La Maledizione di un artista

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20:43 Karitama:
 È stanco, davvero stanco di sopportare quelle notti insonni e quegli incubi ad occhi aperti. Sono tre notti che la stessa donna gli appare in sogno. Quei lunghi capelli rossi non fanno che solleticargli il volto in uno stato di paralisi notturna. Le delicate mani di quella succube non fanno che toccarlo e pietrificarlo. Gli occhi, nascosti da un velo nero che ne impedisce la reale percezione, lo perseguono e terrorizzano. La vede lì, a pochi centimetri dal suo volto. Il capo dell'artista continuerebbe a tendere verso di lei inutilmente. Verso quel mostro che lo schernisce, incurante e sogghignante. Un bacio, macchiato di quello che potrebbe sembrare il suo stesso sangue, andrebbe quindi a suggellare il suo violento e apparentemente definitivo risveglio. Quel sangue demoniaco, sporco e disgustoso gli macchierebbe le candide labbra. Ne sentirebbe il sapore. Disgustoso. Il dolore lo invaderebbe e, rigirandosi nel letto, sporgerebbe il capo oltre il limite del letto per liberare lo stomaco. Un liquido, tra il rosso del sangue vermiglio e il nero della notte più profonda, si libererebbe da quella bocca impura. Cadrebbe quindi dal letto, carponi in quel rosso appiccicoso e meleodorante. Rialzando il volto, passando la mancina su quella bocca appena rischiusa, si troverebbe ancora ai piedi della donna che, con delle scarpe in vernice nera e tacco vertiginoso, gli stamperebbe un pestone sul volto.

20:45 Karitama:
 Uno stridio spezzerebbe il silenzio della sua mente e rialzerebbe le scapole dal materasso. Nel letto. Di nuovo nel suo letto. Non si era mai svegliato davvero. Era ancora un fottuto sogno. E chi poteva dire che non fosse rimasto bloccato lì. Chi gli assicurava che quella stanza, aperta dinnanzi a lui, non fosse tutta una finzione. Un altro urlo riempirebbe le pareti decorate, quasi a farle cadere e il lenzuolo rosso, stretto tra le sue mani, finirebbe per essere strappato da una forza che non avrebbe mai pensato di avere. Andrebbe quindi a mettersi seduto sul quel materasso ad acqua e lascerebbe cadere al suolo le due coperte che fino a quel momento lo avevano tenuto al caldo. Girandosi metterebbe le gambe penzoloni per alzarsi andando a calpestare gli origami composti la sera prima rendendoli solo resti di carta inutili. Andrebbe ad agguantare poi il cappotto poggiato sulla sedia e, incurante del fatto di essere ancora in pigiama, uscirebbe dalla sua stanza avviandosi verso la porta di casa. Indosserebbe quindi il cappotto di raso viola, con un collo di pelliccia bianco, sul pigiama di seta nera, e indosserebbe degli stivali bianchi di pelle trovati vicino all'uscio. Ignorando il mal tempo che lo circonda comincerebbe ad avviarsi verso le mura esterne, allontanandosi il più possibile da quella casa degli orrori.

20:47 Karitama:
 I passi, pesanti, sulla strada quasi allagata, scandiscono ogni secondo che separa l'anima tormentata dalla tranquillità. Le tracce dell'incubo sono evidenti, livide sotto i suoi occhi, a lasciare scoperta, nuda, ogni sua debolezza. È la prima volta che abbandona così casa sua, senza coprirle. È la prima volta che non mette quella sottile linea di matita intorno agli occhi. Nessuna crema, nessun trucco, nulla più a nascondere quel dolore. Ha paura, si legge negli occhi che ne ha. Quelle iridi, per la prima volta, sembrano non più di quel luminoso indaco, ma grigi, cupi e spezzati. La vede ancora attorno a se. In quei vicoli, nei negozi e sulle panchine. È ancora con lui. <Lasciami andare... non sei reale... sei solo nella mia mente> biascicherebbe in modo sconnesso. Il tono da fievole e appena udibile, tra quei denti digrignati, diventerebbe sempre più alto, incurante dei passanti incuriositi e preoccupati. <VAI VIA!> griderebbe spezzando per un momento quel velo di Maya che lo separava dal mondo. Sembra star litigando con qualcuno. Ma è solo. Solo sotto quella pioggia che cade a tambur battente.

20:49 Karitama:
 Quel cuore, fermo... ancora pietrificato, ricomincierebbe a pulsare alla caduta del velo che lo teneva legato a quell'incubo perpetuatosi fino a quel momento, anche dopo aver riaperto gli occhi. Qualcosa tornerebbe a vivere in luo, e lei non sarebbe più lì. Karitama non ricorderebbe più nulla dell'accaduto, e cadendo poi carponi al suolo, scoppierebbe in un pianto disperato e implacapile. Perdendo le poche forze nelle leve superiori cadrebbe ancora più bel fango. Le orecchie comincerebbero a fischiare e la vista ad annebbiarsi, i sensi tutti comincerebbero ad ingannare quella creatura dostrutta, fino a raggiungere il nulla assoluto. Svenuto lì nel fango verrebbe probabimente aiutato da qualcuno, visto che al risveglio si ritroverebbe nel suo letto, ancora sporco di fango e lacrime. Dopo essersi rialzato, in quella sua casa, irrealmente muta, proverebbe a rialzarsi con l'aiuto dei quella braccia che in realtà gli sembrano estranee. Non è possibile. È dinuovo bloccato in quel letto. Urla straziati vorrebbero liberarsi da quella bocca che però nom riesce a liberar suono. È di nuovo in trappola.

Uno dei tanti incubi dell'artista.