[Cure Kouki] Tu Come Me.

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Giocata di Corporazione

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22:33 Kouki:
  [Stanza] È sera, fa caldo ma sul villaggio di Kusa vi è un vero e proprio temporale. Le nubi si sono accalcate in cielo rendendolo ancor più scuro, liberando le proprie lacrime che velocemente tartassano la terra. Fulmini seguiti dai rombi dei tuoni, un vero e proprio temporale. Si potrebbe dire che è l’esatto specchio di quello che succede nell’animo della giovane Yakushi. Confusa, dolorante e con dei ricordi mancanti nella propria memoria. Come è finita la missione? E come mai ha quella sensazione di disagio dentro di sé? Inoltre si sente decisamente spossata, mal di testa, mal di occhi, si sente debole… e non pensa proprio che si tratti della ferita che le attraversa la spalla destra. Una perforazione dovuta da un dardo. Le fa male, ma l’espressione del suo viso non sembra esprimere dolore o sofferenza, ma confusione. Questo non vuol dire che non senta male, ma che semplicemente ci è abituata e ora, col tempo passato, quella pulsazione fastidiosa che avverte sembra essere diventata sua amica. Non si è presentata subito in ospedale per essere curata dopo la missione, ha lasciato passare un po’ di tempo prima di decidersi a presentarsi per ricevere delle cure. Infatti la spalla è fasciata, dopo che ci ha applicato delle garze, un po’ in maniera poco accurata, ma per lo meno sa come eseguire delle medicazioni. Non potrà curarsi col chakra medico, ma le conoscenze le rimangono. Purtroppo di cure ne ha bisogno, non basta una benda, di fatti è sporca di sangue secco. I lunghi capelli neri e lisci sono tenuti sciolti, liberi di ricaderle sulle spalle, lungo la schiena fino al sedere. Le coprono il simbolo del proprio clan cucito sul retro del kimono che indossa. Un kimono corto e bianco, dai bordi blu, medesimo colore che è imbeve la fascia che tiene stretta in vita, sulla quale è presente la placca in metallo del copri fronte di Konoha. Maniche lunghe e larghe, tanto da coprirle le mani, mentre sotto al kimono indossa un paio di pantaloncini corti ed aderenti. Scarpe ninja ai piedi e nient’altro, dato che in ospedale le armi non sono ammesse. Il chakra, dato che non è lì per lavorare, non è impastato, come vogliono le regole. L’intero suo corpo è inoltre bendato da fasciature bianche, per nasconderne le cicatrici e i segni di bruciature che percorrono tutta la sua pelle ad esclusione del viso. È in attesa in una stanza, seduta su un eventuale lettino che dovrebbe essere presente, il viso pallido è abbassato, gli occhi gialli intenti ad osservarsi le ginocchia. Mille pensieri, mille dubbi, mille sensazioni… tra il dolore, la confusione e i vuoti di memoria. Attende che qualcuno entri in quella stanza per occuparsi di lei, dopo che ovviamente ha fatto richiesta di essere curata. Espressione lontana, distante, assorta… mentre le pallide labbra sono tenute serrate, chiuse. Non è andata bene, se lo sente.

22:51 Koichi:
  [Stanza.] Maledetto tutore che renderebbe difficile ogni cosa, anche un semplice indossar un camice bianco: il fatto che sia ancora in recupero non gli priverebbe di prestare la propria attenzione al proprio ruolo, quello di salvaguardare la vita umane e lasciar che quell'arte venga utilizzata, attinta, ogni singolo giorno della propria vita, per risollevare la salute di chi lo circonderebbe. Passi lenti, lievemente infastidito da quel supporto che avrebbe per il proprio braccio sinistro, ma mediante il proprio Jutsu sarebbe riuscito a recuperare la maggior parte dei propri danni, avvertendo un semplice fastidio, infimo rispetto al dolore nutrito fino a qualche ora addietro. Silenziosamente, andrebbe a solcare lungo i corridoi, ove una voce d'una infermiera gli renderebbe noto la presenza di una paziente all'interno di una delle stanze vicine, ove si stava dirigendo. Non coglierebbe immediatamente l'entità di costei, fin quando il proprio braccio destro, quello sano, andrà a spingere la porta, presentandosi al cospetto della Genin. Ed in quel momento, un fulmine che illumiinerebbe completamente la stanza, con quella luce che causerebbe un'immensa ombra sulla parete alle spalle del praticante. Potrebbe spaventarla con quell'entrata improvvisa, ma preferirebbe prendersi cura di quel contenitore così singolare. <Puoi anche lasciarci soli. Mi occuperò personalmente di lei.> Affermerebbe verso l'infermiera, che andrebbe a congedarsi, lasciando totale spazio alla figura maschile, che potrà avvicinarsi verso la controparte. <Kouki-San.> Un flebile sussurro, un fonema che potrebbe risuonare anche dolce data la delicatezza utilizzata verso costei. <O chiunque tu vi sia.> Quel cambiamento d'umore, quel modo di reagire così differente dalla persona che avrebbe incrociato nel primo istante: non uno stolto, non lui che già conoscerebbe il sapore simile, di una realtà condivisa su due schermi. <Immagino che tu sia qui per il braccio.> Si avvicinerebbe, tentando di posizionarsi dinanzi a lei, mentre sarebbe seduta sul lettino. Potrebbe risultare ancora poco più alto d'ella, in effetti. <Son contento che sia io a curarti questa ferita.> Mano sana che andrebbe a sollevarsi, lentamente, tentando di portarsi poco sopra il capo femminile, impiegando quel palmo per un paio di carezze su quel capo, se l'altra non si ritirerà indietro. <Riesci a rimuovere tutto il vestiario che ostacola la ferita?> Avanzerebbe, con un volume di voce basso, quasi confidenziale, data la distanza minima che scorrerebbe tra i due. In sottofondo, soltanto una mera pioggia che cadrebbe al suolo, che impatterebbe contro le superfici vitree delle finestre. Silenzioso, mentre andrebbe ad accertarsi del danno che l'altra avrebbe riportato, a causa di una propria esitazione. Il dardo sembrerebbe esser stato già rimosso, fortunatamente, lasciando al Chuunin il semplice compito di sollecitare l'organismo femminile, nell'atto di recuperare totalmente la salute. [Chakra On]

23:10 Kouki:
  [Stanza] Al di fuori delle finestre vi è solo il nero e la pioggia, ma lei non è interessata a quello spettacolo, rimane col viso abbassato, mentre i capelli le ricadono anche su di esso nascondendo in parte quei suoi lineamenti così infantili, ma allo stesso tempo così duri. Non sa esattamente cosa pensare, così sperduta e sballottata da sentirsi come gelatina. Non vi è traccia di Mirako in questo momento, è semplicemente Kouki, pura e semplice, con quella sensazione di essere stata troppo debole, ma purtroppo i suoi ricordi si fermano a quel dardo conficcato nella spalla. Non ha memoria di cosa sia successo dopo e questo la terrorizza, come sempre. La porta della stanza viene aperta quasi di colpo, e il tutto verrebbe colto da un fulmine che illuminerebbe a giorno la stanza, scagliando alte ed inquietanti ombre sulle pareti. Tuttavia la giovane non sussulta, si limita a sollevare il capo ed osservare colui che è entrato. Alcune ciocche di neri capelli le rimangono dinnanzi al viso, dandole un’espressione quasi spettrale. Gli occhi si puntano sul ragazzo e riconoscerebbe al volo l’identità di Koichi, sempre che sia lui e non l’altro. Non dice nulla, permane nel suo silenzio fino a quando l’infermiera non si congeda lasciandoli soli e lui si avvicina ad ella. Certo, lui potrebbe sapere cosa sia successo… che fine hanno fatto i banditi e la carrozza. Non dice nulla, lascia che egli pronunci il suo nome e lei semplicemente lo segue con lo sguardo… lenta e meccanica. <Si. Per il braccio.> sussurra appena, un lieve sibilo distante e delicato, in un qualche modo però avvolgente. Rimane in silenzio a lungo, senza aggiungere altro anche se inizia a sentire dentro di sé la necessità di ricorrere alle buone norme sociali che lei non è abituata a seguire. <Le tue ferite?> si, insomma, come sta, cosa gli è successo… dato che non ha esatta memoria nemmeno di quello. Sembrerebbe stanca, distante appunto, eppure cerca allo stesso tempo di instaurare una discussione. Ma quando l’altro tenta di posare una mano sulla sua testa, ecco che istintivamente nella sua mente scatta un meccanismo di difesa, lo stesso che era scattato con Raido, ovvero si discosterebbe mentre l’espressione assumerebbe una lieve venatura di paura. Probabilmente la sua mente si trova in un momento di passaggio, vulnerabile ai ricordi meno piacevoli del suo passato. Eppure dopo essersi scostata, andrebbe a riconoscere la sua maleducazione andando ad accennare una piccola scusa. <Scusa… perché ne sei felice?> aggiunge anche una domanda, dato che l’affermazione del ragazzo ha destato la sua curiosità. Infine, nel mentre che attenderebbe una risposta, andrebbe ad annuire alle ultime parole dell’altro, muovendosi con gesti lenti e meccanici. Andrebbe ad aprire leggermente il kimono sul davanti, per permettere alla manica destra di poter scendere e liberare il braccio e la spalla, oltre che ad una parte del petto e del collo. Al di sotto le sue fasciature, la ricoprono fino al collo, ricoprono ogni centimetro della sua pelle… mentre quelle all’altezza della ferita sono sporche di sangue. <Ho atteso troppo per venire a farmi curare.> ammette l’evidenza mentre andrebbe a sbendarsi. Per liberare per bene il braccio toglierebbe tutte le bende presenti su di esso, fino al collo e la parte del petto, senza comunque rivelare oltre. La pelle ora ben visibile mette a nudo le profonde cicatrici che percorrono quella parte del suo corpo. Sono cicatrici di diversa lunghezza, dai margini frastagliati oppure nette. Diverse forme, che percorrono ed avvolgono l’intero suo braccio, la spalla e il petto fin dove lei stessa ha sbendato. Alcune sono puntiformi, come se qualcosa le fosse stato infilzato nelle carni, e inoltre ad accompagnare il tutto ci sono segni di bruciatura evidenti. Sul collo sono decisamente più lievi e meno frequenti, dato che la più evidente si trova dietro alla nuca, ma nascosta ora dai capelli. <Cosa è successo alla fine? Non ricordo come è finita la missione. Ho un vuoto da quando mi hanno colpita.> si decide finalmente a chiedere, ad esporre quella sua debolezza.

23:27 Koichi:
  [Stanza.] Ciocche azzurre che ricadono in modo ribelle, slanciandosi da una direzione all'altra, senza alcun freno inibitorio: questa sarebbe probabilmente il primo fotogramma che l'altra potrà catturare, quando il lampo illuminerà l'intera stanza, la quale verrebbe rilasciata quasi all'oscuro, se non fosse per quella fioca luce data da una lampada poco distante. Un ambiente che sembrerebbe esser rassicuratore, così come il gesto del praticante se solo questo fosse andato a buon fine. Potrà notare quel capo distogliersi, fuggire via da quella mano lenta, amichevole: <Ho esagerato io.> Come poteva immaginare che stava per chiedere troppo ad una Genin appena incontrata, seppur quest'ultima avesse stimolato alcuni punti della propria curiosità? Gonfierebbe appena i polmoni, caricandosi d'aria, prima di espellere all'esterno, torcendo appena il capo affinché il getto d'aria non vada ad infastidire la fanciulla. <Non vi è bisogno che ti sforzi di chiedere.> Quasi come se potesse masticare quella sensazione, come se fosse una domanda di cortesia: darebbe ciò per scontato o quasi. <Sono ferite superficiali, in un paio di giorni sarò totalmente nuovo.> Ed il tutore? Lo indicherebbe con la mano libera: <Questo è solo perché ho atteso anche io prima di presentarmi qui in ospedale.> Nulla di nuovo, nulla di serio, mentre potrebbe scorgere quella porzione di corpo femminile, segnato da numerose cicatrici e varie ustioni. <Uh...> Colpito, come potrebbe non esserlo, come potrebbe rimanere così incurante dinanzi a quei segni? Eppure non proverebbe proprio compassione, pena, ma più una sete di conoscenza a riguardo. <Perché mi sento responsabile di questa ferita, in quanto ho esitato e tu sei stata colta impreparata.> Piegherebbe appena il capo verso destra, compiendo una piccola smorfia di disappunto, soprattutto quando potrà percepire quell'ultima domanda. <La missione è fallita.> Senza mezzi termini, senza ausilio di perifrasi: <Ci hanno accerchiato dei cavalieri deboli, il problema era la loro quantità.> Racconterebbe davvero, come se l'altra non fosse presente: cosa che confermerebbe il dualismo che l'altra ospiterebbe dentro di sé. <Intanto il loro capo, armato di balestra, è riuscito a recuperare la carrozza.> Alzerebbe anche le spalle, incassando la testa fra di esse: <Inutile dirti che c'è stata una lotta, quasi a senso unico, ove si è visto il nostro cliente esente del proprio capo.> Decapitato. <E la testa all'interno di un sacchetto, che il capo dei banditi ha consegnato ad un samurai dall'armatura color pece. Poi son scappati tutti.> Una seccatura aver fallito quella missione, ma non risulta un problema; non per lui almeno. <Non preoccuparti, l'importante è che tu sia qui, con me, sana.> O forse, non ancora. Ecco infatti che l'energia medica andrebbe ad esser richiamata, estrapolandola dal flusso già attivo all'interno del proprio organismo, indirizzando questo nuovo frutto verso le leve superiori, le quali andrebbero ad avvicinarsi, seppur lentamente. Non vorrebbe sforzare troppo il braccio, liberandolo da quel sostegno. Le mani andrebbero ad avvicinarsi, sovrapporsi l'un con l'altra, tentando di attingere a quel flusso energetico, richiamando quel chakra medico, con l'intenzione di applicarlo direttamente sulla ferita ora visibile, ad una distanza di una decina di centimetri circa dalla zona su cui operare. Attento ad ogni singolo passaggio, mentre un alone verdognolo dovrebbe ora presentarsi al proprio cospetto, una linea che dovrebbe marcare le estremità delle proprie braccia. [Chakra On: 63/70][Chakra Medico: +5 PV][PV Kouki: 85/100]

23:44 Kouki:
  [Stanza] Ascolta il dire dell’altro, anche se sembra che sia distaccata ed assente, in realtà le sue orecchie captano con attenzione tutto quello che viene detto. Scuote appena il capo inspirando profondamente ed imponendosi un certo autocontrollo. L’altro non voleva fare nulla di male, e l’altra si è solamente vista sopraffare da immagini passate e poco piacevoli, tutto qui. Dopo quell’iniziale silenzio, ecco che l’altro sembra aggiungere quella che per lei pare un’accortezza nei propri riguardi. Non c’è bisogno di sforzarsi. Ella scuote ancora una volta il capo, appena, lentamente. <No, voglio sforzarmi. Non sei propriamente uno sconosciuto, abbiamo combattuto insieme e come minimo devo essere gentile.> sembra proprio che sia stata tenuta per un sacco di anni in isolamento, dove i rapporti sociali sono stati nulli o ridotti all’osso. Infatti anche se si sforza, il suo fare sembra segnato da una sorta di sincerità. Ascolta con attenzione il rapporto che egli le fa sulle proprie ferite, andando a posare il proprio dorato sguardo su quel tutore. Non ha nessun ricordo in merito e non va bene, vorrebbe ricordare. <Mi dispiace, sono stata poco utile e di supporto allora.> commenta semplicemente, mentre le mani andrebbero a stringersi in due piccoli pugni. Il viso finalmente mostrerebbe un mutamento, la rabbia e la frustrazione. <Migliorerò e diventerò più forte affinchè non accada mai più.> non vuole più sentirsi inutile e ritrovarsi in situazioni in cui non ha idea di che cosa fare. Continua ad ascoltarlo, imperterrita, mentre lui le spiega il motivo del suo volerla curare, ma lei si ritrova a non comprendere. <Siamo stati attaccati, e nella lotta sono stata ferita. Non sei responsabile per me, lo sono io di me stessa. Se sono stata colpita è perché sono troppo debole ancora.> il potere è quello che le servirebbe, ma mitigato da una giusta consapevolezza. Sa perfettamente che il potere nelle sole mani di Mirako è un pericolo… ma se riuscissero a collaborare non sarebbe male per crescere e divenire più forti. Koichi non perde tempo e va dritto al punto… la missione è fallita. Loro circondati, la carrozza assaltata e il cliente decapitato. Il resto è solo contorno. L’espressione si fa sempre più frustrata, i pugni si stringono ulteriormente, mentre ora sentirebbe l’agire del chakra medico del ragazzo, il quale va a stimolare le proprie cellule per la guarigione. Pizzica, fa male, ma lei sembra molto più ferita da quel riassunto. <Fallita, decapitato.> chiude gli occhi e prende un profondo respiro. <Cosa ho sbagliato? Mi sono ritrovata a sentirmi totalmente inutile, incapace di fare qualsiasi cosa… o meglio, le mie abilità non sembravano bastare.> inizia con l’autocritica, fondamentale per lei per trovare i punti deboli sui quali lavorare in futuro.

23:24 Koichi:
  [Ospedale.] Potrebbe quasi accennare ad un sorriso, ad un principio di esso, mentre avvertirebbe quei primi fonemi, in cui l'altra sembrerebbe convincersi nel voler applicare un comportamento anomalo, differente dal solito. <Esatto, abbiamo combattuto insieme, ma non per questo devi comportarti differentemente da ciò che sei realmente.> Ma lui davvero potrebbe immaginare chi si nasconderebbe al di là di quelle ciocche color pece? <Io ti apprezzo...> E si fermerebbe, quasi di colpo, come se dovesse rimuginare sulle proprie parole, correggendosi poco dopo: <Io vi apprezzo...> E cambierebbe quella particella, marcandola invece con maggior vigore, se gli fosse possibile. <...per ciò che siete e non per come dovreste comportarvi.> Delicato con quei fonemi, volendo quasi rassicurarla. <Se ti senti pronta ad esser più gentile con me, coglierò questo dono e ne diverrò geloso, custodendolo con cura.> Alla fine, risulterebbe sempre un'apertura d'ella, uno spazio che viene concesso a pochi eletti, dato il modo d'agire della Genin. Non potrà ferirla, non dopo aver ricevuto tale lusso. <Ed invece il mio compito risulta anche salvaguardare te.> Non accetterebbe obiezioni, nessuna parola che possa smentirlo, che possa far decadere quella proposizione indicata come una verità assoluta. Intanto le mani andrebbero a rimaner tese, con quell'alone che ancora circonda il palmo e le sue dita: elemento necessario per far confluire il proprio potere benefico, lenitivo, sulla zona debole della fanciulla, su quella spalla che man mano andrebbe ad assorbire quel sangue, con quel dolore che inizierebbe a scemare gradualmente, con quel processo così teoricamente banale, ma fondamentale. Manterrebbe un'alta concentrazione nel mantere costante quel flusso, affinché la ferita venga risanata gradualmente e con cura, senza alcuna sbavatura. <Ti sto già curando, altrimenti meriteresti d'esser colpita ancora una volta.> Seccato in quel dire, mentre ascolterebbe le ultime parole, sull'incapacità d'ella. <Neanche io son stato capace di mantenere il ritmo, ma non per questo mi sotterro da solo.> Infastidito probabilmente da quell'atteggiamento, da quel voler logorare il proprio animo in quel modo. <A me la cosa che preme maggiormente è che tu sia qui e che possa ancora vedere quell'elettricità nei tuoi occhi, Kouki-San.> Terminerebbe, diretto, senza dar adito ad altre spiegazioni, non curando di esser interpretato in modo differente a quanto voluto da lui. Non affermerebbe altro, preferendo concentrarsi momentaneamente su quella ferita, seppur non distoglie l'attenzione dalla controparte, udendola e cogliendo ogni minimo movimento, anche quelli prodotti dai lineamenti facciali. [Chakra On: 62,5][Chakra Medico – Mani Terapeutiche][+5 PV Kouki: 90/100]

23:38 Kouki:
  [Stanza] Continua a rimanere piuttosto distante, nonostante continui ad interagire con il ragazzo, indice quindi che magari la compagnia non è che le dispiaccia poi tanto, spera solo di poter tornare ad un equilibrio mentale il più in fretta possibile. Ascolta le parole che le vengono dette, quelle prime parole riguardo all’aver combattuto insieme ma non per questo lei dovrebbe comportarsi diversamente da quello che è. Si, ma chi è ancora non l’ha ben definito. Ora è Kouki, semplice e pura e sta imparando solo ora a definirsi senza l’aiuto di Mirako. <Chi sono sto ancora cercando di capirlo. Il modo in cui mi voglio o devo comportarmi deve essere ancora definito nella mia mente. Pian piano comprenderò.> non da’ ulteriori spiegazioni, preferendo udire il discorso che il ragazzo va a farle… ma non solo a lei, anche a Mirako. È la prima volta che qualcuno in maniera del tutto spontanea e avendola conosciuta da poco, va a riferirsi ad entrambe le sue personalità. Kouki e Mirako… quest’ultima ne sarebbe davvero lusingata, ma al momento non pare voler intervenire. Tuttavia quel modo di dire sembrerebbe strappare un lieve ma sincero sorriso sulle labbra pallide della giovane Yakushi. <Ti ringrazio per il modo in cui ti sei espresso con noi. Per molto tempo ho cercato di soffocare l’Altra, cioè… Mirako. Pensavo di doverla cancellare, ma questo non faceva che farmi stare solo più male. Recentemente però ho iniziato ad avere un equilibrio con lei. Accettarla e permetterle di prendere il controllo quando ne avrebbe avuto voglia… a patto che non esageri.> un patto che non deve essere rotto, un patto che però è già stato rotto anche se alla totale insaputa di Kouki. Sussurra lievemente queste parola, ritrovando la propria calma e pacatezza, dimostrandosi meno distaccata ed accorciando lentamente le distanze. <Salvaguardare me in che senso? A livello generale o solo ora curandomi? Perché se fosse in generale, perché mai? Come ti è venuta questa voglia di salvaguardarmi?> domanda, spinta dalla curiosità, spinta dalla voglia di analizzare il comportamento e la mente altrui, per capire, conoscere, comprendere. Ha molto da imparare. Nel frattempo la ferita sta venendo sempre curata, avvolta da quel chakra verde e rassicurante… sente la propria pelle tendersi, pulsare, ma il dolore pian piano sembrerebbe farsi meno pressante, riducendosi pian piano ad un fastidio. Non dice nulla alle parole che Koichi le dice in risposta, lei non vuole abbattersi, non lo fa mai e non intende farlo… forse l’altro ha frainteso? Ma anche lui, proprio come Raido, suo padre, vuole vedere quello sguardo. Quel fuoco o quell’elettricità, come detto dal ragazzo, che divampa in lei quando si mette in testa una cosa. <Ora sono solo stanca, ma ti assicuro che non sono il tipo da fermarmi e sotterrarmi. Io analizzo, e qual ora io riscontri qualche debolezza, mi impegno subito per correggerla. Impegnandomi al massimo.> ora solleva lo sguardo, ora lo guarda negli occhi in maniera ben più decisa e determinata. Si è impegnata tanto, sempre, non ha mollato lungo tutta la sua vita fatta di torture e punizioni, non mollerà ora per un fallimento. <Il fallimento, una volta, non mi era consentito. Una volta sarei stata punita severamente. Ma allora come adesso, stringo i denti e vado avanti, senza perdermi.> o meglio… si è persa in passato, per questo è nata Mirako, come difesa e come amica. Mirako è quella decisamente più forte, ma anche Kouki non è da meno.

00:05 Koichi:
  [Ospedale.] Inizierebbe anch'egli a comprendere maggiormente la posizione di Kouki, nel suo modo di ragionare e procedere con quella mente femminile, vittima di un passato sicuramente non felice e ricco di momenti gioiosi. Lo comprenderebbe, lo analizzerebbe, così come l'altra tenterebbe di studiare il Chuunin. Quest'ultimo manterebbe rigide le proprie articolazioni del braccio, mantenendo sovrapposte le due mani, creando una rete di sovrapposizione che permetterebbe l'attivazione della tecnica medica. Quell'infusione di quel potere così particolare, destreggiandosi con quell'energia che dovrebbe sollecitare il sistema immunitario avverso, con una produzione esponenziale di tutti quei corpi necessari a richiudere una ferita. Silenziosamente, intanto, andrebbe a percepire le parole avverse e metabolizzarle, mugugnando appena, nel tentativo di elaborare una giusta risposta. <Mirako.> Ripeterebbe quel nome, notando come Chikage, anche la Genin avrebbe una duplice entità, con un nome ben preciso, determinato. Una similitudine che potrebbe appena divertirlo: una piccola risata che rieccheggerebbe nel proprio subconscio, da parte dell'albino, mentre questo sarebbe incatenato, dietro quei cancelli che separa le due identità. Lui lo avvertirebbe, ma Kouki non potrà percepire purtroppo. <E' arduo riuscire ad ottenere un equilibrio, un patto secondo cui vi siano limitazioni per l'altrui identità.> Compierebbe solo una semplice smorfia sul proprio viso, come se sapesse realmente di ciò che esplicherebbe. <Ma a volte potrebbe suonare molto divertente.> E si lascerebbe la possibilità di scoccare una debole risata, ritornando ben presto su quel processo di cura, su quella costante riproduzione di chakra medico verso le estremità delle leve superiori. <Anche se intendessi la salvaguardia in generale, potrebbe risultare un problema?> Taglierebbe corto, notando quella conseguente domanda: perché dovrebbe farlo? <Perché sei interessante.> Per il dualismo che li accumuna, per le potenzialità mostrate in combattimento, per altri dettagli che dovrà ancora scoprire? O semplice istinto primordiale? <Non vi è risposta migliore, mi dispiace.> Quasi come se, anch'esso rassegnato a tale conclusione, non potesse trovare altre risposte, altre soluzioni a riguardo. <Ottimo.> Prenderebbe respiro, lentamente. <Ciò significa che presto vorrei tornare nuovamente in missione con te e questa volta sarà differente.> Determinato, le concederebbe un'onda di coraggio e volontà, fin quando l'altra non volgerà lo sguardo verso i propri. Li inietta, li avvertirebbe addosso; eppure non distoglierebbe lo sguardo lui, lasciando che quelle iridi ambrate, d'un arancione carico, possano impattare con quelli aurei d'ella. Un colore simile, ma non totalmente identico. Una prestazione intensa, un contatto visivo che si potrebbe quasi definire intenso. Sembrerebbero esprimere tutto e niente, la luce ed il buio. Lui sembrerebbe quasi divorare quegli occhi, scardinando ogni difesa, volenteroso nel visionare cosa vi sarebbe oltre, dietro di essi. <Potrei punirti anche io.> Minaccioso? Aggiungerebbe subito dopo: <A passare del tempo con il sottoscritto, vicino ad un tavolo colmo di cibo. O t'andrebbe di far altro?> Un modo curioso, singolare, per apprendere chi si celerebbe. Non propriamente un appuntamento, ma un modo d'evadere da una realtà a volte soffocante. Non credi, Kouki? [Chakra On: 62,5][Chakra Medico – Mani Terapeutiche][+5 PV Kouki: 95/100]

00:21 Kouki:
  [Stanza] Un parlare il loro che spronerebbe la giovane ad entrare in confidenza… non velocemente, non profondamente, ma si sente interessata verso quel ragazzo che, come ha appreso durante la loro missione, possiede anch’egli un dualismo. È stata una situazione che ha risvegliato Mirako, così come ora sembra destarsi nel sentire il proprio nome, il proprio semplice nome. Kouki potrebbe avvertire la sua voce nella testa, una risata, poche parole divertite, ed ecco che la giovane ricomincia quella sua personale danza psicologica. Nel mentre lo ascolta, senza interromperlo, lasciando che un po’ della mente di Mirako arrivi ad insinuarsi in quella di Kouki, macchiandola, mischiandosi a lei, creando un genuino miscuglio ed equilibrio, seppur lieve. Infatti il viso della Yakushi prenderebbe maggior sicurezza ora, solo un lieve cambiamento per ora, che porta l’altra ad accennare un lieve sorriso. <Divertente, eh? Tu dici?> non saprebbe lei invece come descriverlo. <Tu e… Chikage.> si è ricordata il nome, se l’era stampato nella mente. <In che rapporti siete invece?> conflittuali, amicizia, rivalità? In cosa consiste il loro equilibrio? È curiosa e non si cura di sembrar invadente o poco sensibile alla questione, dopo tutto non sa nemmeno perché l’altro abbia questa duplice identità. Cercherebbe di trovare una risposta a quel suo voler salvaguardare la genin, ma purtroppo nemmeno lui sembra avere un perché convincente, anche se quelle poche parole sembrano gonfiare l’ego della giovane, l’ego di Mirako. <Interessate. Così sarei interessante. Be, lo sei anche tu, perché è la prima volta che trovo qualcun altro simile a me.> ammette senza problemi, per poi concentrarsi per qualche secondo sulla sua ferita che sempre più inizierebbe ad avvicinarsi alla guarigione. <Si, in effetti dovremmo riprovarci.> si riferisce alla missione, ovviamente. Tace ora, lascia che il tempo scorra, e poi sente quelle parole, lui che potrebbe punirla. Potrebbe risultare minaccioso, ma questa volta Mirako da’ il suo contributo facendo scaturire una piccola risata dalle labbra della ragazza. Un po’ come se non stesse prendendo sul serio quelle parole, lui è nulla paragonato a Otsuki, allo scienziato. Ma infatti la frase del ragazzo non voleva essere minimante seria per la piega che prende, riuscendo a creare un leggerlo stupore nel viso della giovane. Occhi negli occhi, l’ambrato nell’arancione… benchè lei possa analizzando quanto vuole, l’altro nasconde molto. È ben lontana dal comprenderlo, così come anche l’altro è ben lontano nel conoscere la giovane. Un modo di guardarsi che per un attimo le fa stringere un nodo allo stomaco, un dolore che le percorre il corpo fino alla gola. Qualcuno le manca, qualcuno che non si fa vedere da molto, ma non vuole pensarci ora. <Una cena o un pranzo… ti avverto che però non mangio molto.> e lo si potrà intuire, da quanto è leggera e da quanto ancora sembri sotto peso, nonostante abbia iniziato a mangiare più sano di quando viveva per strada. Eppure non rifiuta… insomma, perché non concedersi qualche svago? Perché no?

00:46 Koichi:
  [Ospedale.] Come potrebbe non notarlo, come potrebbe far finta che l'altra abbia acquisito una sicurezza improvvisa, che possa intuire che l'altra personalità possa essersi risvegliata, parzialmente od in modo totale. Però potrebbe avvertirla, però sentirla scorrere proprio sulle parole che l'altra emetterebbe. Quasi come se fosse un accento differente, un tono che si rivelerebbe quasi traditore. <Mirako.> Ancora una volta a pronunciare quel nome, come se volesse esser un saluto o come se volesse punzecchiarla, avendola scoperta così rapidamente. <Il nostro equilibrio?> Retorica domanda, mentre ci rifletterebbe: <Siamo nati così, dunque sarà stato così naturale che neanche ci ho posto un peso così rilevante a questa differenza con gli altri esseri umani.> Un fondo di verità vi sarebbe, dato che avrebbe conosciuto l'albino, nella fase di cui godrebbe dei primi ricordi sensibili. Tutto ciò che vi sarebbe dietro a quella linea temporale sarebbe offuscato, un velo di nebbia fitto che proibisce di cogliere altro sulla propria infanzia. <Siamo rami dello stesso albero, delle stesse radici, dello stesso seme.> Spiegherebbe verso la controparte: <Due percorsi differenti che nascono e muoiono nello stesso punto.> Filosofico, no? A dir poco affascinante come discorso. Intanto il proprio impegno verrebbe riversato in quell'ultimo intervallo di tempo, in cui la cura andrebbe a terminare lentamente. La pelle andrebbe a guarire e la ferita sembrerebbe chiudersi man mano che il proprio intervento vada ad esser mantenuto, costante, duraturo, su quella zona lesa. La spalla che inizierebbe a far meno male, mediante quell'influsso d'energia medica, con un formicolio che andrebbe a sostituire quella lieve sensazione di dolore, fino a scomparire totalmente. Dovrebbe aver terminato le cure, in quel momento. <Dovremmo aver completato.> Affermerebbe, per lasciare che le mani cadano, lentamente, per una decina di centimetri, fino a sospendersi a mezz'aria, con i palmi rivolti verso l'alto. <Non troverai altri a noi simili.> Comunicherebbe alla Genin: <Dunque permettiamoci il lusso di scoprire quante più cose sull'altro, non trovi?> Sono esponenti rari di una malattia, se possiamo definirla così, ottenuta in maniera differente: lui, a causa del gene Goryo, lei per motivi a lui ignoti. E poi quel contatto duro, forse troppo. <Porgimi le mani.> Una richiesta, un invito, un ordine. Se l'altra riuscirà a fidarsi del praticante, quest'ultimo non farà altro che accarezzare i dorsi delle mani femminili con i pollici, prima di tirarla appena verso di sé, facendola quasi scendere da quel lettino, con un semplice balzo. Non curandosi se l'altra potrà ritrovarsi quasi addosso al Chuunin, a pochi centimetri dal proprio corpo. Il contatto verrebbe rilasciato, almeno da parte sua, se non vi fossero complicazioni, lentamente, con delle labbra che aprirebbero nuovamente, facendosi cariche d'altre parole. <E sia.> Piegherebbe appena il capo di lato, commentando ulteriormente: <La punizione sarà quella. Ti riempirò di cibo, fino a farti scoppiare.> Scherzerebbe, si prenderebbe questo lusso con presunzione, con un pizzico di confidenza maggiore, forse troppa a quanto l'altra potrebbe aspettarsi. <Ma per ora, mi limito a farti compagnia.> Da medico, non dovrebbe mancare ai propri compiti di osservare i propri pazienti e tenerli sotto custodia. <E quando smetterà di piovere, t'accompagno.> A meno che non vorranno che la pioggia segni le loro presenze, mentre percorrono i sentieri. [Chakra On: 61,5][Chakra Medico – Mani Terapeutiche][+5 PV Kouki: 100/100]

01:02 Kouki:
  [Stanza] Ancora quel nome viene pronunciato, ma Mirako non ha totalmente preso il controllo, si è solamente messa spalla a spalla con Kouki, influenzandola e guidando in parte i suoi movimenti e le sue parole. La giovane non dice nulla, semplicemente ascolta la risposta che l’altro va a darle. Sono nati così, hanno sempre fatto parte l’uno dell’altro, e forse è per questo che invece lei ha avuto un rapporto così conflittuale con l’Altra. Non sono nate insieme, l’Altra è nata solo dopo. Tuttavia le piace quel discorso, lo comprende e quindi annuisce. Sembra dargli una certa ragione insomma. <Forse hai ragione, ora potrebbe essere tutto più chiaro.> limita molto le sue parole, non trovando nient’altro da aggiungere e nemmeno si deve sforzare di farlo, dato che l’altro le ha chiaramente detto che può anche non comportarsi in maniera differente da solito. Bene, se la prende con calma allora. Silenzio, si lascia andare al nulla mentre lentamente la ferita si rimargina, il pizzicore lascia spazio ad un lieve prurito e poi più nulla. Man mano che l’altro parla, quindi, la giovane andrebbe a rivestirsi. Dapprima le bende, andando a riavvolgerle intorno al petto, al collo, alla spalla appena guarita e al braccio fino al polso. Si ricopre di quella sua barriera, per poi sistemarsi il kimono in maniera impeccabile. Con calma, lenta, movimenti meccanici e pacati. <Si, certo. Voglio conoscervi e sapere di voi.> e non c’erano dubbi in merito. Infine ascolterebbe la richiesta del ragazzo, ma non la eseguirebbe solo perché sembra un ordine o una richiesta, ma semplicemente per divertimento e curiosità. Le proprie mani verrebbero quindi poste in avanti, senza problemi, senza indugi, e verrebbero afferrate delicatamente dal ragazzo. Una presa ferrea prima di tirarla verso di lui, facendola scendere dal lettino con quel lieve balzo. <Grazie per le cure.> almeno si degna di ringraziare, o almeno sembra ricordarsene solo ora, a ridosso del Chunin. La giovane andrebbe ad osservare fuori dalla finestra, per osservarne il tempo, ma si stringerebbe nelle spalle. <A me piace la pioggia. Mi piacerebbe camminare anche sotto di essa. È rilassante, non trovi?> ha vissuto molto più tempo sotto la pioggia che asciutta quasi. <Non ci riusciresti.> una provocazione la sua, che va a dare verso il ragazzo riguardo a riempirla di cibo e farla scoppiare. Una sfida giocosa e nient’altro. Quindi sicuramente la ragazza si lascerebbe tranquillamente accompagnare verso la magione, del resto quella compagnia non le dispiace. [END]

01:18 Koichi:
  [Ospedale.] Il flusso d'energia andrebbe a sopirsi lentamente, come un rubinetto che verrebbe chiuso: dopo averle bagnato la ferita con quelle ultime gocce, andrebbe a sciogliere l'intreccio e lasciando che l'altra riesca a superare quella difesa, quel timore e quella paura mostrata prima, afferrando le mani d'egli. Un contatto rapido, ma che permetterebbe uno scambio di percezioni tattili totalmente nuova. La avrebbe già avuta così vicina, la avrebbe addirittura caricata sulle proprie spalle, eppure quel tocco sembrerebbe assumere una funzione nuova, un valore differente da quei tocchi esercitati durante la missione. In effetti, quel tocco è semplice derivata di una volontà maschile, mentre nella precedente sera erano obbligati dalla situazione, per fuggire rapidamente dal pericolo oramai imminente. <Non hai motivo di ringraziare.> Come se non lo sapesse, lo andrebbe a confermare la tesi con quelle parole, per poi percepire la curiosità femminile. <Ed io ad insediarmi oltre quello sguardo, per comprendere quanto possa esser delicato il vostro equilibrio.> E così porrebbe passo, uscendo dapprima dalla stanza d'ospedale e poi percorrere i vari corridoi e scalinate, per raggiungere la zona d'ingresso, ove può notare le porte della struttura. <Kouki-San.> La richiamerebbe all'attenzione, tentando di coglierla impreparata, sfruttando la propria rapidità, per piegare le proprie gambe su se stesse e, stringendo sulle braccia di lei, tentare di strapparla via dal suolo e caricarla nuovamente sulle proprie spalle, se l'altra acconsentisse a quella presa ed a quella posizione. Braccia che andranno dunque a stringersi lungo i fianchi, per mantenere le gambe d'ella, piegando appena il busto in avanti per darle un sostegno migliore su cui l'altra potrà adagiarsi. <Guidami.> Sii i miei occhi, così sei stata capace di farlo durante quella missione. Un'affinità che dovrebbe aumentare, man mano che consumeranno il tempo in compagnia. Una passeggiata che dovrebbe terminare non troppo rapidamente, preferendo un passo lento, nell'atto di consumare qualche altra parola con la Salamandra. Del resto quella compagnia non gli dispiace. [Chakra On: 61,5][END]

Una giocata per le Cure di Kouki: una ferita sulla spalla.
Ma intanto, sembrerebbe intensificarsi il Legame fra i due...o quattro, si dovrebbe dire?!