprio alla destra della porta, avvolgendosi in esso. Il soprabito andrà a coprire la mise casalinga del giovane, che consiste semplicemente in un paio di pantaloncini grigi fin sopra il ginocchio, una maglia bianca senza alcuna fantasia stampata sopra. Una sottospecie di pigiama, se si considerano poi le scarpe aperte simil-infradito che porta ai piedi. D'altronde, esce semplicemente a fare una passeggiata per concentrarsi e placare l'ansia da prestazione per l'esame. Non ha in programma incontri illustri, né allenamenti particolari. Non ne ha da un po', in effetti. Che Azrael lo abbia rifiutato? Lasciatosi la porta d'uscita alle spalle, s'incammina senza meta per le vie di Konoha. A quest'ora, il villaggio è mosso solo dalla minoranza che lavora di notte e dai pochi sonnambuli, nonché da ubriaconi e altra gente molesta. Non proprio l'orario migliore per uscire per un ragazzino. Lui non si sente un ragazzino qualunque, però. È riuscito ad affrontare ogni lezione accademica con il massimo dei voti, primeggiando su tutti e padroneggiando abbastanza in fretta le tecniche. Come se non bastasse, a rimpinguare il serbatoio già stracolmo del suo ego c'è l'incontro con Azrael, uno dei ninja viventi più forti al mondo, che lo ha scelto spontaneamente come proprio allievo. Cosa può succedergli di tanto brutto? Come potrebbe non cavarsela? Il passo è lento e flemmatico, mentre ciondola per le vie della città tra luci variopinte provenienti dai vari esercizi ancora in funzione, come taverne e bar, nonché dall'illuminazione pubblica, che permette di avere una sufficiente visuale del percorso da fare. Il rumore più forte, escluso il vociare proveniente dalle taverne ancora in piena attività, è proprio lo strusciare della suola delle ciabatte con il terreno limoso del villaggio. Continuando il cammino, il biondo porta le mani fin dietro la nuca, intrecciando le dita a creare una conca che fungerà da alloggiamento per il collo. Reclinando la testa all'indietro, seppur di poco per evitare di perdere d'occhio la strada, il deshi rilasserebbe tutti i muscoli espirando intensamente. Il suo camminare lo porta inconsciamente al luogo dove la sua vita ha ricevuto un nuovo input esterno che gli ha permesso di prendere la piega attuale, di impegnarsi nello studio e di emergere in quanto ninja: il monte dei volti, teatro del primo incontro con il venerato maestro Azrael. Avvistata la scala dal basso della strada, si lancerebbe per imboccarne la strada descritta, salendo gradino per gradino, contemplando ad ogni passo il panorama del villaggio che si allontana sempre più, mostrandosi nel complesso e non più nel particolare. Le persone si trasformano sempre più in puntini mobili; le luci delle taverne sembrano lucciole; i rumori della Konoha silente ascoltata per strada si riuniscono tutti a formare un unico brusio di sottofondo, quasi rassicurante. Certo di non trovare nessuno in quel luogo a quell'ora, il deshi affretta il passo per recarsi al suo albero preferito e stendersi lì giù, per poter rimirare le stelle e contemplarne l'immensità in pace, cullato dal brusio del villaggio. Arrivato in cima, tutto sembra pacifico come ha immaginato, eccetto che per una piccola macchia bianca immersa in quell'oscurità illuminata soltanto dalla fioca luce derivante dal villaggio e dalla luce delle stelle. Il deshi, incuriosito, si avvicina pian piano, cercando di farsi udire senza essere plateale. Non vuole mica cogliere di sorpresa qualcuno! Distinta la figura, gli è possibile notare le candide fattezze di quella che non potrà esser più che una bimba, intenta a godersi il panorama del villaggio. Preoccupato per la situazione, considerata l'apparente età della fanciulla, il deshi, seppur visibilmente affranto per la perdita della tanto attesa serenità, si lancia in un impeto di senso civile, come a seguire l'insegnamento del proprio maestro. Vuole cercare di salvare una creatura indifesa che non dovrebbe essere lì a quell'ora e in quella posizione. Le si avvicinerebbe pian piano, seppur mai di soppiatto e, una volta giuntole vicino le direbbe con voce pacata e profonda. <Posso?> Indicando la porzione di suolo accanto alla candida creatura. Attenderebbe il permesso per prendere posto accanto a quell'essere quasi etereo e, qualora lei glielo accordasse, lui si accascerebbe nella medesima posizione di Harumi, a circa 30 centimetri di distanza da quest'ultima. <Sanjuro...> Allungherebbe la mano destra in una formale stretta di mano, per ritrarla ancor prima di farle compiere tutto il percorso, conscio che una formalità del genere potrebbe risultare soltanto ridicola agli occhi di una bambina. <...Nara. Sanjuro Nara, piacere.> completerebbe, accompagnando il suo dire con un sorriso decisamente rassicurante. <Scusa se sono troppo indiscreto, ma... Che ci fai qui?> Conscio del fatto che la ragazzina potrebbe fargli la stessa domanda, si arresterebbe nel suo dire, tacendo in attesa di un'eventuale risposta.

23:33 Harumi:
 Non ha una cosa dove tornare questa piccola bambina, dato che è fuggita da quella che le era stata offerta dalla dolce Kaori. La mattinata non è andata bene e il fallimento del suo modo di comunicare l’ha portata a far arrabbiare il moro ragazzo di Kaori di nome Azrael, con la conseguente fuga della bambina da quella casa. In realtà a vedere i fatti non è proprio scappata, ma si è congedata con educazione uscendo con tutta calma dalla porta di ingresso e non sa che una copia della donna la sta seguendo a distanza. Non si deve scusare con nessuno per la sua incapacità a comunicare dato che non è colpa sua ed è una maledizione che le impedisce di sentirsi parte di questo mondo a lei nuovo. Il bozzolo grigio che racchiude le sue piccole membra si è ispessito isolandola ancora di più nonostante abbia ormai deciso di intraprendere le lezioni in Accademia per scoprire se stessa e il suo spazio. Un messo per poter riuscire a far parte di questo mondo e del villaggio, anche se non conosce nulla e non ha memoria nemmeno dei Kage che ne sono stati a capo. Non conosce nemmeno il capo del villaggio che vi è adesso è come una neonata che ha visto per la prova volta l’ambiente che la circonda. Medita isolandosi sempre più in quella posizione e in quel luogo, preda del vento e degli eventi, senza fare nulla per muoversi o comprenderli. Osserva solo le varie danze variopinte che si dipanano dinnanzi alla sua persona, seguendole con lo sguardo e permanendo in quella sua immobilità. Tutto ciò che è esterno al suo bozzolo non viene contemplato dai occhi e orecchie della creatura albina, di fatti la voce maschile del ragazzo del quale non si è minimamente accorta, appare inizialmente lontana a distorta arrivando alle sue orecchie con un ritardo di qualche secondo. Quando finalmente si avvede di quella prima e semplice domanda, si rende conto della presenza di un ragazzo vicino a lei improvvisamente comparso nel suo campo visivo, e verso il quale dona lo sguardo distante e apatico. Fissa lui intensamente e poi lo spiazzo di terreno che è stato indicato da egli come suo possibile posto a sedere. Gli accorda di sedersi con un lieve e solo cenno di assenso, muovendo la testa e tornando poi ad osservare il mondo sotto di lei. Come se nulla fosse successo ma solo un ragazzo che vuole interagire con una bambina che si crede uno spettro, troppo distante per essere raggiunta. Ancora una parola si fa strada dalle labbra del ragazzo per essere portata dal vento fino alle orecchie della bambina, rivelando il nome dello sconosciuto e costringendola a voltarsi nuovamente verso di lui. Elegante e calma nei suoi movimenti, questa bambina non mostra alcun segno di emozione e non accenna a muovere la mano per stringere quella del ragazzo, anche se quest’ultima viene ritirata celermente. Nome e cognome e poi un quesito viene posto e non lo trova indiscreto, ma si sente quasi sollevata di poter interagire con qualcuno che non sia un adulto. Sollievo che purtroppo non riesce a dimostrare nemmeno tramite un sorriso. La manina destra si solleva e il dito indice si pone ad indicare la cicatrice sul petto, anche se non vuole indicare essa ma più generalmente se stessa. <Harumi, principessa della luna.> un sussurro apatico ma dolcemente trasportato dal vento una volta liberato dalle labbra schiuse, presentandosi con quell’epiteto senza sembrare in alcun modo arrogante e nemmeno scherzosa. Dito indice che conseguentemente alla presentazione va ad indicare la luna alta nel cielo. <Io… non ho altro posto dove andare. Non posso tornare da Kaori.> chiosa rispondendo alla domanda in maniera spenta, tornando ad osservare il villaggio e relegando nuovamente la mano destra ad appoggiarsi sulla medesima coscia. Una spiegazione semplice a una domanda semplice, risultando di poche parole e incapace di comunicare altro.

01:55 Jin:
 Il modo in cui la ragazzina gli accorda la seduta lo lascia leggermente interdetto. Non ha mai visto in nessun bambino una tale apatia e vuotezza nello sguardo. È proprio la perlacea iride che, nella sua vuotezza, scruta le iridi di smeraldo del biondo Nara che, seppur con aria vagamente circospetta, si appresta a prendere posto accanto al candido scricciolo. La circospezione si trasforma in un velo di paura quando la bimba risponde con un tono di voce che rasenta l'automa, privo di qualsivoglia inflessione dovuta a emozioni, sentimenti o semplici stati d'animo passeggeri tipici dell'età. <Principessa della luna...?> Commenta il giovane con aria perplessa, andando a scrutare con le iridi di smeraldo il volto impassibile della bambina. Razionalizzando il tutto, comprende come una frase del genere non possa che scaturire dalla semplice fantasia di una bambina che si perde nella propria immaginazione. Il tutto cozza, però, con il tono privo della più leggera sfumatura ironica. Nulla di spensierato traspare da quella voce. Leggermente preoccupato per quell'esternazione innocua nel contenuto, ma inquietante nella forma, ricompone la propria espressione in una ben più rassicurante. È conscio di star parlando con una bambina che, peraltro, non è uguale agli altri. Sollevando il braccio destro verso il cielo, andrebbe ad indicare il bianco satellite della terra, che sembra brillare della stessa luce riflessa dalla quale è avvolta la stessa creatura. Cercando il suo volto con lo sguardo, le sorriderebbe e, con tono rassicurante, dopo aver preso un bel respiro, inizierebbe il suo dire. <Immagino tu venga proprio da lì, allora...> La asseconda. Nessun modo è migliore per capire di che si tratti. Se fosse un gioco, lo capirebbe subito e si fermerebbe volentieri a giocare, pur di veder sorgere da quel volto anche il più accennato dei sorrisi. <...E dimmi, com'è lassù?> Domanderebbe con occhi colmi di entusiasmo, tenendo l'indice destro puntato sullo sferico satellite. Sbufferebbe poi, lasciandosi andare ad un altro sorriso, visibilmente coinvolto e sincero, mentre si immedesima nel gioco, per cercare di stabilire un contatto con la bambina dalla quale non percepirebbe segnale alcuno. Questa caratteristica, data la forte carica empatica che lo caratterizza, terrorizza il giovane Nara, che è sempre stato in grado di percepire, anche a grandi linee, le emozioni e le intenzioni altrui. Quello che può fare adesso, è soltanto tentare di costruire un legame per fare una breccia nel muro di apatia erto dalla bimba. Nessuna creatura dovrebbe essere così. <E io che credevo di essere speciale...> Porterebbe le mani alla nuca, nuovamente per prendere la precedente posizione di relax, con le dita intrecciate a formare l'apposito alloggio per il collo. <...E sono addirittura al cospetto della principessa della luna. Vostra maestà, sono al vostro servizio.> Farebbe un cenno con il capo rivolto alla piccola, coma una sorta di inchino da seduto. Va bene tutto, ma non ha voglia di alzarsi. A conferma di ciò, dopo aver eseguito quella piccola riverenza, si sdraierebbe supino, poggiando la schiena al suolo, rivolgendo lo sguardo prima al cielo stellato, poi alla schiena della bimba, cercando di tenerla sottocchio. In ciò che ha detto, non è possibile notare nessun tipo di sarcasmo. Non ha veramente intenzione di prenderla in giro. È una bambina e, come tale, è giusto che abbia i propri pensieri irrazionali. Vorrebbe solo vederla felice per tali pensieri. È quando la creaturina dice di non avere posto ove recarsi che nel cuore del deshi si apre una voragine di amarezza. Ancor più ampia quando vien fatto il nome di Kaori. Conosce solo una Kaori con degli occhi simili a quelli della sua attuale interlocutrice. Perché non lanciarsi in deduzioni? <Intendi Kaori-Sama? La kunoichi?> Il tono si fa sempre più pacato. Non vuole turbarla in nessun modo, specialmente per la posizione che occupano sulla superficie del monte, che in caso di instabilità psicologica potrebbe portare ad una situazione che non osa nemmeno immaginare. Dopo una breve pausa, riprenderebbe a parlare mantenendo il tono quanto più calmo possibile. <È tua madre, per caso? Perché non potresti tornare da lei? È una brava donna.> Totalmente sincero in ciò che dice. Non ha avuto modo di rapportarcisi più di tanto, però ne ha percepito l'estrema bontà, capace di placare un'animo tormentato come quello del suo maestro, Azrael. <Forse ho chiesto troppo. Ad ogni modo, non posso permettere che una principessa passi la notte tutta sola.> Sorriderebbe nuovamente con fare rassicurante, continuando ad assecondarla. Con la mano sinistra aperta, batterebbe qualche colpo sul terreno posto dietro la figura della giovane, invitandola a sdraiarsi. <Le stelle sono davvero affascinanti, stasera...> Continuerebbe a picchiettare con il palmo sul terreno, continuando per qualche secondo l'esortazione verso la giovane. Preferisce che si sdrai per distribuirne meglio il peso all'indietro, per esporla a meno rischi possibili. Alzerebbe la mano destra verso il cielo stellato, indicando qualche punto luminoso leggermente più intenso nella propria radiazione. <...Guarda, quella è la costellazione del bradipo nano.> Direbbe, per poi lasciarsi andare ad una risata di cuore. Non c'è niente come una risata che possa stabilire un legame tra due persone. Spostando il braccio in un quadrante diverso del campo visivo, sperando che la bimba si sdrai e lo segua con lo sguardo, indicherebbe un altro gruppo di stelle, per poi tuonare con saccenza. <Eh beh, quell'altra è chiaramente la costellazione dell'ornitorinco paffuto.> Si lascia andare all'irrazionalità infantile, chiudendo a chiave per qualche momento la sua parte razionale, da sempre predominante. Vuole che prevalga il suo bambino interiore, per comprendere meglio quella bambina così particolare. <E tu, cosa vedi, principessa Harumi?> Le sussurra con voce dolce, attendendo una risposta, sperando che possa anche minimamente germogliare il seme del legame che possa portare la bimba a comportarsi come tale. Il suo sguardo di smeraldo andrebbe a cercare gli occhi di perla della bimba, per poi spostarsi nuovamente verso il cielo stellato, nell'attesa di un eventuale avvistamento da parte della creatura, cosa che rappresenterebbe un enorme passo avanti.

14:56 Harumi:
 Non rientra nella volontà della bambina essere priva di emozioni facciali e di conseguenza non rientra nelle sue intenzioni far preoccupare qualcuno per lei, gettarlo nel panico e non lasciargli modo di comprendere come approcciarsi alla candida figuretta. Il ragazzo appena giunto al suo fianco non si fa intimorire da quella sua barriera e dal bozzolo grigio che ricopre le sue membra, adagiandosi accanto a lei sul terreno ad una distanza apprezzabile. Lo sguardo perlato della bambina sperduta si getta a capofitto in quello del ragazzo senza esprimere nulla e recependo quelle parole dubbiose dalle quale l’albina intuisce che lo ha lasciato perplesso. Credere alle parole udite non deve essere facile anche se la bambina argentata crede fermamente in quell’epiteto che si è donata, senza traccia di superbia e scherzo, nessuno spazio alla mera fantasia. Anche se Sanjuro l’asseconda indicando il candido satellite e ponendole domande che nessuno le aveva posto, la bambina non muta il suo sguardo e permane nel suo intento di tenerlo fisso sul viso così sorridente e cordiale dell’altro. Vorrebbe anche lei far dono di un sorriso al ragazzo, riuscire a muovere i muscoli del viso come fa lui in modo del tutto naturale e dimostrargli che ha piacere nell’avere qualcuno accanto che le ponga determinate domande. Ma non può e allora si chiude nel suo bozzolo grigio rispondendo però celermente ed educatamente. <Non ho idea di come sia lassù. Non ho ricordi, so solo che la mia stirpe proviene da lì.> è tutto quello che ha compreso dalla voce che ha interrotto il suo mondo, capovolgendolo e scombussolandolo. Scivola lo sguardo fino a tornare a dove era puntato in origine verso il villaggio, per poterne carpire i colori sempre più vividi eppure così lontani. <Perché lo credevi?> la bambina si è sentita speciale solo grazie a quella voce che la idolatrava ed è ben lontana dal trovare conferma in quanto le è stato detto, ma ci crede perché a tutti fa piacere sentirsi tali, soprattutto un bambino. Non ritorna a guardarlo ma ne ascolta le parole che a lei vengono donate non riuscendo a cogliere il tono con il quale vengono verbiate. Privo di sarcasmo il giovane Sanjuro non pare intenzionato a prenderla in giro, in quella calma che li avvolge e li stringe come una coperta. Però non replica a tali parole desiderando il silenzio da parte sua e donando alla propria figura un’impressione ancor più distaccata dal mondo e da quello che la circonda. Teme ora che anche questo delizioso ragazzo possa risentirsi per questo suo modo di essere, come crede sia successo ad Azrael e nel mentre che permane nella propria immobilità visiva, dentro di sé non può esimersi dall’urlare preghiere silenziose affinchè Sanjuro non si allontani da lei. Il ragazzo riesce nel suo intento di catturare ancora una volta lo sguardo della principessa ascoltandone le parole e scuotendo appena la testa in un cenno negativo. <No. Di mia madre conosco solo la voce: bip bip bip. Era un suono dolce e continuo a ritmo col mio cuore.> la mano destra si leva e si appoggia delicatamente contro il petto dove vi è la cicatrice lungo lo sterno, ascoltando il battito del di lei muscolo cardiaco. <Kaori mi ha trovata fuori dal villaggio e dato che non ricordo nulla e non sono mai stata qui… mi ha accolto in casa sua. E’ una donna molto dolce e premurosa.> chiosa per poi continuare col motivo secondo il quale non può fare ritorno a casa della donna. <Ma stamattina il suo ragazzo si è risentito del mio modo di essere, e ho capito che questo mondo è troppo diverso da me… mi sono sentita molto sola e lontana da chi riesce ad esprimere i propri sentimenti.> un mondo del tutto diverso e nel quale la piccola albina si sente estranea. Non è colpa sua se non riesce ad esprimere quello che prova e quindi si è rifiutata di chiedere scusa per qualcosa che non dipende da lei, non si sente nemmeno in colpa solo profondamente sola. <Quindi me ne sono andata ringraziando e scusandomi per il disturbo.> è caro questo ragazzo dal biondo crine, che si prodiga per lei per farla stare bene e cercare di strapparle anche solo un sorriso. Per codesto motivo la bambina accetta il suo invito e lentamente si adagia sulla schiena accanto a lui distendendo le gambe e poggiando le braccia sul terreno lungo i fianchi. La nuca poggia sul terreno nudo non curandosi dei bianchi capelli che possono sporcarsi e fissa con i suoi occhi perlacei non solo la luna ma anche le stelle e le costellazioni che in maniera buffa Sanjuro va a descriverle. Quel momento causa in lei emozioni definite: frustrazione, tristezza e amarezza. Tutto perché vorrebbe ridere ed esprimere il di lei divertimento, ma non riesce a schiudere il bozzolo grigio per poter venire alla luce. Guardando verso il cielo dove le stelle si riflettono nei suoi occhi, silenziose lacrime fanno capolino per la prima volta dai suoi occhi. Lacrime cristalline che scorrono dagli angoli esterni degli occhi per disegnare una curva delicata e perfetta sulle sue guance e sulle tempie. Copiose e silenziose sono le prime e uniche testimoni di quando prova all’interno del suo animo. <Io… io…> il battito accelerato le impedisce di respirare in maniera corretta. <Vedo i colori. Il bianco… l’argento e il blu, anche il viola. Loro…> segue con lo sguardo quelle scie visibili solo a lei. <Si intrecciano e danzano creando motivi mulinelli.> continuano quelle lacrime così invadenti da annebbiarle la vista e renderle impossibile il racconto di ciò che vede ora con fatica. Piange per la prima volta e la bambina non se ne rende nemmeno conto che le sue emozioni stanno facendo di tutto per trasparire.

15:49 Jin:
 Il dialogo con la principessa della luna prosegue nella linea di irrazionalità che lo ha contraddistinto fino a questo momento. Il biondo non può fare a meno di notare come ogni parola della ragazzina sia scandita con un tono serio, al limite della semplice cronaca. L'assenza di espressioni facciali continua a metterlo leggermente in soggezione, lui che fa della lettura dei volti una delle sue più grandi doti. Non demorde nel tentare di stabilire quel legame tanto agognato, complice anche una forma di atavica curiosità che contraddistingue un po' ogni membro del suo clan. <Uh, chissà come sei arrivata qui. La luna è molto lontana.> Continuerebbe ad oscillare il dito indice in aria, passando dall'indicare le stelle alla luna, descrivendone il perimetro con il dito sollevato, tenendo l'occhio sinistro chiuso e il destro a prendere la mira in quel disegno che descrive immaginariamente intorno al candido satellite. Quando la bambina gli chiede perché credesse di essere speciale, resta in silenzio per qualche secondo, per poi chiudere gli occhi e sospirare lentamente. <Beh, tutti crediamo di essere un po' speciali. Chi per i muscoli, chi per il cervello, chi per l'intuito; altri ancora per la puzza...> Sghignazzerebbe proprio come un adolescente con l'umorismo non ancora ben definito. Si lascia andare, al cospetto di quella bambina, totalmente alla parte infantile del suo cervello, ben sepolta sotto vari strati di ragionamento, acume, strategia e milioni di partite a Shogi. <...Beh, io ho sempre pensato di essere speciale. Non so nemmeno io perché, ma come tutti, peccando un po' di superbia, ho sempre avvertito qualcosa di diverso rispetto al resto, in me. Però tu sei davvero speciale, Harumi. Lo percepisco.> Non parla con la principessa, questa volta. È un messaggio al cuore della piccola, avvolta in quel manto di apparente apatia emotiva, che non le permette di esternare un granché, sperando che possa coglierlo scuotere la sua barriera. Lo sguardo dei due si incrocia nuovamente, quando la bimba risponde alla domanda del biondo, asserendo di non avere una madre. Un velo di amarezza si dipinge sul volto del giovane Nara, che con la principessa condivide il destino dell'essere orfano di madre, ma in opposizione ad essa, nessuno è stato disponibile ad accoglierlo da quando si è ritrovato da solo a Konoha. Ha dovuto badare a sé stesso sempre. Solo recentemente ha trovato in Azrael la figura paterna tanto desiderata, che l'ha compreso da subito, accogliendolo sotto la propria ala. Si limita ad annuire all'affermazione, seppur bizzarra, della piccola, ricomponendosi in fretta da quella velata malinconia. Portata la manina al petto, la piccola principessa prosegue nel racconto su Kaori, la cui descrizione comportamentale sembra combaciare alla perfezione con il profilo psicologico superficiale immaginato dal biondo. Conosce solo una Kaori dolce e premurosa. Si limita ad annuire, quando nota che la bimba vuole continuare nel suo dire. Lungi da lui l'idea d'interromperla, considerando che potrebbe rivelargli informazioni utili a stabilire il legame adatto per abbattere la barriera. Ciò che la piccola dice con la vocina prive d'enfasi, lascia non poco sorpreso il giovane Nara. <Azrael...?> Gli sembra strano come il suo maestro possa aver lasciato andare via da sola una bambina indifesa, ma nutrendo una fiducia incondizionata nella figura dell'uomo, sa che dovrà confrontarsi con quest'ultimo per capire il motivo - sicuramente valido - del suo operato. <Conosco sia Kaori che Azrael...> Direbbe, abbozzando un sorriso rassicurante che accompagnerebbe il suo dire. <...E sono certo che i modi di quest'ultimo non sono i più diplomatici, però ti assicuro che è un brav'uomo. È il mio maestro ed ho accettato di diventare suo allievo proprio per il senso di giustizia che ho letto nei suoi occhi. Farebbe di tutto per proteggere la foglia ed i suoi abitanti. Sai, Harumi...> Dicendo questo, si solleverebbe leggermente da terra, poggiandosi sul gomito sinistro, volgendo la parte superiore del busto ad osservare la ragazzina, che nel frattempo ha colto ed accettato l'invito a sdraiarsi al suolo, iniziando ad osservare il cielo stellato. <...Gli esseri umani - gli adulti in particolare - tendono ad avere paura di ciò che ritengono diverso a primo impatto. Te lo dico perché magari sulla luna funziona diversamente...> Le sorriderebbe con sguardo comprensivo e coinvolto, per continuare poco dopo <...Però tu non hai niente che non vada, chiaro? È solo che siamo animali abitudinari. Ci vuole solo un po' di tempo per abituarci a qualcuno o qualcosa che non rispecchia i nostri standard.> Conscio di essersi spinto anche leggermente oltre con i concetti, per una bambina, riprenderebbe la posizione supina precedentemente abbandonata, tornando ad osservare il cielo e a descrivere costellazioni inventate. Sente d'un tratto il sussurro della delicata voce della piccola accanto a lui; una voce rotta, leggermente soffocata, tipica del... pianto? Si volterebbe immediatamente dopo aver udito quel quasi impercettibile pensiero, notando delle lacrime scendere lungo il lato del capo della bambina, dirette verso l'orecchio. Allungherebbe la mano con la massima cautela, poggiando il dorso del dito indice per tutta la lunghezza della falangina sulla tempia della giovane, con movimenti molto delicati, tentando di intercettare la lacrima prima che entri nel condotto auricolare, causando una sensazione fastidiosa oltremodo. Un sorriso, misto ad un'espressione rassicurante si stampano sul volto del giovane, che tenterebbe di arginare nuovamente le altre lacrime alla stessa maniera. <Cosa ti ha fatto piangere? Ti sei emozionata? Eh già, l'universo è proprio bello...> direbbe con tono pacato, umidificandosi le labbra con un rapido scatto della lingua. <...Ma che lo dico a fare alla principessa della luna?> Ride delicatamente, non nascondendo la soddisfazione per aver provocato comunque una reazione nell'animo della bambina. <Prova a chiudere gli occhi e prendere un bel respiro. Pensa a cosa ha fatto scaturire in te quelle lacrime. Vedrai che riuscirai a comprendere la natura delle emozioni. E se non dovesse accadere, nessuno ti giudicherebbe.> Un ultimo sorriso rasscurante all'indirizzo del volto della giovane, che le iridi di smeraldo del giovane Nara continuerebbero a scrutare in cerca di qualche segnale che possa confermargli la formazione di qualsivoglia tipo di legame.

18:15 Harumi:
 Quesito interessante che impone alla bambina di rivolgere lo sguardo bianco verso il satellite. Non sembra così lontana alla bambina che nulla ne sa di astrologia se non le poche basi che le permettono di non essere completamente primitiva, una manina viene allungata proprio verso la luna; il braccio disteso in avanti sopra di sé e la mano aperta che mostra il palmo verso l’astro della notte. <Lontana.> il vento trasporta quel sussurro e le dita si stringono come a voler afferrare la luna senza riuscirci. La mano richiude le sue dita fino ad afferrare l’aria, chiudendosi in un piccolo e debole pugno. Lascia che Sanjuro esprima i suoi pensieri e i pareri riguardo al sentirsi speciali non osando interromperlo e continuando nel suo stare perpetua a fissare la luna. Appare incurante eppure molto attenta alle parole che vengono donate a lei. <Io no. Non credevo di esserlo.> credeva di essere solo uno spettro di passaggio per questo mondo, costretta a guardare tutto come una spettatrice esterna incapace e impossibilitata ad intervenire in qualsiasi modo. Non pretendeva nulla dalla propria persona e non si aspettava nulla, ma poi è giunta quella voce nel buio e tutto ha preso una piega diversa. <Cosa percepisci?> lo guarda e l’interesse è vivo e ora osserva i colori di lui danzare intorno al suo corpo. E’ una danza lenta e sinuosa, pigra sotto certi versi ma molto bella con quei colori profondi e caldi screziati solo appena di nero. La bambina potrebbe anche azzardarsi a lasciarsi cullare da tale danza per abbandonarsi tra le braccia di morfeo, eppure le conviene reggere ancora un po’ per l’interessante conversazione che porta a narrare quanto successo con Kaori e il suo ragazzo Azrael. Sanjuro li conosce e la bambina della luna in silenzio prenderebbe atto di tali parole che vanno a descrivere quell’uomo come giusto, corretto e sostenitore della giustizia. Questa bambina ora sdraiata sul terreno torna ad osservare i colori del cielo con sottofondo le parole che rassicuranti che le vengono donate. <Abitudinari.> carezza quella idea di non essere un problema e accetta il fatto compiuto che si è solo sentito scombussolato da qualcosa che lei ha portato, ma non è la bambina stessa. Si sente rassicurata da tali parole anche se incapace ad esprimere questa gratitudine, ma nulla le vieta di farlo a parole. <Grazie.> un ringraziamento prima di perdersi in costellazioni dai nomi buffi, che la bambina prende sul serio data la sua ignoranza in materia, i colori e poi le lacrime. Il perché di quelle lacrime rimane un mistero per lei fino a che non è il dito di Sanjuro a raccogliere ed asciugarle. Soverchiata da quelle parole e dalle sensazioni che esse nascono di conseguenza, prendono la forma di quei colori che dal ragazzo danzano intorno a lui ma ora si allungano per lambire il bozzolo grigio della bambina. Nuovamente quei colori si scontrano con la superficie e lentamente si introducono cercando di scalfire la superficie ispessita. Chiude gli occhi per seguire il consiglio di Sanjuro e lasciare che quei colori penetrino sempre più nel suo guscio, violandolo dolcemente e riuscendo a varcare quella barriera. I colori li può sentire ora la bambina sperduta mentre la toccano e le sfiorano la pelle facendole provare la sensazione di appartenenza che stava cercando. Una sensazione così bella e improvvisa che la inducono a sorridere con gli occhi chiusi, un sorriso candido e dolce carico di sollievo. Questa volta il sorriso non svanisce all’istante ma rimane immutato nel tempo finalmente qualcosa di positivo, una reazione più duratura mentre i colori del ragazzo l’avvolgono donandole una sensazione di sollievo come quella che provava nel suo mondo. <Piango… perché non voglio che la gente si allontani da me per il mio modo di essere. Perché vorrei dimostrarti quanto mi stai facendo sentire felice, vorrei ridere delle tue battute e il non riuscirci mi fa male e non riesco ad esprimerlo se non a parole.> parole piatte e vuote che non rendono giustizia a ciò che prova ma adesso c’è questo sorriso che ancora rimane inviolato sulle sue labbra.

18:16 Jin:
 Un'aria di tenerezza gli si dipinge sul volto nel notare la gestualità infantile della bambina, che allungherebbe la mano destra tentando di afferrare il candido satellite terrestre, splendente quella sera più che mai, della luce riflessa gentilmente concessa dal sole nascosto a longitudini sconosciute. Un sorriso sincero si stampa sul volto del giovane, che ascolta la considerazione della piccola, che asserisce di non essersi mai sentita speciale. Considera la cosa come aliena, considerando l'egocentrismo che caratterizza ogni bambino che si possa definire tale. Una voce rassicurante parte del giovane, intenta a solleticare dolcemente il timpano della bimba. <Dovresti crederlo, invece. Credere di essere un po' speciali ci aiuta ad affrontare situazioni apparentemente impossibili. Te lo insegnerò.> Le sorriderebbe nuovamente, assumendo un'espressione piuttosto buffa nell'occhiolino che le schiocca poco dopo. Viene colto di sorpresa, poi, dalla domanda della ragazzina, che sembra ribollire di vivo interesse per l'argomento. Tentando di non spegnere quella fiamma, seppur fioca, di emozione nella principessa, assumerebbe un'espressione piuttosto misteriosa, per catturarne ancor più l'attenzione e, magari, alimentarne la curiosità, portatrice delle migliori scoperte nella storia dell'uomo sulla terra. Preso un bel respirone, inizierebbe con il suo dire, avvolgendo la voce in un tono apparentemente basso, quasi cupo, ma permeato di sfumature palesemente ironiche. <Per cominciare, sono restio a parlare per più di qualche minuto anche con gli adulti, soprattutto se si ostinano a rispondere...> Ride di gusto di quella verità. Sono poche le eccezioni fatte nella sua vita. Tende a non dare più di tanto spazio a dialoghi da lui ritenuti poco costruttivi o poco stimolanti. Quell'incontro, seppur avente protagonista una bambina - cosa che potrebbe determinare il disinteresse di molti - è molto più stimolante di molti degli incontri con adulti avuti sino ad ora, sensei esclusi. <...Mi annoio spesso delle persone, ma questa sera trovo molto divertente il nostro scambio. Mi consente di non pensare ai duri giorni che mi aspettano. Avrò l'esame genin tra poco e non ti nascondo che un po' d'ansia la percepisco.> Sorride imbarazzato di quel sentimento considerato tanto irrazionale. Non è fiero dell'emozione provata, ma ne riconosce la componente prettamente fisiologica. <Quindi non c'è bisogno di un medium o d'un indovino per capire che sei speciale, se a pochi giorni dall'esame teorico mi trovo qui a parlarti di emozioni piuttosto che a ripassare le lezioni d'accademia. E credimi, non mi pesa affatto.> Sorriderebbe, questa volta con un'espressione serena in volto, testimone della verità espressa. Ripassare non è da lui. Non l'ha mai fatto e non crede che mai lo farà. Lo reputa controproducente. <Ti serve altro? Se non ti senti speciale, permettimi di sentirlo per te.> La voce si trasforma dall'induttore di curiosità ad una calda e rassicurante coccola sonora. Vuole che quella bambina possa sentirsi felice, è una sfida contro sé stesso, oltre ad essere un dovere che da solo si è imposto. Riesce quasi a percepire il sollievo della creaturina, quando questa - pur mantenendo il tono apatico che fin'ora l'ha caratterizzata - lo ringrazia per averle spiegato che la natura umana è di temere il diverso. Si limita a risponderle con un cenno del capo, accompagnato da un nuovo sorriso rassicurante. Arriva poi il momento delle lacrime, che vengono prontamente terse dal dito indice del biondo deshi, che avverte quasi al tatto l'innocenza ed il candore della pelle di pesca, totalmente liscia, della tempia della bambina. Questo fa scaturire, sul volto del giovane Nara, un'espressione a metà tra il compassionevole e il paterno. Si sente quasi responsabile di quella creatura sperduta, abbandonata a sé stessa e dispersa nel mare di emozioni che vorrebbe esprimere. L'espressione cambia repentinamente quando Harumi, chiusi gli occhi rispondendo positivamente al consiglio offertole, inarca delicatamente le labbra in un sorriso che lascia trasparire una profonda sensazione di sollievo e soddisfazione. Non può fare a meno di rispondere a quel sorriso con uno altrettanto espressivo, testimoniando tutta la soddisfazione provata nell'essere riuscito a stabilire un collegamento emotivo con quella bambina tanto particolare. <Memorizza questa sensazione. Percepisci e registra ogni cosa che ti fa sentire tanto felice e marchiatela bene nella memoria. Dovrai ricorrere a questi ricordi quando sarai triste per non riuscire ad esprimerti. È un ottimo punto di inizio!> Direbbe, con voce udibilmente entusiasta per il risultato ottenuto. Si sente davvero speciale, adesso. Le parole della bambina, poi, lo colpiscono come un pugnale al centro del petto. Nessuna creatura tanto innocente dovrebbe avere pensieri tanto brutti a quell'età. Per la prima volta l'espressione gli si trasforma in una ben più seria, senza perdere quell'aria paterna ed affettuosa che lo ha caratterizzato fino a questo punto. <Nessuno si allontanerà più da te, Harumi...> Nel dire ciò, allungherebbe il braccio sinistro ad aggiustarle i capelli afferrando una ciocca tra il dito indice e il medio, per poi spostarla verso il lato destro del capo della piccola. <...Ci sono io. E non importa che tu non rida alle mie battute. Il bellissimo sorriso che hai sul volto vale più di cento rumorose risate, che potrebbero persino risultare ben più vuote. Nessuno urterà più i tuoi sentimenti pensando che tu non ne abbia, solo perché non riesci a dimostrarli...> Stringe i pugni, abbassando lo sguardo, che si tinge di una leggera amarezza. <...Non posso proteggerti fisicamente; non sono abbastanza forte per quello, ma ti prometto che nessuno potrà più ferire il tuo animo fragile. Quel sorriso che hai ora, ricordalo sempre e rispondi a chi prova a farti del male schioccandoglielo in faccia.> Il tono rassicurante del giovane deshi, con delle leggere tinte di rassegnazione per via della debolezza fisica appena ammessa a sé stesso, arriverebbe alle orecchie della piccola Harumi, cullandola con il tono pacato e flemmatico. Concluso il suo dire, il giovane Nara si posizionerebbe nuovamente supino, con le dita delle mani incrociate dietro il collo, a formare un piccolo cuscino per evitare fastidiosi dolori. È felice del suo operato. Di aver portato del bene nella vita di quel piccolo spicchio di luna.

21:20 Harumi:
 Il sorriso di Sanjuro è acqua fresca per una gola rossa ed irritata, quel sorso che ti salva dalla disidratazione nel mezzo di un deserto rosso sangue sotto un sole che vuole solo far di te carne alla griglia. Il suo sorriso è speciale e questo lo riconosce persino la bambina sperduta nella sua incapacità di definire la sua stessa persona in quel modo, almeno fino a qualche giorno fa. Ora è la principessa della luna ma che sia speciale o no non le è dato saperlo ancora perché lei si aggrappa solamente alle parole di una voce meschina nel buio. <Se me lo insegnerai tu allora va bene.> si prende quella piccola libertà di creare un legame fra lei e il ragazzo senza chiedere il permesso e far sì che i suoi colori possano allungarsi ancora di più nella loro danza verso il suo bozzolo. Punge la viva curiosità della bambina l’espressione misteriosa del ragazzo Nara e riesce nel suo intento di avere gli occhi perlati su di sé. Un mago venuto dal nulla che ora tesse una trama di misteri e colori, accompagnata da una voce che si abbassa sempre di più, in procinto di rivelarle il più grande segreto dell’uomo. Involontariamente la bambina si sporge di poco verso il ragazzo per non lasciarsi sfuggire nessuna minima parola, per poi ascoltare l’ardua verità di Sanjuro. <Ti annoi.> registra quella risata fatta con gusto con la speranza che un giorno anche lei potrà riuscire a replicarla. <Come mai le persone ti annoiano?> con questa premessa se la bambina non provoca sentimenti di noia in lui, ne consegue che potrebbe ritenersi un po’ speciale per questo fatto. Accade però che uno strano brillio attraversa gli occhi della principessa punta sul vivo con qualcosa di interessante. <Ho deciso che anche io seguire questa strada ninja. Potresti raccontarmi come sono le lezioni?> lui avrà un esame per il quale sente ansia e preoccupazione, di rimando è ovvio che Sanjuro sia ormai alla fine delle sue lezioni. <Sei bravo all’Accademia? Come mai hai deciso questa strada?> senza nemmeno rendersene conto la bambina sfoggia qualcosa che si discosta dalla sua solita apatia e sfocia nella curiosità più infantile e sincera, sebbene siamo ancora molto lontani dal dimostrare qualcosa con le espressioni. <Vuoi un porta fortuna?> spicca quella domanda e poi piomba a picco in un silenzio profondo e lacrime che vengono silenziosamente versate e raccolte dalle dita gentili di Sanjuro. Ora con gli occhi chiusi è riuscita a dar voce a quello che prova ma soprattutto è ancora visibile quel sincero e caldo sorriso che ormai le ha piegato le labbra senza più svanire. Girerebbe la testa in direzione del ragazzo schiudendo le palpebre e osservandolo si fa cullare dai suoi colori che ormai hanno invaso il suo bozzolo arrivando a danzare direttamente attorno a lei, sulla sua pelle. Le parole ancora una volta, dolci e flemmatiche, donano speranza e gioia alle orecchie della piccola principessa che si ritrova ad annuire per poter seguire i consigli tanto donati dal ragazzo. <Allora… come si dice… siamo amici?> l’amicizia ha il colore arancione è calda, vivace e fedele, riempie la testa e il cuore della bambina portandola a muovere lentamente il braccio più vicino a Sanjuro facendolo strisciare verso di lui. La manina aperta arriva fino al braccio di Sanjuro che tiene piegato sotto la testa e con le dita gli sfiorerebbe appena l’arto raggiunto. Osserva il suo profilo senza riuscire a smettere di sorridere e riuscendo a contagiare anche lo sguardo che di colpo sembra farsi finalmente vivo. <La mano… puoi?> una mezza silenziosa richiesta di poter stringere la mano di Sanjuro e in attesa di una sua risposta terrebbe lì vicino a lui la manina aperta col dorso poggiato sul terreno. <Ho capito che sei speciale per me, Sanjuro. Hai visto… che sto vivendo?> consapevolezza che le scalda il cuore e le permette di incrinare quel bozzolo ormai compromesso. L’altra manina invece si muove per posarsi sopra la lunga cicatrice sullo sterno a palmo aperto, in modo tale da poter avvertire il battito del proprio cuor.

21:21 Jin:
 Il volto compiaciuto del giovane Nara nel notare l'ormai profondo legame instaurato con la bimba è impagabile. È riuscito ad estrapolare importanti gesti testimoni della presenza di umanità nella creaturina. Non che ne dubitasse, ma in tal modo potrebbe dimostrare a chiunque la accusi di essere strana che, in fondo, così strana non è. Sorride nuovamente quando la ragazzina, seppur nel suo modo tipico, gli enuncia la propria voglia di apprendere da lui, inviandole le vibrazioni più positive che riesca a generare, continuando ad assumere quell'espressione tanto rassicurante e paterna senza sforzo alcuno. Seppur la conosca da poco, la reputa davvero speciale. La facilità con la quale lei si è insinuata nella sua profonda psiche, con la fragilità e la delicatezza di una farfalla, lo ha lasciato attonito. Tanto da farsi totalmente trasportare in quell'incontro. Gli occhi della bimba si andrebbero a posare, accesi di viva curiosità, sul volto del biondo, che per la prima volta la vedrebbe scaturire un'emozione dalle due iridi perlacee. Accoglie questo sguardo spostando le sue iridi di smeraldo ad ammirare quelle della creaturina albina. La soddisfazione per quella conquista gli si farebbe palpabile in volto, facendo sgorgare fiotti di felicità dai profondi occhi verdi. Sarebbe poi la principessa stessa a sporgersi mostrando attenzione per il dire di Sanjuro, chiedendogli poi molte informazioni, a testimoniare che la vivida curiosità letta precedentemente non era una semplice visione del Nara. <Beh, alcuni adulti mi annoiano perché danno per scontato che avere anni in più equivalga ad avere più esperienza. E non è sempre così. Puoi passare 50 anni chiuso in casa e non sapere nulla del mondo, così come girare il mondo per 20 anni e conoscere diverse culture, diversi stili di vita, capendo molto più di chi è più grande!> Risponderebbe d'un fiato, con un entusiasmo nella voce pari a quello di un bambino che riceve il regalo tanto desiderato dopo aver fatto il bravo per un periodo infinito di tempo. È felice delle domande che la ragazzina gli pone. Lo fa sentire speciale, al centro dell'attenzione e, soprattutto, posto al centro del fantasioso mondo della piccola. <Pertanto, a volte gli adulti pensano di avere ragione anche quando gli si sbattono in faccia prove evidenti, solo perché a contestarli è un ragazzino. È un po' come lavare i maiali. Per quanto tu possa lavarli, andranno sempre a rotolarsi nel fango, rendendo inutile il tuo sforzo. Proprio per questo non mi sforzo nemmeno a parlare con determinate persone.> Terminerebbe il suo dire con un altro sorriso. È ovviamente iperbolicamente estremista nel discorso appena fatto. Sa bene che non tutti gli adulti sono tanto ottusi, ma riguardo al tema non può fare a meno di pensare al proprio padre, tingendo per un attimo il volto di un'amarezza che viene totalmente cancellata quando, alzando lo sguardo, incontra gli occhi della bimba che lo fissano in curiosa adorazione. Ha pronte tante altre domande che lo fanno sorridere di pura gioia. <Oh, vuoi diventare una kunoichi? Saremo colleghi, tra qualche tempo, allora!> Direbbe, assumendo un'espressione serena e felice, per poi prendere un grande respiro e sbuffare, rimembrando la noia provata durante le lezioni accademiche. <Mpfh... Una scocciatura, però i sensei sono tutti bravi. Kaori-Sama è stata la mia prima sensei e mi ha portato lei da Azrael...> Gli occhi del biondo si illuminano d'un tratto nel ricordare la prima discussione nella quale ha realizzato cosa vuol essere, per merito di Kaori ed Azrael. <...Imparerai cose molto utili, altre un po' meno, ma tendenzialmente ti piacerà. Promettimi che manterrai questa curiosità che usi con me. Fai tante domande e mettiti in mostra. Distinguiti dalla massa e mostra di che pasta è fatta la principessa della luna!> Le sorriderebbe nuovamente, accompagnando il gesto con un occhiolino confidenziale, conscio che la bimba possa comprenderlo, senza però poterlo ricambiare. E a lui sta benissimo così. La accetta esattamente com'è. <Modestamente, me la sono sempre cavata alla grande in accademia, solo che è tutto più facile, lì. La vita da ninja inizia una volta ottenuto il coprifronte. Si può rischiare la vita, ma anche vivere intense avventure. Potremmo viverle insieme, un giorno. Proteggerci a vicenda e affrontare insieme ogni difficoltà!> Gli occhi del giovane si alzerebbero al cielo, facendogli assumere l'aria sognante che lo caratterizza da un po' di tempo a questa parte, ogni volta che si parli della vita post-esame. Tiene molto al superamento di quest'ultimo. Vuole combattere per ciò che davvero gli sta a cuore: vuole sentirsi parte del tutto. Alla domanda della bambina sulla motivazione che l'ha spinto a diventare un ninja, il biondo si abbandonerebbe ad un nostalgico sorriso, spostando le smeraldine iridi ad incontrare quelle della bimba. Vuole raccontarle, seppur brevemente, di lui, aprendole completamente il cuore ed investendola con ogni sentimento. <Beh, sai Harumi...> Porterebbe la mano destra, quella impegnata a tergere le lacrime della piccola, dietro la nuca, massaggiandola per aiutare la concentrazione. <...Non sono sempre stato così. Prima non mi importava nulla di nessuno, nemmeno di me stesso. Vivevo da solo e non avevo alcuna intenzione di diventare un ninja. Mio padre era un violento e mi ha cresciuto quasi a distanza, standosene avvolto nel suo manto di menefreghismo. Provavo a risaltare ai suoi occhi, ma non è mai servito a nulla...> La mano destra si sposterebbe nuovamente a carezzare la candida pelle della bimba. Nel farlo, il biondo prenderebbe un grande respiro, per poi continuare il suo dire. <...Poi ho incontrato Azrael ed in lui ho visto ciò che ho sempre cercato. Nel suo essere poco diplomatico, mi ha dato importanza. Mi ha trasmesso il senso di appartenenza alla collettività. È stato da subito come una figura paterna, per me. Per questo ti dico che non è affatto cattivo come sembra.> Le sorriderebbe nuovamente, assumendo l'espressione rassicurante sostenuta per tutto l'incontro, accompagnata questa volta da un'innaturale umidificazione oculare, che porterebbe gli occhi a risultare lucidi. Non può fermare quella reazione fisiologica che scatta quando parla di una cosa che lo coinvolge a tal punto. La sua profonda sensibilità gli impone di avere gli occhi quantomeno lucidi. Assumerebbe un'espressione sorpresa quando Harumi gli offre un portafortuna. Si riprenderebbe poco dopo, sorridendo nuovamente all'indirizzo della piccola. <Ma certo! Anche se, in tutta sincerità, credo tu mi stia portando tanta fortuna al momento. Però, se hai qualcosa che possa ricordarmi di questo incontro, la accetto volentieri!> L'espressione si fa compassionevole quando la ragazzina piomba in un profondo silenzio che vede apparire nuove lacrime dagli occhi serrati. Il dito indice del ragazzo, già intento a carezzarle la pelle per mantenere un rassicurante contatto fisico, andrebbe nuovamente a tergere le stille che cadono dagli occhi di luna di Harumi. Il sorriso le campeggia ancora sul volto. È riuscita a mantenerlo contro ogni aspettativa e questo riempie di gioia il cuore del biondo, che sente di averle fatto sentire del vero bene. Questo si rifletterebbe sugli smeraldini occhi del giovane, ancor più lucidi. La bimba si volterebbe verso il biondo, dischiudendo gli occhi ed osservandolo, per poi esordire con una domanda tanto innocente da determinare la caduta della prima lacrima dal dotto lacrimale destro del giovane. <Ma certo, siamo amici. Per sempre, aggiungerei. È una promessa, piccoletta.> Si lascerebbe andare per la prima volta ad un nomignolo per mettere la firma sul patto d'amicizia appena siglato. La discesa della lacrima che gli riga la gota destra si contrappone al sorriso intenso e sincero che gli dischiude le labbra. Continuando ad osservare la piccola, nota che il braccio destro di questa viaggia, strisciando sul suolo, verso il proprio arto superiore sinistro, quello che usa per poggiare la testa. La richiesta della bambina, lo fa leggermente sussultare. Non sussulta per lei, ma per l'istintività che pone nell'accettare quella innocente richiesta di contatto fisico. <Oh, certamente...> Direbbe, con un'espressione pregna di qualsivoglia tipo di tenerezza, mentre si porrebbe in posizione supina per liberare il braccio sinistro dal peso della testa, per poter donare alla bimba la stretta di mano desiderata. Si stupisce di come una richiesta di questo tipo non l'avrebbe smosso di un millimetro, qualche tempo prima. È felice di ciò che sta diventando. Assunta la posizione supina, poserebbe la mano sinistra sulla destra della bimba, tentando di intrecciare le proprie dita con quelle della bambina, rivolgendo lo sguardo verso il cielo stellato. In quella stretta, stranamente, avvertirebbe anche lui un particolare calore, che non si aspettava di sentire da una ragazzina apparentemente inespressiva, ma capace di esprimere più sentimenti di chiunque altro, nella sua innocenza. Avverte un senso di famiglia a lui ignoto, prima d'ora. La frase che la piccola pronuncia dopo l'intreccio di dita rappresenta, per lui, un colpo di grazia alla sensibilità. Udite le parole sussurrate della principessa della luna, che asserirebbe di sentirsi viva per merito del Nara, quest'ultimo, avvertito un forte pizzicore al setto nasale, si lascerebbe andare ad un pianto di gioia liberatorio ed incontrollato, versando lacrime e, al contempo, ridendo di cuore. Stringerebbe, curandosi di non farle male, la mano della piccola, per poi girare il capo ad osservarne la figura. <Ti sembrerà strano, ma per merito tuo sto vivendo anche io, stasera.> Il sorriso puro e gioioso che interrompe il corso delle lacrime è testimone della bella sensazione che pervade il giovane Nara in questo momento. <E su questa stretta di mano...> Andrebbe a sottolineare il suo dire, stringendo per un attimo la mano della ragazzina più intensamente. <...Ti prometto che farò il possibile affinché tu sia felice.>

21:26 Harumi:
 Una vera e propria rappresentazione di un fulmine a ciel sereno è rappresentata dal giovane Sanjuro che ha rischiarato con uno squarcio la sua vita grigia e stazionaria, illuminandola a giorno per piccoli e brevi istanti permettendola di carpire i reali colori del mondo, i profumi e i suoni che lentamente l’avvinghiano in un dolce danza trascinandola finalmente in quel mondo tanto ambito. Gli occhi perlati della principessa della luna sono ormai rapiti dalla figura del forte e dolce Sanjuro che si dimostra sempre più comprensivo dinnanzi a lei riuscendo a farle riuscire a dimostrare quello che prova. Legge felicità nei suoi occhi ed essa ha lo stesso colore delle iridi del ragazzo verdi e smeraldine che la rapiscono portandola in una distesa di morbida erba dove i fiori sono gemme preziose che rilasciano odori e colori. L’entusiasmo del ragazzo la rapisce così come anche la sua completa essenza che la induce ad osservarlo ed ascoltare con viva attenzione le parole che le vengono donate. Lui le fa dono di qualcosa di prezioso mentre asciuga le sue lacrime, portandola a fidarsi ed emozionarsi in una cascata di sentimenti che riesce a dimostrare tramite un sorriso. Semplice e duratura sorriso fortificato dagli occhi che traspirano emozioni sincere e per questa volta, per questa prima volta, lascia che il bozzolo di apra ancora un po’, dandogli il compito gravoso di far scorgere al ragazzo una parte della piccola principessa che lentamente si sta formando. <L’arroganza ti da fastidio negli adulti. Il loro credersi superiori solo perché più grandi. Ma tu… non hai modo di temere questi adulti, tu sei più grande qui…> si indica ancora una volta il cuore con un gesto elegante e delicato dei polpastrelli che sfiorano la sua cicatrice. <Nell’anima… sei più grande di loro nel cuore.> rispecchia il sorriso di lui e rispecchia il suo sguardo in quello di Sanjuro, si riflette in lui riuscendo a vedere la bambina che è in realtà. Riesce a vedersi e a lasciarsi andare in moto di estrema felicità che si esprime sempre più in quel sorriso che ora non smette di regalare al suo interlocutore. <Sei una stella dai vivaci colori.> lascia che il suo sussurro venga trasportato dal vento fino alle orecchie del ragazzo, pregando il cuore che egli possa comprendere le sue parole che vanno ben oltre ad un semplice ringraziamento. Una carrellata di informazioni riempiono la testa della bambina facendola cadere solo per un istante in uno stato di leggero panico nell’ascoltare tutto quello. Si potrebbe sentire impreparata ad affrontare intere lezioni in Accademia, i sensei, i compagni, le altre persone e le nozioni, perché lei parte da una base estremamente svantaggiata dove non sa le cose che altri normali studenti sanno già quando iniziano. La storia di quel villaggio ad esempio le è oscura e le basi del Chakra non le conosceva nemmeno e ha dovuto parlargliene Kaori, e la bambina crede invece che chi va in Accademia possa vantare di una discreta conoscenza del mondo Ninja, quello che a lei manca. <Non mi farò fermare da niente, Sanjuro. Te lo prometto. Troverò la mia strada… il mio spazio… il tuo pensiero mi aiuterà a dare il meglio di me per dimostrare chi sono… la principessa della luna.> volge lo sguardo al cielo. <Anche se strana e… svantaggiata… posso essere migliore di altri.> non c’è superbia nel suo esprimersi ma solo una grande speranza e un entusiasmo che il ragazzo stesso le ha passato. <Potrei… arrivare al tuo livello. Così da vivere insieme questo mondo.> proteggere lui come lui proteggerà lei, formare un duo di amicizia e già si sente incredibilmente legata a lui come se un filo ora la legasse a Sanjuro. Un filo resistente e molto importante. Si zittisce per lasciare la possibilità al ragazzo di raccontarsi a lei, il che rende quel discorso un dono ancor maggiore, perché lui si apre a lei. Si apre a quella bambina mettendo a nudo se stesso e il suo passato nel quale ha vissuto da solo con un padre violento e distante, un Sanjuro menefreghista e passivo che ha trovato in Azrael quello che ha sempre cercato.

21:26 Harumi:
 [...] Anche la bambina della luna vorrebbe sentire quelle sensazioni soprattutto quel senso di appartenenza alla collettività, il solo sentirsi parte di quel mondo e non un’estranea. <Ora sei così… ora ti stai trasformando nella farfalla che sei sempre stato.> parole enigmatiche e che verranno forse mal comprese, ma come lei che ancora risulta chiusa in quel bozzolo cerca di uscirne per mostrare al mondo le sue ali, ali che invece Sanjuro sta già mostrando apertamente. <Hai delle ali bellissime e i tuoi colori sono meravigliosi.> le dispiace che abbia avuto un passato del genere ma purtroppo la bambina non può comprenderlo perché è estremamente diverso da tutto quello che conosce, ma sa cosa sia il dispiacere. <Non perdere tempo a pensare ad un uomo che non ti merita.> un unico commento al padre del ragazzo che non lo ha mai apprezzato e poi si avvicinerebbe di più a Sanjuro per cercare di dargli un bacio sulla fronte, un gesto inaspettato e sentito. <Il mio porta fortuna per te. Così non ti dimenticherai della principessa della luna.> il sorriso della bambina è ormai consolidato e si mescola al sussurro che prende una piega tanto dolce e imprevista. Richiede la sua mano per stringere quel legame di amicizia ormai pronunciato da entrambi, per renderlo vero e indistruttibile e il muscolo cardiaco della bambina inizia a pulsare sempre più veloce non appena le sue dita trovano l’intreccio con quelle del ragazzo. Una stretta di mano dolce e forte proprio come il ragazzo stesso che pervade di calore la bambina e la rende viva, senza alcun dubbio. V’è un’esplosione di colori da quelle due mani strette che spaziano da ogni genere di tinta, danzano e si intrecciano avvolgendo le loro mani e risalendo le braccia fino a raggiungere i loro cuori. Non si perde nessuna parola del ragazzo e nessuna sua frase e cerca di avvicinarsi di più a lui senza sciogliere la stretta e cercando di portare il suo corpicino a contatto con quello di Sanjuro, raggomitolandosi su un lato e volgendo lo sguardo verso di lui. L’altro braccio si muoverebbe lento a cerca di aggrapparsi con le dita al ragazzo in quello che pare sembrare un abbraccio o una richiesta d’esso, trovando conforto e protezione nella di lui vicinanza. <Su questa stretta di mano… ti considero parte di me e parte del concetto di famiglia che sebbene io non lo conosca, lo sento però col cuore nei tuoi confronti.> non ha un posto dove andare questa notte ma si accontenta anche di poter stare tutte le ore notturne a dormire abbracciata a lui sui monti. <Sei parte di me.> [fine]

22:54 Jin:
 Il vivido entusiasmo che riluce negli occhi della bambina si riflette nell'animo del biondo, da sempre tendente alla malinconia, per via della sua predisposizione all'eccessivo pensare. Si troverebbe invece rischiarato da ogni ombra di tristezza e malinconia, invaso da buoni sentimenti, una felicità immotivata, quasi infantile, che danza in tondo con il sentimento di profondo affetto familiare che si fa spazio prepotentemente nel groviglio di emozioni provate. Le risposte che provengono dalla piccola sono sempre più avvolte da sfumature e tonalità assenti all'inizio del loro scambio, testimoniando come in quella bambina non ci sia nulla di strano, se non una semplice difficoltà a manifestarsi. Lui l'ha subito compresa e, cercando di aiutarla, ha finito per aiutare anche sé stesso, rinvigorendo la propria anima. Sorride intenerito quando la piccola, portando la mano al petto, indicandosi il cuore, gli comunica l'opinione che ha di lui. <Solo una persona con un grande cuore può capire un proprio simile, Harumi.> Direbbe, con tono rassicurante, inviando un nuovo sorriso sincero all'indirizzo della ragazzina, che intanto si diletta a specchiarsi nei di lui occhi. Il complimento indiretto che le invia deriva dal proprio pensiero reale, senza piaggeria alcuna. D'altronde, non avrebbe motivo di adoperare la fine arte oratoria con una bambina tanto innocente. Un altro complimento delicatamente enunciato viene sussurrato dalla bimba, che definirebbe il Nara come 'una stella dai vivaci colori', lasciandosi andare a metafore particolarmente poetiche per l'età. Il biondo le sorriderebbe nuovamente, scostando la propria mano destra, ancora impegnata nell'arginare le lacrime discendenti per le tempie della ragazzina, per posarne le dita indice e medio sulla fronte della stessa, lanciandosi in un complimento di ricambio, certo che sarebbe arrivato con altrettanta poesia. <Se solo sapessi come appari ai miei occhi...> Direbbe, portando lo sguardo in alto, tentando di trovare le giuste parole per descriverle la visione. <...Ti vedo avvolta dall'arcobaleno, ecco. Ed è da quando abbiamo iniziato a parlare che ti vedo sempre più a tuo agio in quell'abbraccio dai molteplici colori.> le direbbe, per poi spostare lo sguardo dal cielo stellato al volto della ragazzina, che non discosta minimamente lo sguardo dal di lui viso. Alle parole del biondo, che le esporrebbe nient'altro che la realtà dei fatti, portando alla luce gioie e dolori dell'accademia ninja, la bimba reagisce in due tempi. Un primo istante sembrerebbe lasciarla interdetta, comprensibilmente. Le parole che scaturiscono dopo quell'attimo di riflessione, però, infondono un profondo senso di soddisfazione nel giovane, che comprende come il suo dire abbia motivato una bambina tanto chiusa a spingersi oltre i propri limiti, iniziando un percorso di crescita lungo il quale avrebbe sicuramente potuto contare sull'appoggio del nuovo amico che, seppur poco esperto, non le avrebbe fatto mancare in alcun modo il sostegno morale e la protezione affettiva. <Così ti voglio, principessa! E durante il percorso, io sarò sempre al tuo fianco. Andremo avanti e ti garantisco che diventeremo i migliori, insieme.> Mette in quelle parole tutta la motivazione necessaria a spostare un pianeta. Vuole che la ragazzina recepisca quanto il biondo crede in lei e nella sua determinazione. Non sarà più sola. Si zittisce la bambina, quando il biondo le si apre completamente dinanzi, svelando le proprie carte, la propria storia e l'evoluzione che l'ha visto trasformarsi dal menefreghista che è sempre stato, al ragazzo disposto a tutto pur di rendere la sua interlocutrice felice. Al termine del racconto, la candida creaturina si lascia andare a delle considerazioni personali. <A te serviva solo quel bellissimo sorriso per rompere il tuo bozzolo. Adesso sei una farfalla arcobaleno.> Le risponderebbe di rimando, assecondandola nei complimenti fantasiosi che solo una mente libera come quella di un bambino può formulare. Quando la ragazzina commenta la figura del di lui padre, il biondo le risponde, con una serena malinconia in volto: <No, non ci penso da quando ho tutto ciò che mi serve, qui.> Le sorride ammiccante, lasciandole intendere di essere parte del ristretto 'tutto' indispensabile per poter vivere una vita serena. L'espressione muterebbe in puro stupore nel notare come la bambina, stendendo il collo verso la fronte del biondo, si lasci andare ad un bacio pregno del più puro affetto, che contribuisce a riempire ulteriormente di lacrime di gioia gli occhi del giovane Nara. <È il più bel portafortuna che potessi darmi, Harumi. Davvero. E no, non potrei mai dimenticarmi di te.> Il climax dell'incontro giunge in quell'intreccio di dita che genererebbe una forte emozione in entrambi, quasi percettibile dalle dita che, in contatto tra loro, permettono all'uno di percepire il battito dell'altra e viceversa. Le pulsazioni di entrambi sono accelerate oltremodo, ma sembra che a nessuno dei due dispiaccia poi tanto. Le lacrime di gioia, che discendono silenziose dalle tempie del giovane Nara, gli renderebbero difficile distinguere le stelle in cielo. Tutta l'atmosfera ilare creata in precedenza con l'inventarsi nomi di costellazioni inesistenti è adesso sostituita da una tenerezza generale, capace di sciogliere il bozzolo di una creatura ancora immatura, rivelando al suo interno la più bella delle farfalle. La stessa aria di tenerezza che permette ad un cervello tanto razionale di liberarsi dai vincoli della ragione e provare un puro sentimento di affetto, impossibile da avvertire quando è la razionalità a prevalere su tutto il resto. Restando nella stretta, la bambina gli si avvicinerebbe, voltandosi verso di lui e portando il braccio a cingerlo in ventre. Seppur con gli occhi sgranati dall'incredulità, il Nara non esiterebbe a rendere più facile l'abbraccio, voltandosi verso di lei, lasciandosi cingere e portando, al contempo , il proprio braccio destro dietro la schiena dell'indifesa creatura. Con il palmo della mano destra cingerebbe allora la nuca della ragazza, avvicinandosela in un caldo abbraccio testimone dell'affetto paterno che il giovane Nara prova per la bambina. <E tu di me.> Sussurrerebbe, con voce profonda, rilassata e sincera, in risposta al dire della principessa. In quella posizione, ritrarrebbe il braccio destro solo per afferrare un lembo del soprabito nero e coprirla, rendendole l'atmosfera quanto più confortevole possibile, per favorirle il sonno. Aspetterebbe allora l'arrivo della fase R.E.M., per sollevarsi pian piano da terra, senza staccarsi dalla creatura, per evitare che possa svegliarsi bruscamente. Tenendola stretta a sé, si alzerebbe, pertanto, per poi avvolgerla completamente nel soprabito nero in lino, quasi provvidenzialmente portato questa sera, solo per non mostrare il pigiama. Con la bambina in braccio, attaccata al petto, compierebbe il tragitto verso casa propria. L'ora è troppo tarda per riportarla da Kaori senza rischiare di disturbarla, con conseguente pestaggio da parte di Azrael, probabilmente. Scenderebbe le scale lentamente, per evitare di cadere, coinvolgendo nell'impatto Harumi. Il percorso verso casa, una volta sceso giù per le scale, lo intraprenderebbe in velocità, per evitare brutti incontri lungo il cammino. Testa bassa e corsa leggera li porterebbero in poco tempo a casa. Aperta la porta di ingresso con l'ausilio delle leve inferiori, entrerebbe in casa, recandosi in velocità verso la propria stanza da letto, ove un piccolo lettino singolo campeggia al centro della parete posta verso est. Il letto è ovviamente in completo disordine, ma non ci si può aspettare poi troppo dal ragazzo, comunque un pigro di prima categoria. Avvicinandosi al letto, adagerebbe con estrema delicatezza la bambina sul materasso, al lato sinistro del piccolo lettino, posandole le labbra sulla candida fronte, in un paterno bacio della buonanotte. Dopo averla coperta alla bell'e meglio con un lenzuolo in cotone, unico pulito raccattato da un'approfondita ricerca nei cassetti del comò in legno, le si siederebbe accanto, osservandola con un'espressione intenerita come mai prima d'ora. L'innocenza della bimba lo lascia senza parole. Non si spiega come una cosa così semplice possa far scaturire sentimenti tanto radicati: vuole migliorarsi per proteggerla, per garantirle ciò che merita. Vuole che i due possano sentire il concetto di famiglia che è stato estraneo ad entrambi fino a poco prima di conoscersi. Preso sonno dopo poco, le si sdraierebbe accanto, riassumendo la posizione precedentemente assunta sul monte dei volti. Non si è mai addormentato con un volto tanto soddisfatto e sorridente. Ed è tutto merito di una piccola creatura che gli ha insegnato più di quanto potesse mai immaginare. [END]

Sanjuro ed Harumi si incontrano in una serata apparentemente vuota per entrambi. Non sanno che da quell'incontro è destinato a nascere il più puro dei legami. Coccole, bacini e tanto diabete, ma a noi piace così. <3