Tenersi compagnia
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Giocata del 06/03/2018 dalle 11:28 alle 19:40 nella chat "Luogo Sconosciuto"
[Camera] Sta dormendo da un sacco di tempo, come se il mondo si fosse fermato per lei, eppure continua ad andare avanti come se nulla fosse. L’ultima cosa che Kusa le ha lasciato prima di andare via da quel villaggio e seguire sua madre Kaori, è stato un regalo da parte della Caccia. Un regalo che l’ha spezzata ancora di più. Kouki vede il mondo ma non può interagire con esso, nell’oscurità della sua mente, relegata in una prigione di vetro ed impossibilitata a fare nulla se non vedere e sentire. La frustrazione nel non poter avere il controllo del proprio corpo è ormai una sensazione alla quale è abituata, ma ora è diverso. Bloccate con lei, in altre due gabbie di vetro ci sono anche Mirako ed Heiko. La seconda delle due è più calma, pare arrendevole ma in realtà è solo più conscia della situazione… ma Mirako, lei no. Mirako è una furia per quasi tutto il tempo, Kouki non può sentirla, le loro voci non si raggiungono, ma lei batte con forza i pugni e i calci contro quella parete trasparente, arrivando anche a sbattere la propria testa. Nessuna delle tre ha il controllo del corpo, bloccate nella testa stessa della Yakushi, ma consapevoli che prima o poi usciranno nuovamente da lì. Perché la Caccia ha fatto una cosa simile? Kouki non sa se provare odio o qualche altri tipo di sentimento, al contrario di Heiko, che invece sembra quasi sollevata dalla situazione, pensando al bene della personalità dominante, principale, ovvero Kouki. Mirako invece è carica di odio e rabbia, un po’ come al solito insomma. Ma chi governa quel piccolo ed esile corpo, ancora una volta sottopeso, fragile e delicato? Un’altra personalità, la quarta, la nuova nata dalla Caccia, o meglio da una donna che ne fa parte. Nathair, uno strano nome da scegliersi, ma completamente in linea con la Caccia a quanto pare. La quarta personalità è ben diversa dalle altre, non solo nel carattere, ma lei è libera, controlla il corpo e può parlare con le altre come e quando le pare. E’ lì perché ha un compito ben preciso, mettere chiarezza nella mente di Kouki, fare in modo che lei veda e senta senza l’influenza delle altre due personalità... senza rendersi conto, però, che comunque c’è Nathair stessa di mezzo. In ogni caso la piccola si trova a casa di Kaori, e non può fare niente al momento per riprendere il controllo del proprio corpo, di conseguenza il campo è libero per la nuova personalità più infantile e dispettosa, la quale non soffre proprio per niente per tutto quello che è accaduto, nonostante conosca la situazione, dato che condivide la testa di Kouki. <Non è male, dai, prendetela come una vacanza!> esclama dal nulla la ragazzina, la vocina decisamente infantile e leggera, mentre si stiracchia con gusto nel proprio letto. È sveglia già da un po’ in realtà, solo che ha preferito rotolarsi nelle coperte ancora un po’, andando ad intricare tra loro i lunghi capelli neri come la pece, che ora risultano più che spettinati. Non ha idea di dove sia Kaori, dato che non è ancora uscita dalla sua stanza, quindi potrebbe essere ovunque. Indossa un semplice pigiama comodo di colore azzurro, e nessuna benda a coprirle il corpo, quindi tutte le cicatrici e le bruciature sono ben visibili dal collo in giù, dove segnano ogni centimetro del suo corpo, senza tregua. Anche se ovviamente al momento sono nasconde dal pigiama, e quindi solo il collo è un cruento spettacolo. Pelle pallida, occhi gialli, lineamenti più delicati ed infantili ora, mentre l’espressione risulta allegra e decisamente vivace. Ride, divertita, dopo la frase appena detta, nel sentire o vedere le reazioni di Kouki e le altre bloccate. Ma lei può sentire e comunicare solo con Kouki. In ogni caso non sembra avere nessunissima intenzione di alzarsi da quel letto al momento, rimane a fissare allegramente il soffitto, mentre le sue cose e i suoi vestiti risiedono in un’altra parte della stanza, probabilmente i vestiti in un armadio e il suo equipaggiamento su una scrivania. <Certo che sei bella complicata, nh? Pure malata!> continua a chiacchierare come se nulla fosse, alludendo all’infezione che scorre nel suo sangue, e alla quale deve trovare una cura se non vuole trasformarsi in un mostro senza senno. Un gridolino viene emesso dalla sua bocca, poco prima di sollevare le coperte con braccia e gambe, e poi rintanarsi sotto di esse, creando un piccolo boccolo e nascondendosi totalmente. Ride ancora una volta, decisamente divertita. [Chakra Off] Ha appena trascorso una lunga giornata, culminata in una serata splendida e capace di far scemare ogni tensione dal corpo del Dainin. Adesso, però, ci sono nuove cose da fare. Ciondola per i corridoi di una dimora che non gli appartiene, ma la cui padrona è ben contenta di dividere con lui in quelle ore che hanno disponibili da passare assieme, tra un’emergenza in Ospedale, una lezione in Accademia o della burocrazia da sbrogliare nella Magione dell’Hokage. E il Nara… cosa fa? Per il momento nulla di rilevante, vive la propria vita alla giornata, soddisfacendo tutti i propri bisogni nel momento stesso in cui vengono recepiti dalla propria mente. Indosso non porta nulla se non un paio di pantaloni in stoffa neri, retti in vita da una cintura di cuoio. È a piedi scalzi ed il busto è nascosto da un fitto sistema di bende bianche che occultano alla vista sia i pettorali che entrambi i bicipiti, fino alla loro perfetta metà, onde rendere invisibili all’altrui vista sia il marchio che gli segna il pettorale sinistro, sia il tatuaggio degli Anbu che campeggia sul lato esterno del bicipite dallo stesso lato. Passa attraverso lo spazio che segna il corridoio al piano superiore dell’abitazione, il chakra è attivo ed il Nara ha con sé solo qualche fuuda bianco ed un pennino, per permettersi di utilizzare una specifica tecnica che potrebbe essergli d’aiuto, data la situazione che gli è stata esposta da Kaori. Nel passare dinanzi la camera di Kouki non potrebbe che drizzare le orecchie a raccogliere qualche flebile suono. < Deve essere qui… > Sospira, andando a ravviare con la mancina il folto crine corvino che, immediatamente dopo aver perso il contatto con la mano, ricade ad incorniciargli perfettamente il volto diafano e curato, pulito in ogni sua minima sfaccettatura, dalla cura della pelle, alla barba sapientemente tagliata a formare solo un trangolo rovesciato che gli decpra dal labbro inferiore sno al mento. S’arresta di fronte la porta oltre la quale ha percepito una presenza muoversi, quindi solleverebbe la destrorsa ed andrebbe ad impattar con le nocche contro la superficie, non troppo forte da esser fastidioso, ma abbastanza da essere udibile. < Si può? > Chioserebbe in tono deciso e chiaro, attendendo una risposta per potersi, dunque, inoltrare al di là dell’uscio ed assicurarsi di aver, a questo punto, trovato la figliastra di Kaori, con la quale ha bisogno di parlare. [ Chakra ON ] [Camera] Se ne sta raggomitolata sotto le coperte, al caldo, creandosi una sorta di nido che le procura una certa sicurezza. Mugugna qualche parola soffocata, senza darle nessuna forma, senza dire per forza qualcosa di particolare, solo mugolii. Le piace stare lì, è tranquilla, ma niente potrebbe turbare quella personalità nuova di zecca, imposta da qualcun altro e non creata da Kouki stessa. <Non voglio alzarmi, non ne ho voglia!> continua a mugolare con tono capriccioso, tenendo a tutti gli effetti una conversazione con Kouki. Non sarà una convivenza facile, no di certo, soprattutto perché non sembrano andare molto d’accordo per via del carattere decisamente diverso ed opposto. <Non mi importa cosa vuoi tu, al momento scelgo io.> canticchia quelle parole come se per lei fosse tutto un gioco e in effetti è proprio così. Si raggomitola ancora di più emettendo altri suoni poco comprensibili, ma qualcosa, o meglio qualcuno, interrompe quel suo ‘gioco’. Qualcuno bussa alla porta della stanza, ma prima che lei possa pensare a Kaori, ecco che alle sue orecchie arriva ovattata la voce di un uomo. Una voce che non conosce e che inevitabilmente mette in allarme Kouki, e di conseguenza il corpo si ferma, immobile. Per lunghi istanti la piccola sembra voglia fare finta di non esistere, il respiro aumenta solo perché risente del nervosismo di Kouki, ma in realtà Nathair non ha nessun motivo per sentirsi in questo modo. Fa quindi capolino con la testa da sotto le coperte, mettendosi seduta nel letto, e lasciando che il lenzuolo scivoli dal suo corpo facendola uscire dal nido. Seduta sulle ginocchia, col visino voltato verso la porta, andrebbe a sorridere incuriosita, per poi finalmente rispondere a quella voce. <Prego, entra pure!> la voce alta, allegra e sicura, questa personalità trova l’opposizione di Kouki, la quale avrebbe preferito prima chiedere chi diamine ci sia oltre la porta, e forse armarsi per essere più sicura. Quindi fa sentire la sua voce. Armati, impasta il chakra. Potrebbe essere chiunque, un maniaco, un ladro, qualcuno con cattive intenzioni… anche se così fosse di certo non chiederebbe il permesso di entrare, ma se fosse un pazzo? Difficile che i pazzi agiscano con una logica. <Ah, taci e rilassati! Non vivo nella paranoia io!> scuote la testa e muove una mano come a scacciare delle mosche invisibili, non dando peso alle critiche imposte dalla voce di Kouki, e tenendola relegata nella sua gabbia di vetro. Rimarrebbe quindi seduta nel letto, col sedere sui talloni e le gambe piegate, stando inginocchiata sul materasso quindi, schiena dritta, sguardo curioso e vivace puntato sulla porta, in attesa di vedere chi potrebbe mai entrare in quella stanza, nella casa di Kaori. [Chakra Off] Non sa molto di quella situazione che sta per affrontare, gli è piuttosto ignoto quello con cui andrà ad incontrarsi o, addirittura, a scontrarsi. Tutto quel che sa è il nome della personalità dominante, della persona principale e di quella che la sta muovendo contro la propria volontà, attualmente. Kouki e Mirako. Non ha nemmeno idea se siano le uniche e non l’avrà finché non avrà avuto possibilità di studiarla, di parlarci. Non vivono due situazioni analoghe, ma la presenza di Yami nella testa del Nara lo fa sentire affine a quella che – alla fine dei conti – è solo una bambina traviata da sfortunati eventi. Queste sono le uniche cose di cui è a conoscenza, a giudicare dalle parole che la Hyuga ha spesso nei suoi riguardi. Parole di sincero affetto e preoccupazione. Ne sente la voce in quell’invito ad entrare ed in quel- parlare a se stessa. < Andiamo bene. > Sussurrerebbe, praticamente inudibile, poco più che un pensiero che esce dalla propria bocca in un tono talmente sommesso che difficilmente oltrepasserà quella porta ancora chiusa. Una volta essersi assicurato di avere il permesso di addentrarsi all’interno della camera, andrebbe semplicemente a sospingere la porta, per mostrarsi, avanzare un unico passo nella stanza e richiudere la stessa alle proprie spalle. Gli occhi nero pece resterebbero per qualche secondo impegnati nell’atto di studiare la piccola figura inginocchiata sul letto. Non gli par altro che- una bambina. Certo, marchiata da segni di indelebili ingiustizie, ma pur sempre una bambina. Punterebbe con le proprie iridi d’onice quelle gialle di lei, inclinando leggermente il capo sulla sinistra ed allargando le labbra nel sorriso più amichevole e rassicurante che riesce a tirar fuori in quel momento. < Ciao. > Pronuncerebbe, con tutta la serenità e la calma di cui dispone, impegnato nell’atto di non metterla sull’attenti senza motivo. Quella che ha davanti non è esattamente quello che si aspettava. Da come gliel’aveva descritta Kaori si attendeva una ragazzina aggressiva, ostile, profondamente agitata anche solo dal semplice fatto che il Nara le sta rivolgendo la parola e si è palesato nel suo intimo spazio privato. Gli appare, invece, affabile e gentile, vivace ed infantile, come sarebbe normale che sia. Ha avuto la fortuna, probabilmente, di averla interrotta in uno dei momenti buoni, in cui ha il controllo di sé. Almeno questi sarebbero i pensieri e le impressioni iniziali, dati dal solo averla sentita parlare più con se stessa che col Nara e dall’aver analizzato il di lei sguardo e la posizione così spontanea e per nulla iniica. < Io sono Azrael, ma puoi chiamarmi Az se preferisci. > Continuerebbe a mantenere quella tonalità gioviale che raramente gli appartiene, ma che, per un motivo o per un altro, dovrebbe essere oramai abbastanza bravo a sostenere, tra una missione sotto copertura e l’altra. Fingersi diverse persone, spesso, ti rende uno, nessuno e centomila. Un concetto che – per quanto ne può pensare al momento – li rende molto vicini ed affini, sebbene per Kouki sia una condizione forzata, non una scelta dettata dalla necessità di sopravvivere. < Sono un amico della mamma, giravo per casa, ma mi annoiavo a star da solo, quindi ho pensato di entrare a far due chiacchiere. Ti va se ci teniamo compagnia? > La mancina andrebbe, dunque, dietro la nuca a grattar l’attaccatura dei capelli con fare piuttostto infantile ed imbarazzato a propria volta, degno solo di chi non è molto portato per il comunicare coi bambini, ma che nella propria vita è stato costretto a farlo più e più volte. Avere due figli, di cui uno naturale, sarà pur servito a fargli guadagnare, anche solo vagamente, la capacità di trattare con chi è molto più piccolo di lui, no? Si spera. < Come ti chiami? > Chiederebbe infine, se e solo se la piccola non si fosse mostrata restia a continuare quella conversazione appena abbozzata, che ancora non ha un vero e proprio punto d’arrivo o una direzione ben segnata e precisa. E, magari, chiedendole il proprio nome potrà capire effettivamente con chi sta avendo a che fare. [ Chakra ON ] [Camera] Mirako ed Heiko? Loro non sentono e non vedono nulla del mondo esterno, a differenza di Kouki, e nemmeno possono comunicare con la personalità Nathair che ora controlla il corpo. Ondeggia un pochino su se stessa, da un lato all’altro, nell’impaziente attesa che chiunque sia oltre la porta faccia il suo ingresso. Chi aspettarsi? Proprio non lo sa e non può saperlo, dato che non ha il dono di prevedere il futuro, ma nulla le vieta di fare qualche supposizione. Un vicino di casa? un amico di Kaori? Niente più, Nathair non è una che si fa troppe domande o che si perde in ragionamenti come Kouki. La sua attesa finalmente ha una fine non appena la porta si apre e permette ad un uomo di entrare. Capelli neri, occhi neri, con indosso un paio di pantaloni neri e basta. Il torso coperto da tutta una serie di bende che fanno reagire Kouki nella propria gabbia di vetro. Un sussulto. Nathair continua ad apparire sorridente ed affabile nel mentre che lo osserva, inclinando anche lei la testolina da un lato come se volesse imitare l’altro in modo tenero e giocoso. Intanto nella mente della piccola Kouki si agita, si irrigidisce, prova un moto di apprensione nel vedere quei bendaggi che automaticamente le fanno ricordare se stessa. I lunghi capelli che arrivano fino al materasso sono in completo disordine, ciocche che si aggrovigliano fra loro stesse e ciuffi sparati in aria. <Ciao!> risponde al saluto in modo allegro e nel mentre ignora le proteste di Kouki con un candido sorriso. Le sembra un tipo a posto, amichevole, sorridente, simpatico, non riesce proprio a capire il motivo di tanta paura da parte della Yakushi bloccata. <Sembri a posto.> pronuncia verso di lui, ma andando anche a rispondere alle preoccupazioni della padrona del corpo. Rimane a fissarlo, di sicuro non con la stessa intenzione di analizzarlo che ha Kouki, ma semplicemente perché è incuriosita da lui e ne ascolta la presentazione. <Az… rael? Che nome complicato! Mi sa proprio che ti chiamerò Az di sicuro!> appare decisamente a suo agio, come se stesse parlando con un amico di vecchia data, senza farsi domande o preoccupazioni, ma ridacchiando di tanto in tanto, gioviale, mostrandosi come dovrebbe mostrarsi una bambina alla fin fine. Di sicuro alle parole successive Kouki avrebbe da fare più che un commento. Un amico? Se fosse solo un semplice amico non si aggirerebbe per quella casa come se fosse sua, addirittura scalzo e a torso che si può definire nudo. Quella sua disinvoltura indica che c’è un rapporto di estrema di fiducia da parte di sua madre nel lasciarlo girovagare in quel modo. Quindi potrebbe essere un amico di infanzia, un migliore amico, ma non solo un amico. E se fosse di più? Kouki vola con i propri pensieri e ciò inizia a farla sentire non proprio bene. La frustrazione vien fuori e colpisce con un pugno quella parete di vetro nel tentativo di farsi sentire da Nathair. Ma se Kouki si perde in speculazioni, colei che governa il corpo non lo fa ed ignora quei ragionamenti. <Mi stai facendo venire il mal di testa, è un amico, non c’è bisogno di farla lunga!> di sicuro non ha problemi a parlare tra se e se, o meglio con chissà chi, ad alta voce, cosa che invece le altre personalità un po’ si premuravano di non fare. Totalmente disinvolta la piccola torna a sorridere verso l’uomo, scuotendo appena la testa ed alzando appena gli occhi al cielo. <Puoi stare con me se ti va, mi piace parlare ed avere compagnia! Comunque io mi chiamo Nathair, piacere!> andrebbe persino ad allungare un braccio verso di lui, porgendogli la manina ed attendendo che essa venga stretta come si vuole in una presentazione. Almeno da quello che pensa lei. <Ti dispiace se ti faccio qualche domanda da parte di Kouki? Perché se no non riuscirei a sopportarla con tutto quel suo parlare e sbattere! Per esempio… come mai porti delle bende? Anche lei le porta sempre, ma non io, è scomodissimo avere sempre il corpo fasciato! Non trovi?> parla veloce, a macchinetta, qualcosa che non è mai appartenuto a nessuna delle sue personalità. <Kaori è in casa? Questa è una curiosità mia invece!> si lascia andare ad una piccola risata, lasciando scegliere all’uomo se sedersi o meno, ovunque lui voglia. [Chakra Off] Ascolta e osserva. Osserva e ascolta. Non è di certo la persona migliore per cimentarsi nel ruolo di psicoterapeuta in favore di una personalità disturbata, avendo egli stesso qualche piccolo problema comportamentale. Insomma, tra il sadico piacere nell’infliggere dolore e la totale spersonalizzazione che ne consegue quanto si trova nell’atto di far del male a qualcuno o anche solo nella mera posizione di esercitare potere e controllo, ma- di certo non sta minimamente pensando di poter anche solo tentare di “guarirla”. Vorrebbe solo tentare di comprenderla, di darle un supporto morale, di farle abbracciare i propri scompensi e, chissà, magari governarli. Nemmeno tanto per Kouki, in verità, non è uno spassionato gesto di altruismo verso una persona che nemmeno conosce, è più che altro una brama egoistica, di potersi vantare di averla aiutata, oltre che al più sano e genuino desiderio di far felice la Hyuga. Accoglie in silenzio tutto ciò che l’altrui voce ha da offrirgli, senza mai interromperla o mostrarsi stranito, nemmeno quando la bambina inizia a dialogare con se stessa, nemmeno quando gli si presenta con un nome diverso da quello – o meglio, quelli – con cui il Nara si aspettava di doverla chiamare. Né Kouki, né Mirako. Non che lo sconvolga più di tanto il fatto che vi siano più personalità di quante la madre gliene avesse descritte. Solo alla fine del di lei dire andrebbe ad avanzare qualche passo, lento e privo di alcuna accezione brusca, un po’ come se volesse evitare di scatenare in lei reazioni violente ed ostili. Come ad ammansire un animale, insomma. Le tende la mano, stringendo quella più piccola di lei contro il proprio palmo, senza imprimere alcuna forza nello stringerle le falangi attorno al dorso. < Lo so, è complicato, ma- i nomi non si scelgono, dico bene? > L’ennesio sorriso gentile le viene rivolto, sempre nel mantenersi e, di conseguenza, mantenere la situazione il più rilassata e giocosa possibile. < Anche il tuo nome è piuttosto particolare, però mi piace. Potrei chiamarti Nat, mh? > Propone, lasciando ricadere il braccio teso in precedenza per stringerle la mano lungo il fianco. Sposta lo sguardo verso il materasso, così più grande rispetto a lei, perfetto per fargli guadagnare una posizione più comoda. Vi si accomoda, senza addossare troppo la propria figura a quella della Yakushi, ma tenendo sempre il capo volto ad osservarla, per non perdersi nemmeno uno dei dettagli che il comportamento dell’altra ha da offrirgli. < Oh, siete più di una? > Chiosa al sentir finalmente nominare la reale persona per cui, adesso, si trova lì, in quella stanzetta. < Beh, allora piacere di conoscere anche te, Kouki. Sarò più che felice di rispondere ad ogni tua domanda, non agitarti. > Il capo viene inclinato nuovamente verso la spalla, le labbra sempre distese e tutti i tratti del viso perfettamente rilassati, per non lasciar trapelare alcuna traccia di disagio che, comunque, non c’è. Non è per nulla sorpreso, a grandi linee si aspettava esattamente una conversazione di quel genere, deve soltanto cambiare un po’ i toni, data la sua iniziale aspettativa di doversi confrontare con una personalità ben più aggressiva. < Porto queste bende perché ogni ninja riporta, in un modo o nell’altro, i segni del proprio lavoro sulla pelle e, di conseguenza, non vorrei spaventare nessuno coi miei. > Non che le proprie siano ferite, ma, di certo, è qualcosa che potrebbe impressionare o spaventare, appunto. < Ma non c’è nulla di male nel mostrare questi segni come fai tu, trovo che ti rendano ancor più interessante. E non c’è nemmeno nulla di male nel volerli coprire come fa Kouki. In fondo ognuno è diverso, no? > Piuttosto ironico quel suo commento, considerando la situazione che, in qualunque cosa stia proferendo, cerca di far passare come completamente normale, anche per invogliarla a dargli quante più informazioni possibili. < Kaori, uhm- > Abbassa lo sguardo al pavimento unicamente per riflettere su cosa dire in questo momento. Dirle che è in camera sua, ancora stesa a letto, non gli sebra davvero opportuno. < Forse dorme ancora o magari si sta preparando per il lavoro, è davvero una donna impegnata. > Risponde, infine, rialzando gli occhi scuri nuovamente sul viso della bambina, per non mostrare l’intento vago di quella risposta. < Se avete qualunque altra domanda da farmi, ditemi pure. Ma- vorrei sapere io una cosa, adesso. Siete sole o c’è anche qualcun altro? > Altra domanda posta al fne di, quantomeno, cercare di tenere il conto delle personalità che affollano la mente della piccola Kouki. [ Chakra ON ] [Camera] Continua ad osservare l’uomo che si ritrova davanti senza aspettarsi niente di particolare, e mostrandosi semplicemente curiosa nel voler sapere qualcosa di più su di lui. Il nome lo sa, il motivo per il quale è qui… sarà una domanda, ma dato che è un amico di Kaori, la risposta sarà più che scontata. Continua a sorridere sincera la bambina, estremamente infantile rispetto alle altre personalità, più divertita, giocosa, rilassata. Nessuno ha mai pensato di guarirla, ma solo di limitare i danni, cercare di farla stare bene con se stessa e cose simili, ma per una guarigione, a parte la parte psicologica, ci vorrebbero dei sani farmaci che ora non ha. Pur essendo lei stessa un ninja medico, ironico. Gli stringe la mano con forza, per quanta forza potrebbe avere lei, una stretta tranquilla e sicura quindi. Alle prime parole che sente sul fatto che i nomi non si scelgono, la piccola si lascerebbe andare una sonora risata, per niente offensiva, anzi, è genuina e cristallina. <Io me lo sono scelto il nome! E anche le altre per quel che so, se lo sono scelte loro!> a parte Kouki, dato che il suo nome le è stato dato dai mercanti che l’hanno trovata ed accolta. Il suo vero nome probabilmente non se lo ricorderà mai, ma nemmeno le è mai interessato, nemmeno ce lo aveva al laboratorio dato che aveva un codice. <Il mio è un nome da cacciatrice, come è giusto che sia! Nat però mi sta bene, mi piace!> si sbriga ad aggiungere entusiasta, saltellando appena sul posto e smuovendo il materasso. Le manine vengono mosse per andare a toccare i propri capelli e smuoverli nel vano tentativo di dare loro un ordine, con scarsi risultati… insomma, riesce solo ad incastrarsi le dita e a tirarsi i capelli. <Ahi!> mugugna gonfiando le guance e mettendo il broncio, e mentre lui si siede sul materasso ad una distanza ben accetta da Kouki, poco da Nathair, la ragazzina si alzerebbe di scatto andando a posare i piedini nudi dalle piante bruciate sul pavimento. Gli occhi si muovono veloci alla ricerca di qualcosa, così come il corpo che si avvicina alla scrivania. <Kouki può sentire e vedere, ma non interagire con l’esterno. Però ci posso parlare io, ho un ruolo importante da portare a termine!> parla senza avere nessun tipo di freno, andando finalmente a mettere mano su una spazzola, e non una qualsiasi, ma la spazzola che Kaori aveva regalato a Kouki molto tempo prima. Inizia così la sua personale lotta nel pettinarsi i lunghi capelli intricati, mettendoci tutta la determinazione di questo mondo. <Lei è molto agitata, non le piace come mi comporto. Dice che sono… uhm… troppo sprovveduta, crede che tu possa essere un maniaco o cose simili!> afferma ridendo, tra un gemito di dolore e l’altro mentre si tira i capelli con la spazzola. <Ma sei solo Az, un amico di sua madre!> afferma in maniera del tutto semplicistica per poi ascoltare le sue parole riguardo ai bendaggi, che rivelano nulla di così sconcertante in effetti. Continua a pettinarsi dunque, così facendo mette a nudo anche il retro del collo per qualche istante, là dove è inciso col fuoco, scarnificato come un marchio, il codice ‘E-001’. Il suo nome originale in effetti. Ascolta comunque con cura quello che le viene detto fino a quando non si stanca di lottare contro i nomi e ripone le braccia lungo i fianchi, lasciando però la spazzola incastrata tra i capelli, sulla testa. Non ce la fa a tirarla fuori senza farsi male, probabile che la lascerà lì. <Se non c’è niente di male allora mostrami i tuoi segni!> afferma in maniera allegra avvicinandosi con qualche saltello all’uomo, arrivando davanti a lui e fermandosi davvero ad una misera distanza, tanto che potrebbe toccarlo se solo alzasse un braccio. Una distanza che non piace a Kouki, la quale continua a sbattere i pugni contro quella sua prigione di vetro. Che abbia paura o che provi rabbia, non è dato saperlo, sa solo che vorrebbe uscire e riprendersi il proprio corpo. <Tanto io non mi spavento!> afferma sicura di sé, nonostante possa sembrare che prenda tutto come un gioco, forse c’è anche uno stralcio di verità in ciò che dice alla fine. Alza un attimo gli occhi verso l’alto nell’apprendere che Kaori potrebbe dormire o fare qualsiasi altra cosa senza preoccuparsi di Az che gira per casa sua a quel modo. <Uhm… capito!> si limita a scuotere la testa e rimane davanti a lui, andando a tentare di poggiare le proprie mani sulle ginocchia di lui, così si sporgerebbe un poco verso l’uomo, avvicinando il viso al suo con fare innocente e divertito, guardandolo dritto negli occhi senza nessuna paura. Kouki al contrario vorrebbe solo mettere distanza fra lei e quello sconosciuto. <Io ho il controllo. Kouki, Mirako ed Heiko sono rinchiuse qui dentro!> una manina si solleva per indicare la propria tempia. <Ma Mirako ed Heiko non riescono a sentire e vedere, come ti ho detto ho un compito, finito il quale probabilmente scomparirò! Ma penso che anche Heiko potrebbe sparire se Kouki riuscisse a riprendere la propria sicurezza ed avere più equilibrio!> tutte loro aiutano Kouki in qualche modo, con un’eccezione particolare per Mirako, la quale non solo aiuta la Yakushi, ma a volte anche la danneggia. Infine tace, attende ancora di vedere i segni di Az sotto quelle bende. [Chakra Off] Più avanza in quella conversazione e più ci pensa. E più ci pensa, più arriva a delle conclusioni sulla faccenda. Sono quattro, in tutto. Ne ripete i nomi nella propria mente. Kouki e Mirako, quelle di cui sa più cose, sebbene non ha ancora avuto l’occasione di parlarci. Heiko, di cui non sa assolutamente nulla, né per sentito dire né tantomeno per esperienza personale e poi- poi c’è quella con cui sta parlando in questo momento, che per ora è più che dominante. < Allora che Nat sia. > Rincara così quel suo apprezzamento verso il nomignolo confidenziale che si sono accordati di utilizzare. Di lei sa che, parlando di atteggiamento, è una bambina vivace e curiosa e che ha un… compito? Questa è la cosa più imortante su cui il Nara sente di doversi soffermare attualmente. Quando avrà portato a termine questo famigerato compito potrà andarsene e lasciar prendere aria al povero cranio della Yakushi. Ne osserva i movimenti, anche nel vano tentativo di rimettersi in ordine, di pettinarsi e gli occhi scuri non possono che soffermarsi su quella scarnificazione, quel codice che – a primo impatto – gli verrebbe da ricondurre alle precedenti esperienze in laboratorio di cui ha sentito parlare la Hyuga. Il solo pensiero che lei prima non fosse altro che quella futile sequenza di numeri e lettere, senza neanche un nome, lo riempie di tristezza e si collega ben preso all’idea che, dopo tutto ciò che la piccola ha dovuto passare, quel viscido individuo – fin troppo poco meritevole d’esser definito uomo – l’ha volontariamente abbandonata. E dalla tristezza si passa alla rabbia, una rabbia che gli distorce per qualche frazione di secondo il viso, portandolo ad abbozzare qualche accenno di tosse, portando la mancina chiusa a pugno davanti le labbra, prima di tornare gioviale come da quando è entrato nella stanza, in modo che quel breve spasmo non sembri nulla più che un semplice riflesso del colpo di tosse, appunto. < Se vuoi posso pettinarti io, non ti farò affatto male. > Propone in sua direzione, attendendo che lei, poi, gli si posizioni di fronte e gli chieda di mostrarle quel che è coperto dalle bende. Bel problema. Non è assolutamente il caso di mostrare il marchio ad una bambina. Potrebbe riconoscerlo, avendolo – forse – visto in precedenza sul corpo del padre, di Raido. Così come è stato con Kaori, insomma. Potrebbe non bersi la storia che sia unicamente un tatuaggio. Eppure non si scompone affatto, anzi, sorride e tenterebbe di allungare le braccia per cingerle i fianchi, sollevarla da quella posizione e ripoggiarla coi piedini al suolo < La mamma potrebbe arrabbiarsi se scopre che ho tolto le bende, mi ha permesso di girare senza maglietta a patto che io le tenessi addosso. Ma visto che siamo amici, sarà il nostro piccolo segreto, d’accordo? > Ne attenderebbe una risposta affermativa, prima di alzarsi e voltarsi, dandole le spalle e la schiena. Socchiuderebbe gli occhi, pensando e ripensando al modo perfetto per uscire da quella situazione e poterne, al tempo stesso, trarne vantaggio. < Però se io ho un segreto con te, tu dovrai dirne uno tuo a me. Alla fine è un po’ come un gioco, mh? Ora- non sbirciare che ti faccio vedere cosa c’è qui sotto. > Si assicurerebbe che lei non si sporga o non possa vederlo, mentre le leve superiori andrebbero al petto, per dar l’idea che sia, appunto, rimuovendo i bendaggi, ma – in realtà – starebbe eseguendo il sigillo della capra all’altezza di quelle bianche stoffe. Il chakra verrebbe mosso in modo tale da avvolgerlo, da diventare una sottile patina invisibile attorno a sé, fuoriuscendo dagli tsubo che gli riempiono il corpo e ne rendono possibile l’utilizzo. Esso verrebbe plasmato in modo tale da seguire un preciso disegno presente già nella mente del Dainin. L’apparenza lo vedrebbe con le bende aperte, sciolte, ma l’aspetto del fisico sottostante non sarebbe il reale, bensì un più generico corpo dalla carnagione della stessa identica tonalità di quella dell’utilizzatore, diafana e perfettamente curata, le uniche particolarità visibili sarebbero due grosse cicatrici ad incontrarsi ad X sullo sterno, deformando la continuità di quella candida distesa di cute, risultando acor più bianche del loro sfondo. Solo a quel punto, compiuta la tecnica che avrebbe portato a termine unicamente qualora non avesse sentito movimenti alle proprie spalle da parte della Yakushi, andrebbe a voltarsi, riportando prima le leve superiori distese lungo i fianchi, con un < Ta-daaaaa! > Ricco di infantile enfasi. < Ora, qual è il tuo compito? E che cosa cacci? > Le chiederebbe, continuando a guardarla per assicurarsi che non abbia notato alcunché a parte ciò che l’uomo ha voluto effettivamente mostrarle. [ Tecnica della Trasformazione | Chakra ON ] [Camera] Si sono accordati sui rispettivi nomi, lui sarà Az e lei sarà Nat. Niente di più semplice e divertente alle orecchie della piccola, la quale si ritrova a ridacchiare senza un apparente motivo. Non sa nulla di quell’uomo eppure non ha problemi a mostrarsi più che amichevole con lui, a lasciarsi andare e a parlare come se nulla fosse. Si permette anche di prendersi qualche confidenza, anche se per il momento tutta la sua concentrazione va a quell’azione di pettinarsi i capelli. Fallita, la spazzola rimane incastrata e lei si limita a gironzolare davanti all’uomo fino ad arrivargli davvero vicina. Dall’interno della sua gabbia Kouki non può accettare quella vicinanza e quel comportamento, non può permettere che il proprio corpo venga messo in pericolo, eppure a Nathair non sembra interessare. Infantile e stupida. <Oh, se sei capace di pettinarmi accetto volentieri! La mia è una battaglia persa e ho poca pazienza!> saltella sul posto senza nascondere la propria felicità, dando il consenso all’uomo di pettinarle i capelli, un gesto decisamente intimo, almeno dal punto di vista di Kouki, che la stessa Yakushi ha sempre accettato solo dalle persone delle quali si fida. Sua madre Kaori, sua madre Fumiko… un tempo anche da parte di Raido. Non può fare a meno di sorridere invece quando viene presa per i fianchi e sollevata appena, trovandosi decisamente a suo agio in quel gesto, divertita, almeno per quanto riguarda Nat, perché Kouki dalla sua mente si irrigidisce. Sbianca, prova ribrezzo e non sa nemmeno il motivo esatto, ma quel contatto è tale da far incrinare leggermente quella gabbia di vetro. Un rumore sottile che però non sfugge alle sue orecchie e gli occhi si fissano in quel punto incrinato. Dall’esterno colei che domina il corpo si blocca di colpo. Quell’incrinatura l’ha sentita e per qualche secondo sembra assentarsi, l’espressione si fa lontana e il viso diviene neutro, perdendo il sorriso. Ma giusto qualche secondo, poi torna a sorridere come se nulla fosse successo. <Siamo amici, certo! Posso mantenere un segreto!> esclama con gioia andando persino a chiudere gli occhi e a coprirli con le mani, ben intenzionata a non sbirciare. Circa. Perché di tanto in tanto cercherebbe di socchiudere un occhio, guardare attraverso le dita e sporgersi di lato, ma senza vedere nulla all’effettivo. <Mi piacciono i giochi.> il gioco dei segreti, ma quale segreto dovrà dire lei? Intanto Kouki cercherebbe di rompere quel vetro, colpendolo nel punto dove si è incrinato, e nel mentre direbbe anche la sua a riguardo. I giochi non le piacciono, soprattutto se sono fatti con un tipo sconosciuto. Soprattutto se si deve trovare da sola in una camera con un uomo. Non lo accetta. <E non fare la lagna, dai, vuoi stare tranquilla per un attimo?> sbuffa la piccola nel rispondere alla voce della Yakushi, decisamente esasperata da quel comportamento tanto sfiducioso verso il prossimo. Finalmente l’uomo si volta a torso nudo, niente di spettacolare se non per una cicatrice a ‘x’ sullo sterno. <Quella come te la sei fatta?> senza delicatezza andrebbe ad indicare quel segno, facendo sfoggio di una curiosità fin troppo esagerata, contando il tono di voce che si alza in maniera infantile. <Ah, vuoi sapere questo? Io non caccio niente, la Caccia non cerca niente di particolare. Il mio compito è quello di far comprendere a Kouki il mondo che la circonda senza l’influenza delle sue personalità! Così che possa valutare e decidere da sola!> eccome se sta valutando, sta cercando di comprendere come uscire da quella gabbia per poter andare a prendersela con chi le ha fatto nascere quella personalità nella testa, con chi l’ha imprigionata là dentro. <Io conosco tutto di Kouki, ho i suoi stessi ricordi, se no sarebbe stato un pasticcio per me!> non avrebbe riconosciuto nessuno e avrebbe fatto solo danni, e detto questo allargherebbe le braccia senza un motivo particolare, stiracchiando alla fine di quel gesto. Ogni ricordo condiviso, tutto, tranne uno in particolare ben sepolto e custodito solo da Mirako. Un ricordo molto più profondo e forse Mirako è nata anche per custodirlo ed evitare che Kouki crollasse del tutto. <Dunque, sistemami i capelli per favore! Continuiamo col gioco? Ora tocca a me allora!> parla senza lasciare all’altro facoltà di scelta, ritenendosi soddisfatta di quel torso e senza notare niente che lui non abbia voluto far notare. <Uhm…> non le viene in mente nulla da chiedere, se non una domanda giusto per far contenta Kouki. <Quanto sei amico di Kaori?> una stupida domanda, proprio degna di una bambina. In tutto questo nessuno si è neppure reso conto che qualcosa è cambiato anche alla gabbia di Mirako, un leggero fremito di quelle pareti, nulla di più. [Chakra Off] Non ha potuto notare con precisione quello sguardo assente e, anche se avesse potuto, non ne avrebbe potuto neanche lontanamente immaginare il motivo. È più che altro intento a celare la manuta di ciò che ha inciso sottopelle, più nell’animo che nella carne. E pare esserci riuscito, tant’è che la piccola gli domanda come si è procurato quella cicatrice a X sullo sterno. Cosa raccontare? Una palese bugia otrebbe risultare anche troppo evidente, quindi una mezza verità non può che parergli la via migliore per quello che ha da fare adesso. < Ho combattuto contro un uomo davvero, davvero cattivo. Il suo nome era Kuugo e gli piaceva usare armi, tagliuzzare cose, sai- > Tutto vero, dal fatto che era un uomo cattivo – quanto stupido, per quanto gli riguarda – e che aveva la capacità di utilizzare molto bene le armi e di far del male con innumerevoli tipi di lame. L’unica cosa che si discosta dalla verità è che il Nara non ha versato neanche una goccia di sangue o sudore nell’affrontarlo e, conseguentemente, nell’ucciderlo. Tuttavia, quel dettaglio della storia non è rilevante né potrebbe essere verificato in alcun modo. < Siediti, così posso cercare di dare una sistemata a questo groviglio. > Non sa bene quanto a Kouki possa dar fastidio, eppure ha percepito dalle parole che Nathair rivolge a se stessa e, di conseguenza, a tutti quelli che abitano la testa della Yakushi. Ha bisogno di entrarci, di parlare con lei, di capire dall’interno come verte la situazione tra tutte quelle personalità contrastanti. Ed il modo che conosce per farlo è uno ed uno soltanto. Sospirerebbe e, se la piccola si fosse seduta, andrebbe alle sue spalle, aggirandola e riportandosi le mani al petto, nella finzione di starsi apprestando a riallacciarsi le bende che aveva srotolato per mostrarle il torso. Solo una volta giunto alle di lei spalle, sul letto, ed essersi assicurato che lei non lo stia più guardando nemmeno con la coda dell’occhio, rilascerebbe la tecnica per tornare al proprio reale aspetto, bardato con le candide stoffe. La mancina andrebbe a reggere la spazzola, mentre la destrorsa sarebbe impegnato a mantenere la ciocca di capelli in cui essa è incastrata sulla metà, in modo da non gravare dolorosamente sull’attaccatura dei capell, tirando quindi quanto basta per districarla da quell’ingorgo disordinato di nodi e capelli confusi. Ne reggerebbe un ciuffetto dolo l’altro, sempre con la stessa premura, una mano a reggere la ciocca e l’altra a districarla con dolcezza, senza mai tirarla effettivamente troppo, onde evitare di farle male. Durante tutto il processo andrebbe a rispondere < Quindi tu vuoi aiutare Kouki… in che modo stai portando a termine il tuo compito? E chi te l’ha dato? > Domanderebbe, ben consapevole del fatto che, per ottenere una qualunque risposta effettiva, dovrà stare al gioco della cacciatrice, rispondendo alle sue domande, anche se sono semplici e prive di malizia. Una domanda pervenuta per gli interessi di Kouki, evidentemente intenzionata a scoprire la natura del rapporto tra il Nara e la Hyuga. E, a tal proposito, non c’è bisogno di mentire poi molto. È esattamente quello che sono. Amici. Che hanno fatto l’amore, che si sono confidati ed aperti l’un l’altra, che si stanno confortando ed aiutando a vicenda, ma pur sempre- amici. < Ci conosciamo da molto molto tempo, fin da quando era appena una ragazzina, nemmeno era ninja di Konoha, quindi si può dire che siamo-- > Una piccola pausa verrebbe presa, nell’atto di districare l’ennesima ciocca ribelle, la concentrazione totalmente votata a quel gesto così attento ed affettuoso < --molto amici e molto legati. Le voglio molto bene e lei ne vuole molto a me… almeno così spero. > Si lascerebbe ora andare in un risolino leggero e basso, portando il palmo alla base dei capelli, per passare le setole della spazzola tra questi ed assicurarsi di star facendo un buon lavoro, scostandoli anche per poter meglio scorgere quella scarnificazione che poco prima ha potuto a malapena scorgere. < Sai, se Kouki si sta agitando tanto e sta dando problemi potrei… parlarci. Conosco una specie di trucchetto di magia che mi consente di parlare con le persone senza nemmeno muovere le labbra. > Un modo molto sbrigativo per adattare il sigillo dell’empatia alle orecchie di una bambina, ma alla fine è questo che fa, nulla di troppo diverso. < Ma, insomma, se non vuoi vederlo lo capisco, magari ti spaventa o magari non sei pronta… > Proseguirebbe, tentando di stuzzicare il più profondo spirito di quella personalità. Il gioco, la sfida, la curiosità. < …solitamente lo si fa con chi è un po’ più grande, ma tu mi sembri pronta. Dimmi tu se sei abbastanza coragiosa per vedere questa piccola magia. > Terminerebbe, lasciando che le leve inferiori gli ricadano stanzamente lungo i fianchi, sul materasso. [ Chakra ON ] [Camera] Il racconto del Nara riguardo a quella cicatrice incuriosisce per bene la ragazzina, la quale ascolta e non ha alcun motivo di pensare che sia una bugia, dopo tutto non crede nemmeno che l’altro abbia bisogno di mentire, per cui non le rimane che sorridere ed annuire. <Hai combattuto e ti ha ferito, ma poi hai vinto, si?> certo, se no lui non sarebbe lì vivo e vegeto. In ogni caso la piccola inizia a ciondolare ancora da un lato all’altro, spostando il peso dal piede destro a quello sinistro e viceversa. <Anche a qualcun altro piace tagliuzzare cose!> non dice a chi si riferisce, ma è probabile che parli di se stessa e delle sue cicatrici, ma non ha motivo di soffermarsi su questo, voleva solo dire qualcosa che potesse essere in comune con l’uomo che ha davanti. E ora? Dovrebbe mostrargli anche lei le sue? Oppure il gioco deve continuare in altro modo, solo a domande? Non ne ha idea, ma al momento non fa niente, non da molto peso alla faccenda. Quindi va a sedersi, con fare tranquillo e sorridente, posando le mani sulle ginocchia ed attendendo che Az le vada alle spalle per poterle sistemare i capelli. Le piace come gesto, qualcosa in comunque con Kouki, solo che lei, all’interno della sua gabbia incrinata, rabbrividisce. Ha un uomo che non conosce alle sue spalle, potrebbe farle di tutto, e il solo pensiero che a Nathair non importi le fa rabbrividire ogni singolo centimetro di pelle. Non ha motivo di girarsi, così che l’uomo possa ricomporsi come meglio crede, ed infine lascia che lui le sistemi i capelli, partendo dal districare la spazzola dal groviglio. <Ahi!> non che le abbia fatto davvero male, più una lamentela giusto per farla, niente più niente meno. Per il resto se ne rimane immobile mentre le ciocche vengono pettinare con gentilezza ed attenzione, e la piccola inizierebbe a canticchiare un motivetto forse un poco inquietante. Una cantilena che avrebbe anche delle parole, ma al momento le sue labbra sono chiuse e dalla sua bocca viene emesso solo il motivetto. L’ha già sentita questa melodia, nelle memorie di Kouki, certo, ma è qualcosa che desta anche Mirako, per quanto possa essere impossibile per lei sentirla. Non è una bella melodia, e non è legato a bei ricordi, ma la ragazzina la canticchia con naturalezza non perché abbia un intento maligno verso le altre personalità, ma perché semplicemente non ci pensa. Ascolta tutto quello che le viene detto e anche risponde. <Despair mi ha creata, è quindi mia madre per quanto riguarda me, lo ha fatto perché vuole che Kouki decida con la sua testa e possa scegliere in totale libertà se rimanere qui con voi, nel mondo ninja, oppure lasciarvi e andare con la Caccia. Il mio compito è questo e lo porto, be… tenendo Kouki e le altre personalità in delle gabbie dentro la testa, così che non possano fare niente.> certo detta così in effetti non sembra una bella cosa, sono praticamente prigioniere. Ed è così. Ascolta quel rapporto tra lui e Kaori, sono buoni amici, ma se si conoscono da tanto allora comprende la fiducia della Hyuga che ripone in questo tipo, tanto da farlo girare mezzo nudo per casa. <Capisco…> non si aspettava altro, ma forse Kouki si. Non dice altro rimanendo incuriosita da quella specie di magia. <Una magia dici? E come faresti per comunicare con lei? Non puoi farlo direttamente, ma okay, sono curiosa!> accetta dunque, riprende a canticchiare quella stessa melodia di poco prima, mentre i capelli vengono messi a posto come si deve, ma qualcosa si rompe, qualcosa che è stato ritenuto troppo. Questo basta a far scattare qualcosa che sfugge al controllo della personalità ora dominante, come se l’essenza della personalità principale, ovvero Kouki, possa filtrare da quella crepa e liberarsi per un attimo, sospinta da quella situazione e da quella cantilena. Il tutto ha un effetto non previsto da Nathair, la quale si ritrova sopraffatta e per qualche istante Kouki vede la luce, respira nuovamente l’aria in prima persona e in tutto quello il corpo trema come se fosse stata avvolta da mille e più insetti schifosi. Si alzerebbe di scatto, in preda a uno spasmo. <Non toccarmi!!> le mani si muovono andando a prendersi i capelli, li tocca, li smuove e poi passa al corpo e ai vestiti, come se si volesse scrollare di dosso qualcosa. Il tono di voce è alto, ma perde tutta l’infantilità che possedeva, facendo trapelare, la paura, il ribrezzo, la frustrazione, un tono tremolante come se fosse stata portata al limite della sopportazione. Poi cala il silenzio. Solo il niente se non il respiro affannato di Kouki. [Chakra Off]
Giocata del 07/03/2018 dalle 10:35 alle 18:47 nella chat "Luogo Sconosciuto"
La conversazione procede esatamente dove il Dainin sta cercando di farla vertere, sta sperando con tutto se stesso di riuscire a comunicare con Kouki attraverso il sigillo dell’empatia, anche se non sa esattamente cosa dirle, a quello ci avrebbe pensato dopo. Ci avrebbe pensato se la personalità ora dominante si fosse mostrata per ancora un po’ di tempo così amichevole. Passa a spiegargli senza troppi fronzoli la situazione attuale nella mente della Yakushi e quasi gli pare di vedere le tre personalità intrappolate in quelle trasparenti gabbie di vetro, che si dimenano per uscire, sarebbe la spiegazione plausibile a quello che Nathair sta dicendo a se stessa, parlando con le altre. Deve sentire la forza che la proprietaria originaria del corpo sta esercitando per uscire e riprendere il controllo. Cerca, quindi, di tenerla buona ancora per un po’, rispondendo qua e là alle domande che gli vengono poste < Oh sì che ho vinto, lui mi ha colpito il petto, io gli ho fatto un bel foro in testa. > Esplica in merito al proprio ultimo incontro col Gaito, il cui ranio fu perforato da un jutsu dell’allora ancora Jonin. Il resto del discorso lo cattura, calamita totalmente tutta l’attenzione del Nara che, adesso, si avvede meglio delle intenzioni di quella personalità all’apparenza così vivace e giocosa. Farle abbandonare il mondo ninja in favore della Caccia, qualunque cosa essa sia. E vorrebbe chiederle di più in merito, qualcosa riguardante questo movimento di cui è appena stato messo al corrente, qualche quesito su Despair che, al momento, gli è nota essere solo come creatrice della personalità in questione. Continuerebbe a pettinarla e a meditare sul da farsi, sul da dirsi, finché qualcosa non cambia. Uno scatto, un irrigidimento e la bambina gli scivola via dalle mani, terrorizzata. Deve essere Kouki. Mirako lo avrebbe attaccato, per quel che ne sa e dell’altro lato intrappolato in quelle gabbie di vetro non sa nulla, solo il fatto che sono inconsapevoli di ciò che accade all’esterno, dunque, è improbabile che siano riuscite a liberarsi. La Yakushi, invece, stava scalpitando ed urlando a gran voce per uscire. Ed ora è lì, di fronte a lui, che lo intima a non toccarla. Il volto muta in un’espressione seria, sicura, per nulla intimorita da quella reazione e, assolutamente, non ostile. < Kouki… sei tu? > Le domanda, il tono di voce tenuto basso ed accomodante, senza alcuna traccia di intenti aggressivi od inimici. < Non voglio farti del male, sta’ tranquilla. > Non si muove di un passo, permanendo rasente al ciglio del letto. Riporrebbe la spazzola tra le lenzuola unicamente per alzarsi ed alzare entrambe le mani, i palmi aperti verso la bambina, in un cenno di resa, con le leve superiori perfettamente piegate ad angolo retto e le mani sollevate ai lati del capo ed alla sua stessa altezza. Non avrebbe né motivo, né modo di farle del male in quella posa così arrendevole, quasi disponibile persino a farsi colpire, purché lei riesca, se non a fidarsi, quantomeno a star tranquilla. < Kaori è di là, Asia dorme con lei. Non posso farti del male, accorrerebbe immediatamente a fermarmi. > Direbbe, infine, sperando che la piccola non faccia scelte azzardate e che, soprattutto, possa dargli la possibilità di parlare, di conoscerla senza quello schermo di vetro a dividerli < Resta qui, sforzati più che puoi, ho bisogno di parlarti. Te ne prego, Kouki. > [ Chakra ON ] [Camera] Nathair ascolta come se quella situazione fosse totalmente normale per lei, come se conoscesse quell’individuo da sempre e ne avesse la massima fiducia. Non si fa domanda, nessuna paranoia, è lì e prende il mondo e ciò che le accade come viene. L’unico intento che ha è di eseguire quello che le è stato detto di fare, senza alcuna ragione per pensare che sia sbagliato o meno, anche perché in ogni caso lei avrebbe vita breve, quindi perché godersela fino in fondo finchè può? Magari mostrando a Kouki come si possa essere spensierati nella maniera più assoluto, facendole vedere chi le vuole veramente bene e chi no, chi mente. Per il momento Az le sembra una persona a posto, ed è questo che spera che la Yakushi possa comprendere. <Un foro? Proprio in testa? Ah, deve essere stato forte!> esclama con un gran sorrisone, andando a smuovere appena la testa come a mimare un probabile colpo alla stessa per poi ridacchiare. Tutto normale, tutto tranquillo. Almeno fino a quando Kouki non riesce a far passare parte della sua essenza attraverso quella crepa nella gabbia di vetro, andando a lambire la propria mente con tutta la forza della disperazione che conosce scalzando via Nathair, soffocandola e cercando di mantenere tale forza il più a lungo possibile. Quando ritorna alla realtà respira coi propri polmoni, vede coi propri occhi e sente con le sue orecchie. In prima persona come è sempre stato per la maggior parte del suo tempo. Nathair in un primo momento non si rende nemmeno conto di quanto è successo, ritrovandosi nel buio di quella stessa mente, non imprigionata come le altre, ma impossibilitata, al momento, di riprendere il controllo. Sta già iniziando ad indebolirsi. Il corpo trema, si tende, si alza di scatto e si allontana il più possibile da quella situazione che non le è mai piaciuta. Si passa le mani sui capelli, sui vestiti, sul corpo, cerca di levarsi qualsiasi cosa senta presente sul proprio essere. Occhi gialli sgranati, il viso trasfigurato da un’espressione di paura e disgusto, ma l’altro non si muove, le pone solo una domanda e qualche parola. <Tranquilla? Non ti conosco e mi stavi troppo vicino, troppo! Come posso stare tranquilla?> sembra in preda a una qualche crisi, il tono di voce alto e graffiante, come se le raschiasse la gola, e non sembra calmarsi nemmeno quando l’altro solleva le mani e si mette nella posizione meno aggressiva possibile. Perché mai dovrebbe fidarsi? Potrebbe anche mentire, fare finta, aspettare che lei abbassi la guardia, magari sarebbe stata questione di tempo prima che lui le facesse del male prima. <Ti sei messo alle mie spalle. Odiavo persino quando lo faceva pa…!> si blocca. Papà. Quella parola le muore in gola e tutto si trasforma in rabbia. I pugni i stringono e poco dopo vengono portati alla testa, colpevole l’infezione che con quel picco di emozioni torna a girarle nel corpo procurandole fitte dolore alla testa e portando il proprio sguardo ad offuscarsi. Emette un gemito così rantolato che pare un ringhio, carico di rabbia e dolore. <Dov’è mia madre?> fissa il proprio sguardo sull’altro, proprio mentre la informa di dove dovrebbe essere la donna con la tigre, ma potrebbe mai fidarsi? <Come faccio a sapere che quello che dici è vero? Tu potresti dire che mia madre è qui, ma è solo la tua parola.> c’è almeno la consolazione di essere dalla parte della porta, il più vicina possibile al punto di fuga più facile, e inizia ora a guardarsi intorno, analizza la situazione e l’uomo che ha davanti, la sua mente cataloga ed elabora, cercando di fare progetti sulla propria sopravvivenza futura. Si è ritrovata colta di sorpresa, solitamente farebbe le cose con gradi e se ci fosse riuscita prima, ora non avrebbe problemi a parlare con il Nara. Ma ora deve fare le cose in altro modo, il suo metodo di approccio alle persone è stato leggermente stravolto e prima di tutto deve ritrovare la calma, proprio come l’uomo le sta intimando di fare. Le braccia scivolano lentamente lungo i fianchi, lo sguardo che ora non si stacca da lui, lo tiene d’occhio e l’espressione risulta seria, dura. <Perché mai avresti bisogno di parlarmi? Che vuoi?> non ha un solo motivo per credere a tutto questo, insomma da dove ciccia fuori questo tipo? Così, dal nulla. [Chakra Off] la situazione sta divenendo sempre più tesa, una cosa che non dovrebbe essere, per questo sta cercando solo di osservarla e di parlarle da lontano, di spiegarle le proprie ragioni per le quali si trova lì a parlarle, ad invadere uno spazio così privato ed intimo, come potrebbe essere camera sua, sul suo letto. Sospira profondamente, schiudendo appena le labbra, andando ad annunciare ogni singolo gesto prima di compierlo. < Ora io abbasserò le mani e mi siederò di nuovo sul letto. Non ti chiedo fiducia, non così dal nulla. Vorrei solo che tu mi prestassi orecchio. > E così farebbe, andando ad abbassare molto lentamente le leve superiori, come se stesse trattando con un pericoloso criminale con l’intento di lasciargli deporre armi ed ostaggi. Nessun movimento verrebe fatto con eccessiva fretta, per permettere alla Yakushi di poter studiare ogni muscolo nel momento stesso in cui viene flesso e mosso per dar moto a tutto il corpo. Piegherebbe dunque le gambe per riappoggiarsi seduto sul letto, le mani sulle ginocchia e la schiena perfettamente dritta ed immobile. L’impulso di intervenire, di avere un contatto con lei è forte, davvero molto forte, dettato da quello che potremmo quasi definire come istinto paterno, dovuto alla presenza – a tratti forzata – di bambini che dipendevano da lui, impulso che viene dalla propria voglia quasi maniacale di proteggere il prossimo. Per egoismo, certo, ma pur sempre di proteggere. Resiste a tale primordiale bisogno in nome della disperata richiesta di Kouki di non toccarla, del suo disagio nell’avere vicinanza con un individuo conosciuto da così poco tempo ed in circostanze così poco usuali. < Mi spiace per aver invaso i tuoi spazi. Quando ho capito che stavi combattendo per uscire ho insistito perché credevo ti sarebbe stato d’aiuto. > Andrebbe a spiegare, tenendo la voce bassa e neutrale, quasi una nenia cantilenata sempre sulle stesse note, senza particolari accezioni. < E sei qui, ha funzionato, suppongo. > Cercherebbe di farle notare come, seppur nella maniera più spiacevole possibile, sia riuscito a farla trapelare fuori dalla propria prigionia. Il volto viene distorto da un istinto di pura ira nel notare il disagio della bambina al solo pronunciare la prima sillaba della parola “papà”. Una furia tutta indirizzata verso Raido, l’uomo che l’ha abbandonata a se stessa, che l’ha lasciata soala e- sente di comprenderla. Di comprendere la sensazione di panico, il terreno che manca sotto ai piedi, la stessa sensazione che ha provato nello scoprire di sua madre, la sua vera madre, di scoprire che tutto ciò che sapeva su di lei erano menzogne, che non ha avuto alcun rimorso nel lasciarlo da solo al centro della Foresta della Morte, per andare a pensare ad affari più “interessanti” dell’occuparsi della propria prole, come lei stessa gli disse senza remore. La rabba sfuma in un istante, per lasciar di nuovo posto a quella freddeza con cui sente di dover comunicare con la Yakushi nel – forse poco – tempo che hanno per conversare assieme. < Possiamo andare in camera sua e ti mostrerò che sta dormendo tranquilla nel suo letto oppure puoi continuare ad ascoltarmi. Avessi voluto farti del male lo avrei già fatto, Kouki. Avrei già avuto la possibilità più volte. Non credere alle mie parole, credi alla tua intelligenza. Pensi sul serio che io stia aspettando solo il momento più adatto, dopo tutte le occasioni che mi si sono già mostrate mentre non avevi il controllo di te? > Non è proprio una cosa bella da dire, ma è razionalmente e logicamente la vertà. È stato alle sue spalle, le ha fatto tenere gli occhi chiusi per interminabili attimi in cui avrebbe potuto staccarle la testa e farne un lampadario, avrebbe potuto approfittare di quell’attimo di fragilità per raggiungerla e perforarle i petto in una maniera così semplice ed immediata che è stupido pensare che stia ancora così tranquillo ad aspettare. < La vita che è sempre stata tua, vissuta in terza persona. > Comincerebbe ad elencare una serie di cose, apparentemente slegate dal resto del discorso. < Una vocina martellante che ti preme sul retro della testa, che diventa talmente forte da divenire l’unica cosa che ti è possibile ascltare. > Socchiude gli occhi, nel tentare di descrivere ciò che egli stesso prova ogni volta che, per bisogno o per piacere, lascia che Yami prenda il sopravvento su di sé < Il corpo che si muove senza che tu stia realmente desiderando di farlo, sensazioni non tue che ti costringono ad eseguire volontà che non ti appartengono. > Chinerebbe adesso il capo, quasi affaticato da quella descrizione così accurata della sensazione che prova ogni volta che era costretto a lasciarsi chiudere nella sua personalissima gabbia di vetro, in favore del suo lato più oscuro < Far del male alle persone che ami e che ti amano. Così, senza sensi di colpa, se non alla fine. Guardarli in faccia e vomitar loro addosso un astio non tuo, ma di cui solo tu porterai poi il peso. > Terminerebbe il proprio dire, alzando solo in quell’istante la testa, nuovamente a puntar le iridi scure in quelle gialle altrui. < Non è come ti senti tu, ma è quello che provo io, che ho provato ogni giorno. Ed è il motivo per cui sono qui. Per me stesso, nemmeno per te, a dire il vero. Perché questa follia mi ha sempre fatto sentire solo, l’unico al mondo a dover combattere contro questi demoni e, se posso anche solo tentare di sollevare qualcuno da questa infamia, non posso non farlo. > Resterebbe silente, dunque, sperando che il suo discorso, la parte più sincera e trasparente di sé, venga percepita nel modo giusto dalle orecchie altrui. Che possa quantomeno farla sentire un po’ più tranquilla, per analizzare meglio la situazione, per farle riprendere il controllo di quanto stanno vivendo, prima ancora che sulla propria mente. Ed è tutto vero, ogni sua singola parola, non tenterebbe di prenderla in giro così come ha fatto con Nathair, perché è con due persone diverse che ha parlato sino ad ora, questo starebbe tentando di farle capire in un atto che è, prima di tutto, per lenire le ferite del proprio animo, più che quelle di Kouki. [ Chakra ON ] [Camera] Continua ad osservarlo in quella situazione che sembra quasi di stasi, dove nessuno si muove e nella quale si sente come un animale impaurito e feroce, mentre l’altro si ritrova a dover comportarsi nel migliore dei modi per non provocare chissà quale reazione in lei. In silenzio segue i suoi movimenti e quelle parole che vanno a descriverli. Lento in modo che lei possa vederlo ed analizzarlo, strano a dirsi ma si sente sia insultata che tranquillizzata da quel modo di fare. Lui si siede, ma lei non rimane con le mani in mano, no. Non può rimanere in quello stato, così estremamente debole, senza la sicurezza del proprio chakra a scorrerle nel corpo, per qualsiasi evenienza deve essere preparata, cosa che Nathair non ha fatto. Solleverebbe velocemente le mani al livello del plesso solare e quindi intreccerebbe le dita per formare il sigillo della Capra. Deve concentrarsi abbastanza per richiamare il proprio chakra, le due sfere le compongono, ma allo stesso tempo tenere sotto controllo quell’uomo. Ci prova. Quindi cercherebbe di concentrarsi abbastanza immaginando il proprio corpo come una sagoma oscura fatta d’ombra, al fine di tentare di richiamare le due energie che compongono il chakra. Per prima cosa cercherebbe di richiamare la propria energia psichica sotto forma di sfera verde e dal movimento statico. Posizionerebbe tale sfera all’altezza della testa ed essa sarebbe appunto composta da ogni energia mentale proveniente dai propri sentimenti, dallo stato d’animo, le emozioni e tutto ciò che vi di astratto in lei. Dall’ansia, alle paure, alla rabbia, alla diffidenza che prova in questo istante. In seguito, passerebbe alla seconda sfera di energia, quella che dovrebbe essere composta dalla sua pura forza fisica. Di colore rossa e anch’essa statica, verrebbe posizionata all’altezza dell’addome e sarebbe composta dalle energie provenienti dalle cellule del proprio corpo, dai muscoli, dai tessuti, dalle ossa e dalle articolazioni. Se fosse riuscita a richiamare e visualizzare le due sfere, allora cercherebbe di smuoverle entrambe verso il plesso solare, la sfera psichica verso il basso e quella fisica verso l’alto, lungo una linea retta immaginaria. Così cercherebbe di unirle in un’unica sfera di energia dal colore azzurro, e la forza di unione conferirebbe a tale sfera un movimento rotatorio. Dovrebbe aver richiamato il proprio chakra finalmente, e in seguito andrebbe quindi a distribuirlo per tutto il proprio corpo attraverso i canali ad esso adibiti, fino ai punti di fuga. Si sentirebbe leggermente più tranquilla ora, conscia di poter contare sulle sue forze, anche se non ha la minima idea del livello di abilità dell’altro che si trova davanti, ma sempre meglio che rimanere sprovvisti di ogni difesa o forza. Un sospiro viene emesso, come se tutto stesse per tornare al proprio posto, nel giusto ordine. Le parole di Az si fanno ancora sentire e sono delle scuse per aver invaso i suoi spazi e qualcosa fa smuovere la parte razionale della ragazzina, qualcosa che le fa provare un senso di gratitudine. <Si, effettivamente le tue azioni mi hanno portata ad uscire, anche se non del tutto.> glie lo deve riconoscere dopo tutto, ma la sfiducia è presente sul suo sguardo ogni secondo di più. Muscoli tesi e in allerta, pronti a scattare ad ogni pericolo. Non si sente propriamente bene, rabbia, dolore e tristezza si mischiano sempre di più, soprattutto se fa l’errore di pensare a Raido e riportare la propria mente a quei periodi. Ha dato fuoco alla sua casa, e un poco quelle sensazioni di erano calmate… ma forse per superare le cose del tutto dovrebbe davvero dar retta a Mirako, cercare l’Oboro e ucciderlo. Scuote appena la testa, soprattutto si rende conto di una cosa parecchio strana al momento… non sente la presenza di Mirako, non sente la sua Voce, quel suo fare martellante e lentamente si rende conto di sentirsi libera. Rimane nel suo silenzio, lascia che il Nara esponga quelle prime parole riguardo sua madre Kaori e poi fa la cosa più giusta per avere l’attenzione della piccola, ovvero fare leva sulla logica. L’arma che più utilizza la piccola Chunin, l’unica cosa che in contesti simili potrebbe tranquillizzarla. Ha ragione in effetti, avrebbe potuto farle del male in ogni occasione mentre non aveva il controllo. Occhi chiusi, alle sue spalle… perché mai dovrebbe attendere? <C’è una parte di ragione in quello che dici. Se parliamo di persona razionali e logiche, allora non avrei motivo di non credere alle tue parole. Ma se tu fossi un pazzo? Magari ti diverti in questo modo, a prolungare le cose, prendere in giro, attendere… che ne so, potresti trarre piacere in questo e comportarti quindi in maniera che esula dalla logica.> esprime il suo pensiero in maniera chiara e fluida, senza distogliere lo sguardo dall’uomo, puntando i propri occhi in quelli neri di lui. <Pazzi e sadici, ce ne sono.> comunica verso l’altro, per poi ritrovarsi totalmente spiazzata da quelle parole che sembrano dette a caso, slegate dal discorso e dal contesto. Corruga la fronte, confusa e senza comprendere, che sia veramente un pazzo alla fine? Ma poi tutto lentamente prende un senso… l’espressione muta gradualmente facendo trapelare sorpresa e tristezza, facendole sentire un tuffo al cuore. Dolore. Le sensazioni che descrive si adattano facilmente a lei, alla Voce di Mirako che ha sempre sentito, il dove combattere ogni giorno, ogni momento, per non farsi sopraffare. La paura di quei suoi vuoti di memoria, perché Mirako è in grado di estraniarla totalmente e in quei momenti non sa cosa potrebbe fare. Il terrore di Lei, di quello che potrebbe fare. E poi arriva la parte che più di tutte fa cadere ogni sua difesa… far del male alle persone che ami e che ti amano, senza rendersene conto, senza poter fare nulla o senza nemmeno saperlo. Si ritrova davanti a qualcuno che riesce a comprendere quello stato nel migliore dei modi, e questo crea uno scompenso emotivo dentro di lei. Si sente compresa, sollevata, si sente quasi felice, e gli occhi si riempiono di lacrime che però non vengono versate ancora. Pensa a sua madre Kaori, ma pensa soprattutto a quello che le ha detto, che Mirako ha minacciato la figlia di Fumiko. Ma pensa anche a quanto ha rischiato di uccidere Fumiko stessa. Le minacce a Shade. La poca fiducia che ripone verso se stessa, la paura di Mirako. <Apprezzo la sincerità.> pronuncia infine, andando a passarsi un braccio sugli occhi per portare via quelle lacrime da essi. <Quello che voglio sempre è la sincerità.> niente bugie, niente giri di parole. Chi la conosce lo sa bene, non ama gli inganni e non ama essere presa in giro, nemmeno a fin di bene. Non ama essere estromessa e non conoscere situazioni e persone al meglio, se no non riuscirebbe a valutarle. <Lo fai per te, ed è giusto. Bisogna sempre pensare a se stessi, soprattutto se si è soli. Ma come può essere di aiuto a te, raccontare questi stati d’animo a me? È perché io posso comprenderti meglio? Perché so di cosa stai parlando?> sentirsi non più soli in questa follia insomma. Senza nemmeno rendersene conto si ritrova ora a parlare con lui senza pensare che possa farle del male. <Come si chiama la tua Voce?> quella che sente, perché ormai è chiaro che anche lui, come lei, viva una situazione simile. Il tono è più accomodante ora, per quanto non sembri più una bambina come prima, lo sguardo più duro, comprensivo di quello che la circonda. <Da questa conversazione… cosa speri di ottenere? A quale risultato vorresti arrivare?> ed ecco che inizia a cercare di analizzare chi ha di fronte e la situazione, comprendere prima di tutto, per poter valutare. [Tentativo Impasto Chakra][Chakra On]E mentre la conversazione avanza ed il tempo scorre il mattino prosegue. Il sole s'eleva alto, la luce filtra dalle finestre e la casa si risveglia. Circa. Kaori dorme ancora nel suo letto, rannicchiata verso la metà libera con un braccio ad attraversare le lenzuola come se stesse avvolgendo qualcosa che non è più lì ed Asia si ritrova ad aprire i grandi occhi gialli passandosi una delle due enormi zampe sul muso. Sbadiglia stiracchiandosi notando un piccolo micino nero che esce timoroso dalla stanza per percorrere il corridoio con passo timido, impacciato. Avanza da solo fermandosi quindi dietro la porta dove i due ninja stanno conversando alzando una zampina nera a graffiare timidamente il legno dell'anta, alzandosi appena sulle zampette posteriori. Asia si mette pigramente su e lasciando oscillare mollemente la coda segue il gatto fino a sedersi sulle zampe posteriori accanto a lui. Sarà grande almeno dieci volte quel piccolo gattino. Osserva la porta in silenzio annusando l'aria, andando quindi a dare una zampata a sua volta al legno, decisamente più sopra rispetto il punto raggiunto dal micio. Se Azrael o Kouki dovessero aprire la porta, si ritroverebbero ad assistere ad una bizzarra quanto tenera scena: il piccolo Kuro si sarebbe timidamente avvicinato alla piccola Kouki con la speranza di ritrovare nella bambina la sua premurosa padroncina, mentre Asia-- beh, Asia correrebbe all'interno della stanza per lanciarsi addosso ad Azrael col chiaro e preciso intento di leccargli amorevolmente la faccia. In caso la porta non venisse aperta, i due animali rimarrebbero semplicemente fuori in silente attesa, acciambellati l'uno accanto all'altro a lato della camera. [Continuate pure ♥]
Non è propriamente solito a fare quel genere di confessioni, ad intavolare quel tipo di discorsi con qualcunp che coosce da così poco, a maggior ragione perché si tratta di una bambina. Non sono argomentii che un infante dovrebbe affrontare, a dire il vero anche la maggior parte degli adulti non è adatta a certe elucubrazioni. Eppure i due devono camminare su due strade che presentano ostacoli molto simili ed, al tempo stesso, molto diversi. Altre personalità, lati di carattere che si impongono sul corpo per prenderne il controllo, estraneando qualunque altra cosa importi a quella che potremmo definire come personalità dominante. Ora il Nara non ha un vero e proprio punto d’arrivo, non un vero obiettivo. Quindi la ascolta parlare e, senza risponderle subito, passa la mancina tra i capelli. Stanco e rassegnato. Senza un motivo in particolare, ma semplicemente spinto dalla consapevolezza di avere ben più di un demone dentro di sé. La bambina, intanto, gli pare più lucida. Ragiona in maniera logica e razionale, andando a portare giustissime argomentazioni alle tesi del Nara. < Sì. Potrei essere un pazzo. Oppure potrei semplicemente essere Azrael Nara. Dainin della Foglia e Ninja largamente rispettato, appartenente ad un clan famoso per l’intelligenza ed il raziocinio dei suoi stessi esponenti. Scegli tu a cosa credere. > E’ piuttosto sicuro che, con quella presentazione più completa, possa lasciar capire che non è solo un pazzo qualunque. Non avrebbe mai potuto divenire quel che è, se fosse privo di pensiero logico, a malapena potrebbe dire di portare quel cognome. < E, più di ogni altro grado di cui posso insignirmi, tua madre non mi avrebbe mai e poi mai permesso di avvicinarmi a te, se le avessi dato anche solo la vaga idea di poter essere pericoloso per la tua incolumità. > Termina così quell’arringa in cui Azrael fa da avvocato a se stesso, nel tentativo di difendersi dalle accuse di essere un folle. Sul sadismo- non ha molto da dire. Almeno su quell’aspetto del proprio carattere la Yakushi ci ha preso in pieno. Lei che, come lo stesso shinobi delle ombre, cerca solo un po’ di sincerità. Verità ed onestà all’interno anche del più piccolo rapporto umano. < A tal propoito, non considerare veritiere le parole che ho rivolto a Nathair. Non stavo parlando con te e, quindi, non dar peso a quanto hai sentito o sentirai mentre mi approccio con le altre tue personalità. Voglio esser davvero sincero con te, Kouki. Probabilmente non da subito, ma col tempo sì, qualora tu voglia darmene occasione. > Si rialzerebbe, ora, ma permarrebbe fermo nel prendere atto del fatto che l’altra ha impastato il proprio chakra, come meccanismo di autodifesa. Scuoterebbe impercettibilmente il capo, ben conscio del fatto che, anche dopo aver richiamato le energie, la piccola sarebbe comunque indifesa, qualora fosse nelle proprie intenzione farle del male. A quella richiesta più tranquilla e confidenziale va sospirando amaramente, senza, però, distoglier lo suardo dagli occhietti gialli della propria interlocutrice. < Yami. Si chiama Yami. > Enuncerebbe semplicemente il nome del demonio che lo tormenta ormai da molt, moltissimi anni. Quel lato di sé che egli stesso ha creato per necessità, per impedire ai propri sentimenti di frapporsi dinanzi ai doveri che aveva all’interno del Villaggio della Foglia. Poco importa che fosse il suo vecchio nome in codice, d’altronde quellli erano altri tempi e “Oscurità” non è molto indicativo o poco comune. Il Nara stesso può dire di aver incontrato più di un individuo a portare quell’infausto appellativo. < Ecco, diciamo che lui è il sadico pazzo da cui avresti il bisogno di difenderti. > Ridacchierebbe amaramente, proferendo quella dura verità, anche solo per far intendere all’altrui mente che non sta omettendo alcuna parte di sé, non sta mostrando il profilo migliore, sta solo dicendo il vero. Nel bene e nel male. < Non lo so. Non so cosa voglio da questa chiacchierata. Forse- forse darti la comprensione che a me non è mai stata data davvero. Per quanto gli altri possano mettersi a disposizione, trovo che non sia mai valido quanto qualcuno che sa davvero di cosa stai parlando. Non trovi? Poi- > Farebbe una pausa, la punta della lingua ad umettare le labbra inaridite dalla mole delle parole che sta pronunciando < -stavo pensando di imprimerti un sigillo che mi avrebbe permesso di raggiungerti ovunque, anche all’interno della tua gabbia di vetro. Ma non lo farò, se tu non vuoi. Capirò, se tu mi dicessi che questo ti sembra troppo. Tieni solo a mente che non ho intenzioni cattive, vorrei soltanto che tu non fossi sola, lì dentro. Che tu sappia che hai un alleato e non solo nemici. > Terminerebbe così, avanzando qualche passo più verso la porta, che verso di lei, per andare a scoprire la fonte di quei rumori, di quelle zampate contro il legno. Aggirerebbe la figura di Kouki, senza né avvicinarsi troppo né tentanto di asciugarle egli stesso quelle lacrime, verso cui non fa alcun cenno, per non invadere ulteriormente la sua privacy ed il suo evidente bisogno di mantenere le distanze. Allungherebbe la mano alla maniglia per abbassarla e- < ASIA, NO! NON DI NUOVO! > Urlerebbe a gran voce, nel farsi buttare sul pavimento dall’ingombrante peso della tigre, voltando il capo su di un lato, preso d’assalto dalla grossa lingua dell’animale. < Stavo cercando di fare un discorso serio, Asia! > Si sporgerebbe, infine, pur restando steso a braccia aperte sotto le lusinghe della tigre, verso Kouki < Hai visto? Ti avevo detto che era di là con Kaori. > Par quasi aver dimenticato quanto fosse serio e delicato ciò che si stavano dicendo, magari un momento di leggerezza potrebbe far bene alla piccola, che di leggerezza ne ha vista anche troppo poca nella sua vita. [ Chakra ON ] [Camera] Potrebbe essere chiunque quell’uomo che ha davanti, ancora poco propensa a lasciarsi trasportare dalla propria capacità logica, preferendo sentire la paura e la diffidenza dentro di lei, piuttosto che altro. Quale obiettivo rincorre Azrael Nara, come mai parlare proprio con lei, perché presentarsi in quella camera? In silenzio ascolta la risposta dell’uomo che si difende abbastanza bene per i gusti della ragazzina, andando a rivelare il suo nome per intero e il grado ninja al quale appartiene. L’espressione muta, si fa stupita e le labbra si dischiudono appena in una ‘o’ muta. Un Dainin. Cioè, nemmeno col chakra e con tutto il suo impegno potrebbe minimamente pensare di difendersi da un uomo simile. <Sei forte.> solo questo riesce a dire, riconosce quella sua forza dal modo in cui si presenta e non solo dal grado che le viene detto. Dal clan di appartenenza e dal fatto che sia rispettato in tutta Konoha. Man mano che l’altro difende le sue buone intenzioni, più la piccola si lascia convincere di essere in buone mani, certo la strada molto lunga per arrivare a fidarsi totalmente, soprattutto dopo averci messo molto ad avvicinarsi a Raido ed essere stata gettata via come spazzatura dallo stesso. <E’ vero, mia madre non lo avrebbe mai permesso, ma se tu fossi davvero un pericolo, un uomo pazzo, potresti averla uccisa prima di venire qui da me.> insomma, ha una risposta logica e pronta ad ogni affermazione del Nara, eppure al momento sembra più rilassata, anche se decisamente il corpo si presenta rigido e contratto comunque. Le successive parole le danno da pensare, tanto che inclinerebbe appena la testolina da un lato, fissando con attenzione l’uomo. <Non hai detto cose vere? Quindi non sei un amico di mia madre.> questa è davvero la prima cosa che le viene in mente? A quanto pare si, e automaticamente va a dare a quell’uomo un altro tipo di appellativo, considerando il rapporto tra lui e la madre in maniera diversa. <Dove altro hai mentito? Io voglio sapere la verità. Solo così potrai sperare di avere un qualche tipo di rapporto con me.> quindi, lui vuole essere sincero con lei, e lei non aspetta altro, dandogli così la conferma e il permesso a lui di farlo. Le cose sembrano chiare tra di loro, meglio capirsi fin da subito dopo tutto. Sposta il peso da una gamba all’altra, attendendo altre parole e racimolando altre informazioni da parte dell’uomo. Innanzitutto, il nome della sua Voce, e in seguito accenna il primo sorriso della giornata nel sentire che sarebbe da lui che dovrebbe difendersi. <Un po’ come con Mirako.> sussurra lieve, trovando piacevoli quelle somiglianze e rilassandosi sempre di più, poco a poco. Comprensione, annuisce. Non le dispiace. Ma un sigillo? Inevitabilmente si irrigidisce appena le espone quella sua idea, trovandola decisamente troppo… troppo per lei. <No, infatti. Cancellati quest’idea dalla mente. Non voglio nessun sigillo.> afferma di primo acchito, dura e categorica. Anche se le intenzioni dell’altro sembrano sincere nel non volerla farla sentire sola. <Hai detto che lo fai per te stesso, giusto? Quindi perché ora dovresti fare qualcosa per me? Perché ci tieni?> deve riuscire a capire che tipo di persona sia, ma quella loro chiacchierata viene interrotta da dei rumori alla porta, un leggero grattare. <Comunque in ogni caso…> si interrompe lentamente, la voce scema mentre lui si avvicina alla porta e quindi a lei, tanto che si ritrova a scivolare di lato per mettere altra distanza tra i due. <Mi ha fatto piacere, insomma…> mormora ancora mentre l’uomo apre la porta e viene decisamente assalito da Asia. Lui cade a terra, con la grossa tigre sopra a leccarlo, ed è quello che basta, l’ultima conferma, a rendere quell’uomo ufficialmente una non minaccia. Se Asia si fida, vuol dire che si fida davvero anche sua madre, e questo pone fine anche all’ultimo dubbio. Ma quello che fa davvero sorridere la piccola, ciò che la rende felice, è il piccolo Kuro che zampetta avvicinandosi a lei. <Kuro!> si inginocchia, la voce serena, il viso raggiante e rilassato, mentre andrebbe a prendere il micino fra le braccia, stringendolo delicatamente fra le sue braccia. <Mi sei mancato… scusami se ti ho fatto paura, scusami…> scusarla per aver pensato di lasciarlo tra le fiamme della casa di Raido. Ma non riesce a dirlo, prova troppa vergogna per quel pensiero, e lo abbraccia, lo coccola… quell’animale è l’unica cosa che le ricorda Raido che le è rimasta. Ma non può liberarsene, non può ucciderlo. E’ Kuro, è il suo gatto e non può abbandonarlo ne voltargli le spalle, sa quanto fa male. Sorride, inginocchiata, in quella posa molto più indifesa rispetto a prima. Lo sguardo che ora si porta sul Nara, uno sguardo più rilassato e l’espressione sorridente. <Sembri davvero a posto, allora.> ecco il giudizio finale. [Chakra On] Se ne sta sotto Asia, le braccia allungate verso l'alto a coccolare la belva che gli sta sopra a leccargli la faccia. Si dimena da quella posizione, per scivolare sotto le zampone di Asia e riergersi in piedi, continuando a grattarle dietro l'orecchio. < Sì, sì, anche tu mi sei mancata. > Dice in sua direzione, proseguendo con quelle energiche ed affettuose carezze. Nel processo andrebbe a rispondere alla Yakushi < Non sono altro che un amico, per Kaori. Questa è la verità. > China il capo ad osservare il pelo della tigre che gli si arruffa sotto le dita. Un piccolo sorriso appena malinconico ad incurvarglisi tra le rosee. Quella, in effetti, non era una menzogna prima e non lo è adesso. < Le voglio bene. Più che a qualunque altra persona al mondo. > Ed anche quella è l'ennesima verità, nulla di diverso. Tiene a lei come alla più cara delle sue amiche, ma non potrebbe mai azzardarsi a definire qualcosa di diverso. Non può essere amore. Non dopo così poco tempo. Non può... giusto? Sulla risposta ha ancora molto da meditare. Più perché la cosa gli risulterebbe incredibile che per altri motivi. Rialzerwbbe gli occhi unicamente perché, per darle ulteriori risposte, vuole poterla guardare in viso. < Perché nessuno l'ha fatto per me. > Semplice gli verrebbero quelle parole al di fuori delle sottili labbra appena appena schiuse. Per quel che riguarda il sigillo, invece, non sente nulla che non si aspettasse, quindi va a proferire qualche wennesima breve parola, riguardo il dirsi la verità ed il fidarsi l'un l'altra. < Non è discorso per questa volta. Non sono venuto qui ad elemosinare confidenza da te. Voglio essere sincero, ma quando sarai e sarò pronto, non solo per farti un piacere. > Andrebbe ad aprire dunque la porta, per far uscire Asia e tendere il braccio ad invitare anche Kouki e Kuro ad uscire. < Per il sigillo... magari prima di dirmi di no, aspetta che ti spieghi come funziona. Anche se è un po' troppo invasivo, per il momento. Io andrei a fare la colazione per la mamma, se vuoi mi trovi in cucina. > Aspetterebbe qualche istante prima di avviarsi al piano di sotto, con o senza la bambina. [ Chakra ON | END ]