{Perdersi e ritrovarsi}

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Giocata di Clan

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22:30 Haran:
 Ha iniziato a camminare molto tempo fa. I suoi passi si sono succeduti rapidi, veloci, portandola ad avanzare sempre più rapidamente per i boschi che si distendono lungo i confini del Villaggio e, più esternamente, della Nazione. Ha iniziato ad esplorare, a visitare la terra che in qualche modo pare dover proteggere in qualità di ninja dell'Erba, ritrovandosi ben presto inoltrata in una boscaglia fitta ed infinita che, ad ora, la travolge e sommerge. Non sa più dove sia, non sa dove è finita, s'è persa. S'è lasciata distrarre dalla sua esplorazione memorizzando alberi, fiori ed arbusti circostanti, ritrovandosi col perdere la strada. Sarà ancora a Kusa? Quanto dista dal Villaggio? Non ricorda d'aver veduto boschi così fitti nei dintorni di casa... forse si è allontanata troppo? L'oscurità della notte non aiuta questi suoi dubbi portandola semplicemente a decidere di fermarsi un attimo per fare il punto della situazione. I passi dell'Uchiha si fermano, s'arrestano, portando la clone a poggiare la mancina mano lungo il tronco d'un albero alla sua sinistra. Fiato corto, brezza che s'incastra e scivola fra la chioma corvina in falangi nodose. Le iridi bicromatiche scivolano nei dintorni studiando la forma di ogni albero, d'ogni cespuglio, d'ogni pietra. Il buio è fitto, la luna coi suoi raggi filtra solo in piccole chiazze di luce qua e là per la via. Per lo più attorno a lei v'è tenebra ed ombra e la sensazione d'esser come osservata da presenze silenziose. Il fruscio delle chiome degli alberi accompagna il suo respiro rotto, stanco, il tubare di qualche gufo distante spezza la monotonia di suono del circondario. E' tutto sereno, tutto semplice e naturale lì attorno e quasi si sentirebbe in pace se solo non temesse d'aver fatto il passo più lungo della gamba. Akira, questa notte, indossa un corto kimono nero che, attorno al collo, scende fino al busto stretto da un obi scarlatto. Oltre di esso scivola fino alle cosce andando a coprirle fino a poco sopra le ginocchia. Degli spacchi laterali lasciano intravedere la pelle candida delle cosce nivee mentre dalle ginocchia in giù è possibile notare dei pratici ed alti stivali neri da kunoichi. Le maniche del kimono scivolano nere e larghe lungo le braccia giungendo fino all'altezza dei palmi. Solo le dita son visibili oltre la copertura delle stesse, affusolate e sottili. Una trama floreale rosa e rossa risale gli orli della veste con fare elegante e raffinato mentre l'obi che le stringe la vita si richiude sulla schiena in un grande fiocco morbido. La chioma corvina si disperde in sottili ciocche oscure lungo il capo, la nuca, le spalle, raggiungendo l'altezza a metà strada fra esse e le scapole. Capelli lisci, liberi, scostati di tanto in tanto dal vento. Nessun'arma con sé, nessuna lama: solo una tasca porta oggetti contenente dei tonici e dei fumogeni mentre al collo reca con sé il coprifronte di Otogakure appartenuto in passato a Katsumi Uchiha. Ha impastato il chakra prima di recarsi lì, andando a comporre all'altezza del plesso solare il sigillo della Capra. Avrebbe richiamato il chakra andando a cercare di raccogliere all'altezza del capo le energie psichiche presenti nel suo corpo mentre, all'altezza dell'addome, avrebbe tentato di radunare le energie fisiche scaturite dai suoi muscoli, dalle sue ossa, dal suo nutrimento. Avrebbe tentato di raccogliere in due punti precisi queste forze e, una volta fatto, avrebbe tentato di far discendere ed ascendere tali energie al fine di far raggiungere loro il plesso solare. Qui avrebbe tentato, semplicemente, di polimerizzarle attraverso un moto rotatorio combinato che permettesse la loro fusione e la loro unione così da dar vita, infine, ad una unica e nuova energia: il chakra. Al momento si trova in piedi, nel bel mezzo del bosco, a raccogliere aria cercando di riconoscere attorno a sé una qualche via che possa riportarla indietro, verso casa, con la mancina poggiata contro un albero e la destrorsa a poggiarsi timidamente sul proprio petto, giocherellando nervosamente con un lembo del proprio kimono atto a coprire il petto gentile. [Tentativo Impasto Chakra]

22:50 Kioshi:
 Da tanto tempo l’Uchiha non vede le mura di Kusagakure. Ha viaggiato a lungo in questo periodo. È tornato nella sua terra, il Paese dell’Aria, per assaporare il profumo di quelle terre. È stato via per un motivo ben preciso. Doveva riflettere su ciò che era successo nel Quartiere degli Uchiha nel Villaggio dell’Erba e, soprattutto, doveva pensare ciò che doveva fare. Come doveva comportarsi? Cosa avrebbe dovuto fare? Hanno ucciso la persona a lui più cara. Hanno ucciso Arima.. <…> rimane senza fiato al solo pensiero. Una lacrima scende giù dall’iride destra e cade lungo il suo viso per poi schiantarsi sul terreno. Com’è potuto accadere? E perché Arima lo ha costretto a stare lontano dal Villaggio proprio quel giorno? Poteva aiutarlo, poteva salvarlo. E, invece, non è accaduto nulla di tutto ciò. Katsumi gli ha strappato la vita dal petto e lui.. <La pagherà> stringe forti le dita a mo’ di pugno. Vendetta. È questo che lui cercherà da oggi in poi. Metterà da parte i suoi obiettivi, i suoi sogni e vivrà per rendere giustizia al suo più grande amico. Questa sarà la sua vita fino a quando non gli daranno un motivo valido per smetterla. Il chakra si dirige verso i canali oculari del suo sistema mettendo in moto il processo di attivazione del potere che contraddistingue il Clan degli Uchiha: lo Sharingan. Il gene del loro sangue viene a contatto con l’energia richiamata e, in questo modo, la pupilla del jonin subisce una modifica. L’iride diventa rossa mentre tre tomoe vanno a disegnarsi dentro di essa. Le palpebre si chiudono e si riaprono in un attimo e tutto intorno all’Uchiha pare muoversi a rallentatore. Il jonin si trova in un fitto bosco con alberi molto grandi e le iridi del ragazzo si muovono alla vista di un animale selvatico che scappa via a causa del rumore provocato dai suoi passi. Lo sharingan segue i movimenti dell’animale notando ogni suo passo. Dettaglio per dettaglio, lo vede allontanarsi per poi distogliere lo sguardo su di lui. Il giovane cammina senza una meta prefissata. I suoi lunghi capelli neri sono raccolti in una coda all’altezza del collo lasciando che cadano lungo la schiena. Indossa un kimono bianco stretto in vita da una fascia nera mentre nella parte posteriore porta un paio di pantaloni neri larghi e un paio di stivaletti stretti e neri. Le iridi si spostano velocemente alla ricerca di qualcosa o qualcuno, ma nulla vi è attorno al momento. Lentamente compie gli ultimi passi per poi fermarsi al centro di una piccola radura. La mente viaggia ancora ad Arima. Non riesce a distogliere il pensiero da lui, purtroppo. Soffre in questo momento e non riesce a trattenere la sua rabbia <AAAAAAAAAAAAHHHH!> urla a più non posso alzando lo sguardo verso il cielo coperto dai rami degli alberi attorno. Perché tutto ciò? Perché a lui? [chk 77/80][Sharingan a tre tomoe]

23:07 Haran:
 Riacquista lentamente fiato. L'aria viene risucchiata dalle piccole narici e poi filtrata attraverso i polmoni e respinta all'esterno dalle labbra sotto forma d'anidride carbonica. Il respiro va lentamente calibrandosi, regolarizzandosi, andando a tornar normale e lento. E' agitata, è preoccupata, tesa. Si è allontanata troppo, ha sbagliato. Voleva vedere il mondo, voleva riempirsi gli occhi di tutto ciò che quella terra ha da offrire ad una piccola fogliolina appena nata come lei. Ha riacquistato da poco la sua libertà e solo ora può bearsi delle meraviglie che la vita ha da donarle. Tuttavia ha esagerato, ha voluto strafare. Ha camminato troppo ed ora si è persa nella vastità d'informazioni di cui è ancora ignara. Quale sarà la strada per ritornare indietro, per tornare a casa? Quale sarà la via che l'avrebbe potuta ricondurre a Kusa? Da Hitachi? Le labbra vengono strette, l'espressione si fa appena preoccupata mentre le iridi bicromatiche si soffermano ancora tutt'attorno. La destra bianca e luminosa come la luna, la sinistra rossa e scarlatta come il sangue. Una particolarità che due sole persone condividono in tutto il mondo, una particolarità che sente di aver rubato ad un altro individuo. Scosta la mano dal tronco dell'albero andando a muovere ancora i propri passi. Non ha senso rimanere ancora fermi: non conosce quel posto e, per quanto possa continuare ad osservarlo, non avrebbe trovato una via di ritorno senza muoversi. Alternerebbe le leve inferiori in un lento e cauto camminare, destreggiandosi fra cespugli fruscianti e radici nodose. Passo dopo passo cerca di individuare una zona familiare, una strada già percorsa che potrebbe riprendere per tornare indietro. Ma ogni angolo, ogni punto di quel bosco sembra identico al precedente e man mano che i secondi passano, si fa forte e viva la paura dentro di sé di non poter tornare a casa. Si umetta nervosamente le labbra, continua ad avanzare, sentendosi semplicemente nervosa. Cerca di rimanere calma, lucida e fredda ma i suoi sentimenti sono confusi ed agitati. Muove un passo dopo l'altro individuando, poco lontano, un punto in cui gli alberi paiono farsi più radi lasciando spazio ad una sorta di spazio aperto e sgombro. Forse... forse avrebbe trovato dei cartelli lì? Delle indicazioni? Non lo sa, ci spera e poi si blocca. Un urlo straziante, carico di un tormento senza pari, va straziando il silenzio di quella notte squarciando il velo di pacata serenità che stava avvolgendo la foresta. Un urlo struggente, amareggiato, triste, arrabbiato. Un urlo che sa di foga e richiesta d'aiuto al tempo stesso. Un urlo che pietrifica Akira sul posto cogliendola alla sprovvista. Ma solo per un attimo, solo per un istante. La ragazza viene naturalmente e spontaneamente colpita da tale suono, da tale evento: la curiosità è umana e, ancor più, donna, e s'insinua suadente e pericolosa per i sensi della clone. E' un richiamo irresistibile quello che le si para davanti. Un qualcosa di sconosciuto proprio lì, a portata di mano. E lei avanza. Muove uno, due, tre passi, in una sequenza continua e lenta di orme che nell'erba soffice vanno tacendo il proprio suono. Si muove circospetta, attenta, avanzando fino a ritrovarsi al fianco dell'ultimo albero di fronte a sé prima della radura. Non lo sorpassa, non va allo scoperto, rimane al suo fianco fermandosi lì, notando solo ora la presenza d'una figura al centro dello spiazzo. Un ragazzo in piedi, solo, nel bel mezzo di quello spazio naturale con il viso rivolto al cielo e la pelle candida come la neve. Akira l'osserva in silenzio, sorpresa, a labbra schiuse. Non sa quanto possa essere in pericolo in questo momento, quanto vicina sia ad una fiamma pronta ad esplodere e divampare fino a divenire vivo incendio. Lei che porta su tutto il corpo i segni di un legame genetico ed indissolubile con il mezzo Seiun, si ritrova dinnanzi alla creatura che, al momento, più di ogni altra lo vorrebbe morto. Ed è un istante, è solo un secondo prima che sotto il suo piede vada spezzandosi un vecchio rametto secco. Un "tac" che strazia il silenzio venutosi a creare tutt'attorno, uno schiocco rapido e brevissimo che risuona e riecheggia tutt'attorno come un tuono in piena estate. Un tac che la porta ad indietreggiare di un passo soltanto, colta in fallo. [chakra: on]

23:34 Kioshi:
 Cala il silenzio dopo il suo urlo. Nessun rumore si presta a interrompere quel lamento. Ancora lacrime che cadono lungo il suo viso. Perché deve vivere tutto questo? Gli occhi si socchiudono nuovamente. Un mix di emozioni nascono in lui: rabbia, solitudine, vendetta, dolore. Tutto era racchiuso in quell’urlo così profondo e, in fondo, così debole in confronto a quanto nasconde ancora dentro quel corpo all’apparenza forte ma dentro, in questo momento, così fragile. Non riesce a far sparire il dolore dalla sua vita. Che sia colpa del Clan? Che ci sia una maledizione a strappare la felicità dal cuore degli Uchiha? Che sia un Clan con il destino segnato il suo? Quante domande vagano per la sua testa in questo momento. La sua intenzione era di riportare il Clan ai vecchi fasti, ma in questo momento non riesce a pensare altro che a lui. Al suo Maestro, al suo Amico. Si asciuga le lacrime sul viso con l'ausilio della manica destra del kimono. Vorrebbe solamente stare da solo in questo momento, attendere che questo dolore scompaia. Ma, invece.. <tac>. Il rumore di un ramo che si rompe risuona in quel luogo rompendo il silenzio che si era creato dopo il suo urlo. Una leggera brezza smuove i suoi capelli neri. Non aveva proprio voglia di incontrare qualcuno sul suo cammino, sicuramente non oggi. Di scatto, la testa ritorna verso il basso. Gli occhi si spalancano e mostrano di nuovo quelle iridi rosse. Il respiro si fa più pesante e più veloce. Non muove un muscolo del suo corpo, però. Muove soltanto le iridi cercando di notare qualcosa attraverso il suo Sharingan. Tutto si muove a rallentatore. Ma le sue iridi notano qualcosa: riesce a vedere lo scorrere del chakra in una figura celata dentro il bosco davanti a lui. <Vieni fuori> esclama con tono molto serio. Voce profonda, cupa. <Ora> glissa nuovamente interrompendo il suo dire. Le mani sono distese lungo il fianco, i piedi sono piantati per terra. Non si muove, neanche di un centimetro. Lo sguardo è fissato nella direzione in cui ha notato quel chakra. Uno sguardo serio, cattivo ma anche ferito e dolorante. <Chi sei?> vuole sapere immediatamente con chi ha a che fare. Un nemico, qualcuno che lo seguiva, un passante. Chi ha riservato per lui il destino oggi? [chk 73/80][Sharingan a tre tomoe]

23:53 Haran:
 Non avrebbe voluto venir fuori, non avrebbe voluto interrompere, disturbare. Sarebbe volentieri rimasta in disparte ad osservare, a studiare, scrutare quel viso che piange dinnanzi a sé. Non per crudeltà, non per qualche strano e perverso istinto, ma per semplice desiderio d'osservare e capire il mondo. Lei che della società, dell'umanità, dei sentimenti, ancora non ci capisce granché. Lei che riscopre solo ora, tutto quanto, per la prima volta. Lei che nelle lacrime di Kioshi non riesce a fare a meno di ritrovare un dolore provato a lungo a sua volta. Ancora vivo, in verità, ma soffocato con forza in fondo allo stomaco. Il dolore dovuto alla perdita, alla delusione, all'abbandono. Il dolore dovuto alla paura, al timore di non essere abbastanza, di essere un fallimento, un clone imperfetto. Deglutisce silenziosamente quando quel ramo va spezzandosi sotto la pressione del proprio piede, andando ad indietreggiare d'istinto di un passo soltanto, come se questo possa metterla a guardia e riparo dell'altrui presenza. Non può vedere, da lì, ciò che vive nello sguardo dell'altro, lo Sharingan che brilla e brucia nei suoi occhi, ma può notare la forza e l'intensità di quell'espressione che par quasi sbatterla con le spalle al muro impedendole ogni via d'uscita. Akira è tesa, preoccupata e ode timorosa quella voce andare a richiamarla, ricercarne l'attenzione. Un ordine perentorio quello che le viene indirizzato, un ordine deciso, autoritario, che le intima di venir fuori, di farsi avanti, mostrarsi a lui. Akira non sa chi sia, non lo riconosce, non sa cosa potrebbe accadere. Tuttavia sa di essere sola in una terra straniera, sa di non poter sostenere un vero e proprio scontro. Figlia dell'arte illusoria non è capace a ferire concretamente qualcuno. Deglutisce a fondo andando ad accettare con terrore il proprio destino. Forse... forse se avesse risposto alle sue domande ne sarebbe uscita illesa. Forse se solo si fosse scusata per averlo disturbato non le avrebbe fatto del male. Forse... <Mi sono persa> rivelerebbe lei muovendo, alla fine, qualche passo. Alternerebbe le leve inferiori cautamente, poco per volta, portandole in avanti. Prima una, poi l'altra, in una successione continua ed aggraziata. Movimenti cauti i suoi, eleganti, figli di una delicatezza innata e spontanea. Bassa, piccola, una bambolina d'esposizione vestita del suo miglior kimono ad avvicinarsi alla figura di Kioshi, fino a distare soltanto un paio di metri. Solo a quel punto, osservandolo, se lui non le avesse impedito d'avvicinarsi fino a quel punto, avrebbe potuto scorgere nelle di lui iridi la presenza di quell'antica e rarissima forza. <Oh...> un suono flebile, appena udibile, che va a far sorgere nuova speranza nel di lei petto, nel suo cuore. Quello che ha davanti è quindi un Uchiha. Quelle iridi scarlatte sono senz'altro inconfondibili e la portano a sperare che non avrebbero fatto del male ad una loro simile. Baciata in viso dai raggi di una luna nuova, Akira andrebbe a concentrarsi sul proprio chakra per unirsi mentalmente al suo flusso. Lo porterebbe a risalire verso il petto, la gola, il viso, fino a giungere nei canali del keirakukei che conducono agli occhi. Qui andrebbe a far scivolare una certa quantità d'energia verso le iridi tentando di andare a far fondere la propria forza al gene Uchiha presente nelle stesse. Se questo fosse avvenuto ecco che d'improvviso l'iride bianca andrebbe a tingersi di sangue mentre attorno alla pupilla centrale, in un'orbita stabile e continua, andrebbe a vorticare rapidamente una piccola virgoletta nera che, col passare degli istanti, andrebbe a fermarsi e stazionare immobile a lato del punto centrale. Una tomoe soltanto, una per occhio, a stagliarsi inconfondibile nel di lei sguardo. <Io sono come te.> rivelerebbe K-21 puntando ora le iridi cremisi sul viso del ragazzo, tentando di sostenere il di lui sguardo severo e duro. <Mi chiamo Akira> aggiungerebbe, poco dopo, schiudendo le labbra soffici e morbide. <Il tuo urlo mi ha portata fin qui ma non volevo disturbarti.> .. <Hai bisogno d'aiuto?> azzarderebbe, alla fine, inclinando di poco il capo verso la spalla sinistra. Lei è piccola, inesperta e persa in un luogo senza nome, eppure cerca di offrire le sue scarse capacità a qualcuno palesemente più forte ed esperto di lei. Nota gli occhi liquidi, il tono ferito e duro e ricorda lo strazio presente nel suo grido liberatorio. Non importa che le sue capacità siano uno scherzo per il ragazzo. Forse, in un momento come questo, tutto ciò di cui ha bisogno è semplicemente qualcuno. [Sharingan I] [chakra: 33/34]

00:21 Kioshi:
 Lo sguardo rimane fisso su quella figura. Le iridi rosse seguono quel movimento del chakra che riesce a vedere solamente grazie al potere dello Sharingan. Il chakra che fuoriesce dalle tre tomoe gli donano abilità fuori dal comune come avere la possibilità di vedere il chakra in circolo in un corpo o riuscire a prevedere i movimenti altrui in anticipo, come se tutto si muovesse a rallentatore davanti a lui. L'Uchiha non può fare altro che rimanere con lo sguardo su quella che sembra essere una ragazzina man mano che si avvicina a piccoli passi. Il dolore per la perdita del suo grande amico riesce ad essere messo da parte per un momento e la concentrazione si pone sull'incontro che il jonin sta avendo in questo istante. Le concede la possibilità di avvicinarsi quanto vuole. Non interrompe il suo cammino anche se non avrebbe voglia di dover parlare con qualcuno. Non è dell'umore giusto, purtroppo. Ma, ormai, la ragazza è lì e non può fare altro che capire di chi si tratti. Lo Sharingan nota i suoi movimenti fino a quando questi non si interrompono. Le iridi rosse si muovono su e giù guardando dettaglio per dettaglio la figura della ragazza. La ragazza dice di essersi persa ed è per questo che si è trovata lì a disturbarlo. Ma prima che possa aggiungere altro, qualcosa cattura l'attenzione della genin quando lo guarda dritto negli occhi. Kioshi rimane ancora fermo aspettando ciò che la ragazza ha intenzione di fare. Ma pare non muoversi nemmeno lei, fino a quando non gli viene mostrato il potere del suo Clan <Lo Sharingan..> sottolinea con un filo di voce difficilmente udibile. Lei è una del Clan? Un clone? A quanto pare, sembra essere così. Lei dice di essere come lui e, purtroppo, non sa quanto si sbagli ad avere questo pensiero. <Tu non sei come me.. Mi dispiace> per quanto duro sia, per quanto difficile possa essere il suo carattere, non è il tipo da insultare una ragazzina del suo stesso Clan. Fosse stato un altro, avrebbe usato altro termini. Compie un passo in avanti riducendo di nuovo la distanza tra loro due e cerca di notare meglio il suo Sharingan. <Ho bisogno di risposte> risposte che, forse, lei potrebbe dargli. Magari lei era lì quel giorno, forse ha combattuto anche lei contro Arima. In questo caso, sarà la prima ad assaggiare la sua vendetta. Nel caso, invece, sia stata dalla parte del suo amico per difenderlo, avrà trovato qualcuno pronto a ricambiare il favore. <Sei un clone, giusto? Da quale provetta?> il jonin sa come funzionano le cose in laboratorio. Ha passato tanto tempo insieme ad Arima lì e conosce bene i meccanismi per creare un clone. Le tre tomoe continuano a soffermarsi sul di lei viso, quasi a non volersi staccare da lei. Come se qualcosa catturasse i suoi occhi, come se i suoi lineamenti fossero già noti ai suoi occhi. <Hai detto di esserti persa. Dove devi fare ritorno?> le domande per avere la conferma che lei proviene dal Quartiere Uchiha di Kusagakure, l'unico posto da dove gli Uchiha possono abitare in questo periodo. [chk 71/80][Sharingan a tre tomoe]

00:43 Haran:
 Appare così piccola, lei, così fragile. Un fiore ancora in sboccio agli occhi del mondo, come una bambina che inizia solo ora a mutare in donna. E, per un certo senso, è davvero così. Eppure nonostante il fisico esile, l'altezza modesta ed i polsi sottili, il suo viso è quello di una diciassettenne, di una ragazza in crescita. Non più bambina, non ancora donna. Sospesa in un limbo complesso, incastrata in una età indefinita a lei persino sconosciuta. Akira nota l'espressione dell'altro nell'osservarla. Nota il modo in cui la scruta, la studia, rimanendo infine sorpreso nel notare l'apparizione dello Sharingan nei di lei occhi. La ragazza rimane in silenzio, ferma, ostentando quel potere di cui solo da poco ha imparato ad esser padrona e controllore. Lascia che lui comprenda, che lui capisca e attende silenziosamente di sapere se condanna o salvezza pendono sul di lei capo. Può vedere la concentrazione di chakra nel di lui corpo sotto forma di fiammate di colore. Pennellate rosse e nere che avviluppano la di lui figura a seconda della quantità d'energia presente. Una quantità mostruosa per lei che, di chakra, ne possiede ben di meno. Ma, dopotutto, le basta vedere i suoi occhi per sapere quanto egli sia potente, quanto sia capace di rivelarsi pericoloso. <No, hai ragione> replica lei, dopo poco, in risposta al duro dire dell'altro. <Non come te. Ma condividiamo comunque lo stesso segreto nei nostri occhi. Vorrà pur dire qualcosa...> mormora lei portando una mano a salire verso il viso, le dita della mancina a sfiorare delicatamente e lentamente il proprio volto, poco sotto l'occhio, quasi a voler indicare il potere al quale si sta riferendo, come se non fosse abbastanza chiaro già così. Un gesto meccanico, istintivo, semplice. Akira osserva l'altro vedendolo avvicinarsi a sua volta, bruciare quella distanza fra loro fino a fermarsi a poco da lei. Le sue parole la portano a sbattere le ciglia una, due, tre volte prima di fermarsi, ricercando nelle sue iridi scarlatte una qualche spiegazione. <Quali sono le tue domande?> chiederebbe la ragazza con disarmante semplicità, leggerezza, non potendo venire incontro al suo bisogno senza una adeguata argomentazione di contorno. Non sa quanto pericolose possano essere, per lei, queste domande. Non sa quanto vicina sia al confine fra la vita e la morte, quanto pericoloso sia per lei nello specifico affiancare questa persona. Non può saperlo, lo ignora, e semplicemente permane lì ad esser osservata dai di lui occhi stanchi. La domanda giunge come uno schiocco di frusta al suo orecchio andando a farle stringere per un attimo le viscere nel ventre. Stringe appena le labbra distogliendo da lui lo sguardo per portarlo a puntare il terreno ai propri piedi, verso destra. <Ha importanza?> domanderebbe dopo qualche attimo di silenzio in un vociare basso, leggero, atto semplicemente a spezzare il silenzio senza però distruggerlo del tutto. <Nascere dal sangue di Sasuke o di qualcun altro, è rilevante?> chiederebbe sinceramente confusa da quelle sue stesse domande. Non comprende la sua domanda, il bisogno di conoscerne la risposta, tuttavia non vede neppure il motivo per cui doversi tirare indietro. Espira piano, stancamente, richiudendo le palpebre in un gesto stanco, ingenua e sprovveduta dinnanzi al suo carnefice. <Sono il clone di Katsumi Uchiha. Pensavo fosse evidente> ammette, alla fine, con voce bassa, spenta, quasi colpevole. Odia, odia questa sensazione. Odia l'idea di doversi identificare come la copia del mezzo Seiun. Odia sentirsi riconoscere solo per questo. No. Lei è di più... lei è Akira, è una persona a se stante. <E tu?> domanderebbe allora risollevando solo ora lo sguardo, tentando di puntarlo una volta ancora verso il di lui viso. <Chi sei, tu?> chiederebbe ricercandone le iridi, l'espressione, specchiandosi in quelle pozze cremisi volte a fissarla e studiarla attentamente. Sente le sue parole, la sua voce e si ritrova a rispondere poco dopo con fare semplice, sincero e spontaneo. Non ha nulla da nascondere, dopotutto. <A Kusa. Sono uscita dal Villaggio per esplorare i boschi all'esterno ma mi sono spinta parecchio più in là, temo. Non so più come ritornare indietro, non so dove sono> ammetterebbe, colpevole, mordendosi ora le labbra con fare intimidito. <Dove siamo?> chiederebbe, quindi, ricercando nell'altro una risposta alla sua domanda. [Sharingan I] [chakra: 32/34]

01:16 Kioshi:
 La guarda ancora con più attenzione. Lo sharingan gli da la possibilità di vedere la concentrazione del chakra della ragazza nel suo corpo e notare il movimento dell'energia dentro di lei. Un corvo spicca il volo da un ramo di un albero sorvolando sopra le loro teste. L'Uchiha alza nuovamente lo sguardo notando lo sbatter d'ali dell'uccello che vola nell'aria. Una volta che il corvo sarebbe sparito dalla sua vista, lo Sharingan tornerebbe a posarsi sopra le iridi della ragazza del medesimo colore dei suoi. Piega più volte la testa lateralmente in modo lento ascoltando, mentre, le parole della ragazza. Entrambi condividono lo stesso segreto nei loro occhi. Forse, è vero. Un segreto che ancora deve essere svelato. Una maledizione o un potere? Questo è il dilemma. La ragazza crede che debba esserci una qualche unione tra loro visto che condividono la stessa abilità oculare, ma per il jonin non è così. Ci sono stati tanti cloni nel Clan. Molti di loro hanno commesso errori imperdonabili, altri sono stati etichettati come traditori. Per quale motivo dovrebbe avere per forza qualcosa in comune con questi cloni? Non è dello stesso punto di vista della ragazza. Lui è nato per uno scopo e per questo motivo dovrà ripulire il Clan da chi non merita di esserne parte. Ci sarà posto solo per chi ha un cuore puro. <Dipende da te. Potremmo avere molto in comune.. O niente> glissa nuovamente il jonin concludendo la frase sempre con un tono duro. La ragazza vuole sapere quali siano le domande a cui il jonin vuole le risposte, ma lei non avrebbe capito che quelle domande sono già iniziate da parte dell'Uchiha. E lei stessa gli sta dando le risposte. La genin domanda se sia così importante sapere da chi è stata creata. Per lui ha importanza, sì. <Non è rilevante, è solo una mia curiosità. Decidiamo noi chi essere una volta venuti al mondo, indipendentemente da chi nasciamo>. Quel viso, però, lo ha già visto e quei lineamenti sono stati già visti da altra parte. E, infatti, la ragazza spiega di essere il clone di Katsumi. Proprio lui. L'uomo che forse odia di più in questo momento. Perchè? Perchè il destino ha messo sul suo cammino questa ragazza stasera? Perchè le ha fatto smarrire la strada e l'ha fatta incontrare con lui? Il sentire pronunciare quel nome provoca un colpo al cuore al jonin. I battiti iniziano a farsi forti, quasi visibili ad occhio nudo. Cosa fare ora? Il jonin è immobile. Deve restare calmo, però. Non ha nessuna prova che lei sia a stretto contatto con lui. Quei lineamenti, però.. Quel volto così simile a lui. Chiude per un attimo le palpebre. Vuole trovare la calma necessaria per andare avanti. <Io sono Kioshi> spiega alla genin volgendo nuovamente lo Sharingan verso di lei. La ragazza vorrebbe sapere dove si trova perchè, partita da Kusa, si è spinta troppo in là senza rendersene conto. <Siamo a nord del Paese dell'Aria. Vicino casa nostra, il Villaggio del Suono> spiega brevemente a lei. <Non mi hai detto come ti chiami, però> la mano destra muove i capelli che si erano spostati davanti il suo viso mettendoli di lato. <Quindi hai il sangue del nuovo Capo Clan. Che ne pensi di lui?> domanda come se fosse una normale chiaccherata. In realtà, sta cercando di scoprire di più su di lei. Il destino avrà un buon motivo per averla fatta perdere proprio questa sera. [chk 68/80][Sharingan a tre tomoe]

12:20 Haran:
 Un corvo vola sereno sollevandosi in volo da un ramo nodoso. Akira solleva lo sguardo d'istinto notando le sue ali agitarsi piano, lentamente, potendo quasi prevedere quale sarebbe stato il suo successivo movimento. L'osserva alzarsi per aria, librare e sfrecciare via ad una velocità strana, limitata, grazie al potere oculare che risiede nei suoi geni. Lo sguardo di un attimo prima di tornare ad osservare il moro, a sentirsi trafitta e travolta dalle sue iridi cremisi. Ne ode il vociare, le parole e si ritrova semplicemente ad osservarlo in silenzio. Non replica, non dice nulla in risposta, non sapendo bene come potrebbe replicare a quel suo dire. E' vero: potrebbero avere in comune molto più che lo stesso semplice potere innato, oppure essere molto diversi. Un mezzo sorriso amaro a comparire sulle sue labbra morbide mentre abbassa appena lo sguardo posandolo sul fogliame ai propri piedi. <Diversi...> una parola che ormai ha imparato ad associare a se stessa. La parola nella quale si riconosce di più, la parola che ha iniziato ad odiare. Liberata da una cella bianca senza sbocchi sul mondo adesso si ritrova a non sapere nulla della vita, delle persone, se non quelle poche nozioni studiate sugli Uchiha e la loro storia. Sospira piano, silenziosamente, stringendo piano i pugni lungo i fianchi mentre l'altro continua quel suo dire che, questa volta, la porta a rialzare lo sguardo un po' più speranzosa, fissandolo. Sì, è d'accordo con lui. Anche lei crede che possano decidere loro stessi chi essere, a prescindere dalla loro natura di cloni, a prescindere dalla natura delle persone dalle quali sono stati creati. Forse questo semplice pensiero può essere un punto di partenza, un primo aggancio per trovare qualcosa da avere in comune. <I nostri corpi saranno anche stati clonati partendo da quello di qualcun altro, ma la nostra anima non può essere stata replicata, ci appartiene> andrebbe a dire lei portando ambo le mani dinnanzi al petto. La mancina chiusa a pugno e la destrorsa sopra di essa come a volerla avvolgere e proteggere. <Per chi crede che ne possediamo una...> Non sa cosa pensare con esattezza sulla propria anima. Lei ritiene di possederne una, che sia questa a farle provare dei sentimenti, delle emozioni, a guidare i suoi stessi passi. Tuttavia a volte teme che invero sia semplicemente il suo cervello a farle provare tutta quella valanga di stati emotivi e che, semplicemente, una creatura nata in laboratorio non abbia potuto possedere qualcosa di naturale e vitale come un'anima. Le piace credere di averne una, di essere come qualsiasi altra persona, ma di fatto non avrebbe mai saputo se davvero ne sia dotata oppure no. I secondi passano, la brezza soffia e gli alberi attorno a loro vanno smuovendo un fruscio naturale e gentile grazie alle loro chiome verdi sfiorate dal vento. Akira si sente a disagio, si sente sulle spine nel rivelare da quale gene primario sia nata. Un tempo ne era fiera, un tempo l'avrebbe rivelato a testa alta e con orgoglio. Un tempo amava pronunciare il nome di Katsumi... ode l'altro rispondere alla sua domanda, presentandosi, rialzando il viso verso quello di lui, osservandolo. <Kioshi...> mormora, ripetendo quel nome con tono basso, semplice, pulito. Ne carezza le sillabe con la voce assaporando quel nome fra le labbra. Non lo conosce, non l'ha mai sentito, ma non importa, l'avrebbe conosciuto da ora. Ascolta quanto egli le dice circa la loro attuale posizione e si ritrova a sgranare di poco le palpebre, sorpresa e colpita da quella rivelazione. Si è allontanata al punto da arrivare persino in un altro Paese! Ohhhh eccome se è nei guai, adesso. <Casa nostra?> domanderebbe lei, a quel punto, inclinando di poco il capo ed aggrottando leggermente le sopracciglia sottili ed ordinate. <Tu la consideri casa?> domanderebbe lei con semplicità, fissandolo, sbattendo gentilmente le palpebre, con le ciglia scure e folte a seguire spontaneamente quel movimento. Per lei, oh, per lei casa non è nessun luogo fisico. Per lei non è Oto, non è Kusa la sua casa. Casa sono le braccia della persona che più di tutte la fa sentire al sicuro, protetta. Casa è calore, non un Villaggio. E se anche lo fosse stato, di sicuro, non sarebbe stato Oto, un luogo che non ha mai veduto con i suoi occhi ma che ha semplicemente visto -in macerie- in una terribile illusione parecchio tempo prima. <Io ero il clone K-21> si presenta, nuovamente, guardando l'altro in viso, espirando piano nel pronunciare quelle parole. <Ma ora sono Akira. Akira Uchiha> Non più un codice, non più un prodotto, non un oggetto. No. Akira. Un nome donatole da qualcuno che ora sente incredibilmente lontano, qualcuno che ha lasciato in lei un vuoto profondo e che sanguina e duole ogni giorno. Un qualcuno che par risvegliare la curiosità dell'altro portando Akira a schiudere le labbra come se le fosse stato appena chiesto qualcosa di complicato. Lo Sharingan verrebbe fatto svanire, l'iride destra tornerebbe a tingersi di quella naturale sfumatura bianca mentre le tomoe svanirebbero attorno alle pupille lasciando tornare la sua vista la solita di sempre. Abbassa il capo lei distogliendo da lui lo sguardo, avvertendo la brezza insinuarsi fra i capelli corvini, fra le pieghe del kimono scuro. <Io... non so cosa pensare> ammette lei dopo qualche attimo di tentennante silenzio. Abbassa le palpebre per un istante, chinando il viso, prima di rialzarlo e portare lo sguardo sulla figura del clone di fronte a lei. <Lui mi ha salvata. Mi ha tirata fuori dalla mia cella, mi ha mostrato per la prima volta il cielo, il vento, la luna e le stelle. Mi ha accompagnata fuori dalla Magione, mi ha fatto sentire la pioggia sulla pelle> E fin qui sembrerebbe ovvio pensare che lei veneri questa persona, che sia semplicemente devota ed in debito nei confronti di chi tanto ha fatto per lei. <Però... è andato via. Mi ha promesso di insegnarmi, di starmi vicino, di fare di noi Uchiha una famiglia e poi...> la voce s'incrina, lo sguardo si oscura leggermente mentre le labbra si stringono fra loro tingendosi appena d'una sfumatura più scura. <Dov'è, ora?> domanderebbe retoricamente rialzando lo sguardo, puntando le iridi decise in quelle di Kioshi. <Mi ha lasciata sola in un mondo che non capisco ed è sparito. Ha ucciso Arima ed è scomparso. Perchè?> Come se il clone, poi, possa saperne qualcosa. Le labbra si stringono ancora fra loro, l'espressione sfuma in una sorta di malcelata, triste rabbia. <A volte vorrei che non l'avesse fatto... a volte vorrei essere rimasta nella cella dove mi aveva messa Arima, ad aspettare le sue visite.> rivela per la prima volta abbassando lo sguardo con fare mesto, sconfitto, liberando un tono sconfortato e stanco in quel dire, con le spalle che lente s'abbassano, molli, sconfitte. <Ma... penso che lui non l'avrebbe voluto> [Sharingan off] [chakra: 32/34]

13:06 Kioshi:
 Non può fare altro che rimanere con le iridi rosse rivolte verso la di lei figura mentre un leggero soffio di vento sposta nuovamente quei capelli così scuri davanti ai suoi occhi. Con un piccolo movimento del capo riesce a portare quel ciuffo lontano dalla sua visuale e ritorna a vedere per intero il corpo della ragazza del suo stesso Clan. Le parole di lei arrivano dirette al jonin che rimane immobile nell'ascoltare quel suo dire. Non muove un muscolo, non ancora. Rimane lì.. Fermo. L'udito è concentrato sulla ragazza. La vista fa la medesima cosa con lo Sharingan che continua a notare quella fiamma piccola dentro quel corpo davanti a lui. Sente la ragazza parlare di anima, posseduta da ognuno dei cloni. Qualcosa di diverso in ognuno, qualcosa che contraddistingue tutti quei corpi. <E tu?> domanda l'Uchiha guardando dritta negli occhi la ragazza <Tu ci credi?> ne vuole la conferma. Potrebbe davvero essere un punto di incontro tra le loro menti. <Veniamo al mondo per essere noi stessi. Non per vivere la stessa vita della persona da cui siamo stati creati> afferma ora il suo pensiero. Visionario di un mondo che, forse, solo lui capisce. Ma non tutti possono vedere quel che vede lui e come lo vede, altrimenti sarebbero davvero tutti uguali. E non è neanche preoccupato di essere l'unico a vederlo in quel modo. Nato da un esperimento, vive per uno scopo. Chi lo ama, lo segua. Altrimenti, chi se ne frega. <L'anima ci appartiene> ecco il primo punto di incontro tra i due pensieri degli Uchiha che si trovano davanti ora. Sharingan contro Sharingan, Uchiha contro Uchiha. Ripete le stesse parole della ragazza annotando che quella frase è parte anche del suo modo di vedere il mondo. Successivamente, la ragazza domanda se il jonin consideri casa il Villaggio del Suono. Non tarderebbe ad arrivare la risposta dell'Uchiha. Con un lento movimento della mancina, le dita di questa andrebbero a spostare nuovamente a lato i capelli che cadono davanti al viso. <Casa.. Forse, per noi Uchiha, è un concetto troppo soggettivo> analizza la situazione del suo Clan. Una Casata quasi nomade, visto che hanno cambiato spesso la loro locazione. <C'è chi crede che casa nostra sia al Villaggio della Foglia, dove il nostro Clan è nato. Chi crede che sia al Villaggio del Suono, dove abbiamo creato le nostre prime nuove fondamenta. E chi, i più giovani suppongo, crede che sia al Villaggio dell'Erba nel nuovo Quartiere> conclude la sua spiegazione. <Ma io credo che per casa si possa intendere un posto dove si sia stati bene. E ad Otogakure, io avevo tutto..> Arima, un sogno. Ascolta, poi, il nome della ragazza e rimane in silenzio mentre lei finisce di rispondere alla domanda del jonin. La ascolta, sente pronunciare quel nome.. il suo amico perduto. La ragazza non sembra in grado di dare precise indicazioni sull'attuale locazione di Katsumi. E non sembra nemmeno essere così felice di lui. <Se Arima ti teneva lì dentro, era perchè forse non ti riteneva ancora pronta per uscire. Lui aveva un piano per ognuno di noi e ti avrebbe dato la libertà nel momento giusto> spiega ciò che Arima faceva un po' con tutti i cloni, come ha fatto con lui stesso. <Invece, ti senti pronta per affrontare il mondo? Credi di essere all'altezza delle difficoltà che in queste terre potrai trovare? Ti ha promesso tante cose.. Ma ti ha lasciato sola> stampa in faccia alla ragazza la verità di ciò che Katsumi ha fatto. <Anche io mi domando il perchè..> abbassa leggermente lo sguardo lasciando che lo Sharingan guardi il terreno sotto i piedi dell'Uchiha. Il corpo, ora, si muove da sola in avanti verso la figura della ragazza. Un passo alla volta mentre ripete con un tono gracile <Perchè? Perchè?!> un filo di voce, rotto da quei sentimenti contrastanti dentro di lui. <Perchè Katsumi ha ucciso Arima?> domanda nuovamente alla ragazza, anche se suppone che lei non possa avere una risposta. Si trova proprio di fronte a lei. Pochi decimetri a separare i due corpi. Lo sguardo è ancora basso. Cerca di evitare i suoi occhi. Cerca di non versare altre lacrime in ricordo di Arima. Cerca di non guardare ancora quei lineamenti così uguali al suo nemico. Vorrebbe una risposta e attende. [chk 65/80][Sharingan a tre tomoe]

14:16 Haran:
 Si osservano, si scrutano, si studiano. Come animali che, immobili, cercano di capire se hanno dinnanzi una preda o un cacciatore. Rimangono fermi l'uno davanti all'altro a cercar nei rispettivi occhi una scintilla. Che sia il calore d'una mano amica o la fiammata di un incendio che potrebbe bruciare e consumare ogni cosa. Akira è incuriosita, colpita dal ragazzo che ha di fronte, cerca di capire se sia egli un pericolo od un'anima semplicemente sola. Ascolta la sua voce, le sue parole, e semplicemente si sofferma a pensare a quelle domande che egli le volge. Si prende qualche attimo per pensare, per essere sicura di ciò che sta per dire e poi, alla fine, schiude le labbra morbide per donargli la risposta ricercata. <Io credo di voler averne una. Non so se noi cloni possediamo un'anima, se sia cresciuta e maturata assieme ai nostri corpi, con la nostra mente, ma spero che sia così> rivela lei con disarmante semplicità, sinceramente, tenendo lo sguardo fermo in quello di Kioshi. <Voglio essere solamente me stessa... Voglio che la gente mi guardi e veda me e non la persona dalla quale ho avuto origine> E lo desidera con forza, con tutta se stessa. Lei. Non. E'. Katsumi. L'altro ripete quanto lei ha pronunciato poco prima e le iridi di Akira lentamente si dilatano sorprese, colpite, contente che almeno su questo si trovino d'accordo. Le labbra si distendono appena, abbozzano un piccolo sorriso mentre col capo va annuendo come per voler dare ragione al clone. Forse non sono poi così diversi come avevano creduto, forse sono più simili di quanto in realtà non avrebbero creduto. E la conferma a questo pensiero giunge quando Kioshi parla della sua casa, di quella che lui considera tale. Akira la pensa come lui, pensa esattamente la stessa cosa. E' contenta di sapere che anche questa volta condividano un comune pensiero, tuttavia la rattrista anche constatare come al momento l'altro appaia piuttosto sconfortato. Lei aveva considerato casa dapprima la cella in cui Arima l'aveva reclusa, in seguito le calde braccia confortanti di Hitachi. Ma Kioshi...? Kioshi aveva tutto ad Oto, pare. Ma ora? Adesso dov'è che sente di star bene? <Ed ora? Ora cosa c'è, per te, ad Otogakure?> la domanda è forse un po' brutale, ma Akira non desidera ferirlo, non desidera rigirare il coltello nella piaga. La voce è morbida, bassa, delicata, come avesse timore a porre quella domanda che, tuttavia, nasce spontanea fra le sue labbra. <Io non so come funzioni il mondo o come funzionino i sentimenti delle persone. Li sto scoprendo ora, per la prima volta, lentamente. Ed è difficile, ed è tutto caotico e confuso e probabilmente sbaglierò ma... non fare della tua casa un ricordo> Cosa sarebbe successo se avesse continuato a considerare casa il posto che, una volta, aveva qualcosa da offrirgli? Cosa sarebbe successo se avesse continuato a vivere nel ricordo di un posto che un tempo era benefico per lui? <Non rimanere solo> ed è quasi una richiesta, la sua, mentre lo osserva con gli occhi luminosi, lo Sharingan forse meno minaccioso e severo della storia del clan. Uno Sharingan che vuole trasmettere preoccupazione e conforto, che non ha in sé alcun desiderio di vendetta o minaccia, solo l'inarrestabile voglia di vivere. L'innata viene disattivata, i suoi occhi tornano normali, quasi unici, e Arima torna a frapporsi fra lei ed il mondo. Il suo ricordo le fa ancora male, il ricordo della prima figura paterna della sua vita ancora brucia al sol pensiero che non l'avrebbe potuto più rivedere. Kioshi sembra conoscerlo, sembra conoscerlo piuttosto bene. Le sue parole, il suo dire, lasciano intendere questo e Akira schiude le labbra quando nota il graduale cambio di tono dell'altro. Calmo, sicuro, serio, severo. Via via infiammandosi, accalorandosi fino a fermarsi ad un soffio da lei e spezzarsi con strazio su quell'ultimo dire. Akira tace, l'osserva sentendosi quasi colpevole ai suoi occhi. Quella domanda la spiazza, la atterra e ferisce. Kioshi voleva bene ad Arima. Il dolore nella sua voce è evidente e lo sguardo affranto inconfondibile. E lei... lei è nata dal sangue dell'uomo che l'ha ucciso, che gliel'ha portato via. Ad entrambi. Espira piano, difficilmente, andando ad abbassare di poco lo sguardo, trovando ora difficile guardarlo in viso. <Non... so perchè.> ammette lei tristemente ritrovandosi solo ora a realizzare che, alla fine di tutto, non ha mai saputo davvero come mai Arima fosse morto. <Ma credo che lui desiderasse morire> la voce è bassa, contrita e teme quello che potrebbe scatenare nell'altrui cuore. <Se me lo permetti, posso mostrartelo> andrebbe dunque a dire, dopo un attimo di denso silenzio, osando solo ora rialzare lo sguardo e porgendo verso l'altro le proprie mani. Se lui non l'avesse impedito, se gliel'avesse permesso, Akira sarebbe andata a sollevare le braccia per portare ambo le mani ai lati del suo viso, sulle sue gote, con le dita a sfiorare le tempie, la chioma corvina che solletica la pelle. Le maniche del kimono si sarebbero arrotolate su se stesse scivolando verso il gomito mentre lei avrebbe tentato di puntare le iridi bicromatiche in quelle di lui. Avrebbe cercato di concentrarsi sul proprio chakra e, se lui avesse sempre permesso, avrebbe fatto fuoriuscire dai propri occhi un unico semplice flusso di energia illusoria che sarebbe dunque andata a cercare di confluire nella mente altrui. Un flusso che avrebbe tentato di trovare la propria strada verso il di lui cervello per andare a stimolare e controllare i sensi della vista e dell'udito. E, se questo fosse accaduto, ecco che d'un tratto tutto attorno a loro sarebbe mutato. Non più una radura erbosa, non più una notte di luna nuova, no. Kioshi si troverebbe sul tetto della Magione Uchiha sotto una notte assai più tempestosa. La pioggia fitta cade e lui non può sentire la sensazione dell'acqua sulla pelle. La pioggia scende scrosciante sul tetto attorno a lui ricolmo di aiuole fiorite. Gigli bianchi si disperdono a vista d'occhio per tutta la zona mentre fra questi, in terra, giace semplicemente il corpo insaguinato di Arima. Gli manca un braccio, sangue rosso e viola esce da numerose zone del suo corpo, sotto le vesti scure, il giaccone bianco. Gli occhiali sono crepati sul viso, i capelli fradici d'acqua. E' disteso al suolo, circondato di gigli bianchi e macchiati del suo sangue, mentre il suo viso appare sereno. Gli occhi sono chiusi, morbidi e le labbra distese appena in una linea che s'incurva leggermente verso gli esterni. Lui che di sorrisi non ne aveva mai donati a nessuno, nella morte, trova la sua pace. Akira gli passa e trasmette il ricordo di quella notte, il ricordo di quando ha veduto Arima per l'ultima volta. Compare, d'un tratto, nell'illusione al fianco dell'ex capoclan, seduta in terra con gli abiti coi quali Kioshi l'ha veduta questa sera. Osserva Arima con gli occhi ricolmi di lacrime trattenute. <Non l'avevo mai visto sorridere prima. Non l'aveva mai fatto...> rivela lei con la voce ridotta ora ad un soffio e, nella realtà, al di fuori dell'illusione, una lacrima cristallina percorre dalla sua palpebra chiusa tutto il suo viso, rigandolo appena. [SE Illusione di due sensi - Vista e udito] [chakra: 25/34]

15:05 Kioshi:
 Le loro iridi continuano a fissarsi. Questi continui sguardi tra loro rendono inutile tutto il paesaggio attorno a loro. Come se fossero avvolti nell'oscurità e ci fossero solamente due occhi rivolti verso altri due. Questa è la situazione che sta vivendo Kioshi in questo momento. Si è isolato dal mondo terreno ed è concentrato solamente sulla figura di Akira, questa ragazza che gli sta dando tanto da pensare e riflettere. Non sa come comportarsi, in effetti. Quando gli occhi incrociano quel di lei viso, vorrebbe strapparglielo dal volto e uccidere chi così tanto assomiglia a quella persona, chi ha nelle vene lo stesso sangue di lui. Ma, successivamente, quando lo Sharingan si posa con più calma sulla figura della ragazza, non comprende il motivo per cui dovrebbe togliere la vita ad una persona che non ha colpe. L'unico difetto è somigliare a quel ragazzo. E l'unico errore è stato perdersi e ritrovarsi davanti al jonin. L'ascolta ancora quando lei afferma di sperare di avere un'anima che la renda unica e lui non può fare altro che risponderle. Il volto scuro, le labbra distese all'ingiù, gli occhi cupi che brillano solamente grazie al colore vivo dello Sharingan. <Ne hai una. Devi solo cercarla dentro te stessa> le consiglia vivamente, come se lui stesso avesse già percorso quella strada. Sono vicini, ora. Così vicini che potrebbero sfiorarsi il viso con una mano o uccidersi a vicenda in un battito di ciglia. Cosa c'è ad Otogakure per lui, ora? Nulla, forse. <Ricordi di un passato ormai lontano..> ricordi che logorano la sua mente e lasciano in lui un senso di amarezza per tutto quello che è accaduto. <Non è rimasto nulla. Vecchie mura, stanze vuote e inchiostro su pergamene..> descrive i suoi ricordi. Ciò che ancora lo lega a quel Villaggio. La ragazza gli consiglia di non fare di un ricordo la sua casa e di non rimanere in solitudine. Purtroppo, però, è tardi. <Io sono già solo..> non c'è nessuno. Aveva Arima, aveva un Clan. Ma se gli Uchiha si sono schierati con Katsumi, non ha neppure quello. Perchè hanno voltato le spalle a lui? Perchè? Questo periodo della vita di Kioshi è un continuo domandarsi i motivi per cui sono accaduti questi fatti, ma non riesce a trovare risposta in nessuna delle sue domande. Il volto basso non lascia trasparire più nulla. Sente solamente la voce della ragazza che spiega al jonin come lei crede che Arima desiderasse morire. E vuole mostrarglielo. Akira poggia le sue mani sul viso dell'Uchiha che, di scatto, alza leggermente lo sguardo. Quel che basta per permettere allo Sharingan di guardare i movimenti rallentati della ragazza che porta le braccia in alto e di notare lo scorrere del chakra della kunoichi verso lui stesso. L'Uchiha chiude per un attimo gli occhi permettendo alla ragazza di fargli vedere ciò che lei vuole. Si trova sopra la magione del Clan, mentre dal cielo cade copiosa la pioggia. L'acqua, però, sembra non colpirlo, a differenza dell'immagine che gli compare davanti che da l'ennesimo colpo al cuore al jonin. Il corpo di Arima ricoperto di sangue e ferito dopo la battaglia finale in cui ha perso la vita. Akira gli fa notare come lui stia sorridendo stranamente, ma il jonin non crede che tale sorriso sia un desiderio di porre fine alla sua vita. Il corpo dell'Uchiha crolla in ginocchio accanto al cadavere dell'amico dove ora appare anche Akira. Non riesce a placare le lacrime che cadono sul corpo di Arima. Lo Sharingan che piange. Il più grande potere oculare inseguito dalla più grande delle maledizioni: il dolore eterno. <Penso che sorridesse perchè aveva capito di aver fatto tutto il possibile per il Clan. Non aveva rimpianti.. Era felice per tutto quello che aveva fatto, non per la fine dei suoi giorni> con un filo di voce cerca di comprendere il sorriso di Arima. L'emozione è forte in lui, il dolore ancora di più. Un ultimo sguardo al suo amico <Verrò a trovarti presto, te lo prometto..> sussurra queste ultime parole prima di provare ad interrompere quella scena. Lo Sharingan si rivolge allo sguardo della ragazza <Ora basta..> il tono di voce si fa molto più duro, come se ne avesse abbastanza di provare quel dolore nel guardare le immagini prodotte dai ricordi della ragazza. Il jonin lascia scorrere il suo chakra nel verso opposto di quello prodotto dall'illusione di Akira cercando di uscire dall'arte della ragazza. Se la genin non forzasse il flusso del chakra verso il cervello del jonin, il ragazzo dovrebbe ritornare davanti ad Akira. Di scatto, la mano destra afferrerebbe la mancina della ragazza staccando le dita di lei dal suo viso. Mantiene la presa mentre la sinistra si alza lentamente. Il braccio viene portato leggermente all'indietro con la conseguente rotazione del busto verso sinistra, come se stesse caricando un colpo. L'indice e il medio rimangono distese mentre le altre dita si chiudono verso il palmo. Lo Sharingan guarda ancora una volta la ragazza. Un'espressione cupa, solitaria, triste. La destrorsa lascia la presa della mancina della kunoichi. <Segui quella direzione e arriverai al Villaggio dell'Erba> il destino ha deciso di farla perdere, ma oggi Kioshi vuole aiutarla a ritrovarsi. Perchè, prima di tutto, deve ritrovare se stesso. [chk 62/80][Rilascio illusorio - Sharingan a tre tomoe]

15:34 Haran:
 Forse è vero, forse è così. Forse è proprio grazie alla sua anima che è capace di provare emozioni e sentimenti o forse no. Forse è solo il loro desiderio di sentirsi persone normali a fargli credere di possederne una. Probabilmente non avrebbero mai trovato una vera e reale risposta a questa domanda. Ma alla fine, poi, cosa importa? Alla fine dei propri giorni tutto ciò che resta non è altro ciò che si è fatto e ciò in cui si è creduto, non è poi così importante sapere con certezza se si è posseduta o meno una cosa che non si sarebbe neppure potuta dimostrare. Akira si limita quindi ad annuire rimanendo dinnanzi all'altro, osservando quelle iridi scarlatte osservarla e studiarla. Non v'è più la notte attorno a loro, non più una radura boscosa. Solamente il nulla ad accompagnare le loro stesse presenze. Kioshi è davanti a lei, vicino, abbastanza da poter sentire il suo corpo prossimo al proprio, il suo viso a portata di mano. Un semplice alito di vento può trasportare il loro odore, i loro respiri sulla pelle altrui, una distanza così minima da risultare effimera. Akira sa che l'altro è forte, sa che potrebbe annientarla con un gesto. Lo ha visto coi propri occhi, lo vede nel numero di tomoe che caratterizzano il di lui sguardo. Eppure... eppure non ha paura. Ora che ci ha parlato, ora che ha potuto un po' meglio sapere chi ha davanti, non teme la sua presenza ma, invero, ne rimane incuriosita ed interessata. Cosa ci fa un Uchiha così lontano dal clan? Cosa ci fa, lui, così distante da chiunque altro? Ode la sua voce, i suoi ricordi, e tutto quello che dice va a farle venire in mente l'immagine di Otogakure che Shisui aveva trasposto nella di lei mente nel loro primo allenamento. Una Oto distrutta, in fiamme, devastata dalla guerra civile. <Non devi esserlo per forza...> mormorerebbe Akira stringendo le labbra, osservandolo con gli occhi limpidi e sinceri. <Torna con me a Kusa. Vieni ai quartieri> andrebbe a proporgli con voce bassa, melodiosa, tentando di porgergli virtualmente una mano a cui aggrapparsi. Non dev'essere solo ancora a lungo. Non deve esserlo nuovamente. Lei può dargli una mano, lei potrebbe essergli amica, se solo volesse. Ha perduto Arima, è vero. E' evidente che questo lo ferisca, gli faccia del male, eppure non deve per questo recludersi nel proprio dolore. La vita continua per lui, va avanti e va affrontata. Ma non deve necessariamente farlo da solo. Per questo, forse, Akira decide di comparire all'interno dell'illusione nella quale ha voluto invitare l'altro. Compare al fianco di Arima, sotto lo sguardo di Kioshi, vedendolo inginocchiarsi a sua volta al capezzale del clone di Sasuke. Akira distoglie lo sguardo dal pianto di Kioshi, abbassa il viso. Ne rispetta il dolore, distoglie lo sguardo dalla sua fragilità. Sente le lacrime rigarle il viso, scivolare via, ma non s'unisce in comunione al dolore dell'altro, no. Ne sente da lontano i gemiti sommessi e la voce spezzata. <Forse hai ragione...> mormorerebbe alla fine lei, stancamente, soffermandosi sul significato dietro le parole dell'Uchiha. Probabilmente ha ragione, probabilmente è per questo che Arima sorrideva. Dopotutto, insomma, chi sarebbe felice di morire? Al successivo dire di Kioshi, poi, la ragazza andrebbe a sentire il suo chakra forzare la propria illusione, distorcendola, annullandola e ne asseconderebbe il fare interrompendo l'afflusso di chakra verso la sua mente. Il genjutsu viene a mancare così come la possibilità di Akira di ritrarre le proprie mani dal suo viso. La destrorsa del clone va infatti ad intrappolare la sua mancina nella sua presa. Un gesto rapido, troppo veloce per lei, che la porta ad irrigidirsi appena sotto il suo contatto. Schiude le labbra fissandolo colpita, leggermente confusa da quel fare. Lo vede alzare l'altra mano, caricarla e per un attimo teme il peggio. Contrae leggermente le pupille, l'osserva pallida, non osando opporre resistenza. Sarebbe inutile, ne è consapevole dopotutto. E un alito di brezza soffia fresco su di loro mentre la mano di Kioshi allenta la presa sul di lei polso. La mano si libera, il contatto viene meno e lei può nuovamente muoversi come più preferisce. Il clone le indica la via, le indica quale percorso seguire per tornare a casa ma Akira è indecisa sul da farsi. Lui ha deciso di rimanere, ha deciso di restare lì. Solo, triste, distante. Akira si sente amareggiata per quella scelta, si sente triste al pensiero di saperlo solo, così lontano da lei, dai loro simili, bloccato in un ricordo lontano. <Verrai a trovarmi, un giorno?> domanderebbe lei azzardando quella richiesta, ponendo le iridi bicromatiche sul viso altrui. <Così... potrò ringraziarti, per oggi. Per avermi aiutata> cerca di aggrapparsi a qualunque scusa per spingerlo a tornare a Kusa, ai quartieri, anche se solo per un giorno. Un dire banale, forse sciocco, ma che esce spontaneo dalle di lei labbra. <Non lo dimenticherò> assicura, alla fine, sincera, prima di inspirare a fondo e volgere il capo verso la strada che conduce verso l'Erba. <Io devo andare, devo tornare al Villaggio. Ma... spero che ci rivedremo. Mi farebbe piacere> rivelerebbe lei abbozzando solo ora, per la prima volta, un piccolo sorriso osservando ora Kioshi con espressione un po' più gentile, più serena. Un sorriso per salutarlo, un sorriso per mostrargli che sì, è stata davvero contenta di quest'incontro così fortunato. <Ti aspetto a Kusa, prima o poi, Kioshi.> saluta infine, la ragazza, con un ultimo sguardo, prima di voltarsi verso il folto ed inoltrarsi nella boscaglia per riprendere la via verso casa. Sente di non poter far altro, ora, per spingerlo a tornare a casa. Non può fare molto per qualcuno che non conosce, che non può ancora fidarsi di lei. Può solo sperare che ascolti la sua voce, che un domani ricordi quella notte e trovi la forza di cercare un nuovo posto dove essere felice, dove stare bene. Una nuova casa. [END]

16:03 Kioshi:
 Quei due corpi così vicini. Quelle due anime pronte quasi a sfiorarsi per trovare qualcuno con cui condividere le proprie emozioni. Ma proprio nel momento in cui sembrano giunte a toccarsi, il jonin rende quella minima distanza grande quanto un abisso lasciandosi cadere nel vuoto della sua solitudine. Non sarà così per sempre la sua vita. Un giorno reagirà e tornerà ad essere lo stesso di sempre. Lo stesso che con Arima progettava la rinascita del Clan Uchiha. Lo sharingan lascia intravedere all'Uchiha il flusso di chakra dentro la ragazza ma lentamente va a spegnersi scomparendo del tutto. Questo perchè il flusso di chakra negli tsubo oculari del jonin viene a mancare e il gene del Clan si disattiva. L'iride del ragazzo torna interamente nera e, in un battito di ciglia, lo sguardo si fa ancora più cupo di prima. La ragazza vuole che lui vada insieme a lei, nel quartiere degli Uchiha. Ma lui non può. Non ora. Deve ancora riflettere su ciò che deve fare. Ha ancora tanto, forse troppo, a cui pensare. Non è facile la situazione che sta vivendo. Sa che corre il rischio di cadere in un baratro in cui non c'è punto di ritorno. E vivrà con questa possibilità. Un passo di qua e torni a vivere, un passo in la e non ritorni più come prima. Dovrà cercare di rimanere in equilibrio sopra quel filo sottile, fino a quando non vedrà questa situazione più chiara. Fino a quando non avrà le risposte che sta cercando. Lei lo ha aiutato, in parte. Gli ha mostrato quelle immagini e sta cercando di non lasciarlo da solo. Per questo, lui l'ha aiutata. Ha voluto ricambiare il piccolo favore, anche se non era richiesto. Il vento sposta i suoi lunghi capelli neri. Quegli occhi così scuri cercano il di lei sguardo. Lei vuole che venga al Villaggio un giorno, per rivedersi, per ringraziarlo. Forse, lo farà. Ma non ora. <Torna al Villaggio e stai attenta a non perderti di nuovo..> le consiglia senza rispondere momentaneamente alle sue domande. Se avesse ora un filo, legherebbe un estremo al suo mignolo. E farebbe lo stesso sul mignolo della ragazza. Non hanno, forse, nulla in comune. Ma, nonostante questo, si sono aiutati a vicenda anche se non si conoscevano affatto. Perchè? Questo è un altro quesito che il jonin si domanda. Ma, da ora, l'Uchiha è legata a quella ragazza. Gli fa vivere due estremi della sua vita: la vendetta, quando in lei nota i lineamenti di quel ragazzo, e la speranza, quando ricorderà il suo aiuto donato solo perchè era in possesso dello Sharingan. Può esserci una speranza per il Clan? E se la maledizione potesse essere spezzata grazie al conforto dei propri consanguinei? Altri dilemmi in cui Kioshi dovrà riflettere in questo tempo in cui starà lontano da Kusagakure. <Tornerò.. Per salutare un'ultima volta lui. Ma, ora, non posso> conclude rispondendo alla richiesta di Akira di seguirla. Ovunque la ragazza andrà, quel filo seguirà i suoi passi e potrà farli incontrare nuovamente. Oggi si perderanno, ma un giorno potranno ritrovarsi se il destino lo vorrà. Apprezza i tentativi di lei di non lasciarlo solo. Se ne ricorderà in futuro. Quando avrà la mente un po' più sgombra di adesso e, forse, potrà ascoltare con più calma le sue parole e tornare per vivere una nuova vita. Una nuova casa, ma lo stesso obiettivo di sempre. [END]

Kioshi vaga per il Paese dell'Aria in cerca di risposte alle sue domande. Akira si perde trovandosi nel posto sbagliato al momento sbagliato. O, forse, no..

Innata for me, please