{ Incubi e Magia }

Free

0
0

14:10 Karitama:
  [Casa Ishiba - Anteiku] Gli occhi dell'Ishiba hanno da poco incontrato il cielo ugioso del villaggio di Kusagakure no Sato e, arrossati a causa della mancanza di sonno, vanno alla ricerca spasmotica dei vestiti da indossare. Facendo scivolare la seta del pigiama nero via dal corpo, snuderebbe quelle gracili membra per poi tirar fuori dall'armadio e indossare un jeans nero e una camicia bianca tenuta slacciata fino al petto glabro. Al piede porta degli anfibi bianchi con cuciture nere e a tenerlo al caldo un giubbotto di pelle viola con un piccolo collo di pelliccia bianco. Andrebbe quindi a perpetuare quei rituali mattutini atti ad eliminare le occhiaie causate dal insonnia e a mettere i risalto l'indaco delle iridi con della matita nera. Alle dita lo smalto nero opacizzato come la pece e, al medio della destrorsa, l'anello regalatogli anni addietro dalla sorellina, che in quel momento probabilmelte si starebbe facendo bella almeno quanto lui.
Dopo aver concluso andrebbe poi ad aprire la porta e, portandosi un ombrello stranamente abbinato al cappotto e lo zainetto con l'occorrente per dipingere, uscirebbe dalla casa paterna avviandosi per le stradine della città.
Raggiungerebbe quindi l'Anteiku per poter fare la sua solita colazione. In realtà è solito passare il tempo lì per poter usufruire della clientela come modello per i suoi disegni sorseggiando un caffè e ascoltando le conversazioni altrui. Salirebbe quindi al primo piano per poi entrare facendo un piccolo cenno con la testa ai presenti e andando a sedersi ad un tavolino vicino alla finestra. Poserebbe quindi lo zainetto sullo schienale della sedia e ne tirerebbe fuori un piccolo blocco da disegno e due matite cominciando a scarabocchiare qualcosa.

14:10 Haran:
 Solita mattina all'Anteiku. Il cielo plumbeo e la pioggerellina battente tengono lontani dal locale i clienti lasciando che solo pochi assidui visitatori giungano all'interno della caffetteria per la loro abitudinaria colazione. Azumi non li riconosce ancora tutti, lavora lì solamente da poco tempo, ma lentamente sta iniziando a prenderci la mano. La ragazza si trova attualmente dietro al bancone, presso la cassa, ad osservare la pioggia scendere dall'alto oltre le ampie vetrate dinnanzi a sé. Esse ripercorrono praticamente una intera parete della stanza ove i tavolini sono stati predisposti ed allineati così da offrire una bella vista ai clienti presenti. Clienti che, come già detto, oggi scarseggiano. La giovane dal lungo crine celeste indossa la divisa standard del posto composta da una camicia bianca a maniche lunghe ed un panciotto grigio scuro sotto al quale si nota una gonnella marroncina che arriva a mezza coscia. Dal colletto della camicia spunta un cravattino marrone -della medesima sfumatura della gonna, mentre le cosce sono in parte visibili. Dalle ginocchia in poi indossa delle calze bianche a coprire le gambe esili ed un paio di comode scarpe chiuse per stare in piedi durante tutto il turno senza accusare fatica. Al braccio destro, sotto la camicia, porta una fasciatura che nasconde il tatuaggio anbu mentre il coprifronte di Kusagakure è tenuto legato sopra la testa a mo' di cerchietto. Ha una posa composta, semplice, con la schiena dritta ed il viso rivolto verso l'esterno, fino a quando non avverte il tintinnio delle campanelle poste al di sopra della porta d'ingresso avvisarla dell'arrivo di un cliente. < Benvenuto. > saluta in automatico ruotando il viso verso la figura del giovane che, già qualche volta, ha visto frequentare il locale. Lo vede andare ad accomodarsi ad uno dei tanti tavoli vuoti -essendo purtroppo l'unico cliente al momento, e gli lascia qualche attimo di tempo per sistemarsi e mettersi comodo prima di prelevare dal bancone uno dei vari menù rilegati e quindi aggirare il bancone per muovere le leve inferiori verso il suo tavolo. Qui si fermerebbe rivolgendogli una espressione cortese, distaccata, e mostrandogli il menù chiuso fra le sue mani. < Vuole dare una occhiata al menù o sa già cosa vuole ordinare? > domanderebbe, educata, lasciando scivolare lo sguardo dal viso del ragazzo al blocco ch'egli stringe fra le dita, incuriosita in parte da ciò che l'altro potrebbe star disegnando.

14:11 Karitama:
  [Anteiku] Impegnato sul piccolo disegno del paesaggio cittadino visibile dal suo tavolino, il ragazzo si renderebbe conto della cameriera solo dopo aver percepito la delicata voce dietro di lui. Andrebbe quindi ad incrociare lo sguardo della genin rimanendo per un attimo in silenzio, incantato dal celeste di quegli occhi. Scrollerebbe quindi la testa con un movimento quasi impercettibile e, per evitare di essere maleducato, le risponderebbe: < Ti sarei molto grato se potessi lasciarmi per qualche istante il menù >. Le allungherebbe quindi la mancina accogliendo i piccoli fogli che la ragazza impugna per poi poggiarli dinnanzi a sè fingendo di leggere pensieroso i tanti piatti che il locale è in grado di offrire. Se Azumi si fosse allontanata, prenderebbe di tutta fretta la matita e abbozzerebbe in pochi istanti un piccolo ritratto della piccola cameriera. Gli occhi sarebbero la parte più importante del disegno, dettagliati anche se fatti solo di piccole linee a matita. Il volto, contornato dai capelli celesti, verrebbe ombreggiato in ogni minimo dettaglio della bellezza che la caratterizza. Se ci fosse riuscito lascerebbe un piccola firma e la frase "Per me un cappuccino" sotto al ritratto per poi alzarsi ed avviarsi verso il balconcino. Andrebbe quindi ad estrarre con la destrorsa un pacchetto di sigarette dalla tasca dal giubotto, aprendolo con il pollice della stessa e spostandone una all'esterno del pacchetto. Avvicinerebbe quindi le labbra tirandola fuori e richiudendolo. Con lo zippo nella mancina andrebbe quindi a stimolare la pietra focaia per innescare la combustione e, avvicinandolo, accenderebbe quella piccola stecca di tabacco. Il corpo del deshi si riempirebbe quindi di quel fumo incandescente che rilascerebbe in un'espirazione netta e decisa, lasciando per qualche istante quel volto lontano dalla percezione altrui.

14:11 Haran:
 Incontra solo per una frazione di secondo lo sguardo altrui, ma tanto basta per farle notare il colore intenso e variegato di quelle iridi chiare. Annuisce alla sua richiesta di poter visionare il menù e, porgendoglielo quando le tende la mano, va a chinare appena il capo in segno d'assenso. < Certamente. Ecco a lei. > replica tranquilla con la cortesia che Nimura le ha chiesto di avere nei riguardi della clientela. Certo, la donna non è che le abbia esattamente dato dei consigli 'normali' per imparare ad avere a che fare coi clienti, ma Azumi ha cercato di ignorare le sue indicazioni più assurde rimanendo fedele a quelle più logiche e accettabili. Di sicuro non si sarebbe mai messa a sbattere le ciglia a tutti i ragazzi che avesse visto entrare solo per spingerli a tornare nel locale! Ritorna al banco andando a sistemarsi una ciocca di capelli celesti dietro l'orecchio cercando di non spostare lo sguardo sulla figura del cliente onde evitare di farlo sentire sotto pressione o di mettergli fretta; attende i suoi tempi per dare il proprio ordine e rimane in attesa fino a quando non lo vede -con la coda dell'occhio, alzarsi per recarsi sul balconcino oltre la vetrata. Non sapendo bene se autorizzata a ritirare il menù o meno, la ragazza andrebbe ad avvicinarsi al tavolo per superarlo e quindi raggiungere Karitama ma qualcosa attira la sua attenzione. Facendo scivolare lo sguardo sul blocco ove l'altro stava disegnando in precedenza per notare i progressi del suo disegno, nota il ritratto che egli ha abbozzato in così poco tempo rimanendone fortemente colpita. Arresta il passo lasciando vagare le iridi sui lineamenti tratteggiati sulla carta sentendosi lusingata di quel semplice gesto. Legge poco sotto l'ordinazione ed un sorriso divertito le va a schiudere le labbra al pensare quanto l'altro sia stato sicuro che lei sarebbe andata ad osservare i suoi disegni per lasciare il proprio ordine sul suo foglio. Si volta tornando dietro il banco senza dirgli una parola, mettendosi all'opera per preparare il cappuccino richiesto. Ripensa a quel semplice disegno, quello schizzo fatto in una questione di pochi minuti mentre versa la schiuma per completare il tutto. Poco tempo dopo porta al tavolino la tazzina con relativo piattino e cucchiaino, ben attenta a tenere il tutto lontano dai fogli e dagli effetti del giovane, afferrando quindi cautamente il proprio ritratto fra le dita e ripercorrendone i tratti. < Sei davvero bravo. Ti ci sono voluti solamente pochi minuti. > commenta lei alzando a quel punto lo sguardo alla ricerca della figura altrui, ovunque essa sia in quel momento. < E' questo che fai per vivere? L'artista? > chiede, con voce bassa ma interessata, ponendo il foglio nuovamente al di sopra del blocco da disegno.

14:12 Karitama:
  [Anteiku]  Con le spalle rivolte alla strada, e la sigaretta ancora tra le labbra violacee a causa del freddo, andrebbe quindi a fare gli ultimi tiri guardando la ragazzina avvicinarsi al tavolo e notare la bozza. Nel vedere il sorriso spontaneo causato da quella piccola attenzione, snuderebbe la dentatura perfetta in un sorriso appena accennato, ma comunque difficile da ignorare. Tornando a sedersi al tavolo, sulla sediolina ancora calda, la osserverebbe preparare quel cappuccino e, quasi senza controllo, ricomincerebbe a disegnarla. Stavolta di spalle, intenta a portare a termine il suo lavoro. Tenterebbe di simulare il movimeto di quella gonnellina dietro al bancone e i capelli celesti a fare da cornice alla scena. Nel vederla tornare con il cappuccino, andrebbe poi a spostare i fogli ormai sparsi sul tavolo per far spazio alla bevanda calda. Le farebbe quindi un sorriso naturale e soddisfatto, la bellezza di quei disegni lo riempie di orgoglio e nel guardare la ragazza continuerebbe a vedere una serie di fotogrammi disegnati dallo stesso artista. < Grazie mille. > le risponderebbe non smettendo di sorridere e continuando a fissare quegli occhi luminosi, con una naturalezza quasi spiazzante. < È più o meno tutta la mia vita. > continuerebbe lui alzandosi in piedi. Le tenderebbe poi la mancina, con il palmo rivolto al cielo e piagando leggermente il busto, alla ricerca della sua. < Io sono Karitama Ishiba. Pittore, scultore, pianista e poeta, ma tu puoi chiamarmi semplicemente Karim se preferisci. >. Se avesse ricevuto in risposta la mano dalla ragazza andrebbe quindi a prenderla, e con un gesto estremamente delicato, la avvicinerebbe alle labbra e, baciandosi il proprio pollice, la saluterebbe come si addice ad un opera d'arte come lei.

14:12 Haran:
 La risposta del giovane dal violaceo crine porta Azumi ad annuire leggermente. Non è che usa la sua arte per vivere è che lui vive per la sua arte. Un concetto che potrebbe apparire banale e quasi identico, eppure l'enfasi che il giovane mette nel dare quella risposta, il tono quasi carezzevole con cui pronuncia quel dire rende chiaro il baratro che separa i due concetti. Sa cosa significhi fare di qualcosa la propria ragione di vita, sentirsi vuota, persa senza avere più quel qualcosa a cui aggrapparsi. Azumi però, al contrario dell'altro, ha perduto ciò che per lei significava vita ed ora si sente semplicemente un involucro vuoto che va avanti per inerzia conducendo una vita meccanica, semplice, fatta dei suoi doveri e di ritmi scanditi dai bisogni del corpo. Si nutre, si allena, lavora, dorme e poi ricomincia tutto daccapo. Da quando ha perduto suo fratello Kaito non ha trovato più nulla per cui valesse la pena vivere. O meglio: aveva trovato Torihi, la bambina della quale aveva voluto prendersi cura e che doveva proteggere per conto dei suoi genitori, ma anche lei l'ha lasciata ed ora Azumi non è altro che un sottile stelo d'erba spazzato qua e là dai venti della vita. Ovunque le sue giornate vogliano portarla, lei segue semplicemente la strada. Da quando è entrata a far parte dei Goryo, tuttavia, le cose sembrano essere leggermente più divertenti. Senza rendersene conto ha iniziato a sentirsi parte di qualcosa, di un nucleo. Parte di una famiglia. E gran parte di tutto questo, deve ammettere, è merito di Kankri. < Lo si intuisce da come ne parli, sai? > replica lei con un mezzo sorriso educato, che non raggiunge gli occhi, spesso e volentieri spenti e privi di quella scintilla che sa di vita. Lo vede quindi alzarsi e porgerle la mano in un chiaro segno di non volergliela stringere, ma di volerle solo indicare di porre la propria sopra la sua. Azumi l'osserva silente andando a porre la destrorsa sull'altrui palmo, delicatamente, quasi come temesse di rendere quel contatto--reale. < Azumi Goryo. Genin dell'Erba e cameriera all'Anteiku a tempo perso. > si presenta a sua volta -con un mezzo sbuffo sarcastico, con una descrizione ben meno elegante ed interessante di quella altrui, quasi a voler schernire se stessa per quel suo essere niente più che una kunoichi di basso rango, nonché una porta caffè. Non che le importi, comunque. < Piacere di conoscerti, Karim. > aggiunge poco dopo azzardando di utilizzare quel nome che l'altro le ha indicato, ritrovandosi decisamente stupita nel notare il di lui modo di salutarla. Schiude le labbra con fare sorpreso, decisamente non abituata ad una simile eleganza, e quindi va sbattendo rapidamente le ciglia una, due, tre volte in rapida successione. < Così... Ishiba, eh? > domanda l'altra umettandosi le labbra, inclinando appena il capo verso la spalla mancina. < Non sei di Kusa, dico bene? > chioserebbe incuriosita mentre fuori da quelle vetrate la pioggia continuerebbe a calare.

14:13 Karitama:
  [Anteiku] Dopo aver poggiato le labbra sul proprio pollice, rialzerebbe il capo andando a ricercare ancora una volta gli immensi occhi della genin. <Il piacere è tutto mio signorina Azumi.> direbbe tornando completamente eretto e ,continuando, rispomderebbe alla domanda della ragazza. <Vengo da Ame ma, dopo la guerra contro Ryota, siamo stati costretti a trasferirici qui. Siamo io, la mia arte e la mia sorellina Kaime.> Notando l'assenza di altri clienti andrebbe poi a spostare la sedia su cui era stato seduto fino a quel momento e direbbe, con un tono caldo e segnato da una poco velata ironia: <Posso permettermi di invitarla a tenermi compagnia nonostante la grande affluenza di clienti?>. Se la kunoichi accettasse l'invito la aiuterebbe a sedersi per poi andarsi a posizionare specularmente a lei. Andrebbe quindi a chinarsi leggermente sul il tavolo tirando a sè con la destrorsa il disegno non ancora notato dalla ragazza, e vi apporrebbe la propria firma e una piccola dedica: "Ad Azumi Goryo, nella speranza di rallegrarle la giornata". Andrebbe quindi ad avvicinarglielo con un sorriso estremamente soddisfatto e chiedendole, con il fare di chi già conosce la risposta: <Ti piace?>. Ogni volta che qualcuno apprezza la sua arte o ne diventa a sua volta parte non può fare a meno di essere felice ed innamorarsi, volente o nolente, di quella nuova opera.

14:13 Haran:
 Una risata leggera andrebbe a librarsi dalle rosee della giovane all'udire la cortesia dell'altro nel rivolgersi a lei. Una gentilezza che potrebbe essere premeditata come innata, qualcosa che non può sapere non conoscendolo abbastanza, ma che comunque male non fa. < Chiamami pure Azumi. Non sono nessuno d'importante dopotutto. > gli dice agitando appena una mano come a voler scacciare la sola bizzarra idea che un nessuno come lei potesse essere chiamata con qualche onorifico immeritato. Non che abbia poi detto chissà cosa, sia chiaro, ma essendo lei nessuno di rilevante, trova che tutto quel formalismo non sia altro che un intralcio per una normalissima conversazione fra pari. Ascolta la risposta del ragazzo ritrovandosi ad annuire lievemente col capo, ricordando come la notizia della guerra contro Ryota Nara avesse raggiunto anche Oto a quel tempo. Ma è quando l'altro nomina la sua sorellina che l'espressione di Azumi va illuminandosi per un istante, brillando vivace per un infinito momento. < Oh, una sorellina? > domanda estremamente sensibile all'argomento, al ricordo mai svanito della presenza di Kaito nella sua vita. < Siete molto legati? > chiederebbe, di slancio, chiedendosi mentalmente se i due abbiano un legame simile a quello che lei ha sempre condiviso col fratello quand'era ancora in vita. Amici, complici, migliori amici. Era il suo modello, la sua metà migliore. Ed era anche morto. Il pensiero le pesa addosso come un macigno andando ad adombrare nuovamente lo sguardo che solo per un istante era andato accendendosi sul suo viso. Nota il di lui fare nello scostare la sedia e all'udire le sue parole si ritrova a dare in un sorrisetto sarcastico, portando la mancina a posarsi sul proprio fianco. < Ah-ah > imita pigramente una risata palesemente sarcastica alzando gli occhi al cielo. < Simpatico. > replica aprendosi però in un piccolo sorriso divertito, i denti a venir mostrati candidi fra le rosee in quel fare, prima di prender posto ove l'altro le avrebbe indicato. < Comunque immagino di potermi fermare per un po'. > chiosa serenamente vedendolo sedersi a propria volta, recuperando un foglio al quale non aveva prestato attenzione. Lo vede scriverci qualcosa e dunque passarglielo, portandola ad osservarlo a labbra schiuse, studiando i tratti della matita sulla carta, i kanji impressi sul foglio a formulare una dedica indirizzata proprio a lei. Quelle parole le strappano un sorriso intenerito, toccato da una simile gratuita premura e la portano ad inspirare a fondo. < Devi sapere che non sono un tipo che sorride spesso. > chiosa lei rialzando il viso e puntando le iridi azzurre in quelle altrui, le labbra distese di poco verso l'esterno agli angoli. < Ma questo disegno è riuscito a strapparmene uno. Quindi direi... sì? > Sì, la giornata va decisamente meglio grazie alla piccola gentilezza di un estraneo. Torna ad osservarlo notando il modo in cui l'altro ha definito i suoi capelli, la gonna dell'uniforme, la forma esile delle braccia e delle spalle. Questa volta non sono in vista gli occhi ma è ben delineata la forma del suo corpo. < E' bellissimo. > commenta lei in risposta alla domanda dell'Ishiba, sollevando nuovamente lo sguardo per portarlo sul suo volto. < Ti ringrazio. Per aver pensato di volermi ritrarre e, per aver voluto che lo avessi io. > continua con sincera gratitudine ammorbidendo i lineamenti del viso in una espressione riconoscente. < Credo sia la prima volta che qualcuno mi fa un ritratto > ridacchia, a mezza voce, inclinando il viso. < Anche tua sorella disegna? >

14:14 Karitama:
  [Anteiku] Parlando della sorellina il volto dell'artista si illumina di una luce diversa. Gli occhi luminosi per la prima volta vanno a lasciare il volto della ragazza e a brillare per un altra persona. <È la mia principessa> direbbe, andando a sfogliare il blocco da disegno alla ricerca di uno dei tanti ritratti di Kaime. <Lei non disegna ma è un ottima ballerina, e una delle mie uniche ragioni di vita.>. Dopo qualche secondo andrebbe ad estrarre un foglio ripiegato che andandosi ad aprire mostrerebbe il ritratto di un'abbraccio tra il ragazzo e la sorellina. Finendo per innamorarsi ancora una volta di quel suo disegno scrollerebbe la testa riportando l'attenzione su Azumi. L'indaco andrebbe ancora ad incontrarsi con quel celeste, ma stavolta è spento... qualcosa sembra turbare la ragazza e lui, volendola ancora come musa, sembrerebbe intristirsi insieme a lei. <Sai... il sorriso più bello è quello che non si mostra a tutti>. Andrebbe poi a sorseggiare il cappuccino preparatogli con grande cura e, sporcandosi con la schiuma, andrebbe a suggere il latte sulle proprie labbra con la punta della lingua senza però riuscire al meglio. <Tu hai qualche passione?> le chiederebbe sorridendo con quei ridicoli segni del latte attorno alla bocca e, sperando di poterle strappare un nuovo sorriso. Se ne sta follemente innamorato. L'idea di averglielo rubato lo spinge sempre più nella spirale della passione. Quella passione è così forte da spingerlo sempre più vicino a lei, ma per ora si trattiene.

14:14 Haran:
 E' palese il cambio d'espressione che va a prender luogo sul volto del ragazzo. Azumi può vedere come la luce nei suoi occhi si faccia viva, diversa e come la sua espressione paia così incredibilmente assorta. Le sue parole le strappano un sorriso felice e malinconico al tempo stesso, le portano alla mente ricordi dolce-amari e la fanno intenerire come non accadeva da molto tempo. < Sei fortunato ad averla. > gli direbbe con voce sinceramente convinta, bassa, lievemente malinconica al solo pensiero di aver perduto la propria ragione di vita. < Tienila stretta finché puoi. A questo mondo le gioie più intense hanno vita assai breve. > dice mostrando un profondo cinismo, una sorta di ineluttabilità che evidenzia la sua poca fede in quella che è la vita stessa. Non voleva essere deprimente o abbattere l'umore del ragazzo, ma non può fare a meno di riflettere su quel suo pensiero. Tutto ciò che le ha donato gioia le è stato strappato via nel tempo, tutto quello che la vita le ha donato glielo ha poi strappato rudemente via. Non sa se sia così per tutti o se solamente a lei sia stato riservato un simile trattamento, ma sa che questo è tutto ciò che conosce e se può mettere qualcuno in guardia allora perchè non farlo? Il ragazzo si rivela essere una compagnia gentile, piacevole e quello che le dice la porta a guardarlo in viso con fare serio ma cortese. < Suppongo tu abbia ragione. > gli dice annuendo, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, pacatamente. < Dopotutto pare che della bellezza tu abbia fatto una questione di vita, no? Disegni, scolpisci, suoni... sicuramente saprai riconoscere la vera bellezza dietro ogni cosa. > osserva un po' per poter rispondere in qualche modo a quella frase, un po' per poter comprendere un po' di più la mentalità del giovane accanto a lei. Lo vede bere il proprio cappuccino e nota come la schiuma vada a posarsi bianca attorno alle sue labbra, fastidiosa, dandogli un'aria decisamente meno seria, decisamente meno tenebrosa ma più umana, più tenera, come se improvvisamente fosse divenuto più raggiungibile. Una risatina esce spontanea dalle sue labbra mentre, allungando una mano, estrae dall'apposito contenitore un fazzolettino di carta. < Aspetta > direbbe lasciando sfumare il riso leggero, tentando dunque d'avvicinare al volto altrui il fazzoletto per pulire laddove la schiuma s'era andata a posare. < Ecco. Decisamente meglio. > direbbe se l'altro le avesse concesso di compiere quel gesto, accartocciando il fazzolettino nella mano e quindi riflettendo sull'ultimo quesito postole. < Passione... > ripete in difficoltà, notando come di fatto nella sua vita non si sia mai interessata a null'altro che non fosse il proprio lavoro da kunoichi ed i propri doveri da sorella prima e madre poi. < ...No. Non--mi viene in mente nulla. > ammette sentendosi appena a disagio nel realizzare una simile, triste verità. < Non ho avuto molto tempo per provare a cercarne una. O forse sono solo una persona estremamente noiosa. Non saprei. > ride allora, alla fine, per smorzare quell'atmosfera improvvisamente così triste.

14:15 Karitama:
  [Anteiku]  A quel gesto così cortese e allo stesso tempo spontaneo, il deshi non potrebbe far altro che scoppiare in una sonora risata, causata della brutta figura fatta con quella piccola musa che gli stava tenendo compagnia. La ragazza ha colto in pieno la sua essenza. Trovare una persona che lo riesca a capire così, capace di comprendere la futilità dei piaceri e la fittizia felicità che ne scaturisce. Era riuscito a trovare una tale sintonia solo con la sorellina fino a quel momento. Seguendo le sue parole direbbe poi: <È proprio quello che faccio. La mia vita e votata alla ricerca della bellezza... della perfezione. Giro il villaggio, e spero un giorno il mondo, alla ricerca di tutto ciò che di bello ha da offrire questa terra. Forse è proprio per questo che ti ho voluta ritrarre oggi.>. Chinerebbe il capo a prendere quel primo disegno, fatto di sfuggita in quei pochi secondi prima dell'ordinazione. Lo guarderebbe e, osservando di sfuggita la kunoichi, aggiungerebbe qualche piccolo dettaglio prima trascurato a causa della foga.<Come fai a definirti una persona noisa? Semplicemente devi trovare la strada che potrebbe darti qualche istante di soddisfazione in questa vita che oscilla tra noia e dolore. Io l'ho trovata nell'arte. Ti andrebbe di provare?> direbbe infine strappando un nuovo foglio e porgendoglielo. Prenderebbe quindi la sua matita e, rialzandosi, andrebbe a porsi alla sinistra della ragazza per poi donarle quel semplice insieme di legno e grafite, capace di creare arte dal candore di un foglio. <Cosa ti piacerebbe creare?> chiederebbe snudando ancora una volta la dentatura perfetta. Ricevuta la risposta, se lei lo permettesse, si porrebbe alle sue spalle e comincerebbe a guidare la piccola mano della musa nel creare qualsiasi cosa lei voglia rappresentare.

14:28 Haran:
 Azumi sorride della risata altrui senza mostrare i denti candidi. E' un momento leggero, piacevole, che non si sarebbe sinceramente aspettata di condividere con qualcuno quel giorno. O mai. Ma Karitama si rivela essere una compagnia gradevole e Azumi si ritrova ad ascoltare piuttosto interessata le sue parole quando l'altro le parla un po' di sé, di ciò che cerca dalla vita, nel mondo, in ogni Villaggio visitato e che visiterà. Invidia il suo avere un desiderio reale a cui aggrapparsi, l'avere un obiettivo da perseguire con ogni suo mezzo a disposizione: lei a confronto si sente vuota ed inutile nel suo semplice vivere alla giornata senza un fine ultimo da raggiungere. Un sorriso gentile, riconoscente, le si dipinge in volto quando Karitama proferisce quelle iniziali parole, accogliendo ben volentieri il non troppo velato complimento e sistemandosi una ciocca di capelli celesti dietro l'orecchio. < E' il tuo normale metodo di approccio oppure sono stata particolarmente fortunata? > domanda allora, sorridendo, la ragazza, raddrizzando la schiena e fissandolo coi suoi grandi occhi azzurri per cercare dietro la sua espressione la verità prima ch'essa possa giungere dalla sua voce. Ridacchia a mezza voce, divertita, notando poco dopo il fare del ragazzo quand'egli recupera il primo ritratto fatto e lo migliora aggiungendo qualche particolare qui e là che rendono l'opera ancora più bella, ancora più somigliante e reale. Le fa uno strano effetto l'idea di vedere qualcuno impegnarsi tanto per ritrarla, per imprigionare su carta la sua immagine, ma al tempo stesso è una sensazione piacevole che le scivola nel cuore. Esattamente come fanno le parole dell'altro che, guardandola, tenta di rincuorarla offrendole un aiuto per provare a trovare la sua passione. Azumi schiude le labbra, incerta, guardandolo con fare indeciso. In teoria sta lavorando e non dovrebbe attardarsi troppo con un cliente: Nimura l'avrebbe sgridata a dovere se l'avesse vista. Inoltre non è molto brava a disegnare e l'idea di mostrare i suoi obbrobri a qualcuno di talentuoso come lui la imbarazza. Tuttavia Karim è così gentile che non riesce a declinare l'invito, trovandosi ad avvertire la sua presenza dapprima al suo fianco e quindi alle sue spalle. La mano dell'altro si racchiude sulla propria facendola sentire improvvisamente intimidita, imbarazzata e... incerta. < A-ahm... > boccheggia la genin con la testa improvvisamente vuota, la vicinanza con l'altro a confonderla ancora di più a causa della sua totale mancanza di rapporti col genere maschile. < Non--saprei. Forse... > ruota lo sguardo alla ricerca di un qualcosa da ritrarre e quindi, fuori dalla vetrata, andrebbe a notare una delle varie rose piantate sul davanzale del locale. < Una rosa. > direbbe, alla fine, abbozzando un sorriso, puntando lo sguardo sul foglio e deglutendo silenziosamente. < Come--da dove inizio? > chiederebbe, alla fine, non osando muovere mano per prima sul foglio, non senza la di lui guida.

15:01 Karitama:
 Divertito e anche un po'affascinato dall'inaspettata risposta della genin, karim accennerebbe una risata perdendosi poi ancora in quegli occhi. <Io non sono il tipo da falsi complimenti e approcci artefatti. Non riuscerei mai a svilire l'idea che ho della mia arte e della bellezza solo per avvicinarmi ad una ragazza.> direbbe poi schidendo le labbra e mostrando nei suoi occhi indaco tutto ciò che quella bellezza sta facendo al suo animo. Dopo aver cinto l'esile mano della ragazza, volterebbe poi il capo verso la rosa indicatagli e, non smettendo di sorriderle, tornerebbe a guardarla percependo, nel suo sguardo e nella voce, quell'insicurezza che quasi lo diverte. <Bell'idea> le direbbe rassicurandola. <Il segreto dell'arte è svutare la mente e lasciarti guidare dalla *bellezza*> continuerebbe poi ponendo l'accento su quella parola, tanto importante quanto distante dalla semplice concezione umana. <Per cominciare guardala, innamoratene, rendila parte di te. Scegliere un soggetto significa vederci qualcosa di unico e speciale. Cosa vedi in quella rosa? Cosa vedi in quei petali? Cosa c'è dietro quel candore e quella purezza?> comincerebbe quasi a sproloquiare lui perdendosi in quel discorso e cominciando a muovere la piccola mano della genin, andando a formare in cerchio al centro del foglio. <La mente è unica. Sai perchè?> chiderebbe alla ragazza in maniere abbastanza retorica. Se lei non rispondesse continuerebbe poi: <Lo è perchè può vedere l'essenza e l'unicità nella natura. Può vedere il sublime.>. Guidandola comincerebbe quindi a creare quell'opera che potrebbe sembrare un po'come una melodia composta a quattro mani. Non imporrebbe i movimenti ma, percependo ogni piccola vibrazione di quel animo puro, si limiterebbe ad aiutarla neĺla ricerca.

15:27 Haran:
 La risposta del ragazzo non fa che rendergli onore. Avrebbe potuto perfettamente rispondere con una qualche frase fatta atta a solleticare la vanità della giovane per approfittare del momento, invece specifica soltanto come il suo carattere non sia solito portarlo ad avere un certo tipo di atteggiamento col gentil sesso. Azumi sorride, soddisfatta, andando a sostenere il suo sguardo. < Questo ti fa onore. > commenta, molto semplicemente, ricambiando il sorriso altrui, vedendo chiaramente nei suoi occhi la sincerità delle sue parole. Le fa piacere trovare nell'altro quella serietà d'animo e d'intenzioni che molto spesso manca in un uomo e le fa piacere il fatto di non vedere alcun tipo di artificio nel fare altrui. Un po' tutto questo la rasserena quando l'altro afferra la sua mano per aiutarla nella sua opera: rimane ancora piuttosto imbarazzata, poco incline al contatto fisico diretto di norma, ma non si scosta. Ascolta invece il dire di Karitama scorgendo nelle sue parole un'autentica fiamma. S'immerge nel discorso quasi dimenticandosi dell'esistenza stessa della ragazza e rimane lui e la sua arte in una frazione eterna di tempo. E' come se il ragazzo seducesse la sua stessa arte, come se facesse l'amore con lei già solo nel momento stesso in cui tenta di descriverla, già solo nell'atto di far correre la matita su un foglio immacolato. Azumi è colpita, meravigliata di quel suo coinvolgimento e si ritrova ad alternare lo sguardo fra la parte di viso che di lui può osservare ruotando il viso in sua direzione e la rosa che ha deciso di ritrarre. Cerca di vedere qualcosa più che un semplice fiore in quei petali rossi come sangue e si ritrova per un attimo a ricordare il modo in cui quelle gocce cremisi hanno macchiato le sue mani anni addietro. Kaito riverso al suolo, morto e quelle chiazze scarlatte a gocciolare al suolo formando immagini distorte e macabre. La ragazza si riscuote da quel pensiero andando a deglutire e cercare di distrarsi da tale considerazione. < Uh-quindi... > chiosa schiarendosi la voce, seguendo il movimento imposto dalla mano di Karim nel disegnare quel cerchio. < Cosa hai visto in me? > chiede incuriosita, adesso, dalle risposte che l'altro può aver dato a quelle sue stesse domande al momento di decidere di ritrarla sui suoi fogli poc'anzi. E dunque ascolta il suo dire, quella domanda retorica alla quale non risponde e a cui lui dona poco dopo responso con semplice trasporto. Azumi sorride a quelle parole e si ritrova a chiedersi se l'altro sia consapevole o meno di quanto sia raro trovare qualcuno capace- come lui, di vedere quel sublime di cui egli parla. < Vorrei essere capace di vedere il mondo coi tuoi occhi. > ammette lei mentre con la mano tenterebbe d'iniziare a fare un abbozzo di quella rosa sui cui petali ha fissato lo sguardo, perdendosi in quelle forme, in quel colore, in quella meravigliosa armonia. < Da come ne parli si direbbe che tu veda ovunque colori e magia. > sorride, amaramente, sinceramente invidiosa di quella sua capacità.

15:56 Karitama:
 <Cosa ho visto? Mi sono perso nei tuoi occhi e nella melodia della tua voce che risuonava perfetta anche solo nel chiedermi cosa volessi> risponderebbe lui all'altrui domanda. <Sei stata capace di distogliermi da un'opera già iniziata solo parlandomi e questo mi ha catturato.> continuerebbe sorridendo e con il capo chino a guidare quella mano tanto esile quanto tormentata. Alzerebbe poi il capo rivolgendolo verso quel candido volto che, vista la posizione, sarebbe a qualche centimetro dal suo, e concluderebbe: <Anche solo questo vale un'opera d'arte.>. Al dire della ragazza fermerebbe però di colpo la mano e la lascerebbe andare per qualche istante. La sua è una maledizione. Tutto arte, nulla reale e una perfezione irraggiungibile. Pigandosi sulle leve inferiori rimarrebbe pietrificato lasciando andare gli arti superiori lungo il busto. Quel fuoco e quel sorriso che lo caratterizzavano fino a quel momento sparirebbero. Si rialzerebbe e, con un sorriso stavolta innaturale, tirerebbe fuori con la mancina il pacchetto di sigarette. <Ti andrebbe una sigaretta o potrebbe crearti dei problemi?> dire alla ragazzina che, inconsapevolmente, aveva toccato un tasto piuttosto dolente. <Ho bisogno di una boccata d'aria e mi farebbe piacere avere ancora la tua compagnia. Nel caso di una risposta affermativa le tenderebbe la mancina per aiutarla nel levarsi dalla sedia e si avvierebbe verso il balconcino.

16:28 Haran:
 < Beh... uh-io... > Come si dovrebbe rispondere a delle parole simili? Come potrebbe mai replicare ad un qualcosa che la lascia così basita? Senza parole si ritrova a boccheggiare per un attimo con la mano che appena trema sotto il tocco di Karitama per via dell'incertezza del tracciare i tratti che vanno a comporre quella che dovrebbe essere una rosa. < --grazie. Per pensare tutto questo. > riesce a chiosare alla fine, insicura se possano essere parole a cui dover opporre dei ringraziamenti, ma alla fine è l'unica cosa che si sente realmente di dire. Un ringraziamento per vedere in lei tutta quella meraviglia che lei stessa, per prima, non ha mai veduto in se stessa. E dunque avvertirebbe il viso di Karitama vicino al proprio, quel sorriso dipinto sulle sue labbra, l'espressione gentile che porta Azumi a fissarlo sorpresa, colpita da quelle parole. < Ah... non--saprei.. > mormorerebbe lei deglutendo, a labbra schiuse, avvertendo poi la mano altrui allentare la presa sulla propria fino a lasciarla. V'è un rapido cambio di tono e registro nel ragazzo che, improvvisamente, sembra essersi come spento e raffreddato andando a distanziarsi appena da lei, offrendole di punto in bianco una sigaretta. Azumi lascia andare la matita fissandolo confusa, sbattendo le palpebre un paio di volte. < No, ti ringrazio. > declina gentilmente l'offerta alzandosi dalla sedia. < Non fumo e in ogni caso rischierei il linciaggio da parte della titolare. > spiega vedendolo avvicinarsi al balconcino, sentendosi improvvisamente quasi--colpevole. < Ho detto qualcosa che non va? > domanderebbe quindi, alla fine, stringendosi il gomito destro con la mancina, l'espressione incerta e titubante dipinta sul volto.

17:01 Karitama:
 Prenderebbe la sigaretta dal pacchetto con la mancina e, senza distogliere lo sguardo da Azumi, uscirebbe sul balconcino nella speranza di tranquillizzarsi. Nel varcare la portafinestra le sussurrerebbe: <Aspettami qui. Se vuoi posso mostrarti davvero cosa significa vedere il mondo da questi occhi>. Andrebbe a porre il quel cilindro di tabacco tra le tremanti labbra e, in quel fumo che fuoriesce da quel corpo maledetto, andrebbe a rivedere tutti i demoni che lo seguono. L'incessante ricerca della perfezione lo ha portato a soffrire di insonnia. Gli incubi che lo torturano sono nati dalla sua arte. Più gli occhi cercano la bellezza più l'orrore vi si pone dinnanzi. Eppure gli occhi di Azumi oltre quella lastra di vetro sono diversi. Qualcosa la tortura, e questo li rende forse più affini. Oltre qualsiasi aspettativa qualcosa li accomuna. Il fumo copre la visuale da ambo le parti e prende forma e consistenza. I demoni lo stanno cefcando. Una lacrima va a rigare il volto dell'artista, e l'incandescente cenere finisce via dalle rosee. La mancina manderebbe via il fumo mentre la destrorsa passerebbe sullo zigomo andando ad asciugarlo. Si allontanerebbe quindi dal davanzale andando ad avviarsi verso il tavolino e, se la ragazza non fosse andata via, aspettando davvero quel povero artista pazzo, le sorriderebbe ancora una volta, senza però snudare le arcate. <Vuoi davvero sapere cosa significa vedere dall'indaco di queste iridi?> chiederebbe divertito. Prenderebbe quindi il blocchetto da disegno e, sfogliandolo, troverebbe sul fondo due tavole. Una raffigura la purpurea donna che lo insegue. Una ragazza con il volto coperto da un velo nero, una rossa capigliatura e le labbra macchiate di sangue. Il secondo raffigurerebbe un uomo, prono al suolo con il volto a rasentare il terreno sotto di lui, solo nella profonda oscurità dell'abbandono. <Ecco quello che si vede oltre alla bellezza. Ogni cosa vera afferma il suo contrario, e io sono perseguitato nella mia ricerca della bellezza dall'orrore di queste creature.> concluderebbe guardandola negli occhi, spento come un uomo che ha visto la propria morte dinnanzi a sè.

17:54 Haran:
 Azumi annuisce, incerta, alla proposta del ragazzo quand'egli le chiede di attenderlo. Lo vede andare nel balconcino rifugiandosi dietro le volute di fumo grigiastro che vengono liberate dalla sua sigaretta. Il fumo si frappone come un velo fra loro concedendo alle loro iridi di scorgere solo piccoli frammenti della reciproca figura oltre la lastra di vetro della porta-finestra. Azumi non si muove, non dice alcunché, limitandosi quindi ad attendere il ritorno del ragazzo nella speranza di non aver detto o fatto nulla che possa averlo in qualche modo offeso o turbato. Ci vuole poco perchè quella sigaretta si esaurisca ed il ragazzo ritorni ponendosi al di lei fianco, ancora poggiati a quel tavolino ricoperto di disegni e schizzi. Azumi l'osserva in silenzio, attende pacatamente fino a quando non nota quel sorriso così spento dilungarsi sulle labbra sottili del ragazzo. Annuisce, nuovamente, al ripetersi di quella domanda e dunque abbassa lo sguardo su un paio di tavole che il giovane le mostra. Una donna ed un uomo raffigurati in esse; l'una dal viso coperto e le labbra di sangue, l'altro riverso al suolo col viso rivolto a terra. C'è qualcosa di macabro e disturbante in queste tavole, c'è qualcosa di sinistro nel sentimento che sente sgorgarle dentro alla semplice vista di quei corpi. Non v'è disegnato alcun particolare crudo o particolarmente cruento, sembrano normali raffigurazioni, eppure... Eppure un brivido freddo le risale l colonna portando lo sguardo di Azumi a sollevarsi per cercare quello altrui. Osserva Karitama, osserva quello sguardo adesso spento e privo di quella scintilla che fino a quel momento l'ha animato al solo parlare dell'arte e della bellezza che tanto ama e ricerca ovunque vada. < Chi sono? > domanderebbe lei con un filo di voce, schiudendo le labbra con fare delicato, tenendo le iridi azzurre fisse in quelle indaco dell'altro. < E' soltanto la rappresentazione del contrario del sublime che dici di poter vedere in ogni cosa o... è qualcuno che bracca il tuo cuore? >

18:26 Karitama:
 Lo iridi spente vanno ad incontrare quell'azzurro, così profondo da perdercisi ancora e ancora.<Loro sono i miei demoni> risponderebbe. <Incubi ricorrenti che mi inseguono anche di giorno>. Le mani a tremare vistosamente sul tavolino con l'indice della mamcina a picchiettare sul legno. Il dolore si sta nuovamente impossessando di lui e non può farci nulla. Lo pervade come un fiume in piena che sembra volersi riversare e distruggere tutto. Una lacrima verrebbe fermata dopo qualche istante dallo stesso indice che tamburellava e lo sguardo si abbasserebbe sul tavolino nascondendo quella fragilità alla bellissima musa. <Scusa...> sussurrerebbe schidendo le labbra. <Sono solo in questa guerra, e non avrei dovuto portartici. Ho scelto la perfezione ed ella mi ha maledetto.> finirebbe con un tono talmente fievole da essere quasi inudibile. Riprenderebbe quindi quei disegni riversi sul tavolo e, bagnandoli erroneamente con una lacrima li poserebbe nel blocchetto. <Oggi quando ti ho vista qui...> direbbe con il fiato spezzato di chi trattiene le lacrime. <Ho visto qualcosa in te di davvero unico.>. Le accarezzerebbe il volto con l'esterno della mancina, rialzando quelle iridi indaco guardando ancora una volta quel candido volto che, come una tela unica, ha come protagonista quegli occhi che per qualche momento lo hanno reso un po' più felice. <Grazie di avermi reso partecipe dell'arte che è la tua essenza. Ti lascio al tuo lavoro.>. Il sorriso tornerebbe sul volto di Karitama dicendo un ultima frase: <Se vuoi possiamo vederci ancora. Grazie Azumi>

18:35 Haran:
 Azumi andrebbe ad umettarsi le labbra ritrovandosi nella difficile condizione di voler confortare qualcuno senza sapere bene come fare. Sono anni che non ha un rapporto umano con nessuno, anni che non si interessa della salute o del benessere di chiunque non fosse la piccola Torihi, ed ora si ritrova a voler dare sollievo ad un totale estraneo che le ha mostrato parte della sua anima con una tale spontaneità da lasciarla inerme sotto il suo sguardo. La giovane tenterebbe dunque di porsi dinnanzi a lui e di poggiare le mani sulle sue spalle per farlo ruotare col corpo verso di lei e averlo davanti, frontalmente. < Sono incubi. Non sono reali. > tenterebbe di ricordargli con tono sicuro e deciso, fermo. < Non possono farti del male se non gli dai il potere di farlo. Sei sveglio, sei vivo, sei qui. E loro non ci sono. > tenta di dargli coraggio, di dargli forza, dicendogli di stare sostanzialmente tranquillo, di essere al sicuro lì. Tuttavia l'altro sembra essere turbato abbastanza da lasciar fluire via una lacrima che subito andrebbe a scacciare con il dito, distogliendo da lei lo sguardo. Le mani ella giovane -se in precedenza fosse riuscita nel suo gesto di voltarlo verso di sé, ricadrebbero lungo i fianchi inermi. < Figurati. Mi dispiace non poter essere più utile di così. > ammette lei con lieve disagio, dondolandosi sui talloni. < Le interazioni sociali non sono esattamente il mio forte. > rivela abbassando a sua volta lo sguardo per poi udire il successivo discorso del ragazzo. Sente il modo in cui lui cerca di scusarsi e ne ritrova nuovamente lo sguardo, mentre Karitama si appresta a pulire il tavolo dei suoi effetti personali. Azumi non chiosa, tace, limitandosi ad osservarlo per poi sentire la sua voce mezza rotta richiamarla ancora a sé. Azumi sorride, grata, incapace di commentare quanto il ragazzo le dice e lascia che la mano dell'Ishiba scivoli lenta sul suo viso permettendo ai loro sguardi di ritrovarsi. < Grazie per aver visto qualcosa di--bello, in me. > commenterebbe lei, alla fine, abbassando appena lo sguardo, per poi annuire e quindi schiarirsi la voce come per mettere fine a quell'incontro e tornare ad indossare le mentali vesti di cameriera che, per un po' di tempo, aveva abbandonato in favore di quelle della semplice Azumi. < Quando vorrai vedermi cercami qui, è dove vivo. > gli lascerebbe detto, alla fine, recuperando la tazzina ormai vuota. < E--non preoccuparti. Questo lo offro io. > terminerebbe, alla fine, con un sorriso gentile, lasciando quindi modo al ragazzo di abbandonare il locale e tornare sotto l'uggioso cielo di quel pomeriggio invernale. [END]

Karitama e Azumi s'incontrano per caso in una giornata uggiosa e parlano di cose.