{Sangue del mio sangue}

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12:39 Renold:
  [Aula A-4] Consegna il compito alla sensei in maniera diretta e tranquilla. Le iridi scarlatte e gli occhi felini rimangono ridotti a una fessura. I lineamenti del volto sono duri e tirati, l’aria neutrale non si stacca dal ragazzo, insieme a quella patina d’apatia che torna con lo scemare dell’agitazione. Un sospiro profondo e fa per andarsene, quando sente ancora la ragazza parlare. <Mh?> domanda, colto alla sprovvista. Va quindi a voltarsi ordinatamente e a fissare negli occhi la Special Jonin. Se la guarda, pure ed annuisce. <C’è qualche problema, sensei?> domanda, d’improvviso, allarmato. Non risponde, non inizialmente, se non semplicemente con i fatti, perché malgrado i deshi abbandonino l’aula progressivamente. L’ansia comincia a cavalcare il ragazzo, sebbene all’esterno non trapeli assolutamente nulla.

13:45 Kaori:
 I deshi si dileguano poco per volta andando a prendere l'uscita della classe. Alcuni sospirano di sollievo, altri si tengono le dita fra i capelli, altri ancora sudano. Qualcuno è più tranquillo, qualcun altro è teso, mentre Ren sembra semplicemente... vuoto. Distaccato, apatico, lontano, come se non appartenesse al reale scorrere di quegli eventi. Rimane accanto alla cattedra in attesa di capire come mai quella giovane ragazza gli abbia chiesto di rimanere lì. E Kaori è nervosa, agitata, sebbene cerchi di malcelare quel turbamento interiore attraverso una espressione tranquilla e fredda. <No. Nessun problema> risponde mentre gli ultimi due studenti escono lasciando finalmente la classe silenziosa, vuota, riempita solamente della presenza dei due ragazzi. Il cuore batte forte, il respiro è pesante e lo sguardo della Hyuga si posa intenso sul viso altrui. Quei lineamenti... può davvero sbagliare? Può davvero essere una coincidenza che lui somigli così tanto a Naru? A l e i? Cosa prova al pensiero di poter avere davanti il suo gemello? Non lo sa. E' nervosa, ha paura a pensare che possa essere davvero lui. Se avesse sbagliato? Se ora si fosse illusa e lui dovesse dirle che no, non è un orfanello qualunque, ma il fiero figlio di chissà quale buona famiglia? Come si sarebbe sentita, allora? Non vuole pensarci, non vuole pregustare quella dolorosa sensazione. <Ahm... ho visto che hai scritto molto rapidamente e che hai risposto a tutte le domande> inizia col dire lei cercando di prendere la cosa alla larga, dicendo la prima cosa che le sia passata per la mente, tentando di aprire un qualsiasi tipo di dialogo e discorso con lui. <Sembravi piuttosto sicuro di te. Immagino che l'esame ti sia sembrato semplice se hai consegnato così in fretta> abbozza un sorriso gentile, piccolo, teso sulle labbra, sentendosi sempre più agitata ed a disagio man mano che i secondi passano. Cerca di comportarsi normalmente, come una qualunque sensei che si preoccupa per il proprio studente, eppure dietro le sue parole c'è solo il disperato tentativo di ricercare un contatto con lui, una qualche informazione che possa donarle speranza. <Come... come ti chiami?> chiederebbe, quindi, alla fine, dando vita a quella domanda che tanto le preme sulle labbra fin dal primo momento in cui, guardandolo, ha rivisto nel suo viso un riflesso del viso di suo padre, un riflesso dei propri occhi. [chakra: 98/98]

14:57 Renold:
  [Aula A-4] Vuoto, apatico e distaccato. Tre aggettivi che si incorniciano alla perfezione con l’aria che il ragazzo si porta dietro. Osserva i deshi uscire dall’aula, sente quella solitudine quasi opprimente nell’aula e fissa lo sguardo sulla sensei. La guarda attentamente, ma diversamente da lei non intravede le somiglianze, non le nota, non ancora almeno. Non le nega il contatto, anzi, preme con le iridi scarlatte nelle sue, in maniera totalmente distaccata e apatica e ne sente il dire. Sospira, quindi, nel sentire la prima frase di lei. Un sospiro che sa di sollievo, di un’ansia che era cresciuta dentro il ragazzo, che solo apparentemente si era mantenuto neutro, quasi fosse una maschera. Ne sente quindi il secondo discorso ed annuisce lentamente. Tuttavia quella tensione residua la vede nella sensei, non troppo brava a celare le sue sensazioni, evidentemente, che gli si dipingono in faccia come un caleidoscopio. <Non lasciarti ingannare, sensei. Sono solamente una persona che maschera bene le proprie emozioni e che è in grado di dominarle e ragionare lucidamente> sancisce, quindi, i denti bianchi che si mostrano in un ghigno divertito. <Ero in ansia come tutti gli altri, ma non mi sono lasciato prendere dal panico. Sono stato in grado di rispondere a tutte le domande. Spero di averlo fatto correttamente> scandisce quindi, il sottile velo di apatia che non viene abbandonato, come una patina che riveste il ragazzo. Sente la domanda finale e solo dopo va a parlare. <Mi chiamo Ren, sensei. Ren Miura> vale a dire quello che è sulla bocca di tutti, deshi e sensei, come elemento molto promettente.

15:15 Kaori:
 Il ragazzo non sembra essere in imbarazzo o a disagio, anzi. Continua a rimanere stoicamente accanto alla cattedra con espressione tranquilla, ferma, fissando la sensei senza minimamente distogliere lo sguardo, come se non lo mettesse minimamente in soggezione l'idea di aver davanti una ninja piuttosto famosa come la Hyuga. Sarà per la giovane età, sarà che è più bassa e minuta di lui e non dà esattamente l'idea d'esser minacciosa e violenta, sarà che semplicemente non si lascia intimorire dalla semplice notorietà. Chissà? Tuttavia le sue labbra vanno a schiudersi in un ghigno forte, sfrontato, quando le spiega che semplicemente è in grado di gestire le sue emozioni e Kaori si ritrova a sorridere a sua volta quasi in un riflesso condizionato. Non è lo stesso ghigno, non è una espressione beffarda, ma un sorriso più gentile, più sereno, che s'incurva appena verso l'alto sollevando di poco le gote pallide lasciando comparire ai lati delle labbra carnose un paio di piccole fossette. <E' una buona cosa. Mantenere il sangue freddo in situazioni d'ansia. E' un buon primo passo per questo lavoro> dice lei replicando al dire del ragazzo con fare leggermente più tranquillo, più rilassato, cercando di lasciarsi semplicemente trascinare dalla conversazione che ha ormai avviato. Tuttavia quando ode il suo nome si ritrova semplicemente a fermarsi. Lo fissa senza muoversi, senza dire nulla, ripetendosi quel nome per la mente. Ren Miura. Ha un cognome... questo vuol dire che ha una famiglia? Che non è suo fratello? Che lo ha ricevuto quando è stato adottato? Se l'è scelto una volta uscito dall'orfanotrofio? Non lo sa. Tutte opzioni possibili, tutte ipotesi che non può negare o accogliere. Tutte presunte verità o possibili menzogne. "Ren" pensa. "Il suo nome è Ren". Un nome che per lei ha significato molto nel tempo, ormai più di un anno prima. Un nome che le riporta alla memoria la figura dell'anbu dal bianco crine per il quale aveva provato, per la prima volta, un sentimento romantico. Quella figura svanita nel nulla come fumo nel vento. Un nome che, forse, è segnato nel suo destino fin dalla nascita. Deglutisce andando a rafforzare il sorriso come per voler nascondere il tumulto interiore che le si agita nel ventre e va smuovendo le labbra con fare apparentemente tranquillo, casuale. <Miura... eh?> domanda annuendo appena col capo in un movimento lento, ritmico e di poco conto. <Non credo di aver mai sentito questo nome. A parte qui, in Accademia, ovviamente> si affretta a specificare poco dopo come per voler evitare figuracce. <Ho sentito dire dagli altri sensei che sei una giovane promessa. Sembra che siano molto soddisfatti delle tue capacità, ho sentito ben parlare di te> gli rivela quanto ha potuto udire distrattamente per i corridoi dell'Accademia, dalle labbra dei vari ninja impegnati a lezionare i loro studenti. <I... tuoi genitori saranno fieri, eh?> Ritorna a richiudere le labbra distendendole verso l'esterno, mantenendo quel sorriso cordiale e appena forzato che s'impone di mantenere per mostrarsi disponibile e serena. Cerca di arrivare alla verità aggirando in qualche modo la via più diretta, cerca di ottenere informazioni con fare più subdolo, meschino, percorrendo un cammino trasverso e sottile. I suoi genitori... chi saranno davvero? [chakra: 98/98]

15:32 Renold:
  [Aula A-4] Percepisce quella leggera forzatura nell’atteggiamento. Una forzatura che solletica i sensei che lo porta a spingere di più lo sguardo sulla sensei, a guardarla meglio, a soffermarsi, paradossalmente, sul suo volto, quindi gli occhi, ma ciò che colpisce sono i capelli, apparentemente quasi del medesimo colore, della medesima tinta. Ma il tutto viene riportato su toni molto più leggeri dal primo dire di lei. Se la guarda ancora ed annuisce. <Ho imparato col tempo e la necessità, Kaori-Sensei> scandisce, liberando uno sbuffo un po’ sinistro e pesante. La vede dunque andare in trance, quando sente il suo nome. La vede far silenzio. <Kaori-Sensei, tutto bene?> domanda ancora, guardandola un po’ più attentamente. Lo sguardo va a farsi maggiormente neutrale, istintivamente prende le distanze da lei, la guarda, ma ora con maggior sospetto. La sente elencare quelle lusinghe, che, oltre al mero piacere del momento, non lasciano granchè. Si ritrova ancora una volta ad annuire. <Sono contento che gli altri sensei parlino bene di me. Le lezioni qui all’accademia mi sono sembrate facili. Solo l’ultima di ieri sul genjutsu mi ha messo leggermente in difficoltà. Ma niente di serio, sono riuscito nel rilascio illusorio senza problemi> annuisce anche, scrollando le spalle con fare incurante. <Si dice che ognuno ha i suoi punti deboli> sbuffa alla fine. Ma la domanda finale tocca corde che sono decisamente scoperte. Il vuoto e l’apatia si dipinge sul volto. Un vuoto che si riflette negli occhi, nello sguardo e che mette in guardia come un campanello d’allarme. Nota quella tensione e un’idea malsana balugina in mente. <Non ho genitori. Mia madre è morta partorendomi e mio padre un anno dopo. Sono cresciuto in orfanotrofio. Non so niente di loro. Mi avevano lasciato una lettera, a quanto so, ma mi è stata tolta prima che potessi imparare a leggere e scrivere> scandisce, quindi. Il tono apparentemente è sicuro e il volto dice… nulla. Non si scompone, eppure quella sensazione di vuoto e mancanza distrugge. Distrugge maledettamente, sebbene solo gli occhi tradiscano l’ombra delle sensazioni che custodisce gelosamente. <… Perdonami la franchezza, Kaori-Sensei: perché io? Perché hai fermato proprio me?> domanda, socchiudendo gli occhi. <Ho come la sensazione che tu stia cercando di arrivare da qualche parte> scandisce, guardandola con gli occhi quasi felini.

15:51 Kaori:
 Quel primo dire la riporta indietro nel tempo a quando, rinchiusa nella cella del laboratorio di Cappuccio Rosso, ha dovuto imparare a mostrarsi apatica e vuota al solo scopo di non scatenare l'ira dei suoi carnefici. Ricorda come avesse imparato a divenire mansueta e silenziosa, docile, con lo sguardo vacuo e l'espressione spenta. Ricorda il duro esercizio e allenamento mentale ricercato per imparare a mascherare i suoi sentimenti. Da allora non è più stata la stessa e una parte di lei è rimasta fredda e distaccata come allora. Una parte piccola, che si controbilancia al suo temperamento mansueto e gentile. La domanda dell'altro la riporta alla realtà portandola a riscuotersi un attimo e annuire un paio di volte col capo. <A-ah... sì, sì, scusami. E' che il tuo nome mi ha riportato alla mente una persona che ho perso di vista quasi un anno fa> spiega e replica lei senza mentire, ma senza neppure dare tutta la versione della verità. E' vero che una parte di lei è stata distratta dal ricordo di Ren, il suo Shion, ma non ha ovviamente potuto dirgli che parte della sua distrazione dipendeva dal fatto che potrebbe aver appena scoperto il nome di suo fratello. Questo, pensa, è meglio tenerlo per sé. Ascolta quindi quanto egli le dice circa la sua istruzione e si ritrova ad annuire nuovamente con fare meccanico, salvando e memorizzare qualsiasi informazione egli le stia donando su se stesso. Abile, intelligente, sveglio. Qualità che tutti si aspettano da uno Hyuga e che invece paiono aver sorpreso molto il resto dei sensei solo perchè presenti in un ragazzo dal cognome ordinario. <Sì. E' così. I genjutsu sono un'arte ostica contro cui combattere, sono il punto debole di molti, in verità> spiega lei come a voler cercare di dar conforto al ragazzo per fargli capire che non è necessariamente una sua mancanza quel trovarsi in difficoltà contro tale arte, bensì una condizione normale per chiunque. Ed è proprio mentre Kaori sembra riuscire a parlare nuovamente normalmente che qualcosa accade e cambia. Ren diviene più distante, l'espressione diviene ancor più fredda e vuota e le sue parole cadono come macigni sul capo di Kaori. Lei ascolta, assapora ogni sillaba che viene pronunciata e, man mano che le parole scorrono, le iridi si dilatano portandola a sentire le proprie mani sul viso. Un gesto meccanico, involontario, che la porta a nascondersi le labbra con le dita senza quasi rendersene conto. Cresciuto in orfanotrofio. Una lettera scomparsa. Genitori mai conosciuti. No... non può essere un caso. Non può davvero trattarsi di una coincidenza! Il battito cardiaco della copia aumenta, accelera, impazzisce, mentre le iridi si bagnano di lacrime brucianti. Le forme, i colori, tutto si mescola e confonde rivelando agli occhi della Hyuga un mondo sfumato e privo di reale consistenza. Le domande di Ren sono giuste, il suo presentimento è corretto e Kaori non sa come poter rispondere ora alle sue giuste osservazioni. E' sconvolta. Si sente mancare il fiato, si sente le gambe deboli e molli. Ren. Suo fratello. Suo gemello. Ormai la convinzione si radica in lei profonda, concreta, mentre non riesce più ad allontanare da sé la convinzione che lui sia la persona che stava cercando. <Io...> le mani scivolano via dal viso, le labbra si scoprono e le lacrime cadono silenziose lungo le gote. <...sì, io... avevo bisogno di parlarti> ammette con la voce flebile, spezzata, andando a schiarirsi la gola e cercando di riacquistare contegno, nuova calma. <Tu... tu mi prenderai per matta, crederai che sia fuori di testa ma...> la mancina s'alza, si pone fra i propri capelli ravviandoli, portandola a mordersi appena il labbro inferiore prima di proseguire nel suo dire, nel suo discorso. <...Credo che tu sia mio fratello> La voce trema, le lacrime scivolano via, e l'espressione si fa ora sincera, morbida, priva di quelle piccole contratture nervose che fino a poco prima avevano caratterizzato i suoi sorrisi ed i suoi sguardi. Ormai non serve più mentire, non può far altro che essere sincera e dire tutta la verità. E' ancora agitata, certo, ma a differenza di poco prima è ora libera di mostrare liberamente il proprio turbamento. [chakra: 98/98]

16:06 Renold:
  [Aula A-4] Accoglie sia il primo dire che il secondo in maniera del tutto ordinaria, con un cenno d’assenso, a far capire che ha inteso. La vena apatica si protrae sempre e comunque. Fino a che le proprie parole non hanno lo straordinario compito di far scoppiare a piangere la ragazza. Spalanca gli occhi, sorpreso, mentre la mente annaspa nel chiedersi cosa fare e non trovare risposta. <Kaori? Kaori-Sensei? Ho..> ecco che quella patina apatica scivola via, per far spazio ad un imbarazzo che ora diviene pian piano più palese. <… detto qualcosa che non dovevo dire?> ecco che tutte le proprie sicurezze vacillano, l’aria apatica e sicura di qualche attimo fa sparisce nel nulla. Le dà tempo, le lascia tutto il tempo necessario a riprendersi e vede le lacrime dipinte sul volto di lei. L’interesse viene catturato e una sorta di campanello d’allarme si attiva quando questa conferma la propria impressione. Sospettoso e pensieroso. La lascia parlare e.. quello che dice arriva come una lama. Una lama che taglia lì, all’altezza del cuore. Gli occhi si spalancano, il respiro d’un tratto manca, il cuore duole davvero. La guarda, ma non la vede, l’occhio in realtà guarda il vuoto, sbarrato, le due iridi scarlatte dipinte del vuoto e della sorpresa. <.. Io.. tuo fratello?> domanda, stupito. <No, Kaori-Sensei, devi.. essere in errore. Non è possibile. Tu.. sei un ninja molto famoso e sei una Hyuga. Io invece sono solo un deshi proveniente dall’ultimo orfanotrofio del villaggio. E’..E’..> le parole muoiono in gola. I ricordi che tornano indietro ad una foto. Degli occhi rossi. Nient’altro. <… Impossibile. E.. abbiamo la stessa età, se ho sentito bene. Di-di-diciotto anni, vero?> domanda. Le parole mancano. Ed ora è lui quello in trance. Il cuore duole. Tutto fa male.

16:31 Kaori:
 Kaori scuote il capo. Scuote il viso lentamente in modo meccanico e poi sempre più veloce. No. Non ha detto nulla che non andasse. Non ha detto nulla di sbagliato. Le ha solo regalato una speranza che brucia e incendia e ferisce. Il suo petto sta esplodendo, la sua mente precipita in caduta libera senza trovare un suolo contro il quale impattare. Si sente leggera e sospesa nel nulla, si sente pesante e bloccata sul posto. Non sa più cosa pensare, cosa credere, se non che davanti a lei v'è ora un fratello del quale non aveva mai avuto notizia prima della sera precedente. <No...> un sussurro flebile, quasi inudibile, che esce in un soffio dalle sue labbra mentre il ragazzo scosta via quella maschera di apatia e distacco in favore di una espressione ben più umana e reale. Imbarazzo, disagio, timore, dubbio, sentimenti naturali e spontanei che lei vede nascere e fondersi sul suo viso in maniera confusa e disordinata prima di svanire lasciato spazio, semplicemente, alla perplessità. Lui la fissa incredulo, perplesso, basito, portando Kaori a inspirare a fondo tirando su col naso, cercando di asciugarsi gli occhi con i dorsi delle mani. Deve calmarsi. Deve riuscire a riprendere un contegno, a limitare le sue emozioni. In questo momento ha scaraventato sulle spalle del ragazzo un peso senza precedenti ed è ai suoi sentimenti che deve dare precedenza. Deve permettergli di capire, di comprendere come mai lei sia sicura di questo. <Diciotto. Sì> annuisce e conferma lei espirando piano, andando ad umettarsi le labbra e inspirare a fondo. <Non è impossibile. Io... credo sia la verità> riprende lei con tono ora leggermente più cauto. Respira a fondo, piano, a piccole pause, cercando di tenere la voce stabile e ferma mentre dentro di lei s'agitano mille sensazioni diverse e contrastanti. <Il clan Hyuga ha vissuto un lungo periodo di profondo tormento. Un progetto segreto e pericoloso nato e perseguito in silenzio da alcuni membri ha portato alla seria minaccia di morte di alcuni altri. In particolare la mia famiglia era in pericolo> inizia a spiegare dalle origini, dall'inizio, senza ancora offrirgli alcun tipo di dettaglio. Non ha ancora la certezza che lui sia davvero il suo gemello perduto e, soprattutto, non vuole che la prima immagine che possa avere del clan, sia quella di un mucchio di matti che hanno cercato di ingravidarla con il seme rubato ad altri maschi della stessa famiglia. <I miei genitori hanno scoperto di aspettare due gemelli e sono caduti in un dolore profondo. I loro figli erano in pericolo e non avrebbero potuto proteggerli da soli. Così avevano pensato di darli in adozione, di darli in orfanotrofio senza rivelare a nessuno la loro discendenza di Hyuga e tenerli al sicuro dalla minaccia che si era insinuata nel clan> continua a spiegare lei respirando a fondo, ritmicamente, con tono stanco. Lo sguardo rimane alto, fisso negli occhi scarlatti di Ren, mentre le parole continuano a fluire ora dalle sue labbra morbide. <Ma quando siamo nati... non sono riusciti ad allontanarci entrambi. Così hanno tenuto un figlio soltanto sperando di riuscire a proteggerlo a modo, e di lasciare a malincuore l'altro proteggendolo tramite il distacco dal suo stesso sangue, dalla sua famiglia> La voce s'incrina. E' una spiegazione sottile, delicata, che forse l'altro potrebbe non comprendere in un primo momento. Sapere di esser stati abbandonati per una scelta fatta a caso fra due bambini dev'essere doloroso, estenuante ed insopportabile. Eppure... eppure è la verità e non può offrirgli niente di meno. <Non sapevo niente di questa storia fino a quando, ieri, dopo che l'emergenza è rientrata ed il clan è tornato in pace, mia madre mi ha rivelato la verità su questo fratello di cui mi avevano sempre tenuto all'oscuro.> Riprende dopo una piccola pausa, umettandosi le labbra, sentendo le lacrime tornare a scivolare lungo le gote. Le asciuga con il dorso della mano, tira su col naso e espira piano. <Hanno lasciato questo bambino all'orfanotrofio assieme ad una lettera, sperando che in futuro sarebbe tornato a cercarci.> Termina, alla fine, rivelando quel piccolo dettaglio che assurdamente coincide con quanto poco prima confessato dal ragazzo. Kaori si ferma per pochi istanti prima di smuovere nuovamente le labbra e far fuoriuscire la voce in un soffio gentile. <Quando ti ho visto, stamattina, ho ritrovato nei tuoi tratti la figura di mio padre quando aveva la nostra età. Stessi capelli scuri, stessa corporatura forte, stesso viso definito.> spiega lei stringendo appena le labbra, il ricordo di suo padre che duole e stringe il cuore nel suo petto, portandola a trattenere una fitta dolorosa. <E gli occhi... sono gli stessi di mia...> .. <nostra madre> Osa. osa correggersi, osa includerlo, osa riferirsi a lui, ora, come parte della sua stessa famiglia. <Dovevi essere tu... non potevo sbagliare> sussurra alla fine, con tono basso, doloroso, sottile, mentre la mancina verrebbe levata appena tremante verso l'alto, portata ad allungarsi leggermente verso il suo viso, nel tentativo debole e facilmente schivabile, di sfiorare con le proprie dita la di lui gota destra. [chakra: 98/98]

16:54 Renold:
  [Aula A-4] Le parole di Kaori invadono la testa, le sue lacrime rimbombano nel cervello come fossero valanghe, la sua voce si fa strada, malgrado l’istinto, quello di conservazione che ha imparato ad assecondare all’orfanotrofio, comandi di scappare via, di non sentire, di abbandonare quella storia. Eppure c’è una parte che sicuramente non può farlo. E quindi resta lì impalato, con gli occhi sbarratti, incapace persino di pensare. Il cuore tambureggia nel petto. E le sue parole le sente e lo portano ancora di più a soffrire. Una sofferenza immane per chi è stato privato di una famiglia, dell’affetto. Una sofferenza che ha il compito di farlo scuotere un pochino. Pompa adrenalina e sbuffa come un toro, tanto è forte il respiro. Il cuore duole, soffre. La guarda dritta negli occhi, sconvolto. Visibilmente sconvolto. <Kaori..> la chiama, il tono che si fa più colloquiale, adesso, più pratico. <… tu non sai cosa mi stai dicendo> scandisce. Abbassa lo sguardo, dunque, adesso, per la primissima volta. Sente la carezza di lei e se ne bea. La lascia fare. Lascia che lei carezzi la propria gota, lascia che quell’affetto fraterno si faccia spazio. <Sono cresciuto in orfanotrofio, senza l’amore di una famiglia, senza sapere cos’è una mamma, senza affetto da parte di nessuno. Noi orfani eravamo lo schifo dello scarto. Mi capisci?> alza forzatamente lo sguardo. Uno sguardo che è tornato duro, ora. Una durezza autoimposta. <Non ho mai conosciuto l’affetto di nessuno prima d’ora. Sono sempre abituato a guardarmi le spalle, a sopravvivere. Nessuno ha voluto adottarmi. Ho vissuto nello schifo fino ad un mese fa> e questo glielo ringhia in faccia a tutta potenza, lo butta fuori come veleno. Socchiude gli occhi, la rabbia che sta prendendo il sopravvento, ormai incontrollata. <.. fratelli gemelli. Non può essere> scandisce, scuotendo la testa. Chiude gli occhi e sbatte un pugno sulla cattedra a piena potenza. Digrigna i denti. E poi l’illuminazione. <… Che giorno sei nata, Kaori? Ho bisogno di sapere il giorno del tuo compleanno> scandisce, perentorio.

17:07 Kaori:
 Fa male. Fa male rendersi conto di quanto stia turbando il ragazzo. Fa male realizzare quanto a fondo lo stia ferendo, quanto dolore gli stia causando. Fa male vedere nei suoi occhi il dolore, il rifiuto ed al tempo stesso il desiderio di far sì che sia tutto vero. E' doloroso, così come lo è sentire la sua voce andare a pronunciare per la prima volta il suo nome in quel modo quasi colloquiale, amichevole. Familiare. Sente il cuore contrarsi, una fitta dolere e poi lo vede accogliere quella carezza senza scostarsi, senza allontanarla. Non la rifiuta, la lascia fare, ma subito si ricompone tornando ad assumere un'espressione dura e decisa. Kaori ritira la mano, l'ascolta, lo guardo, sentendo il cuore stringersi e contrarsi ad ogni parola con fare doloroso. <No. Non posso capirlo> Ammette con labbra tremanti, un filo di voce, non potendo arrogarsi l'ipocrita diritto di dirgli che può comprendere ciò che sta provando. Perchè, semplicemente, non può. Lei ha avuto la fortuna di nascere e crescere al fianco dei suoi genitori, di essere amata, cresciuta, educata da loro come una vera Hyuga, come una figlia. Lei non ha conosciuto il dubbio che ha conosciuto lui, quello di non sapere chi possano essere i suoi genitori, di non sapere di chi possa esser la bambina. Non si arroga questo diritto, non offende il suo dolore fingendo di poter comprendere. Può solo immaginare. E quel che immagina fa semplicemente tanto male da toglierle il respiro. <E mi dispiace> aggiunge, dopo pochi istanti di silenzio, con tono sincero, gentile, tirando su col naso. <Ma voglio che tu sappia che mai, neppure per un momento, hanno dimenticato. Ma non hanno potuto far nulla fino a quando quella minaccia non fosse stata debellata. E... dopo vent'anni... è finita. E' finita solo ora, da poche settimane. Adesso sei al sicuro...> Non osa davvero immaginare cosa sarebbe potuto toccargli se avessero scoperto che anche lui è uno Hyuga puro, esattamente come lei. Un pensiero malato, perverso e osceno le percorre la mente immaginando cosa delle menti così folli avrebbero provato a fare per il loro scopo avendo a disposizione due esemplari puri come loro e lo scaccia immediatamente via con un brivido di disgusto. Lui ripete quanto Kaori gli dice, cerca come di metabolizzare ed accettare la cosa sbattendo un pugno con violenza contro la cattedra. Un pugno che giunge improvviso ma che non spaventa la special jonin, lasciandola immobile sul posto col cuore in tumulto. <...Sì> risponde semplicemente alla sua osservazione, prima di udire quella domanda raggiungerla d'improvviso. Una domanda diretta, semplice, schietta, che porta la Hyuga a schiudere le labbra per un secondo soltanto prima di smuoverle e far vibrare nuove brevi parole. <Ventisei Agosto> risponde con tono fermo, sicuro, basso, tenendo le iridi perlacee fisse in quelle scarlatte e sanguigne di lui. <...Proprio come te. Vero?> domanderebbe allora, con un filo di voce, azzardando imprimere nel suo tono una sfumatura dolce di speranza. [chakra: 98/98]

17:26 Renold:
  [Aula A-4] Non parla. Non risponde più. Si rifugia per istinto nella solitudine, nel mutismo, incapace di fare alcunchè. Non guarda Kaori, non più. Lo sguardo si abbassa sulla cattedra. Sente quelle reazioni a pelle, in maniera quasi empatica, un legame nuovo, che solo due gemelli, in effetti, possono condividere. Sente anche le parole di lei, le assimila tutte, le incamera e le relega in altri punti della mente, fino a che non giunge l’ultima frase, che prende il sopravvento su tutto, ma veramente su tutto. <… Oltre alla lettera, su un fogliettino di carta, quando mi hanno preso all’orfanotrofio, c’era un foglio strappato e c’erano quattro numeri disegnati su di esso: due, sei, slash.. zero..> va ad abbandonarsi ai ricordi, ma ad alzare la testa. Non c’è il velo di una lacrima, ma è un volto stracolmo di dolore. <.. otto> conferma dunque le sue speranze. E si prende anche qualche secondo per fare mente locale, dato che la testa scoppia di informazioni che ruotano e si susseguono nel cervello. Troppe cose e tutte insieme. Solo dopo qualche secondo di religioso silenzio, va a parlare. <… dunque è così. Tu sei mia sorella gemella> e la guarda, ora, dritta negli occhi. E tutto quel vuoto, quel dolore, quella sorpresa, si riempie pian-piano. <… capisco le ragioni di mamma e papà. Non è stato facile per me, ma credo neanche per loro. Non so se riuscirò ad accettare che mi abbiano dato via, il coraggio nel farlo, nel proteggermi, non lo so, ma so una cosa> e lo sguardo si fa determinato, ora. Le iridi scarlatte e feline sembrano quelle di un leone. <… Sono rimasti orfani di un figlio per troppo tempo. E un figlio dei suoi genitori per altrettanto. Non so chi siano, non so niente di loro. Non so neanche cosa sia una famiglia, ma.. siete la mia, da ora> scandisce, più determinato. E forse, per la primissima volta, il sorriso che si dipinge sul suo volto è veramente sereno. Non il solito ghigno impertinente, ma uno più vero, autentico. Il vuoto si colma piano piano. <… Avreste potuto fare a meno di cercarmi, eppure eccoti qua. Io questo non posso ignorarlo, sorellina. Non posso proprio> scandisce, infine. C’è affetto. Affetto vero.

17:44 Kaori:
 Quelle parole giungono al di lei udito come una sorta di pugno. La colpiscono allo stomaco, proprio nel punto dove in genere viene fatto nascere il chakra quando viene richiamato nel proprio corpo. E' una sensazione strana, intensa, che prima la travolge con fare doloroso e poi si ritrae con gentilezza lasciando una sensazione dolciastra sul suo passaggio. Ha davanti a sé, a conti fatti, un estraneo, eppure al tempo stesso è suo fratello. Il fratello che ha sempre desiderato avere, il fratello che ha provato a trovare in Hiashi ma che non è mai stato reale. Il fratello di cui forse il suo sangue ha sempre ricercato il bisogno perchè, si sa, fra gemelli c'è un collegamento speciale che nessuno può arrivare a comprendere e capire. Lui conferma i suoi dubbi, i suoi sospetti, conferma quanto ha idealizzato e pensato da quando ha visto il suo viso in quella classe. Anche lui nato lo stesso giorno in cui è nata lei. Anche lui figlio dell'estate, del ventre di sua madre. Kaori accoglie quelle parole senza replicare, senza dire nulla, cercando di lasciare all'altro il suo spazio, il silenzio di cui sicuramente ha bisogno per metabolizzare tutte quelle informazioni. Lo lascia stare per qualche attimo limitandosi a fissarlo, ad osservarlo, udendo infine quella constatazione che le toglie il respiro. Sua sorella. La sua gemella. <Sì...> mormora lei incredula, ancora incapace di credere davvero a queste parole. <Sì> ripete con maggior convinzione, annuendo, sentendo il cuore vicino al punto d'esploderle in petto. Ascolta le sue parole, le sue spiegazioni, la sua decisione e nota la sua espressione mutare ancora. Lo sbalordimento, il dolore, la paura di quella rivelazione lasciano spazio adesso ad una espressione ben più decisa e seria, determinata, mentre la osserva dritta in viso. E quel che dice la travolge, l'investe come un'onda anomala, portandola a schiudere le labbra e sentire le lacrime affacciarsi ancora nei suoi occhi, sul suo viso, scuotendola. Rimane colpita, soverchiata dalle sensazioni che quel dire le causano dentro e, ancor di più, sente il cuore riverberare un calore intenso nelle sue vene quando l'altro pronuncia quell'unica, semplice parola. Sorellina. Le labbra di lei si distendono lentamente, poco a poco, verso l'esterno, mentre l'istinto prende il sopravvento sulla ragione. Un passo, due, due soltanto prima di andare a tentare di abbandonarsi contro il suo petto, le braccia ad allargarsi per cercare di circondare le sue spalle ed abbracciarlo con forza, con sincero slancio. Vorrebbe andare a ricercare una stretta che per troppo tempo ha dovuto negarsi, una stretta che per anni ha ricercato. E, se lui l'avesse consentito, oh, ecco che avrebbe ritrovato in quell'atto, in quel gesto, le sensazioni che da sempre ha sentito di star cercando. Quel calore che nessun altro avrebbe potuto darle, quella completezza che neppure Raido talvolta è stato capace di farle sentire. Come un tassello di puzzle che dopo tanti tentativi viene riempito dall'unico pezzo capace di riempirne e completarne la forma. Aveva bisogno di lui. Da tutta la vita, fin dal loro primo vagito, era quello il calore che stava cercando. <F--Fratello> un sussurro basso, timido, lieve, che esce quasi con fatica dalle sue labbra nel momento in cui sceglie di abbandonarsi a quella condizione. Nessun dubbio ancora, nessuna incertezza. E' lui, Ren, il suo gemello. E nessuno più, ormai, avrebbe potuto portarla a credere altrimenti. <Possiamo... restare così ancora per un po'?> domanderebbe lei, a bassa voce, se l'altro avesse accolto il suo abbraccio. Sarebbe rimasta stretta a lui, con le braccia a circondarlo come una sorta di catena gentile, incapace di lasciar ancora andare la presa ora che l'ha ritrovato. Ora che ha potuto davvero ritrovare il fratello che non ha mai conosciuto. <Solo un istante ancora... Solo un momento> sussurrerebbe, ancora, trovando rifugio, col viso, sul suo petto, richiudendo le palpebre, abbandonandosi a quel contatto di cui sente nascere solamente ora il bisogno. <Voglio essere sicura che se lascio la presa non scomparirai...> come se fosse solamente un sogno o la più meschina delle illusioni. Come se si trattasse soltanto di una menzogna, di una bugia creata dalla sua mente per farle trovare rifugio dai timori della sera precedente. Vuole salvare il calore della pelle di Ren nella sua memoria, salvare il suo odore fra i propri ricordi e così il suono della sua voce, l'intensità del suo sguardo. Vuole salvare in se stessa quanti più dettagli possibili dell'altro. [chakra: 98/98]

18:02 Renold:
  [Aula A-4] Sente quelle parole, vede quello stupore in faccia a Kaori e poi la gioia. La sente parlare, imbambolata nello stesso modo, i due che sembrano uno lo specchio dell’altra. La vede fiondarglisi addosso e ne resta decisamente sorpreso. Una sensazione di estremo calore, piacevole, lo accoglie. Spalanca gli occhi, non aspettandosi un gesto del genere. <K-Kaori..> sussurra solamente, vedendosela saltare addosso. Passano alcuni secondi prima che il cervello si faccia spazio tra le sensazioni e connetta. Si, perché resta lì, abbracciato in quella morsa, che va solo dopo qualche secondo a ricambiare. Quelle parole di lei, sussurrate in quella maniera, alla fine, poi, mandano di nuovo in pappa il cervello. Le mani, chiuse sulla schiena e sulla nuca di lei, vanno a carezzarla piano. Le parole le sente, ma corrisponde con i fatti, troppo imbarazzato, troppo in pappa. Non solo non si stacca, ma rafforza la presa. Si aggrappa a lei. Si aggrappa a qualcuno dopo tanto tempo in cui ha dovuto aggrapparsi solamente a sé stesso. <non lasciarmi più> è un sussurro che esce prima che possa essere controllato. Chiude gli occhi, anche. Lascerà che sia lei a metter fine al contatto e se lo farà, anche lui si staccherà. <Io.. non so cosa sia avere una famiglia o appartenere al clan Hyuga. Dovrai insegnarmi tutto, sai? E.. voglio conoscere i nostri genitori> scandisce, quindi, sicuro.

18:19 Kaori:
 E' una sensazione strana. Una sensazione nuova. Stringere fra le proprie braccia qualcuno che mai prima d'ora s'era conosciuto e che, nonostante tutto, il suo stesso sangue sembra richiamare con ardore, con forza. Con necessità. Non si sente a disagio, non si sente in imbarazzo, non si sente strana in quel momento. Si sente semplicemente tranquilla, felice, desiderosa di non sciogliere più quella stretta, nonostante a conti fatti stia stringendo a sé un uomo. Geneticamente suo fratello, certo, eppure un uomo. Un uomo col quale non è potuta crescere, che non sa niente di lei e di cui a sua volta non sa nulla. Un uomo che la stringe dopo diversi secondi di accettazione, pressandola a sé. Un calore nuovo, gentile, fraterno, si dirada fra loro andando a mettere le basi per un rapporto che si sarebbe sviluppato solamente nel tempo. Un calore che la scalda dal cuore fin dentro ogni parte di sé, andando a farla sentire al sicuro, protetta, felice, in quell'abbraccio che par cancellare per un istante soltanto tutte le cose orribili e storte che ancora vi sono attorno a loro. Ode quel sussurro, quel suo dire e si ritrova a riaprire gli occhi incredula. Ren si abbandona alla verità dietro il loro sangue, accetta in qualche modo il loro rapporto e decide di farci affidamento, di accogliere la verità nella sua vita. Le chiede di non lasciarlo più e Kaori vorrebbe dire che non ne ha intenzione, che vorrebbe poter recuperare tutti gli anni perduti, che senza saperlo ha sempre sentito la sua mancanza, quella di un fratello che non ha più avuto al fianco. Ma il cuore batte così forte nel petto da arrivare a portarle via la voce, a rimbombare con forza lungo la gola, le tempie, il seno. Si stringe a lui con un po' più di decisione rispondendo così alle sue parole, scegliendo di non dire altro, di non aggiungere nulla di più nel timore di arrivare a rovinare quel loro attimo di ritrovamento. E poi sente quel successivo dire, quelle parole che la portano a sentir spezzarsi quell'atmosfera familiare, di vicinanza, trafiggendole il cuore. Riapre d'istinto le palpebre, le labbra si schiudono e le sue braccia scivolano morbide lungo le sue spalle dissciogliendo l'abbraccio. <Ren...> la voce è un sussurro sofferto, il busto s'allontanerebbe da quello di lui mentre il viso andrebbe ora ad alzarsi appena per cercare con lo sguardo le iridi rosse di lui. <...a questo proposito c'è molto che devi sapere. E' una storia lunga, difficile e vorrei spiegartela meglio quando saremo entrambi più calmi, con la testa meno piena di pensieri. Siamo ancora scossi da questa verità che ci è calata addosso, siamo travolti da tutta questa situazione e sarebbe complicato> mormora lei andando a fermarsi un istante, la lingua a scivolare in un istante fra le labbra per inumidirle appena, rapidamente, ritirandosi subito dopo nel suo letto. <Ma... devo dirti che nostro padre... lui...> si ferma sentendo il cuore stringersi, una fitta sconquassarla, ed una lacrima scivolare nuovamente via lungo il viso. <..è morto. E nostra madre è... non ha ancora superato la perdita. E' in uno stato di negazione e cerca di ignorare questo vuoto cimentandosi in qualsiasi altra cosa. La tua presenza sicuramente potrebbe aiutarla a riprendersi, ma... quando la conoscerai... tieni a mente che al momento è molto scossa> ci tiene ad avvisarlo, ci tiene a che lui sia preparato, sappia ogni cosa prima di cimentarsi e tuffarsi nella sua nuova vita. <Voglio far parte della tua vita. E voglio che tu faccia parte della mia. Voglio conoscerti, voglio sapere tutto di te... e voglio che tu sappia tutto di noi. Voglio seguire i tuoi allenamenti, magari insegnarti qualcosa. Non andrò via> direbbe sincera, guardandolo, cercando con le iridi perlacee il suo sguardo. <Voglio recuperare gli anni che ci hanno portato via, Ren.> [chakra: 98/98]

18:50 Renold:
  [Aula A-4] La stringe a sua volta, abbandonandosi a quel legame, sforzandosi di accettare tutto, mettere finalmente una pietra sopra a tutto ciò che è stato, al passato, tanto è forte il desiderio di avere una famiglia, qualcuno a cui voler bene. Sente il contatto sciogliersi e la guarda attentamente. Ne sente le parole e nuovamente una sensazione di vuoto torna a fare capolino. Non un dolore forte, semplicemente qualcosa a cui è fin troppo abituato, qualcosa di radicato ormai nel tempo. Non fa una piega, semplicemente la guarda. <Io..> riprende l’aria dura di prima. <Mi dispiace, Kaori. Posso capire ciò che provi. Starò vicino a te e alla mamma, allora, promesso> scandisce, sospirando. Non c’è falsità nelle parole, ma abitudine a convivere col vuoto e l’apatia che un lutto del genere provoca. Sente anche l’ultima parte e… torna a ghignare, come prima. <Anche io, sorella..> la guarda con maggiore intensità. <… Anche io> va ad alleggerire la tensione con un sorriso determinato e divertito. <… Ren Hyuga. Suona bene, eh?> domanda quindi, sbuffando leggermente. <Per una nuova identità, ci vuole una persona nuova. Io… ora devo andare, Kaori. Mi troverai facilmente al centro o al monte dei volti, con ogni probabilità> scandisce, annuendo pure, sempre calmissimo in questo frangente, ma non apatico. Saluta pure con una mano e si, se ne va. <Se vogliamo cenare insieme..> la butta lì prima di uscire dall’aula. [Exit]

19:00 Kaori:
 Comprende come l'altro prenda piuttosto tranquillamente la notizia. Naru è suo padre, sì. E' l'uomo da cui ha ereditato il suo aspetto, il sangue, i geni, la forza. Ma non è il suo papà. Non è l'uomo che l'ha cresciuto, non è l'uomo che gli ha rimboccato le coperte e che gli ha insegnato cosa voglia dire essere un ninja. E' un uomo immaginario che probabilmente Ren ha immaginato mille e più volti durante la sua infanzia. Non l'ha mai visto, mai conosciuto, e la sua perdita non può fargli male come potrebbe ferire la morte di qualsiasi altra persona per strada. Un estraneo, in fin dei conti, di cui non può sentire la mancanza. Kaori tuttavia comprende ed apprezza il tentativo dell'altro di esser vicino al loro dolore e si ritrova ad annuire appena abbozzando un sorriso amaro, triste, umettandosi le labbra carnose. <Sarà così felice di vederti...> mormora lei cercando di farsi forza, di risollevare anche lui, prima di notare il modo in cui la di lui espressione va cambiando. La confusione, la sorpresa, il tormento, ogni cosa muta fino a tornare alla sua espressione ghignante e sfacciata del principio. Le piace... le piace sentire quella parola pronunciata dalla sua voce bassa e calda. Sorella. Se ne sente come avvolta, carezzata e le dà nuova speranza portandola a sorridere con dolcezza al suo indirizzo. <Sì. Direi di sì> risponde poi, più sollevata, con gli occhi ora asciutti, in risposta al suo dire. <Nobile ninja della Foglia> sorride ancora, morbidamente, dandogli un piccolo buffetto sul bicipite per poi ritrovarsi ad osservarlo con fare sorpreso. Quel loro primo, breve incontro è già terminato. Il tempo a loro disposizione per quel giorno trova termine mentre le indicazioni di lui la portano a boccheggiare per un attimo. <A-ah! Io... stasera non posso. Vorrei raccontare tutto a mamma e prepararla per... beh... sai. Te> gli rivela con fare timido, gentile, arrossendo appena sulle gote umide di lacrime calde. <Ma domani potresti pranzare da noi. Conoscerla... vedere casa.> lo inviterebbe, quindi, sperando davvero in un suo accettare. Ha bisogno di dedicare il resto della giornata a lei, a sua madre, per prepararla alla grande notizia, la meravigliosa novità. Vuole che sappia che il suo bambino è vivo, in salute ed ancora a Konoha. vuole che sappia che il suo bambino desidera ritrovarli, conoscerli ed essere parte della famiglia. Vuole prendersi cura di lei e prepararla al loro prossimo incontro. Così, prendendo accordi con lui sul loro prossimo incontrarsi, la Hyuga si ritrova a veder sfumare il pomeriggio. Il sole cala, la giornata termina e così anche il loro primo, importantissimo incontro. [END]

Dopo aver fatto da esaminatrice all'esame teorico dei deshi del giorno, Kaori ferma uno di questi cercando di parlargli dopo l'esame.

Basta poco per arrivare a scoprire, tramite alcune informazioni, che il ragazzo che ha davanti non è altri che il suo gemello perduto nel tempo.